RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLIX n. 8  - Testo della trasmissione sabato 8 gennaio 2005

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

La fine dell’embargo contro Cuba e un’effettiva libertà religiosa nell’isola: li ha auspicati oggi il Papa, ricevendo in Vaticano il nuovo ambasciatore di Cuba presso la Santa Sede

 

Telegramma di cordoglio di Giovanni Paolo II, per la sciagura ferroviaria sulla Bologna-Verona. Salito a quattordici il numero delle vittime.

 

Sperimentate il mistero dell’Eucaristia soprattutto partecipando alla Santa Messa domenicale. Così oggi il Papa, ricevendo in Vaticano il 31.mo Stormo dell’Aeronautica militare italiana

 

Fidatevi di Gesù, anche nei momenti di apparente fallimento: scoprirete l’amore di Dio che dà senso pieno alla vita. Così il Papa ai giovani nel suo messaggio per la Giornata mondiale di preghiera per le vocazioni

 

Per permettere un’amministrazione della giustizia vaticana al passo con i tempi, sono necessarie delle modifiche interne al sistema e una maggiore cooperazione con le magistrature e le polizie  internazionali. Così l’avv. Nicola Picardi all’inaugurazione dell’anno giudiziario in Vaticano

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Salito a 160 mila il bilancio delle vittime del maremoto in Asia. Allarme per il traffico dei minori orfani: intervista con Marco Bertotto

 

Il Vangelo di domani: il commento di padre Marko Ivan Rupnik

 

CHIESA E SOCIETA’:

“E’ inammissibile pretendere di alterare la costituzione della Spagna in nome di una volontà di potere, locale o di qualunque altro tipo”: così, la Conferenza episcopale spagnola sull’approvazione, lo scorso 30 dicembre, del “Piano Ibarretxe”

 

Duemila bambini, molti dei quali provenienti dai territori palestinesi occupati, in pellegrinaggio questa mattina a Betlemme, per assistere alla Messa nella Basilica della Natività

 

I Caschi Blu dell’ONU colpevoli di abusi sessuali su giovanissime in Congo: è quanto emerge da un rapporto delle Nazioni Unite pubblicato ieri

 

Kofi Annan denuncia il rischio di una nuova esplosione di violenza in Darfur

 

La capitale europea per la cultura 2005 è la città irlandese di Cork

 

24 ORE NEL MONDO:

Attesa per le elezioni presidenziali palestinesi di domani. Il grande favorito rimane il leader dell’OLP, Abu Mazen

 

Si firmerà domani a Nairobi l’accordo che dovrebbe porre fine alla ventennale guerra civile in Sudan.

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

8 gennaio 2005

 

 

 LA FINE DELL’EMBARGO CONTRO CUBA E UN’EFFETTIVA LIBERTA’ RELIGIOSA NELL’ISOLA: LI HA AUSPICATI OGGI IL PAPA,

RICEVENDO IN VATICANO IL NUOVO AMBASCIATORE DI CUBA PRESSO LA SANTA SEDE

 

Il Papa auspica che “quanto prima” si creino le condizioni per la fine dell’embargo contro Cuba e che la Chiesa, impegnata nella concreta promozione del bene comune, possa operare in un “ambito di genuina libertà religiosa”. Queste le speranze di Giovanni Paolo II espresse al nuovo ambasciatore di Cuba presso la Santa Sede, il signor Raúl Roa Kourí, ricevuto stamane in Vaticano per la presentazione delle Lettere Credenziali. Nel corso del suo discorso, il Papa ha, inoltre, assicurato le proprie preghiere per la “prosperità integrale” dell’isola e per la “salute” del suo leader, Fidel Castro. Il servizio di Barbara Castelli:

 

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“La Santa Sede auspica vivamente che si possano superare quanto prima quegli ostacoli che impediscono la libera comunicazione e il libero scambio tra Cuba e parte della Comunità Internazionale, assicurando così, mediante un dialogo rispettoso e aperto a tutti, le condizioni necessarie per un autentico sviluppo”. Ricevendo il nuovo ambasciatore cubano presso la Santa Sede, Giovanni Paolo II ha espresso vivo affetto per la Nazione guidata da Fidel Castro, visitata dal Papa nel gennaio del 1998. Riconoscendo l’impegno profuso e i passi in avanti compiuti dalla “cara” isola di Cuba e in campo sanitario, sul fronte dell’educazione e della cultura, nelle sue diverse espressioni, il Pontefice ha sottolineato come queste condizioni rappresentino “alcuni dei pilastri dell’edificio della pace”, che non vuol dire solo “assenza di guerra”, ma soprattutto una “promozione umana integrale”, che contempla una crescita armoniosa del corpo e dello spirito, “di tutti i membri della società”.

 

Nel suo discorso, il Pontefice non ha mancato di lodare lo spirito di solidarietà cubano, illustrando poi l’impegno della Chiesa nella Nazione. “Con la sua presenza evangelizzatrice e con uno spirito di servizio verso la popolazione – ha detto il Papa – la Chiesa a Cuba si sforza” di portare avanti nel modo più concreto possibile il suo magistero sociale. Giovanni Paolo II ha, quindi, auspicato un clima di effettiva libertà religiosa per la promozione del bene comune e un’autentica collaborazione tra le Chiese sorelle. In “ogni società pluralista”, ha proseguito, gli orientamenti e le proposte della Chiesa possono generare punti di vista differenti tra quanti vivono la fede e quanti non la professano. “Le divergenze, tuttavia – ha concluso – non devono in nessun modo produrre conflittualità sociali, quanto piuttosto favorire un dialogo ampio e costruttivo”.

