RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLIX n.
23 - Testo della trasmissione domenica 23 gennaio 2005
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
Il
cordoglio del Santo Padre ai familiari del maresciallo Cola, ucciso venerdì in
Iraq
Domani
in Vaticano, Messa in suffragio delle vittime del maremoto nel Sud-Est asiatico
OGGI IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
Al
via domani a Washington le manifestazioni per la 32.ma edizione della Marcia
per la vita
Una
cultura di speranza cristiana per l’Irlanda: la invoca l’arcivescovo di
Dublino, Diarmuid Martin
La
Chiesa canadese rinnova l’appello al governo di Ottawa di non modificare la
legge sul matrimonio
La
rinascita dell’Afghanistan affidata alle donne
Il
mito della Fenice tra Oriente ed Occidente in una mostra dal 29 gennaio nel
teatro veneziano
In
Iraq, proclama di morte del terrorista giordano Al Zarqawi. Ancora 14 vittime a
Nassirya per un incendio in un ospedale
Ucraina
verso la svolta: il filo-occidentale Yushenko giura davanti al Parlamento
Maldive, elezioni legislative. A Male trionfa il presidente
uscente. I risultati definitivi solo mercoledì.
23
gennaio 2005
GIOVANNI PAOLO II ALL’ANGELUS ANCORA UNA VOLTA
INVOCA
LA PIENA
UNITÀ DEI CRISTIANI. IL PAPA CHIEDE ANCHE MAGGIORI SOSTEGNI
PER LA SCUOLA CATTOLICA IN ITALIA
Per raggiungere la piena unità dei Cristiani è necessaria una “corale
invocazione”: così il Papa stamane prima della recita dell’Angelus, invocando quanto prima da Dio questo “dono”. In piazza
san Pietro quest’oggi anche tanti studenti, genitori e docenti riuniti per la
Giornata diocesana della Scuola cattolica. Il Papa ha auspicato maggiore
sostegno al “servizio prezioso” reso dalle Scuole cattoliche in Italia. Il
servizio di Roberta Gisotti.
**********
La
riflessione di Giovanni Paolo II dedicata oggi alla Settimana in corso per
l’Unità dei cristiani, che si concluderà a Roma, come di consueto, con la
celebrazione dei Vespri, martedì prossimo 25 gennaio, nella Basilica di san
Paolo fuori le Mura. Il Papa, pure non partecipando di persona, ha assicurato
che si unirà “spiritualmente” a tale liturgia, cui prenderanno parte
rappresentanti di altre Chiese e Confessioni cristiane, e che sarà presieduta
dal cardinale Walter Kasper, presidente del Pontificio Consiglio per l’Unità
dei Cristiani.
“Invito le comunità
cristiane a vivere intensamente questo annuale appuntamento spirituale, che ci
fa pregustare, in un certo modo, la gioia della piena comunione almeno nel
desiderio e nella corale invocazione”.
“In
effetti – ha aggiunto il Santo Padre - si fa sempre più chiara la consapevolezza
che l’unità è in primo luogo un dono di Dio da implorare senza stancarsi
nell’umiltà e nella verità”. Quindi l’invocazione a Maria perché “ci aiuti a
superare ogni ostacolo e ad ottenere quanto prima questo dono.”
Poi
l’esortazione accorata “di Giovanni Paolo II rivolta ad “ogni credente,
specialmente i giovani, a prolungare durante tutto l’anno l’impegno ecumenico e
a diventare in ogni luogo strumenti e testimoni della piena comunione invocata
da Cristo nel Cenacolo.”
Infine
dopo la preghiera mariana il saluto affettuoso ai tanti ragazzi di scuole
cattoliche di Roma, presenti in Piazza San Pietro, insieme a genitori, docenti,
dirigenti scolastici e responsabili pastorali, in occasione dell’odierna
Giornata diocesana della Scuola cattolica, dedicata al tema “Chiesa, famiglia e
scuola: insieme per educare”. A tutti loro il grazie del Papa e un augurio
particolare:
“che il servizio prezioso
offerto dalle scuole cattoliche sia sempre più apprezzato e sostenuto dalla
comunità ecclesiale e da quella civile”.
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TELEGRAMMA
DI CORDOGLIO DEL PAPA AI FAMILIARI DEL MARESCIALLO SIMONE COLA, UCCISO IN IRAK,
LA CUI SALMA RIENTRERA’ OGGI POMERIGGIO IN ITALIA
Il cordoglio del Papa per la
morte del maresciallo Simone Cola, ucciso venerdì scorso a Nassirya, in Iraq, è
stato espresso in un telegramma, a firma del cardinale Angelo Sodano,
Segretario di Stato. Appresa la “notizia tragica”, Giovanni Paolo II rivolto ai
familiari, in particolare i genitori, la moglie Alessandra e la figlia Giorgia
che ne piangono la “cosi drammatica dipartita”, partecipa il suo dolore per
cosi “grave lutto”, che colpisce l'intero Paese, assicurando fervide preghiere
di suffragio per la “giovane vittima stroncata nell'adempimento della missione
di pace.”
RINUNCIA E SUCCESSIONE
Il Santo Padre ha accettato ieri la rinuncia al
governo pastorale dell’arcidiocesi di Lucca, presentata da mons. Bruno Tommasi,
per raggiunti limiti di età; gli succede
nell’incarico mons. Benvenuto Italo Castellani, finora arcivescovo coadiutore
nella medesima Sede.
