RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLIX n. 16  - Testo della trasmissione domenica 16 gennaio 2005

 

Sommario

    

  IL PAPA E LA SANTA SEDE

L’equilibrio tra la propria identità e quella altrui, per l’importante integrazione tra i popoli. La preghiera e gesti concreti per sostenere il dialogo ecumenico: sono le raccomandazioni di Giovanni Paolo II, all’Angelus

Nell’odierna Giornata mondiale del migrante e del rifugiato, intervista  con l’arcivescovo Agostino Marchetto

 

Le religioni sono chiamate a creare un terreno propizio alla pace: e’ una delle raccomandazioni emerse a conclusione del convegno, in Vaticano, dedicato alle religioni tradizionali

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

I giovani nella società e nella Chiesa”: tema centrale della VII plenaria dell’Associazione delle Conferenze Episcopali dell’Africa centrale, da oggi nella capitale del Ciad. Intervista con mons. Bouchard Jean-Claude.–

 

Il sud del Sudan gioisce per la pace appena firmata dal governo con i ribelli ma resta la drammatica situazione nella regione occidentale del Darfur.

 

Salgono ancora, a 168 mila,  le vittime del maremoto nel sud est asiatico. tra le situazioni di emergenza, guardiamo oggi alle necessità’ nello Sri Lanka: Ce ne parla Marco Cernuschi .

 

La situazione dei diritti umani in oltre 60 Paesi del mondo, nel rapporto 2005 di Human Right Watch, pubblicato questa settimana. Ai nostri microfoni Jean-Paul Marthoz.

 

Il dramma del conflitto palestinese rappresentato nel film attuale, drammatico ma anche positivo di  Saverio Costanzo. “Private”, vincitore del Pardo d’oro al festival di Locarno è’ in questi giorni  sugli schermi italiani.  Con noi il regista –

 

CHIESA E SOCIETA’:

Contrastare le tendenze scientifiche che allargano i confini dell’umanità a prescindere dalla dimensione spirituale dell’uomo: cosi mons. Ignazio Manna al seminario “La sfida del post-umano. verso nuovi modelli di esistenza?”

 

Il comitato comune della Conferenza delle Chiese europee e del Consiglio delle Conferenze episcopali d’Europa si dà appuntamento a febbraio per analizzare la situazione ecumenica nel vecchio continente.

 

L’emergenza Asia non nasconda gli obiettivi del millennio: Caritas e Focsiv chiedono politiche di cooperazione e di solidarietà per garantire diritti e opportunità a quanti vivono in condizioni di povertà e miseria.

 

Il Don Chisciotte di Cervantes compie 400 anni. Dall’Europa al continente americano diverse le manifestazioni previste per la commemorazione del primo best seller dell’editoria.

 

Un’informazione per difendere gli interessi del popolo cattolico e  per valutare criticamente le scelte politiche di ogni schieramento: così don Giorgio Zucchelli, neo presidente della Federazione italiana dei settimanali cattolici

 

24 ORE NEL MONDO:

 

Il premier israeliano Sharon ha annunciato operazioni militari “senza limiti” contro i movimenti estremisti palestinesi.

La Croazia alle urne per eleggere il nuovo Capo di Sato: favorito il presidente in carica, il liberale di centro Stipe Mesic

 

 

 

                       IL PAPA E LA SANTA SEDE

16 gennaio 2005

 

 

L’EQUILIBRIO TRA LA PROPRIA IDENTITA’ E QUELLA ALTRUI,

 PER L’IMPORTANTE INTEGRAZIONE TRA I POPOLI.

LA PREGHIERA E GESTI CONCRETI PER SOSTENERE IL DIALOGO ECUMENICO:

SONO LE RACCOMANDAZIONI DI GIOVANNI PAOLO II, ALL’ANGELUS

 

 

“Un giusto equilibrio tra l’affermazione della propria identità e il riconoscimento di quella altrui”: è quanto ha sottolineato il Papa ricordando, all’Angelus, l’odierna  “Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato”. Poi, annunciando la settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, Giovanni Paolo II ha chiesto significativi gesti di  dialogo ecumenico.  Il servizio di Fausta Speranza:

 

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Il dialogo alla base del rapporto tra le diverse culture: è la raccomandazione del Papa che ricorda il cuore del suo messaggio in occasione dell’odierna giornata dedicata a tutti i migranti: l’invito a trovare il punto di equilibrio tra l’espressione della propria identità e il rispetto di quella altrui.

 

“Auguro che attraverso il dialogo crescano la simpatia e la comprensione tra le diverse culture”.

 

E torna la parola dialogo anche quando Giovanni Paolo II ricorda un altro appuntamento per la comunità ecclesiale: l’annuale “Settimana di preghiera per l’Unità dei cristiani”, che quest’anno ha come tema: “Cristo, unico fondamento della Chiesa”. Prenderà il via dopo la giornata di domani dedicata al dialogo ebraico-cristiano.  E qui il Papa chiede “gesti significativi” di incontro ecumenico. E chiede di “implorare da Dio il dono della piena unità di tutti i discepoli di Cristo”.

 

         La preghiera di Giovanni Paolo II si affida come sempre a Maria, perché “aiuti i cristiani a formare un cuore solo e un’anima sola e tutti gli uomini a crescere nella solidarietà, per costruire un mondo di pace”.

 

         Al momento del saluto dopo la recita della preghiera mariana, il pensiero del Papa va, in particolare, ai fedeli della parrocchia dei Santi Eustachio e Antonio Abate in Montoro Superiore, venuti con la “Fiaccola della pace”, che una staffetta podistica recherà da Roma al loro paese. Rivolgendosi ai suoi connazionali,  il Papa ha salutato una banda musicale presente nella Piazza e quanti hanno partecipato alla preghiera mariana attraverso la radio e la televisione.

