RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLIX n.
8 - Testo della trasmissione sabato
8 gennaio 2005
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO:
Il Vangelo
di domani: il commento di padre Marko Ivan Rupnik
CHIESA E SOCIETA’:
Kofi
Annan denuncia il rischio di una nuova esplosione di violenza in Darfur
La
capitale europea per la cultura 2005 è la città irlandese di Cork
Attesa per le elezioni
presidenziali palestinesi di domani. Il grande favorito rimane il leader
dell’OLP, Abu Mazen
Si firmerà domani a
Nairobi l’accordo che dovrebbe porre fine alla ventennale guerra civile in
Sudan.
8
gennaio 2005
LA FINE DELL’EMBARGO CONTRO CUBA E UN’EFFETTIVA
LIBERTA’ RELIGIOSA NELL’ISOLA: LI HA AUSPICATI OGGI IL PAPA,
RICEVENDO IN VATICANO IL NUOVO AMBASCIATORE DI
CUBA PRESSO LA SANTA SEDE
Il Papa auspica che “quanto
prima” si creino le condizioni per la fine dell’embargo contro Cuba e che la Chiesa,
impegnata nella concreta promozione del bene comune, possa operare in un
“ambito di genuina libertà religiosa”. Queste le speranze di Giovanni Paolo II
espresse al nuovo ambasciatore di Cuba presso la Santa Sede, il signor Raúl Roa
Kourí, ricevuto stamane in Vaticano per la presentazione delle Lettere
Credenziali. Nel corso del suo discorso, il Papa ha, inoltre, assicurato le
proprie preghiere per la “prosperità integrale” dell’isola e per la “salute”
del suo leader, Fidel Castro. Il servizio di Barbara Castelli:
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“La Santa Sede auspica vivamente
che si possano superare quanto prima quegli ostacoli che impediscono la libera
comunicazione e il libero scambio tra Cuba e parte della Comunità
Internazionale, assicurando così, mediante un dialogo rispettoso e aperto a
tutti, le condizioni necessarie per un autentico sviluppo”. Ricevendo il nuovo
ambasciatore cubano presso la Santa Sede, Giovanni Paolo II ha espresso vivo
affetto per la Nazione guidata da Fidel Castro, visitata dal Papa nel gennaio
del 1998. Riconoscendo l’impegno profuso e i passi in avanti compiuti dalla
“cara” isola di Cuba e in campo sanitario, sul fronte dell’educazione e della
cultura, nelle sue diverse espressioni, il Pontefice ha sottolineato come
queste condizioni rappresentino “alcuni dei pilastri dell’edificio della pace”,
che non vuol dire solo “assenza di guerra”, ma soprattutto una “promozione
umana integrale”, che contempla una crescita armoniosa del corpo e dello
spirito, “di tutti i membri della società”.
Nel suo discorso, il Pontefice
non ha mancato di lodare lo spirito di solidarietà cubano, illustrando poi
l’impegno della Chiesa nella Nazione. “Con la sua presenza evangelizzatrice e
con uno spirito di servizio verso la popolazione – ha detto il Papa – la Chiesa
a Cuba si sforza” di portare avanti nel modo più concreto possibile il suo
magistero sociale. Giovanni Paolo II ha, quindi, auspicato un clima di
effettiva libertà religiosa per la promozione del bene comune e un’autentica collaborazione
tra le Chiese sorelle. In “ogni società pluralista”, ha proseguito, gli
orientamenti e le proposte della Chiesa possono generare punti di vista
differenti tra quanti vivono la fede e quanti non la professano. “Le divergenze,
tuttavia – ha concluso – non devono in nessun modo produrre conflittualità sociali,
quanto piuttosto favorire un dialogo ampio e costruttivo”.