I RAPPORTI TRA CHIESA CATTOLICA E CONSIGLIO
ECUMENICO DELLE CHIESE
- Intervista con mons. John Mutiso-Mbinda -
Fino a martedì prossimo prosegue
la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, un’occasione per
puntualizzare il processo del cammino ecumenico. Oggi ci soffermiamo sui
rapporti tra la Chiesa cattolica e il Consiglio Ecumenico delle Chiese. Creato
ad Amsterdam nel 1948, il Consiglio raggruppa
317 Chiese di tutti i continenti e di tutte le confessioni tranne quella
cattolica romana. Ascoltiamo, nell’intervista di Giovanni Peduto, mons. John
Mutiso-Mbinda, del Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei
cristiani, addetto ai rapporti tra Chiesa cattolica e Consiglio Ecumenico delle
Chiese:
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R. – THE MAIN EVENTS IN THE PAST YEAR WERE FIRST OF
ALL THE PLENARY ...
L’avvenimento principale dello
scorso anno è stata la plenaria del Gruppo di lavoro congiunto che si è svolta
a Creta nel mese di maggio, importante perché ne è risultato un Rapporto sulle
attività degli ultimi cinque anni, dal 1999 al 2004. Il Rapporto comprende una
valutazione delle attività svolte dal gruppo di lavoro. Uno degli aspetti è lo
studio delle relazioni tra la Chiesa cattolica e il Consiglio Ecumenico delle
Chiese nel corso degli anni e devo dire che la valutazione è stata molto
positiva. Un altro punto importante del Rapporto è stata l’approvazione, da
parte della Plenaria, della pubblicazione di tre documenti-studio sviluppati
nel corso degli ultimi cinque anni. Il primo documento riguarda il significato
del Battesimo comune; il secondo tratta degli scopi del dialogo ecumenico e il
terzo si occupa della partecipazione della Chiesa cattolica nel Consiglio delle
Chiese a livello regionale e nazionale. Il documento nel suo insieme sarà
pubblicato ancora quest’anno, nel 2005.
Il secondo evento importante
dello scorso anno è stato l’incontro organizzato dal Consiglio Ecumenico delle
Chiese: una consultazione sull’ecumenismo nel XXI secolo. Oggi, infatti,
proprio in considerazione del fatto che ci sono così tanti partner, così tanti
‘attori’ all’interno stesso del movimento ecumenico, il Consiglio Ecumenico
delle Chiese ha preso l’iniziativa, ovviamente dopo essersi consultato con i
suoi membri, di studiare i problemi che il movimento ecumenico si trova ad
affrontare proprio per questa specificità: tante configurazioni al suo interno.
Questo incontro ha visto riuniti 106 partecipanti da tutto il mondo, mentre il
Pontificio Consiglio è stato rappresentato da due suoi membri. Tra gli
argomenti trattati, la mancanza di una visione comune, all’interno del
movimento ecumenico, dell’ecumenismo stesso, perfino la conoscenza del
significato stesso dell’ecumenismo; il fatto poi che molti membri del Consiglio
stiano lottando per ottenere supporto economico: le fonti che erogano tali
finanziamenti si stanno esaurendo e questo rappresenta un problema per il
movimento ecumenico. E’ quindi necessario trovare una via di coordinamento dei
vari programmi, una via da percorrere insieme. Un altro argomento all’ordine
del giorno è stato come procedere con il movimento ecumenico in futuro; come i
vari partner possono relazionarsi tra di loro e come possono camminare di pari
passo con le agenzie che finanziano le attività del movimento ecumenico.
D. – Quali problematiche si pongono, attualmente, e
quali ostacoli sul cammino ecumenico, nei rapporti tra Chiesa cattolica e
Consiglio Ecumenico delle Chiese?
R. – I WOULD SAY THAT IN THE FRAMEWORK OF THE JOINT
WORKING GROUP, ...
Direi che, nella cornice del
gruppo di lavoro congiunto, stiamo cercando di trovare un modo migliore di
relazionarci con il Consiglio Ecumenico delle Chiese. Attualmente, i nostri
rapporti sono indirizzati a due livelli: a livello di riflessione teologica, a
livello di riflessione missiologica e a livello di rapporti bilaterali. Sembra
che non ci sia un grande progresso in vista del riconoscimento di un fondamento
comune, di un modo di fare le cose in comune. Vi sono punti, quando ad esempio
si tratta della collaborazione in campo sociale, in cui sorgono grandi
difficoltà perché il Consiglio Ecumenico delle Chiese ha il proprio metodo per
affrontare le questioni sociali, giustizia e pace, i diritti umani, mentre la
Chiesa cattolica ha vie diverse. Il nodo è nelle strutture: la Chiesa cattolica
ha un’organizzazione diversa, è una Chiesa! Mentre il Consiglio Ecumenico delle
Chiese è, appunto, un Consiglio di Chiese. Le due istituzioni non sono simili.
Ecco perché poi, quando si tratta di prendere decisioni nell’ambito del
pensiero e anche dell’azione sociale, della giustizia e dei diritti umani, la
situazione diventa molto difficile. I nostri modi per procedere sono molto
diversi proprio in considerazione del fatto che noi siamo una Chiesa mentre il Consiglio delle Chiese non lo è e, quindi, non ha la
responsabilità che invece ha la Chiesa, fino ai livelli più “bassi” delle
Chiese locali.
D. – Quali prospettive, quali
impegni per il futuro?
R. – AS WE LOOK AHEAD DURING THIS YEAR, 2005, THERE
ARE NUMBER OF ...