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TELEGRAMMA DI CORDOGLIO DI GIOVANNI PAOLO II, PER LA SCIAGURA FERROVIARIA

SULLA BOLOGNA-VERONA. SALITO A QUATTORDICI IL NUMERO DELLE VITTIME,

IN ONORE DELLE QUALI I FERROVIERI ITALIANI OSSERVERANNO 10 MINUTI DI SILENZIO, IL PROSSIMO 12 GENNAIO

- A cura di Alessandro De Carolis -

 

Grande tristezza personale, preghiera per le vittime e vicinanza spirituale ai loro familiari. Il tragico incidente ferroviario che ieri, verso le 13, ha seminato la morte in Italia, lungo la linea Verona-Bologna, a pochi metri dalla stazione di Bolognina di Crevalcore, ha suscitato molto dolore nel Papa. Giovanni Paolo II, attraverso il cardinale segretario di Stato Angelo Sodano, ha inviato ieri sera un telegramma di cordoglio all’arcivescovo di Bologna, Carlo Caffarra, nel quale si dice “profondamente rattristato per la grave sciagura ferroviaria”, che ha causato la morte di 14 persone - tra cui i quattro macchinisti dei due treni - e il ferimento di una quindicina. Assicurando la propria solidarietà anche nei riguardi dell’“intera nazione italiana, in queste ore di angoscia”, il Pontefice – si legge nel telegramma – “eleva al Signore della vita fervide preghiere di suffragio per l'eterno riposo delle anime dei defunti” e “invoca consolazione dal cielo per quanti piangono la perdita dei loro cari”.

 

Sul versante della cronaca, la notte appena trascorsa ha visto circa 400 tra Vigili del fuoco e volontari della Protezione civile lavorare ininterrottamente tra le carcasse dei due convogli - un interregionale e un treno merci - protagonisti del drammatico frontale. La quattordicesima vittima, un uomo, è stato estratto dalle lamiere questa mattina. Da qualche ora, alla Certosa di Bologna, sono in corso le procedure di riconoscimento dei corpi da parte dei parenti delle vittime, ma per molti dei cadaveri, considerato il loro stato, l’identificazione sarà possibile solo attraverso il test del Dna. Sul disastro, la Procura di Bologna ha avviato un’inchiesta, condotta dal pm Enrico Cieri, che ha annunciato per oggi un nuovo sopralluogo tecnico sul luogo dello scontro per accertarne le cause. Nel frattempo, in memoria delle vittime dell'incidente, i ferrovieri italiani si fermeranno il 12 gennaio prossimo per 10 minuti, dalle 11.50 a mezzogiorno, mentre Trenitalia ha annunciato che si farà carico degli oneri dei funerali.

 

 

 

SPERIMENTATE IL MISTERO DELL’EUCARISTIA

SOPRATTUTTO PARTECIPANDO ALLA SANTA MESSA DOMENICALE. COSI’ OGGI IL PAPA, RICEVENDO IN VATICANO UFFICIALI E MILITARI

DEL 31.ESIMO STORMO DELL’AERONAUTICA MILITARE ITALIANA

- A cura di Barbara Castelli -

 

Cristo è “pane di vita eterna”, sorgente di speranza e “fonte di amore, da cui costantemente si riversano sul mondo doni di giustizia, di perdono e di pace”. Con queste parole, stamani in Vaticano, Giovanni Paolo II ha salutato una delegazione del 31.esimo Stormo dell’Aeronautica Militare Italiana, che ha la responsabilità dei viaggi aerei pontifici. Ricevendo gli ufficiali e i militari, nell’anno in cui la Chiesa contempla con speciale intensità il mistero dell’Eucaristia, il Papa ha invitato tutti a sperimentare questo “pane vivo disceso dal cielo per la nostra salvezza”, soprattutto partecipando alla Santa Messa domenicale, che costituisce per il cristiano il centro e il culmine della settimana”. “In questa circostanza – ha concluso il Pontefice – mi è, inoltre, particolarmente caro rinnovarvi l’espressione della mia gratitudine per la generosa e singolare cooperazione che offrite al mio ministero pastorale”.

 

 

 

FIDATEVI DI GESU’, ANCHE NEI MOMENTI DI APPARENTE FALLIMENTO:

SCOPRIRETE   L’AMORE DI DIO CHE DA’ SENSO PIENO ALLA VITA.

COSI’ IL PAPA AI GIOVANI  NEL SUO MESSAGGIO

PER LA GIORNATA MONDIALE DI PREGHIERA PER LE VOCAZIONI

 

Il Papa invita i giovani a rispondere con generosità alla chiamata del Signore per testimoniare al mondo la stupenda verità dell’amore di Dio. L’esortazione è contenuta nel suo messaggio, reso noto oggi, per la Giornata mondiale di preghiera per le vocazioni che si celebrerà domenica 17 aprile sul tema: “Chiamati a prendere il largo”. Ce ne parla Sergio Centofanti:

 

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Il Papa chiede ai giovani di fidarsi di Dio per dare senso pieno alla propria vita. Come hanno fatto i primi discepoli che dopo una notte intera passata a pescare senza prendere nulla, hanno obbedito a Gesù che li invitava a prendere il largo e a gettare di nuovo le reti. Un atto di fede da cui è scaturita una pesca prodigiosa. Il rapporto fiducioso con Cristo, in particolare nella preghiera – spiega il Pontefice - “ci fa avvertire la sua presenza anche nei momenti d’apparente fallimento, quando la fatica sembra inutile”. E’ proprio ”in tali momenti che occorre aprire il cuore all’onda della grazia e consentire alla parola del Redentore di agire con tutta la sua potenza”. “Chi apre il cuore a Cristo – dice Giovanni Paolo II – non soltanto comprende il mistero della propria esistenza, ma anche quello della propria vocazione”: vocazione alla vita familiare, alla vita consacrata o al ministero sacerdotale.