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TELEGRAMMA DI CORDOGLIO DI GIOVANNI PAOLO II, PER
LA SCIAGURA FERROVIARIA
SULLA BOLOGNA-VERONA. SALITO A QUATTORDICI IL
NUMERO DELLE VITTIME,
IN ONORE DELLE QUALI I FERROVIERI ITALIANI
OSSERVERANNO 10 MINUTI DI SILENZIO, IL PROSSIMO 12 GENNAIO
- A cura di Alessandro De Carolis -
Grande tristezza personale,
preghiera per le vittime e vicinanza spirituale ai loro familiari. Il tragico
incidente ferroviario che ieri, verso le 13, ha seminato la morte in Italia,
lungo la linea Verona-Bologna, a pochi metri dalla stazione di Bolognina di
Crevalcore, ha suscitato molto dolore nel Papa. Giovanni Paolo II, attraverso
il cardinale segretario di Stato Angelo Sodano, ha inviato ieri sera un
telegramma di cordoglio all’arcivescovo di Bologna, Carlo Caffarra, nel quale
si dice “profondamente rattristato per la grave sciagura ferroviaria”, che ha
causato la morte di 14 persone - tra cui i quattro macchinisti dei due treni -
e il ferimento di una quindicina. Assicurando la propria solidarietà anche nei
riguardi dell’“intera nazione italiana, in queste ore di angoscia”, il
Pontefice – si legge nel telegramma – “eleva al Signore della vita fervide
preghiere di suffragio per l'eterno riposo delle anime dei defunti” e “invoca
consolazione dal cielo per quanti piangono la perdita dei loro cari”.
Sul
versante della cronaca, la notte appena trascorsa ha visto circa 400 tra Vigili
del fuoco e volontari della Protezione civile lavorare ininterrottamente tra le
carcasse dei due convogli - un interregionale e un treno merci - protagonisti
del drammatico frontale. La quattordicesima vittima, un uomo, è stato estratto
dalle lamiere questa mattina. Da qualche ora, alla Certosa di Bologna, sono in
corso le procedure di riconoscimento dei corpi da parte dei parenti delle
vittime, ma per molti dei cadaveri, considerato il loro stato,
l’identificazione sarà possibile solo attraverso il test del Dna. Sul disastro,
la Procura di Bologna ha avviato un’inchiesta, condotta dal pm Enrico Cieri,
che ha annunciato per oggi un nuovo sopralluogo tecnico sul luogo dello scontro
per accertarne le cause. Nel frattempo, in memoria delle vittime
dell'incidente, i ferrovieri italiani si fermeranno il 12 gennaio prossimo per
10 minuti, dalle 11.50 a mezzogiorno, mentre Trenitalia ha annunciato che si
farà carico degli oneri dei funerali.
SPERIMENTATE IL MISTERO DELL’EUCARISTIA
SOPRATTUTTO PARTECIPANDO ALLA SANTA MESSA
DOMENICALE. COSI’ OGGI IL PAPA, RICEVENDO IN VATICANO UFFICIALI E MILITARI
DEL 31.ESIMO STORMO DELL’AERONAUTICA MILITARE
ITALIANA
- A cura di Barbara Castelli -
Cristo è “pane di vita eterna”,
sorgente di speranza e “fonte di amore, da cui costantemente si riversano sul
mondo doni di giustizia, di perdono e di
pace”. Con queste parole, stamani in Vaticano, Giovanni Paolo II ha salutato
una delegazione del 31.esimo Stormo dell’Aeronautica Militare Italiana,
che ha la responsabilità dei viaggi aerei pontifici. Ricevendo gli ufficiali e
i militari, nell’anno in cui la Chiesa contempla con speciale intensità il mistero
dell’Eucaristia, il Papa ha invitato tutti a sperimentare questo “pane vivo
disceso dal cielo per la nostra salvezza”, soprattutto partecipando alla Santa
Messa domenicale, che costituisce per il cristiano il centro e il culmine della
settimana”. “In questa circostanza – ha concluso il Pontefice – mi è, inoltre,
particolarmente caro rinnovarvi l’espressione della mia gratitudine per la
generosa e singolare cooperazione che offrite al mio ministero pastorale”.
FIDATEVI DI GESU’, ANCHE NEI MOMENTI DI APPARENTE
FALLIMENTO:
SCOPRIRETE
L’AMORE DI DIO CHE DA’ SENSO PIENO ALLA VITA.
COSI’ IL PAPA AI GIOVANI NEL SUO MESSAGGIO
PER LA GIORNATA MONDIALE DI PREGHIERA PER LE VOCAZIONI
Il Papa invita i giovani a rispondere con generosità alla chiamata del
Signore per testimoniare al mondo la stupenda verità dell’amore di Dio.
