RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLIX n.
21 - Testo della trasmissione venerdì 21 gennaio 2005
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
In Iraq, almeno
14 morti per l’esplosione di un’autobomba in una moschea sciita di Baghdad. A
Nassiriya, ucciso un soldato italiano: è il maresciallo Simone Cola
Proteggere gli Stati
Uniti e abbattere tutte le tirranie. Questi gli obiettivi fissati ieri dal
presidente americano Bush nel suo discorso di insediamento
Più di 3000 agenti
palestinesi dispiegati nel nord della Striscia di Gaza per bloccare le azioni
dei movimenti estremisti contro Israele.
21 gennaio 2005
LA CHIESA E’ CHIAMATA A DIFFONDERE IL VANGELO
DELLA SPERANZA CRISTIANA
NEL MONDO DELLA SOFFERENZA,
DOVE SPESSO LA CULTURA ODIERNA
SUGGERISCE SOLUZIONI DI MORTE. COSI’ IL PAPA ALLA
PLENARIA
DEL PONTIFICIO CONSIGLIO PER LA PASTORALE DEGLI
OPERATORIO SANITARI,
NEL VENTENNIO DI FONDAZIONE
- Ai nostri microfoni cardinale
Javier Lozano Barragán -
La Chiesa è chiamata a
diffondere il Vangelo della speranza cristiana nel vasto mondo di coloro che
soffrono, dove spesso l’odierna cultura secolarizzata propone soluzioni di morte.
E’ quanto ha detto il Papa oggi ricevendo in Vaticano i partecipanti alla
Plenaria del Pontificio Consiglio per la Pastorale degli operatori sanitari
nella ricorrenza del ventennio di fondazione. Giovanni Paolo II ha invitato i
responsabili della Chiesa ad essere presenti soprattutto dove i malati sono
privi di medicine e assistenza, con una particolare attenzione verso quanti
sono colpiti dall’AIDS. Il servizio di Sergio Centofanti.
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“La Chiesa – ha detto il Papa -
è chiamata ad affrontare le più delicate e non eludibili questioni che sorgono
nell'animo umano di fronte alla sofferenza, alla malattia e alla morte. E’
dalla fede nel Cristo morto e risorto che quegli interrogativi possono trarre
il conforto della speranza che non delude”. “Il mondo odierno” - ha aggiunto -
“spesso non possiede la luce di questa speranza” e “suggerisce soluzioni di
morte. Di qui l’urgenza di promuovere una nuova evangelizzazione e una forte
testimonianza di fede operosa in queste ampie aree secolarizzate”.
Al centro dei lavori della
Plenaria, che si concludono oggi, c’è la riflessione sulla santificazione del
momento della malattia: il malato – ha detto il Papa – ha un “ruolo speciale”
nella Chiesa e nella famiglia “in virtù della presenza viva di Cristo in ogni
persona sofferente”. E “l’anno dedicato all'Eucaristia – ha proseguito - si presenta, da questo punto di vista, come
un’opportuna occasione per un più intenso impegno pastorale
nell’amministrazione sia del Viatico che dell’Unzione degli Infermi.
Configurando pienamente il malato a Cristo, morto e risorto, tali Sacramenti
consentono al malato stesso e alla comunità dei credenti di sperimentare il
conforto che viene dalla speranza soprannaturale”.
“Opportunamente illuminato dalla
parola del sacerdote e di chi lo coadiuva - ha affermato Giovanni Paolo II - il
malato può scoprire con gioia la particolare missione che gli è affidata nel
Corpo mistico della Chiesa: in unione con Cristo sofferente, egli può cooperare
alla salvezza dell’umanità, avvalorando la sua preghiera con l’offerta della
sofferenza”. “Ciò non deve, peraltro, dispensare i responsabili della Chiesa -
ha detto ancora il Pontefice - da un'attenzione stimolante ed operosa alle
strutture ove il malato soffre talora forme di emarginazione e di carenza di
sostegno sociale. Tale attenzione deve estendersi anche alle aree del mondo
dove i malati più bisognosi, nonostante i progressi della medicina, mancano di
farmaci e di adeguata assistenza”.
Secondo Giovanni Paolo II
inoltre “una sollecitudine particolare la Chiesa deve poi riservare a quelle
zone del mondo ove i malati di AIDS sono privi di assistenza. Per essi è stata
in special modo creata la Fondazione ‘Il Buon Samaritano’, il cui scopo è di
contribuire ad aiutare le popolazioni più esposte con il necessario sostegno di
supporti terapeutici”.
Il Pontificio Consiglio per la
Pastorale degli Operatori Sanitari è stato istituito da Giovanni Paolo II nel
1985, con il Motu Proprio Dolentium hominum, per “diffondere,
spiegare e difendere gli insegnamenti della Chiesa in materia di sanità e
favorirne la penetrazione nella pratica sanitaria”. Spetta al Dicastero il compito di orientare, sostenere e
incoraggiare quanto in questo campo viene promosso dalle Conferenze Episcopali,
dalle Organizzazioni e Istituzioni Cattoliche dei professionisti della medicina
e della promozione della salute.
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Ma sulle parole del Papa
ascoltiamo al microfono di Giovanni Peduto il commento del presidente del
Pontificio Consiglio della pastorale per la salute il cardinale Javier Lozano
Barragán:
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“La riflessione è quella più
scottante nell’esistenza umana. Perché la morte? Perché il dolore? Perché la
sofferenza? Il Santo Padre ci ha affidato specialmente questo compito: rispondere
a questi problemi. E noi lo facciamo sempre attraverso la consapevolezza della
morte e resurrezione del Signore. Senza questa consapevolezza non c’è
risposta. Noi perciò siamo
assolutamente convinti che l’unica risposta sia il mistero della Redenzione.
Non c’è un’altra risposta. Ce ne sono altre, ma l’unica soluzione che davvero
non ci lascia nel vuoto disperato, è rendere l’assurdo, logico, fare della
morte, vita. Questo significa Cristo,
che muore sulla Croce, ma è una Croce gloriosa che significa risurrezione. Non
c’è un altro nome, sotto il cielo dato per la salvezza, che Cristo, il Signore.
Questa è certamente una pazzia per chi non crede, ma per noi è l’unica
salvezza, come dice San Paolo”.