 

E l’invito di Gesù a prendere il largo – si legge nel messaggio – “è particolarmente attuale nel nostro tempo, in cui una certa mentalità diffusa favorisce il disimpegno personale davanti alle difficoltà”.  La parola d’ordine che il Papa lancia è questa: perseverare nella preghiera e nell’ascolto quotidiano della Parola di Dio. “L’autenticità della vita cristiana – infatti – si misura dalla profondità della preghiera”. Giovanni Paolo II si rivolge quindi agli adulti credenti perché sappiano “rendere visibile il volto di Cristo con le loro parole e con il loro esempio”. In questo modo i giovani saranno più facilmente pronti ad accogliere l’esigente messaggio evangelico “segnato dal mistero della Croce”. Non bisogna dimenticare – ribadisce il Papa – “che anche oggi c’è bisogno di sacerdoti santi, di anime totalmente consacrate al servizio di Dio!”. E invita a pregare Dio perché mandi sacerdoti santi. L’essenza del cristianesimo è la carità: e Giovanni Paolo conclude il suo messaggio per le vocazioni, invitando tutti i cristiani a vivere il Vangelo “sine glossa”, senza personali interpretazioni, per diventare sempre più capaci “di amare al modo stesso di Cristo” testimoniando “la stupenda verità dell’amore salvifico di Dio”.

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PER PERMETTERE UN’AMMINISTRAZIONE DELLA GIUSTIZIA VATICANA

AL PASSO CON I TEMPI, SONO NECESSARIE MODIFICHE INTERNE AL SISTEMA E UNA MAGGIORE COOOPERAZIONE CON LE MAGISTRATURE E LE POLIZIE INTERNAZIONALI.

COSI’ L’AVVOCATO NICOLA PICARDI

ALL’INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO IN VATICANO

- Servizio di Alessandro De Carolis -

 

 

Razionalizzare i carichi di lavoro delle figure professionali che sovrintendono al funzionamento della macchina giudiziaria vaticana, così da velocizzare la soluzione delle centinaia di casi originati dal flusso dei milioni di pellegrini che ogni anno visitano San Pietro. A chiederlo, questa mattina, è stato l’avv. Nicola Picardi, il promotore di Giustizia vaticano, nel suo intervento di inaugurazione dell’Anno giudiziario 2005 dello Stato della Città del Vaticano, svolto alla presenza del cardinale segretario di Stato, Angelo Sodano, e delle più alte cariche della magistratura italiana. Il servizio di Alessandro De Carolis.

 

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In un mondo che cambia sotto la spinta di fenomeni come il terrorismo internazionale - e in cui l’interdipendenza fra i vari sistemi, tra cui quello giuridico, appare come un dato imprescindibile a livello mondiale – anche la giustizia vaticana è sollecitata a mutare ulteriormente volto, come del resto già avvenuto più volte nel corso dei 76 anni di vita dello Stato nato dai Patti Lateranensi. E’ questa la considerazione di fondo che suggella la relazione dell’avv. Nicola Picardi, al termine della sua lunga analisi sullo stato della giustizia vaticana. L’intervento - preceduto da un dettagliato resoconto sulla storia e i meccanismi dell’ordina-mento giudiziario pontificio, prima e dopo il 7 giugno del 1929 – ha affrontato, con il corredo di numerosi grafici e tabelle, il movimento dei procedimenti penali e civili avvenuti nel 2004: anno caratterizzato – ha affermato Picardi – da “indagini di polizia giudiziaria particolarmente delicate, culminate anche con l’adozione di misure coercitive nei confronti di cittadini stranieri”. E qui, Picardi ha aperto un lungo capitolo, soffermandosi sia sulla singolare sproporzione tra il numero dei contenziosi rispetto alla popolazione residente dello Stato vaticano, sia sulla tipologia dei reati commessi.

 

Se in Italia, ha detto, su una popolazione di 57 milioni di individui, il rapporto medio tra abitanti e procedimenti civili è del 5,3%, che arriva al 10 nel rapporto tra popolazione e procedimenti penali, nello Stato della Città del Vaticano, che conta 492 abitanti effettivi, il rapporto balza all’86%, per il civile, mentre per il penale “arriva addirittura al 106%”. Ciò, ha spiegato Picardi, “non dipende da una maggiore litigiosità” di chi abita nella Città del Vaticano, che anzi conta una bassissima percentuale (meno del 2%) di casi giudiziari interni. Al contrario, l’alta percentuale è dovuta principalmente al fatto che annualmente transitano entro in confini vaticani 18 milioni tra pellegrini e turisti – soprattutto in Basilica e nei Musei -  e dunque i processi e i contenziosi vedono implicati il più delle volte degli stranieri, con “conseguenti difficoltà giuridiche e pratiche”. Picardi ha portato ad esempio il caso delle notificazioni degli atti penali, che seguendo per tradizione la via diplomatica arrivano ad essere espletate in tempi che vanno da un minimo di  6 mesi fino a diversi anni, dilatando a dismisura la durata dei procedimenti. Il risultato è che i contenziosi più delicati, affrontati dal Tribunale, si esauriscono dopo una media di 1303 giorni. E l’“allarmante” e “anomala” durata dei processi penali, ha osservato inoltre il promotore di Giustizia vaticano, “non può essere nemmeno giustificata” dalla presenza di reati particolarmente complessi, giacché la stragrande maggioranza di essi riguarda furti (dei quali oltre il 90% degli autori resta impunito), appropriazioni indebite, truffe, falsi e peculati.

 

Suggerendo l’adozione di “misure idonee”, in grado di consentire al sistema giudiziario vaticano di funzionare in modo tempestivo, autonomo e indipendente, l’avv. Picardi ha prospettato degli aggiustamenti di tipo organizzativo, tra cui una maggiore valorizzazione del ruolo di Giudice unico e il “potenziamento dell’organico del tribunale”, oltre ad una maggiore cooperazione con le magistrature e le polizie del resto del mondo. In quest’ottica, ha aggiunto, riecheggiando quanto già sostenuto lo scorso anno, “meriterebbe di essere attentamente esaminata l’eventualità dell’adesione dello Stato della Città del Vaticano all’accordo di Schengen” del 1985, che oltre all’abbattimento delle frontiere interne prevede anche l’intensificazione dello “scambio di informazioni, di rapporti operativi, di iniziative preventive e repressive a tutela della sicurezza delle persone”. Un contributo prezioso, ha concluso Picardi, che permetterebbe di adeguare lo Stato vaticano agli standard comunitari, migliorando la qualità dell’amministrazione giudiziaria.