 

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COME RICORDATO DAL PAPA, LA CHIESA CELEBRA OGGI

LA 91.MA GIORNATA MONDIALE DEL MIGRANTE E DEL RIFUGIATO

- Intervista con l’arcivescovo Agostino Marchetto -

 

         Come ricordato dal Papa, si celebra oggi la 91.ma Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato, un’iniziativa avviata nel 1914 da Papa Benedetto XV. Nel suo messaggio, pubblicato recentemente per questa occasione, Giovanni Paolo II invita  all’accoglienza degli immigrati e dei rifugiati, che nel mondo sono attualmente circa 175 milioni. Sottolineando l’importanza dell’educazione interculturale, Giovanni Paolo II spiega che è “soprattutto educazione all’accettazione della diversità”. “Ciò implica – scrive – una pedagogia per l’accoglienza delle differenze, per la cultura del dialogo e della reciprocità, della solidarietà e della pace”. Ma qual è oggi la sfida principale dell’incontro tra diverse culture? Giovanni Peduto lo ha chiesto all’arcivescovo Agostino Marchetto, segretario del Pontificio Consiglio per la pastorale dei migranti e degli itineranti:

 

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R. – La “nuova” sfida che il fenomeno migratorio ci pone è il carattere strutturale con cui esso si è ormai configurato al giorno d’oggi. Le migrazioni sono diventate un fenomeno diffuso, dentro al processo di sviluppo, nel sistema stesso con cui si produce, nella globalizzazione. L’incontro tra diverse culture diventa dunque cosa di tutti, problema da affrontare senza scorciatoie, vincendo una certa ritrosia a porselo, perché è scomodo, molte volte, il dialogo con chi è diverso da noi, per cultura e per religione.

 

D. – Il Papa ha lanciato un appello in questo Messaggio: i cristiani ascoltino “il grido di dolore” degli immigrati e dei rifugiati, che hanno il diritto ad essere accolti e rispettati, in nome della solidarietà, e non genericamente assimilati, o peggio, discriminati…

 

R. – Siamo al nocciolo del cristianesimo, qui: la carità, l’amore, l’accoglienza, la solidarietà con chi è più debole, ma che ha la sua dignità e il diritto di salvaguardare le proprie tradizioni culturali e religiose, e di essere rispettato in quella che è la sua mentalità, cultura e religione. Il nuovo nome dell’integrazione e della solidarietà dev’essere perciò l’integrazione culturale e la reciprocità di attenzione, rispetto, aiuto e servizio. Integrazione giusta, equilibrata, rispettosa, quindi, in “ragionevolezza civica”, come si dice per la prima volta – e non assimilazione che fa dell’altro una copia di noi.

 

D. – D’altra parte il Papa afferma per gli immigrati la necessità di integrarsi nella loro nuova nazione, imparandone la lingua e rispettandone le leggi…

 

R. – Sì, credo non si possa parlare di integrazione senza una conoscenza della lingua del  Paese di accoglienza e senza lo sforzo di osservarne le leggi che regolano le comunità locali. Da ciò può nascere allora una convivenza, non un ghetto, imposto o voluto, dell’immigrato, con sviluppo in fondo separato, discriminato.

 

D. – L’incontro tra culture diverse mette a rischio l’identità culturale?

 

R. – Non necessariamente. Anzi la coscienza della propria individualità culturale può essere “risuscitata” dall’incontro con persone di diversa cultura senza che tale coscienza sia vissuta in modo fondamentalistico, né sia chiusura mentale, causa di lotte e contrapposizioni, né semplice tolleranza. Essa non basta più oggi: è necessario che tutti ci sforziamo di raggiungere e di creare una vera e propria coesistenza tra le varie culture, tutte soggette, però, a quello che si dice “diritto naturale” o, tradotto in termini più accettati oggi, “diritti umani”.

 

D. – Come uno Stato laico deve intervenire in questi  contesti? Pensiamo in Francia alla legge che vieta nelle scuole ai ragazzi di portare simboli religiosi o altrove l’eliminazione di crocifissi …

 

R. – Sul concetto di una sana e giusta laicità, purtroppo i pareri sono diversi. Laicità è, nella nostra prospettiva, una forma di organizzazione dello Stato che garantisca a tutti la libertà di culto e di religione, nel rispetto, ovviamente, delle regole comuni della vita sociale, così come delle libertà collettive e individuali. Essa, perciò, è la traduzione di un principio di “neutralità”, positiva, peraltro, dello Stato (della collettività, della comunità sociale) rispetto alla dimensione religiosa incarnata nelle persone e nella loro cultura.

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LE RELIGIONI SONO CHIAMATE A CREARE UN TERRENO PROPIZIO ALLA PACE:

 E’ UNA DELLE RACCOMANDAZIONI EMERSE A CONCLUSIONE DEL

CONVEGNO, IN VATICANO, DEDICATO ALLE RELIGIONI TRADIZIONALI

 

Dopo quattro giorni di intensi lavori, si è concluso ieri sera in Vaticano, il Convegno promosso dal Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso sulle religioni tradizionali e il loro contributo alla pace. Il servizio di Jean-Baptiste Sourou:

 

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L’Arcivescovo Michael Fitzgerarld, presidente del Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso, ha parlato di sorpresa e di contentezza a conclusione del convegno, trovando consenso tra i molti partecipanti. Sorpresa perché pur venendo da realtà culturali diverse ci si rende sempre conto che ci sono valori comuni. Il primo è la ricerca dell’armonia: desiderio di vivere una relazione di unità con Dio, il creato, la comunità, la famiglia e, quindi, con sé stessi. Si è parlato del ruolo tradizionale della donna come mediatrice tra gruppi in conflitto. L’altro elemento è la difesa della vita: una visione unitaria del mondo è centrata sulla vita e, in nome della vita, tutto risulta collegato.  Da ciò viene un rispetto per le cose e le persone che non vanno mai manipolate.

