RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLIX n.
60 - Testo della trasmissione martedì 1 marzo 2005
IL PAPA E LA SANTA SEDE:
Prosegue normalmente il decorso post-operatorio del Papa, ricoverato dai sei giorni al Policlinico Gemelli. Giovanni Paolo II riceve la visita del cardinale Ratzinger con cui scambia qualche parola in italiano e tedesco. Ai nostri microfoni la riflessione del porporato e di Clemente Mastella
Il cardinale angolano Alexandre do Nascimiento
compie oggi 80 anni.
IN PRIMO PIANO:
Libano:
si dimette il governo di Omar Karame: intervista con Antonio Ferrari
Uganda:
la Chiesa cattolica sotto tiro. Ce ne parla un missionario laico
CHIESA E SOCIETA’:
Iraq: in un
video il disperato appello della giornalista francese Aubenas, rapita 7
settimane fa.
Costruire la
pace tra due Stati: questo l’obiettivo emerso dalla Conferenza di Londra sul
Medio Oriente che pianifica il sostegno alle istituzioni dell’Autorità
palestinese.
1 marzo 2005
PROSEGUE
NORMALMENTE IL DECORSO POST-OPERATORIO DEL PAPA,
RICOVERATO DA SEI
GIORNI AL POLICLINICO GEMELLI. GIOVANNI PAOLO II RICEVE LA VISITA DEL CARDINALE
RATZINGER
CON CUI SCAMBIA QUALCHE
PAROLA IN ITALIANO E TEDESCO
- Intervista con il
cardinale Josef Ratzinger -
Buone notizie sulle condizioni
di Giovanni Paolo II, da sei giorni ricoverato al Policlinico Gemelli per
l’operazione di tracheotomia effettuata giovedì scorso. Il decorso
post-operatorio prosegue in modo normale. Il Papa ha scambiato anche qualche
parola con il cardinale Josef Ratzinger, giunto in tarda mattinata all’ospedale
per una visita. Il servizio di Alessandro Gisotti.
**********
Al Policlinico Gemelli si
respira oggi un clima sereno, dopo le rassicuranti parole del cardinale
Ratzinger e del direttore della Sala Stampa della Santa Sede, Navarro-Valls. Stamani,
soffermandosi pochi istanti con i giornalisti, Navarro-Valls ha dichiarato che
il Papa sta bene e le sue condizioni sono in miglioramento. Lasciando
l’ospedale, Navarro-Valls ha aggiunto che il Santo Padre “si preparava a celebrare
la messa”, e che “continua gli esercizi della voce”. E’ “un bravo paziente”, ha
commentato il portavoce vaticano. Ricordiamo che il prossimo bollettino medico
sarà diramato giovedì 3 marzo. Domani non si terrà l’udienza generale. Poco
dopo mezzogiorno, Giovanni Paolo II ha ricevuto nella sua stanza il cardinale Joseph
Ratzinger, prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede. Incontro
particolarmente significativo, ha sottolineato fiducioso il porporato. Ascoltiamolo,
ai nostri microfoni:
“Ho
portato i saluti della Congregazione per il Culto Divino, attualmente riunita
in sessione plenaria in Vaticano. Ho portato tanti altri saluti e anche qualche
lavoro da parte della nostra Congregazione. Il Santo Padre ha parlato con me in
tedesco e in italiano. Si è mostrato molto presente e lavorerà sulle materie
che gli ho consegnato. Sono contento di vedere il Santo Padre pienamente
presente mentalmente e capace di dire le cose essenziali con le sue parole”.
Stamani, il Papa ha ricevuto
anche la visita dell’arcivescovo di Westminster, il cardinale Murphy O’ Connor.
“Sia in salute che in malattia, nel pieno delle forze come in condizioni di
debolezza - ha detto il porporato, visibilmente commosso - il Pontefice sta offrendo
una testimonianza di fede al Signore e alla sua missione straordinaria nel
nostro mondo di oggi”. L’arcivescovo O’Connor ha poi aggiunto di aver portato
al Papa l’affetto di tutti i fedeli dell’Inghilterra e del Galles, che in
questi giorni pregano per un pronto recupero delle forze del Papa. E poco prima del cardinale O’Connor, si era
recato al Gemelli anche il vicepresidente della Camera dei deputati italiani,
Clemente Mastella. Ecco la sua testimonianza:
“Come cattolici, non che ci sia il dovere, ma credo
il sentimento cristiano di renderci conto come il capo della propria fede stia
in questo momento e quindi, per me è di grande conforto sapere che sta meglio
di quello che immaginiamo, di quello che pensavamo e vado via confortato da
questo”.
Anche oggi, d’altro canto, non
mancano le manifestazioni spontanee d’affetto dei fedeli. Un folto gruppo di
oltre 50 pellegrini polacchi della cittadina di Olsztyn ha portato dei doni al
Santo Padre tra cui del miele e alcuni disegni realizzati da piccoli pazienti
dell’ospedale cittadino. Quindi, i fedeli si sono raccolti nel piazzale
antistante il Gemelli per pregare sotto le finestre della stanza al decimo
piano, dove il Pontefice sta trascorrendo la sua degenza. Una nuova dimostrazione
di calore umano per Giovanni Paolo II, in questa fredda giornata romana.
