RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLIX n.
20 - Testo della trasmissione giovedì 20 gennaio 2005
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
Oggi terza giornata della Settimana per l’unità dei
cristiani: con noi il reverendo Donald Bolen
OGGI IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
L’università
cattolica di Corea celebra il 150.mo anniversario di fondazione
In attesa del voto,
sempre tensione in Iraq
Un adolescente
palestinese ucciso da soldati israeliani in un villaggio in Cisgiordania
20 gennaio 2005
IMPEGNATEVI
PER RAFFORZARE L’ISTITUZIONE DEL MATRIMONIO:
LA CONSEGNA DEL PAPA AI
RAPPRESENTANTI DELL’UNIONE INTERNAZIONALE
DELLE FAMIGLIE DI SCHÖNSTATT
- Servizio di Roberta Gisotti -
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Fate pervenire a tutto il mondo
il vostro entusiasmo per la famiglia: cosi Giovanni Paolo II rivolto stamane ai
cinquanta partecipanti al Capitolo generale dell’Unione internazionale delle
famiglie di Schönstatt, che sono parte del Movimento fondato,
novant’anni fa, da padre Josef Kentenich, un giovane professore della Società
dei Pallottini. Il movimento prende il nome dalla località tedesca Schönstatt,
nel comune di Vallendar, dove nacque e si sviluppò sulle fondamenta di una
profonda spiritualità mariana.
La società mondiale ha bisogno
di famiglie sane per sostenere il bene comune – ha detto il Papa – sollecitando
le famiglie di Schönstatt a rafforzare l’istituzione del matrimonio e della
famiglia, perché cosi cresceranno amore e solidarietà fra tutti gli uomini. Il
Santo Padre si è poi soffermato sul tema dell’Eucarestia, fonte di ogni vera
comunione. Riscoprite di nuovo – ha detto – il dono della Eucaristia,
così diventate capaci di vivere la famiglia nella sua bellezza e nel suo
compito.
Diffuso oggi in 40 Paesi, in
particolare in Germania, Argentina, Brasile e Cile, ma anche in Italia, il
Movimento di Schönstatt unisce in sé una federazione di comunità autonome ma
unite dallo stesso carisma che vede impegnati laici, famiglie, sacerdoti e religiose.
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OGGI,
TERZA GIORNATA DELLA SETTIMANA PER L’UNITA’ DEI CRISTIANI.
UNA RIFLESSIONE SULLO
STATO DELLE RELAZIONI TRA CATTOLICI E ANGLICANI
CON IL REVERENDO DONAL BOLEN, DEL PONTIFICIO
CONSIGLIO
PER LA PROMOZIONE DELL’UNITA’ DEI CRISTIANI
- Servizio di Alessandro
Gisotti -
“Cristo
è il fondamento”: questo il tema dell’odierna terza giornata della Settimana di
preghiera per l’unità dei cristiani, iniziata martedì per concludersi il 25
gennaio prossimo. Ieri, all’udienza generale, Giovanni Paolo II ha ricordato
che ogni battezzato deve impegnarsi “al ristabilimento della piena
unità” tra i cristiani. “Il desiderio dell'unità – ha detto ancora il Pontefice
- va estendendosi e si approfondisce toccando ambienti e contesti nuovi”
suscitando fervore di opere e iniziative, ma ha bisogno anche di “nuove
riflessioni”. Il servizio di Alessandro Gisotti:
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Una
tradizione lunga quasi un secolo: dal 1908, la Settimana per l’unità dei Cristiani
vede cattolici, ortodossi e protestanti impegnati in momenti di preghiera e di
riflessione sulla via dell’ecumenismo. Quest’anno, poi, la Settimana si
svolge a pochi mesi dal 40.mo anniversario della promulgazione del Decreto
conciliare Unitatis redintegratio, documento
che - ha sottolineato il Santo Padre - “ha posto la Chiesa cattolica fermamente
ed irrevocabilmente nel solco del movimento ecumenico”. In tale contesto va
sottolineato, nell’anno appena trascorso, il rafforzamento delle relazioni tra
la Chiesa cattolica e il Consiglio ecumenico delle Chiese, organismo con sede a
Ginevra, che riunisce oltre 300 chiese protestanti, anglicane e ortodosse. La
Settimana per l’unità dei Cristiani ci offre l’occasione per approfondire lo
stato dei rapporti tra Chiesa cattolica e comunione anglicana. Il 4 ottobre del
2003, ricevendo in Vaticano il primate anglicano, l’arcivescovo di Canterbury,
Rowan Williams, il Papa ha ribadito il comune desiderio di approfondire il
cammino di comunione. Un cammino che ha vissuto un momento storico nel 1966 quando Paolo VI e
l’arcivescovo di Canterbury, Michael Ramsey, fecero una Dichiarazione Comune
per annunciare la loro intenzione di aprire un serio dialogo tra la Chiesa
Cattolica e la Comunione Anglicana. Sullo stato delle relazioni odierne,
Giovanni Peduto ha intervistato il reverendo Donald Bolen, che in seno al
Pontificio Consiglio per la promozione dell’Unità dei Cristiani si occupa
proprio delle relazioni tra anglicani e cattolici:
R. – Le
relazioni tra la Comunione anglicana e la Chiesa cattolica stanno attualmente affrontando
un momento di sfida, non perché la Chiesa cattolica voglia ritirarsi, ma perché
la Comunione anglicana sta vivendo un importante processo di discernimento, nel
tentativo di far fronte alle tensioni interne che minacciano di dividerla.
Quando le Chiese anglicane nel Nord America ruppero con l’insegnamento anglicano
tradizionale autorizzando un rito di benedizione per coppie dello stesso sesso
e la consacrazione all’episcopato di un uomo che viveva apertamente una
relazione omosessuale, si sollevò una forte opposizione da parte di leader
anglicani in tutto il mondo. In qualità di partner nel dialogo con la Comunione
anglicana, anche la Chiesa cattolica ha espresso la sua chiara opposizione a
questi sviluppi e ha riaffermato l’insegnamento del Catechismo della Chiesa
cattolica sulla sessualità umana.
D. –
Come vengono affrontati questi ostacoli?