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ALTRE UDIENZE E NOMINE

 

Nel corso della mattina il Papa ha ricevuto in successive udienze anche l’arcivescovo Giovanni Tonucci, nunzio apostolico in Danimarca, Finlandia, Islanda, Svezia e Norvegia, e il cardinale Giovanni Battista Re, prefetto della Congregazione per i Vescovi.

 

Il Santo Padre ha nominato il cardinale Jean-Marie Lustiger, arcivescovo di Parigi, Suo inviato speciale alle celebrazioni del 60° anniversario della liberazione del campo di concentramento di Auschwitz-Birkenau, in Polonia, in programma il 27 gennaio 2005.

 

Giovanni Paolo II ha nominato quindi Promotore di Giustizia del Tribunale della Rota Romana padre Sebastiano Paciolla, della Congregazione Cistercense di Casamari.

 

Infine il Papa ha nominato direttore dell’Ufficio del Fondo Pensioni il sig. Maurizio Trombetta.

 

 

 

 

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

 

“Chiamati a prendere il largo”

Apre la prima pagina il messaggio di Giovanni Paolo II per la XLII Giornata mondiale di preghiera per le vocazioni, che si svolgerà il 17 aprile.

Sempre in prima, il telegramma di cordoglio del Papa per le vittime della sciagura ferroviaria avvenuta, ieri, vicino a Bologna.

 

Nelle vaticane, nel discorso al nuovo ambasciatore di Cuba, il Santo Padre ha sottolineato che l’azione della Chiesa nella promozione del bene comune del popolo cubano necessita di un ambiente di genuina libertà religiosa.

La lettera del Papa al cardinale Josip Bozanic per la nomina a suo Inviato speciale alle celebrazioni per il 17.mo centenario del martirio di Sant’Anastasia, patrona dell’arcidiocesi di Zadar, in Croazia.

L’udienza del Papa al 31.mo Stormo dell’Aeronautica militare italiana.  

L’omelia dell’arcivescovo Giovanni Lajolo nell’ambito della sua missione a Tunisi, compiuta in occasione del 1650 anniversario della nascita di Sant’Agostino.

 

Nelle estere, Indonesia: a dodici giorni dal maremoto non sono state ancora raggiunte dai soccorsi alcune zone della regione di Banda Aceh.

Un numero speciale dell’“Atlante geopolitico”, a cura di Marcello Filotei, dal titolo “Medio Oriente: le elezioni palestinesi riavviano il processo democratico nei Territori”.

 

Nella pagina culturale, un elzeviro di Mario Gabriele Giordano dal titolo “Mare che invita e mare che offende”: il maremoto nel Sudest asiatico.

 

Nelle pagine italiane, in primo piano la sciagura ferroviaria vicino a Bologna.

 

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

8 gennaio 2005

 

 

SALE A 160 MILA VITTIME IL BILANCIO DEL MAREMOTO IN ASIA

- Intervista con Marco Bertotto -

 

Sarà congelato il debito estero dei Paesi colpiti dal maremoto in Asia. Il G7 ha infatti accolto la moratoria proposta qualche giorno fa dalla presidenza di turno britannica. La notizia, anticipata ieri dal cancelliere Gordon Brown, è stata ufficializzata con un comunicato del governo britannico dopo consultazioni con i Paesi membri. Intanto, è di quasi 160 mila persone il bilancio, ancora provvisorio, dei morti. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

 

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In Indonesia i morti, secondo il ministero degli Affari sociali, sono più di 104 mila. Nello Sri Lanka, dove sono almeno 30 mila le persone rimaste uccise, è arrivato stamani il segretario generale delle Nazioni Unite, Kofi Annan, che ha promesso il sostegno dell’ONU per la ricostruzione. Dallo Sri Lanka arrivano anche buone notizie: secondo l’OMS, l’Organizzazione mondiale della Sanità, la situazione sanitaria del Paese è, infatti, sotto controllo. In India l’ultimo bilancio fornito dal governo è di oltre 10 mila morti e di circa 5.600 dispersi. Oltre ai dati di questa immane tragedia si deve anche rimarcare il lodevole sforzo umanitario profuso da governi e organizzazioni: l’Unione Europea ha deciso di stanziare circa 1,5 miliardi di euro e le associazioni umanitarie americane hanno già raccolto più di 337 milioni di dollari. Si tratta di aiuti necessari per soccorrere i sopravvissuti: l’OMS stima che sono oltre 500 mila i feriti e la Croce Rossa internazionale sostiene che gli sfollati, in precarie condizione di igiene, sono circa 2 milioni. Secondo l’UNICEF, inoltre, il 40 per cento delle persone accolte nei campi sono bambini. E’ stato anche confermato il primo caso di traffico di minori: si tratta di un bambino di quattro anni che stava per essere rapito, in Indonesia, da una coppia. Il tentativo di sequestro è stato fortunatamente sventato dalla polizia. Tra le drammatiche notizie provenienti dal Sud-Est asiatico, si devono poi segnalare le storie a lieto fine di un ragazzo di 14 anni rimasto per dieci giorni su un albero, su un’isola dell’arcipelago indiano delle Andamane e quella di un uomo di 70 anni sopravvissuto in Indonesia dopo aver trascorso 11 giorni sotto le macerie. Nelle isole  indiane di Nicobare, già duramente provate dal maremoto, è stata registrata infine una scossa di assestamento di magnitudo 5,2 della scala Richter. Al momento non si ha notizia di eventuali vittime. 
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Sulla situazione dei bambini vittime dello tsunami è stata dunque espressa preoccupazione dall’UNICEF. Altro problema da risolvere è l’ottimizzazione dei soccorsi internazionale e la ricostruzione. Ma che cosa fare, affinché il Sud-Est asiatico non diventi terra di diritti negati? Giancarlo La Vella lo ha chiesto a Marco Bertotto, presidente di Amnesty International Italia:

 

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R. – Bè, lo è stato nel passato e rischia di continuare adesso ed è sicuramente una tragedia che come la devastazione dello tsunami può contribuire a peggiorare ulteriormente la situazione, soprattutto per quelle che possono essere le condizioni di discriminazione nell’erogazione degli aiuti e nei processi di ricostruzione.