 

L’arcivescovo ha detto che questo convegno dimostra una volta ancora quanto la Chiesa guadagni ascoltando le altre religioni. Ha detto che nessuna religione è piccola. Una religione non è grande o piccola per il numero dei suoi aderenti - ha affermato - perché anche in quelle tradizionali ci sono infinite risorse per il vivere comune, il bene profondo dell’uomo e la pace.

 

Alcuni partecipanti hanno dimostrato in concreto la celebrazione di alcuni riti tradizionali che già portano in sé semi del Cristianesimo. Certo non ci si deve aspettare conclusioni pratiche, ma il convegno rappresenta un invito a proseguire il dialogo con le religioni tradizionali affinché con la Chiesa ci sia maggior impegno a servizio della vita dell’uomo e a servizio della pace. In caso di conflitto - ha detto mons. Fitzgerald -  bisogna pensare alle soluzioni politiche. Questo non è il ruolo delle religioni. Ma le religioni raccomandano risoluzioni che rispecchino la vera natura delle persone. Le religioni devono creare, quindi, un terreno propizio alla pace.

 

Nel messaggio finale, un accento particolare sulla volontà di collaborazione tra Chiesa e religioni tradizionali in vari campi e per la pace.

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

16 gennaio 2005

 

 

“I GIOVANI NELLA SOCIETÀ E NELLA CHIESA”: TEMA CENTRALE DELLA  VII PLENARIA DELL’ASSOCIAZIONE DELLE CONFERENZE EPISCOPALI DELL’AFRICA CENTRALE,

 DA OGGI NELLA CAPITALE DEL CIAD

- Intervista con Bouchard Jean-Claude –

 

Da oggi 16 gennaio comincia a N’Djamena, capitale del Ciad, la VII Assemblea plenaria dell’Acereac, l’Associazione delle Conferenze episcopali dell’Africa centrale che raggruppa sei nazioni: Camerun, Ciad, Repubblica Centrafricana, Guinea Equatoriale, Gabon e Congo Brazzaville. Tema dell’incontro dei vescovi è: “I giovani nella società e nella Chiesa”. E Jean Baptiste Sourou ha chiesto a mons. Bouchard Jean-Claude, presidente dell’Acereac, perché questa scelta:

 

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R. – Il tema dei giovani arriva è opportuno, perché la situazione dei giovani nel nostro Paese è molto difficile. Per la situazione economica e politica i giovani si sentono abbandonati. Abbiamo fatto un’inchiesta, in vari Paesi, e lo studio ha confermato quello che pensavamo: la gioventù si sente abbandonata dagli adulti, dai dirigenti del Paese e l’educazione non è bene organizzata. Ci sono, dunque, tanti problemi. Poi, c’è anche il posto dei giovani nella Chiesa. Tanti giovani aspettano dalla Chiesa una risposta, non solo a volte ai loro problemi spirituali, ma anche ai loro problemi culturali, economici. La Chiesa, dunque, è molto impegnata in questo lavoro con i giovani. Per noi è un tema che s’impone e siamo molto lieti di affrontarlo. Spero bene che ne esca qualcosa di utile.

 

D. – Eccellenza, cosa volete proporre ai giovani? Avrete già un’idea di quello che volete dare, come risposta alle loro attese…

 

R. – Noi cominceremo con l’ascoltare i giovani. Saranno loro a parlare per primi. Ascolteremo i giovani dei sei Paesi e ci diranno quello che pensano della loro situazione nella società e nella Chiesa. Solo dopo potremo rispondere alle loro aspettative, se possiamo, perché non è detto che la Chiesa possa fare tutto. Certo, ci sarà anche un intervento del governo, dei genitori, degli adulti, perché la gioventù si sente veramente lasciata da parte e tanti di loro sono scoraggiati. Quando guardano al futuro che li aspetta, c’è poco “appetito” per questo futuro, e tanti vorrebbero andare altrove. C’è, dunque, molto da fare e noi vedremo cosa possiamo fare.

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  IL SUD DEL SUDAN GIOISCE PER LA PACE APPENA FIRMATA

DAL GOVERNO COI RIBELLI MA RESTA LA DRAMMATICA SITUAZIONE

NELLA REGIONE OCCIDENTALE DEL DARFUR

 

- Intervista con Francesco Dotto -

                       

 

Se il sud del Sudan gioisce per la pace appena firmata dal governo con i ribelli, il sangue continua invece a scorrere nella regione occidentale del Darfur. I guerriglieri del Movimento per la giustizia e l’uguaglianza pensano che la crisi potrebbe addirittura peggiorare perché Khartoum avrà ora più soldati da inviare nell’ovest del Paese. Andrea Sarubbi ha parlato della situazione con Francesco Dotto, operatore dell’organizzazione umanitaria CESVI, raggiunto telefonicamente nel sud del Darfur:

 

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R. – Qui in Darfur, in questo momento, non si vede alcuna conseguenza, né positiva né negativa, di questa firma. Gli scontri continuano sia nel sud che nell’est e nell’ovest del Darfur. Riguardo all’eventualità di un peggioramento della situazione, non so quanto sia possibile perché, comunque sia, sono presenti anche le Nazioni Unite e l’idea di inviare dei caschi blu è sempre presente.

