RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLIX n. 60 - Testo della trasmissione martedì 1 marzo 2005

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Prosegue normalmente il decorso post-operatorio del Papa, ricoverato dai sei giorni al Policlinico Gemelli. Giovanni Paolo II riceve la visita del cardinale Ratzinger con cui scambia qualche parola in italiano e tedesco. Ai nostri microfoni la riflessione del porporato e di Clemente Mastella

 

Da oggi in Vaticano la plenaria della Congregazione per il Culto Divino. Il commento del cardinale Francis Arinze

 

Convegno sulle carceri in Vaticano: il cardinale Martino invoca il rispetto dei diritti e della dignità dei detenuti

 

Il cardinale angolano Alexandre do Nascimiento compie oggi 80 anni.

 

IN PRIMO PIANO:

Libano: si dimette il governo di Omar Karame: intervista con Antonio Ferrari

 

Uganda: la Chiesa cattolica sotto tiro. Ce ne parla un missionario laico

 

Camera ardente oggi a Firenze per il poeta Mario Luzi morto ieri mattina. Lo ricordiamo rileggendo i testi della Via Crucis che il Papa gli aveva chiesto di scrivere nel 1999.

 

CHIESA E SOCIETA’:

Infanzia più povera nei Paesi ricchi. Presentato stamani a Roma il rapporto 2005 curato dal Centro di Ricerca Innocenti dell’UNICEF

 

In Pakistan sette anni di prigione ad un cristiano accusato di blasfemia: secondo l’accusa avrebbe strappato le pagine del Corano

 

Pace giusta per la Bosnia Erzegovina e attenzione ai Paesi che devono entrare nell’UE: appello rivolto alla Comunità Internazionale dalle Conferenze episcopali del Sud-Est europeo

 

Combattere la violenza e la corruzione sono alcuni dei temi centrali contenuti nella nota pastorale dei vescovi della Repubblica Dominicana  in occasione della festa dell’indipendenza del Paese

 

Superare in Italia le discriminazioni economiche tra scuole statali e paritarie è l’obiettivo fissato nel documento  “Per una piena parità” redatto dal Consiglio Nazionale della scuola cattolica.

 

24 ORE NEL MONDO:

Iraq: in un video il disperato appello della giornalista francese Aubenas, rapita 7 settimane fa.

 

Costruire la pace tra due Stati: questo l’obiettivo emerso dalla Conferenza di Londra sul Medio Oriente che pianifica il sostegno alle istituzioni dell’Autorità palestinese.

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

1 marzo 2005

 

 

PROSEGUE NORMALMENTE IL DECORSO POST-OPERATORIO DEL PAPA,

RICOVERATO DA SEI GIORNI AL POLICLINICO GEMELLI. GIOVANNI PAOLO II RICEVE LA VISITA DEL CARDINALE RATZINGER

CON CUI SCAMBIA QUALCHE PAROLA IN ITALIANO E TEDESCO

- Intervista con il cardinale Josef Ratzinger -

 

Buone notizie sulle condizioni di Giovanni Paolo II, da sei giorni ricoverato al Policlinico Gemelli per l’operazione di tracheotomia effettuata giovedì scorso. Il decorso post-operatorio prosegue in modo normale. Il Papa ha scambiato anche qualche parola con il cardinale Josef Ratzinger, giunto in tarda mattinata all’ospedale per una visita. Il servizio di Alessandro Gisotti.

 

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Al Policlinico Gemelli si respira oggi un clima sereno, dopo le rassicuranti parole del cardinale Ratzinger e del direttore della Sala Stampa della Santa Sede, Navarro-Valls. Stamani, soffermandosi pochi istanti con i giornalisti, Navarro-Valls ha dichiarato che il Papa sta bene e le sue condizioni sono in miglioramento. Lasciando l’ospedale, Navarro-Valls ha aggiunto che il Santo Padre “si preparava a celebrare la messa”, e che “continua gli esercizi della voce”. E’ “un bravo paziente”, ha commentato il portavoce vaticano. Ricordiamo che il prossimo bollettino medico sarà diramato giovedì 3 marzo. Domani non si terrà l’udienza generale. Poco dopo mezzogiorno, Giovanni Paolo II ha ricevuto nella sua stanza il cardinale Joseph Ratzinger, prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede. Incontro particolarmente significativo, ha sottolineato fiducioso il porporato. Ascoltiamolo, ai nostri microfoni:

 

“Ho portato i saluti della Congregazione per il Culto Divino, attualmente riunita in sessione plenaria in Vaticano. Ho portato tanti altri saluti e anche qualche lavoro da parte della nostra Congregazione. Il Santo Padre ha parlato con me in tedesco e in italiano. Si è mostrato molto presente e lavorerà sulle materie che gli ho consegnato. Sono contento di vedere il Santo Padre pienamente presente mentalmente e capace di dire le cose essenziali con le sue parole”.

 

Stamani, il Papa ha ricevuto anche la visita dell’arcivescovo di Westminster, il cardinale Murphy O’ Connor. “Sia in salute che in malattia, nel pieno delle forze come in condizioni di debolezza - ha detto il porporato, visibilmente commosso - il Pontefice sta offrendo una testimonianza di fede al Signore e alla sua missione straordinaria nel nostro mondo di oggi”. L’arcivescovo O’Connor ha poi aggiunto di aver portato al Papa l’affetto di tutti i fedeli dell’Inghilterra e del Galles, che in questi giorni pregano per un pronto recupero delle forze del Papa. E poco prima del cardinale O’Connor, si era recato al Gemelli anche il vicepresidente della Camera dei deputati italiani, Clemente Mastella. Ecco la sua testimonianza:

 

“Come cattolici, non che ci sia il dovere, ma credo il sentimento cristiano di renderci conto come il capo della propria fede stia in questo momento e quindi, per me è di grande conforto sapere che sta meglio di quello che immaginiamo, di quello che pensavamo e vado via confortato da questo”.