R. –
Poiché la Comunione anglicana era minacciata da una frammentazione interna,
l’arcivescovo di Canterbury, il dott. Rowan Williams, ha istituito una
commissione che riflettesse sul futuro della Comunione anglicana. Mandato della
Commissione era trovare modi per intervenire autorevolmente nelle controversie
in atto e preparare la strada per il futuro della Comunione anglicana. Per
questo processo di discernimento, le autorità anglicane hanno consultato
teologi anglicani e cattolici attualmente impegnati nel dialogo teologico. La
commissione istituita dall’arcivescovo di Canterbury ha pubblicato nell’ottobre
2004 il documento The Windsor Report. Il documento affronta in maniera diretta
la condotta delle diocesi nordamericane. Propone di limitare l’autonomia delle
singole province anglicane, sollecitando che venga data maggiore autorità
all’arcivescovo di Canterbury con l’intento di garantire l’unità della
Comunione anglicana e proponendo che le province anglicane costituiscano un’alleanza
che le vincolerebbe giuridicamente ad agire congiuntamente su questioni di fede
fondamentali.
D. – E
le prospettive future?
R. – I
Primati anglicani si incontreranno alla fine di febbraio per discutere il The
Windsor Report e possibilmente confermare le proposte in esso espresse. Le
decisioni che verranno prese in quell’occasione e nelle varie province anglicane
nel corso dei prossimi mesi non solo costituiranno l’indirizzo per la Comunione
anglicana, ma anche determineranno l’andamento delle relazioni
anglicano-cattoliche. Il Pontificio Consiglio per la promozione dell’Unità dei
Cristiani manterrà uno stretto contatto con i leader anglicani e seguirà da
vicino gli sviluppi di questo processo. Vorrei concludere dicendo che la
Commissione internazionale anglicano-cattolica ha completato il documento sul
ruolo di Maria nella vita e nella dottrina della Chiesa che sarà pubblicato in
primavera e quindi studiato e vagliato dalla Chiesa cattolica e dalla Comunione
anglicana.
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Nel corso della mattina il Santo
Padre ha ricevuto cinque vescovi della Conferenza episcopale spagnola, in
visita ad limina apostolorum. Altri tre ne ha ricevuti ieri nel tardo
pomeriggio.
Il Santo
Padre ha nominato oggi suo Inviato speciale al XXIV Congresso eucaristico italiano,
che avrà luogo a Bari dal 21 al 29 maggio 2005, il cardinale vicario Camillo Ruini, presidente della Conferenza episcopale italiana.
Il Papa ha
nominato, inoltre, difensore del Vincolo presso il Tribunale della Rota Romana
mons. Ercole Boggio‑Bozzo, finora difensore del Vincolo aggiunto del
medesimo Tribunale.
NON CESSI LA SOLIDARIETA’ NEI CONFRONTI DELLE
POPOLAZIONI COLPITE
DALLO TSUNAMI:
E’ L’APPELLO LANCIATO DALL’ARCIVESCOVO CELESTINO MIGLIORE,
OSSERVATORE
PERMANENTE DELLA SANTA SEDE ALLE NAZIONI UNITE,
IN UN
INTERVENTO ALL’ASSEMBLEA GENERALE
- A
cura di Alessandro Gisotti -
La Santa Sede auspica che la
“solidarietà dei privati cittadini e dei governi” nei confronti delle
popolazioni colpite dallo tsunami “non cessi una volta che il mondo si
sarà ripreso dallo shock della catastrofe”. E’ quanto affermato
dall’arcivescovo Celestino Migliore, Osservatore permanente della Santa Sede
presso l’Onu, intervenendo alla plenaria della assemblea generale delle Nazioni
Unite. “E’ infatti chiaro - ha sottolineato il presule - che l’emergenza durerà
nel medio e lungo periodo”. In tale contesto, mons. Migliore ha ricordato come
la Chiesa cattolica abbia prontamente attivato la sua struttura di assistenza
per portare soccorso alle popolazioni devastate dal maremoto, sia attraverso il
Pontificio Consiglio Cor Unum che tramite la sua rete di agenzie
umanitarie diffuse in tutto il mondo.
L’eccezionale impatto della
catastrofe – ha rilevato – è stato seguito da un’altrettanta straordinaria
risposta dell’umanità, in una manifestazione di solidarietà mai vista in tempi
recenti. Tuttavia – ha avvertito il diplomatico vaticano – la tragedia nel
sudest asiatico non deve far dimenticare le tante altre questioni aperte. “La
Santa Sede – ha affermato l’arcivescovo Migliore – si augura che il 2005 sia
l’anno in cui la solidarietà caratterizzi l’agenda politica” delle nazioni “affinché
vengano raggiunti quegli obiettivi di sviluppo concordati all’inizio del Millennio”.
SI INAUGURA OGGI POMERIGGIO
PRESSO IL PONTIFICIO CONSIGLIO
DELLE COMUNICAZIONI SOCIALI LA NUOVA SALA
CINEMATOGRAFICA
CHE SI È VOLUTA DEDICARE AL CARDINALE ANDRZEJ
DESKUR,
PRESIDENTE EMERITO DEL DICASTERO
– Servizio di Luca Pellegrini -
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Una rinnovata sala cinematografica
nel cuore del Vaticano: grande schermo sul fondo, bellissime poltrone color
granata, impianti tecnici rinnovati rispettando gli standard convenzionali e
con la possibilità di proiezione digitale, un’importante struttura di servizio
culturale per la Santa Sede, come illustra l’arciovescovo John P. Foley,
presidente del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali:
R. – 50 anni fa, all’interno del
Vaticano, veniva stabilita la Pontificia Commissione per il cinema didattico e
religioso. Un titolo, questo, non particolarmente gradevole, ma che ha indicato
l’entrata del Vaticano in campo cinematografico, trasformando questa
sala-cappella in cinema. Adesso, in occasione del 50.mo anniversario del servizio
del cardinale Andrzej Deskur, presidente emerito di questo Consiglio delle
Comunicazioni Sociali, abbiamo deciso di rifare questa sala in modo più
moderno, dedicandola proprio al cardinale Deskur, che ha servito questo ufficio
come ufficiale, come sottosegretario, segretario ed infine presidente. Noi
possiamo considerarlo come il fondatore della Filmoteca Vaticana. Abbiamo
quindi voluto celebrare il suo ruolo e contemporaneamente abbiamo voluto
compiere un aggiornamento delle nostre sale e delle nostre apparecchiature.