L’esortazione è contenuta nel suo messaggio, reso noto oggi, per la Giornata
mondiale di preghiera per le vocazioni che si celebrerà domenica 17 aprile sul
tema: “Chiamati a prendere il largo”. Ce ne parla Sergio Centofanti:
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Il Papa chiede ai giovani di fidarsi di Dio per dare senso pieno alla
propria vita. Come hanno fatto i primi discepoli che dopo una notte intera passata
a pescare senza prendere nulla, hanno obbedito a Gesù che li invitava a
prendere il largo e a gettare di nuovo le reti. Un atto di fede da cui è scaturita
una pesca prodigiosa. Il rapporto fiducioso con Cristo, in particolare nella
preghiera – spiega il Pontefice - “ci fa avvertire la sua presenza anche nei
momenti d’apparente fallimento, quando la fatica sembra inutile”. E’ proprio
”in tali momenti che occorre aprire il cuore all’onda della grazia e consentire
alla parola del Redentore di agire con tutta la sua potenza”. “Chi apre il
cuore a Cristo – dice Giovanni Paolo II – non soltanto comprende il mistero
della propria esistenza, ma anche quello della propria vocazione”: vocazione
alla vita familiare, alla vita consacrata o al ministero sacerdotale.
E l’invito di Gesù a prendere il largo – si legge nel messaggio – “è
particolarmente attuale nel nostro tempo, in cui una certa mentalità diffusa
favorisce il disimpegno personale davanti alle difficoltà”. La parola d’ordine che il Papa lancia è
questa: perseverare nella preghiera e nell’ascolto quotidiano della Parola di
Dio. “L’autenticità della vita cristiana – infatti – si misura dalla profondità
della preghiera”. Giovanni Paolo II si rivolge quindi agli adulti credenti
perché sappiano “rendere visibile il volto di Cristo con le loro parole e con
il loro esempio”. In questo modo i giovani saranno più facilmente pronti ad
accogliere l’esigente messaggio evangelico “segnato dal mistero della Croce”.
Non bisogna dimenticare – ribadisce il Papa – “che anche oggi c’è bisogno di
sacerdoti santi, di anime totalmente consacrate al servizio di Dio!”. E invita
a pregare Dio perché mandi sacerdoti santi. L’essenza del cristianesimo è la
carità: e Giovanni Paolo conclude il suo messaggio per le vocazioni, invitando
tutti i cristiani a vivere il Vangelo “sine
glossa”, senza personali interpretazioni, per diventare sempre più capaci
“di amare al modo stesso di Cristo” testimoniando “la stupenda verità
dell’amore salvifico di Dio”.
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PER PERMETTERE
UN’AMMINISTRAZIONE DELLA GIUSTIZIA VATICANA
AL PASSO CON I TEMPI, SONO NECESSARIE MODIFICHE
INTERNE AL SISTEMA E UNA MAGGIORE COOOPERAZIONE CON LE MAGISTRATURE E LE POLIZIE
INTERNAZIONALI.
COSI’ L’AVVOCATO NICOLA PICARDI
ALL’INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO IN VATICANO
- Servizio di Alessandro De Carolis -
Razionalizzare i carichi di
lavoro delle figure professionali che sovrintendono al funzionamento della
macchina giudiziaria vaticana, così da velocizzare la soluzione delle centinaia
di casi originati dal flusso dei milioni di pellegrini che ogni anno visitano
San Pietro. A chiederlo, questa mattina, è stato l’avv. Nicola Picardi, il
promotore di Giustizia vaticano, nel suo intervento di inaugurazione dell’Anno
giudiziario 2005 dello Stato della Città del Vaticano, svolto alla presenza del
cardinale segretario di Stato, Angelo Sodano, e delle più alte cariche della
magistratura italiana. Il servizio di Alessandro De Carolis.
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In un mondo che cambia sotto la
spinta di fenomeni come il terrorismo internazionale - e in cui
l’interdipendenza fra i vari sistemi, tra cui quello giuridico, appare come un
dato imprescindibile a livello mondiale – anche la giustizia vaticana è
sollecitata a mutare ulteriormente volto, come del resto già avvenuto più volte
nel corso dei 76 anni di vita dello Stato nato dai Patti Lateranensi. E’ questa
la considerazione di fondo che suggella la relazione dell’avv. Nicola Picardi,
al termine della sua lunga analisi sullo stato della giustizia vaticana.
