RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLIX n. 28 - Testo della trasmissione venerdì 28 gennaio 2005

 

Sommario

 

       

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Rifiuto della violenza e dialogo internazionale per costruire una solida pace nel Nagorno-Karabagh.

L’auspicio del Papa nell’udienza al presidente dell’Armenia

 

Nel cammino verso l’unità occorre vedere innanzitutto ciò che di positivo c’è nell’altro: così Giovanni Paolo II ricevendo oggi la Commissione per il dialogo tra cattolici e Antiche Chiese d’Oriente

 

“A nessuno è lecito, davanti alla tragedia della Shoah, passare oltre”. E’ quanto ha scritto il Papa nel suo messaggio letto ieri pomeriggio ad Auschwitz alla commovente cerimonia organizzata per celebrare i 60 anni dell’abbattimento dei cancelli del lager, simbolo della follia nazista

 

IN PRIMO PIANO:

L’Iraq, chiamato domenica prossima al voto, ancora scosso dalle violenze: quattro persone sono rimaste uccise nell’esplosione di un’autobomba a Baghdad. Aperti i seggi per gli iracheni che vivono all’estero: con noi Monica Ellena e Erfan Rashid

 

Al Forum economico mondiale di Davos, si discute sulla proposta britannica di istituire un fondo internazionale per lo sviluppo dei Paesi poveri. Intanto, dal Forum sociale di Porto Alegre, il presidente brasiliano Lula ha lanciato un appello per un’alleanza mondiale contro la povertà: ai nostri microfoni Sergio Marelli

 

CHIESA E SOCIETA’:

In Corea del Nord oltre 6,5 milioni di persone rischiano di morire per fame se non si interverrà con massicci aiuti alimentari

 

Davanti a noi ancora una lunga strada di purificazione e di confronto: così i vescovi tedeschi in occasione del 60° anniversario della liberazione del campo di sterminio di Auschwitz

 

La definizione di nuovi percorsi educativi per i giovani al centro del Convegno assistenti ecclesiastici dell’Azione Cattolica

 

E’ stata siglata a Parigi la “Dichiarazione sulla biodiversità”

 

Italia, un Paese confuso e abulico che tentenna sulla strada da intraprendere: è l’immagine che l’Eurispes dà nel suo rapporto 2005 presentato stamane a Roma

 

Nel 2004 sono stati 35 i casi di pubblica ammissione da parte di emittenti televisive italiane di violazioni del codice di autoregolamentazione tv e minori

 

24 ORE NEL MONDO:

Nelle elezioni municipali a Gaza, netta affermazione del movimento estremista Hamas

 

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

28 gennaio 2005

 

 

 

RIFIUTO DELLA VIOLENZA E DIALOGO INTERNAZIONALE

PER COSTRUIRE UNA SOLIDA PACE NEL NAGORNO-KARABAGH.

L’AUSPICIO DEL PAPA NELL’UDIENZA AL PRESIDENTE DELL’ARMENIA

- Servizio di Alessandro De Carolis -

 

Pace per il Nagorno-Karabagh. A chiederla è stato Giovanni Paolo II, che ha ricevuto questa mattina in udienza il presidente dell’Armenia, Robert Kochariàn, che ieri aveva incontrato le massime autorità istituzionali italiane. Il Papa ha chiesto il “rifiuto della violenza” per la soluzione di un conflitto che da oltre 15 anni divide, nel cuore del Caucaso, l’Armenia dall’Azerbaigian. Il servizio di Alessandro De Carolis.

 

**********

“Una pace vera e stabile”, costruita sul dialogo e sulla mediazione, non sulle armi. L’auspicio di Giovanni Paolo II per la regione del Nagorno-Karabagh ha chiuso il discorso rivolto al capo di Stato armeno, Kocharian, per la terza volta al cospetto del Pontefice dopo gli incontri legati all’evento culturale, del marzo del ’99 in Vaticano, per la mostra “Roma-Armenia”, e la visita apostolica nello Stato caucasico del settembre del 2001. Al centro di una disputa sanguinosa con l’Azerbaigian dall’88, il Nagorno-Karabagh – tra l’altro regione d’origine dello stesso presidente armeno – si è autoproclamato Repubblica autonoma nel ’91 senza ricevere alcun riconoscimento internazionale e rimanendo a tutt’oggi una questione sociale e politica irrisolta e fonte di tensioni. Proprio appellandosi alle autorità dei due Paesi, ma anche alla diplomazia estera, Giovanni Paolo II ha auspicato che la pace possa “scaturire dal rifiuto deciso della violenza e da un paziente dialogo tra le parti, grazie pure ad un’attiva mediazione internazionale”.

 

“La Santa Sede, che nel corso dei secoli non ha mancato di denunciare la violenza e difendere i diritti dei deboli, continuerà a sostenere ogni sforzo teso a costruire una pace solida e duratura”.

 

Il Papa, manifestando un “sincero apprezzamento” per le “buone relazioni” che legano la Santa Sede al governo armeno, ha messo in evidenza, a livello ecumenico, gli analoghi sentimenti che vincolano il Vaticano all’antichissima Chiesa apostolica armena – distinta da quella cattolica - a cui appartiene il 98% della popolazione locale. La “stima e l’amicizia” che intercorre tra le due comunità ecclesiali – un’intesa, ha rilevato il Pontefice, “resa ancor più attiva grazie all’iniziativa del Catholicos Karekin II - avrà sicuramente ripercussioni positive per la pacifica convivenza dell’intero popolo armeno, chiamato ad affrontare non poche sfide sociali ed economiche”. Riflesso di tali buoni legami, ha constatato inoltre Giovanni Paolo II, è la situazione dei circa 350 mila cattolici che vivono in Armenia: una comunità, ha riconosciuto il Papa, “ben accolta e rispettata” e che contribuisce con le sue attività “al benessere dell’intera nazione”.