 

Anche oggi, d’altro canto, non mancano le manifestazioni spontanee d’affetto dei fedeli. Un folto gruppo di oltre 50 pellegrini polacchi della cittadina di Olsztyn ha portato dei doni al Santo Padre tra cui del miele e alcuni disegni realizzati da piccoli pazienti dell’ospedale cittadino. Quindi, i fedeli si sono raccolti nel piazzale antistante il Gemelli per pregare sotto le finestre della stanza al decimo piano, dove il Pontefice sta trascorrendo la sua degenza. Una nuova dimostrazione di calore umano per Giovanni Paolo II, in questa fredda giornata romana.

 

Dal Policlinico Gemelli, Alessandro Gisotti, Radio Vaticana

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Ma sul nuovo ricovero del Papa ascoltiamo ancora una riflessione del cardinale Ratzinger raccolta dal programma tedesco della Radio Vaticana:

 

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(Parole in tedesco)

 

L’esempio di un Papa che soffre è molto importante e lo abbiamo visto negli ultimi anni: soffrire è un modo speciale di predicare. Dalle molte lettere che mi hanno inviato e anche da numerose testimonianze dirette, ho visto che tante persone che soffrono ora si sentono finalmente accettate. L’Associazione per i malati di Parkinson mi ha scritto ringraziando il Papa perché aiuta i malati a consolidare la loro immagine, per così dire, perché il Santo Padre ha il coraggio di apparire in pubblico come una persona che soffre e che continua a lavorare. Attraverso la sua sofferenza Giovanni Paolo II ci ha comunicato molte cose: che la sofferenza è una fase nel cammino della vita e poi che egli partecipa alla Passione di Gesù Cristo mostrandoci quanto fruttuosa possa essere la sofferenza quando la condividiamo con il Signore e la viviamo insieme a tutti coloro che soffrono nel mondo. In questo modo la sofferenza assume un grande valore e può essere qualcosa di positivo. Quando guardiamo alla vita del Papa, vediamo che questo è un messaggio importante, specialmente in un mondo che tende a nascondere o a cancellare il dolore.

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DA OGGI IN VATICANO

LA PLENARIA DELLA CONGREGAZIONE PER IL CULTO DIVINO

- Intervista con il cardinale Francis Arinze -

 

Si tiene da oggi fino a venerdì prossimo in Vaticano l’assemblea plenaria della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti con la partecipazione di oltre 50 membri del dicastero tra cardinali e vescovi.  Al centro dei lavori l’ars celebrandi, cioè l’arte di celebrare, l’omelia, la formazione liturgica. Su questi temi Giovanni Peduto ha intervistato il cardinale prefetto del dicastero, Francis Arinze:

 

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R. – Questa arte di celebrare è importante. Non è una questione accademica. Si tratta non solo di osservare le norme liturgiche, che è sempre importante, ma si tratta soprattutto di avere una celebrazione che manifesti la fede del sacerdote e dei fedeli; una celebrazione che nutra la fede del popolo, così che, andando via, si senta veramente nutrito, rinvigorito, con il desiderio di tornare la domenica successiva se non addirittura ogni giorno. Una celebrazione, insomma, con dignità e disciplina e specialmente con fede e devozione.

 

D. – E nell’ambito della celebrazione della Messa, quali caratteristiche deve avere l’omelia?

 

R. – Contenuto liturgico chiaro, specialmente basato sulle letture; contenuto teologico solido. Il popolo di Dio deve ricevere un buon nutrimento. Per molti cristiani, l’omelia è la grande occasione settimanale di essere veramente nutriti, informati e formati nella fede. L’omelia deve anche avere la lunghezza giusta. Non è una questione matematica, ma occorre ricordare che nelle chiese, abbiamo fedeli di 80 e di 20 anni, ma anche bambini di 7 anni ... Quanto tempo si pensa che questi possano mantenere vigile l’attenzione?

 

D. – C’è anche bisogno di formazione liturgica…

 

R. – Certo!  E questa formazione non è solo per il clero ma anche per i religiosi, le religiose, i laici, le laiche, per tutti noi! Ed è una cosa che deve continuare. Nessuno di noi conosce tutto una volta per tutte. Sarebbe una bella cosa se prima di andare a Messa, la domenica, uno leggesse già a casa i testi, specialmente le letture e le orazioni, e dopo, tornato a casa, le rileggesse: in questo modo possiamo davvero progredire nella fede.

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L’INALIENABILE DIGNITA’ DELL’ESSERE PERSONA UMANA VA RISPETTATA ANCHE NEI DETENUTI:

APERTO STAMANI PRESSO IL PONTIFICIO CONSIGLIO DELLA GIUSTIZIA E DELLA PACE

IL SEMINARIO INTERNAZIONALE SUI DIRITTI UMANI DEI CARCERATI

 

La reclusione non separa mai dall’amore di Dio e quindi dalla dignità della persona umana che da tale amore deriva e in tale amore si radica. Lo ha sottolineato il Presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, cardinale Renato Martino, aprendo stamani presso la sede del Dicastero il Seminario internazionale di studio sui diritti umani dei detenuti, organizzato per due giorni insieme alla Commissione Internazionale della Pastorale Penitenziaria Cattolica (ICCPPC). Il servizio di Paolo Scappucci:

 

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“L’uomo carcerato – ha detto il porporato agli oltre 80 esperti, studiosi e cappellani delle carceri di una trentina di Paesi dei cinque continenti che partecipano all’incontro – ha diritto ad essere comunque considerato come persona. Lungi da rimanere astratta, una simile considerazione deve animare la politica e il diritto, le istituzioni sociali di prevenzione e i regolamenti carcerari, l’intervento nelle carceri degli organismi della società civile”.  E’ seguita quindi da parte del cardinale Martino la forte denuncia che “nel mondo si verificano purtroppo situazioni di carcerazione e modalità di detenzione addirittura pre-giuridiche, nel senso che non hanno ancora recepito le più elementari tutele dei diritti della persona”.