Dal Policlinico Gemelli,
Alessandro Gisotti, Radio Vaticana
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Ma sul nuovo ricovero del Papa ascoltiamo
ancora una riflessione del cardinale Ratzinger raccolta dal programma tedesco
della Radio Vaticana:
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(Parole in tedesco)
L’esempio di un Papa che soffre
è molto importante e lo abbiamo visto negli ultimi anni: soffrire è un modo
speciale di predicare. Dalle molte lettere che mi hanno inviato e anche da
numerose testimonianze dirette, ho visto che tante persone che soffrono ora si
sentono finalmente accettate. L’Associazione per i malati di Parkinson mi ha
scritto ringraziando il Papa perché aiuta i malati a consolidare la loro
immagine, per così dire, perché il Santo Padre ha il coraggio di apparire in
pubblico come una persona che soffre e che continua a lavorare. Attraverso la
sua sofferenza Giovanni Paolo II ci ha comunicato molte cose: che la sofferenza
è una fase nel cammino della vita e poi che egli partecipa alla Passione di
Gesù Cristo mostrandoci quanto fruttuosa possa essere la sofferenza quando la
condividiamo con il Signore e la viviamo insieme a tutti coloro che soffrono
nel mondo. In questo modo la sofferenza assume un grande valore e può essere
qualcosa di positivo. Quando guardiamo alla vita del Papa, vediamo che questo è
un messaggio importante, specialmente in un mondo che tende a nascondere o a cancellare
il dolore.
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LA PLENARIA DELLA CONGREGAZIONE PER IL CULTO
DIVINO
- Intervista con il cardinale Francis Arinze -
Si tiene da oggi fino a venerdì
prossimo in Vaticano l’assemblea plenaria della Congregazione per il Culto
Divino e la Disciplina dei Sacramenti con la partecipazione di oltre 50 membri
del dicastero tra cardinali e vescovi.
Al centro dei lavori l’ars
celebrandi, cioè l’arte di celebrare, l’omelia, la formazione liturgica. Su
questi temi Giovanni Peduto ha intervistato il cardinale prefetto del
dicastero, Francis Arinze:
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R. – Questa arte di celebrare è
importante. Non è una questione accademica. Si tratta non solo di osservare le
norme liturgiche, che è sempre importante, ma si tratta soprattutto di avere
una celebrazione che manifesti la fede del sacerdote e dei fedeli; una celebrazione
che nutra la fede del popolo, così che, andando via, si senta veramente
nutrito, rinvigorito, con il desiderio di tornare la domenica successiva se non
addirittura ogni giorno. Una celebrazione, insomma, con dignità e disciplina e
specialmente con fede e devozione.
D. – E nell’ambito della
celebrazione della Messa, quali caratteristiche deve avere l’omelia?
R. – Contenuto liturgico chiaro,
specialmente basato sulle letture; contenuto teologico solido. Il popolo di Dio
deve ricevere un buon nutrimento. Per molti cristiani, l’omelia è la grande
occasione settimanale di essere veramente nutriti, informati e formati nella
fede. L’omelia deve anche avere la lunghezza giusta. Non è una questione matematica,
ma occorre ricordare che nelle chiese, abbiamo fedeli di 80 e di 20 anni, ma
anche bambini di 7 anni ... Quanto tempo si pensa che questi possano mantenere
vigile l’attenzione?
D. – C’è anche bisogno di
formazione liturgica…
R. – Certo! E questa formazione non è solo per il clero
ma anche per i religiosi, le religiose, i laici, le laiche, per tutti noi! Ed è
una cosa che deve continuare. Nessuno di noi conosce tutto una volta per tutte.
Sarebbe una bella cosa se prima di andare a Messa, la domenica, uno leggesse
già a casa i testi, specialmente le letture e le orazioni, e dopo, tornato a
casa, le rileggesse: in questo modo possiamo davvero progredire nella fede.
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L’INALIENABILE DIGNITA’ DELL’ESSERE PERSONA UMANA VA
RISPETTATA ANCHE NEI DETENUTI:
APERTO
STAMANI PRESSO IL PONTIFICIO CONSIGLIO DELLA GIUSTIZIA E DELLA PACE
IL
SEMINARIO INTERNAZIONALE SUI DIRITTI UMANI DEI CARCERATI
La reclusione non separa mai
dall’amore di Dio e quindi dalla dignità della persona umana che da tale amore
deriva e in tale amore si radica. Lo ha sottolineato il Presidente del
Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, cardinale Renato Martino,
aprendo stamani presso la sede del Dicastero il Seminario internazionale di studio
sui diritti umani dei detenuti, organizzato per due giorni insieme alla
Commissione Internazionale della Pastorale Penitenziaria Cattolica (ICCPPC). Il
servizio di Paolo Scappucci:
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“L’uomo carcerato – ha detto il
porporato agli oltre 80 esperti, studiosi e cappellani delle carceri di una
trentina di Paesi dei cinque continenti che partecipano all’incontro – ha
diritto ad essere comunque considerato come persona. Lungi da rimanere
astratta, una simile considerazione deve animare la politica e il diritto, le
istituzioni sociali di prevenzione e i regolamenti carcerari, l’intervento
nelle carceri degli organismi della società civile”. E’ seguita quindi da parte del cardinale Martino la forte denuncia
che “nel mondo si verificano purtroppo situazioni di carcerazione e modalità di
detenzione addirittura pre-giuridiche, nel senso che non hanno ancora recepito
le più elementari tutele dei diritti della persona”.
In molti Paesi il trattamento
dei detenuti non risponde talvolta nemmeno ai requisiti minimi di umanità e di
civiltà giuridica altrove già consolidati. Di qui l’urgenza, secondo il
Presidente di Giustizia e Pace, di una approfondita riflessione sulle molte
problematiche umane, giuridiche, politiche e sociali degli uomini in carcere,
cui vuole rispondere il Seminario in corso. “I carcerati – ha detto concludendo
il porporato – sono nel carcere, ma
non del carcere e la speranza
cristiana invita tutti a guardare oltre il carcere stesso”.
Condividendo l’analisi del
cardinale, il Presidente dell’ICCPPC, Christian Kuhn, ha dal suo canto posto in
rilievo che i cappellani delle carceri non sono così ingenui da ignorare
l’enorme pericolo che il crimine, specie quello organizzato, il traffico della
droga e il terrorismo rappresentano per la società. Egli però ha anche evidenziato
che raramente i capi del crimine organizzato sono in prigione, mentre la maggioranza
dei detenuti è rappresentata da poveri ed emarginati. Kuhn ha anche assicurato
che conclusioni dell’attuale seminario saranno da lui portate all’XI Congresso
delle Nazioni Unite sulla prevenzione del crimine e la giustizia penale, che si
terrà dal 18 al 25 aprile a Bankok in Thailandia.