 

Prima di lasciare il Vaticano, il presidente Kocharian ha visitato il Cortilone nord della Basilica di San Pietro, dove la scorsa settimana il Papa ha benedetto la statua di San Gregorio l’“Illuminatore”, l’evangelizzatore dell’Armenia.

**********

 

 

NEL CAMMINO VERSO L’UNITA’ OCCORRE VEDERE ANZITUTTO

CIO’ CHE DI POSITIVO C’E’ NELL’ALTRO:

 COSI’ GIOVANNI PAOLO II RICEVENDO OGGI LA COMMISSIONE PER IL DIALOGO

TRA CATTOLICI E ANTICHE CHIESE D’ORIENTE

 

Nel cammino verso l’unità dei cristiani occorre vedere anzitutto “ciò che di positivo c'è nell'altro”. E’ quanto ha detto questa mattina Giovanni Paolo II ricevendo la Commissione Internazionale per il dialogo teologico tra la Chiesa cattolica e le Antiche Chiese d’Oriente, che ha aperto ieri la sua seconda riunione plenaria dalla sua istituzione nel 2003. Ce ne parla Sergio Centofanti.

 

**********

Incontro fraterno oggi in Vaticano tra Giovanni Paolo II e i membri della Commissione per il dialogo tra cattolici e Antiche Chiese orientali. Si tratta di sette Chiese (la Copta ortodossa in Egitto, le Chiese ortodosse in Etiopia ed Eritrea, la Siro-ortodossa, la Malankarese in India e le Chiese armene di Etchmiazin e Anteria)  che si sono separate da Roma per non aver accettato alcune definizioni cristologiche del Concilio di Calcedonia  nel 451. La disputa verteva sulla natura divina e umana nell’unica persona Gesù. Questioni terminologiche e differenze linguistiche crearono l’incomprensione e quindi la spaccatura. Vecchi problemi superati con le Dichiarazioni congiunte firmate a partire dagli anni ’70, per cui ormai si può dire raggiunta dalla Chiesa cattolica e dalle Antiche Chiese d’Oriente la medesima fede in Gesù, vero Dio e vero uomo.

 

“Mi unisco a voi nella preghiera – ha detto il Papa citando la Lettera apostolica Novo Millennio Ineunte - affinché i legami reali di comunione tra noi possano essere ulteriormente rafforzati attraverso una spiritualità di comunione che contempla il mistero della Trinità che abita in noi”  e la cui luce va colta anche sul volto dei fratelli che ci stanno accanto.  Si tratta – ha affermato Giovanni Paolo II - della capacità di  vedere innanzitutto “ciò che di positivo c'è nell'altro, per accoglierlo e valorizzarlo come dono di Dio”.

 

“Incoraggio i vostri sforzi – ha concluso - per sostenere una reciproca comunione e comprensione tra i cristiani d’Oriente e d’Occidente”.

**********

 

 

“A NESSUNO E’ LECITO, DAVANTI ALLA TRAGEDIA DELLA SHOAH, PASSARE OLTRE”.

COSI’ IL PAPA, IERI, PER I 60 ANNI DELLA LIBERAZIONE DEL LAGER DI AUSCHWITZ

 

“A nessuno è lecito, davanti alla tragedia della Shoah, passare oltre”. E’ quanto ha scritto Giovanni Paolo II nel suo messaggio letto ieri ad Auschwitz durante la commovente cerimonia organizzata per celebrare i 60 anni dell’abbattimento dei cancelli del lager, simbolo della follia nazista. Una cerimonia che ha visto la presenza di 44 capi di Stato e di governo uniti nell’impegno a “non dimenticare”. Per Giovanni Paolo II ricordare le tragedie del passato deve significare per gli uomini di oggi una chiamata alla responsabilità nel costruire la storia. Il servizio di Adriana Masotti.

 

**********

 “A nessuno è lecito, davanti alla tragedia della Shoah, passare oltre”. Giovanni Paolo II ripete le parole già dette nel 1979 quando visitò il campo di Auschwitz-Birkenau, soffermandosi a lungo davanti alle lapidi dedicate alle vittime di tutte le nazionalità. Una sosta più lunga la fece quel giorno accanto alla lapide con la scritta in ebraico. E Giovanni Paolo II scrive: “Quel tentativo di distruggere in modo programmato tutto un popolo è un crimine che macchia per sempre la storia dell’umanità. Valga questo, almeno oggi e per il futuro, come un monito: non si deve cedere di fronte alle ideologie che giustificano la possibilità di calpestare la dignità umana sulla base della diversità”. Un appello che il Papa rivolge a tutti, e particolarmente a coloro che, si legge nel messaggio, “nel nome della religione ricorrono alla sopraffazione e al terrorismo”.

 

Giovanni Paolo II ricorda poi il grande tributo di sangue versato dai Russi durante quella guerra e le sofferenze dei Rom che nelle intenzioni di Hitler erano pure destinati allo sterminio totale. Durante quella visita il Papa aveva pregato per le vittime ma, scrive, anche per ottenere, attraverso la loro intercessione, il dono della pace per il mondo. Una preghiera che non conosce interruzioni, nella fiducia che, in ogni circostanza, alla fine vincerà il rispetto per la dignità della persona umana. In mezzo a quell’indescrivibile accumulo di male, nota Giovanni Paolo II, vi furono anche manifestazioni eroiche di adesione al bene. Ci furono tante persone che dimostrarono amore non soltanto verso i compagni prigionieri, ma anche verso i carnefici testimoniando, prosegue nel messaggio il Papa, che se l’uomo è capace di compiere il male, il male non avrà l’ultima parola. Nell’abisso stesso della sofferenza può vincere l’amore. Tale testimonianza deve incessantemente destare le coscienze, estinguere i conflitti, esortare alla pace.