 

In molti Paesi il trattamento dei detenuti non risponde talvolta nemmeno ai requisiti minimi di umanità e di civiltà giuridica altrove già consolidati. Di qui l’urgenza, secondo il Presidente di Giustizia e Pace, di una approfondita riflessione sulle molte problematiche umane, giuridiche, politiche e sociali degli uomini in carcere, cui vuole rispondere il Seminario in corso. “I carcerati – ha detto concludendo il porporato – sono nel carcere, ma non del carcere e la speranza cristiana invita tutti a guardare oltre il carcere stesso”.

 

Condividendo l’analisi del cardinale, il Presidente dell’ICCPPC, Christian Kuhn, ha dal suo canto posto in rilievo che i cappellani delle carceri non sono così ingenui da ignorare l’enorme pericolo che il crimine, specie quello organizzato, il traffico della droga e il terrorismo rappresentano per la società. Egli però ha anche evidenziato che raramente i capi del crimine organizzato sono in prigione, mentre la maggioranza dei detenuti è rappresentata da poveri ed emarginati. Kuhn ha anche assicurato che conclusioni dell’attuale seminario saranno da lui portate all’XI Congresso delle Nazioni Unite sulla prevenzione del crimine e la giustizia penale, che si terrà dal 18 al 25 aprile a Bankok in Thailandia.

 

Al termine dei lavori della mattinata, che hanno avuto anche la lettura di una relazione del direttore della Divisione Treaty Affairs dell’Ufficio dell’ONU su Droga e crimine, Ugo Vetere, sulla sfida globale del rispetto dei diritti umani dei detenuti e una tavola rotonda sulla situazione carceraria nel mondo, il cardinale Martino ha letto il telegramma inviato ai partecipanti dal Segretario di Stato vaticano, cardinale Sodano, a nome del Papa, in cui si afferma che “Sua Santità auspica vivamente che le giornate di riflessione contribuiscano ad affermare il doveroso rispetto della permanente dignità umana dell’individuo che ha violato la legge, affinché continui a sentirsi parte della società e impegnato a reinserirsi in essa”.

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IL CARDINALE ANGOLANO ALEXANDRE DO NASCIMIENTO COMPIE OGGI 80 ANNI

 

I più sentiti auguri al cardinale angolano Alexandre do Nascimento, arcivescovo emerito di Luanda, che oggi compie 80 anni. Il porporato è nato a Malanje il 1° marzo 1925: sacerdote a 27 anni è stato creato cardinale da Giovanni Paolo II nel Concistoro del 1983.

 

I cardinali elettori, quelli cioè che ancora non hanno compiuto 80 anni, scendono così a 118. I cardinali non elettori, dunque ultra-ottantenni, sono 65.

 

 

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

Apre la prima pagina l'articolo di Giampaolo Mattei dal titolo "I poveri e la loro Voce": dal cuore dell'umanità si leva una incessante preghiera in profonda comunione con il Santo Padre.

 

Nelle vaticane, una monografica - a cura di Tonino Cabizzosu - dedicata alla figura di Michelina Dui: "Una vita spesa per la santificazione del Clero".

 

Nelle estere, l'intervento di S.E. mons. Juliusz Janusz, nunzio apostolico in Ungheria, capo della delegazione della Santa Sede, alla 14 Conferenza dei Ministri europei responsabili dei Poteri Locali e Regionali, svoltasi il 24-25 febbraio a Budapest: "L'esercizio del potere politico ad ogni livello ha un senso se è al servizio della dignità e dei diritti della persona umana".

Libano: il primo ministro Karami si dimette sotto la pressione della protesta popolare.

Per la rubrica dell' "Atlante geopolitico", una pagina speciale - a cura di Giuseppe Fiorentino e di Marcello Filotei - dal titolo " Il 'vecchio mondo' degli indios latino americani". 

 

Nella pagina culturale, un articolo di Claudio Toscani sull'opera poetica di Mario Luzi, scomparso ieri. Il titolo dell'articolo è "La liturgia dello spirito si unisce al tesoro linguistico".

Per l' "Osservatore libri", un articolo di Marco Testi sul volume "I XXV della campagna romana" a cura di Renato Mammucari.

 

Nelle pagine italiane, in primo piano il tema della giustizia. 

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

1 marzo 2005

 

 

LIBANO: SI DIMETTE IL GOVERNO DI OMAR KARAME

- Intervista con Antonio Ferrari -

 

Colpo di scena in Libano, dove ieri si è dimesso il governo filosiriano di Omar Karame, incalzato dalle opposizioni e dalle quotidiane manifestazioni di piazza. Intanto mentre nel Paese si preparano le elezioni parlamentari – che partiranno il 17 aprile, per protrarsi fino a maggio – rimangono le accuse al governo Karame di essere stato complice della Siria nell’uccisione dell’ex premier Hariri, il 14 febbraio scorso a Beirut. Ce ne parla Antonio Ferrari, inviato speciale del Corriere della Sera ed analista di questioni libanesi, al microfono di Giada Aquilino:

 

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R. – E’ stato accusato di essere complice, quanto meno di non avere esercitato tutti i controlli necessari. Per la verità, le dimissioni di Omar Karame erano previste, perché il governo stava perdendo i pezzi: si erano già dimessi tre ministri. Inoltre la gente, ma soprattutto l’opposizione a questo governo, sosteneva che fosse coinvolto nell’assassinio dell’ex primo ministro Hariri e che il mandante occulto fosse la Siria. Ora, il problema non è quello di convincerci che le opposizioni pretenderanno loro di fare il governo, perché non hanno i numeri, però non è escluso che possa essere messo in piedi sia pure togliendo di mezzo per il momento le persone più esposte, proprio Karame e il ministro dell’interno Suleiman Franjiyeh, e magari appunto mettendo al loro posto per il nuovo governo persone al di sopra di ogni possibile sospetto.