Guardando alle
attività previste per il 2005, molte sono importanti. Prima fra tutte, proprio
il mese prossimo si riunirà a Ginevra il Comitato centrale del Consiglio
Ecumenico delle Chiese, che riunirà 150 partecipanti che dibatteranno e
pianificheranno in dettaglio la prossima Assemblea del Consiglio che si
svolgerà nel 2006 a Porto Alegre, in Brasile. La seconda tappa importante è
l’incontro della Conferenza mondiale sulla missione ed evangelizzazione nel
mondo, che si terrà ad Atene nel prossimo mese di maggio. Il Consiglio
Ecumenico ha già chiesto alla Chiesa cattolica di inviare una delegazione a
tale incontro.
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DOMANI, IN VATICANO, SANTA MESSA IN SUFFRAGIO
DELLE VITTIME
DEL MAREMOTO NEL SUD-EST ASIATICO AD UN MESE DAL
TRAGICO EVENTO
Domani, lunedì 24 gennaio, alle
ore 17.00, nella Basilica Vaticana, il Cardinale Angelo Sodano, Segretario di
Stato, presiederà, a nome del Santo Padre, una solenne celebrazione eucaristica
in suffragio delle vittime del maremoto del Sud-Est asiatico.
L'invito a prendere parte al
rito di suffragio, esteso a tutti i fedeli, è rivolto in particolare ai
sacerdoti, religiosi, religiose e fedeli che provengono dai Paesi colpiti dal
devastante cataclisma.
23
gennaio 2005
L’INDONESIA COLPITA DAL MAREMOTO E PERCORSA DA
GRAVI CONFLITTI INTERNI
CERCA FATICOSAMENTE DI RITROVARE STABILITA’
- Intervista con padre Silvano Laurenzi -
Oltre
all’emergenza maremoto, l’Indonesia deve affrontare anche le minacce
separatiste del Movimento Aceh Libera-Gam. Il governo di Jakarta ha annunciato
colloqui di pace per la fine del mese, ma le operazioni militari vanno avanti.
Nelle ultime due settimane, secondo fonti dell’esercito, sono stati uccisi 120
guerriglieri. Le autorità hanno intanto fornito un nuovo bilancio provvisorio
delle vittime dello tsunami che supera i 166 mila morti. Ma qual è oggi
concretamente la situazione in Indonesia? Risponde da Jakarta il missionario
padre Silvano Laurenzi, al microfono di Giada Aquilino:
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R. – Piove dappertutto. E’ la
stagione delle piogge. Jakarta è inondata in gran parte. Anche ad Aceh sta
piovendo a dirotto per cui anche i servizi vanno a rilento.
D. – Quali sono le emergenze
oggi?
R. – Servono soprattutto farmaci
perché bisogna prevenire la malaria, la diarrea, il tifo, ecc. Pare che gli
aiuti siano arrivati dappertutto perché finora non erano arrivati. C’era gente
che soffriva una fame terribile perché erano talmente isolati che non potevano
ricevere nulla da mangiare.
D. – Le scuole stanno riaprendo.
E’ un segnale verso la normalità per quanto possibile?
R. - Stanno tentando di fare
qualche cosa per questi ragazzi. L’importante è tenerli insieme per evitare
traumi. Lasciarli soli è pericoloso perché il ricordo dei genitori, dei parenti
diventa un problema psichico molto grave.
D. – Questi sono stati giorni di
festa islamica. Come sono trascorsi?
R. – Quest’anno è tutto in tono
minore dopo i fatti del maremoto e poi la situazione economica in Indonesia è
molto, molto difficile. Ora sta anche diluviando per cui questa festa non è
molto sentita.
D. – E la comunità cristiana
come è mobilitata?
R. – Tutti hanno raccolto e
continuano a raccogliere aiuti e tramite l’episcopato locale si cerca di
canalizzarli per farli giungere direttamente sul posto.
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CINQUE ANNI DOPO LA DICHIARAZIONE ONU DEL MILLENNIO,
IL RILANCIO DEGLI
OBIETTIVI PER DIMEZZARE GLI AFFAMATI NEL MONDO
- Intervista con Pietro
Garau -
Ripartire da subito senza scoraggiarsi per raggiungere la meta finale: dimezzare
entro il 2015 il numero degli affamati, che oggi in tutto il mondo sono ancora
850 milioni. Ma il percorso iniziato 5 anni fa con la Dichiarazione del Millennio,
sottoscritta nel 2000 da tutte le Nazioni dell’Onu, ha incontrato grandi
ostacoli di natura politica sia nei Paesi ricchi che in quelli poveri. Da qui
l’appello delle tre Agenzie dell’Onu direttamente interessate - Fao, Pam ed
Ifad – perché i leader politici prendano le misure necessarie, per garantire il
diritto fondamentale al cibo. Roberta Gisotti ha intervistato il prof. Pietro
Garau, portavoce dell’appello.
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R. – Molto non è stato fatto e
molto è stato fatto. E’ proprio per questo che gli sforzi e la volontà politica
precisa da parte di un numero crescente di Paesi anche in Africa meritano
un’attenzione maggiore da parte dei donatori di aiuto.
D. – A proposito di donatori si
è detto che i flussi finanziari di aiuto ai Paesi in via di sviluppo vanno non
secondo le vere logiche del bisogno, per cui si è fatto l’esempio dell’Etiopia
dove sono stati dati nel 2003 400 milioni di dollari per la carestia e solo 50
milioni per gli affamati cronici ...