 

Ecco il senso più profondo della celebrazione di questo anniversario. Non dunque per volontà di riaprire dolorose ferite o di destare sentimenti di odio e di vendetta, ma perché ci si renda conto “che quelle vicende tenebrose devono essere per gli uomini di oggi una chiamata alla responsabilità nel costruire la storia. Mai più, conclude Giovanni Paolo II, in nessun angolo della terra si ripeta ciò che hanno provato uomini e donne che da sessant’anni piangiamo!”.

**********

 

 

ALTRE UDIENZE E NOMINE

 

Nel corso della mattinata, Giovanni Paolo II ha ricevuto mons. José Sánchez González, vescovo di Sigüenza-Guadalajara (Spagna), in visita ad Limina.

 

Negli Stati Uniti, il Papa ha nominato vescovo di Wichita il sacerdote Michael Owen Jackels, del clero di Lincoln, officiale della Congregazione per la Dottrina della Fede. Il nuovo presule, 51 anni, è originario del South Dakota. Ha conseguito in patria titoli accademici in Filosofia e Teologia, mentre a Roma ha ottenuto il Dottorato in Teologia Spirituale. Ha svolto il ministero parrocchiale, ricoprendo inoltre incarichi di docenza. Tornato negli Usa, è stato, tra l’altro, direttore dell’Ufficio dell’Educazione Religiosa e Maestro delle Cerimonie, cappellano della School Sisters of Christ the King, co-Vicario dell’Ufficio religioso diocesano. E’ Officiale della Congregazione per la Dottrina della Fede, dal 1997 al presente. Dal 1994 è Prelato d’Onore di Sua Santità.

 

Il Pontefice ha nominato sottosegretario del Pontificio Consiglio per la Famiglia mons. Jean Laffitte, della diocesi francese di Autun, professore presso il Pontificio Istituto “Giovanni Paolo II per Studi su Matrimonio e Famiglia”.

 

 

=======ooo=======

 

 

OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

Aprono la prima pagina, le udienze di Giovanni Paolo II al presidente dell'Armenia e ai membri della Commissione Internazionale per il Dialogo Teologico tra rappresentanti della Chiesa Cattolica e delle Chiese Ortodosse Orientali.

Sempre in prima, un articolo di Umberto Santarelli dal titolo "Il coraggio di non aver fatto archiviare la Memoria": il messaggio del Papa nel 60.mo della liberazione dei prigionieri del lager di Auschwitz-Birkenau.

 

Nelle vaticane, una pagina sul cammino della Chiesa in Africa.

 

Nelle estere, nuove violenze in Iraq, mentre sono cominciate le operazioni di voto per gli iracheni residenti all'estero.

In evidenza un articolo sulle celebrazioni in tutto il mondo in ricordo dell'eccidio degli ebrei.

 

Nella pagina culturale, d'apertura un articolo di Armando Rigobello dal titolo "Il metodo storiografico e la filosofia di Eugenio Garin": un mese dalla morte del grande studioso.

 

Nelle pagine italiane, in primo piano l'emergenza-maltempo.

 

 

 

=======ooo=======

 

 

OGGI IN PRIMO PIANO

28 gennaio 2005

 

 

L’IRAQ, CHIAMATO DOMENICA PROSSIMA AL VOTO, ANCORA SCOSSO DALLE VIOLENZE: QUATTRO PERSONE SONO RIMASTE UCCISE

NELL’ESPLOSIONE DI UN’AUTOBOMBA A BAGHDAD. APERTI I SEGGI PER GLI IRACHENI CHE VIVONO ALL’ESTERO: IN AUSTRALIA I PRIMI VOTI DEGLI ESILIATI

- Interviste con Monica Ellena e Erfan Rashid -

 

A due giorni dalle elezioni, la guerriglia in Iraq non dà tregua: un’autobomba è esplosa a Baghdad nei pressi di un commissariato e ha causato la morte di quattro civili. In un quartiere occidentale di Ramadi sono stati trovati, inoltre, i corpi di quattro soldati iracheni e a Kirkuk è stato assassinato un ufficiale di polizia. Intanto, hanno cominciato a votare gli iracheni esiliati all’estero; quelli della diaspora sono in tutto circa quattro milioni, gli aventi diritto al voto quasi un milione e gli iscritti nelle liste elettorali oltre 280 mila. I primi ad infilare la scheda nell’urna sono stati gli iracheni che vivono in Australia e in Nuova Zelanda. Gli esuli potranno votare da oggi fino a domenica prossima, giorno delle elezioni in Iraq, in 74 centri istituiti in 14 Paesi. Sul voto in Iran, ascoltiamo Monica Ellena, portavoce della Commissione elettorale in quel Paese, intervistata da Andrea Sarubbi:

 

**********

R. – L’entusiasmo tra gli iracheni che vivono in Iran è veramente molto alto. In nove giorni abbiamo registrato 60.908 persone, che in termini assoluti è stato il risultato più alto fra tutti i 14 Paesi che sono coinvolti nell’operazione. Nei dodici centri che abbiamo allestito in Iran, sono arrivati autobus e molte persone hanno coperto distanze anche di mille chilometri per riuscire a raggiungere i centri di registrazione.