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BISOGNA PARTECIPARE ASSIDUAMENTE
ALLA MESSA DOMENICALE,
CUORE DELLA VITA CRISTIANA: E’
L’ESORTAZIONE DEL PAPA NELL’UDIENZA
AI MEMBRI DELLA PLENARIA DELLA
PONTIFICIA COMMISSIONE PER L’AMERICA LATINA.
IL PONTEFICE HA INVITATO VESCOVI
E SACERDOTI AD IMPEGNARSI
PER FAR RISCOPRIRE AI FEDELI LA
CENTRALITA’ DELL’EUCARISTIA
- Servizio di Alessandro Gisotti
-
Partecipare
alla Messa della domenica è un’esigenza profonda per ogni cristiano. E’ la riflessione,
ed esortazione al tempo stesso, offerta oggi da Giovanni Paolo II nell’udienza
ai partecipanti alla riunione plenaria della Pontificia Commissione per
l'America Latina, guidati dal cardinale Giovanni Battista Re, presidente
dell’organismo vaticano. Il tema scelto per la plenaria è proprio “La Messa
domenicale, centro della vita cristiana in America Latina”. Sui punti salienti
del discorso del Papa, ascoltiamo il servizio di Alessandro Gisotti:
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“LA
MISA DOMINICAL, CENTRO DE LA VIDA CRISTIANA…”.
Il
Pontefice ha sottolineato come la partecipazione alla Messa domenicale non “sia
solo un dovere indicato dal Catechismo della Chiesa cattolica”. In realtà, ha
avvertito, “non si può vivere la fede senza partecipare assiduamente alla
Messa, sacrificio di redenzione, banchetto comune della Parola di Dio e del
Pane eucaristico, cuore della vita cristiana”. E’ allora necessario da parte
dei pastori della Chiesa “un rinnovato sforzo per far riscoprire la centralità
della domenica nella vita ecclesiale e sociale degli uomini e delle donne di
oggi”.
Per tutti i vescovi e i sacerdoti, ha
proseguito, “è una sfida chiamare i fedeli ad una costante partecipazione
all’Eucaristia domenicale, incontro con Cristo vivo”. Per questo, è necessaria
una migliore istruzione e più accurata catechesi dei fedeli sull’Eucaristia. La
Messa “deve essere preparata in modo conveniente dal celebrante”, curando la
propria “disposizione spirituale”. D’altro canto, ha detto ancora, una cura
particolare va riservata all’omelia, alla liturgia, quindi alla selezione e
preparazione dei canti, sempre però nell’ambito del rispetto delle regole
stabilite, valorizzando “la ricchezza spirituale e pastorale del Messale
romano”. I fedeli, in comunione con i sacerdoti, ha infine esortato il Papa,
devono dunque impegnarsi per “approfondire questa dimensione essenziale della
vita sacramentale della Chiesa”.
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NELLA MEMORIA LITURGICA DI SANT’AGNESE, IL PAPA HA
BENEDETTO I DUE AGNELLI
LA CUI LANA SERVIRA’ PER LA CONFEZIONE DEI SACRI PALLII, CHE VERRANNO
IMPOSTI AI NUOVI ARCIVESCOVI METROPOLITI IL
PROSSIMO 29 GIUGNO
- A cura di Alessandro De Carolis -
Come il 21 gennaio di ogni anno,
memoria liturgica di Sant’Agnese, Giovanni Paolo II ha benedetto questa mattina
due agnelli, durante una breve cerimonia nella sua Biblioteca privata: la lana
degli agnelli sarà utilizzata per confezionare i sacri pallii, che verranno
benedetti dal Papa nella prossima solennità dei Santi Pietro e Paolo. In quel
giorno, i pallii saranno imposti ai nuovi arcivescovi metropoliti, o consegnati
ai loro procuratori, dal cardinale protodiacono a nome del Papa. Su questa
tradizione, che affonda le proprie radici nel martirio di Sant’Agnese, avvenuto
oltre 1700 anni fa, il servizio di Alessandro De Carolis:
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Un emblema della pecorella
smarrita, cercata, salvata e posta sulle spalle del Buon Pastore e, insieme, il
segno di Cristo, l’Agnello crocifisso per la salvezza dell’umanità perduta. C’è
questa forte simbologia dietro quelle esili bende di lana denominate “sacri
pallii”, che ogni anno vengono filate e tessute dalla lana di due agnelli e poi
poste, come la pecorella smarrita, sulle spalle di nuovi pastori metropoliti.
Larghi 4-6 centimetri, i pallii recano impresse sei croci di seta nera e
vengono indossati attorno alle spalle, a mo’ di anello, ornati da tre spille
gemmate, dette aciculae, che anticamente servivano per tenere fermo il
paramento sul petto, sul dorso e sulla spalla sinistra. Anticamente il pallio
era un attributo esclusivo del Sommo Pontefice. In seguito, divenne un’insegna
liturgica d’onore e simbolo di speciale legame con il soglio petrino per quei
vescovi che avessero ricevuto dalla Sede Apostolica una speciale giurisdizione.
Gli annali ricordano il gesto di Papa Simmaco, che nel 513 concesse il pallio a
Cesario, vescovo di Arles.
Gli agnelli accompagnano spesso
nell’iconografia tradizionale la figura di Sant’Agnese, adolescente e vergine
romana, martirizzata durante la persecuzione di Decio all’inizio del IV secolo,
per aver testimoniato Cristo mentre molti fedeli si abbandonavano in massa alla
defezione. Uccisa con un colpo di spada alla gola, dopo essere stata
ripetutamente oltraggiata e torturata, Sant’Agnese è, tra l’altro, la
protettrice delle giovani e della castità, una delle “creature miti e deboli”
scelte da Dio “per confondere le potenze del mondo”, come recita la Colletta
della liturgia di odierna. Al termine della semplice cerimonia di questa
mattina gli agnelli, caratterizzati il primo da una coroncina di fiori bianchi
simbolo della verginità e il secondo da una di fiori rossi, colore del
martirio, sono stati portati da due sediari al monastero delle Suore di Santa
Cecilia. Le religiose provvederanno tra qualche mese alla confezione dei sacri
pallii, dopo la tosatura degli animali. I pallii saranno poi riposti in un’urna
di bronzo, dono di Benedetto XIV, conservata nella cosiddetta “nicchia dei
pallii” presso la Confessione di San Pietro, dalla quale saranno prelevati il
29 giugno. Abitualmente, sono i religiosi dell’Ordine dei Canonici Regolari
Lateranensi, che servono la Basilica di Sant’Agnese fuori le Mura, ad offrire
al Papa i due piccoli ovini, allevati dalle religiose del convento di San
Lorenzo in Panisperna.