D. - Eccellenza, quale tipo di uso
può prevedere di questa nuova sala?
R. - Quest’anno utilizzeremo
questa sala per la nostra riunione plenaria. E non sarà la prima volta. Abbiamo
utilizzato questo spazio nel passato ed intendiamo farlo anche nel futuro per
le proiezioni speciali. Ha partecipato anche il Santo Padre, una o due volte,
per assistere alle proiezioni dei film. Il Santo Padre ha visto “Gandhi” prima
del suo viaggio in India; ha visto il film di Roberto Benigni, “La vita è
bella”; ma abbiamo anche visto film relativi a Lourdes ed altri film religiosi
e culturali di un interesse speciale per il Santo Padre stesso.
La scelta dei brevi film
proiettati per questa occasione viene motivata da mons. Enrique Planas,
direttore della Filmoteca Vaticana:
R. – In primo
luogo abbiamo scelto un brano che è il più antico che possiede la Filmoteca
Vaticana e che, allo stesso tempo, mostra l’interesse del mezzo cinematografico
nei confronti dell’attività della Santa Sede. Si tratta di un brano che Papa
Leone XIII nei giardini vaticani. In secondo luogo è stato scelto un filmato,
che si riteneva perduto per la storia del cinema, che si intitola “Inferno” ed
è sull’inferno di Dante. Questo film ha un valore eccezionale perché per la
prima volta sono stati utilizzati gli effetti speciali in chiave moderna e
pertanto è stato molto commentato ed anche molto richiesto proprio per
l’interesse culturale. Abbiamo poi invitato un grande maestro del mezzo
cinematografico, Michelangelo Antonioni, con una sua opera sul Mosé di
Michelangelo nel quale si evidenzia come attraverso l’immagine ed attraverso
l’immagine che riprende una scultura di Michelangelo si possa trasmettere una
fortissima spiritualità.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Apre
la prima pagina l’udienza di Giovanni Paolo II ai partecipanti al capitolo generale
dell’Unione internazionale delle famiglie di Schönstatt. Nell’occasione il
Santo Padre ha invitato a riscoprire il grande dono dell’eucaristia per vivere
pienamente la bellezza e la missione della famiglia.
Sempre
in prima, un articolo di Umberto Santarelli dal titolo “Sfida: una parola
grossa che rinvia ad un’idea di gara estrema”: il discorso di Giovanni Paolo II
al Corpo diplomatico.
Nelle
vaticane, un servizio sull’affidamento - da parte del Santo Padre - della
direzione del Pontificio Istituto “Notre Dame of Jerusalem Center” alla Congregazione
dei Legionari di Cristo.
Le
parole di introduzione del cardinale Giovanni Battista Re ai lavori della Plenaria della
Pontificia Commissione per l’America Latina.
L’omelia
del cardinale Lozano Barragan in occasione della VI Assemblea Plenaria del Pontificio
Consiglio per la pastorale della salute.
In
merito alla Settimana di preghiera per l’Unità dei cristiani, un articolo
di Johan Bonny dal titolo “Le Antiche Chiese dell'Oriente”.
Nelle
estere, Kenya: le esequie del sacerdote domenicano morto per le ferite inflittegli
dai rapinatori.
Somalia:
atroce devastazione del cimitero italiano di Mogadiscio.
Nella
pagina culturale, d’apertura un articolo di Paolo Miccoli, dal titolo “L’approdo
mistico del pensiero”, in merito al volume di Massimo Cacciari “Della cosa ultima”.
Nelle
pagine italiane, in primo piano il tema della competitività.
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20
gennaio 2005
OGGI POMERIGGIO IL GIURAMENTO
DI GEORGE BUSH
PER IL SUO SECONDO MANDATO PRESIDENZIALE
- Intervista con il cardinale Edgar McCarrick e
padre Thomas Reese -
Negli
Stati Uniti oggi è il giorno di George Bush. Il capo della Casa Bianca giura
infatti per il secondo mandato, l’ultimo consentitogli dalla Costituzione.
Paolo Mastrolilli:
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Il discorso durerà circa 17
minuti e si concentrerà sui principi piuttosto che sulle proposte politiche
specifiche. Bush ieri ha annunciato che parlerà della libertà. “Questa – ha
spiegato – è la causa che unisce il nostro Paese, dà speranza al mondo e ci
guiderà verso un futuro di pace”. Quindi, ha aggiunto che l’inauguration
è un momento di unità e che lui vuole superare le divisioni della campagna
elettorale. Gli Stati Uniti si considerano un Paese in guerra e la lotta al
terrorismo, assimilata da Bush agli scontri ancora in corso in Iraq, resta il
suo problema principale. Per il secondo mandato Bush ha lanciato segnali di
apertura agli alleati, promuovendo l’idea di un’alleanza fra le democrazie per
sconfiggere il terrorismo, ma ha detto anche di non escludere l’uso della forza
per risolvere il contrasto sul programma nucleare iraniano. Sul fronte interno,
il capo della Casa Bianca punta a rivoluzionare lo stato sociale, cominciando
dalla privatizzazione delle pensioni che dovrebbe avviare la nascita di quella
che lui chiama la società dei proprietari. Quindi, vuole riformare il codice
fiscale e affrontare i temi sociali che lo hanno aiutato nelle elezioni. Tra
questi, l’opposizione ai matrimoni tra omosessuali.
Da New York, per la Radio
Vaticana, Paolo Mastrolilli.
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Sulla figura del presidente
americano, George Bush, che oggi avvierà il suo secondo mandato, ascoltiamo
l’arcivescovo di Washington, il cardinale Edgar McCarrick, intervistato da Susy
Hodges:
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R. – HE HAS THE CONGRESS
WITH HIM …
Ha il Congresso dalla sua parte ed entrambe le camere, con
la maggioranza. Continuando il suo mandato, nei prossimi quattro anni, potrà
prendere un gran numero di importanti decisioni per il futuro del nostro Paese.