L’intervento - preceduto da un dettagliato resoconto sulla storia e i
meccanismi dell’ordina-mento giudiziario pontificio, prima e dopo il 7 giugno
del 1929 – ha affrontato, con il corredo di numerosi grafici e tabelle, il
movimento dei procedimenti penali e civili avvenuti nel 2004: anno
caratterizzato – ha affermato Picardi – da “indagini di polizia giudiziaria
particolarmente delicate, culminate anche con l’adozione di misure coercitive
nei confronti di cittadini stranieri”. E qui, Picardi ha aperto un lungo
capitolo, soffermandosi sia sulla singolare sproporzione tra il numero dei
contenziosi rispetto alla popolazione residente dello Stato vaticano, sia sulla
tipologia dei reati commessi.
Se in Italia, ha detto, su una
popolazione di 57 milioni di individui, il rapporto medio tra abitanti e
procedimenti civili è del 5,3%, che arriva al 10 nel rapporto tra popolazione e
procedimenti penali, nello Stato della Città del Vaticano, che conta 492
abitanti effettivi, il rapporto balza all’86%, per il civile, mentre per il
penale “arriva addirittura al 106%”. Ciò, ha spiegato Picardi, “non dipende da
una maggiore litigiosità” di chi abita nella Città del Vaticano, che anzi conta
una bassissima percentuale (meno del 2%) di casi giudiziari interni. Al
contrario, l’alta percentuale è dovuta principalmente al fatto che annualmente
transitano entro in confini vaticani 18 milioni tra pellegrini e turisti –
soprattutto in Basilica e nei Musei - e
dunque i processi e i contenziosi vedono implicati il più delle volte degli
stranieri, con “conseguenti difficoltà giuridiche e pratiche”. Picardi ha
portato ad esempio il caso delle notificazioni degli atti penali, che seguendo
per tradizione la via diplomatica arrivano ad essere espletate in tempi che
vanno da un minimo di 6 mesi fino a
diversi anni, dilatando a dismisura la durata dei procedimenti. Il risultato è
che i contenziosi più delicati, affrontati dal Tribunale, si esauriscono dopo
una media di 1303 giorni. E l’“allarmante” e “anomala” durata dei processi
penali, ha osservato inoltre il promotore di Giustizia vaticano, “non può
essere nemmeno giustificata” dalla presenza di reati particolarmente complessi,
giacché la stragrande maggioranza di essi riguarda furti (dei quali oltre il
90% degli autori resta impunito), appropriazioni indebite, truffe, falsi e peculati.
Suggerendo l’adozione di “misure
idonee”, in grado di consentire al sistema giudiziario vaticano di funzionare
in modo tempestivo, autonomo e indipendente, l’avv. Picardi ha prospettato
degli aggiustamenti di tipo organizzativo, tra cui una maggiore valorizzazione
del ruolo di Giudice unico e il “potenziamento dell’organico del tribunale”,
oltre ad una maggiore cooperazione con le magistrature e le polizie del resto
del mondo. In quest’ottica, ha aggiunto, riecheggiando quanto già sostenuto lo
scorso anno, “meriterebbe di essere attentamente esaminata l’eventualità
dell’adesione dello Stato della Città del Vaticano all’accordo di Schengen” del
1985, che oltre all’abbattimento delle frontiere interne prevede anche
l’intensificazione dello “scambio di informazioni, di rapporti operativi, di
iniziative preventive e repressive a tutela della sicurezza delle persone”. Un
contributo prezioso, ha concluso Picardi, che permetterebbe di adeguare lo
Stato vaticano agli standard comunitari, migliorando la qualità
dell’amministrazione giudiziaria.
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ALTRE
UDIENZE E NOMINE
Nel corso della mattina il Papa
ha ricevuto in successive udienze anche l’arcivescovo Giovanni Tonucci, nunzio
apostolico in Danimarca, Finlandia, Islanda, Svezia e Norvegia, e il cardinale
Giovanni Battista Re, prefetto della Congregazione per i Vescovi.
Il Santo Padre ha nominato il
cardinale Jean-Marie Lustiger, arcivescovo di Parigi, Suo inviato speciale alle
celebrazioni del 60° anniversario della liberazione del campo di concentramento
di Auschwitz-Birkenau, in Polonia, in programma il 27 gennaio 2005.
Giovanni Paolo II ha nominato
quindi Promotore di Giustizia del Tribunale della Rota Romana padre Sebastiano
Paciolla, della Congregazione Cistercense di Casamari.