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INAUGURATA IERI POMERIGGIO,
CON LA PROIEZIONE DI TRE IMPORTANTI FILMATI
D’EPOCA,
LA RIMODERNATA SALA
CINEMATOGRAFICA
DEL DICASTERO PONTIFICIO DELLE COMUNICAZIONI
SOCIALI,
INTITOLATA AL CARDINALE DESKUR
- A cura di Alessandro De Carolis -
“Il cinema è un potente mezzo di
comunicazione, in grado di parlare al mondo e di diffondere i valori
universali”. Questa affermazione dell’arcivescovo John Foley, che esprime un
concetto più volte ribadito da Giovani Paolo II, è risuonata ieri pomeriggio
nel Pontificio Consiglio per le Comunicazioni Sociali, durante l’inaugurazione
della nuova sala cinematografica del dicastero, intitolata al cardinale Andrzej
Maria Deskur, considerato il fondatore della Filmoteca Vaticana. Mons. Foley ha
definito “davvero soddisfacente” il risultato tecnico ed estetico della
ristrutturazione a cui la sala era stata sottoposta ed ha ringraziato coloro
che hanno permesso al dicastero pontificio e alla Filmoteca Vaticana di poter
tornare ad utilizzare una struttura che in passato – ha ricordato il presule -
ha ospitato molte anteprime cinematografiche per un pubblico selezionato e più
volte visto tra i suoi ospiti lo stesso Pontefice.
Per celebrare l’avvenimento,
sono stati proiettati ieri degli autentici cimeli della celluloide. Il primo,
intitolato “Leone XIII nei
Giardini Vaticani”, è una pellicola dell’archivio del dicastero, girato nel
1896 su pellicola Lumière. Il secondo titolo, “L’Inferno”, è un film ritenuto
smarrito e poi ritrovato negli archivi della Filmoteca Vaticana. In esso, ha
spiegato il presidente del Pontificio Consiglio per le Comunicazioni sociali,
“per la prima volta si utilizzano gli effetti speciali in chiave moderna” e
“rappresenta un esempio di come la cultura ed il cinema possono incontrarsi per
dare vita ad un capolavoro”. Il terzo è una prova d’autore firmata dal celebre
regista italiano Michelangelo Antonioni e intitolata “Lo sguardo di Michelangelo”. Quest’opera, ha detto ancora mons.
Foley, è “la dimostrazione di come la sensibilità di un grande regista,
Michelangelo Antonioni, possa condurci attraverso la macchina da presa di
fronte alla meraviglia dell’arte”.
ALTRA UDIENZA
Giovanni Paolo II ha ricevuto
nel corso della mattinata il vescovo di Tarazona (Spagna), mons. Demetrio
Fernández González, in visita ad Limina.
QUARTO
GIORNO DELLA SETTIMANA DI PREGHIERA PER L’UNITA’ DEI CRISTIANI:
IL
CARDINALE WALTER KASPER FA IL PUNTO DELL’ECUMENISMO
Quarto
giorno oggi della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani: il tema odierno
è “Costruite sul fondamento: Cristo”. Mercoledì scorso durante l’udienza
generale il Papa aveva detto che tutti i battezzati devono sentirsi impegnati
ad operare e pregare per l’unità dei cristiani. Ma il Popolo di Dio ha questa
coscienza? Giovanni Peduto lo ha chiesto al cardinale Walter Kasper, presidente
del Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani:
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R. – Io
lo l’impressione che negli ultimi quarant’anni questa coscienza è molto cresciuta
e soprattutto nella Chiesa cattolica. Quest’anno abbiamo come tema della
Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani “Cristo, unico fondamento
della Chiesa”. Questo fondamento lo
abbiamo in comune tutti noi cristiani che crediamo in Gesù Cristo. Dobbiamo basarci su questo fondamento e
soprattutto leggere insieme la Sacra Scrittura perché, come ha detto San
Girolamo, non conoscere la Scrittura vuol dire non conoscere Gesù Cristo. In
Cristo abbiamo il fondamento e da qui dobbiamo partire nel nostro impegno
ecumenico.
D. –
Quali sono le ultime novità sul piano ecumenico?
R. –
Abbiamo certamente molto migliorato i rapporti con le Chiese ortodosse e anche
con la Chiesa ortodossa di Russia, con la quale i rapporti erano negli anni
scorsi un po’ difficili. Poi è stato di grande importanza il fatto che il
Patriarca Ecumenico di Costantinopoli
si sia recato per ben due volte a Roma e certamente anche questo ha
migliorato i rapporti enormemente. Speriamo ora che nella seconda metà di
quest’anno sia possibile rilanciare il dialogo internazionale con le Chiese
ortodosse. Questo rappresenterebbe veramente un grande passo avanti.
D. – Ci
sono difficoltà per quanto riguarda soprattutto i luterani e gli anglicani…
R. –
Con gli anglicani abbiamo avuto alcuni problemi lo scorso anno, ma si tratta di
un problema interno all’anglicanesimo e che riguarda l’ordinazione di un prete
che pratica pubblicamente l’omosessualità e questo per noi rappresenta uno
scandalo e per questo motivo abbiamo in un certo senso sospeso i rapporti con
gli anglicani. Adesso speriamo di
riuscire a rilanciare il dialogo. Dobbiamo anche ribadire che questo problema relativo
all’omosessualità per noi rappresenta un problema e che noi siamo fermi a ciò
che dice il Catechismo della Chiesa Cattolica.
D. –
Per quanto riguarda, invece, i luterani …
R. – Lo
scorso anno sono stato a Chicago per celebrare il V anniversario della Dichiarazione
congiunta sulla “giustificazione”. Si è trattato di un incontro molto
amichevole, molto fruttuoso e molto costruttivo. Lo stesso è avvenuto a
Johannesburg, dove è stato celebrato questo anniversario a livello mondiale.
