RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLIX n.9  - Testo della trasmissione domenica 9 gennaio 2005

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

AngelusNell’odierna festa del Battesimo del Signore, il Papa oggi all’Angelus in  Piazza San Pietro  ha sottolineato l’importanza per la nuova evangelizzazione  della riscoperta del Battesimo da parte dei cristiani attraverso  itinerari di catechesi in età adulta.  Giovanni Paolo II  benedice tutti i bambini battezzati nel corso di quest’anno.

Sulla festa di oggi il commento di mons. Gianfranco Ravasi

OGGI IN PRIMO PIANO:

        Firmato questa mattina a Nairobi uno storico accordo di pace in Sudan dopo oltre 20 anni di guerra civile: con noi il vescovo di Rumbek Cesare Mazzolari

Buona affluenza alle urne nei Territori palestinesi per le prime elezioni del dopo Arafat: favorito l’uomo del dialogo, Abu Mazen. Il commento di padre Haziz Halaweh

 L’impegno della Chiesa brasiliana a salvare i ragazzi di strada : intervista con padre Julio Lancellotti

 

Le dimissioni del rabbino capo di Milano Giuseppe Laras: ce ne parla lo stesso rabbino

CHIESA E SOCIETA’:

 

Da domani a Grottaferrata la sessione conclusiva del Sinodo intereparchiale di rito bizantino

Mons. Giovanni Lajolo in visita in Tunisia per la mostra dedicata a Sant’Agostino

 Si concludono oggi le celebrazioni per il centenario della nascita di Giorgio La Pira

 Questa mattina all’Altare della Cattedra nella Basilica Vaticana solenne celebrazione di ringraziamento per i 50 anni di sacerdozio di mons. Piero Monni

 

24 ORE NEL MONDO:

        Maremoto: continua la mobilitazione internazionale

      

 

 

 IL PAPA E LA SANTA SEDE

9 gennaio 2005

 

 

 NELL’ODIERNA FESTA DEL BATTESIMO DEL SIGNORE, IL PAPA OGGI ALL’ANGELUS IN  PIAZZA SAN PIETRO  HA SOTTOLINEATO L’IMPORTANZA PER LA NUOVA EVANGELIZZAZIONE  DELLA RISCOPERTA DEL BATTESIMO DA PARTE DEI CRISTIANI ATTRAVERSO  ITINERARI DI CATECHESI IN ETÀ ADULTA. 

IL PAPA BENEDICE TUTTI I BAMBINI BATTEZZATI NEL CORSO DI QUEST’ANNO

 

- Il servizio di Sergio Centofanti -

 

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Numerosi pellegrini e tanto sole oggi in una Piazza San Pietro, ancora immersa nel suggestivo scenario creato dal presepe e dal maestoso albero di Natale giunto dal Trentino.

 

Oggi la Chiesa celebra il Battesimo del Signore, festa che chiude il tempo natalizio. Si tratta di un evento – ha spiegato il Papa - che gli Evangelisti considerano come l’inizio del  ministero messianico di Gesù. “La missione di Cristo, così inaugurata  si compirà nel mistero pasquale, in cui Egli, morendo e risorgendo, toglierà il peccato del mondo”.

 

Ma “anche la missione del cristiano – ha aggiunto il Pontefice - inizia con il Battesimo”:

 

“La riscoperta del Battesimo, mediante opportuni itinerari di catechesi in età adulta, è pertanto un aspetto rilevante della nuova evangelizzazione”.

 

“Rinnovare in modo più maturo la propria adesione alla fede – ha detto Giovanni Paolo II - è la condizione per una partecipazione vera e piena alla Celebrazione eucaristica, che costituisce il culmine della vita ecclesiale”.

 

Il Papa ha invocato l’intercessione della Vergine Maria perchè “tutti coloro che con il Battesimo sono rinati dall’acqua e dallo Spirito” facciano “della propria vita una costante oblazione a Dio nel quotidiano esercizio del comandamento dell’amore, esercitando così il sacerdozio comune che è proprio di ogni battezzato”.

 

 

 

Infine il  pensiero di Giovanni Paolo II è andato a tutti i bambini che sono stati battezzati nel corso di questo anno:

 

“Li abbraccio e li benedico”.

 

 E con loro ha benedetto “anche i padrini e le madrine e, in particolare, i genitori dei nuovi battezzati, esortando tutti a coltivare in essi, con la parola e con l’esempio, il germe di vita divina scaturito dal sacramento del Battesimo”.

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Ma sul significato del Battesimo di Gesù e la differenza col nostro battesimo ascoltiamo il prefetto della biblioteca ambrosiana di Milano, mons. Gianfranco Ravasi, intervistato da Amedeo Lomonaco:

 

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R. – Il Battesimo di Gesù è soprattutto la presentazione del suo mistero. Egli è il Figlio unigenito. Nel battesimo cristiano invece c’è l’uomo peccatore che entra in un sepolcro d’acqua, il fonte battesimale, per rinascere come figlio di Dio, come figlio adottivo.

E’ dunque importante  riscoprire il mistero profondo della rivelazione di Cristo e ricordare il mistero del credente che attraverso il battesimo cristiano entra in comunione intima e profonda col mistero di Cristo.