 

D. – Uno degli aspetti più preoccupanti in questa emergenza-maremoto riguarda la sparizione dei minori a vari scopi. Come prevenire questa drammatica evenienza?

 

R. – Bè, innanzitutto riferirsi alle norme del diritto internazionale: ci sono norme specifiche che vietano l’adozione illegale dei minori, che privilegiano la gestione della questione all’interno delle regioni stesse evitando quindi traumatiche forme di adozione internazionale; ci sono norme specifiche che riguardano la protezione dei diritti dei minori, soprattutto con riferimento – ammesso che ci siano – ai reclutamenti di bambini orfani come soldati – per esempio – da parte dei gruppi armati dello Sri Lanka, cosa che è già successa in passato. C’è necessità di prestare una particolare attenzione ai diritti dei minori e più in generale ai diritti di tutte le popolazioni rese ancora più vulnerabili da un fenomeno come quello dello tsunami.

 

D. – C’è poi il problema di restituire a milioni di persone la loro vita normale ... Un ritardo in questo senso vorrebbe dire un’ulteriore negazione dei diritti primari delle popolazioni colpite?

 

R. – Assolutamente sì. E’ dovere della comunità internazionale e dei singoli Stati coinvolti in questa tragedia far fronte all’emergenza e venire incontro ai bisogni fondamentali delle persone. Per far questo, si dovrà mettere in atto una strategia di soccorso umanitario non discriminatorio perché, ripeto, c’è il rischio, come accaduto in altre gravi catastrofi, che problematiche di discriminazione che in quell’area noi denunciamo da tempo, siano ancora più enfatizzate nel corso delle operazioni di emergenza. E poi c’è la necessità di procedere quanto prima con la ricostruzione, riportare sotto un tetto le centinaia di migliaia di sfollati che questa catastrofe ha provocato e avviare una cooperazione con i governi degli Stati coinvolti che per un attimo lasci da parte tutte le situazioni di conflitto che pure esistevano ed esistono nell’area e che coinvolgono gruppi armati separatisti e governi.

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IL VANGELO DI DOMANI

 

 

Domani, Domenica 9 gennaio, la Chiesa celebra la festa del Battesimo del Signore. La liturgia ci propone il brano evangelico in cui Giovanni battezza Gesù nel Giordano. Appena battezzato, Gesù uscì dall'acqua: ed ecco, si aprirono i cieli ed egli vide lo Spirito di Dio scendere come una colomba e venire su di lui. Ed una voce dal cielo disse:

 

«Questi è il Figlio mio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto» . 

 

Ascoltiamo il commento del teologo gesuita padre Marko Ivan Rupnik:

 

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Gesù Cristo, nelle acque del Giordano, è il Signore immerso nel male, nella morte, perché è immerso nel peccato dell’umanità. La colomba che scende su di lui è l’amore, secondo il simbolismo dell’Antico Testamento; e nella rivelazione trinitaria, l’amore dell’amore di Dio è lo Spirito Santo. La voce dal cielo rivela il Padre e rende esplicito che Cristo è il Figlio, colui nel quale il Padre si è compiaciuto perché Lui, come Servo obbediente, realizzerà l’amore di Dio tra gli uomini. Riecheggia qui il detto del profeta Isaia: “Ecco il mio servo, che io sostengo, il mio eletto di cui mi compiaccio; ho posto il mio spirito su di lui: egli porterà il diritto alle Nazioni. Non griderà né alzerà il tono, non farà udire in piazza la sua voce, non spezzerà una canna incrinata, non spegnerà uno stoppino dalla fiamma smorta; proclamerà il diritto con fermezza; non verrà meno e non si abbatterà, finché non avrà stabilito il diritto sulla terra”.

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CHIESA E SOCIETA’

8 gennaio 2005

 

 

“È INAMMISSIBILE PRETENDERE DI ALTERARE LA COSTITUZIONE DELLA SPAGNA

IN NOME DI UNA VOLONTÀ DI POTERE, LOCALE O DI QUALUNQUE ALTRO TIPO”.

COSÌ, LA CONFERENZA EPISCOPALE SPAGNOLA SULL’APPROVAZIONE,

LO SCORSO 30 DICEMBRE, DEL “PIANO IBARRETXE”, CHE PREVEDE

 LA TRASFORMAZIONE DEL PAESE BASCO IN NAZIONE

 LIBERAMENTE ASSOCIATA ALLA SPAGNA

    

MADRID. = “Mettere in pericolo la convivenza degli spagnoli, negando unilateralmente la sovranità della Spagna, senza valutare le gravi conseguenze che questo potrebbe portare, non sarebbe né prudente né moralmente accettabile”. Con queste parole la Conferenza episcopale spagnola è intervenuta nell’acceso dibattito sull’approvazione da parte del Parlamento regionale del Paese Basco, lo scorso 30 dicembre, del “Piano Ibarretxe”, dal nome del suo promotore, il premier, Juan Josè Ibarretxe, che prevede la trasformazione della regione autonoma in una nazione liberamente associata alla Spagna. I vescovi spagnoli, in un comunicato intitolato “Sulla nazione e i nazionalismi”, hanno ricordato alcuni passi chiave dell’Istruzione pastorale “Valutazione morale del terrorismo in Spagna, delle sue cause e delle sue conseguenze”, pubblicata nel 2002. Il documento sottolinea che c’è una differenza tra nazione e Stato, e che quest’ultimo “può coincidere con una sola nazione, oppure albergare nel suo seno varie nazioni o entità nazionali”. In qualsiasi caso, i processi storici che danno vita agli Stati “non possono essere né ignorati né, tanto meno, distorti o falsificati a servizio di interessi particolari”. Nonostante la Costituzione del 1978 non sia perfetta, ammette la Conferenza, essa è “frutto maturo di una volontà sincera di comprensione” e strumento “di un futuro di convivenza armonica fra tutti”. Ogni norma è modificabile, ma “qualsiasi processo di cambiamento – conclude la Conferenza – deve realizzarsi secondo quanto previsto dall’ordinamento giuridico”. Il “Piano Ibarretxe”, che in marzo dovrebbe passare al vaglio del Parlamento di Madrid, oltre a creare la “nazionalità basca”, prevede anche un allargamento delle competenze della regione, in particolare in campo sociale, fiscale e della giustizia. (R.M.)