Certamente è un uomo con una visione, con un programma, che non ha esitazione a
spiegare. Il suo programma è in gran parte eccellente. Penso, sfortunatamente,
che in questo momento tendiamo ad essere una nazione divisa. Egli scoprirà
quindi che alcune delle sue battaglie incontreranno un’opposizione abbastanza
determinata. Potrebbe, dunque, dover tornare indietro sui suoi passi e
modificare alcune delle cose che spera di fare. Ma se riuscisse a raggiungere
un’unità tra i nostri diversi Stati e riuscisse a far lavorare le persone
insieme, potrebbe certamente essere uno dei più grandi presidenti del nostro Paese.
Questa sarà davvero una grande sfida per lui. E noi certamente dobbiamo pregare
che con l’aiuto di Dio ci riesca, perché il benessere del mondo dipende anche
dall’unità di questa nazione, dal suo andare avanti per cercare di portare la
pace, la giustizia e la prosperità non solo negli Stati Uniti, ma in tutte le nazioni
vicine.
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La sfida
più grande all’inizio del secondo mandato del presidente americano Bush è
l’Iraq. Lo conferma, ancora al microfono di Susy Hodges, anche il gesuita,
padre Thomas Reese, direttore della rivista “America”:
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R. - I THINK THE BIGGEST
CHALLENGE ….
Credo che la sfida più grande che il presidente Bush dovrà
affrontare sia l’Iraq. Negli Stati Uniti sta già perdendo consensi la sua
politica riguardo a quel Paese. Subito dopo la sua elezione, il sostegno della
gente è cominciato a diminuire rapidamente. Sono molti quelli che sottolineano
come sia stato un errore intervenire in Iraq. Molti americani pensano poi che
Bush non abbia un piano per realizzare a breve un ritiro dall’Iraq e per
portare, nel Paese, pace e stabilità. Per questo la fiducia della popolazione
sta calando. Bush, pertanto, penso abbia serie difficoltà per studiare un piano
in grado di risolvere i problemi dello Stato arabo. Penso che continuerà a
veder diminuire il consenso dell’opinione pubblica.
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GIORNATA DI FESTA CON UNA SOLENNE CELEBRAZIONE
EUCARISTICA
PER GLI 80 ANNI DI DON PIERINO GELMINI, FONDATORE
DELLA COMUNITÀ INCONTRO
- Intervista con don Pierino Gelmini -
Don
Pierino Gelmini compie oggi 80 anni: la giornata di festa organizzata per il
fondatore e animatore della Comunità Incontro, è cominciata con una solenne
celebrazione eucaristica a Mulino Silla, Amelia, alla presenza di un migliaio
di ragazzi ospiti della Comunità sorta per il recupero dalla tossicodipendenza.
Numerose anche le autorità fra cui diversi ministri, ed è atteso per il
pomeriggio il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi. Numerosi i messaggi
di augurio e le attestazioni di stima inviati al sacerdote a cominciare da
quello del Papa che, inviando la sua benedizione, ricorda il lungo servizio di
don Gelmini a favore della gioventù, e a quello del presidente della Repubblica
Ciampi. Don Pierino è nato a Pozzuolo Martesana, Milano, il 20 gennaio 1925 ed
è sacerdote dal 1949. Nel 1963 fondò la Comunità Incontro che oggi è presente
in Italia e in altri Paesi con 238 centri. Ma come vive don Gelmini questo
compleanno? Ascoltiamo la sua risposta al microfono di Adriana Masotti:
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R. – Io vivo adesso qui,
circondato da molti amici, e sono felice, soprattutto perché il traguardo è
segnato da tante tappe. I ragazzi con le loro storie, con i loro nomi, con i
loro volti, segnano una tappa di questo traguardo.
D. – La Comunità Incontro è
molto cresciuta nel tempo: siete veramente in moltissimi Paesi del mondo ...
ma, in sostanza, che cosa vuol essere nella società e anche nella Chiesa?
R. – La Comunità è una proposta
di vita e di speranza. Non è solo un centro di recupero per tossici, ma anche,
prima di tutto, una scuola di vita e una proposta di vita. La “cristoterapia” è
l’elemento fondamentale del nostro agire: Cristo al centro della vita e della
storia. Non solo della Comunità, ma anche della società ... Anche per la
Chiesa: uno stimolo, una provocazione, qualche volta anche tentare esperimenti
che la Chiesa ufficiale non può fare.
D. – Lei è appena tornato da un
viaggio in Thailandia. Che cosa ha visto e che cosa farà la Comunità ...
R. – Non sono andato a vedere
molto in Thailandia, ma sono andato per raccogliere 150 bambini, vittime del
maremoto. Li abbiamo accolti, porteremo avanti questo impegno anche quando
tutti i riflettori saranno spenti e più nessuno parlerà di loro ...
D. – Le chiederanno, gli amici,
una parola, oggi ... Che cosa dirà ai suoi collaboratori?
R. – Dirò che bisogna avere
speranza, coraggio e forza e non arrendersi mai. Questo è il messaggio che io
lancio. A 80 anni, io dico: non è un tramonto, è una primavera e perciò la
primavera alimenta speranza, alimenta coraggio, alimenta amore, alimenta la
fede. Significa credere nell’uomo nonostante tutto.
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DE
GASPERI, NON SOTTO LA VESTE DEL POLITICO MA NELLA DIMENSIONE DELL’UOMO, DEL
CITTADINO, DEL FEDELE: E’ QUANTO EMERGE DA INIZIATIVE A ROMA
CHE
COMMEMORANO LO STATISTA A 50 ANNI DALLA MORTE
- Con
noi Maria Civran e Paola De Gasperi -
Dimenticare
per un attimo la dimensione dello statista e del politico per riscoprire
l’uomo, il cittadino di quartiere, il fedele della parrocchia. Questo lo
spirito di due iniziative romane che, tra le tante, da agosto commemorano
Alcide De Gasperi, nel 50.mo dalla morte. Ieri, una corona deposta ai piedi
della lapide nella strada in cui lo statista ha abitato e, questa sera, un
dibattito organizzato dalla parrocchia di Santa Maria delle Grazie alle
Fornaci. Protagonisti i testimoni di uno stile di vita semplice calato tra la
gente. Il servizio di Gabriella Ceraso:
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Dal 1933 alla morte: vent’anni
decisivi di un uomo di Stato, trascorsi in un appartamento di quattro stanze,
in affitto, nella via che oggi porta il suo nome, alle spalle di San Pietro.