 

D. – A proposito di questa scoperta, dai racconti evangelici sul battesimo di Gesù emerge anche la meraviglia di Giovanni...

 

R. – Cristo si presenta al Battista nella folla dei peccatori. Lo stupore è quello dovuto al fatto che la figura del Messia si immerga quasi, prima ancora che nelle acque, nella nostra umanità, nella nostra storia fragile, caduca e spesse volte striata dal sangue e dal male.

 

D. – Il battesimo rende tutti i credenti, ciascuno nelle modalità della propria specifica vocazione, corresponsabili della missione della Chiesa…

 

R. – Il battesimo cristiano non ha solo la funzione di liberazione dal peccato di origine. E’ anche la via che rende il fedele partecipe della vita stessa di Dio. Per questo motivo il battesimo è veramente un patrimonio, quasi la sorgente di tutto l’itinerario di vita del credente.

 

D. – L’acqua, sorgente di salvezza per i cristiani, ha rivelato una sconvolgente forza devastatrice in occasione del maremoto avvenuto in Asia. Come interpretare questa tragedia attingendo al patrimonio cristiano?

 

R. – L’acqua all’interno della Bibbia stessa è il principio del diluvio che viene visto come una sorta di giudizio divino. In realtà noi dobbiamo comprendere meglio la funzione dell’acqua nel presentarsi come un monito rivolto all’umanità. Scoprire che siamo limitati e impotenti, nonostante il nostro orgoglio di trionfatori sulla materia ed il limite stesso della creatura, ci fa comprendere che al di sopra c’è il Creatore. Dio non abbandona le sue creature a se stesse ed è per questo motivo che da questa vicenda non emergono solo dati negativi: infatti, vediamo che tutti gli uomini si sentono più fratelli tra loro. Il limite ci fa scoprire di appartenere a quell’unica famiglia che è la famiglia dei figli di Dio. Proprio questa grande esplosione di generosità, che si segnala in questi giorni, ci dimostra ancora una volta come l’umanità guidata da Dio, anche nel dolore, possa scoprire la grandezza di amore e di trascendenza che la può portare verso l’infinito di Dio.

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OGGI IN PRIMO PIANO

9 gennaio 2005

 

 

 

IL SUDAN  RICONQUISTA LA PACE. FIRMATO L’ACCORDO A NAIROBI TRA IL GOVERNO DI KHARTOUM ED I RIBELLI DEL SUD. FINISCE UNA GUERRA DURATA 21 ANNI E COSTATA

LA VITA AD OLTRE 2 MILIONI E MEZZO DI PERSONE.

- Ai nostri microfoni mons. Cesare Mazzolari -

 

 

Giornata storica oggi per il Sudan, che dopo 21 anni esce dal tunnel della guerra civile. Un conflitto durato 21 anni e costato la vita ad oltre due milioni e mezzo di persone. La firma del trattato di pace, avvenuta oggi a Nairobi, in Kenya, ha avuto come protagonisti il primo vicepresidente sudanese Ali Osman Mohamed Taha e  John Garang, capo dei ribelli dell’Esercito popolare di liberazione del Sudan (SPLA). Esclusa, però, dal documento, la questione del Darfur. Ce ne parla padre Giulio Albanese:

 

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Si tratta di un avvenimento storico, che dovrebbe favorire il processo di normalizzazione nel Corno d’Africa, una delle regioni più infuocate del continente africano. Se da una parte è vero che la decisione del regime sudanese di estendere a tutto il Paese la sharia, la legge islamica, determinò nel 1983 lo scoppio delle ostilità, dall’altra gli interessi petroliferi sono stati evidenti fin dall’inizio del conflitto e hanno paradossalmente dato sostanza, dopo anni di tormenti, al negoziato tra Nord e Sud. Non è un mistero per nessuno che il governo di Washington, in questi ultimi anni, abbia devoluto ingenti quantità di denaro alle parti in conflitto con l’intento di promuovere una piattaforma di riconciliazione nazionale. In questa prospettiva, l’intesa sulla ripartizione dei proventi del greggio – peraltro già siglata in sede negoziale tra governo e ribelli – rappresenta l’elemento centrale e sostanziale dell’accordo finale di pace, tanto atteso.

 

Una cosa è certa: in questi anni di guerra – è bene ricordarlo – hanno perso la vita oltre due milioni e mezzo di persone, e sia i governativi sia i ribelli hanno compiuto crimini e altre vessazioni contro civili inermi, senza peraltro mai dare spazio alla società civile, l’unica – Chiesa cattolica in testa – che ha sempre avuto a cuore le sorti della gente, esigendo un fermo rispetto dei diritti umani. Ecco perché la firma ha in effetti il sapore di una spartizione del potere tra due vecchi nemici, il che potrebbe – sulla media e lunga distanza – compromettere i difficili equilibri interni. Rimane dunque ancora molta strada da compiere, soprattutto in merito al delicato processo di integrazione tra le varie componenti politiche, etniche e religiose presenti sul territorio del più vasto Paese africano.