 

 

DUEMILA BAMBINI, MOLTI DEI QUALI PROVENIENTI DAI TERRITORI OCCUPATI,

IN PELLEGRINAGGIO QUESTA MATTINA A BETLEMME, PER LA MESSA

NELLA BASILICA DELLA NATIVITÀ, PRESIEDUTA DAL PATRIARCA MICHEL SABBAH.

 E’ L’INIZIATIVA DELLA FONDAZIONE CRISTIANA ECUMENICA DI TERRA SANTA

 

BETLEMME. = Erano duemila i bambini delle comunità arabo-cristiane in pellegrinaggio questa mattina nella Basilica della Natività di Betlemme, dove il Patriarca latino di Gerusalemme, Michael Sabbah, ha celebrato l’Eucaristia. L’iniziativa è stata promossa dalla Fondazione cristiana ecumenica di Terra Santa per dare la possibilità ai più piccoli di raggiungere il luogo santo, presidiato dalle forze israeliane dall’inizio della seconda Intifada, quattro anni fa. I bambini, provenienti dalle parrocchie di Nazareth, Haifa, Gerusalemme Est, Ramallah e molte altre, sono giunti questa mattina nella città in pullman. Per loro è stato possibile passare con una certa facilità i posti di blocco, grazie all’accordo firmato qualche settimana fa dai Ministeri del turismo israeliano e palestinese che ha permesso durante queste festività natalizie, procedure di accesso più rapide a Betlemme non solo ai pellegrini stranieri, ma anche ai cristiani palestinesi. Secondo gli organizzatori, visitare Betlemme ha permesso ai bambini, molti dei quali si apprestano quest’anno a ricevere la Prima Comunione e la Cresima, di “sperimentare la gioia e la pace dell’Incarnazione del Signore nel luogo stesso della Natività”. Tra le tante iniziative della Fondazione per i bambini di Terra Santa, anche adozioni a distanza, raccolte di regali durante il periodo natalizio e programmi di “sponsorship” per aiutare circa 15 mila studenti delle scuole cristiane di Israele, dei Territori e in Giordania. (R.M.)

 

 

I CASCHI BLU DELL’ONU COLPEVOLI DI ABUSI SESSUALI

SU BAMBINE ADOLESCENTI IN CONGO: LO AFFERMA UN RAPPORTO

 DELLE NAZIONI UNITE PUBBLICATO IERI

 

DAKAR. = Un’indagine interna delle Nazioni Unite ha stabilito che le denunce di abusi sessuali commessi da membri delle forze di pace dell’ONU nella Repubblica democratica del Congo sono fondate. Secondo quanto emerge da un rapporto pubblicato ieri, su 72 casi investigati dai Servizi di controllo delle Nazioni Unite a Bunia, nella regione nord-orientale del Congo, tra maggio e settembre 2004, almeno per 14 vi sono forti elementi di prova. Spesso le vittime erano ragazzine di meno di 13 anni, a cui i caschi blu offrivano cibo o qualche dollaro in cambio in prestazioni sessuali. Le forze di pace presenti in Congo, dove nel 2003 è formalmente finita la guerra civile, ma continuano a regnare fame e violenze, sono 11 mila. Implicati nella vicenda, soldati di diversa nazionalità: Uruguay, Pakistan, Nepal, Marocco, Tunisia, Sudafrica. William Lacy Swing, il rappresentante speciale per l’Africa del segretario generale dell’ONU, Kofi Annan, si è detto “sconvolto” per i risultati dell’inchiesta, suggerendo che siano i singoli Paesi a processare i responsabili. (R.M)

 

 

AUMENTA LA VIOLENZA IN SUDAN. L’ ALLARME LANCIATO DAL SEGRETARIO GENERALE DELL’ONU, KOFI ANNAN: “IL GOVERNO DI KHARTOUM NON HA TENUTO FEDE

AGLI IMPEGNI PRESI”

 

SUDAN. = “Potremmo avviarci verso un periodo di violenza intensa in Darfur se non saranno adottati rapidamente dei provvedimenti''. E’ la cupa previsione che il segretario generale dell'Onu, Kofi Annan, ha fatto nel suo ultimo rapporto al Consiglio di sicurezza. Impasse politico, sicurezza inesistente e recrudescenza di violenza è il quadro che emerge da una delle regioni più travagliate del Sudan. Non è stata mantenuta, infatti, dal governo di Khartoum la promessa di ristabilire la sicurezza nella sua provincia occidentale e di proteggere la popolazione locale. Anzi, Annan ha reso noto, che “notevoli quantità di armi sono state introdotte nel Darfur e che nuovi movimenti ribelli si stanno formando e lanciano attacchi in una zona petrolifera del Kordofan orientale”. L'intensificazione della violenza è purtroppo un chiaro segnale del deterioramento di una situazione che dal 2003, data d’inizio del conflitto tra truppe governative sudanesi e i gruppi ribelli, ha già causato 70 mila morti, in maggioranza civili, e 1,6 milioni di sfollati o rifugiati. Kofi Annan ha dovuto prendere atto, quindi, che “le pressioni esercitate sulle parti non hanno avuto effetti” e che risulta necessario “riesaminare le misure più idonee per migliorare la sicurezza e la protezione degli  sfollati nel Darfur”. (R.A.)