Calato con umiltà in una realtà quotidiana in cui, per l’uomo e per il
cristiano, a contare di più erano i rapporti umani. Ne ha raccolto
testimonianza la prof.ssa Maria Civran:
“Era un
uomo che, pur nel suo carattere piuttosto riservato, rispettava in modo
sostanziale tutti, attraverso un saluto, un atteggiamento di riconoscimento.
Scambiava sempre, ad esempio, una parola con la fioraia che stava lì all’angolo, chiedendole
qualcosa della famiglia e del lavoro. E aveva una parola con chiunque incontrasse.
Questa sua attenzione, quindi, faceva sì che creasse proprio nel tessuto in cui
viveva questo stile, diremmo così, di testimonianza umana”.
Ed è stata, infatti,
l’attenzione o meglio la carità verso il prossimo uno dei fondamenti della
spiritualità di De Gasperi, insieme con la preghiera, come spiega la figlia Paola:
“La sua preghiera era incentrata sulla figura di Cristo. Lo dice nelle
prime lettere anche alla fidanzata: “familiarizzati con la figura di Cristo che
solleva, noi creature, al di sopra dell’umana natura. La personalità del Cristo
vivente mi trascina”. Questa preghiera era poi sempre sostenuta dalla meditazione
sulla Bibbia, sui Salmi, sui libri sempre presenti nella sua vita e nella sua
attività politica”.
Alla
politica De Gasperi era giunto proprio col desiderio di occuparsi del prossimo
come di se stesso, cioè come un cristiano:
“Lui diceva: noi dobbiamo tradurre nell’azione politica quello che è il
nostro cristianesimo. Il partito doveva essere la struttura che formava le coscienze,
che aiutava a comprendere i problemi, ma non si faceva qualcosa per il bene del
partito, lo si faceva per il bene del Paese”.
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20
gennaio 2005
LA
CONFERENZA EPISCOPALE SPAGNOLA CHIARISCE IN UNA NOTA CHE, AL CONTRARIO
DI
QUANTO AFFERMATO DA DIVERSI ORGANI STAMPA,
“NON
E’ VERO” CHE NELL’AMBITO
DEI
PROGRAMMI DI LOTTA ALL’AIDS “SIA CAMBIATA LA POSIZIONE DELLA CHIESA
SUL PRESERVATIVO”. I PRESULI RICORDANO COME
L’ASTENSIONE
DA
RAPPORTI SESSUALI E LA FEDELTA’ SIANO ESPRESSAMENTE RACCOMANDATI ANCHE
DALL’ORGANIZZAZIONE MONDIALE DELLA SANITA’
PER PREVENIRE EFFICACEMENTE IL CONTAGIO
DELL’AIDS
MADRID. = “Non è vero che sia
cambiata la posizione della Chiesa sul preservativo”: lo afferma una nota della
Conferenza episcopale spagnola, diffusa ieri a seguito delle notizie stampa su
presunte dichiarazioni del segretario generale dei vescovi spagnoli, padre Juan
Antonio Martinez Camino, sull’opportunità di usare il profilattico nella lotta
all’AIDS. La nota precisa, anzitutto, l’ambito in cui padre Martinez Camino,
martedì scorso, ha incontrato il ministro della Sanità spagnolo, Elena Salgado:
“Per dibattere su come collaborare nel miglior modo possibile nella prevenzione
dell’epidemia dell’AIDS”. “Una questione che preoccupa molto la Chiesa, i cattolici
e le istituzioni ecclesiali” che, in Spagna e in tutto il mondo, prestano
grande “attenzione sociale e sanitaria verso gli ammalati”. In tale contesto,
il segretario generale dei vescovi spagnoli ha commentato il programma di prevenzione
noto con il nome ABC e “proposto da prestigiosi scienziati e specialisti di
livello internazionale”. “Il consiglio degli specialisti – ricorda la nota - è
che la politica di prevenzione nella trasmissione dell’AIDS per via sessuale
per essere completa ed efficace” deve basarsi sulle tre raccomandazioni:
“l’astensione, la fedeltà e l’uso del profilattico.” Da questi termini in
inglese viene la sigla ABC. E lo stesso afferma l’Organizzazione mondiale della
sanità. Padre Martinez Camino ha quindi spiegato alla signora Salgano –
chiarisce la nota – “che non sono vere le affermazioni che sostengono che la
Chiesa, quando promuove “il corretto uso della sessualità umana” “si pone
contro le raccomandazioni scientifiche per prevenire il contagio dell’Aids”.
“Al contrario, l’astensione da rapporti sessuali indebiti e la fedeltà mutua
tra coniugi, costituiscono l’unica condotta sicura generalizzabile di fronte al
rischio dell’AIDS. E quindi “le raccomandazioni degli esperti di salute pubblica
coincidono in questo con la dottrina morale della Chiesa. Pertanto la Chiesa –
conclude la nota – collabora efficacemente e razionalmente nella prevenzione
dell’AIDS promuovendo l’educazione delle persone all’amore coniugale fedele e
aperto alla vita, cercando di evitare in tal modo le relazioni indebite e
promiscue, che danno luogo alle cosiddette ‘situazioni di rischio’ sanitario.”
In base a questi principi, dunque, “non è possibile consigliare l’uso del
profilattico”, che “implica una condotta sessuale immorale”, ma piuttosto è da
raccomandare “l’esercizio responsabile della sessualità, secondo la norma morale”.
(R.G.)
OCCORRE
TROVARE LE VIE PIU’ EFFICACI PER RESPINGERE
LE PROPOSTE REFERENDARIE
SULLA FECONDAZIONE
ASSISTITA. COSI’ OGGI IL CARDINALE RUINI,
A CONCLUSIONE DEL
CONSIGLIO PERMANENTE
DELLA CONFERENZA
EPISCOPALE ITALIANA
BARI. = “Bisogna
procedere in modo da respingere le proposte referendarie e questo è chiaro.