R. – Certo il problema esiste,
per cui l’attenzione si sposta da un Paese all’altro, da un’emergenza all’altra
e non viene data sufficiente attenzione ai temi dello sviluppo. Questo è il
nodo fondamentale che dobbiamo sciogliere. E’ un po’ il cane che si morde la
coda. E’ giusto, naturalmente, dare contributi straordinari – così diciamo nel
nostro rapporto – per aiutare i Paesi ad affrontare delle emergenze, ma questi
aiuti straordinari devono essere aggiuntivi rispetto agli aiuti per lo
sviluppo. Se si continua a stornare fondi da un pacchetto già predefinito e che
non aumenta mai da un’emergenza ad un’altra, mancherà proprio la base ai Paesi
in via di sviluppo per porre in atto le condizioni che consentano loro tra
l’altro di prevenire le grandi crisi, invece di combatterle con provvedimenti
di emergenza.
D. - C’è dunque bisogno di una
contabilità più razionale di questi flussi finanziari e poi forse anche
sfruttare positivamente – l’abbiamo visto adesso in occasione del recente
disastro dello tsunami – questa, in realtà, grande generosità dell’opinione
pubblica mondiale verso il bisogno quando viene espresso?
R. – Questa è stata una cosa
straordinaria. In effetti, la risposta delle persone di ogni Paese, di ogni
ceto sociale, con diversi tipi di disponibilità economica a questa tragedia è
stata assolutamente straordinaria. Ci ha dimostrato che la volontà di
solidarietà nel mondo esiste ancora, solo che si tratta di accoppiare alla
solidarietà emotiva anche la solidarietà su questo lungo percorso di sviluppo.
Il nostro rapporto si propone due cose sostanzialmente per quanto riguarda il
diritto allo sviluppo ed è che tutti i Paesi in via di sviluppo mettano in atto
dei piani a lungo termine decennali, contenenti le attività, le misure, gli
interventi e le risorse necessari per conseguire gli obiettivi del Millennio
nel loro Paese; e che parallelamente gli aiuti allo sviluppo non si disperdano
in interventi ad hoc, ma siano tutti finalizzati e coordinati in modo da
conseguire una massa d’urto, che è l’unica maniera per consentire a questi
Paesi di superare la trappola di povertà in cui si trovano attualmente.
D. – Possiamo dire con un motto
che dobbiamo usare il cuore e l’intelligenza?
R. – Certo, mi pare una maniera
molto bella di porre il problema.
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LA STORIA DELLA PERSECUZIONE NAZISTA ANTISEMITA
CONTINUA A SVELARE
EPISODI DI
SOLIDARIETA’ DA PARTE DI CATTOLICI CHE SALVARONO MIGLIAIA DI EBREI: IN UN
ARTICOLO DE “LA CIVILTA’ CATTOLICA”
L’IMPORTANTE RUOLO DELLA SANTA SEDE IN UNGHERIA
- Intervista con padre Giovanni Sale -
Il ruolo della Santa Sede nella salvezza di molti ebrei ungheresi durante
la persecuzione nazista viene ricostruito in un articolo della Civiltà
Cattolica, nel numero del 15 gennaio. Un’analisi che intende dimostrare che la
Santa Sede, come del resto anche la Croce Rossa e le rappresentanze diplomatiche
di alcuni Paesi fecero tutto il possibile per sottrarre il maggior numero di
ebrei ungheresi alla deportazione. Il servizio di Debora Donnini.
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In
Ungheria sopravvissero all’Olocausto circa 120 mila ebrei, il più numeroso
gruppo nazionale che scampò alla persecuzione nazista. Questo fu possibile -
ricorda l’articolo di Civiltà Cattolica – grazie all’azione congiunta di uomini
coraggiosi che, mettendo a rischio la propria vita, fecero tutto il possibile
per salvare il maggior numero di ebrei dalla deportazione. La salvezza di una
parte degli ebrei ungheresi fu anche dovuta all’intervento di Papa Pio XII,
unito a quello del re di Svezia Gustavo V e del presidente della Croce Rossa
Huber, presso il Reggente d’Ungheria Horty, nel 1944. Un appello che fu
determinante per la sospensione, seppur momentanea, delle deportazioni. Ce lo
conferma l’autore dell’articolo, lo storico gesuita padre Giovanni Sale.
“Pio
XII attraverso il celebre “Reclama” che inviò al reggente Horty ed anche con
l’azione congiunta di altre personalità del mondo politico – come il re Gustavo
di Svezia, ma anche Hubert della Croce Rossa – si riuscì a rallentare la
deportazione sistematica degli ebrei ungheresi. In questi modo molti ebrei
ebbero la possibilità di nascondersi e di lasciare, in qualche modo, la
nazione. Una volta occupata l’Ungheria da parte dell’Esercito tedesco, dopo la
deposizione del Reggente, la deportazione ricomincio ancora una volta.
Va
quindi ricordata l’azione di mons. Gennaro Verolino, allora uditore della
nunziatura apostolica di Budapest, insignito - fra l’altro - recentemente di un
premio dal governo svedese proprio per la difesa dei diritti umani. Mons.
Verolino in collaborazione con l’allora nunzio mons. Angelo Rotta e assieme ad
altri diplomatici, in particolare della legazione svedese, rilasciò un gran
numero di certificati di protezione, 15 mila secondo un appunto di mons.
Montini - futuro Paolo VI - durante il regime di Szalasi, circa 25 mila per
tutto il periodo. Ancora padre Sale.