 

 

LA CAPITALE EUROPEA PER LA CULTURA 2005 E’ LA CITTA’ IRLANDESE DI CORK

- A cura di Enzo Farinella -

 

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CORK. = Da oggi Cork, la seconda cittadina irlandese per numero di abitanti, sita all’estremità sud dell’isola, diventa Capitale europea della cultura 2005. Il presidente della Repubblica d’Irlanda, Mary McAleese, darà inizio ufficialmente ai festeggiamenti che vedranno, durante l’arco dell’anno, manifestazioni musicali, teatrali e occasioni di svago di ogni genere, con artisti provenienti da ogni parte del mondo. “Vogliamo sviluppare un programma di manifestazioni di alta qualità, che permetteranno ai cittadini di Cork, dell’Irlanda e di altre Nazioni di celebrare la città, di ritrovare un senso di appartenenza al luogo stesso e di partecipare attivamente nella cultura. Ci interessa anche rivisitare il passato”, ha dichiarato il sindaco di Cork, Sean Martin. La città, con il suo protettore, San Sinbar che, secondo esperti di studi medievali è lo stesso San Fredriano che si venera a Lucca, e con i tanti movimenti monastici che dall’isola libernica si sono propagati per il mondo intero a partire dal V o dal VI secolo dopo Cristo, può – quale Capitale europea della cultura – riportarci anche alle origini cristiane della nostra fede e del nostro modo di vivere, ossia della nostra cultura. “Comunque, vediamo il 2005 come un trampolino di lancio più che come fine a se stesso; cercheremo di avvicinarci all’Europa allargata per promuoverne la cooperazione e la coscienza culturale”, ha detto ancora il sindaco Martin. Gli abitanti di Cork sono famosi per il loro orgoglio, e il 2005 rappresenta per loro un’opportunità per eccellere e anche  di emergere dall’ombra della grande capitale Dublino e, forse, da un certo senso di inferiorità di cui soffrono talvolta le piccole realtà dinanzi a quelle più grandi. Cork, che gode dell’epiteto di “Repubblica popolare”, è stata designata capitale europea della cultura nel 2002, ed è la più piccola città che sia mai stata insignita di un tale onore.

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24 ORE NEL MONDO

8 gennaio 2005

 

- A cura di Amedeo Lomonaco e Rita Anaclerio -

 

Clima di tensione nei Territori palestinesi alla vigilia delle elezioni di domani: un palestinese di 61 anni è stato ucciso questa mattina ad un posto di blocco presso l’insediamento di Gush  Katif, nella Striscia di Gaza. Il servizio di Graziano Motta:

 

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Non è un clima sereno quello che regna in questa vigilia elettorale, per l’ennesima operazione di guerriglia rivendicata dalle Brigate al Aqsa. Nella zona di Nablus, capoluogo della Samaria, in un’imboscata ad un’auto è stato ucciso un soldato israeliano e ne sono stati feriti altri tre. Il governo Sharon ha prospettato così la ripresa di operazioni militari e la revoca dei provvedimenti presi per favorire le elezioni, come il ritiro per 72 ore, già intrapreso dai centri abitati. Proprio sulla presunta inefficacia di questa misura, ovvero sulle difficoltà negli spostamenti degli elettori, sono in corso verifiche degli osservatori, ma solo il 70 per cento del milione e ottocentomila dei potenziali elettori ha chiesto l’iscrizione nelle liste. Il resto non lo ha fatto, soprattutto per ragioni politiche. I movimenti fondamentalisti islamici e Jihad contestano lo svolgimento di elezioni presidenziali nelle terre arabe occupate dal nemico Israele. Non hanno pertanto presentato candidati alla stregua del Fronte popolare di matrice marxista. In lizza sono, per il partito Al Fatah che fu fondato da Arafat, il presidente dell’Olp Abu Mazen, che i sondaggi danno per vincente, e sei personaggi più o meno noti, due dei quali, Bassam al Salhi e Taiser Khaled, presentati rispettivamente dal Partito del popolo comunista e dal Fronte democratico. Ci sono anche quattro indipendenti: il più conosciuto, e che nei sondaggi gode di circa il 20 per cento dei consensi, è il medico Mustafa Barguti, progressista, lontano parente di Marwan Barguti, il capo dei guerriglieri Tanzim, che sconta in Israele la condanna a cinque ergastoli. Nella campagna elettorale Abu Mazen ha chiesto allo Stato ebraico il ritiro da tutti i territori occupati nella guerra del ’67 e il rilascio di circa 9 mila detenuti politici. Egli appare come l’uomo politico in grado di mediare tra le diverse anime e tendenze palestinesi, e di attuare riforme istituzionali e nell’apparato di sicurezza.

 

Per Radio Vaticana, Graziano Motta.

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Nella successione ad Arafat, il grande favorito per la presidenza palestinese rimane il leader dell’Olp, Abu Mazen. Ma come cambierà la politica palestinese? Giada Aquilino lo ha chiesto ad Antonio Ferrari, inviato speciale del Corriere della Sera, raggiunto telefonicamente a Gerusalemme:

 

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R. – Dovrà cambiare per forza e per diverse ragioni. Innanzitutto, non ci sarà più - o almeno ci sarà in misura molto ridotta - uno scollamento al vertice del potere. Quando Arafat era ancora in vita, il primo ministro palestinese fu nominato su forte pressione internazionale proprio perché Arafat non era più ritenuto credibile. Oggi, il presidente non ha più bisogno di un premier forte, perché lui stesso è credibile. In tale processo di cambiamento, non si può comunque pensare che dall’oggi al domani si risolva tutto. Bisogna ricostruire le strutture dell’Anp che non esistono più. Bisogna cercare di isolare gli estremisti, disarmarli ed evitare gli attentati terroristici. E, soprattutto, bisogna preparare il terreno per riaprire il negoziato con Israele.

 

D. – Per i suoi nemici Abu Mazen è l’uomo degli americani e - forse - degli israeliani, per i suoi sostenitori è il nuovo negoziatore della pace. Quanto pesano questi ruoli sul leader dell’Olp?