 

D. – La Siria ha annunciato un arretramento del proprio contingente schierato in Libano. Ma si può davvero ipotizzare un completo ritiro siriano prima delle elezioni, tra aprile e maggio?

 

R. – Non credo. Sia il presidente Bashar, sia altri esponenti del regime, hanno detto: “Sì, noi vogliamo ritirarci, magari entro l’anno, ma lo faremo soltanto se avremo condizioni di pace”. E’ una forma ambigua per dire: “Fino a quando noi non sentiremo che la situazione si è placata e che nessun altro è pronto a giocare sul Libano, allora non ci ritireremo”. In realtà, la presenza dei soldati – 14 mila soldati siriani – è quasi un fatto formale, come a dire per la Siria: “Siamo lì”. Perché la Siria ha ben altri mezzi per rinsaldare questo legame ombelicale che c’è con il Libano. Ci sono gli agenti dei servizi di sicurezza in borghese, che sono tanti, a Beirut e in tutto il Libano. Poi non dimentichiamo che in Libano ci sono 3 milioni e 900 mila abitanti, più un milione di lavoratori siriani che vengono a fare i lavori più umili, i lavori manuali, cioè gli “occupanti” che vanno al servizio degli “occupati”. Questa è un po’ la situazione di oggi.

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UGANDA: LA CHIESA CATTOLICA SOTTO TIRO

- Intervista con Giuseppe, missionario laico -

 

La pace può ancora aspettare nel nord dell’Uganda, dove è in corso una guerra civile dal 1986 con migliaia di vittime. Il clima di totale insicurezza e di miseria in cui vivono le popolazioni della zona sta ulteriormente peggiorando. Dall’inizio della settimana scorsa, quando il governo di Kampala ha sospeso, in modo unilaterale, il cessate il fuoco decretato per favorire le discussioni di pace con i ribelli dell’Esercito di resistenza del signore, molti civili tra cui donne e bambini sono stati ritrovati uccisi o mutilati. La Chiesa cattolica stessa non sfugge alle minacce e agli attacchi. Jean-Baptiste Sourou ha chiesto a Giuseppe, un missionario laico che lavora nel nord dell’Uganda, quali sono i problemi del momento in quest’area. 

 

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R. – Ci sono due problemi. Il primo problema sono i ribelli, che anche la scorsa settimana hanno attaccato, hanno ucciso. Poi c’è la situazione del governo, dell’esercito, che sta perseguitando la Chiesa cattolica, e in particolare abbiamo padre Carlos Rodriguez, che è sotto attacco. Ancora una volta hanno minacciato di arrestarlo. Già lo avevano arrestato nel 2002. L’anno scorso hanno cercato di espellerlo, ma non ci sono riusciti.

 

D. – E questo padre Carlos, perché viene ancora minacciato in questo momento?

 

R. – Padre Carlos è il segretario del gruppo Giustizia e Pace della diocesi di Gulu. Quindi, è lui che ha il compito di denunciare le violazioni dei diritti umani. Il motivo per cui lo attaccano è che Kofi Annan ha fatto un rapporto pochi giorni fa, dicendo che nell’esercito dell’Uganda ci sono bambini soldato, e padre Carlos lo ha confermato, portando delle prove inoppugnabili. Hanno paura che magari le Nazioni Unite decretino sanzioni contro il governo dell’Uganda.

 

D. – E’ tutta la Chiesa ad essere minacciata o solo lui?

 

R. – Tutta la Chiesa. L’anno scorso i vescovi cattolici hanno scritto una lettera per Pasqua, il 14 aprile, dicendo che la Chiesa non vuole che la Costituzione venga cambiata, permettendo così al presidente di presentarsi per un terzo mandato presidenziale. Da quel momento, la Chiesa è stata perseguitata. Si cerca di screditare la Chiesa, di far passare i sacerdoti come collaboratori dei ribelli. E’ un clima di ostilità che si respira.

 

D. – Da quanto dura questo clima di ostilità?

 

R. – Io direi da circa un anno, come forte ostilità. Storicamente, dal 1962, dall’indipendenza, la Chiesa cattolica è stata sempre emarginata.

 

D. – Perché hanno ripreso la lotta in questi ultimi giorni?

 

R. – Perché il presidente della Repubblica Museveni ha sospeso, o non ha rinnovato, il cessate il fuoco. Durante il cessate il fuoco si sperava che un accordo di pace potesse arrivare, invece adesso le ostilità sono riprese.

 

D. – La popolazione come sta vivendo questo momento?

 

R. – Nella paura, nella sofferenza e nella stanchezza, perché la guerra dura da 19 anni.

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LA “PASSIONE” DI MARIO LUZI: LIRICA UMANO-DIVINA DI UN POETA CONOSCITORE DELL’ANIMA.

IL RICORDO DELLE MEDITAZIONI DELLA VIA CRUCIS DEL ’99, SCRITTE SU INVITO DEL PAPA

- Servizio di Alessandro De Carolis -

 

Firenze e l’Italia sono in lutto per la scomparsa di Mario Luzi, poeta tra i più insigni del Novecento, morto ieri all’età di 90 anni che aveva compiuti il 20 ottobre 2004, sei giorni dopo aver ottenuto la nomina presidenziale a senatore a vita. Da questa mattina, molte persone si sono recate alla camera ardente allestita a Palazzo Vecchio per un ultimo saluto, mentre il Senato ha iniziato la seduta odierna con un minuto di silenzio in memoria del poeta. I funerali saranno celebrati domani nel Duomo di Firenze, presieduti dal cardinale arcivescovo Ennio Antonelli. Uomo dotato di profonda introspezione, sei anni fa, su invito di Giovanni Paolo II, Luzi firmò i versi di una celebre Via Crucis al Colosseo. Riviviamo la bellezza di quella poesia in questo servizio di Alessandro De Carolis.

 

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(musica)

 

“Dall'orizzonte umano in cui mi trovo

a guardare il mondo universo che hai creato

si affrontano due eternità: la tua vivente e luminosa

e l'altra senza luce e senza moto.