 

D. – Come vi spiegate questa affluenza così alta?

 

R. – I rapporti tra gli iracheni che vivono in Iran e l’Iraq sono molto forti. Ci sono indubbiamente delle motivazioni religiose. La maggior parte degli iraniani è sciita e quindi sono molto stretti i rapporti con determinate aeree dell’Iraq. Soprattutto dopo la caduta del regime di Saddam, gli scambi fra gli iracheni che vivono in Iran e l’Iraq sono stati continui.

 

D. – Penso lei abbia avuto modo di raccogliere delle testimonianze: cosa dicono di queste elezioni gli iracheni che vanno a votare?

 

R. – Molte delle persone che ho incontrato considerano il voto come il primo passo per arrivare ad una situazione più stabile, anche dal punto di vista della sicurezza. Molti vogliono ritornare in Iraq.

 

D. – In Iraq, la vigilia del voto è funestata dalle violenze. Voi in Iran avete avuto problemi simili?

 

R. – In Iran, no. Timori di questo tipo non si sono verificati. La registrazione si è tenuta in un clima veramente molto tranquillo.

**********

 

Ma l’ondata di violenza che sta caratterizzando questo periodo pre-elettorale in Iraq influirà sull’affluenza alle urne? Francesca Sabatinelli lo ha chiesto all’iracheno Erfan Rashid, capo redattore della sezione araba dell’agenzia stampa Adn kronos International:

 

**********

R. – Si sapeva benissimo che gli attacchi terroristici si sarebbero intensificati. E questo perché ciò che avviene in Iraq è proprio un attacco terroristico al futuro stesso del Paese. Sono stato contrario alla guerra e sono contrario all’occupazione, ma adesso c’è la possibilità che gli iracheni finalmente possano esprimersi liberamente. Le notizie parlano di oltre dieci milioni di persone che si sono registrate nelle liste elettorali. Ma, probabilmente, non tutti andranno a votare. Comunque vada questa consultazione è importante perché è la prima volta che si vota in Iraq. Si tratta di un evento storico che va al di là dell’occupazione. L’occupazione deve comunque finire il più presto possibile.

 

D. – Questo, in qualche modo, è di per sé una risposta a chi dice che queste elezioni non saranno rappresentative a causa della mancanza dei sunniti?

 

R. – Io sono sunnita. Ma cosa vuol dire essere sunnita o essere sciita? E poi qual è il partito dei sunniti? Ci sono dei partiti con una maggioranza sciita. Gli sciiti costituiscono la comunità di maggioranza e potrebbero diventare dopo le elezioni anche una maggioranza politica. I sunniti andranno a votare: non andranno a votare coloro che sono seguaci di Al Zarqawi, di Saddam Hussein e di tutti coloro che sono stati danneggiati dalla caduta del regime di Saddam. Non bisogna prendere coloro che mettono una bomba come rappresentati dei sunniti. I sunniti iracheni non si sentono rappresentati da coloro che osteggiano il futuro dell’Iraq.

 

D. – Quali sono le emozioni di Rushid, come iracheno che va a votare?

 

R. – Un anziano di quasi 80 anni mi ha detto: Saddam Hussein non è riuscito ad ammazzarmi prima che io veda la sua fine e prima che io eserciti questo diritto. Spero che Dio mi dia altri tre o quattro giorni, affinché riesca ad andare a votare. Davanti a queste scene, tutte le ideologie e tutti i dogmi cadano. E’ un diritto umano quello di lasciare che la gente si esprima liberamente. Senza un esecutivo eletto direttamente da noi, l’occupazione continuerà. Se non viene formato un governo rappresentativo degli iracheni, nessuno ha il diritto di andare a trattare con gli americani un eventuale ritiro. L’emozione, quindi, è quella di nuove nozze.

**********

 

 

AL FORUM ECONOMICO MONDIALE DI DAVOS, SI DISCUTE SULLA PROPOSTA BRITANNICA DI ISTITUIRE UN FONDO INTERNAZIONALE

PER LO SVILUPPO DEI PAESI POVERI.

INTANTO, DAL FORUM SOCIALE DI PORTO ALEGRE, IL PRESIDENTE BRASILIANO LULA

HA LANCIATO UN APPELLO PER UN’ALLEANZA MONDIALE CONTRO LA POVERTA’

- Intervista con Sergio Marelli -

 

La proposta del governo britannico di finanziare lo sviluppo dell'Africa e gli obiettivi del Millennium attraverso un fondo di credito internazionale “é una buona proposta”. E’ quanto affermato oggi dal cancelliere tedesco Schröder al Forum Economico Mondiale di Davos. Schröder ha invece espresso qualche dubbio sulla proposta del presidente Chirac che, due giorni fa, all'apertura del summit aveva lanciato l’idea di una tassa per finanziare la lotta all’Aids e alla povertà. Per il leader tedesco, ci sono scarse possibilità che i partner del G8 possano accettare una nuova imposizione fiscale. Intanto, nella località svizzera è arrivato il presidente brasiliano Lula, che ieri ha preso parte al Forum Sociale Mondiale di Porto Alegre. Il suo intervento ha rappresentato l’evento centrale della seconda giornata del Forum, seguito per noi da Maurizio Salvi:

 