Al termine dei lavori della
mattinata, che hanno avuto anche la lettura di una relazione del direttore
della Divisione Treaty Affairs dell’Ufficio
dell’ONU su Droga e crimine, Ugo Vetere, sulla sfida globale del rispetto dei
diritti umani dei detenuti e una tavola rotonda sulla situazione carceraria nel
mondo, il cardinale Martino ha letto il telegramma inviato ai partecipanti dal
Segretario di Stato vaticano, cardinale Sodano, a nome del Papa, in cui si
afferma che “Sua Santità auspica vivamente che le giornate di riflessione contribuiscano
ad affermare il doveroso rispetto della permanente dignità umana dell’individuo
che ha violato la legge, affinché continui a sentirsi parte della società e impegnato
a reinserirsi in essa”.
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IL
CARDINALE ANGOLANO ALEXANDRE DO NASCIMIENTO COMPIE OGGI 80 ANNI
I più sentiti auguri al
cardinale angolano Alexandre do Nascimento, arcivescovo emerito di Luanda, che
oggi compie 80 anni. Il porporato è nato a Malanje il 1° marzo 1925: sacerdote
a 27 anni è stato creato cardinale da Giovanni Paolo II nel Concistoro del
1983.
I cardinali elettori, quelli
cioè che ancora non hanno compiuto 80 anni, scendono così a 118. I cardinali
non elettori, dunque ultra-ottantenni, sono 65.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Apre
la prima pagina l'articolo di Giampaolo Mattei dal titolo "I poveri e la loro
Voce": dal cuore dell'umanità si leva una incessante preghiera in profonda
comunione con il Santo Padre.
Nelle
vaticane, una monografica - a cura di Tonino Cabizzosu - dedicata alla figura
di Michelina Dui: "Una vita spesa per la santificazione del Clero".
Nelle
estere, l'intervento di S.E. mons. Juliusz Janusz, nunzio apostolico in Ungheria,
capo della delegazione della Santa Sede, alla 14 Conferenza dei Ministri europei
responsabili dei Poteri Locali e Regionali, svoltasi il 24-25 febbraio
a Budapest: "L'esercizio del potere politico ad ogni livello ha un
senso se è al servizio della dignità e dei diritti della persona umana".
Libano:
il primo ministro Karami si dimette sotto la pressione della protesta popolare.
Per
la rubrica dell' "Atlante geopolitico", una pagina speciale
- a cura di Giuseppe Fiorentino e di Marcello Filotei - dal titolo "
Il 'vecchio mondo' degli indios latino americani".
Nella
pagina culturale, un articolo di Claudio Toscani sull'opera poetica di Mario
Luzi, scomparso ieri. Il titolo dell'articolo è "La liturgia dello spirito
si unisce al tesoro linguistico".
Per
l' "Osservatore libri", un articolo di Marco Testi sul volume "I
XXV della campagna romana" a cura di Renato Mammucari.
Nelle
pagine italiane, in primo piano il tema della giustizia.
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1 marzo 2005
LIBANO:
SI DIMETTE IL GOVERNO DI OMAR KARAME
- Intervista con Antonio
Ferrari -
Colpo
di scena in Libano, dove ieri si è dimesso il governo filosiriano di Omar
Karame, incalzato dalle opposizioni e dalle quotidiane manifestazioni di
piazza. Intanto mentre nel Paese si preparano le elezioni parlamentari – che
partiranno il 17 aprile, per protrarsi fino a maggio – rimangono le accuse al
governo Karame di essere stato complice della Siria nell’uccisione dell’ex
premier Hariri, il 14 febbraio scorso a Beirut. Ce ne parla Antonio Ferrari,
inviato speciale del Corriere della Sera ed analista di questioni libanesi, al
microfono di Giada Aquilino:
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R. – E’ stato
accusato di essere complice, quanto meno di non avere esercitato tutti i
controlli necessari. Per la verità, le dimissioni di Omar Karame erano
previste, perché il governo stava perdendo i pezzi: si erano già dimessi tre
ministri. Inoltre la gente, ma soprattutto l’opposizione a questo governo, sosteneva
che fosse coinvolto nell’assassinio dell’ex primo ministro Hariri e che il
mandante occulto fosse la Siria. Ora, il problema non è quello di convincerci
che le opposizioni pretenderanno loro di fare il governo, perché non hanno i
numeri, però non è escluso che possa essere messo in piedi sia pure togliendo
di mezzo per il momento le persone più esposte, proprio Karame e il ministro
dell’interno Suleiman
Franjiyeh, e magari appunto mettendo al loro posto per il nuovo
governo persone al di sopra di ogni possibile sospetto.
D. – La Siria ha annunciato un
arretramento del proprio contingente schierato in Libano. Ma si può davvero
ipotizzare un completo ritiro siriano prima delle elezioni, tra aprile e
maggio?
R. – Non credo. Sia il
presidente Bashar, sia altri esponenti del regime, hanno detto: “Sì, noi
vogliamo ritirarci, magari entro l’anno, ma lo faremo soltanto se avremo condizioni
di pace”. E’ una forma ambigua per dire: “Fino a quando noi non sentiremo che
la situazione si è placata e che nessun altro è pronto a giocare sul Libano,
allora non ci ritireremo”. In realtà, la presenza dei soldati – 14 mila soldati
siriani – è quasi un fatto formale, come a dire per la Siria: “Siamo lì”.