Abbiamo qualche problema, al momento con i luterani in Germania, che hanno
preso una posizione sulle ordinazioni che va al di là di tutti i testi ed i
documenti che abbiamo insieme che riguardano il ministero pastorale e
l’ordinazione. Questo è un problema grande, perché la dottrina sulla Chiesa e
soprattutto la dottrina sull’ordinazione rappresentano il centro della discussione
attuale con i luterani.
D. –
Quali sono le speranze e le prospettive dell’ecumenismo del futuro?
R. – Il
problema centrale e l’impegno centrale è rappresentato dall’ecumenismo spirituale.
L’unità della Chiesa è un dono dello Spirito Santo ed ho l’impressione che
questa consapevolezza cresce anche tra le altre Chiese e comunità ecclesiali,
con la preghiera, con la lettura delle Sacre Scritture, con la conversione
personale ed anche con la santificazione della propria vita. Sotto questo
aspetto abbiamo anche movimenti particolarmente impegnati come ad esempio i
Focolarini ed altri ancora. Penso che questo sia un aspetto molto importante
per il futuro, perché l’ecumenismo non è soltanto una questione dottrinale o
intellettule, ma è vivere insieme, un’esperienza comune cristiana e spirituale.
Penso che su questa strada dobbiamo avanzare nel prossimo anno ed anche il tema
scelto per questa Settimana di preghiera “Cristo unico fondamento della Chiesa”
ci dice che dobbiamo riflettere sulla Scrittura, dobbiamo riflettere anche sul
Battesimo, perché tramite il Battesimo siamo tutti inseriti nell’unico Corpo di
Cristo.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Aprono
la prima pagina le udienze di Giovanni Paolo II ai partecipanti alla Plenaria
del Pontificio Consiglio per la Pastorale della Salute e ai partecipanti alla
Riunione Plenaria della Pontificia Commissione per l'America Latina.
Nelle
vaticane, un articolo di Giuseppina Sciascia dal titolo "Di fronte alla
crudeltà del nazismo mai i Certosini di Farneta ebbero paura": pagine di
storia e di martirio nell'agosto 1944.
Nelle
estere, l'intervento dell'acivescovo Celestino Migliore - alla 59.ma Sessione
dell'Assemblea Generale dell'ONU - in commemorazione delle vittime dello tsunami.
Iraq:
sanguinoso attentato dinamitardo a Baghdad, vicino ad una moschea sciita.
Ucciso un militare italiano a Nassiriya.
Stati
Uniti: il presidente Bush inizia il suo secondo mandato.
Nella
pagina culturale, un articolo di Felice Accrocca dal titolo "L'ultimo regalo
di Romana Guarnieri", in riferimento all'opera "Donne e Chiesa tra
mistica e istituzioni (secoli XIII-XV)".
Un
articolo di Carlo Pedretti su una nuova lettura iconologica della "Scuola
di Atene" di Raffaello.
Nelle
pagine italiane, in primo piano il tema dell'economia.
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21
gennaio 2005
“I POVERI NON POSSONO ASPETTARE”:
PROMOSSA DA FOCSIV E CARITAS
ITALIANA,
PARTE LA
CAMPAGNA SUGLI OBIETTIVI DEL MILLENNIO FISSATI DALL’ONU
- Ai nostri microfoni
don Vittorio Nozza e Sergio Marelli -
“I poveri non possono
aspettare”. E’ lo slogan della campagna sugli obiettivi del millennio ONU
promossa da FOCSIV e dalla Caritas italiana, presentata nei giorni scorsi a
Roma presso la Sala Stampa Estera. L’iniziativa è appoggiata da molte associazioni
del mondo cattolico tra le quali, Acli, Azione Cattolica e Comunità Papa Giovanni
XXIII. Ascoltiamo il servizio di Marina Tomarro:
**********
Oltre un miliardo di persone vivono in condizioni di disagio
inaccettabile. C’è bisogno di interventi veloci e concreti, senza aspettare che
le catastrofi facciano riflettere. Questo è il fine della campagna “I poveri
non possono aspettare”, dove viene riaffermato l’impegno unitario da parte di
tutte le associazioni cattoliche per la promozione e per la difesa della
dignità di ogni essere vivente. Don Vittorio Nozza, direttore della Caritas italiana:
“La campagna prende in
considerazione una decisione che i governi del mondo hanno assunto nel 2000 in
termini di dimezzamento della povertà, attraverso l’assunzione di obiettivi capaci,
nell’arco di 15 anni, di andare proprio ad incidere in maniera strutturale
sulla situazione di intere popolazioni. Allora, si tratta di passare dalle dichiarazioni
fatte di fronte a tutto il mondo a concrete azioni, a decisioni in termini di
economia, di cooperazione. Bisogna riconoscere innanzitutto che queste popolazioni
il più delle volte sono sfruttate e, che , hanno bisogno di recuperare in pieno
la loro dignità, diventando protagonisti anche del loro sviluppo”.
L’emergenza dello tsunami
nel Sud-Est asiatico ha dimostrato un’effettiva solidarietà. Questa campagna
sottolinea che i governi devono rispettare gli obiettivi considerati prioritari
nella lotta alla povertà. Ma in che modo si svilupperà? Sergio Marelli
direttore generale della FOCSIV:
“Noi lavoreremo in Italia con
incontri che ognuno promuoverà a livello territoriale. Ci sarà la distribuzione
di una cartolina da inviare al nostro primo ministro Berlusconi perché, già a
partire dalla riunione del G8, si faccia promotore di una verifica tra quello
che i governi promettono e quello che fanno. Questa nostra azione in Italia si
inserisce in un ambito molto più ampio. Parlo di altre realtà cattoliche, con
le quali lavoriamo in rete a livello internazionale. C’è una grande mobilitazione
di tutta la società civile, cattolica e non, laica e credente.