 

D. – Secondo lei, questa è una guerra che Kartoum può risolvere con le armi sul terreno?

 

R. – Fondamentalmente sul terreno è impossibile, perché comunque è ampissimo: è circa sette volte l’Italia. Un controllo capillare del territorio sarebbe impossibile. Un miglioramento, comunque, deve avvenire specialmente a livello politico. E’ Kartoum che deve decidere e logicamente le varie fazioni all’interno devono trovarsi in equilibrio fra di loro. 

 

D. – Come operatore del CESVI è a stretto contatto con la popolazione. Le sembra che la gente del Darfur abbia capito questa guerra?

 

R. – No, assolutamente no. La popolazione è al di fuori di certi schemi politici. Si tratta di comunità rurali e quindi sono legati fondamentalmente alla terra ed ai raccolti. E con questa guerriglia che c’è stata, il loro problema è stato quello del raccolto che non c’era o che è stato scarsissimo. Il loro principale problema è rappresentato dal cibo. La stagione 2005 sarà, per loro, veramente brutta perché non si è potuto coltivare nel 2004 e non hanno ora le scorte per vendere prodotti o per l’autosostentamento delle comunità stesse.

 

D. – Francesco Dotto, lei è andato in Darfur come idrogeologo. Il contributo del CESVI è praticamente centrato nella gestione delle risorse idriche?

 

R. – Sì, esatto. Fondamentalmente, alla fin fine, in Sudan l’acqua c’è, ma il problema è quello delle malattie collegate all’uso scorretto che danneggia soprattutto le fasce più deboli e cioè i bambini, in particolare quelli al di sotto dei cinque anni. Un’altra componente fondamentale dell’acqua è l’irrigazione: in questo momento si sta soffrendo di  una forte siccità, perché la stagione delle piogge è stata scarsa e in generale si è ridotta molto come durata.

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SALGONO ANCORA, A 168 MILA,  LE VITTIME DEL MAREMOTO NEL SUD EST ASIATICO.

TRA LE SITUAZIONI DI EMERGENZA,

GUARDIAMO OGGI ALLE NECESSITA’ NELLO SRI LANKA

- Intervista con Marco Cernuschi -

 

Continua a crescere il numero dei morti del maremoto dello scorso 26 dicembre: le vittime sono più di 168 mila dopo chein Indonesia l’ultimo bilancio, fornito dal ministro indonesiano degli Affari sociali, parla di oltre 115 mila morti. Nello Sri Lanka, intanto, il volontariato internazionale per lo sviluppo (VIS), legato al mondo salesiano, ha già raccolto oltre 700 mila euro da inviare alle diverse comunità di Don Bosco presenti in tutta l’area. Francesca Smacchia ha chiesto a Marco Cernuschi, volontario del VIS in Sri Lanka, come si sono organizzati per fronteggiare le emergenze:

 

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R. – Ci sono diversi stadi di emergenze. Da un punto di vista di grosse strutture, protezione civile e Croce Rossa, si sono presi in carico la costa ad est. Nella  occidentale abbiamo le famiglie rimaste senza tetto, ospitate in tende della Croce Rossa o presso la scuola tecnica “Don Bosco”. Nello Sri Lanka si parla di circa 1 milione di senzatetto e di 15 mila orfani. Sono stime molto approssimative, ma comunque non penso siano molto lontane dalla realtà, caso mai si differenzieranno per difetto.

 

D. – Dopo i primi interventi per soccorrere le popolazioni colpite, quali sono ora le necessità da fronteggiare?

 

R. - In questa zona si può cominciare a lavorare subito per la ricostruzione. Il primo stadio è quello di far avere il più presto possibile una casa e un lavoro alle persone che hanno perso tutto. Le autorità locali hanno dato un pezzo di terra su cui dal 31 gennaio si cominceranno a costruire 13 case, per il momento, di 4 piani ciascuna. Poi, con le sovvenzioni che arrivano dai vari Paesi donatori, si può cominciare a fornire a queste persone barche e reti da pesca, in modo che possano avere subito un lavoro e diventare il più presto possibile autosufficienti. Per quanto riguarda i salesiani, si tenderà soprattutto a un recupero dei bambini che hanno perso tutto, che hanno perso la casa, che sono sfollati in altre zone. Si tratterà di un sostegno prevalentemente educativo, quindi scuole e formazione professionale, in modo che possano essere reinseriti in una società il più possibile normale.

 

D. – Il VIS è presente nello Sri Lanka dal 2003 per sostenere le opere dei Salesiani. Quanto è importante l’impegno dei religiosi in quel territorio?

 

R. – Direi che è fondamentale perché sono l’unica struttura permanente su cui si possa fare affidamento anche per programmi a lungo termine.

 

D. – Uno spirito di solidarietà ha unito il mondo intero. Come pensate di organizzare i fondi raccolti?

 

R. – Si vogliono evitare errori fatti in passato in cui i fondi sono stati usati male oppure purtroppo finiti nelle tasche di chi non ne aveva bisogno. Quindi c’è la tendenza ad una trasparenza massima nella gestione di questi fondi.

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LA SITUAZIONE DEI DIRITTI UMANI IN OLTRE 60 PAESI DEL MONDO, NEL RAPPORTO 2005 DI HUMAN RIGHT WATCH, PUBBLICATO QUESTA SETTIMANA

- Intervista con Jean-Paul Marthoz –

 

Il quadro della situazione dei diritti umani in oltre 60 Paesi del mondo rappresentato nel rapporto 2005 di Human Right Watch, pubblicato questa settimana. Secondo l’organismo americano, che ha sede a New York, lo scandalo della prigione di Abu Ghraib in Iraq, costituisce uno degli esempi più flagranti di violazione dei diritti umani verificatasi nel 2004. Per questo nel rapporto viene messo in parallelo con la situazione del Darfur, nel Sudan. Emerge pertanto, quanto fragile sia stato durante il 2004 il sistema internazionale di difesa dei diritti umani. Bernard Decottignies, della nostra redazione francese, ne ha parlato con Jean-Paul Marthoz, direttore europeo dell’informazione di Human Right Watch:

 

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R. -  C’EST UN PARALLELE QUI CONNAIT ...