Perché la Siria ha ben altri mezzi per rinsaldare questo legame ombelicale che
c’è con il Libano. Ci sono gli agenti dei servizi di sicurezza in borghese, che
sono tanti, a Beirut e in tutto il Libano. Poi non dimentichiamo che in Libano
ci sono 3 milioni e 900 mila abitanti, più un milione di lavoratori siriani che
vengono a fare i lavori più umili, i lavori manuali, cioè gli “occupanti” che
vanno al servizio degli “occupati”. Questa è un po’ la situazione di oggi.
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UGANDA:
LA CHIESA CATTOLICA SOTTO TIRO
- Intervista con
Giuseppe, missionario laico -
La pace può ancora aspettare nel
nord dell’Uganda, dove è in corso una guerra civile dal 1986 con migliaia di
vittime. Il clima di totale insicurezza e di miseria in cui vivono le popolazioni
della zona sta ulteriormente peggiorando. Dall’inizio della settimana scorsa,
quando il governo di Kampala ha sospeso, in modo unilaterale, il cessate il
fuoco decretato per favorire le discussioni di pace con i ribelli dell’Esercito
di resistenza del signore, molti civili tra cui donne e bambini sono stati
ritrovati uccisi o mutilati. La Chiesa cattolica stessa non sfugge alle minacce
e agli attacchi. Jean-Baptiste Sourou ha chiesto a Giuseppe, un missionario
laico che lavora nel nord dell’Uganda, quali sono i problemi del momento in
quest’area.
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R. – Ci
sono due problemi. Il primo problema sono i ribelli, che anche la scorsa
settimana hanno attaccato, hanno ucciso. Poi c’è la situazione del governo,
dell’esercito, che sta perseguitando la Chiesa cattolica, e in particolare
abbiamo padre Carlos Rodriguez, che è sotto attacco. Ancora una volta hanno
minacciato di arrestarlo. Già lo avevano arrestato nel 2002. L’anno scorso
hanno cercato di espellerlo, ma non ci sono riusciti.
D. – E questo padre Carlos,
perché viene ancora minacciato in questo momento?
R. – Padre Carlos è il
segretario del gruppo Giustizia e Pace della diocesi di Gulu. Quindi, è lui che
ha il compito di denunciare le violazioni dei diritti umani. Il motivo per cui
lo attaccano è che Kofi Annan ha fatto un rapporto pochi giorni fa, dicendo che
nell’esercito dell’Uganda ci sono bambini soldato, e padre Carlos lo ha
confermato, portando delle prove inoppugnabili. Hanno paura che magari le
Nazioni Unite decretino sanzioni contro il governo dell’Uganda.
D. – E’ tutta la Chiesa ad
essere minacciata o solo lui?
R. – Tutta la Chiesa. L’anno
scorso i vescovi cattolici hanno scritto una lettera per Pasqua, il 14 aprile,
dicendo che la Chiesa non vuole che la Costituzione venga cambiata, permettendo
così al presidente di presentarsi per un terzo mandato presidenziale. Da quel
momento, la Chiesa è stata perseguitata. Si cerca di screditare la Chiesa, di
far passare i sacerdoti come collaboratori dei ribelli. E’ un clima di ostilità
che si respira.
D. – Da quanto dura questo clima
di ostilità?
R. – Io direi da circa un anno,
come forte ostilità. Storicamente, dal 1962, dall’indipendenza, la Chiesa
cattolica è stata sempre emarginata.
D. – Perché hanno ripreso la
lotta in questi ultimi giorni?
R. – Perché il presidente della
Repubblica Museveni ha sospeso, o non ha rinnovato, il cessate il fuoco.
Durante il cessate il fuoco si sperava che un accordo di pace potesse arrivare,
invece adesso le ostilità sono riprese.
D. – La popolazione come sta
vivendo questo momento?
R. – Nella paura, nella
sofferenza e nella stanchezza, perché la guerra dura da 19 anni.
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LA “PASSIONE” DI MARIO LUZI:
LIRICA UMANO-DIVINA DI UN POETA CONOSCITORE DELL’ANIMA.
IL RICORDO DELLE MEDITAZIONI DELLA VIA CRUCIS DEL
’99, SCRITTE SU INVITO DEL PAPA
- Servizio di Alessandro De Carolis -
Firenze e l’Italia sono in lutto
per la scomparsa di Mario Luzi, poeta tra i più insigni del Novecento, morto
ieri all’età di 90 anni che aveva compiuti il 20 ottobre 2004, sei giorni dopo
aver ottenuto la nomina presidenziale a senatore a vita. Da questa mattina,
molte persone si sono recate alla camera ardente allestita a Palazzo Vecchio
per un ultimo saluto, mentre il Senato ha iniziato la seduta odierna con un
minuto di silenzio in memoria del poeta. I funerali saranno celebrati domani
nel Duomo di Firenze, presieduti dal cardinale arcivescovo Ennio Antonelli.
Uomo dotato di profonda introspezione, sei anni fa, su invito di Giovanni Paolo
II, Luzi firmò i versi di una celebre Via Crucis al Colosseo. Riviviamo la
bellezza di quella poesia in questo servizio di Alessandro De Carolis.
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(musica)
“Dall'orizzonte umano in cui mi
trovo
a guardare il mondo universo che
hai creato
si affrontano due eternità: la
tua vivente e luminosa
e l'altra senza luce e senza
moto.
Anche la morte pare eterna, è
duro convincerli, gli umani,
che non ci sono due eternità
contrarie,
il tutto è compreso in una sola
e tu sei in ogni parte,
anche dove pare che tu manchi”.