“La Santa Sede intervenne in questo periodo
attraverso Rotta, attraverso il suo uditore, mons. Verdolino, rilasciando
lettere di protezione. Questi certificati avevano un valore legale e facevano
in modo che questi ebrei perseguitati, trovassero per un certo periodo
protezione presso le legazioni diplomatiche. Successivamente furono organizzate
anche dalla Nunziatura delle case di protezione, dove furono ospitati bambini
ed anziani. La maggior parte degli ebrei che ebbero questi documenti o che
furono ricoverati in queste case ebbero salva la vita. Questa modalità, quindi,
di aggirare la persecuzione ebbe degli effetti pratici molto importanti.
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LE SALE DEL MUSEO DI SANTA GIULIA
A BRESCIA OSPITANO UNA NUOVA
MOSTRA DI SINGOLARE BELLEZZA. FINO
AL PROSSIMO 20 MARZO,
E’ APERTA AL PUBBLICO “TIZIANO E
LA PITTURA DEL CINQUECENTO
A VENEZIA. CAPOLAVORI DAL LOUVRE”
-
Intervista con Marco Goldin -
Successo
di pubblico e critica per la mostra: “Tiziano e la pittura del Cinquecento a
Venezia. Capolavori dal Louvre”, fino al prossimo 20 marzo a Brescia. La
rassegna sancisce un’inedita collaborazione tra il noto museo parigino e la
località lombarda. Due, sostanzialmente, i generi entro i quali sono inquadrati
i prestiti: la pittura di soggetto religioso e l’autoritratto. Il servizio di
Barbara Castelli:
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Quindici opere di straordinaria
bellezza per ripercorrere la pittura veneziana del XVI secolo. Fulcro della
rassegna, nelle sale del museo di Santa Giulia, le tele di Tiziano, figlio di
un notaio e allievo di Giorgione, che per la ricchezza cromatica e l’energia
luminosa del suo tratto ricevette incarichi da tutte le Corti d’Europa. La
sontuosa drammaticità di molte fra le opere esposte, tra le quali spiccano
anche quelle di Bassano, Veronesi e Tintoretto, e il loro tono di elevata
spiritualità fanno di questa mostra un racconto avvincente, che procede
toccando i punti più vibranti dell’arte del grande secolo della Serenissima. Ma
come è articolata la mostra? Ci risponde Marco Goldin, curatore del progetto.
“La mostra è divisa in due parti. Una è quella dedicata al
tema religioso, e certamente l’opera famosissima e celeberrima della “Madonna
del coniglio” di Tiziano ne è punto fondante, con il rapporto tra figura e
paesaggio. E dall’altra parte c’è il tema del ritratto. Qui vorrei ricordare lo
straordinario autoritratto di Tintoretto vecchio, che è veramente una delle
opere più belle. Una sorta di grande apparizione che balugina dal nero profondo
del quadro”.
Portando ad esempio una delle
opere più rappresentative della rassegna, può illustrare i capi saldi della
pittura del Cinquecento?
“Uno dei quadri che
personalmente prediligo, e che abbiamo visto il pubblico ugualmente apprezza, è
questa grande Crocifissione del Veronese, che riesce a far diventare il
soggetto religioso, il soggetto struggentemente religioso, come qualcosa di
profondamente umano. La pittura del Cinquecento, quindi, riesce a fare questo:
trasporre un soggetto che potrebbe sembrare molto lontano da noi, molto lontano
dal visitatore, nel tempo e nello spazio della quotidianità. In particolare a
Venezia, la pittura riesce ad entrare nella quotidianità, nei luoghi in cui abitualmente
non si immagina possa esistere”.
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23
gennaio 2005
AL VIA
DOMANI A WASHINGTON LA MANIFESTAZIONE PER LA 32.MA EDIZIONE
DELLA
MARCIA PER LA VITA, IN RICORDO DELLA SENTENZA DELLA CORTE SUPREMA,
CHE
NEL 1973 LEGALIZZO’ L’ABORTO NEGLI STATI UNITI
WASHINGTON.= L’appuntamento con
la Marcia per la Vita è fissato per domani 24 gennaio, anche se solitamente
ricorre il 22, giorno in cui nel 1973 la Corte Suprema diede il via libera alla
“Roe contro Wade”, la legge che introdusse la pratica legale dell’aborto negli
Stati Uniti. Tema di questa 32.ma edizione: “E’ dovere di ciascun americano
difendere i principi della vita per il bene comune, proprio, del vicino e del
Paese, senza eccezioni, né compromessi!”. Il cardinale William Keeler, arcivescovo di Baltimora e
presidente delle attività pro-vita della Conferenza episcopale degli Stati
Uniti, celebrerà oggi la Messa di apertura dell’annuale Veglia notturna di
preghiera, che precede la Marcia della vita, nel Santuario nazionale
dell’Immacolata Concezione a Washington. A presiedere la preghiera notturna
l’eparca di Passaic dei Ruteni, monsignor Andrew Patagi, mentre la
Concelebrazione eucaristica sarà officiata dal cardinale Theodore Mc Carrick,
arcivescovo di Washington. Nella mattinata di domani sono previsti i raduni dei
migliaia di attivisti, che ogni anno aumentano di numero. Nel programma della
manifestazione anche un Congresso di due giorni dedicato alle conseguenze
dell’aborto sulla donna e su come aiutarle nel caso l’abbiano subito. (B.C.)