 

Riguardo alla crisi nel Darfur, dove il cessate-il-fuoco è stato ripetutamente violato, John Garang, leader dei ribelli sud-sudanesi, ha promesso di risolvere la questione in tempi brevi, non appena assumerà il ruolo di vice presidente. Stando infatti a fonti ufficiose dello SPLA, vi sarebbe stato nel corso degli ultimi due anni un coinvolgimento diretto degli uomini di Garang nella crisi in atto nel Sudan occidentale, con l’intento di esercitare una pressione militare sulle autorità di Khartum. A questo punto non resta che attendere gli sviluppi di uno scenario, quella darfouriano, al momento estremamente preoccupante, soprattutto dal punto di vista umanitario.

 

Per la Radio Vaticana, Giulio Albanese.

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Ad essere firmata è stata oggi una serie di protocolli, su cui si è raggiunta un'intesa in due anni di colloqui. Secondo l'accordo, il partito al potere, il National Congress party, e lo SPLA - l'Esercito popolare di liberazione del Sudan, formeranno un governo di coalizione, il potere sarà decentralizzato, le entrate del petrolio saranno divise e si procederà all'unificazione dell'esercito. Alla fine di un periodo di interim di sei anni il Sud potrà votare per l’autodeterminazione. Ma quali prospettive ci sono per il prossimo futuro? Salvatore Sabatino lo ha chiesto a Mons. Cesare Mazzolari, vescovo di Rumbek:

 

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R. – Anzitutto la firma di pace è un fatto molto significativo. La partecipazione di 17 Stati e quella di Colin Powel e di altri grandi personalità ha un significato straordinario che potrebbe creare un’aspettativa da non essere delusa immediatamente. Il periodo difficile saranno i prossimi 6 mesi: in questo periodo il Nord e il Sud dovranno preparare le loro costituzioni per essere governati in modo autonomo. Questi 6 mesi saranno cruciali e potrebbero indicare sia delle cose positive sia essere mesi di nuovi conflitti. L’aspettativa è grande, ma è ancora tutto da vedere.

 

D. – Il ruolo primario per questa pace è stato giocato dagli Stati Uniti. In che modo Washington cercherà di far tutelare il rispetto della pace?

 

R. – Penso che a questo punto gli Stati Uniti potrebbero provvedere all’aiuto materiale e probabilmente anche all’assistenza tecnica per avviare il Sudan in questo momento di ricostruzione e non solo dando i mezzi ma anche le persone che possano aiutare nel campo sanitario in modo da creare infrastrutture, nell’addestrare insegnanti, dottori e infermieri almeno per alcuni mesi se non per un paio d’anni.

 

D. – Dall’accordo odierno è stata elusa la delicata questione del Darfur. Si può pensare a questo punto ad una pacificazione anche per questa martoriata regione?

 

R. – Penso che dobbiamo fare un passo alla volta. Il Darfur è stato usato come schermo per fare molto male a tutto il Sud, questo male deve essere estirpato dal Sud Sudan, dopo si penserà a sistemare anche la questione del Darfur.

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LA PALESTINA OGGI ALLE URNE PER SCEGLIERE IL SUCCESSORE DI ARAFAT. GRANDE

FAVORITO IL MODERATO MAHMUD ABBAS, DETTO ABU MAZEN, ANCHE SE

SUL VOTO PESA L’INCOGNITA ASTENSIONISMO.

- Intervista con padre Haziz Halaweh -

 

Inizia oggi il dopo Arafat. Sono quasi due milioni gli elettori chiamati ad eleggere il nuovo presidente del'Autorità Nazionale Palestinese. L'esito del voto, sul quale pesa però il rischio astensione, appare scontato: il capo del'Olp, il moderato Mahmud Abbas, meglio conosciuto come Abu Mazen, dovrebbe ottenere una facile vittoria. L'ex-premier,  contrario alla violenza, ha già indicato che dopo le elezioni riaprirà rapidamente il dialogo con Israele. La cronaca di questa giornata elettorale da Graziano Motta:

 

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Aperte alle 7 di questa mattina le circa 3mila sezioni elettorali, saranno chiuse alle 19. L’affluenza a metà giornata è considerata buona, da fonti ufficiali palestinesi, che tuttavia lamentano alcune restrizioni al passaggio dei posti di blocco militari israeliani fuori dai centri abitati, da dove i soldati fin da ieri erano stati ritirati, per i controlli molto attenti dovuti sia al fatto che dei ricercati vorrebbero, per spostarsi approfittare delle agevolazioni elettorali, ma anche al persistere nella Striscia di Gaza, delle operazioni di guerriglia palestinesi. Questa mattina infatti 3 missili ‘qassam’ sono stati lanciati nel territorio israeliano anche se le esplosioni non hanno causato vittime.

 

            Alcuni gruppi di attivisti ebrei di estrema destra, hanno manifestato contro le elezioni, ma sono stati subito dispersi dalla polizia israeliana nei pressi di due dei 6 uffici postali di Gerusalemme Est, dove gli arabi della città possono votare, ma non si segnalano altri incidenti maggiori. Abu Mazen, il candidato favorito dai sondaggi, ha votato nella Muqatah di Ramallah, esprimendo poi soddisfazione per la prova di democrazia data con queste consultazioni dai palestinesi, la cui maggioranza – anche se i movimenti fondamentalisti islamici Hamas e Jihad non hanno presentato candidati ed hanno dato istruzioni a disertare le urne – manifestano al migliaio di giornalisti di ogni parte del mondo, venuti per l’occasione la loro speranza per una svolta non solo nell’assetto istituzionale e nella vita pubblica, con quella trasparenza e moralità che sono mancate, ma anche nell’avvio di un negoziato di pace serio con Israele per la nascita del loro Stato indipendente.