E’ la voce sofferente di Gesù,
che viene da terra, dov’è caduto sotto il peso della Croce. E’ una voce che
guarda al cielo, mentre si avvicina alla morte: un cielo amato che le atrocità
del supplizio di cui è lastricata la strada per il Calvario offuscano,
rendendolo lontano, quasi perduto. Ma è, più ancora, la voce interiore di Mario
Luzi, che esprime - filtrato dalla sensibilità poetica di una lingua colta e
scarna - il mistero più insondabile del dolore, la Passione di Cristo. E’ il
1999 quando nel silenzio della notte del Colosseo, Giovanni Paolo II e migliaia
di fedeli ascoltano le quattordici stazioni della Via Crucis scritte dal grande
poeta scomparso ieri. Le meditazioni seguono l’una all’altra come un lungo soliloquio
che alterna suppliche e slanci d’amore, coscienza della propria altissima
missione insieme ad ammissioni di paura, di fragilità, di senso di sconfitta.
Il poeta concepì quel testo come – è lui stesso a scrivere – “un ininterrotto
monologo” in cui “Gesù nella tribolazione avrebbe confidato al Padre la sua
angoscia e i suoi pensieri, dibattuti tra il divino e l’umano, la sua
afflizione e la sua soprannaturale certezza”. Sentimenti contrastanti, che
ritornano sempre alla fedeltà:
(musica)
“Padre, non giudicarlo
questo mio parlarti umano quasi
delirante,
accoglilo come un desiderio
d'amore,
non guardare alla sua
insensatezza.
Sono venuto sulla terra per fare
la tua volontà
eppure talvolta l'ho discussa.
Sii indulgente con la mia debolezza, te ne prego”.
Mentre in queste ore di
cordoglio, politici e intellettuali fanno a gara nel coniare la definizione più
appropriata per esaltare la grandezza di colui che fu anche pensatore civile,
nella lettura dei versi più intimi di Mario Luzi risaltano le note di un animo
abituato ad andare all’essenza dell’esistenza con un uso nobile delle parole.
Di un uomo in cui spirito laico e religioso hanno un confine sottile. La sua
poetica, scrive la Rivista “Studium” nel suo ultimo numero dedicato a Mario
Luzi – può essere letta come “un viaggio sacro e umano alla ricerca del soffio
creativo di Dio”. Così, lo scorso anno, il poeta presentiva l’avvicinarsi
dell’ultimo passo:
“Il pensiero della morte m’accompagna
tra i due muri di questa via che sale
e pena lungo i suoi tornanti (...)
L’amore aiuta a vivere, a durare,
l’amore annulla e dà principio (…)
Questo ho imparato e dimenticato mille volte,
ora da te mi torna fatto chiaro,
ora prende vivezza e verità.
La mia pena è durare oltre quest’attimo”.
(musica)
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1
marzo 2005
INFANZIA PIÙ POVERA NEI PAESI RICCHI.
PRESENTATO STAMANI A ROMA IL RAPPORTO 2005
CURATO DAL CENTRO DI RICERCA INNOCENTI DELL’UNICEF
- A cura di Roberta Gisotti -
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ROMA. = Bambini più poveri in 17
su 24 Paesi membri dell’OCSE, l’Organizzazione che riunisce le Nazioni più
industrializzate per i quali sono disponibili dati di raffronto dagli inizi
degli anni ’90 fino al 2001. Solo Australia, Norvegia, Regno Unito e Stati
Uniti hanno registrato un significativo miglioramento. Ma gli Stati Uniti
restano comunque in fondo alla classifica con una percentuale di povertà
infantile di quasi il 22 per cento, superati solo dal Messico che sfiora il 28
per cento e preceduti dall’Italia con oltre il 16 per cento. In cima alla
classifica i Paesi più meritevoli, quelli del Nord Europa: Danimarca,
Finlandia, Norvegia e Svezia, tutti sotto il 5 per cento. Percentuali di
povertà che sono riferite a famiglie con un reddito inferiore al 50 per cento
del reddito medio nazionale. Tre sono gli elementi fondamentali che determinano
i tassi di povertà: i fattori sociali, le condizioni del mercato del lavoro e
le politiche di governo. Proprio i governi sono però i principali imputati in
questo rapporto perché potrebbero, in molti Paesi, ridurre la povertà infantile
sotto il 10 per cento senza un forte aumento della spesa generale, se solo
varassero politiche di adeguato sostegno alle famiglie con più basso reddito.
Dunque, monito dell’UNICEF per invertire una tendenza pericolosa, perché molti
gravi problemi delle società di oggi hanno le loro radici proprio nella povertà
infantile.
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IN PAKISTAN SETTE ANNI DI
PRIGIONE AD UN CRISTIANO ACCUSATO DI BLASFEMIA:
SECONDO L’ACCUSA AVREBBE
STRAPPATO LE PAGINE DEL CORANO
- A cura di Amedeo Lomonaco -
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MULTAN. = Sette anni di prigione
per aver dissacrato il Corano. E’ la condanna inflitta in Pakistan a Bashir
Masih, un giovane cristiano accusato di blasfemia. Secondo il giudice,
l’imputato avrebbe strappato alcune pagine del Corano per usarle in rituali di
magia occulta. La sentenza è stata emessa lo scorso 23 febbraio ma le ONG e i
gruppi per i diritti umani del Pakistan non sono a conoscenza della condanna di
Masih. Il giovane cristiano ha adesso 30 giorni per appellarsi alla Corte
suprema di Lahore. Il suo caso è l’ultimo di una lunga serie di condanne emesse
contro cristiani e musulmani. In Pakistan, la controversa legge sulla blasfemia
punisce con l’ergastolo le offese al Corano e prevede la pena capitale per
“tutti coloro che con parole o scritte insultano il profeta Maometto”. Il
ministro pakistano per gli Affari religiosi, Ejaz ul Haq, ha ammesso che negli
ultimi 18 anni si è registrato “un abuso” della legge. Dal 1927 al 1986 sono
stati accertati solo 7 casi di blasfemia. Ma quelli notificati dal 1986 al 2004
sono invece più di 4000. La Chiesa cattolica chiede la totale abrogazione della
norma sulla blasfemia, considerata un’anomalia nel sistema giudiziario
pakistano. Il vescovo di Faisalabad, mons. Joseph Coutts, ha sottolineato
infine che gli emendamenti apportati alla legge lo scorso ottobre non
impediscono gli abusi: le modifiche sono limitate, infatti, alla procedura e
all’applicazione ma hanno mantenuto in vigore la pena di morte per chi offende
Maometto. (A.L.)