**********
DA OGGI NEI CINEMA
ITALIANI IL FILM DI ROBERTO FAENZA “ALLA LUCE DEL SOLE”,
SU DON GIUSEPPE PUGLISI,
IL SACERDOTE PALERMITANO
UCCISO DALLA MAFIA NEL 1993:
CE NE PARLANO IL REGISTA E L’ARCIVESCOVO DI PALERMO IL CARDINALE DE GIORGI
Da oggi nei cinema italiani il nuovo film di Roberto Faenza “Alla Luce
del Sole”, la storia degli ultimi due anni di vita di don Giuseppe Puglisi,
sacerdote palermitano ucciso da Cosa Nostra nel 1993. Un prete in prima linea,
impegnato nel recupero dei giovani di uno dei quartieri storici dei boss, il
rione Brancaccio. Il suo tentativo di seminare una cultura della legalità lo
portò in conflitto con le cosche, in uno dei momenti peggiori dello scontro tra
lo Stato e la mafia, che stava sferrando il suo più grave attacco, culminato un
anno prima con gli omicidi dei giudici Falcone e Borsellino. E’ la storia del
martirio e del sacrificio di padre Puglisi per il quale oggi è in corso la
causa di beatificazione. Il servizio di Francesca Sabatinelli:
**********
(musica)
Era una spina nel fianco della mafia, era scomodo,
perché educava i giovani alla legalità sottraendoli al reclutamento mafioso. Il
suo era un delitto annunciato: un colpo di pistola eliminò don Pino Puglisi nel
giorno del suo 56.mo compleanno, il 15 settembre del 1993, proprio davanti alla
sua chiesa, quella di San Gaetano nel quartiere di Brancaccio. Un eroe per
alcuni, un sacerdote che assolveva al suo compito per altri; in qualunque caso,
la storia di don Puglisi raccontata in
“Alla Luce del Sole”, mostra la solitudine di un uomo che, disarmato, aveva
deciso di cambiare la mentalità delle persone con le quali lui stesso era cresciuto.
Aprì un centro di accoglienza che per molti bambini fu in un certo senso la
salvezza. Un impegno, il suo, stroncato dai boss del quartiere che dopo le
minacce passarono ai fatti. La sua reazione ai killer, accolti con un sorriso,
sconvolse uno di loro che dal 1997 è collaboratore di giustizia. A vestire i
panni di don Puglisi, per il quale è all’esame il processo di beatificazione
come martire, l’attore Luca Zingaretti. Regista e autore del film è Roberto
Faenza:
“Io
sono stato colpito dalla missione di questo piccolo uomo sconosciuto, lontano
dai riflettori che secondo me rappresenta veramente quello che noi dovremmo seguire:
i veri eroi sono uomini che lavorano nell’ombra, sono le formiche. Puglisi era
uno che aveva molto da dire e nessuno gli ha dato il microfono per poter
arrivare alla gente comune con una parola così importante come è stata la sua
missione. Penso che gli ideali di Puglisi siano un punto di riferimento per
tantissimi giovani e tantissimi parroci che fanno esattamente quello che ha
fatto lui”.
“Alla
luce del sole” è un’opera che mette in evidenza la vocazione al martirio di
ogni cristiano, anche quello incruento della testimonianza di ogni giorno. E’
il commento del cardinale Salvatore De Giorgi, arcivescovo di Palermo. Quale la
scena che più ha colpito la sua attenzione? Ascoltiamo il cardinale De Giorgi,
intervistato da Fabio Colagrande:
R. – La scena finale, quando
tutti i ragazzi accorrono attorno alla sua salma; in realtà, quando la salma di
padre Puglisi fu portata in cattedrale mi hanno detto che tutta la notte e il
giorno tantissimi ragazzi erano lì, a pregare e a piangere, ma con il segno
della speranza.
D. – Eminenza, com’è cambiata
Palermo, undici anni dopo l’assassinio di padre Puglisi?
R. – Posso dire che tanto
cammino si è fatto. Particolarmente nelle parrocchie io ho visto una presa di
posizione sempre più corale e coraggiosa e posso dire che ho visto, da parte
delle nuove generazioni, una presa di coscienza anche nei confronti della mafia.
D. – Qual è il messaggio che don
Pino ci ha lasciato?
R. – Che non bisogna mai
fermarsi di fronte agli ostacoli, che non bisogna aver paura di coloro che minacciano.
Bisogna aver paura soltanto di coloro che possono distruggere i valori
spirituali.
(musica)
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21
gennaio 2005
LA SOLIDARIETA’ NEI CAMPI DI ACCOGLIENZA PER LE VITTIME COLPITE DAL
MAREMOTO. L’UNICEF TEME PER LE MADRI CHE HANNO PERSO I
FIGLI
INTANTO A KOBE FALLISCE LA RIUNIONE DEI PAESI DONATORI
- A
cura di Rita Anaclerio -
GIAKARTA. = “È una benedizione vedere tristezza e
disperazione trasformarsi in sollievo”. Ed è questa riflessione che anima mons.
Aleixo das Neves Dias, vescovo di Port Blair, la diocesi cattolica nelle isole
indiane Andamane, il quale ha trasformato la cattedrale di Maria Stella Maris
nel più grande centro di raccolta per i profughi dello tsunami. Ma la
realtà nei campi di accoglienza non è sempre così semplice. Donata Lodi,
portavoce dell’UNICEF in Sri Lanka, racconta delle difficoltà psicologiche
degli sfollati e soprattutto delle madri. “Non sono tanto i bambini a
preoccuparci – spiega la Lodi – ma sono le donne che hanno perso i loro figli.
Ci siamo accorti che mentre i piccoli giocano, alcune madri li osservano con
sguardo straziato. Purtroppo – prosegue la portavoce dell’UNICEF – ci sono
stati episodi di suicidi di madri che non hanno retto al ricordo dei loro
piccoli strappati dalla furia delle onde”. Anche in Indonesia, cresce la
preoccupazione per i sopravvissuti accolti nei campi per sfollati, dove le
piogge torrenziali di questi ultimi giorni hanno reso impraticabile la zona.