 

Gli 800 osservatori venuti soprattutto dall’Europa e dagli Stati Uniti, si stanno muovendo liberamente nei territori. Finora soltanto quattro osservazioni sono state avanzate a Sharon dal capo della delegazione americana l’ex presidente degli Stati Uniti, Jimmi Carter, anche se un altro osservatore statunitense ha espresso soddisfazione per l’andamento delle votazioni.

 

Per la Radio Vaticana, Graziano Motta.

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Dunque l’elezione di Abu Mazen appare quasi scontata. Ma come cambierà la situazione nei Territori sotto la sua guida? Paolo Ondarza lo ha chiesto a padre Aziz Halaweh, parroco di Bikrzeit, una città vicino a Ramallah.

 

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R. – Abu Mazen è pronto a fare quello che vogliono gli israeliani. Abu Mazen è abbastanza forte anche con il suo partito Al Fatah per continuare la strada intrapresa da Yasser Arafat e applicare tutte le risoluzioni dell’Onu.

 

D. – Che significato assume l’eventuale elezione di Abu Mazen proprio in un momento in cui il presidente israeliano Sharon è in procinto di sgombrare Gaza?

 

R. – Noi vogliamo che Sharon lasci la striscia di Gaza, ma vogliamo che sia solo una tappa per lasciare tutta la Cisgiordania, la Palestina perché la nostra vita è veramente difficile con questo assedio; ed anche dalla parte israeliana non possono continuare a vivere nella paura come tutti i coloni che vivono in mezzo ai palestinesi. Tutti devono lasciare la Palestina e tornare nel loro Paese. Ci auguriamo che veramente il nuovo leader guidi alla giustizia e alla pace e al rispetto della legge e che sia realizzata una vita veramente democratica.

 

D. – L’eventuale elezione di Abu Mazen quale effetto potrebbe avere nel contrastare le azioni terroristiche palestinesi?

 

R. – Spero che Abu Mazen convinca gli islamici a lasciare la strada della violenza e di seguire quella che porta verso la pace, ma c’è la paura che gli israeliani non lascino lavorare Abu Mazen, questo è il problema. Se gli israeliani hanno davvero la volontà di fare la pace, ora possono dimostrarlo.

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L’IMPEGNO DELLA CHIESA BRASILIANA A SALVARE I RAGAZZI DI STRADA

 - Intervista con padre Julio Lancellotti -

 

Nuovo anno di speranza per 400 giovani ragazzi brasiliani. Saranno levati dalle strade e inseriti in un percorso di formazione e re-inserimento nelle scuole, nelle famiglie e nella comunità. Questo è l’obiettivo che si è prefissata la Fondazione Joaquin Nabuco, con il sostegno delle autorità brasiliane, per arginare gli abusi del turismo sessuale perpetrati sui minori e la piaga dell’uso di droghe che miete molte giovani vittime. Un’indagine effettuata su circa 3 mila bambini rivela che circa l’80% di essi abbandona le proprie case per “tentare” la fortuna nelle strade. Rita Anaclerio ha chiesto a padre Julio Lancellotti, sacerdote dell’arcidiocesi di San Paolo, che da diciotto anni si occupa dei cosiddetti meninos da rua, quanti sono i bambini che ha aiutato e quali i principali problemi a cui questi ragazzi vanno incontro:

 

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R. – Lavoriamo con 7 mila bambini e adolescenti in 51 luoghi diversi, tutto nei dintorni della città di San Paolo.

 

D. – Quanti giovani a San Paolo hanno problemi con la giustizia, e perché hanno commesso dei reati?

 

R. – Oggi, ci sono 4 mila giovani nella sola città di San Paolo, in carcere; circa 8 mila sono in libertà assistita. Il problema principale è la droga, il narcotraffico; e poi, manca una prospettiva di vita.

 

D. – Questa sua infaticabile opera, però, le ha procurato molti nemici. Mi sa dare una spiegazione del perché, e soprattutto chi è che vi si oppone?

 

R. – C’è un atteggiamento molto violento da parte della polizia e dei membri della sicurezza di Stato; si arrabbiano molto perché lavoriamo per questi giovani che sono in carcere, perché affermiamo che non è legale la tortura, che la Chiesa non accetta la tortura e nemmeno la violenza che lo Stato esercita nei confronti di questi ragazzi. La parola del Santo Padre è la più forte difesa dei diritti umani. Molte persone si arrabbiano, per questa nostra convinzione; noi però sappiamo che la nostra opera è molto difficile, ma è un “mandato” etico, fondato sul Vangelo. Il problema della violenza non si può risolvere con altra violenza!

 

D. – Si sta apprendendo, in questi giorni, della possibile tratta degli orfani del maremoto nel Sud-Est asiatico: una triste condizione che li accomuna ai bambini brasiliani?