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PACE GIUSTA PER LA BOSNIA
ERZEGOVINA E ATTENZIONE AI PAESI CHE DEVONO ENTRARE NELL’UNIONE EUROPEA.
E’ L’APPELLO RIVOLTO ALLA
COMUNITA’ INTERNAZIONALE DAI PRESIDENTI DELLE CONFERENZE EPISCOPALI
DEL SUD EST EUROPEO
SARAJEVO. = “La Bosnia Erzegovina
non ha futuro se permane una situazione di pace ingiusta e se vengono negati i
principali diritti alle etnie di bosniaci, serbi e croati”. E’ quanto hanno
dichiarato i presidenti delle conferenze episcopali del sud est europeo al
termine dell’incontro svoltosi dal 25 al 27 febbraio a Sarajevo. Dal convegno è
emerso che la regione sud orientale europea è sconvolta da gravi emergenze
quali la povertà, la disoccupazione, la corruzione e l’instabilità politica. In
alcuni Paesi – si legge nel comunicato redatto dai presuli – è impressionante
il numero degli aborti, dei bambini abbandonati e delle donne colpite dal
dramma della prostituzione. I vescovi rimarcano anche gli sforzi profusi in
attività di formazione, di solidarietà e per la promozione del dialogo
interculturale. Ma le speranze sono riposte soprattutto nell’Unione europea ed
i leader politici intervenuti all’incontro, promosso dal Consiglio delle
conferenze episcopali d’Europa (CCEE), hanno rilevato come la regione sud
orientale sia un importante test per la politica europea. Durante il convegno,
si è discusso anche dei principali tratti della cultura moderna e del fenomeno
della secolarizzazione. “Nel sud est europeo – sostengono i vescovi – si cerca
la via di una corretta laicità capace di distinguere tra l’ambito religioso e
quello politico”. Ma si coglie anche il rischio – aggiungono – di una cultura
materialista, chiusa ad ogni dimensione trascendentale. (A.L.)
COMBATTERE
LA VIOLENZA E LA CORRUZIONE.
SONO QUESTI ALCUNI DEI TEMI CENTRALI
CONTENUTI NELLA NOTA PASTORALE DEI VESCOVI DELLA REPUBBLICA DOMINICANA
REDATTA IN OCCASIONE DELLA FESTA DELL’INDIPENDENZA
DEL PAESE CENTROAMERICANO
SANTO
DOMINGO. = In occasione del 161.mo anniversario dell’indipendenza, i vescovi
della Repubblica Dominicana hanno pubblicato una nota pastorale incentrata sul
recupero dei valori. La situazione del Paese è difficile soprattutto per quanto
riguarda la giustizia. Nessuna società può liberarsi delle persone corrotte ma
è grave che non vengano denunciate, hanno affermato i presuli riferendosi alla
corruzione dilagante nel Paese. Ad affliggere la Repubblica Dominicana ci sono
anche problemi economici, sociali e politici che, secondo i vescovi, sono riconducibili
alla “crisi culturale della nazione”. Il presidente Leonel Fernandez, proprio
in occasione del discorso pronunciato al Congresso per la festa
dell’indipendenza, ha proposto un piano per la sicurezza democratica
finalizzato al potenziamento di tutte le forze dell’ordine, soprattutto nelle
aree più violente. Sono previsti, inoltre, severi controlli per verificare
l’eventuale possesso di armi. L’obiettivo è quello di combattere la
delinquenza, la corruzione ed il narcotraffico. Fernandez ha anche auspicato il
rilancio del settore energetico per rilanciare l’economia della Repubblica
Dominicana. (M.V.S.)
SUPERARE IN ITALIA LE
DISCRIMINAZIONI ECONOMICHE TRA SCUOLE STATALI E PARITARIE.
È L’OBIETTIVO FISSATO NEL
DOCUMENTO INTITOLATO “PER UNA PIENA PARITÀ”
REDATTO DAL CONSIGLIO NAZIONALE DELLA
SCUOLA CATTOLICA.
L’ORGANISMO PROPONE ANCHE IL
FINANZIAMENTO DIRETTO ALLE SCUOLE PARITARIE
ROMA. =
“Le scuole del servizio educativo pubblico, indipendentemente dalla natura giuridica
della gestione, devono poter essere accessibili a tutti”. E’ quanto si legge
nel documento dal titolo “Per una piena parità” e presentato ieri a Roma dal
Consiglio nazionale della scuola cattolica (CNSC). L’organismo propone anche
“il finanziamento diretto alle scuole paritarie”. Intervenendo all’incontro
promosso ieri dal CNSC sul tema “Diritto all’istruzione e parità scolastica”,
il presidente della CEI, cardinale Camillo Ruini, ha dichiarato inoltre che “la
scuola è un bene prezioso sul quale occorre investire”. Il potenziale sviluppo
di un Paese e il suo radicamento nei valori della democrazia, della coesione
sociale e del progresso civile – ha proseguito il porporato – si misurano
considerando l’impegno convergente dell’intera società civile su questi fronti.
“Garantire la piena parità scolastica – ha poi spiegato il cardinale Ruini –
significa porre una pietra d’angolo essenziale per l’intero sistema formativo”.
“Tutti i soggetti di tale impianto – ha concluso il cardinale - devono assumere
un alto profilo di responsabilità al fine di dotare l’Italia di un sistema
fortemente rinnovato ed in grado di favorire la valorizzazione della persona”. (A.L.)