Anche la morte pare eterna, è duro convincerli, gli umani,

che non ci sono due eternità contrarie,

il tutto è compreso in una sola e tu sei in ogni parte,

anche dove pare che tu manchi”.

 

E’ la voce sofferente di Gesù, che viene da terra, dov’è caduto sotto il peso della Croce. E’ una voce che guarda al cielo, mentre si avvicina alla morte: un cielo amato che le atrocità del supplizio di cui è lastricata la strada per il Calvario offuscano, rendendolo lontano, quasi perduto. Ma è, più ancora, la voce interiore di Mario Luzi, che esprime - filtrato dalla sensibilità poetica di una lingua colta e scarna - il mistero più insondabile del dolore, la Passione di Cristo. E’ il 1999 quando nel silenzio della notte del Colosseo, Giovanni Paolo II e migliaia di fedeli ascoltano le quattordici stazioni della Via Crucis scritte dal grande poeta scomparso ieri. Le meditazioni seguono l’una all’altra come un lungo soliloquio che alterna suppliche e slanci d’amore, coscienza della propria altissima missione insieme ad ammissioni di paura, di fragilità, di senso di sconfitta. Il poeta concepì quel testo come – è lui stesso a scrivere – “un ininterrotto monologo” in cui “Gesù nella tribolazione avrebbe confidato al Padre la sua angoscia e i suoi pensieri, dibattuti tra il divino e l’umano, la sua afflizione e la sua soprannaturale certezza”. Sentimenti contrastanti, che ritornano sempre alla fedeltà:

 

(musica)

 

“Padre, non giudicarlo

questo mio parlarti umano quasi delirante,

accoglilo come un desiderio d'amore,

non guardare alla sua insensatezza.

Sono venuto sulla terra per fare la tua volontà

eppure talvolta l'ho discussa. Sii indulgente con la mia debolezza, te ne prego”.

        

Mentre in queste ore di cordoglio, politici e intellettuali fanno a gara nel coniare la definizione più appropriata per esaltare la grandezza di colui che fu anche pensatore civile, nella lettura dei versi più intimi di Mario Luzi risaltano le note di un animo abituato ad andare all’essenza dell’esistenza con un uso nobile delle parole. Di un uomo in cui spirito laico e religioso hanno un confine sottile. La sua poetica, scrive la Rivista “Studium” nel suo ultimo numero dedicato a Mario Luzi – può essere letta come “un viaggio sacro e umano alla ricerca del soffio creativo di Dio”. Così, lo scorso anno, il poeta presentiva l’avvicinarsi dell’ultimo passo:

 

“Il pensiero della morte m’accompagna
tra i due muri di questa via che sale
e pena lungo i suoi tornanti (...)


L’amore aiuta a vivere, a durare,
l’amore annulla e dà principio (…)

Questo ho imparato e dimenticato mille volte,
ora da te mi torna fatto chiaro,
ora prende vivezza e verità.

La mia pena è durare oltre quest’attimo”.

 

(musica)

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CHIESA E SOCIETA’

1 marzo 2005

 

 

INFANZIA PIÙ POVERA NEI PAESI RICCHI.

PRESENTATO STAMANI A ROMA IL RAPPORTO 2005

CURATO DAL CENTRO DI RICERCA INNOCENTI DELL’UNICEF

- A cura di Roberta Gisotti -

 

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ROMA. = Bambini più poveri in 17 su 24 Paesi membri dell’OCSE, l’Organizzazione che riunisce le Nazioni più industrializzate per i quali sono disponibili dati di raffronto dagli inizi degli anni ’90 fino al 2001. Solo Australia, Norvegia, Regno Unito e Stati Uniti hanno registrato un significativo miglioramento. Ma gli Stati Uniti restano comunque in fondo alla classifica con una percentuale di povertà infantile di quasi il 22 per cento, superati solo dal Messico che sfiora il 28 per cento e preceduti dall’Italia con oltre il 16 per cento. In cima alla classifica i Paesi più meritevoli, quelli del Nord Europa: Danimarca, Finlandia, Norvegia e Svezia, tutti sotto il 5 per cento. Percentuali di povertà che sono riferite a famiglie con un reddito inferiore al 50 per cento del reddito medio nazionale. Tre sono gli elementi fondamentali che determinano i tassi di povertà: i fattori sociali, le condizioni del mercato del lavoro e le politiche di governo. Proprio i governi sono però i principali imputati in questo rapporto perché potrebbero, in molti Paesi, ridurre la povertà infantile sotto il 10 per cento senza un forte aumento della spesa generale, se solo varassero politiche di adeguato sostegno alle famiglie con più basso reddito. Dunque, monito dell’UNICEF per invertire una tendenza pericolosa, perché molti gravi problemi delle società di oggi hanno le loro radici proprio nella povertà infantile.

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IN PAKISTAN SETTE ANNI DI PRIGIONE AD UN CRISTIANO ACCUSATO DI BLASFEMIA:

SECONDO L’ACCUSA AVREBBE STRAPPATO LE PAGINE DEL CORANO

- A cura di Amedeo Lomonaco -

 

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MULTAN. = Sette anni di prigione per aver dissacrato il Corano. E’ la condanna inflitta in Pakistan a Bashir Masih, un giovane cristiano accusato di blasfemia. Secondo il giudice, l’imputato avrebbe strappato alcune pagine del Corano per usarle in rituali di magia occulta. La sentenza è stata emessa lo scorso 23 febbraio ma le ONG e i gruppi per i diritti umani del Pakistan non sono a conoscenza della condanna di Masih. Il giovane cristiano ha adesso 30 giorni per appellarsi alla Corte suprema di Lahore. Il suo caso è l’ultimo di una lunga serie di condanne emesse contro cristiani e musulmani. In Pakistan, la controversa legge sulla blasfemia punisce con l’ergastolo le offese al Corano e prevede la pena capitale per “tutti coloro che con parole o scritte insultano il profeta Maometto”. Il ministro pakistano per gli Affari religiosi, Ejaz ul Haq, ha ammesso che negli ultimi 18 anni si è registrato “un abuso” della legge. Dal 1927 al 1986 sono stati accertati solo 7 casi di blasfemia. Ma quelli notificati dal 1986 al 2004 sono invece più di 4000. La Chiesa cattolica chiede la totale abrogazione della norma sulla blasfemia, considerata un’anomalia nel sistema giudiziario pakistano. Il vescovo di Faisalabad, mons. Joseph Coutts, ha sottolineato infine che gli emendamenti apportati alla legge lo scorso ottobre non impediscono gli abusi: le modifiche sono limitate, infatti, alla procedura e all’applicazione ma hanno mantenuto in vigore la pena di morte per chi offende Maometto. (A.L.)