UNA CULTURA DI SPERANZA
CRISTIANA. E’ QUANTO INVOCA L’ARCIVESCOVO
DI DUBLINO, MONS. DIARMUID
MARTIN, IN OCCASIONE
DELLA SETTIMANA DI PREGHIERA PER L’UNITA’ DEI CRISTIANI
DUBLINO.= La celebrazione
ecumenica, tenutasi qualche giorno fa, per l’apertura della Settimana di
preghiera per l’unità dei cristiani, è stata l’occasione per mons. Diarmuid
Martin, arcivescovo di Dublino, di riflettere sul difficile processo di pace
nell’Ulster. L’auspicio del presule è di arrivare alla pacificazione attraverso
una nuova cultura ecclesiale: “una cultura di speranza cristiana che scaturisce
dalla nostra comune fede nel primato di Cristo”. Mons. Martin ha sottolineato
la sua preoccupazione per la diffusa tendenza a pensare che il processo di pace
riguardi in particolare le Chiese nord-irlandesi. “L’Irlanda del Nord non è un altro
mondo” ha ribadito l’arcivescovo che ha evidenziato la nuova identità cristiana
nord-irlandese, formatasi dopo tanti anni di difficili tentativi di
riconciliazione, a cui il resto del Paese deve guardare con ammirazione ed
interesse. Infine mons. Martin ha chiesto a tutti i cristiani di vigilare
sempre con occhio critico alle proprie responsabilità nel processo di pace e di
“non stare seduti a guardare”. (B.C.)
LA CHIESA CANADESE RINNOVA
L’APPELLO AL GOVERNO DI OTTAWA
DI NON MODIFICARE LA LEGGE SUL
MATRIMONIO
RIBADENDO LA SUA CONTRARIETA’
ALLE UNIONI OMOSESSUALI
OTTAWA.= In una lettera datata 19
gennaio e pubblicata sul quotidiano “Globe and Mail”, il cardinale, arcivescovo
di Toronto, Aloysius Matthew Ambrozic ha chiesto al governo canadese di favorire
un maggior dibattito sul controverso Disegno di legge che permette le unioni
tra omosessuali. Inoltre, il cardinale ha avanzato l’ipotesi che l’esecutivo si
appelli alla clausola “non obstant”, una nota che permetterebbe al governo di
sottrarsi alla decisione di un Tribunale per cinque anni. In realtà, la maggioranza
delle Corti ha dato già il via libera al Disegno di legge, ma esiste
quest’ultima carta che il premier canadese Paul Martin potrebbe giocare.
All’appello del porporato è seguita la risposta immediata e purtroppo negativa
del governo di Ottawa, che ha sottolineato come il dibattito sulla materia sia
ormai chiuso. L’esecutivo ha comunque ricordato quanto precisato dalla Corte
Suprema del Canada secondo cui le Chiese non saranno costrette a celebrare
unioni tra persone dello stesso sesso se ciò contrasta apertamente con la loro
dottrina. (B.C.)
LA RINASCITA DELL’AFGHANISTAN
AFFIDATA ALLE DONNE. GRAZIE ALL’IMPEGNO
DELLE ONG E ALLA CONCESSIONE DI
MICROCREDITI TORNA LENTAMENTE
LA NORMALITA’ NEL MARTORIATO
PAESE ASIATICO
KABUL. = Prima che il regime
talebano le imprigionasse nel “burqa”, le donne rappresentavano nella società
afgana il 70% degli insegnanti ed il 40% del personale medico. Con l’avvento
degli integralisti islamici erano state ridotte a esseri umani senza dignità, a
loro era vietato frequentare scuole ed università, costrette a mendicare per
strada. Negli anni ‘bui’ del regime, i suicidi sono aumentati a dismisura, la
morte veniva cercata bevendo in molti casi soda caustica a cui seguiva
un’agonia di tre giorni. A 4 anni di distanza dalla fine della dittatura,
provocata dall’intervento militare della Coalizione internazionale, a novembre
si sono tenute le elezioni ed il Paese è passato nelle mani del presidente Karzai.
Oggi la percentuale delle donne è pari al 55% e solo nella zona di Kabul vivono
oltre 70 mila vedove; per loro molte organizzazioni non governative e le
università straniere hanno pensato programmi di studio e di lavoro che
permettono una rinascita sociale ma anche una ripresa economica del Paese
stesso. Sono infatti 10 mila quelle coinvolte nel programma di microcredito
“Brac”, che ha permesso, già dal 2002, di attivare progetti nel campo della
scuola, della microfinanza e di creare centri sanitari. Al momento nessun
prestito è in sofferenza ed il governo afgano ha approvato il piano. “Progetto
Artemide” nasce invece in Arizona, negli Stati Uniti, e riguarda 15 donne
afgane - un’elite proveniente dalla borghesia di Kabul - che hanno continuato
gli studi e che grazie a quest’iniziativa intendono diventare donne
imprenditrici ed esperte di marketing. Il sogno di tutte è di tornare in patria
per applicare sul campo ciò che hanno imparato. (B.C.)