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1 marzo 2005
- A cura
di Fausta Speranza -
Tutte le emittenti francesi
hanno deciso di non trasmettere il video in cui la giornalista Florence
Aubenas, ostaggio in Iraq, chiede drammaticamente aiuto. La giornalista, rapita oltre sette settimane
fa, lancia un disperato appello:
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''Mi chiamo Florence Aubenas. Sono francese. Sono una giornalista di
“Liberation”. La mia salute è pessima. Anche psicologicamente sto molto male...''
La donna appare sconvolta.
Ripete ''aiutatemi, è urgente'' e chiede all'onorevole
Didier Julia di intervenire. Didier Julia – lo ricordiamo - è un
deputato francese che nei mesi scorsi aveva tentato un negoziato per la liberazione
degli altri due giornalisti francesi, Chesnot e Malbrunot. Il politico era poi
stato molto criticato. Ed oggi, fa sapere di ''non poter far niente'' perché i
suoi collaboratori sono sotto inchiesta e chiede allo stato francese di
''ridargli la libertà d'azione'' attualmente perduta.
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Si nota che la registrazione non
è databile e che nel video non appare alcuna scritta riconducibile al gruppo
che ha sequestrato la giornalista. Roberto Piermarini ha chiesto di commentare
questi elementi a Guido Olimpio, esperto di terrorismo:
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R. - I gruppi che rapiscono le
donne in Iraq sanno che non c’è bisogno di molta scenografia. La rapita, la
donna è già un elemento di pressione. La disperazione, la paura sono così forti
che non c’è bisogno di fare scenografie. Il messaggio è tutto lì, nella persona
stessa. Quindi, sanno bene che questi messaggi hanno un impatto fortissimo
sull’opinione pubblica.
D. – Tu ritieni ci sia un
collegamento con il rapimento di Giuliana Sgrena?
R. – Potrebbe essere il fatto
che proprio per questa scena abbastanza semplice e comunque il fatto stesso che
lei sia stata rapita più o meno nelle stesse circostanze e anche l’Aubenas
stesse occupandosi dei profughi di Falluja potrebbe portare a dire che più o
meno stiamo nello stesso ambiente. Ma sappiamo che i gruppi dei sequestratori
in Iraq sono quanto mai vari, si mescolano, cambiano, si vendono l’ostaggio.
Quindi, è difficile stabilire con esattezza chi c’è dietro. Sicuramente sono
gruppi che non si preoccupano troppo di dare dei messaggi politici, ma usano
semplicemente la paura e il terrore della loro vittima.
D. – La Francia è un Paese che
si era tirato fuori dall’Iraq. Come mai questo attacco anche alla Francia?
R. – Noi vediamo che non ci sono
delle richieste particolari. Non si capisce che cosa vogliono, quali siano le
condizioni. Purtroppo questo è lo schema: oggi in Iraq si viene ammazzati, si
viene rapiti non tanto perché si appartiene alla Francia, all’Inghilterra ecc.,
ma soltanto perché si vuole destabilizzare. Questo è l’obiettivo.
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Intanto, per la giornalista
italiana, Giuliana Sgrena, interviene il ministro dell'Interno
dell'Iraq affermando che ''è viva'' e che spera di avere presto buone
notizie''. Ma c’è anche la cronaca di altre violenze in Iraq: quattro
commercianti iracheni, accusati di collaborare con le forze americane, sono
stati uccisi nel centro di Baghdad e sempre nella capitale sono stati
assassinati il fratello del ministro dell'Agricoltura e quello dell'imam di una
moschea nel distretto di Hurriya.
Solo nel pomeriggio di oggi si
conoscerà il documento finale della Conferenza sulle questioni mediorientali in
corso a Londra, ma secondo anticipazioni ci sono affermazioni importanti per
costruire la pace tra due Stati. Il premier britannico Tony Blair aveva aperto
l’incontro sottolineando che ''non c'è niente di più urgente che far avanzare
il processo di pace mediorientale''. Alla riunione dei rappresentati di 23
Paesi occidentali e del mondo arabo moderato, la delegazione palestinese è
guidata dal presidente Abu Mazen. Presenti il segretario generale dell'Onu,
Kofi Annan, il segretario di Stato USA, Condoleeza Rice, l'Alto rappresentante
UE, Javier Solana. Per l'Italia, è presente il ministro degli Esteri,
Gianfranco Fini. Su quanto emerso, il servizio di Fausta Speranza:
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Obiettivo centrale dei
partecipanti alla conferenza di Londra è quello di ''aiutare l'Autorità
palestinese a rafforzare le istituzioni, gettando basi solide per la creazione
di un futuro Stato palestinese''. Alla ANP, la conferenza chiede ''ulteriore
lavoro per costruire un apparato di sicurezza più efficace, un migliore sistema
di governo, il rafforzamento dell'economia palestinese''. Sul piano degli aiuti
economici, all'ANP si sottolinea che la Comunità internazionale deve
contribuire a risolvere i problemi finanziari a breve dell'amministrazione
palestinese e che l'applicazione da parte dell'ANP di misure di buon governo
aprirà la strada ad un maggiore appoggio da parte dei donatori internazionali. Con
una precisazione: un miglioramento dell'economia palestinese dipende anche da
forme di cooperazione e di agevolazione di Israele, in particolare da ''un
significativo smantellamento dei posti di blocco e dal superamento delle altre
limitazioni alla libera circolazione delle persone e dei beni imposte da
Israele''. Da parte sua, Abu Mazen ha ribadito la propria condanna
dell'attentato di Tel Aviv di venerdì scorso, prima grave violazione del cessate
il fuoco, ed ha indicato che l'ANP ha deciso di riunificare i suoi servizi di
sicurezza per lottare con maggiore efficacia contro la violenza. Il rais ha
auspicato anche che la conferenza di Londra apra la strada ad una futura
conferenza internazionale sulla pace in Medio Oriente. Abu Mazen sarà domani in
missione a Bruxelles dove incontrerà tutti i maggiori rappresentanti delle
istituzioni europee.