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PACE GIUSTA PER LA BOSNIA ERZEGOVINA E ATTENZIONE AI PAESI CHE DEVONO ENTRARE NELL’UNIONE EUROPEA.

E’ L’APPELLO RIVOLTO ALLA COMUNITA’ INTERNAZIONALE DAI PRESIDENTI DELLE CONFERENZE EPISCOPALI

DEL SUD EST EUROPEO

 

SARAJEVO. = “La Bosnia Erzegovina non ha futuro se permane una situazione di pace ingiusta e se vengono negati i principali diritti alle etnie di bosniaci, serbi e croati”. E’ quanto hanno dichiarato i presidenti delle conferenze episcopali del sud est europeo al termine dell’incontro svoltosi dal 25 al 27 febbraio a Sarajevo. Dal convegno è emerso che la regione sud orientale europea è sconvolta da gravi emergenze quali la povertà, la disoccupazione, la corruzione e l’instabilità politica. In alcuni Paesi – si legge nel comunicato redatto dai presuli – è impressionante il numero degli aborti, dei bambini abbandonati e delle donne colpite dal dramma della prostituzione. I vescovi rimarcano anche gli sforzi profusi in attività di formazione, di solidarietà e per la promozione del dialogo interculturale. Ma le speranze sono riposte soprattutto nell’Unione europea ed i leader politici intervenuti all’incontro, promosso dal Consiglio delle conferenze episcopali d’Europa (CCEE), hanno rilevato come la regione sud orientale sia un importante test per la politica europea. Durante il convegno, si è discusso anche dei principali tratti della cultura moderna e del fenomeno della secolarizzazione. “Nel sud est europeo – sostengono i vescovi – si cerca la via di una corretta laicità capace di distinguere tra l’ambito religioso e quello politico”. Ma si coglie anche il rischio – aggiungono – di una cultura materialista, chiusa ad ogni dimensione trascendentale. (A.L.)

 

 

COMBATTERE LA VIOLENZA E LA CORRUZIONE.

SONO QUESTI ALCUNI DEI TEMI CENTRALI CONTENUTI NELLA NOTA PASTORALE DEI VESCOVI DELLA REPUBBLICA DOMINICANA

REDATTA IN OCCASIONE DELLA FESTA DELL’INDIPENDENZA DEL PAESE CENTROAMERICANO

 

SANTO DOMINGO. = In occasione del 161.mo anniversario dell’indipendenza, i vescovi della Repubblica Dominicana hanno pubblicato una nota pastorale incentrata sul recupero dei valori. La situazione del Paese è difficile soprattutto per quanto riguarda la giustizia. Nessuna società può liberarsi delle persone corrotte ma è grave che non vengano denunciate, hanno affermato i presuli riferendosi alla corruzione dilagante nel Paese. Ad affliggere la Repubblica Dominicana ci sono anche problemi economici, sociali e politici che, secondo i vescovi, sono riconducibili alla “crisi culturale della nazione”. Il presidente Leonel Fernandez, proprio in occasione del discorso pronunciato al Congresso per la festa dell’indipendenza, ha proposto un piano per la sicurezza democratica finalizzato al potenziamento di tutte le forze dell’ordine, soprattutto nelle aree più violente. Sono previsti, inoltre, severi controlli per verificare l’eventuale possesso di armi. L’obiettivo è quello di combattere la delinquenza, la corruzione ed il narcotraffico. Fernandez ha anche auspicato il rilancio del settore energetico per rilanciare l’economia della Repubblica Dominicana. (M.V.S.)

 

 

SUPERARE IN ITALIA LE DISCRIMINAZIONI ECONOMICHE TRA SCUOLE STATALI E PARITARIE.

È L’OBIETTIVO FISSATO NEL DOCUMENTO INTITOLATO “PER UNA PIENA PARITÀ”

REDATTO DAL CONSIGLIO NAZIONALE DELLA SCUOLA CATTOLICA.

L’ORGANISMO PROPONE ANCHE IL FINANZIAMENTO DIRETTO ALLE SCUOLE PARITARIE

 

ROMA. = “Le scuole del servizio educativo pubblico, indipendentemente dalla natura giuridica della gestione, devono poter essere accessibili a tutti”. E’ quanto si legge nel documento dal titolo “Per una piena parità” e presentato ieri a Roma dal Consiglio nazionale della scuola cattolica (CNSC). L’organismo propone anche “il finanziamento diretto alle scuole paritarie”. Intervenendo all’incontro promosso ieri dal CNSC sul tema “Diritto all’istruzione e parità scolastica”, il presidente della CEI, cardinale Camillo Ruini, ha dichiarato inoltre che “la scuola è un bene prezioso sul quale occorre investire”. Il potenziale sviluppo di un Paese e il suo radicamento nei valori della democrazia, della coesione sociale e del progresso civile – ha proseguito il porporato – si misurano considerando l’impegno convergente dell’intera società civile su questi fronti. “Garantire la piena parità scolastica – ha poi spiegato il cardinale Ruini – significa porre una pietra d’angolo essenziale per l’intero sistema formativo”. “Tutti i soggetti di tale impianto – ha concluso il cardinale - devono assumere un alto profilo di responsabilità al fine di dotare l’Italia di un sistema fortemente rinnovato ed in grado di favorire la valorizzazione della persona”. (A.L.)