Fallisce, intanto, ancora prima della sua conclusione, la Conferenza sulla
prevenzione dei disastri, organizzata dalle Nazioni Unite a Kobe in Giappone. I
delegati dei 150 Paesi riuniti non hanno sottoscritto nessuna dichiarazione
comune, ma solo un testo generico sui sistemi di allarme. Ora le speranze sono
riposte nelle tre Conferenze internazionali previste alla fine di questo mese
in Thailandia a cui parteciperanno 43 Paesi e 13 organizzazioni internazionali e su quella che vedrà riuniti
domani, a Parigi, 25 ministri europei dell’Educazione, la Commissione Europea e
l’UNICEF.
“LA FESTA ISLAMICA
DELL’EID-UL-ADHA POSSA ESSERE FONTE DI AMORE, FRATERNITA’, RICONCILIAZIONE, ARMONIA E COMPRENSIONE”: E’ L’AUSPICIO ESPRESSO
DALL’ARCIVESCOVO DI MULTAN, IN PAKISTAN, PRESIDENTE
DELLA COMMISSIONE
NAZIONALE PER IL DIALOGO INTERRELIGIOSO E L’ECUMENISMO
LAHORE.
= Un messaggio di calorosi auguri in occasione della festa islamica dell'Eid-ul-Adha
è stato inviato dalla Commissione per il Dialogo interreligioso e l’e-cumenismo
agli Ulema musulmani del Pakistan. Il messaggio, firmato da mons. Andrew
Francis, arcivescovo di Multan e presidente della Commissione, intende
contribuire a creare “unità e comprensione” fra la comunità cristiana quella musulmana
in Pakistan. La celebrazione dell’Eid-ul-Adha (o Bakr-Id), “Festa del sacrificio”
o “Festa dell’agnello”, segna la fine dello Hajj, il pellegrinaggio a La Mecca.
La festa è la solennità massima dell’Islam e ricorda Ismaele, miracolosamente
scampato (secondo il racconto islamico) al sacrificio per mano di suo padre Abramo,
a cui era stato destinato dal volere di Dio. Nel medesimo racconto biblico, si
tratta di suo fratello Isacco. In ricordo del sacrificio dell'agnello, ogni capofamiglia
musulmano sacrifica un animale e distribuisce ai poveri parte della carne. Il
messaggio di mons. Francis augura benedizioni e felicità ed auspica che la
figura del padre Abramo, riconosciuta dalla religione ebraica, cristiana e musulmana,
possa essere un riferimento di unità per i “Popoli del Libro”. “La grande festa
islamica possa essere fonte di amore, fraternità, riconciliazione, armonia e
comprensione per tutta l’umanità”. In Pakistan, su una popolazione di 155
milioni di persone, i musulmani sono il 97%, in maggioranza sunniti, con il 20%
di sciiti. I cristiani sono il 2,5%, fra i quali circa 1,2 milioni di
cattolici. (R.G.)
OGGI E DOMANI, A ROMA, CONVEGNO
INTERNAZIONALE ORGANIZZATO
DALLA PONTIFICIA UNIVERSITA’ SALESIANA SU “STORIOGRAFIA E AGIOGRAFIA
NELLA TARDA ANTICHITA’. ALLA
RICERCA DELLE RADICI CRISTIANE DELL’EUROPA”
ROMA.
= Aperto oggi a Roma il Convegno internazionale su “Storiografia e Agiografia nella tarda antichità.
Alla ricerca delle radici cristiane dell’Europa”, organizzato dalla
Facoltà di Lettere cristiane e classiche dell’Università Pontificia Salesiana.
Dopo i saluti delle autorità ecclesiastiche, accademiche e civili, del preside
della Facoltà, Biagio Amata, e di mons. W. Brandmueller, presidente del Pontificio
Comitato di Scienze storiche, si sono inaugurati stamane i lavori che proseguiranno
fino domani mattina, con il contributo di relatori di Università ed Atenei di
varie città del mondo. L’accrescersi dell’interesse per la Tarda antichità
negli ultimi decenni ha indotto a rivalutare l’importanza delle fonti
letterarie, in particolare storiografiche ed agiografiche, relative a quel
periodo. Il convegno si propone quindi di esaminare il rapporto fra i due
generi letterari, tradizione pagana e nuove realtà cristiane, per fornire un
contributo allo studio di un’epoca ricca di fermenti culturali, gravidi di
conseguenze per il futuro dell’Europa. (R.G.)
COMPIE 50 ANNI IN VENEZUELA IL MOVIMENTO “FEY
ALEGRIA”, FONDATO
DAL PADRE GESUITA JOSE’ MARIA VELAZ E RIVOLTO ALLE PERSONE PIU’ BISOGNOSE.
E’ PRESENTE IN 16 PAESI DELL’AMERICA LATINA PER
PROMUOVERE
L’EDUCAZIONE POPOLARE INTESA QUALE BENE PUBBLICO
CARACAS. = Educazione,
promozione, cooperazione. Tre semplici parole ma con il valore di un grande
impegno. Tutto questo è il movimento venezuelano di educazione popolare “Fey
Alegrìa” che arriva ai suoi primi cinquanta anni con lo stesso entusiasmo che
animò il suo fondatore, il gesuita José María Vélaz. Da allora il movimento
sociale ha sempre concentrato i suoi sforzi verso la formazione delle persone
più bisognose, per dare anche loro la possibilità di un futuro. Principio
ispiratore dell’associazione è, infatti, l’educazione come “bene pubblico”, che
deve stimolare lo sviluppo personale e la partecipazione sociale. E grazie ad
una attiva rete di collaborazioni in tutto il Venezuela, il movimento educativo
copre 16 Paesi dell’America Latina ed è arrivato anche in Italia con l’Istituto
Radiofonico dell’Ecuador (IRFEYAL). Formazione professionale, cultura,
reinserimento scolastico: iniziative che hanno coinvolto, solo nel 2003,
1.232.140 persone grazie all’aiuto di oltre 34.788 collaboratori. E come
ricorda il fondatore Padre Vélaz, a cinquanta anni dalla sua nascita e fino ad
oggi, “il movimento Fey Alegria si propone di stimolare il cambiamento
sociale”. (R.A.)