Dobbiamo ora ricercare le modalità più efficaci per respingerle”. Lo ha
sottolineato oggi a Bari il cardinale Camillo Ruini, presidente della Conferenza
episcopale italiana, a conclusione del Consiglio permanente della CEI. Il
porporato ha risposto ad alcuni giornalisti, che lo hanno interrogato circa il
referendum sulla fecondazione assistita. La scorsa settimana la Corte Costituzionale ha stabilito
l’inammissibilità del quesito referendario proposto dai Radicali per
l’abrogazione totale della legge n. 40, ritenendo, tuttavia, ammissibili gli
altri quattro referendum di abrogazione parziale. I quesiti riguardano il
limite alla ricerca sperimentale sugli embrioni; le norme sui limiti
all’accesso alla procreazione medicalmente assistita; le norme sulle finalità,
sui diritti dei soggetti coinvolti e sui limiti all’accesso; il divieto di
fecondazione eterologa. “Non c’è in alcun modo il rischio che la via
dell’astensione ai referendum sulla fecondazione – ha proseguito il cardinale
Ruini – possa delegittimare le istituzioni o la presenza dei cattolici nella
vita politica”. “La
sconfitta – ha aggiunto – è certamente possibile, ma non abbiamo il timore di
questo. Non voglio, tuttavia, fare
assolutamente previsioni sull’esito”. “Non sono infatti le previsioni
sull’esito – ha concluso il porporato – quelle che possono determinare il
giudizio morale”. (B.C.)
UCCIDERE
UNA PERSONA CHE SOFFRE NON SI PUO’ DEFINIRE UN ATTO
DI COMPASSIONE: LO HANNO SOTTOLINEATO I
VESCOVI D’INGHILTERRA,
INTERVENENDO ALLA CAMERA
DEI LORD
SUL PROGETTO DI LEGGE
RELATIVO ALL’EUTANASIA
LONDRA. = Uccidere un moribondo, anche se è questi
a chiederlo, non è compassione, perché essa, al contrario, si esercita
nell’accompagnamento amorevole mirato a restituire dignità. Lo hanno
sottolineato il cardinale Cormac Murphy-O’Connor, arcivescovo di Westminster e
presidente della Conferenza episcopale dell’Inghilterra e del Galles, e mons.
Hugh Christopher Budd, vescovo di Plymouth, intervenendo, lo scorso 13 gennaio,
davanti alla Camera dei Lord, in vista del progetto di legge “Joffe” relativo
all’eutanasia. Il comitato che studia il progetto di legge sulla morte assistita
per i malati terminali ha ascoltato le dichiarazioni di alcuni membri di vari
gruppi religiosi, come parte di un’indagine di ampia portata. “Tutti partiamo
dalla necessità di compassione nei confronti di quanti stanno morendo”: ha
detto il vescovo Budd, sottolineando, tuttavia, che “uccidere qualcuno” non può
essere considerato un “segno di compassione”. Il presule ha, quindi, spiegato
che “la compassione, come indica il termine stesso, vuol dire ‘soffrire con’,
accompagnando qualcuno in un viaggio la cui durata non è sotto il nostro
controllo”. “La legge deve sempre cercare di proteggere i deboli – ha concluso
il vescovo di Plymouth – ma il cambiamento proposto indebolisce questa
protezione. Agirà, inoltre, come una forza corrosiva nella nostra società ed
indebolirà gradualmente la fiducia che è fondamentale per i pazienti, i medici”,
il personale sanitario e i familiari. (B.C.)
DOLORE
IN KENYA PER LA MORTE DI PADRE HEATH, MISSIONARIO DOMENICANO
MORTO DOPO LUNGA AGONIA
PER LE FERITE RIPORTATE DURANTE UNA RAPINA.
LO SCORSO 18 GENNAIO, I
FUNERALI A KIBUYE
NAIROBI. = Si sono svolti lo scorso 18 gennaio,
nella Chiesa di Kibuye, nel nord del Kenya, i funerali di padre Thomas Richard
Heath. Secondo quanto riferisce l’agenzia cattolica CISA, il missionario domenicano,
85 anni, originario degli Stati Uniti, è morto il 13 gennaio nell’Aga Khan
Hospital di Kisumu, per le complicazioni insorte per le ferite riportate
durante l’aggressione di cui era stato vittima il 4 gennaio scorso, condotta da
banditi armati alla casa religiosa di Kisumu. “Padre Thomas era un fedele servo
di Dio”: ha detto padre Benedict Croell. “Gli uomini e le donne, sia religiosi
sia laici – ha aggiunto – lo ritenevano il più saggio dei consiglieri
spirituali. I suoi fratelli domenicani lo stimavano come un esempio di fedeltà
nella loro vita contemplativa e quale membro più allegro della comunità, sempre
attento ai bisogni degli altri”. Padre Thomas, ordinato sacerdote il 10 giugno
1950, si trovava in Kenya da 13 anni, dopo 10 anni di ministero in Sudafrica e
Lesotho. Predicatore ed insegnante molto stimato, è stato formatore di
un’intera generazione di giovani sacerdoti del Kenya, che hanno studiato
teologia al seminario regionale di Tindinyo. (B.C.)
L’UNIVERSITA’
CATTOLICA DI COREA CELEBRA IL 150.MO ANNIVERSARIO
DI FONDAZIONE. L’ATTENZIONE DELL’ATENEO
CONCENTRATA
SULLA PROMOZIONE DEI DIRITTI UMANI
SEOUL. = Proseguire con impegno nella promozione
dei diritti umani e della libertà religiosa nella Corea del Nord. Questo, in
sintesi, l’obiettivo nuovamente sottoscritto dall’Università Cattolica di
Corea, in occasione del 150.mo anniversario della sua fondazione. Per la
ricorrenza, il personale docente e gli studenti dell’Ateneo hanno partecipato
ad una Messa, celebrata da mons. Nicholas Cheong Jin-suk, arcivescovo di Seoul,
alla presenza di numerosi altri vescovi, di padre Simon Oh Chang-seon, rettore
dell’Università, e di oltre 400 fedeli. L’assemblea – riferisce l’agenzia Fides
– ha pregato per la libertà religiosa in Nord Corea. “Nella società attuale –
ha detto l’arcivescovo Cheong Jin-suk, durante l’omelia – dove prevalgono
materialismo ed egoismo, spero che l’Università cattolica possa contribuire
all’educazione dell’uomo, al rispetto della vita e alla formazione degli
studenti”. “In 150 anni della nostra storia – ha aggiunto poi il rettore –
l’Università ha concentrato i suoi sforzi per promuovere il rispetto della
persona e della vita, nello spirito del Vangelo. In questa occasione
confermiamo il nostro impegno e la nostra identità, rinnovando la nostra responsabilità
nel perseguire le nostre finalità educative improntate alla verità, all’amore e
al servizio”. L’Ateneo è un punto di riferimento in tutto il Paese per l’alta
qualità degli standard di istruzione e dei servizi forniti agli studenti ed è
frequentato da numerosi studenti non cristiani. (B.C.)