 

 

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24 ORE NEL MONDO

1 marzo 2005

 

 

- A cura di Fausta Speranza -

 

Tutte le emittenti francesi hanno deciso di non trasmettere il video in cui la giornalista Florence Aubenas, ostaggio in Iraq, chiede drammaticamente aiuto.  La giornalista, rapita oltre sette settimane fa, lancia un disperato appello:

 

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''Mi chiamo Florence Aubenas. Sono francese. Sono una giornalista di “Liberation”. La mia salute è pessima. Anche psicologicamente sto molto male...''

 

La donna appare sconvolta. Ripete ''aiutatemi, è urgente'' e chiede all'onorevole Didier Julia di intervenire. Didier Julia – lo ricordiamo - è un deputato francese che nei mesi scorsi aveva tentato un negoziato per la liberazione degli altri due giornalisti francesi, Chesnot e Malbrunot. Il politico era poi stato molto criticato. Ed oggi, fa sapere di ''non poter far niente'' perché i suoi collaboratori sono sotto inchiesta e chiede allo stato francese di ''ridargli la libertà d'azione'' attualmente perduta.

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Si nota che la registrazione non è databile e che nel video non appare alcuna scritta riconducibile al gruppo che ha sequestrato la giornalista. Roberto Piermarini ha chiesto di commentare questi elementi a Guido Olimpio, esperto di terrorismo:

 

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R. - I gruppi che rapiscono le donne in Iraq sanno che non c’è bisogno di molta scenografia. La rapita, la donna è già un elemento di pressione. La disperazione, la paura sono così forti che non c’è bisogno di fare scenografie. Il messaggio è tutto lì, nella persona stessa. Quindi, sanno bene che questi messaggi hanno un impatto fortissimo sull’opinione pubblica.

 

D. – Tu ritieni ci sia un collegamento con il rapimento di Giuliana Sgrena?

 

R. – Potrebbe essere il fatto che proprio per questa scena abbastanza semplice e comunque il fatto stesso che lei sia stata rapita più o meno nelle stesse circostanze e anche l’Aubenas stesse occupandosi dei profughi di Falluja potrebbe portare a dire che più o meno stiamo nello stesso ambiente. Ma sappiamo che i gruppi dei sequestratori in Iraq sono quanto mai vari, si mescolano, cambiano, si vendono l’ostaggio. Quindi, è difficile stabilire con esattezza chi c’è dietro. Sicuramente sono gruppi che non si preoccupano troppo di dare dei messaggi politici, ma usano semplicemente la paura e il terrore della loro vittima.

 

D. – La Francia è un Paese che si era tirato fuori dall’Iraq. Come mai questo attacco anche alla Francia?

 

R. – Noi vediamo che non ci sono delle richieste particolari. Non si capisce che cosa vogliono, quali siano le condizioni. Purtroppo questo è lo schema: oggi in Iraq si viene ammazzati, si viene rapiti non tanto perché si appartiene alla Francia, all’Inghilterra ecc., ma soltanto perché si vuole destabilizzare. Questo è l’obiettivo.

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Intanto, per la giornalista italiana, Giuliana Sgrena, interviene il ministro dell'Interno dell'Iraq affermando che ''è viva'' e che spera di avere presto buone notizie''. Ma c’è anche la cronaca di altre violenze in Iraq: quattro commercianti iracheni, accusati di collaborare con le forze americane, sono stati uccisi nel centro di Baghdad e sempre nella capitale sono stati assassinati il fratello del ministro dell'Agricoltura e quello dell'imam di una moschea nel distretto di Hurriya.    

 

Solo nel pomeriggio di oggi si conoscerà il documento finale della Conferenza sulle questioni mediorientali in corso a Londra, ma secondo anticipazioni ci sono affermazioni importanti per costruire la pace tra due Stati. Il premier britannico Tony Blair aveva aperto l’incontro sottolineando che ''non c'è niente di più urgente che far avanzare il processo di pace mediorientale''. Alla riunione dei rappresentati di 23 Paesi occidentali e del mondo arabo moderato, la delegazione palestinese è guidata dal presidente Abu Mazen. Presenti il segretario generale dell'Onu, Kofi Annan, il segretario di Stato USA, Condoleeza Rice, l'Alto rappresentante UE, Javier Solana. Per l'Italia, è presente il ministro degli Esteri, Gianfranco Fini. Su quanto emerso, il servizio di Fausta Speranza:

 

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Obiettivo centrale dei partecipanti alla conferenza di Londra è quello di ''aiutare l'Autorità palestinese a rafforzare le istituzioni, gettando basi solide per la creazione di un futuro Stato palestinese''. Alla ANP, la conferenza chiede ''ulteriore lavoro per costruire un apparato di sicurezza più efficace, un migliore sistema di governo, il rafforzamento dell'economia palestinese''. Sul piano degli aiuti economici, all'ANP si sottolinea che la Comunità internazionale deve contribuire a risolvere i problemi finanziari a breve dell'amministrazione palestinese e che l'applicazione da parte dell'ANP di misure di buon governo aprirà la strada ad un maggiore appoggio da parte dei donatori internazionali. Con una precisazione: un miglioramento dell'economia palestinese dipende anche da forme di cooperazione e di agevolazione di Israele, in particolare da ''un significativo smantellamento dei posti di blocco e dal superamento delle altre limitazioni alla libera circolazione delle persone e dei beni imposte da Israele''. Da parte sua, Abu Mazen ha ribadito la propria condanna dell'attentato di Tel Aviv di venerdì scorso, prima grave violazione del cessate il fuoco, ed ha indicato che l'ANP ha deciso di riunificare i suoi servizi di sicurezza per lottare con maggiore efficacia contro la violenza. Il rais ha auspicato anche che la conferenza di Londra apra la strada ad una futura conferenza internazionale sulla pace in Medio Oriente. Abu Mazen sarà domani in missione a Bruxelles dove incontrerà tutti i maggiori rappresentanti delle istituzioni europee.