 

R. – E’  una situazione simile a quella che si vive spesso nell’America Latina e in genere nel Terzo Mondo. L’Asia è una regione in cui si pratica molto la prostituzione e il turismo sessuale! Serve un maggiore senso etico. In un momento di grandissima sofferenza, come appunto questo, serve sempre una grande opera di educazione: lo facciamo in Brasile, per difendere le bambine orfane e i bambini dallo sfruttamento.

 

D. – Padre, ci vuole salutare con un messaggio di speranza?

 

R. – La speranza è nata nel cuore dei più deboli; la speranza è nata fragile in Gesù, è nata nel cuore della gente di strada. Il cuore di Gesù è il cuore dei piccoli, la sua parola è l’amore.

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LE DIMISSIONI DI GIUSEPPE LARAS DA RABBINO CAPO DI MILANO

- Intervista con il rabbino -

 

Dopo 25 anni di attività si dimette il rabbino capo di Milano, Giuseppe Laras. Lascerà l’incarico la prossima estate. Giuseppe Laras, 69 anni, conserva tuttavia la carica di presidente dell’Assemblea rabbinica nazionale. La comunità ebraica milanese conta circa 10 mila membri ed è la seconda per numero in Italia dopo quella di Roma. Ma sui motivi delle sue dimissioni ascoltiamo lo stesso rabbino Giuseppe Laras al microfono di Paolo Ondarza:

 

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R. – L’ufficio del rabbino capo in una comunità ebraica è un centro motore, propulsore, e ha bisogno di risorse umane. E da qualche tempo a questa parte, si era un po’ indebolita questa struttura, e quindi la cosa mi aveva un poco preoccupato. E dato che le cose, per il momento, continuavano ad andare avanti così, ho ritenuto che non fosse più compatibile, almeno per me, di continuare. Comunque, non c’è niente di drammatico: non desidero assolutamente che possa essere letta come polemica, non è così!

 

D. – Che cosa ricorderà in particolare di questi 25 anni di attività a Milano?

 

R. – I miei ricordi sono tanti e belli; i ricordi belli sono legati al rapporto di conoscenza, di approfondimento, di fraternità, di attività in comune con i miei fratelli della comunità. Ma i miei ricordi sono anche legati all’esterno: il rapporto con la comunità cattolica, attraverso l’opera profonda, intelligente del cardinale Martini; il dialogo ebraico-cristiano è un’iniziativa che è partita una sessantina di anni fa. Ricordo quindi molti incontri, molte meditazioni in comune, molte iniziative ... tutte queste cose, secondo me, sono importanti perché hanno contribuito, sia pur modestamente, a fare avanzare il dialogo. Il dialogo ebraico-cristiano è un’iniziativa  che continua a svolgersi; ha qualche difficoltà però va avanti e richiede la buona volontà e l’impegno delle persone di entrambe le fedi.

 

D. – Che cosa attende chi dopo di lei assumerà la guida della comunità rabbinica milanese?

 

R. – Chi si occuperà dopo di me della comunità, dovrà soprattutto cercare di conoscere in profondità le persone, le necessità, i problemi cercando, con molta buona volontà, con umiltà, di affrontarli; dovrà armarsi di santa pazienza: però la comunità di Milano è una comunità che riserva sicuramente delle soddisfazioni  a chi si dedica ad essa.

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CHIESA E SOCIETA’

9 gennaio 2005

 

 

DA DOMANI 10 GENNAIO A VENERDI’ PROSSIMO LA SESSIONE

CONCLUSIVA DEL SINODO INTEREPARCHIALE DELLE CIRCOSCRIZIONI

DI RITO BIZANTINO IN ITALIA

- A cura di Giovanni Peduto -

 

 

GROTTAFERRATA. – A partire da domani, lunedì 10 gennaio, e fino a venerdì prossimo si tiene a Grottaferrata, nei pressi di Roma, la terza ed ultima sessione del Sinodo intereparchiale delle circoscrizioni di rito bizantino in Italia. Le precedenti si sono svolte rispettivamente nei mesi di ottobre e novembre del 2004. Si tratta di due eparchie (diocesi): quella di Lungro per gli italo-albanesi di Calabria e dell’Italia continentale, e quella di Piana degli Albanesi per gli italo-albanesi di Sicilia, giunti nel XV secolo a seguito dell’occupazione di Albania, Grecia e dei Balcani da parte dell’Impero ottomano. L’eparchia di Lungro venne eretta come tale nel 1919 dalla Santa Sede e quella di Piana degli Albanesi nel 1937. In questo stesso anno, 1937, venne eretto come monastero esarchico (abbazia nullius) l’antica e gloriosa abbazia di San Nilo a Grottaferrata, risalente all’anno mille, erede del monachesimo italo-greco prima della rottura fra Oriente e Occidente. Nel 1940 si svolse il primo Sinodo intereparchiale fra queste tre circoscrizioni per definirne la fisionomia, e gli atti vennero approvati dalla Santa Sede. Ora, a seguito del Concilio Vaticano II, che ha dato disposizioni anche per gli orientali cattolici, e dopo la promulgazione del Codice dei Canoni delle Chiese orientali del 1990 si è ritenuto necessario l’attuale Sinodo incentrato soprattutto sull’evangelizzazione e la missione nel nostro tempo di secolarismo dilagante, sulle varie problematiche pastorali, la liturgia e la formazione del clero, dei religiosi e religiose e del laicato cattolico. Martedì è prevista l’udienza con il Santo Padre e venerdì la conclusione con la concelebrazione presieduta dal Patriarca Ignace Moussa I Daoud, cardinale prefetto della Congregazione per le Chiese orientali, dalla quale dipendono le circoscrizioni di rito bizantino in Italia.    