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Il presidente israeliano, Moshe
Katsav, a Sydney per una visita di una settimana in Australia tra eccezionali
misure di sicurezza, nella sua prima apparizione in pubblico ha elogiato oggi
il governo conservatore australiano per
il sostegno assicurato al suo Paese, ''nonostante alcune differenze politiche'', e per il suo impegno
contro il terrorismo. Parlando ad oltre 1000 alunni di scuole ebraiche di
Sydney, che si erano raccolti nella sinagoga centrale della città per ascoltarlo,
Katsav ha indicato l'Australia come ''un esempio eccellente di come dovrebbe
agire il mondo libero''. ''Il terrorismo è un problema internazionale ed il
mondo libero deve combatterlo con ogni mezzo'', ha spiegato. Pur senza riferimenti
diretti al recente incidente diplomatico che aveva visto l'espulsione dall'Australia
a fine dicembre di un diplomatico israeliano sospettato di spionaggio, Katsav
ha osservato che anche se vi possono essere delle differenze politiche, è lieto
di vedere l'Australia schierarsi a fianco di Israele sulle grandi questioni.
Domani, la visita prosegue nella capitale Canberra, dove Katsav sarà ospite
d'onore ad un pranzo del premier conservatore John Howard ed incontrerà il
leader laburista Kim Beazley. Proseguirà poi per Melbourne, dove vedrà il
premier del Victoria Steve Bracks ed esponenti della comunità ebraica.
Cento ex appartenenti ai
Mujaheddin del popolo (MKO), il più importante gruppo dell'opposizione armata
al regime iraniano, hanno fatto ritorno in patria ieri, provenienti dall'Iraq,
approfittando di un'amnistia annunciata nel 2003 da Teheran per i membri dell'organizzazione
che non abbiano commesso reati gravi.
Altri 133 ex membri dei Mujaheddin, aggiunge il giornale, faranno ritorno in
Iran la settimana prossima. I Mujaheddin, tra i raggruppamenti più attivi nella
rivoluzione iraniana del 1979, furono messi al bando nel 1981, quando molte
migliaia di essi furono arrestati. Il quartier generale dell'organizzazione e
molti miliziani armati si trasferirono allora in Iraq, dove furono sostenuti da
Saddam Hussein. Verso la fine della guerra tra Iran e Iraq nel 1988, i
Mujaheddin lanciarono un'offensiva militare contro la Repubblica islamica. Negli
ultimi anni il gruppo MKO è stato dichiarato “organizzazione terrorista” da
parte della UE e degli USA e le truppe americane, dopo avere occupato l'Iraq,
hanno disarmato le milizie.
Una maggioranza schiacciante di
elettori ha votato a favore della nuova Costituzione nel referendum di ieri, in
Burundi. Secondo i risultati parziali resi noti oggi dalla Commissione
elettorale indipendente, quando era stato scrutinato oltre il 60 per cento
delle schede, i voti a favore superano il 90 per cento, mentre i contrari non
raggiungono il 10 per cento. La nuova Costituzione ripartisce in modo più equo
il potere fra la minoranza tutsi e la maggioranza hutu, le due principali etnie
del Paese africano. In Burundi, si combatte da 11 anni una sanguinosa guerra
civile fra l'esercito, dominato dalla minoranza tutsi, e i ribelli hutu. La
nuova carta fondamentale pone fine al dominio dei tutsi (il 14 per cento della
popolazione), che dirigono le istituzioni politiche e militari quasi senza interruzione
dall'indipendenza del Paese nel 1992.
Momenti di tensione oggi al
confine tra le due Coree, lungo il 38° parallelo, dopo che un soldato del Sud
ha sparato accidentalmente un colpo di arma da fuoco contro le postazioni
nordcoreane, provocando una durissima reazione verbale del regime di Pyongyang
e la richiesta di scuse formali. Lo ha
reso noto un portavoce del Ministero della difesa sudcoreano. ''Durante un
controllo lungo il confine alla ricerca di eventuali armi, una pallottola è
stata sparata accidentalmente in direzione delle postazioni nordcoreane nel settore
orientale della linea di demarcazione lungo il 38° parallelo'', ha affermato il
portavoce. Ma le autorità militari nordcoreane hanno reagito duramente
affermando, in una dichiarazione trasmessa dall'agenzia di stampa ufficiale
Kcna, che ''due colpi sono stati sparati deliberatamente contro una nostra
postazione di confine mettendo a repentaglio la vita dei soldati''.
L'Uruguay vive oggi quello che
il quotidiano “Ultimas noticias” definisce “L'inizio dell'era Vazquez” e che
coincide con il passaggio del potere dal presidente uscente Jorge Batlle a
Tabare' Vazquez vincitore delle ultime elezioni alla testa della coalizione di
sinistra “Incontro progressista-Fronte amplio (EP-FA)”. Dalla mezzanotte e fino
quasi all'alba, la popolazione uruguaiana ha anticipato la festa ed è scesa
nelle strade delle principali città per sottolineare la grande aspettativa
legata al radicale cambio di governo, che ha portato la sinistra al potere per
la prima volta nella storia dell'Uruguay. Le cerimonie ufficiali, cui
parteciperanno oltre 100 delegazioni straniere, cominceranno alle 13.00 (le
16.00 italiane) e si protrarranno fino alla notte.
Oltre trecento passeggeri sono
stati evacuati questa mattina da un aereo pachistano che ha preso fuoco su una
pista dell'aeroporto di Manchester, in Gran Bretagna. Nell'incidente, alcune
persone hanno riportato leggere ustioni, ha riferito la polizia della città inglese. Il
Boeing 777 della compagnia aerea Pakistan International Airlines, in volo da Toronto
a Karachi, poco dopo le 09.00 ha fatto scalo nell'aeroporto di Manchester (nord
Inghilterra) per fare rifornimento di carburante. Pochi minuti dopo, le fiamme
si sono sprigionate dal lato sinistro del carrello principale.
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