E’ un parallelo che riconosce, naturalmente, la differenza fra le due situazioni. Nel caso di Abu Ghraib, ci troviamo di fronte alla violazione di norme del diritto internazionale attraverso pratiche di tortura di cui sono state vittime un limitato numero di persone, senza negare l’importanza di quanto accaduto nelle prigioni di Abu Graib o anche in Afghanistan o a Guantanamo. Nel caso del Darfur abbiamo voluto mostrare che ci troviamo di fronte non solo ad una crisi umanitaria ma anche ad una crisi dei diritti umani. La risposta finora data ha riguardato essenzialmente il piano umanitario, il che è senz’altro necessario perché bisogna soccorre le popolazioni. Ma crediamo anche che la comunità internazionale debba essere molto più determinata e, cioè,  che dovrebbe  fare  chiaramente una pressione politica assai più forte su Khartoum. Anche gli Stati Uniti, malgrado abbiano denunciato che nel Darfur è in atto un genocidio, non hanno poi preso misure adeguate.

 

D. – Nel rapporto 2005, ovviamente relativo agli eventi dello scorso anno, l’Africa occupa il primo posto per le gravi violazioni tuttora esistenti. Quali sono le situazioni più gravi?

 

R. – UNE GRANDE PARTIE DES CONFLITS LES PLUS TERRIBLES...

Gran parte dei terribili conflitti in atto oggi nel mondo si svolgono purtroppo in Africa. Soprattutto nella zona dei Grandi Laghi è in corso una guerra eccezionalmente brutale. Quest’anno abbiamo voluto studiare con particolare attenzione la causa principale di questi conflitti e cioè la guerra per le risorse. Abbiamo voluto andare oltre la semplice descrizione dei drammi umanitari per cercare di identificare le cause che chiaramente sono di natura economica ma anche conseguenti all’inesistenza di un sistema di giustizia, in particolare internazionale, che permetterebbe di combattere l’impunità. L’impunità, uno dei punti forti del rapporto di quest’anno, rappresenta per noi uno dei motivi principali per cui è difficile ridurre le violazioni più gravi dei diritti umani.

 

D. – Oltre all’Iraq, che cosa si dice nel rapporto riguardo al resto dell’area del Golfo ed al Medio Oriente?

 

R. – A PROPOS DU PROCHE ORIENT ...

Per quanto riguarda il Medio Oriente abbiamo affrontato due gravi questioni. Innanzitutto, la crisi israelo-palestinese in particolare per quanto riguarda la demolizione delle abitazioni nella Striscia di Gaza che rappresenta una grave violazione dei diritti umani. L’altra questione interessa il mondo arabo in generale, con particolare riferimento alla libertà di coscienza, di espressione, di religione. Tutti elementi che consideriamo estremamente importanti oggi quando si parla di promuovere in seno al mondo arabo una riflessione sulla democrazia e di favorire una  versione moderna e democratica dell’Islam.

 

D. - Come si presenta il problema dei diritti umani in Asia?

 

R. – ON A TRAVAILLE L’ANNEE DERNIERE SURTOUT SUR LA CHINE...

Lo scorso anno abbiamo lavorato soprattutto sulla Cina, un Paese che riteniamo estremamente importante. La Cina conosce uno sviluppo economico contrassegnato da un certo tipo di apertura sul piano politico, ma non conosce analoghi progressi nel campo dei diritti umani.

 

D. – Per l’America latina il problema riguarda, oltre alla lotta contro l’impunità, anche il contesto di violenza legata alla guerriglia o alle bande...

 

R.- EN AMERIQUE LATINE ON VOIT ...

Dall’America Latina vengono due tipi di messaggi. Uno, estremamente positivo, è quello della lotta contro l’eredità dei regimi militari che hanno devastato il continente tra gli anni Settanta – Ottanta. L’altro negativo, che ci preoccupa molto, è quello della crescita della delinquenza, del senso di insicurezza che costituisce una delle minacce più gravi contro l’affermazione della democrazia e contro l’instaurazione di un vero stato di diritto.    

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IL DRAMMA DEL CONFLITTO PALESTINESE RAPPRESENTATO NEL FILM ATTUALE, DRAMMATICO MA ANCHE POSITIVO DI  SAVERIO COSTANZO. “PRIVATE”,  VINCITORE DEL PARDO D’ORO AL FESTIVAL DI LOCARNO E’ IN QUESTI GIORNI  SUGLI SCHERMI ITALIANI

- Con noi il regista -

 

Vincitore del Pardo d’Oro al Festival di Locarno, è arrivato sugli schermi italiani “Private”, opera prima di Saverio Costanzo. Con compostezza e rigore il giovane regista racconta le drammatiche vicende che seguono l’occupazione di una casa palestinese da parte dei soldati israeliani, scoprendo alla fine che la convivenza e il perdono sono possibili. Il servizio è di Luca Pellegrini:

 