**********

Il presidente Luis Ignacio Lula da Silva ha lanciato da Porto Alegre l’appello globale contro la fame e la povertà. Le polemiche non sembrano ancora del tutto sopite, perché molti hanno rilevato che Lula è rimasto meno di 24 ore nel Forum sociale mondiale, mentre ha scelto di dedicare a quello economico mondiale di Davos, dove è giunto oggi, il doppio del tempo. Egli ha sottolineato l’importanza che i Paesi del Terzo Mondo, come il Brasile, emergano nello scenario mondiale con una leadership forte: questo – ha assicurato – permette un mutamento degli equilibri internazionali da cui le nazioni povere possono trarre beneficio. Fra i temi-chiave del secondo giorno dell’edizione 2005 del Forum vi è stato quello dell’emergenza acqua e della necessità di contrastare la sua crescente privatizzazione. Infine, in un altro dei seminari più seguiti numerosi intellettuali – tra cui il Premio Nobel per la pace argentino, Adolfo Péres Esquivel – hanno chiesto un’urgente ristrutturazione delle Nazioni Unite ed una maggiore partecipazione della società civile alle decisioni-chiave per l’umanità.

 

Da Porto Alegre, Maurizio Salvi per la Radio Vaticana.

**********

 

Al Forum di Porto Alegre è nutrita la presenza di associazioni cattoliche. Tra queste, la Caritas Italiana, che per oggi ha organizzato un incontro sui “Conflitti dimenticati”. Domani, poi, promuoverà una tavola rotonda sugli “Obiettivi di sviluppo del Millennio” per rilanciare la campagna internazionale volta a ricordare a governi e istituzioni gli impegni assunti nel 2000. Anche il Movimento per la Vita brasiliano ha organizzato momenti di riflessione sul tema della vita e della pace. Ma torniamo al discorso del presidente Lula e al suo significato per i movimenti riuniti a Porto Alegre con l’intervista a Sergio Marelli, presidente delle ONG italiane, raggiunto telefonicamente in Brasile da Alessandro Gisotti:

 

**********

R. – Sicuramente, il discorso di Lula è stato molto incisivo, vicino alle nostre tematiche. Non va dimenticato il fatto che quest’uomo viene da un lunghissimo trascorso nei movimenti e nelle organizzazioni sindacali, quindi forse questo lungo periodo di militanza di società civile è in qualche modo un antidoto che ancora resiste di fronte ai meccanismi e alle burocrazie che comporta il fatto di essere un presidente della Repubblica. Volato a Davos, abbiamo la speranza che sia uno di quei capi di Stato che possa portare anche un po’ delle istanze che il mondo delle organizzazioni non governative sta in qualche modo rivendicando.

 

D. – Quali sono le tematiche più significative che sono state affrontate finora a Porto Alegre?

 

R. – Le tematiche, sempre moltissime, sono state raggruppate in 11 grandi aree di discussione. Tra queste, la democratizzazione delle istituzioni internazionali, la questione dei diritti umani, i beni comuni. Un tema, quest’ultimo, che sta emergendo con particolare forza, anche perché quest’anno è l’Anno internazionale dell’acqua.

 

D. – Si può dire che, quest’anno, c’è una maggiore concretezza nelle proposte del Forum di Porto Alegre?

 

R. – Io sono convinto che il Forum sociale mondiale sia sempre stato un’occasione dove le proposte sono anche molto concrete. Non è la concretezza che può portare e condurre anche ad una sola proposta univoca, ma sicuramente la volontà di confrontarsi per poi ritornare ognuno dentro ai propri ambiti con proposte concrete, confrontate con molti altri.

 

D. – Come guarda il mondo delle organizzazioni non governative riunite a Porto Alegre al confronto tra i leader di governo riuniti a Davos?

 

R. – Porto Alegre, in qualche modo, è sempre stato concepito anche come l’“anti-Davos”. E’ innegabile il fatto che a Davos siano riunite le persone che davvero stanno decidendo i destini del mondo. Lo ha detto ieri mons. Valentini, un vescovo dello Stato di San Paolo del Brasile, in un nostro seminario: se tutti, anche i grandi della Terra, cominciassero a guardare gli altri come esseri umani e non solamente come strumenti da utilizzare, probabilmente il mondo sarebbe – come diciamo qui a Porto Alegre – “un altro mondo possibile”.

**********

 

 

=======ooo=======

 

 

CHIESA E SOCIETA’

28 gennaio 2005

 

 

IN COREA DEL NORD OLTRE 6,5 MILIONI DI PERSONE RISCHIANO DI MORIRE

PER FAME SE NON SI INTERVERRA’ CON MASSICI AIUTI ALIMENTARI.

A LANCIARE L’ALLARME E’ IL PROGRAMMA ALIMENTARE MONDIALE DELLA FAO

- A cura di Eugenio Bonanata -

 

**********

PYONGYANG. = La Corea del Nord fronteggia una grave crisi alimentare. Milioni di bambini, donne e anziani sopravvivono a stento mancando la quantità e la qualità del nutrimento. Dalle stime fornite dal PAM e dalla FAO, la produzione di grano nel Paese ammonta a 4,2 milioni di tonnellate mentre il fabbisogno alimentare minimo richiesto per sfamare l’intera popolazione è di 5,1 tonnellate. Inoltre, i due terzi della popolazione, circa 15 milioni di persone, restano dipendenti dal sistema di distribuzione del cibo predisposto dal governo, che non è sufficiente a fornire tutte le calorie e le proteine necessarie per evitare la malnutrizione. Il PAM, durante lo scorso anno, con un costo di oltre 170 milioni di dollari, ha alimentato oltre 6,5 milioni di persone garantendo loro una razione giornaliera di 2 chili di cereali. Tuttavia, bisogna lavorare con maggiore intensità nel 2005 se non si vuole lasciare morire di fame una larga fetta della popolazione. Fra le agenzie umanitarie presenti in Corea del Nord, da nove anni è molto attiva la Caritas di Honk Kong che sta concentrando il proprio lavoro nelle attività di sviluppo locale piuttosto che in interventi di emergenza. E “i funzionari statali hanno chiesto un maggiore coinvolgimento dell’organizzazione nel Paese. Intanto, sul fronte internazionale, la Corea del Nord ha annunciato nelle scorse settimane la volontà di riprendere i colloqui multilaterali sui suoi programmi nucleari dopo che nel 2002 si era impegnata a riattivare programmi di riarmo.