A
CONCLUSIONE IERI AD ACCRA, IN GHANA, DEL VERTICE DEI 15 PAESI MEMBRI
DELLA
COMUNITA’ ECONOMICA DELL’AFRICA OCCIDENTALE (CEDEAO),
ELETTO
IL NUOVO PRESIDENTE DELL’ORGANISMO: MAMADOU TANDJA,
CAPO DI STATO DEL NIGER. TRA I TEMI DIBATTUTI, LA
PACE IN COSTA D’AVORIO, LA SICUREZZA IN GUINEA BISSAU
E NUOVI ACCORDI
D’INTEGRAZIONE ECONOMICA NELLA REGIONE
- A cura di Roberta
Gisotti -
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ACCRA = Si è concluso ieri ad
Accra, capitale del Ghana, il vertice della Comunità economica degli Stati
dell’Africa occidentale (CEDEAO), che riunisce 15 Paesi. A capo dell’organismo
è strato nominato il presidente del Niger, Mamadou Tandja, che succede al
presidente del Ghana, John Kufuor, che è stato alla testa della CEDEAO per due
mandati. Al centro della riunione dei capi di Stato dell’Organizzazione è stata
la crisi in Costa d’Avorio. I membri della CEDEAO hanno riaffermato il loro
sostegno alle iniziative intraprese dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni
Unite e dall’Unione Africana per ristabilire la pace in Costa d’Avorio, con
particolare riferimento agli accordi di Marcoussis (Francia), del gennaio 2003,
e di quello denominato “Accra III”, dell’estate del 2004. Entrambi gli accordi
prevedono la formazione di un governo di unità nazionale, il disarmo delle
fazioni, la riforma della Costituzione ed elezioni generali da tenersi entro il
2005. La CEDEAO ha anche ribadito il sostegno in favore della sicurezza in Guinea
Bissau, in modo da poter organizzare elezioni per il maggio di quest’anno.Tra i
temi economici dibattuti, sono stati la creazione di una politica agricola comune
per assicurare una stabilità alimentare durevole ai Paesi membri e l’utilizzo
razionale delle risorse della regione. È stato raggiunto anche un accordo per
migliorare la produzione di elettricità nella regione. Si è anche discusso di
misure per liberalizzare i trasporti aerei e di un progetto per la creazione di
una moneta comune tra tutti i 15 paesi della Comunità. Aderiscono alla CEDEAO
che ha la propria sede ad Abuja (Nigeria), 8 paesi francofoni (Benin, Burkina
Faso, Costa d’Avorio, Guinea, Mali, Niger, Senegal e Togo), 5 anglofoni
(Gambia, Ghana, Liberia, Nigeria e Sierra Leone) e due di lingua portoghese
(Capo Verde e Guinea Bissau). La Mauritania, membro fondatore, si è ritirata
nel 2000. L’organiz-zazione è stata fondata 30 anni fa ed ha per compito di
promuovere la pace, la stabilità, e l’integrazione economica degli stati
dell’Africa occidentale.
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21
gennaio 2005
- A cura
di Amedeo Lomonaco -
A pochi giorni dalle elezioni non si arrestano le violenze
in Iraq: un’autobomba è esplosa nei pressi di una moschea di Baghdad e un
soldato italiano è stato ucciso a Nassiriya. Il nostro servizio:
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In Iraq, una moschea sciita è stata devastata dalla
deflagrazione di un ordigno che ha causato la morte di almeno 14 persone, tra
le quali diverse donne e bambini. Nei pressi di Nassiriya è stato ucciso,
inoltre, un soldato italiano, il marescsiallo Simone Cola. Il militare, che si
trovava a bordo di un elicottero, è stato raggiunto da un colpo di mortaio. La
vittima era il mitragliere del velivolo e si trovava vicino al portellone.
Immediatamente trasportato in ospedale, l’uomo è morto poco dopo il ricovero.
Dopo questo ennesimo episodio di violenza, sono 20 i militari italiani morti
nell’ambito della missione ‘Antica Babilonia’ a Nassiriya. A questi vanno aggiunti 5 civili che hanno perso la
vita, in Iraq, negli ultimi due anni. Nel Paese arabo, dove complessivamente
sono oltre 3200 i militari del contingente italiano, si avvicinano intanto le
elezioni del prossimo 30 gennaio. La maggioranza sciita, che aveva un ruolo
politico marginale durante il regime di Saddam Hussein, è favorevole al voto.
La minoranza sunnita, invece, intende boicottare la consultazione. Ma la
contrapposizione tra le due comunità non riguarda solo le elezioni: molti
attentati contro gli sciiti sono stati attribuiti, infatti, a gruppi radicali
sunniti e questo alimenta il timore che l’Iraq sia sull’orlo di una guerra
civile. Sul fronte sequestri, i rapitori di otto operai cinesi, sequestrati
martedì scorso, hanno diffuso un messaggio video nel quale si dichiarano pronti
a trattare se le autorità di Pechino impediranno altri ingressi di cittadini
cinesi nello Stato arabo. Un ufficiale danese ed altri quattro uomini della
polizia militare sono stati incriminati, infine, con l’accusa di aver commesso
abusi contro detenuti iracheni nel sud del Paese.
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In Iraq la situazione è dunque sempre più incandescente.
Lo testimonia l’inviato del Corriere della Sera, Lorenzo Cremonesi, raggiunto
telefonicamente a Baghdad da Giada Aquilino:
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R. – La situazione è
estremamente tesa; Baghdad è una città letteralmente sotto assedio. Siamo in
piena festa per la fine di Eid al Ahda:
generalmente, dovrebbe essere un periodo allegro e festivo. Dovremmo vedere
famiglie che pranzano insieme, gente per i mercati ed altri segnali di
distensione. Invece, Baghdad è letteralmente blindata; tra l’altro, mancano
l’acqua corrente e l’elettricità in quasi tutti i quartieri della città.
Cominciano addirittura a mancare beni di prima necessità. La situazione è
davvero grave.
D. – In questa situazione, gli
Stati Uniti insistono a far svolgere le elezioni il 30 gennaio. Ma come vive la
popolazione questo periodo pre-elettorale?
R. – Bisogna dire che Baghdad in
questo caso non rappresenta il Paese; la capitale è paragonabile alle zone del
cosiddetto “triangolo sunnita” dove l’opposizione alle elezioni, al governo
Allawi e alla presenza americana è più forte. Nella stragrande maggioranza del
Paese, cioè tutte le province curde del Nord, la situazione è molto più
tranquilla. In questa vasta area la campagna elettorale si svolge in modo più o
meno regolare e i candidati tengono comizi. A Baghdad, invece, c’è estremo
scetticismo: la gente, in molti casi, non conosce né i partiti né i programmi.