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Il presidente israeliano, Moshe Katsav, a Sydney per una visita di una settimana in Australia tra eccezionali misure di sicurezza, nella sua prima apparizione in pubblico ha elogiato oggi il governo conservatore australiano  per il sostegno assicurato al suo Paese, ''nonostante alcune  differenze politiche'', e per il suo impegno contro il terrorismo. Parlando ad oltre 1000 alunni di scuole ebraiche di Sydney, che si erano raccolti nella sinagoga centrale della città per ascoltarlo, Katsav ha indicato l'Australia come ''un esempio eccellente di come dovrebbe agire il mondo libero''. ''Il terrorismo è un problema internazionale ed il mondo libero deve combatterlo con ogni mezzo'', ha spiegato. Pur senza riferimenti diretti al recente incidente diplomatico che aveva visto l'espulsione dall'Australia a fine dicembre di un diplomatico israeliano sospettato di spionaggio, Katsav ha osservato che anche se vi possono essere delle differenze politiche, è lieto di vedere l'Australia schierarsi a fianco di Israele sulle grandi questioni. Domani, la visita prosegue nella capitale Canberra, dove Katsav sarà ospite d'onore ad un pranzo del premier conservatore John Howard ed incontrerà il leader laburista Kim Beazley. Proseguirà poi per Melbourne, dove vedrà il premier del Victoria Steve Bracks ed esponenti della comunità ebraica.

 

Cento ex appartenenti ai Mujaheddin del popolo (MKO), il più importante gruppo dell'opposizione armata al regime iraniano, hanno fatto ritorno in patria ieri, provenienti dall'Iraq, approfittando di un'amnistia annunciata nel 2003 da Teheran per i membri dell'organizzazione che non  abbiano commesso reati gravi. Altri 133 ex membri dei Mujaheddin, aggiunge il giornale, faranno ritorno in Iran la settimana prossima. I Mujaheddin, tra i raggruppamenti più attivi nella rivoluzione iraniana del 1979, furono messi al bando nel 1981, quando molte migliaia di essi furono arrestati. Il quartier generale dell'organizzazione e molti miliziani armati si trasferirono allora in Iraq, dove furono sostenuti da Saddam Hussein. Verso la fine della guerra tra Iran e Iraq nel 1988, i Mujaheddin lanciarono un'offensiva militare contro la Repubblica islamica. Negli ultimi anni il gruppo MKO è stato dichiarato “organizzazione terrorista” da parte della UE e degli USA e le truppe americane, dopo avere occupato l'Iraq, hanno disarmato le milizie.

 

Una maggioranza schiacciante di elettori ha votato a favore della nuova Costituzione nel referendum di ieri, in Burundi. Secondo i risultati parziali resi noti oggi dalla Commissione elettorale indipendente, quando era stato scrutinato oltre il 60 per cento delle schede, i voti a favore superano il 90 per cento, mentre i contrari non raggiungono il 10 per cento. La nuova Costituzione ripartisce in modo più equo il potere fra la minoranza tutsi e la maggioranza hutu, le due principali etnie del Paese africano. In Burundi, si combatte da 11 anni una sanguinosa guerra civile fra l'esercito, dominato dalla minoranza tutsi, e i ribelli hutu. La nuova carta fondamentale pone fine al dominio dei tutsi (il 14 per cento della popolazione), che dirigono le istituzioni politiche e militari quasi senza interruzione dall'indipendenza del Paese nel 1992.

 

Momenti di tensione oggi al confine tra le due Coree, lungo il 38° parallelo, dopo che un soldato del Sud ha sparato accidentalmente un colpo di arma da fuoco contro le postazioni nordcoreane, provocando una durissima reazione verbale del regime di Pyongyang e la richiesta di scuse  formali. Lo ha reso noto un portavoce del Ministero della difesa sudcoreano. ''Durante un controllo lungo il confine alla ricerca di eventuali armi, una pallottola è stata sparata accidentalmente in direzione delle postazioni nordcoreane nel settore orientale della linea di demarcazione lungo il 38° parallelo'', ha affermato il portavoce. Ma le autorità militari nordcoreane hanno reagito duramente affermando, in una dichiarazione trasmessa dall'agenzia di stampa ufficiale Kcna, che ''due colpi sono stati sparati deliberatamente contro una nostra postazione di confine mettendo a repentaglio la vita dei soldati''. 

 

L'Uruguay vive oggi quello che il quotidiano “Ultimas noticias” definisce “L'inizio dell'era Vazquez” e che coincide con il passaggio del potere dal presidente uscente Jorge Batlle a Tabare' Vazquez vincitore delle ultime elezioni alla testa della coalizione di sinistra “Incontro progressista-Fronte amplio (EP-FA)”. Dalla mezzanotte e fino quasi all'alba, la popolazione uruguaiana ha anticipato la festa ed è scesa nelle strade delle principali città per sottolineare la grande aspettativa legata al radicale cambio di governo, che ha portato la sinistra al potere per la prima volta nella storia dell'Uruguay. Le cerimonie ufficiali, cui parteciperanno oltre 100 delegazioni straniere, cominceranno alle 13.00 (le 16.00 italiane) e si protrarranno fino alla notte. 

 

Oltre trecento passeggeri sono stati evacuati questa mattina da un aereo pachistano che ha preso fuoco su una pista dell'aeroporto di Manchester, in Gran Bretagna. Nell'incidente, alcune persone hanno riportato leggere ustioni, ha riferito la polizia della città inglese. Il Boeing 777 della compagnia aerea Pakistan International Airlines, in volo da Toronto a Karachi, poco dopo le 09.00 ha fatto scalo nell'aeroporto di Manchester (nord Inghilterra) per fare rifornimento di carburante. Pochi minuti dopo, le fiamme si sono sprigionate dal lato sinistro del carrello principale. 

 

 

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