IL MITO DELLA FENICE IN TUTTE LE
CULTURE TRA ORIENTE ED OCCIDENTE,
IN UNA MOSTRA CHE SI APRIRA’ IL
PROSSIMO 29 GENNAIO AL TEATRO VENEZIANO
VENEZIA.= Uno spaventoso incendio
distrusse il teatro veneziano de “La Fenice” nel 1996 da allora l’impegno degli
amanti della musica e dell’arte fu tale da farla rinascere al più presto dalle
sue stesse ceneri, in assoluta linearità con il mito. “Semper eadem – Sempre la stessa” è il motto della Fenice, l’uccello mitologico presente
nei millenni in tutte le culture dei Paesi del mondo, in Oriente e in
Occidente. A questo mito, tra i più conosciuti ma anche tra i più difficili da
interpretare per la molteplicità dei significati che nasconde, la Fondazione
Teatro La Fenice e la Fondazione “Giorgio Cini” hanno voluto dedicare una
mostra che aprirà i battenti il 29 gennaio prossimo nelle Sale Apollinee del Nuovo
Teatro La Fenice fino al 2 aprile. In due sezioni si articola lo sviluppo del
mito. Nella prima dedicata al mito della fenice in Occidente, il punto di
partenza è il benu egizio, un uccello
che aveva piumaggio grigio e collo bianco e considerato un suo possibile antenato fino alle
rielaborazioni letterarie ed artistiche della modernità. In esposizione anche
statue, mosaici, monete e sigilli antichi, bestiari cristiani miniati. La
seconda sezione è dedicata al mito orientale della fenice che si sviluppa
partendo dallo studio di vari uccelli simboli simili alla fenice stessa come lo
Hol o Ziz ebraico, il Simurgh
persiano, il Garuda hindu e
buddista. Saranno presenti anche arazzi, mosaici, oggettistica varia e foto
provenienti da tutto il mondo. (B.C.)
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23
gennaio 2005
- A cura di Salvatore Sabatino -
Ad
una settimana dalle prime elezioni democratiche del dopo-Saddam, l’Iraq
continua a vivere nel terrore. Un nuovo messaggio del terrorista giordano Al
Zarqawi, luogotenente di Bin Laden nel Paese del Golfo, minaccia di portare
morte e distruzione nel giorno della tornata elettorale. Intanto un incendio ha
distrutto un ospedale di Nassirya, mentre è partita dalla base militare di
Tallil la salma di Simone Cola, ucciso venerdì da una raffica di Kalashnikov. E
questa mattina il Pontefice ha voluto esprimere, in un telegramma, il suo
cordoglio per la morte del maresciallo. Il servizio è di Salvatore Sabatino:
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“Appresa
la notizia della tragica morte del Maresciallo Simone Cola ucciso a Nassirya,
il Sommo Pontefice desidera far pervenire ai genitori ed ai familiari tutti
l’espressione del suo sentito cordoglio per un così grave lutto che colpisce
codesta comunità e l’intero Paese”. Così Giovanni Paolo II ha voluto esprimere
il suo dolore per la tragica morte del maresciallo italiano ucciso venerdì
“nell’adempimento di una missione di pace”. Nel telegramma a firma del
cardinale Angelo Sodano, Segretario di Stato, il Pontefice ricorda in
particolare la moglie del militare, Alessandra, e la figlia Giorgia, invocando
per loro “una celeste consolazione”. Il Telegramma è giunto mentre la salma di
Simone Cola è in volo per l’Italia, dove arriverà alle ore 17. Ad accoglierlo,
all’aeroporto romano di Ciampino, il presidente della Repubblica, Carlo Azeglio
Ciampi, ed il ministro della Difesa Antonio Martino. Un giorno di dolore per
l’Italia intera, dunque, lo stesso dolore che si allunga come un ombra
minacciosa sul futuro dell’Iraq. E futuro, nel Paese del Golfo, è sinonimo di
elezioni, a cui gli iracheni giungeranno in un clima di terrore. Terrore
diffuso dal terrorista giordano Abu Musab al Zarqawi, che in mattinata ha
lanciato un altro proclama di morte. “Gli sciiti avranno la maggioranza nelle
prossime elezioni”, ha tuonato in un messaggio audio apparso su numerosi siti
Internet. Quarantotto minuti per affrontare la differenza tra il sistema islamico
e quello democratico e per minacciare sangue e guerra nei giorni della tornata
elettorale. Ma la violenza imperversa in tutto il territorio iracheno. Anche se
ad imporsi oggi all’attenzione internazionale è un incendio scoppiato nella
notte in un ospedale di Nassirya. Il rogo, causato secondo i primi accertamenti
da un corto circuito, ha provocato la morte di quattordici persone ed il
ferimento di altre 75. Alle operazioni di soccorso hanno partecipato anche i
soldati italiani con 4 autoambulanze. Un soldato americano è stato, invece,
ucciso in scontri avvenuti nella città settentrionale di Mossul. A comunicarlo
un ufficiale statunitense. Sei iracheni, tra cui una madre e la sua bambina,
sono morti in attacchi a nord di Baghdad. I diplomatici di Pechino a Baghdad,
infine, non sono ancora riusciti a stabilire alcun contatto con gli otto
ostaggi cinesi liberati ieri.
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Tensione
alta tra Iran e Stati Uniti. Teheran ha lanciato un avvertimento a Washington,
mettendola in guardia dal rischio di compiere un “grande errore strategico”.
''La Repubblica Islamica – ha affermato il portavoce del ministero degli Esteri di Teheran, Hamid
Reza Asefi - è pienamente in grado di difendersi”, riferendosi alle minacce di
attaccare l’Iran da parte della Casa Bianca. Intanto il ministro degli Esteri
britannico, Jack Straw ha presentato un documento contro un intervento, facendo
intendere che Londra non è disponibile ad un nuovo sostegno militare agli Stati
Uniti.