**********

 

 

DAVANTI A NOI ANCORA UNA LUNGA STRADA DI PURIFICAZIONE E DI

CONFRONTO: COSI’ I VESCOVI TEDESCHI IN OCCASIONE DEL 60° ANNIVERSARIO

 DELLA LIBERAZIONE DEL CAMPO DI STERMINIO DI AUSCHWITZ

 

MAGONZA. = Nel 60° anniversario della liberazione del campo di concentramento nazista di Auschwitz i vescovi tedeschi hanno pubblicato una dichiarazione congiunta a testimonianza di quanto Auschwitz abbia scosso profondamente l’immagine che l’uomo ha di se stesso. “Ma – si legge nel documento – è un segno di speranza per il presente e per il futuro se oggi è sempre più possibile, in particolare nei luoghi dove furono commessi gli orrori, che polacchi e tedeschi, ebrei e cristiani si incontrino nella comune memoria”. Nel documento non manca il riferimento alle responsabilità del popolo tedesco per i crimini commessi, rifiutando senza dubbio il concetto di colpa collettiva. “Il nostro popolo dovrà sempre confrontarsi con l’affermazione che Auschwitz è stato possibile anche perché pochi hanno avuto il coraggio della resistenza” - sottolineano i vescovi - ricordando come anche la Chiesa debba porre l’interrogativo sulla propria corresponsabilità. In questo quadro si richiama il documento “Noi ricordiamo: una riflessione sulla Shoah”, pubblicato in Vaticano nel marzo 1998, che si interroga se la persecuzione degli ebrei non sia stata favorita anche da pregiudizi vivi nel cuore e nella mente di alcuni cristiani. E proprio come cristiani – concludono i vescovi - “ci guida la speranza che l’incontro nella fede arricchisce tutti, cristiani ed ebrei, e ci avvicina al Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe che insieme veneriamo. (E. B.)  

 

 

LA DEFINIZIONE DI NUOVI PERCORSI EDUCATIVI PER I GIOVANI AL CENTRO

DEL CONVEGNO ASSISTENTI ECCLESIASTICI DELL’AZIONE CATTOLICA

 

ROMA. = Con la tavola rotonda presieduta dal cardinale Tomas Spidlik, si è concluso ieri a Roma, presso la Domus Mariae, il Convegno Assistenti Ecclesiastici dell’Azione Cattolica. Il cardinale Spidlik nel corso del suo intervento ha sottolineato il valore del “sognare e del coltivare” dedicando attenzione non solo alla rilettura degli errori del passato ma soprattutto aprendo alla dimensione futura. “All’interno della relazione educativa – ha dichiarato il porporato - è determinante il sogno sul futuro e sulle possibilità dei ragazzi con uno sguardo contemplativo di chi è capace di ritrovare il mare negli occhi dei marinai”. Infatti – specifica il cardinale Spidlik -  “dal confessore si va per raccontare ciò che hai fatto mentre al padre spirituale riveli ciò che vuoi fare, per capire se questa è la volontà di Dio”. Inoltre,  in un tempo caratterizzato dalla mobilità e dalla frammentarietà delle esperienze, il porporato ha definito la sfida di essere pastori ed educatori oggi che “si gioca nella capacità di stare in un contesto di trans-formazione, di parlare linguaggi e soprattutto di offrire esperienze credibili all’uomo contemporaneo”. E questo è il cuore dell’esperienza educativa dell’Azione Cattolica che rinnova così la propria scelta di offrire percorsi educativi a ragazzi, giovani e adulti che aiutino a vivere la santità come misura della propria esperienza credente. Don Claudio Nora, assistente AC ragazzi e coordinatore dei lavori del convegno, ha concluso ricordando la responsabilità di aiutare il mondo adulto a consegnare ai ragazzi il senso della vita “a non dare rilievo solo alle emergenze educative, ma al quotidiano stare accanto ai più piccoli con una grande capacità di ascolto”. (E. B.)

 

 

E’ STATA SIGLATA A PARIGI LA “DICHIARAZIONE SULLA BIODIVERSITA’”. ESPERTI

 DI TUTTO IL MONDO RIUNITI PER CONTRASTARE IL PERICOLO D’ESTINZIONE

IN ATTO TRA DIVERSE SPECIE. Jacques Chirac HA DATO IL SUO PIENO SOSTEGNO

ALLA FORMAZIONE DI UNA TASK FORCE DI SCIENZIATI

 