 

 

mons. giovanni Lajolo in visita in tunisia per la mostra dedicata a sant’agostino: “vi porto la benedizione paterna e gli incoraggiamenti del Papa, che continua a pregare per coloro che ancora

oggi vivono il quotidiano e fraterno dialogo con i membri

della comunità musulmana.

            

TUNISI. = Per la mostra dedicata a Sant’Agostino (Saint Augustine: Africanité et universalité), il segretario per i Rapporti con gli Stati, l’arcivescovo Giovanni Lajolo, ha compiuto nei giorni scorsi una visita in Tunisia, che si è conclusa lo scorso 6 gennaio. Patrocinata dal Ministero tunisino della cultura della gioventù e del tempo libero, con la partecipazione della diocesi di Tunisi e dell’ambasciata della Svizzera in Tunisia, la mostra è stata allestita nell’antica cattedrale della capitale del Paese africano. Inaugurata lo scorso 15 dicembre, l’esposizione, che si concluderà domani, è stata voluta per commemorare il 1.650.mo anniversario della nascita di sant’Agostino, avvenuta a Tagaste nel 354. La manifestazione vuole inoltre ricordare il legame del santo con la città di Tunisi, in cui visse la sua giovinezza; convertitosi al cristianesimo durante il suo soggiorno a Roma e a Milano, Agostino fece ritornoin Africa , per venire successivamente eletto vescovo di Ippona. Nell’omelia del 5 gennnaio nella cattedrale di Tunisi mons. Lajolo ha ricordato i martiri della Chiesa tunisina, come san Cipriano, santa Perpetua e santa Felicita, ed ha portato inoltre ai cittadini la “paterna benedizione e gli incoraggiamenti del Papa”, che non ha dimenticato la sua visita nel Paese africano, il 14 aprile 1996. Il pontefice – ha aggiunto mons. Lajolo - continua a pregare per coloro che ancora oggi testimoniano qui la loro fede vivendo il quotidiano e fraterno dialogo con i membri della comunità musulmana”. Mons. Lajolo ha inoltre rivolto un apprezzamento ai religiosi e fedeli laici, che si occupano dell’educazione, la salute, l’attenzione ai più poveri, annunciando in questo modo il nuovo regno, quello dell’amore. “Voi praticate – ha ricordato il presule - il più bello dei dialoghi ed il più efficace senza dubbio, quello della carità.” (S.C.)

 

 

si concludono oggi le celebrazioni per il centenario della nascita di

giorgio la pira, il “sindaco santo”, di cui si concluderà

tra breve la fase diocesana del processo di beatificazione.

 

FIRENZE. = Si conclude oggi l’anno di celebrazioni in onore di Giorgio La Pira, di cui ricorre il centenario della nascita. Nato il 9 gennaio del 1904  nella cittadina siciliana di Pozzallo, nel 1986 l’allora arcivescovo di Firenze, cardinale Silvano Piovanelli,  aveva aperto la fase diocesana del processo di beatificazione, che ha richiesto l'esame completo degli scritti editi di La Pira (raccolti in 35 volumi) e di quelli inediti, conservati in gran parte negli archivi della Fondazione La Pira, che ammontano ad alcune decine di migliaia di pagine. Sono stati anche interrogati circa duecento testimoni in molte zone d'Italia e in diverse città straniere: Mosca, Rabat, Gerusalemme, Parigi, Dakar. Lo scorso 31 dicembre durante l’omelia nella Cattedrale l’arcivescovo di Firenze, cardinale Ennio Antonelli, aveva annunciato la prossima conclusione della fase diocesana del processo di beatificazione. Intanto a Firenze proseguono appuntamenti e manifestazioni, come la mostra a Palazzo Vecchio (fino al prossimo 6 febbraio) dedicata alla figura di La Pira. Inoltre, la lettura da parte dell’attore Alessandro Benvenuti, di alcuni testi del “professore”, in programma per le ore 11 del 19 gennaio. (S.C.)

 

 

QUESTA MATTINA ALL’ALTARE DELLA CATTEDRA NELLA BASILICA VATICANA

SOLENNE CELEBRAZIONE DI RINGRAZIAMENTO PER I 50 ANNI DI SACERDOZIO DI

MONS. PIERO MONNI, OSSERVATORE PERMANENTE DELLA SANTA SEDE

PRESSO L’ORGANIZZAZIONE MONDIALE DEL TURISMO E PER PIU’

DI DIECI ANNI REDATTORE PRESSO LA RADIO VATICANA

- A cura di Giovanni Peduto -

 