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Occupati ed occupanti: ruoli che la storia spesso affibbia con angoscia e dolore. E dei quali diventa difficile spogliarsi se, come esorta Giovanni Paolo II, non si riesce a vincere il male con il bene. E’ un film attuale, drammatico e positivo quello che il ventinovenne Saverio Costanzo ha voluto per il suo debutto cinematografico e che gli ha fruttato incondizionati elogi da parte della critica e del pubblico. Film quasi impossibile: riuscire a raccontare le dolorose vicissitudini di una famiglia di palestinesi la cui casa, fortino dell’anima e simbolo della propria identità, viene occupata da una pattuglia dell’esercito israeliano. Altrettanto arduo, realizzare questo racconto privato, fatto di angosce, crisi e speranze, con veri attori israeliani e veri attori palestinesi messi gomito a gomito per cinque settimane d’impegno professionale. Pellicola di altissimo livello, drammaturgico e contenutistico: quasi un documentario scabro ed essenziale nel quale si intrecciano e si seguono le diverse reazioni della famiglia e dei soldati. C’è chi cerca il dialogo, chi la fuga, chi la vendetta. Su tutti, si erge la figura del padre palestinese, un bravissimo Mohammad Bakri, che, al di là delle divise, delle culture e delle religioni, sa scorgere il prossimo come persona da amare e non da combattere. Un cinema di grande civiltà e compostezza, che è stato molto ben accolto da entrambe le parti, come ci racconta lo stesso regista, Saverio Costanzo:

 

“Le reazioni sono state positive. La sensazione che abbiamo avuto è quella

di aver portato a questa gente una testimonianza che li rappresenta. Loro si sono sentiti rappresentati dal film, sia i palestinesi che gli israeliani. Il film, pur nella sua durezza è un film che dà una speranza per il futuro. Il desiderio delle parti che tutto quello che sta accadendo finisca è un po’ rappresentato dalla loro speranza e dall’accoglienza che abbiamo avuto”.

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CHIESA E SOCIETA’

16 gennaio 2005

 

 

CONTRASTARE LE TENDENZE SCIENTIFICHE CHE ALLARGANO I CONFINI DELL’UMANITA’ A PRESCINDERE DALLA DIMENSIONE SPIRITUALE DELL’UOMO:

COSI’ MONS. IGNAZIO MANNA AL SEMINARIO

“LA SFIDA DEL POST-UMANO. VERSO NUOVI MODELLI DI ESISTENZA?”

 

 

ROMA. = Per la chiesa italiana oggi è di vitale importanza la “questione antropologica” per contrastare diverse tendenze scientifiche e culturali che insistono nel togliere ogni riferimento al concetto di “persona”. Così ieri in sintesi Mons. Ignazio Sanna, pro-rettore dell’Università Lateranense, al seminario di studio sul tema “La sfida del post-umano. Verso nuovi modelli di esistenza?”, organizzato  dall'area di ricerca ''Teologia Filosofia Scienze Umane” della  Pontificia Università Lateranense, nell'ambito del Progetto culturale della Conferenza Episcopale Italiana. Mons. Sanna ha criticato alcune tendenze scientifiche che ''invece di descrivere  l'uomo come uomo, descrivono l'uomo sociologico, l'uomo  psicologico, l'uomo neurologico, ritenendo la propria  descrizione come quella vera e completa”. Conseguenza diretta di ciò sono, ad esempio, alcune proposte di legittimazione e di allargamento dell’idea di famiglia, diversa da quella fondata sul matrimonio. Oppure la proposta di assetti legislativi che nel definire lo statuto dell'embrione prescindono dal suo essere persona umana fino ad allargare l'idea stessa  di ''umanità” anche al mondo animale. Se le scienze vengono adottate come unico criterio dell'agire umano, gli individui che compongono la società vivono secondo le regole biologiche comuni a tutti i corpi ''a prescindere dalla loro dimensione spirituale”. In conclusione – ha spiegato Mons. Manna - “l'utopia dell'individuo assoluto e assolutista ha trasformato la famiglia in tante persone che  vivono da sole. L'idea di fondo che sta dietro a questa utopia  è che il mercato, magari ben temperato, possa farci da madre, da padre e da figlio, purché si paghi”. (E. B.)

 

 

IL COMITATO COMUNE DELLA CONFERENZA DELLE CHIESE EUROPEE E DEL CONSIGLIO DELLE CONFERENZE EPISCOPALI D’EUROPA SI DA APPUNTAMENTO a febbraio PER ANALIZZARE LA SITUAZIONE ECUMENICA NEL VECCHIO CONTINENTE

 

SAN GALLO. = I membri degli episcopati cattolici e della maggior parte delle altre Chiese cristiane d’Europa si riuniranno dal 3 al 6 febbraio a Chartres, in Francia, per riflettere sulla situazione ecumenica nel vecchio continente. Nato nel 1972, il Comitato congiunto della Conferenza delle Chiese Europee (KEK), portavoce delle Chiese protestanti, ortodosse e anglicane, e del Consiglio delle Conferenze Episcopali Europee (CCEE),  costituito da vescovi cattolici, prevede riunioni annuali ed è responsabile dei rapporti fra i due organismi. Fra i temi in discussione, l’analisi dei lavori di preparazione della 3° Assemblea Ecumenica Europea prevista per il 2007 e il lavoro del Comitato per i rapporti con i musulmani in Europa. E sarà anche l’occasione per  affrontare i rapporti fra Chiese e Unione Europea e il tema dei matrimoni misti. Inoltre, nel contesto della riunione avranno luogo una celebrazione Ecumenica nella cattedrale di Chartres ed un incontro con la federazione protestante di Parigi. All’incontro, fra gli altri, parteciperanno il segretario generale della CCEE, monsignor Aldo Giordano, ed il segretario generale della KEK, dr. Kheit Clements (E. B.)  

 

 

L’emergenza Asia non NASCONDA gli obiettivi del millennio:

Caritas e Focsiv chiedono politiche di cooperazione e di solidarietà

per garantire diritti e opportunità

a quanti vivono in condizioni di povertà e miseria.