 

R. – Anche quando Arafat firmò gli accordi di Oslo - dando avvio ad una fase carica di speranza - venne accusato di essere uomo degli americani e degli israeliani: francamente sembrava un’accusa eccessiva, come lo sembra pure oggi per Abu Mazen. E’ chiaro che tutto ciò pesa, soprattutto nei gruppi più estremisti che non vedono di buon occhio le elezioni.

 

D. – Veniamo al rapporto con Israele. Sharon è alle prese con continui dissidi interni sullo sgombero delle colonie. Quanto è disposto ancora a concedere ai palestinesi?

 

R. – Sicuramente un primo passo potrebbe essere - visto che l’appuntamento per l’evacuazione da Gaza è vicino - quello di cercare di collaborare con Abu Mazen, per fare in modo che il passaggio dei poteri nella Striscia sia il più indolore possibile. In cambio, Sharon potrebbe offrire per esempio la cosa che Abu Mazen chiede prima di tutto e cioè fermare l’ampliamento degli insediamenti ebraici in Cisgiordania, bloccare la costruzione del muro e soprattutto rilasciare un buon numero di prigionieri. Abu Mazen si riferisce in particolare anche a Marwan Barghuti, quello che doveva essere il suo avversario principale alle elezioni di domani e che poi alla fine - dopo aver pensato di presentarsi come candidato-carcerato alla presidenza dell’Autorità nazionale palestinese - ha deciso di ritirarsi e di sostenere Abu Mazen.

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Notizie rassicuranti anche se accolte con prudenza sono da poco arrivate dalla Francia. L’inviata speciale di Libération in Iraq, Florence Aubenas, e il suo interprete iracheno, scomparsi da mercoledì mattina, sarebbero “in buone condizioni di salute”. Intanto tre funzionari sono stati rapiti a Latifiyah, nel cosiddetto “triangolo della morte”, a sud di Baghdad. Lo hanno riferito stamani fonti della polizia precisando che il sequestro è avvenuto ieri. L’esplosione di un’autobomba nei pressi di Hilla, a sud della capitale, ha provocato inoltre la morte di una persona e venti feriti. Ed in questo clima intimidatorio messo in atto dai terroristi in vista delle elezioni del prossimo 30 gennaio, le autorità militari americane in Iraq hanno annunciato l’arresto a Mossul di un importante leader della rete di al Qaeda.

 

In Afghanistan, le forze di sicurezza hanno arrestato un giudice della Corte suprema di Kabul sospettato di essere coinvolto nell’attentato compiuto lo scorso 29 agosto nella capitale contro un istituto di vigilanza e costato la vita a dieci persone. L’arresto, avvenuto nei giorni scorsi, è stato reso noto oggi da un funzionario dell’alta corte.

 

Operazione antiterrorismo in Pakistan: le forze di sicurezza di Islamabad hanno arrestato tre presunti militanti islamici legati ad al Qaeda in un raid avvenuto nei pressi di Karachi. Uno dei tre sospetti è un cittadino yemenita, lo sceicco Yousuf, e gli altri due sono pachistani.

 

Negli Stati Uniti un uomo condannato a morte, Michael Ross, ha chiesto al tribunale di non accogliere i ricorsi contro la sua esecuzione, fissata per il prossimo 26 gennaio, presentati dal padre e da un gruppo per i diritti civili. L’uomo, condannato alla pena capitale per l’uccisione di otto donne nel Connecticut e a New York, ha rifiutato l’ipotesi del rinvio precisando di non voler essere difeso. Il padre, che ha cercato di bloccare la sentenza sottolineando come l’esecuzione condotta con il metodo dell’iniezione letale costituisca una pena “crudele” e contraria al dettato costituzionale, ha chiesto il rinvio fin quando la Corte Suprema non si sarà espressa in merito.

 

Fino all’ultimo si è dubitato ma dopo venti anni in Sudan si respira aria di pace. Domani alle dieci, nello stadio di Nairobi, sarà firmato l’accordo che dovrebbe porre ufficialmente fine alla guerra civile e che - si spera - avrà un effetto positivo anche per la situazione in Darfur, sebbene sia fuori dall’intesa. Il servizio di Rita Anaclerio:

 

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Accordo fra i due nemici storici: il presidente Omar al Bashir porrà fine alla campagna militare contro il sud portata avanti con durezza dal nord arabo e musulmano; il capo dell’Esercito popolare di liberazione sudanese, John Garang, rinuncerà alla guerra per l’indipendenza del sud. E’ la prima volta dalla fondazione del Sudan che vengono riconosciute le due principali religioni, musulmana e animista.  Fino ad oggi la costituzione sudanese riconosceva solo la sharia, la legge islamica imposta in tutto il Paese, compreso il sud, dove la popolazione principalmente animista o cristiana è stata colpita da conflitti costati la vita a più di due milione di persone. Ma non sono state solo le questioni religiose ad aver bloccato i negoziati pace. Altro nodo cruciale è il petrolio. Per decenni il governo del nord sfruttava il petrolio del sud incontrando la forte opposizione dei ribelli. Con il nuovo accordo sarà la Banca Mondiale a stabilire le ripartizioni. La firma di pace di domani è solo l’inizio di un lungo ed impegnativo processo di ricostruzione del Paese. Ma la sfida maggiore, come rende noto l’Alto commissario dell’ ONU per i rifugiati, sarà il coordinamento delle attività del più grande rimpatrio della storia. Infatti, la guerra ha costretto alla mobilitazione quattro milioni di persone all’interno del Paese ed altri 570.000 a rifugiarsi nei Paesi limitrofi. A fare da garanti a questo processo di pace ci saranno domani, fra gli altri, il Segretario di Stato Colin Powell e il presidente dell’Unione Africana, Olusegun Obasanjo. Si spera che questo storico accordo porti vantaggi anche alla martoriata zona del Darfur per la quale il segretario generale dell’ONU, Kofi Annan, ha recentemente espresso le proprie preoccupazioni in seguito all’intensificarsi della violenza e della formazione di nuovi gruppi di ribelli.

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