Infine il Papa ha nominato
direttore dell’Ufficio del Fondo Pensioni il sig. Maurizio Trombetta.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
“Chiamati
a prendere il largo”
Apre
la prima pagina il messaggio di Giovanni Paolo II per la XLII Giornata mondiale
di preghiera per le vocazioni, che si svolgerà il 17 aprile.
Sempre
in prima, il telegramma di cordoglio del Papa per le vittime della sciagura
ferroviaria avvenuta, ieri, vicino a Bologna.
Nelle
vaticane, nel discorso al nuovo ambasciatore di Cuba, il Santo Padre ha
sottolineato che l’azione della Chiesa nella promozione del bene comune del popolo
cubano necessita di un ambiente di genuina libertà religiosa.
La
lettera del Papa al cardinale Josip Bozanic per la nomina a suo Inviato
speciale alle celebrazioni per il 17.mo centenario del martirio di
Sant’Anastasia, patrona dell’arcidiocesi di Zadar, in Croazia.
L’udienza
del Papa al 31.mo Stormo dell’Aeronautica militare italiana.
L’omelia
dell’arcivescovo Giovanni Lajolo nell’ambito della sua missione a Tunisi, compiuta
in occasione del 1650 anniversario della nascita di Sant’Agostino.
Nelle
estere, Indonesia: a dodici giorni dal maremoto non sono state ancora raggiunte
dai soccorsi alcune zone della regione di Banda Aceh.
Un
numero speciale dell’“Atlante geopolitico”, a cura di Marcello Filotei, dal titolo
“Medio Oriente: le elezioni palestinesi riavviano il processo democratico nei
Territori”.
Nella
pagina culturale, un elzeviro di Mario Gabriele Giordano dal titolo “Mare che
invita e mare che offende”: il maremoto nel Sudest asiatico.
Nelle
pagine italiane, in primo piano la sciagura ferroviaria vicino a Bologna.
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8
gennaio 2005
SALE A 160 MILA VITTIME IL BILANCIO DEL MAREMOTO IN ASIA
- Intervista con Marco Bertotto -
Sarà
congelato il debito estero dei Paesi colpiti dal maremoto in Asia. Il G7 ha
infatti accolto la moratoria proposta qualche giorno fa dalla presidenza di
turno britannica. La notizia, anticipata ieri dal cancelliere Gordon Brown, è
stata ufficializzata con un comunicato del governo
britannico dopo consultazioni con i Paesi membri. Intanto, è di quasi 160 mila
persone il bilancio, ancora provvisorio, dei morti. Il servizio di Amedeo Lomonaco:
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In Indonesia i morti, secondo il ministero degli Affari sociali, sono più di 104 mila. Nello Sri Lanka, dove sono almeno 30 mila le persone rimaste uccise, è arrivato stamani il segretario generale delle Nazioni Unite, Kofi Annan, che ha promesso il sostegno dell’ONU per la ricostruzione. Dallo Sri Lanka arrivano anche buone notizie: secondo l’OMS, l’Organizzazione mondiale della Sanità, la situazione sanitaria del Paese è, infatti, sotto controllo. In India l’ultimo bilancio fornito dal governo è di oltre 10 mila morti e di circa 5.600 dispersi. Oltre ai dati di questa immane tragedia si deve anche rimarcare il lodevole sforzo umanitario profuso da governi e organizzazioni: l’Unione Europea ha deciso di stanziare circa 1,5 miliardi di euro e le associazioni umanitarie americane hanno già raccolto più di 337 milioni di dollari. Si tratta di aiuti necessari per soccorrere i sopravvissuti: l’OMS stima che sono oltre 500 mila i feriti e la Croce Rossa internazionale sostiene che gli sfollati, in precarie condizione di igiene, sono circa 2 milioni. Secondo l’UNICEF, inoltre, il 40 per cento delle persone accolte nei campi sono bambini. E’ stato anche confermato il primo caso di traffico di minori: si tratta di un bambino di quattro anni che stava per essere rapito, in Indonesia, da una coppia. Il tentativo di sequestro è stato fortunatamente sventato dalla polizia. Tra le drammatiche notizie provenienti dal Sud-Est asiatico, si devono poi segnalare le storie a lieto fine di un ragazzo di 14 anni rimasto per dieci giorni su un albero, su un’isola dell’arcipelago indiano delle Andamane e quella di un uomo di 70 anni sopravvissuto in Indonesia dopo aver trascorso 11 giorni sotto le macerie. Nelle isole indiane di Nicobare, già duramente provate dal maremoto, è stata registrata infine una scossa di assestamento di magnitudo 5,2 della scala Richter. Al momento non si ha notizia di eventuali vittime.