 

ROMA. = Con l’intento di far sentire la propria voce ai singoli governi affinché rispettino gli impegni internazionali stabiliti dal vertice del Millennioverrà presentata, domani a Roma, la Campagna promossa da Caritas e Volontari nel Mondo – Focsiv, insieme con le principali associazioni del mondo cattolico. La campagna si colloca nel quadro della mobilitazione mondiale lanciata per il 2005, la “Global Call for Action Against Poverty”, con l’obiettivo principale di dimezzare la povertà entro il 2015. Se la tragica esperienza dello Tsunami ha acceso i riflettori sulle carenze strutturali e la vulnerabilità della popolazione del Sud Est asiatico, non bisogna trascurare che una catastrofe ancor più tragica colpisce quotidianamente il Sud del mondo: oltre un miliardo di esseri umani vive in condizioni di miseria. Di fronte a tali bisogni la generosità umanitaria sporadica non basta, – viene sottolineato – ma è necessario  adottare misure di prevenzione a lungo termine che richiedono un impegno più consistente da parte della comunità internazionale e un nuovo slancio dell’aiuto pubblico allo sviluppo. (E. B.) 

 

 

IL CHISCIOTTE DI CERVANTES COMPIE 400 ANNI. DALL’EUROPA AL CONTINENTE AMERICANO DIVERSE LE MANIFESTAZIONI PREVISTE PER LA COMMEMORAZIONE DEL PRIMO BEST SELLER DELL’EDITORIA

 

MADRID. = Ricorrono oggi, secondo una datazione accettata da molti, i 400 anni dall’uscita della prima parte del Chisciotte. Dalla tipografia madrilena di Juan de la Cuesta, con la vendita dei primi 1200 esemplari, l’opera di Miguel de Cervantes Saavedra iniziava il suo fortunato cammino per il mondo. Già nel 1612, prima della pubblicazione della seconda parte dell’opera, che avverrà nel 1615, le appassionanti avventure dell’ingegnoso hidalgo furono tradotte in inglese e, due anni più tardi, in francese, in edizioni di lusso. Tuttavia, il primo best seller dell’editoria, nonostante la sua straordinaria diffusione, non riuscì a togliere dalla povertà il suo autore. Secondo l’UNESCO, si tratta di uno dei libri più tradotti al mondo, dopo la Bibbia e le opere complete di Lenin. Si tratta di un’opera che continua ancora a suscitare in ogni generazione ammirazione ed entusiasmo per lo spirito del Chisciotte e per il genio di Cervantes. Diversi gli eventi organizzati in occasione di questo 4° centenario, non solo in Spagna e nel resto d’Europa, ma anche nel continente americano e in Asia. Nel calendario delle celebrazioni, previste mostre e congressi ma anche attività teatrali e cinematografiche. Per la ricorrenza la televisione spagnola, TVE, ha deciso di dedicare un ciclo di trasmissioni. (E. B.)

 

 

UN’INFORMAZIONE PER DIFENDERE GLI INTERESSI DEL POPOLO CATTOLICO E  PER VALUTARE CRITICAMENTE LE SCELTE POLITICHE DI OGNI SCHIERAMENTO:

 COSI’ DON GIORGIO ZUCCHELLI, NEO PRESIDENTE DELLA

FEDERAZIONE ITALIANA DEI SETTIMANALI CATTOLICI

 

ROMA. = “I nostri giornali sono, da sempre, dalla parte della gente, al di là di ogni possibile schieramento”. E’ quanto afferma, all’agenzia di stampa “Fides”, don Giorgio Zucchelli, neo eletto presidente della Federazione italiana dei settimanali cattolici (Fisc), e già direttore del settimanale diocesano di Crema “Il Nuovo terrazzo”. “Stare dalla parte della gente – continua don Zucchelli - significa difendere gli interessi del popolo cattolico e valutare criticamente le scelte politiche di ogni schieramento”. Il neo presidente è chiamato a coordinare il lavoro di 140 testate diocesane con una diffusione complessiva sul territorio di un milione di copie. “La nostra informazione è a 360 gradi – spiega il neo presidente della Fisc -. I nostri giudizi, i nostri articoli e le nostre riflessioni arrivano nelle case di persone che spesso hanno smarrito la fede e noi rappresentiamo per loro l’unico contatto con la Chiesa”. Don Zucchelli spiega che la gente apprezza un’informazione giornalistica che vuole difendere i diritti dei cittadini cercando di guardare con l’ottica propria del Vangelo. “Inoltre – conclude – “dietro i nostri giornali c’è un popolo che usa la nostra informazione come una reale possibilità di confronto democratico ed ecclesiale”. (E.B.)

 

 

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24 ORE NEL MONDO

16 gennaio 2005

 

-  A cura di  Amedeo Lomonaco -

 

 

Ad una settimana dall’elezione di Abu Mazen come presidente palestinese, dopo aver annunciato il congelamento dei contatti con la nuova leadership in seguito all’attentato di venerdì scorso al valico di Karni, il premier dello Stato ebraico ha dato il proprio assenso ad operazioni militari “senza limiti” contro gli estremisti palestinesi. Il nostro servizio:

 