A parte quattro, cinque volti conosciuti - tra i quali quelli del premier
Allawi, del candidato sunnita o del rappresentante delle milizie sciite - la
maggioranza dei candidati è sconosciuta. Le informazioni politiche sono più o
meno improvvisate. Qualcuno ha fatto della pubblicità sui giornali ma bisogna
sottolineare che in Iraq solo il 4-5 per cento della popolazione legge i
quotidiani.
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E sull’Iraq non ci sono stati riferimenti espliciti nel
discorso pronunciato ieri dal presidente statunitense,
George Bush, per l’inizio del suo secondo mandato. “Il mio
dovere solenne è quello di proteggere gli Stati Uniti”, ha dichiarato Bush
aggiungendo che l’obiettivo è “abbattere tutte le tirannie”. Sul
discorso di insediamento di Bush, il primo di un presidente americano dopo gli
attacchi dell’11 settembre del 2001, ascoltiamo il servizio di Paolo
Mastrolilli:
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Il presidente Bush ha scelto per
il secondo mandato una missione ancora più vasta del primo: cancellare la
tirannia dal mondo. Lo ha detto senza perifrasi nel discorso tenuto ieri a
Washington dopo il giuramento. C’è una sola forza nella storia - ha dichiarato
- che può spezzare il regno dell’odio, denunciare le pretese dei tiranni e
ripagare le speranze delle persone tolleranti. Questa forza - ha aggiunto - è
la libertà umana. Il capo della Casa Bianca ha ricordato l’11 settembre come
l’evento discriminante di questa epoca, confermando che gli Stati Uniti sono in
guerra. Quindi ha aggiunto che la sopravvivenza della libertà negli Stati Uniti
dipende sempre di più dal successo della libertà negli altri Paesi. La migliore
speranza - ha detto - per la pace nel mondo è l’espansione della libertà
ovunque. Bush ha anche affermato che la politica degli Stati Uniti è tesa a
sostenere la crescita dei movimenti e delle istituzioni democratiche in ogni
nazione e cultura, con lo scopo ultimo di porre fine alla tirannia nel mondo.
Il presidente non ha mai citato
l’Iraq e l’Afghanistan; ha ammesso che l’America ha conosciuto momenti di
divisione ma ha dichiarato che ora bisogna superarli per procedere con i grandi
propositi del Paese. In sostanza, il capo della Casa Bianca ha lanciato una
missione per diffondere la libertà e la democrazia, come unico rimedio alla
violenza terroristica. Ha sollecitato, inoltre, tutti gli alleati e gli
oppressi ad unirsi a lui promettendo che gli Stati Uniti non cercheranno di
imporre il loro sistema ma, piuttosto, di favorire lo sviluppo. Non ha fatto
nomi, ma il nuovo segretario di Stato, Rice, aveva già indicato Iran, Corea del
Nord, Cuba, Myanmar, Zimbabwe e Bielorussia come avamposti della tirannia. Bush
si è concentrato anche sulla necessità di riunificare l’America, ribadendo
l’obiettivo di creare una società di proprietari partendo dalla riforma delle
pensioni. Ma ha chiarito che il futuro del Paese si gioca nella sfida contro il
terrorismo e la tirannia:
“MAY GOD BLESS YOU AND MAY HE WATCH OVER THE UNITED
STATES OF AMERICA”.
Da New York, per la Radio
Vaticana, Paolo Mastrolilli.
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Centinaia di uomini delle forze di sicurezza
palestinesi sono dispiegati stamani nel nord della Striscia di Gaza, Si
registra, inoltre, la riapertura, da parte delle autorità israeliane, del
valico di Rafah, fra il Sinai egiziano e la Striscia di Gaza. Sono questi gli
ultimi sviluppi della situazione nei Territori palestinesi. Il nostro servizio:
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Circa 3.000 agenti palestinesi
hanno cominciato a dispiegarsi nel nord della striscia di Gaza per impedire il
lancio di razzi Qassam contro Israele e per
bloccare le azioni dei movimenti fondamentalisti. L’operazione è
stata approvata dal ministro della Difesa israeliano, Shaul
Mofaz,
e dovrebbe essere completata tra sabato e domenica prossimi. Poliziotti
palestinesi hanno già sostituito soldati israeliani per i controlli al valico
di Erez. Il dispiegamento, coordinato dai comandi militari israeliani e
dall’ANP, prevede per il momento un accordo solo per il nord della striscia di
Gaza. Ma le parti stanno già cercando un’intesa per schierare agenti
palestinesi anche in altre aree. Sempre nella Striscia di Gaza è stato riaperto
il valico di Rafah, chiuso dall’esercito israeliano dopo l’attentato dello
scorso 12 dicembre costato la vita a 5 soldati. Dopo la chiusura del passaggio,
oltre 20.000 palestinesi - molti dei quali pazienti ospedalieri - erano rimasti
in Egitto. In Cisgiordania, intanto, le forze dello Stato ebraico hanno
arrestato sette militanti palestinesi nella città di Ramallah. Si tratta della prima
incursione israeliana, dopo diversi mesi, nella città dove ha sede la Muqata,
quartier generale del presidente palestinese Abu Mazen. Il movimento Hamas ha
distribuito, infine, un documento che delinea un programma congiunto
palestinese. Nel testo, Hamas riconosce per la prima volta “i confini del 1967
e adotta il principio guida di Fatah: la creazione di uno Stato palestinese con
Gerusalemme capitale”.
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Un uomo vel Vietnam settentrionale, morto diversi giorni
fa, è la settima vittima del virus del polli dal 30 dicembre a oggi. Lo hanno
riferito fonti mediche ad Hanoi, dopo i risultati di un secondo test.
In Ecuador 5 scosse sismiche, registrate ieri in territorio
colombiano in meno di sei ore, hanno provocato il panico della popolazione che
ha temuto l’arrivo di uno tsunami. I movimenti tellurici – quasi cinque
gradi della scala Richter – fortunatamente non hanno causato vittime.
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