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Sulla situazione dei bambini
vittime dello tsunami è stata dunque espressa preoccupazione
dall’UNICEF. Altro problema da risolvere è l’ottimizzazione dei soccorsi
internazionale e la ricostruzione. Ma che cosa fare, affinché il Sud-Est
asiatico non diventi terra di diritti negati? Giancarlo La Vella lo ha chiesto
a Marco Bertotto, presidente di Amnesty International Italia:
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R. – Bè, lo è stato nel passato
e rischia di continuare adesso ed è sicuramente una tragedia che come la
devastazione dello tsunami può contribuire a peggiorare ulteriormente la
situazione, soprattutto per quelle che possono essere le condizioni di discriminazione
nell’erogazione degli aiuti e nei processi di ricostruzione.
D. – Uno degli aspetti più
preoccupanti in questa emergenza-maremoto riguarda la sparizione dei minori a
vari scopi. Come prevenire questa drammatica evenienza?
R. – Bè, innanzitutto riferirsi
alle norme del diritto internazionale: ci sono norme specifiche che vietano
l’adozione illegale dei minori, che privilegiano la gestione della questione
all’interno delle regioni stesse evitando quindi traumatiche forme di adozione
internazionale; ci sono norme specifiche che riguardano la protezione dei
diritti dei minori, soprattutto con riferimento – ammesso che ci siano – ai reclutamenti
di bambini orfani come soldati – per esempio – da parte dei gruppi armati dello
Sri Lanka, cosa che è già successa in passato. C’è necessità di prestare una
particolare attenzione ai diritti dei minori e più in generale ai diritti di
tutte le popolazioni rese ancora più vulnerabili da un fenomeno come quello
dello tsunami.
D. – C’è poi il problema di
restituire a milioni di persone la loro vita normale ... Un ritardo in questo
senso vorrebbe dire un’ulteriore negazione dei diritti primari delle popolazioni
colpite?
R. – Assolutamente sì. E’ dovere
della comunità internazionale e dei singoli Stati coinvolti in questa tragedia
far fronte all’emergenza e venire incontro ai bisogni fondamentali delle
persone. Per far questo, si dovrà mettere in atto una strategia di soccorso
umanitario non discriminatorio perché, ripeto, c’è il rischio, come accaduto in
altre gravi catastrofi, che problematiche di discriminazione che in quell’area
noi denunciamo da tempo, siano ancora più enfatizzate nel corso delle
operazioni di emergenza. E poi c’è la necessità di procedere quanto prima con
la ricostruzione, riportare sotto un tetto le centinaia di migliaia di sfollati
che questa catastrofe ha provocato e avviare una cooperazione con i governi
degli Stati coinvolti che per un attimo lasci da parte tutte le situazioni di
conflitto che pure esistevano ed esistono nell’area e che coinvolgono gruppi
armati separatisti e governi.
**********
Domani, Domenica 9 gennaio, la
Chiesa celebra la festa del Battesimo del Signore. La liturgia ci propone il
brano evangelico in cui Giovanni battezza Gesù nel Giordano. Appena battezzato,
Gesù uscì dall'acqua: ed ecco, si aprirono i cieli ed egli vide lo Spirito di
Dio scendere come una colomba e venire su di lui. Ed una voce dal cielo disse:
«Questi è il Figlio mio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto»
.
Ascoltiamo il commento del
teologo gesuita padre Marko Ivan Rupnik:
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Gesù
Cristo, nelle acque del Giordano, è il Signore immerso nel male, nella morte,
perché è immerso nel peccato dell’umanità. La colomba che scende su di lui è
l’amore, secondo il simbolismo dell’Antico Testamento; e nella rivelazione trinitaria,
l’amore dell’amore di Dio è lo Spirito Santo. La voce dal cielo rivela il Padre
e rende esplicito che Cristo è il Figlio, colui nel quale il Padre si è compiaciuto
perché Lui, come Servo obbediente, realizzerà l’amore di Dio tra gli uomini.
Riecheggia qui il detto del profeta Isaia: “Ecco il mio servo, che io sostengo,
il mio eletto di cui mi compiaccio; ho posto il mio spirito su di lui: egli
porterà il diritto alle Nazioni. Non griderà né alzerà il tono, non farà udire
in piazza la sua voce, non spezzerà una canna incrinata, non spegnerà uno
stoppino dalla fiamma smorta; proclamerà il diritto con fermezza; non verrà
meno e non si abbatterà, finché non avrà stabilito il diritto sulla terra”.