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Il premier israeliano, Ariel Sharon, ha ordinato alle forze armate di rilanciare la lotta al terrorismo palestinese. “L’attuale situazione – ha dichiarato - è inaccettabile e non si può tollerare che prosegua. L’esercito e le forze di sicurezza - ha continuato il premier - hanno ricevuto ordini affinchè agiscano senza alcuna limitazione: non ci sono scadenze temporali o restrizioni su modalità operative. “Tali istruzioni - ha puntualizzato ancora il leader del Likud - rimarranno valide fin quando i palestinesi eviteranno di alzare anche soltanto un dito nei confronti dei movimenti estremisti”. “La nuova leadership palestinese - ha concluso Sharon - non ha ancora adottato misure efficaci per prevenire il terrorismo”. L’annuncio è stato dato prima dell’apertura della consueta seduta settimanale del Consiglio dei ministri, la seconda da quando l’esecutivo è diventato di unità nazionale grazie all’ingresso dei laburisti. Nei Territori, intanto, è stato fissato un incontro, previsto mercoledì prossimo a Gaza, tra il presidente dell’ANP, Abu Mazen, e i rappresentanti di diverse fazioni politiche palestinesi per discutere sulla necessità di una tregua con Israele. In Cisgiordania, infine, due palestinesi sono stati assassinati a Nablus, perché sospettati di collaborazionismo con Israele. L’azione è stata rivendicata dalla milizia delle ‘Brigate dei Martiri di Al Aqsa’.

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Il soldato americano Charles Graner, uno degli aguzzini del famigerato carcere di Abu Ghraib, è stato condannato a dieci anni di reclusione dalla Corte marziale di Fort Hood, nel Texas, dopo che ieri era stato giudicato colpevole di 9 dei 10 capi di imputazione per torture ai prigionieri iracheni

 

In Afghanistan sono stati rilasciati ottanta prigionieri detenuti nella base statunitense di Bagram, una quarantina di chilometri a nord di Kabul. Lo ha reso noto un portavoce della Corte suprema afghana.

 

A due settimane dal primo turno, la Croazia è tornata oggi alle urne per scegliere il nuovo capo di Stato tra il presidente uscente, Stipe Mesic, e la vice premier Jadranka Kosor. Sono chiamati al voto 4,4 milioni di persone. I sondaggi danno per favorito Mesic, liberale di centro appoggiato anche dai partiti di sinistra e dalle minoranze serba e musulmana, che lo scorso 2 gennaio ha ottenuto il 49 per cento dei voti. Non sembra invece avere molte possibilità di vittoria Jadranka Kosor, esponente dell’Unione democratica croata (HDZ) sostenuta dai veterani di guerra, che al primo turno ha superato di poco il 20 per cento delle preferenze. Il destino del Paese non sembra in discussione anche per la comune scelta europeista dei due candidati. Andrea Sarubbi ne ha parlato con Ingrid Badurina, corrispondente del quotidiano ‘La Stampa’ da Zagabria:

 

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R. – Effettivamente, la loro politica, soprattutto riguardo al discorso dell’Unione Europea, è molto simile: sia l’uno che l’altra vogliono assolutamente l’entrata della Croazia nell’Unione. La differenza, invece, è che Stipe Mesic praticamente sin dall’inizio si è distanziato dal presidente Tudjman, il primo presidente croato nazionalista dei primi anni Novanta; mentre Jadranka Kosor fa parte del partito dell’HDZ, l’Unione democratica croata attualmente al potere, del premier Ivo Sanader. La vicepremier nella sua campagna elettorale ha puntato soprattutto sugli ex combattenti: ha insistito sui drammi della guerra rimarcando l’elemento nazionalista.

 

D. – Quindi il voto dei vecchi nazionalisti va tutto alla Kosor?

 

R. – Molti nazionalisti voteranno per la vicepremier. Il problema del partito attualmente al potere, l’ex partito di Tudjman oggi riformato, è proprio quello che una parte del suo elettorato tradizionale non si sente più rappresentato dall’attuale schieramento. Bisogna vedere se saranno pronti, per fermare Mesic, a votare per la Kosor o se semplicemente decideranno di astenersi.

 

D. – Sempre a proposito dei nazionalisti e della guerra negli anni Novanta, a che punto è la collaborazione del governo di Zagabria con il Tribunale Penale Internazionale?

 

R. – Credo che la Croazia collabori a tutti gli effetti con il Tribunale dell’Aja. Rimane in sospeso la questione del generale Gotovina, fuggitivo. Il governo diretto da Sanader si è assolutamente impegnato a fare di tutto per arrestarlo nel caso fosse in Croazia, ma sembra che non si trovi nel Paese. Credo che la collaborazione non sia assolutamente in questione.

 

D. – Lei citava, prima, l’ingresso della Croazia nell’Unione Europea. I colloqui inizieranno il 17 marzo. Secondo lei, cosa cambia se vince Mesic o se vince la Kosor?

 

R. – Direi che il discorso europeista vale per tutti e due. Sicuramente Mesic ha un passato più europeista rispetto a quello del partito della Kosor.

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In Cina l’ex leader riformista, l’85.enne Zhao Ziyang, è in coma profondo da ieri sera. Lo ha detto oggi una fonte vicina alla sua famiglia. Zhao è stato deposto dalla carica di segretario del partito comunista nel 1989, quando si è opposto alla repressione militare messa in atto dal governo di Pechino contro le manifestazioni di protesta organizzate in piazza Tienanmen.

 

Il Giappone ha preparato un piano per la difesa dell’arcipelago di Okinawa da un’eventuale invasione cinese. Lo riporta la stampa nipponica. Il piano si basa sull’ipotesi di un’aggressione cinese contro le isole situate tra la punta sud dell’isola di Kyushu e Taiwan. E’ previsto il dispiegamento di 55.000 soldati e l’utilizzo di aerei e sommergibili. Nel suo recente Libro bianco sulla difesa, il governo di Tokyo ha citato le minacce militari nordcoreane ma anche quell2 cinesi, denunciate per la prima volta in modo esplicito.

 

 

 

 

 

 

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