PARIGI. = “E’ arrivato il momento di passare all’azione” e contrastare il pericolo d'estinzione attualmente in atto tra diverse specie. E’ questo “l’urgente appello” lanciato da 1.200 personalità, tra scienziati e rappresentanti degli Stati, riunite da una settimana a Parigi alla “Conferenza sulla biodiversità”. Quello che viene chiaramente richiesto e formalizzato da una “Dichiarazione” è la formazione di  un gruppo internazionale di esperti che stimoli i governi di tutto il mondo a prendere provvedimenti in materia. La "dichiarazione della conferenza”, infatti, richiede una task force internazionale composta sia da quegli Stati che già nel 1992 hanno firmato la convenzione sulla diversità biologica che dalle associazioni naturalistiche come la UICN (Unione mondiale per la natura). Una simile organizzazione ha trovato sostegno anche dallo stesso presidente francese Jacques Chirac, il quale, in apertura della conferenza, ha chiesto che questa rete di esperti mondiali sulla biodiversità si ispiri al gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico istituito nel 1992. Gli scienziati, durante l’incontro, hanno ribadito l’importanza fondamentale dei programmi di sensibilizzazione che a lungo raggio consentono un equilibrio fra le diverse specie e soprattutto fra l’uomo e l’ambiente. E’ stato quindi dato l’avvio ad un intenso lavoro diplomatico che si spera comincerà a sortire risultati prima del nuovo incontro degli esperti alla convenzione sulla biodiversità previsto nella primavera del 2006. (R.A.)

 

 

L’ITALIA, Un Paese confuso e abulico che tentenna

 sulla strada da intraprendere:

è l’immagine che l’Eurispes dà nel suo rapporto 2005

presentato stamane a Roma

- A cura di Alessandro Guarasci -

 

*********

ROMA. = Per il presidente dell’Istituto, Gian Maria Fara, si assiste al ritorno di pericolose forme di disuguaglianza sociale, economica e culturale, anche se non mancano aree di vitalità imprenditoriale come il Lazio e la Campania. Per quanto riguarda l’economia diminuisce la fiducia degli italiani nel futuro: il 54% della gente si dice pessimista e vede un peggioramento delle proprie condizioni economiche nel 2005. L’aumento dell’inflazione che l’Eurispes stima in un 8 per cento annuo spinge molti italiani a indebitarsi o a tentare la fortuna al gioco d’azzardo. Il governo non sembra capace di rimediare a questo calo del potere d’acquisto dei salari: almeno il 44 per cento degli italiani pensa che nel 2004 la politica dell’esecutivo sia stata fallimentare. Il 79 per cento dice di avere fiducia nel presidente della Repubblica, quasi il 63 per cento nella Chiesa e il 73 per cento nelle forze dell’ordine. Non piacciano invece Parlamento e magistratura. Fara mette in guardia dalla cosiddetta povertà fluttuante ovvero la possibilità per intere famiglie di entrare o uscire da uno stato di disagio economico. Basta pensare che il 31 per cento dei nuclei familiari ha un reddito inferiore ai 17.500 euro. Anche la riforma fiscale, realizzata dal governo Berlusconi, ha avuto un effetto molto limitato. Sul piano politico gli italiani sono al corrente del dibattito sul federalismo ma solo il 15% circa dice di seguirlo con attenzione. Piuttosto c’è fiducia nell’Europa: 3 persone su 4 guardano con ottimismo al processo di unificazione.

********** 

 

 

Nel 2004 sono stati 35 i caSi di pubblica ammissione da parte

di emittenti televisive italiane di violazioni del Codice

di autoregolamentazione Tv e minori. E’ quanto emerso stamani

dalla relazione annuale del Comitato minori Tv

- A cura di Roberta Moretti -

 

**********

ROMA. = La regolamentazione del comportamento dei partecipanti ai reality show, le rappresentazioni in TV del corpo femminile, l’obbligo di preavviso per la diffusione – quando giustificata – di immagini di attualità raccapriccianti. Questi, tra i campi di azione del Comitato Minori e TV. E il bilancio dell’anno è positivo, soprattutto per l’aumento, rispetto al 2003, dei casi di pubblica ammenda da parte delle televisioni “nei notiziari di ottimo e buono ascolto”. “E’ la nostra unica arma”, ha detto il presidente del Comitato, Emilio Rossi, che dopo l’elenco dei successi ha criticato la televisione pubblica italiana; “la RAI - ha dichiarato – unica tra le emittenti con due rappresentanti nel Comitato e tenuta dall’ultimo contratto di servizio ad aumentare le offerte ai minori, ha cominciato a contrastare le nostre decisioni con dei ricorsi, considerandoci soltanto come un coadiuvante dell’Autorità”. Pronta, però, la rassicurazione del ministro Gasparri, intervenuto in conferenza stampa, che ha parlato di disponibilità dei vertici della RAI nel trovare un accordo. Rossi ha, infine, sollevato una questione etica: “Il problema della tutela dei minori non si risolve a colpi di decreti e leggi – ha detto – quello che conta è una cultura dei minori. Più che un nudo o un seminudo, infatti, può recare danno la banalizzazione delle situazioni sentimentali ed esistenziali che avviene nei talk-show”.

**********

 

 

=======ooo=======

 

 

24 ORE NEL MONDO

28 gennaio 2005

 

 

- A cura di Amedeo Lomonaco e Rita Anaclerio -

 

 

Si rinvigoriscono le speranze di pace in Medio Oriente: con l’obiettivo di arrestare gli attentati anti israeliani, è iniziato stamani il dispiegamento di migliaia di poliziotti palestinesi anche nella zona meridionale della Striscia di Gaza, regione dove ieri si è votato per eleggere i rappresentanti di dieci consigli comunali. Intanto, Israele ha annunciato che l’esercito cesserà ogni operazione nell’area di Gaza. Il nostro servizio:

 