Il
futuro di pace in Medio Oriente tra annunci e smentite. Hamas ha negato oggi
che sia stato raggiunto con l'Autorità Nazionale Palestinese un accordo formale
per un cessate il fuoco, ma il movimento potrebbe mettere fine agli attacchi
contro Israele se lo Stato ebraico facesse altrettanto. Il ministro della
Difesa israeliano Shaoul Mofaz aveva annunciato in mattinata alla Radio
militare israeliana il raggiungimento di un accordo di cessate il fuoco per una
durata di circa un mese tra l'Autorità nazionale palestinese e i gruppi Hamas e
Jihad islamica. Per il momento l'Anp di Abu Mazen non ha rilasciato alcun
commento.
Cerimonia
d’insediamento, oggi a Kiev, per il nuovo presidente ucraino Viktor Yushenko,
che ha giurato davanti al Parlamento come nuovo capo dello Stato. Il leader
filo-occidentale ha pronunciato, inoltre, un discorso sulla Piazza
dell'Indipendenza, teatro delle manifestazioni popolari di protesta che hanno
seguito il primo, contestato ballottaggio del novembre scorso, la cui vittoria
era stata attribuita al suo avversario, l'allora primo ministro Viktor
Yanukovic. Presenti alla cerimonia il Segretario di Stato americano, Colin
Powell, il segretario generale della Nato, Scheffer ed il presidente polacco,
Kwasniewski.
E’
finito il blocco ad oltranza della strada federale tra Rostov e Bakù,
organizzato dai parenti delle vittime dell’attentato di Beslan, in Ossezia del
Nord, che in settembre provocò la morte di oltre 300 persone, per la maggior
parte bambini, in una scuola presa in ostaggio da un commando di terroristi
ceceni. Le barricate sono state tolte quando Dmitri Kozak, inviato del
presidente Vladimir Putin per le zone sud della Russia, ha promesso telefonicamente
che martedì prossimo sarà da loro in persona e che “nel quadro delle leggi
esaminerà tutte le loro richieste”. I manifestanti giovedì avevano chiesto: il
lancio di un'inchiesta internazionale sulla tragedia, le dimissioni del
presidente dell'Ossezia del nord e la punizione dei colpevoli.
Maldive
ieri alle urne per le legislative. Nella capitale Male trionfa, come previsto,
il presidente Gayoom, al potere da oltre mezzo secolo, ma spunta la vittoria a
sorpresa pure di due dissidenti che si erano presentati alla tornata. Il
servizio è di Maria Grazia Coggiola:
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Secondo risultati non ancora
ufficiali delle Elezioni parlamentari nelle Maldive, i due candidati dissidenti
avrebbero conquistato i due seggi nella capitale Male, dove vive la maggior
parte dei 157 mila elettori. I risultati definitivi si conosceranno soltanto
mercoledì, quando lo spoglio sarà terminato in tutti i 199 atolli popolati
dell’arcipelago. Questo voto, previsto originariamente per il 31 dicembre ma
poi rimandato a causa dello tsunami, coincide con un momento
estremamente delicato per il presidente Abdul Gayoom, al potere dal 1978, uno
dei leader asiatici più longevi e anche più autoritari, secondo molti
osservatori stranieri, che negli ultimi anni hanno accusato il governo delle
Maldive di violare i diritti umani e di reprimere gli oppositori. La
costituzione di Partiti politici è, infatti, vietata. Gli attuali 149 candidati
che si contendono i 42 seggi eleggibili del Parlamento di Male sono di fatto
candidati indipendenti. Circa una trentina fanno però capo al Partito
democratico in esilio in Sri Lanka, che contesta duramente il governo di aver
arrestato una ventina di sostenitori alla vigilia del voto e di aver utilizzato
gli aiuti internazionali del dopo tsunami per guadagnare favori
elettorali. Il Partito democratico conta in queste Elezioni di raddoppiare i
consensi. Sotto pressione della comunità internazionale, in particolare
dell’Unione Europea, il presidente Gayoom ha però promesso di emendare la
Costituzione e di garantire più libertà civili per i 280 mila abitanti musulmani
dell’arcipelago, che grazie al turismo ha uno dei redditi pro capite più alti
in Asia.
Da
New Delhi, per la Radio Vaticana, Maria Grazia Coggiola.
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Il
presidente centrafricano François Bozizé e le forze politiche del Paese hanno
firmato ieri a Libreville, con la mediazione del presidente del Gabon, un
accordo che autorizza 11 candidati a partecipare allo scrutinio presidenziale.
La decisione mette fine al braccio di ferro tra Bozizè ed alcuni candidati
esclusi dalla Corte Costituzionale di transizione il 30 dicembre scorso.
Oltre
mezzo metro di neve, temperature polari e venti che hanno raggiunto una
velocità quasi da uragano. Gran parte della zona orientale degli Stati Uniti è
in ginocchio a causa del maltempo. New York si è trovata al centro di una
bufera che secondo le previsioni proseguirà fino al primo pomeriggio di oggi,
lasciandosi alle spalle oltre mezzo metro di neve. Migliaia i voli cancellati.
Ed
un’ondata di maltempo ha sorpreso più di 2 milioni e mezzo di fedeli che si
erano recati a Mina, nei pressi de La Mecca, la prima città santa dell'Islam
per la tradizionale lapidazione di un pilastro di cemento che rappresenta
Satana. Il fenomeno atmosferico è rarissimo nell’area, completamente desertica.
Un
ragazzo di 17 anni e una donna di 35, le due nuove vittime dell'epidemia di
influenza aviaria in Vietnam. Il bilancio dei morti sale, dunque, a 9 dallo
scorso 30 dicembre, cui vanno ad aggiungersi 12 decessi nella vicina Thailandia.
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