CITTA’ DEL VATICANO. – Alle ore 10.30 di questa mattina all’Altare della Cattedra, nella Basilica Vaticana, un folto gruppo di parenti, amici e conoscenti, nonché numerosissimi concelebranti fra cui vescovi e cardinali membri della Curia Romana e il Capitolo di San Pietro di cui è membro, si sono uniti attorno a mons. Piero Monni che ha celebrato una Messa di ringraziamento per i suoi 50 anni di ordinazione sacerdotale avvenuta a Cagliari, in Sardegna, il 2 gennaio del 1955. Mons. Monni, nato a Ferrara il 14 dicembre del 1928, è attualmente Osservatore permanente della Santa Sede presso l’organizzazione Mondiale del Turismo, agenzia delle Nazioni Unite con sede a Madrid. E’ inoltre capo missione e rappresentante pontificio in numerose assemblee internazionali. Ma lo ricordiamo soprattutto per aver egli prestato servizio alla Radio Vaticana, in qualità di redattore del Radiogiornale, per oltre un decennio negli anni settanta e i primi anni ottanta. Passò quindi al servizio della Segreteria di Stato e, poi, per sette anni consigliere diplomatico all’Ambasciata italiana presso la Santa Sede. Non gli è mancata l’esperienza pastorale, poiché subito dopo l’ordinazione per più di 15 anni svolse il suo ministero in varie parrocchie della sua arcidiocesi di Cagliari, retta per alcuni anni dal cardinale Giovanni Canestri. Il porporato ha voluto onorare mons. Piero Monni non solo con la sua presenza in Basilica questa mattina, ma anche tenendo egli stesso l’omelia sul tema del sacerdozio, elogiando la figura di mons. Monni quale fedele servitore della Chiesa di Gesù Cristo. Non vogliamo tacere le pubblicazioni di mons. Monni dal 1978 ad oggi, tra le quali risaltano le sue ricerche sul turismo sessuale nel volume “L’arcipelago della vergogna” edito da EUR in varie lingue. Dopo la celebrazione nella Basilica Vaticana, mons. Monni ha salutato tutti i partecipanti nell’atrio dell’Aula Paolo VI in Vaticano.  

 

 

italia: dalla mezzanotte sarà vietato fumare

negli esercizi pubblici italiani.

 

ROMA. = Dalla mezzanotte di oggi entrerà in vigore il divieto di fumo in tutti gli esercizi pubblici italiani. Fino ad ora la percentuale dei locali che ha adibito una sala per fumatori è dell’8% del totale al Nord, del 6% al centro, del 4% al Sud e del 3% nelle isole. Gli esercenti si dicono consapevoli dell'importanza di questa legge dal punto di vista della salute per i cittadini, secondo quanto affermato dal segretario della Fiepet-Confesercenti Galli; e sono “disposti ad intensificare la campagna d'informazione sul divieto di fumo nei pubblici esercizi”. L’Associazione degli esercenti si dice inoltre decisa “nel tutelare gli imprenditori che vogliono far rispettare la legge ma con un comportamento equilibrato nei confronti della propria clientela: nessuna denuncia dunque e nessuna delazione”. E segue la linea morbida anche il commento del presidente della Federazione dei pubblici esercizi di Napoli e provincia, Antonio Pace, che nel dichiarare: “non predisporremo le salette per fumatori prescritte dalla legge”, punta il dito sull’eventualità di problemi, nelle zone più turbolente della città, “nell’avvicinare una certa tipologia di clienti, quelli più difficili.” Ai gestori il ministro Sirchia ricorda che “non dovranno fare gli sceriffi, ma solo invitare l'avventore a non fumare. “Il nostro fine – ha aggiunto il ministro – è quello di assicurare a tutti la libertà di non respirare gas altamente nocivi come dimostrano le ricerche scientifiche. (S.C.)

 

 

 

 

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24 ORE NEL MONDO

9 gennaio 2005

 

- A cura di Salvatore Sabatino -

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Nel Sud-Est asiatico il bilancio dei morti causati dal maremoto è di oltre 156 mila vittime delle quali almeno 104 mila in Indonesia, circa 30 mila nello Sri Lanka e più di 15 mila in India. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

 

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In Thailandia, dove sono rimaste uccise più di 5300 persone, resta ancora sconosciuta l’identità di oltre 2000 vittime e si continuano a scavare fosse comuni. Nel Paese, dove sono almeno 8 mila i dispersi, si celebra oggi la “Festa dei bambini” ma il clima gioioso che negli anni scorsi riempiva le strade e i parchi pubblici, è sostituito ora dall’angoscia e dal dolore per la tragedia che ha drammaticamente avvolto, tra le onde, migliaia di vite. Sempre in Thailandia il vescovo salesiano di Surat Thani, mons. Joseph Prathan, ha illustrato all’agenzia vaticana Fides gli interventi volti ad aiutare la popolazione colpita dalla furia dell’acqua. “Alcuni nostri volontari - ha spiegato il presule - si spingeranno sin dove non sono ancora arrivati i soccorsi. Andremo là dove non potrà arrivare nessuna organizzazione governativa”. Nei campi profughi dello Sri Lanka il servizio dei gesuiti per i rifugiati (JRS) sta per attivare, inoltre, un programma di sostegno psicologico per i bambini e i giovani sopravvissuti allo tsunami.