IL RAPPORTO TRA FEDE E SCIENZA.
ALL’UNIVERSITA’ LATERANENSE DI ROMA
UN SEMINARIO SULLE SCIENZE
MATEMATICHE COLLEGATO
AL PROGETTO CULTURALE DELLA CEI
ROMA. =
L’Università Lateranense a Roma apre le sue porte alla matematica: fino a sabato,
si terrà un seminario dal titolo “Istanze epistemologiche e ontologiche
emergenti dalle scienze matematiche”. L’iniziativa, collegata al Progetto Culturale
della CEI, intende indagare il rapporto tra scienza e fede e approfondire temi
legati alla formazione di giovani studiosi. Già il grande teologo Antonio Rosmini
aveva sottolineato come la matematica sia una disciplina profondamente “umana”.
E su questa linea mons. Giuseppe Lorizio, teologo e docente all’Università
Lateranense, ha rilevato come l’interesse di Rosmini verso la matematica e
altri settori del sapere “si inquadra nell’ambizioso progetto di elaborare
un’enciclopedia cristiana da opporre all’Enciclopedia dell’Illuminismo” per “innestare
la fede cristiana in ogni ramificazione del sapere”. Questo tentativo, quindi,
si ripropone con grande attualità al seminario lateranense dove interverranno,
tra gli altri, lo stesso mons. Giuseppe Lorizio ed il prof. Lech Polkowski,
matematico, del Politecnico di Varsavia. (R.A.)
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20 gennaio 2005
- A cura di Amedeo Lomonaco -
Con una sanguinosa escalation, in Iraq l’offensiva del terrorismo si fa
sempre più incalzante e si intensifica in vista delle elezioni del 30 gennaio.
Il primo ministro iracheno Iyad Allawi ha annunciato, intanto, che “la prossima
settimana” sarà reso noto un piano per il ritiro della forza multinazionale
guidata dagli Stati Uniti. Il nostro servizio:
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La situazione in Iraq a dieci giorni dalle elezioni resta estremamente
difficile: sono ore di angoscia per la sorte di un ingegnere giapponese,
probabilmente rapito dalla guerriglia a Baiji, città sunnita situata circa 200
chilometri a nord di Baghdad. Sempre sul fronte sequestri, il governo di
Pechino ha reso noto di aver stabilito contatti con leader religiosi iracheni impegnati in sforzi tesi alla
liberazione di otto ostaggi cinesi rapiti dai ribelli martedì scorso. Nella
speranza di ristabilire la calma, la Casa Bianca si attende ora che uno dei
primi provvedimenti del prossimo governo iracheno determinato dal voto delle
elezioni del prossimo 30 gennaio, sia quello di chiedere un calendario per il
ritiro delle forze della coalizione dal Paese arabo. Ma ogni giorno l’Iraq è
sconvolto da attentati: solo a Baghdad, cinque autobombe hanno causato la
morte, ieri, di almeno 26 persone. Tre di questi attentati sono stati
rivendicati da un gruppo legato al terrorista giordano Al Zarqawi. Gli ultimi
rapporti dell’intelligence americana prevedono, inoltre, un’ulteriore ondata di
violenza all’indomani della consultazione. I servizi segreti statunitensi
sottolineano anche il rischio di una guerra civile tra sunniti e sciiti.
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Le violenze in Iraq hanno preso
di mira, nei giorni scorsi, anche i cristiani. Su questi ultimi attacchi contro
la comunità cattolica nel Paese arabo ascoltiamo il cardinale Roberto Tucci al
microfono di Rosario Tronnolone:
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R. –
Dal punto di vista cristiano, c’è grande preoccupazione perché in questi ultimi
tempi si è manifestata una aggressività da parte musulmana. E’ difficile poi
sapere se dietro queste violenze ci siano sunniti o esponenti di Al Qaeda.
Anche il rapimento del vescovo, poi liberato molto rapidamente, conferma che
c’è questo timore. A Mossul i negozi dei cristiani sono dati alle fiamme, i
preti girano in abiti civili per non essere riconosciuti: c’è certamente
un’ostilità. Difficile sapere cosa ci sia dietro. Riguardo al sequestro del
vescovo, alcuni hanno parlato di uno sbaglio di persona mentre altri hanno
detto che potrebbe essere una specie di avviso di tipo mafioso, come a voler
dire “stai attento”. E’ molto difficile giudicare; è molto difficile anche
emettere un giudizio. Non si pùo dire se sia opportuno o meno, entro la fine di
gennaio, arrivare alle elezioni. Ci sono diversi pareri anche nella stessa comunità
cattolica locale in Iraq.