**********

Nelle elezioni municipali tenutesi ieri nella Striscia di Gaza, il movimento islamico ‘Hamas’ si è aggiudicato 77 dei 118 seggi. Al Fatah, il partito del presidente Abu Mazen, ha conquistato invece solo 26 seggi. L’affluenza ha superato il 70 per cento registrato nelle elezioni presidenziali dello scorso 9 gennaio. La vittoria di Hamas riflette l’ampio sostegno di cui il movimento gode a Gaza, dove fornisce assistenza sociale e alloggi alle persone più indigenti. Nella zona meridionale della Striscia sono stati schierati, inoltre, circa 2 mila poliziotti palestinesi per impedire attacchi anti israeliani da parte di fondamentalisti. Altri 3 mila agenti erano stati dispiegati, la scorsa settimana, nella parte settentrionale della regione. Intanto, da Israele arriva un’importante decisione: il ministro della Difesa, Shaul Mofaz, ha ordinato all’esercito di cessare le operazioni nelle zone di Gaza dove opera la polizia palestinese. In una riunione con i vertici delle forze armate è stato valutato anche il piano per il ritiro dell’esercito dalle città della Cisgiordania. Secondo fonti citate dalla stampa israeliana, la prima città che recupererà la propria autonomia sarà Ramallah, sede del quartier generale dell’Autorità nazionale palestinese. Il dispiegamento avverrà gradualmente e, secondo fonti militari, si concluderà a Nablus e a Jenin, considerate “covi di terroristi”. Sul terreno sono scoppiati stamani, in Cisgiordania, duri scontri fra dimostranti palestinesi e reparti dell’esercito israeliano. Non si ha notizia di vittime. Nonostante il clima di tensione, non mancano comunque i segnali di distensione: dopo gli sforzi del presidente Abu Mazen tesi ad impedire il ripetersi di attacchi contro lo Stato ebraico, il premier israeliano Ariel Sharon ha sottolineato, infatti, come questo sia un momento favorevole per cambiare la situazione in Medio Oriente: “Credo – ha detto ieri Sharon – che le condizioni siano mature per consentire a noi e ai palestinesi di raggiungere una svolta storica nelle nostre relazioni”.

**********

 

La terra continua a tremare nel sud est asiatico, colpito dal maremoto dello scorso 26 dicembre. Almeno 28 scosse sottomarine, di magnitudo tra i 5 ed i 5,8 gradi della scala Richter, sono state registrate al largo delle isole indiane delle Andamane e delle Nicobare. I movimenti tellurici non hanno provocato nè danni nè vittime. E la paura è tornata anche in Sri Lanka, dove la voce di un nuovo tsunami, poi rivelatasi priva di fondamento, ha scatenato il panico sulle coste: le scuole sono state chiuse e migliaia di persone si sono rifugiate all’interno del Paese.

 

Cinque militanti islamici, tra i quali un indonesiano, membri della Jemaah Islamiyah sono morti in un bombardamento aereo compiuto dai militari filippini sul loro covo a Butilan Marsh, una zona paludosa a sud di Manila.

 

Opposizione in piazza in Bangladesh per protestare contro la mancanza di sicurezza nel Paese. In seguito all’ultimo attentato dinamitardo che ieri ha provocato la morte di cinque persone, è stato indetto per domani uno sciopero generale contro il governo, accusato di non fare abbastanza per consegnare alla giustizia gli autori degli omicidi politici.

 

Il Vietnam libererà nei prossimi giorni quattro dissidenti che appaiono sull’elenco dei prigionieri d'opinione dell'Unione Europea. A riferirlo una fonte diplomatica europea, la quale rende noto che fra i quattro c’è il sacerdote cattolico Nguyen Van Ly ed il dissidente politico Nguyen Dan. Beneficeranno di quest'amnistia, concessa in occasione del nuovo anno tradizionale vietnamita, Huynh Van Ba, membro della chiesa buddista unificata del Vietnam e un altro dissidente politico, prigioniero dal 1993, Nguyen Dinh Huy.

 

Un uomo di 32 anni risultato positivo alla cosiddetta influenza dei polli è morto nel nord del Vietnam. Sale così a 10 il bilancio delle vittime in meno di un mese. Inoltre, una fonte medica nel sud del Paese ha segnalato che due ragazze sono risultate positive al virus e ricoverate in uno stato critico.

 

Previsto oggi l’incontro tra il premier britannico, Tony Blair e Gerry Adams, il capo del movimento nazionalista irlandese Sinn Féin, per proporre la fine di ogni attività paramilitare dell’Armata Repubblicana Irlandese (IRA). L’IRA è stata accusata da Londra e Dublino della rapina alla Northern Bank di Belfast avvenuta lo scorso 20 dicembre.

 

Almeno sette persone sono morte in Madagascar in seguito alla forte tempesta tropicale “Ernest” che ha colpito il Paese. I dispersi sono almeno 79. I soccorsi si stanno attivando per identificare i corpi ed il bilancio potrebbe aggravarsi nei prossimi giorni. Le autorità locali hanno dichiarato che la maggior parte delle vittime potrebbero essere pescatori che vivevano nei villaggi vicino la costa.

 

Nel Darfur, martoriata regione del Sudan, sono ripresi scontri e bombardamenti. Un portavoce dell’Unione Africana (UA) ha dichiarato che 54 persone sono rimaste uccise in due attacchi aerei avvenuti il 13 ed il 21 gennaio nel nord della regione. La cifra fa salire a 154 il numero dei morti nel Darfur nelle due ultime settimane. Secondo un rapporto dell’ONU, invece, gli scontri avevano provocato 105 morti e 9000 sfollati. A Khartoum, intanto, l’inviato speciale dell’Onu per il Sudan, Jan Pronk, ha espresso preoccupazione per il rapimento di tre volontari di un’organizzazione avventista per lo sviluppo sequestrati nel mese di dicembre. 

 

 

=======ooo=======