 

Nelle Maldive, intanto, il rappresentante permanente dell’ONU ha reso noto che nove isole del Paese, totalmente distrutte dallo tsunami, non saranno più abitate. E nel Sud-Est asiatico, già drammaticamente colpito dal maremoto, si registrano anche nuovi episodi di violenza. Nello Sri Lanka il lancio di una granata contro un deposito di raccolta di aiuti umanitari ha causato la morte di almeno 3 persone. In Indonesia, nella città di Banda Aceh, un gruppo di guerriglieri appartenenti al movimento per “Aceh libera”, che da 27 anni combatte a nord di Sumatra, ha attaccato il campo profughi di Catapang uccidendo un soldato. E in Indonesia, dove è stata avvertita la scorsa notte una nuova scossa di assestamento di magnitudo 4,7 della scala Richter, sono arrivati aiuti provenienti dalla Thailandia. In Svezia, infine, si sono tenute ieri cerimonie celebrate simultaneamente in 13 cattedrali del Paese in memoria delle vittime. La Svezia potrebbe risultare lo Stato europeo con il bilancio più pesante: sono 52 i morti confermati e più di 1200 gli svedesi di cui non si hanno più notizie.

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Nei Paesi colpiti dal maremoto, le principali urgenze sono quelle di assicurare rifugi ai senzatetto e di portare alla popolazione medicine, acqua potabile e cibo. Sulla situazione dello Sri Lanka in particolare ascoltiamo il segretario della nunziatura apostolica dello Stato asiatico, mons. Claudio Cricini,  intervistato da Amedeo Lomonaco:

 

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R.- La situazione nello Sri Lanka sembra sotto controllo. Gli aiuti stanno arrivando in tutte le zone più colpite. Per quello che ci risulta non ci sono epidemie. Certamente bisogna sottolineare che le condizioni sanitarie e igieniche sono precari

 

D.- Nel Paese, diviso da anni di guerra civile, si respira comunque un clima di coesione e di collaborazione. Dalle macerie della catastrofe può emergere un uomo nuovo?

 

R. Credo che la tragedia possa diventare una grande opportunità, per le parti in conflitto, per arrivare ad una soluzione definitiva delle lacerazioni che stanno dividendo questo Paese. La riconciliazione sarebbe davvero una parola di conforto, di speranza e di aiuto concreto per quanti si trovano ora nella sofferenza e nella disperazione.

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Ancora violenze in Iraq. Sono almeno 14 le persone rimaste uccise nella notte tra venerdì e sabato a causa di un raid aereo statunitense sul villaggio di Aaytha, a Sud-Est di Mossul. L’esercito americano ha ammesso l’errore, precisando di aver colpito un’abitazione civile, al posto di una postazione di guerriglieri. Nella provincia di Wasit, invece, 9 soldati della Forza multinazionale, otto ucraini e un kazako, sono morti mentre cercavano di far esplodere un deposito di munizioni. Lo riferisce l'agenzia polacca Pap. La violenza non accenna a diminuire neppure a Baghdad, dove una bomba, fatta esplodere al passaggio di un convoglio statunitense, ha ucciso un marine.  A Nassirya, infine, un convoglio militare italiano è stato attaccato con un ordigno. Nessuno è rimasto ferito.

 

Quattro presunti membri della rete terroristica di Al Qaida sono rimasti uccisi questa mattina nei pressi della capitale saudita, Riad, durante uno scontro a fuoco con le forze di polizia. A confermare la notizia il ministero degli Interni saudita, secondo cui le forze di sicurezza avrebbero aperto il fuoco dopo essere stati attaccati. I quattro presunti terroristi appartenevano al “gruppo  deviato”, termine che il governo di Riad solitamente adotta per indicare la rete di Al Qaida.

 

Fonti della sicurezza libanese a Beirut hanno confermato che guerriglieri del movimento islamico libanese Hezbollah hanno lanciato questa mattina razzi contro una  pattuglia israeliana lungo il confine tra lo Stato ebraico, il Libano e la Siria. Per la milizia libanese un soldato israeliano avrebbe perso la vita. La risposta di Israele non si è fatta attendere: aerei da guerra hanno bombardato presunte basi dei guerriglieri islamici. Al momento non risultano vittime.

 

Tensione alta anche in Pakistan, dove ieri almeno 11 persone hanno perso la vita nel corso di scontri scoppiati nella cittadina settentrionale di Gilgit tra le due fazioni sunnite e sciite. Sei delle vittime hanno perso la vita nel rogo di un’abitazione, appiccato dai sunniti. Gli scontri tra sciiti e sunniti, che sono in maggioranza in  Pakistan, hanno provocato nel Paese la morte di almeno 4.000 persone negli ultimi dieci anni.

 

Tempeste di vento, della forza di un uragano, stanno battendo il nord dell'Europa, dalla Svezia alla Danimarca al nord dell'Inghilterra, provocando  vittime - si contano finora 12 morti - e lasciando al buio o  senza casa  migliaia di persone. Bloccati per ore numerosi scali aerei, ferrovie e porti. Sono state interrotte tutte le comunicazioni via mare tra Svezia,  Danimarca, Norvegia, Gran Bretagna e Germania. In Scozia un traghetto con cento persone a bordo, è stato  disincagliato questa mattina, dopo essere rimasto bloccato ieri a Cairnryan, sulla costa occidentale. 

 

  

 

 

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