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Prove di
dialogo in Terra Santa. Questa mattina Israele ha dato il via libera alla
riapertura, da domani, della frontiera tra la striscia di Gaza e l’Egitto,
chiusa da sei settimane. È il primo risultato dei colloqui avviati ieri sera,
nell’attesa che gli estremisti palestinesi accettino la tregua proposta da Abu
Mazen. Ma sul terreno, un quattordicenne palestinese è stato ucciso oggi nel
villaggio di Tubas, a sud della città cisgiordana di Jenin, da soldati
israeliani. Ascoltiamo Graziano Motta:
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La cooperazione
israelo-palestinese è ripresa ieri sera, ma soltanto su questioni di sicurezza,
non ancora a livello politico. Un incontro si è svolto infatti per favorire lo
spiegamento, ordinato dal presidente Abu Mazen, di 750 agenti di polizia nella
zona settentrionale di Gaza. L’obiettivo è quello di impedire che proseguano i
lanci di missili ed obici di mortaio sui villaggi ebraici vicini e sul
territorio israeliano. E tuttavia, se questi spari dovessero proseguire - così
ha deciso il gabinetto di sicurezza, presieduto da Sharon - sarà data una
risposta severa. Abu Mazen, incontrando a Gaza i dirigenti dei movimenti fondamentalisti
islamici, cerca di impegnarli ad assicurare un cessate-il-fuoco già concordato
con le Brigate el-Aqsa di Al Fatah. Ma la Jihad si è riservata di dare una
risposta appena passata la festività religiosa islamica e Hamas attende le
decisioni dei suoi esponenti che vivono in Siria. In effetti, chiedono che una
tregua sia frutto di negoziati ufficiali e di contropartite con Israele.
Per la Radio Vaticana, Graziano
Motta.
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Situazione sempre più drammatica
in Indonesia. Il governo fa sapere che nonostante la tregua con l’esercito per
agevolare i soccorsi, 120 ribelli sono stati uccisi. Intanto è salito ad oltre
226.000 morti il bilancio delle vittime del maremoto che tre settimane fa ha colpito
i Paesi del sud est asiatico. Il servizio di Rita Anaclerio:
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Il ministro degli Esteri
indonesiano, Hassan Wirayuda, si era detto fiducioso nel tenere entro la fine
del mese dei colloqui con i ribelli separatisti della provincia di Aceh. Ma
solo oggi il generale Ryamizard Ryacudu
ha reso noto che l’esercito indonesiano ha ucciso 120 guerriglieri della GAM,
il movimento di liberazione di Aceh, nelle due ultime settimane. Già nel maggio
del 2003, l’esercito aveva scatenato una vasta operazione contro gli
indipendentisti, dopo il fallimento di una tregua. Da allora, oltre 2.300
ribelli sono stati uccisi. Non è l’unica notizia tragica per l’Indonesia: il
numero delle vittime è drammaticamente aumentato e l’ultimo bilancio parla di
oltre 166.000 morti solo nella sola provincia di Aceh e a nord di Sumatra. Ma
un nuovo grido d’allarme è stato lanciato dall’UNICEF. Stando alle ultime
notizie, nei campi di accoglienza la percentuale dei bambini al di sotto dei
sette anni è bassissima. Il responsabile del
fondo monetario delle Nazioni Unite, Shannon Strother, sostiene che la
“demografia è cambiata drammaticamente e che proprio durante la campagna di
vaccinazione si è riscontrata l’assenza quasi totale di bambini piccoli”. Passi
in avanti, invece, per la creazione di un sistema d’allarme globale per lo tsunami
nell'Oceano Indiano. I Paesi che partecipano alla Conferenza internazionale
sulla prevenzione delle calamità naturali in corso a Kobe, in Giappone, hanno
dato il loro sostegno finanziario al progetto che costerà 23 milioni di euro e
che secondo le previsione dovrebbe entrare in funzione a metà del 2006.
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In
Nepal, tredici soldati e sei ribelli sono morti in un'imboscata a un camion
dell’esercito nell'area di Puwakhola, cinquecento chilometri a est della capitale
Katmandu.
La
violenza continua a destabilizzare l’Afghanistan. L’ex signore della guerra
Abdul Rashid Dostum, è sfuggito stamani ad un attentato suicida nella città
settentrionale di Shibergan. Un kamikaze si è fatto esplodere nella moschea in
cui il leader uzbeko stava pregando, ferendo due persone. Dostum è rimasto
illeso, ed il suo portavoce ha attribuito l’azione ai fedelissimi dell’ex
regime talebano.
L’Iran
ritiene che l’eventualità di un attacco militare americano sia molto scarsa, in
quanto le forze americane sono impegnate in altre zone. Lo ha detto oggi il
presidente Mohammad Khatami. “Non credo che gli americani sarebbero così folli
da attaccare militarmente l’Iran”, ha dichiarato Khatami alla radio di Stato
durante una visita in Uganda.
Sono circa due milioni i musulmani che hanno raggiunto in
questi giorni l’Arabia Saudita per il tradizionale pellegrinaggio verso la
Mecca. Un dovere da osservare almeno
una volta nella vita quale gesto di purificazione e ringraziamento per ogni
buon musulmano. Memori degli incidenti dell’anno scorso, nei quali hanno perso
la vita oltre duecento persone travolte dalla folla, le autorità saudite
hanno rafforzato i piani di sicurezza.
Miliziani somali hanno distrutto
un cimitero coloniale italiano a Mogadiscio, l’unico rimasto nella capitale. I
miliziani hanno profanato le tombe e dissotterrato i resti gettandoli in mare. Fonti politiche e giornalistiche internazionali
hanno confermato l'ipotesi che l'attacco al vecchio cimitero italiano sia
legato a una vicenda di speculazione edilizia. Intanto il governo somalo di
unità nazionale ha presentato le sue scuse all'Italia ed ha garantito che
verranno perseguiti i responsabili di questo grave episodio.
E’
uscito indenne dai colpi di arma da fuoco contro la sua automobile, il presidente
della Guinea, Lansana Conte, sorpreso, ieri mattina, da un attentato nei pressi
del centro cittadino di Conakry. Ma secondo fonti raccolte da alcuni media
africani, una delle persone con lui in macchina sarebbe rimasta uccisa e una
guardia del corpo ferita in modo grave. Rimane ancora sconosciuta l’identità
degli aggressori.
Spostiamoci
in Ucraina dove domenica prossima presterà giuramento, davanti al Parlamento di
Kiev, il neo presidente Yushenko. Martedì prossimo è prevista, inoltre, la sua
prima missione ufficiale all’estero: non a Mosca, come aveva preannunciato in
campagna elettorale, ma al Consiglio d’Europa di Strasburgo.
Almeno
dodici persone sono morte e altre due sono rimaste ferite per l’esplosione di
un pullman nella provincia cinese di Xinjiang. Non si esclude la pista terroristica.
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