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8
gennaio 2005
“È INAMMISSIBILE PRETENDERE DI ALTERARE LA
COSTITUZIONE DELLA SPAGNA
IN NOME DI UNA VOLONTÀ DI POTERE, LOCALE O DI
QUALUNQUE ALTRO TIPO”.
COSÌ, LA CONFERENZA
EPISCOPALE SPAGNOLA SULL’APPROVAZIONE,
LO SCORSO 30 DICEMBRE,
DEL “PIANO IBARRETXE”, CHE PREVEDE
LA TRASFORMAZIONE DEL PAESE BASCO IN NAZIONE
LIBERAMENTE ASSOCIATA ALLA SPAGNA
MADRID. = “Mettere in pericolo
la convivenza degli spagnoli, negando unilateralmente la sovranità della
Spagna, senza valutare le gravi conseguenze che questo potrebbe portare, non
sarebbe né prudente né moralmente accettabile”. Con queste parole la Conferenza
episcopale spagnola è intervenuta nell’acceso dibattito sull’approvazione da
parte del Parlamento regionale del Paese Basco, lo scorso 30 dicembre, del
“Piano Ibarretxe”, dal nome del suo promotore, il premier, Juan Josè Ibarretxe,
che prevede la trasformazione della regione autonoma in una nazione liberamente
associata alla Spagna. I vescovi spagnoli, in un comunicato intitolato “Sulla
nazione e i nazionalismi”, hanno ricordato alcuni passi chiave dell’Istruzione
pastorale “Valutazione morale del terrorismo in Spagna, delle sue cause e delle
sue conseguenze”, pubblicata nel 2002. Il documento sottolinea che c’è una
differenza tra nazione e Stato, e che quest’ultimo “può coincidere con una sola
nazione, oppure albergare nel suo seno varie nazioni o entità nazionali”. In
qualsiasi caso, i processi storici che danno vita agli Stati “non possono
essere né ignorati né, tanto meno, distorti o falsificati a servizio di
interessi particolari”. Nonostante la Costituzione del 1978 non sia perfetta, ammette
la Conferenza, essa è “frutto maturo di una volontà sincera di comprensione” e
strumento “di un futuro di convivenza armonica fra tutti”. Ogni norma è
modificabile, ma “qualsiasi processo di cambiamento – conclude la Conferenza –
deve realizzarsi secondo quanto previsto dall’ordinamento giuridico”. Il “Piano
Ibarretxe”, che in marzo dovrebbe passare al vaglio del Parlamento di Madrid,
oltre a creare la “nazionalità basca”, prevede anche un allargamento delle
competenze della regione, in particolare in campo sociale, fiscale e della
giustizia. (R.M.)
DUEMILA BAMBINI, MOLTI DEI QUALI PROVENIENTI DAI
TERRITORI OCCUPATI,
IN PELLEGRINAGGIO QUESTA MATTINA A BETLEMME, PER LA
MESSA
NELLA BASILICA DELLA NATIVITÀ, PRESIEDUTA DAL
PATRIARCA MICHEL SABBAH.
E’
L’INIZIATIVA DELLA FONDAZIONE CRISTIANA ECUMENICA DI TERRA SANTA
BETLEMME. = Erano duemila i
bambini delle comunità arabo-cristiane in pellegrinaggio questa mattina nella
Basilica della Natività di Betlemme, dove il Patriarca latino di Gerusalemme,
Michael Sabbah, ha celebrato l’Eucaristia. L’iniziativa è stata promossa dalla
Fondazione cristiana ecumenica di Terra Santa per dare la possibilità ai più
piccoli di raggiungere il luogo santo, presidiato dalle forze israeliane
dall’inizio della seconda Intifada, quattro anni fa. I bambini, provenienti dalle
parrocchie di Nazareth, Haifa, Gerusalemme Est, Ramallah e molte altre, sono
giunti questa mattina nella città in pullman. Per loro è stato possibile
passare con una certa facilità i posti di blocco, grazie all’accordo firmato
qualche settimana fa dai Ministeri del turismo israeliano e palestinese che ha
permesso durante queste festività natalizie, procedure di accesso più rapide a
Betlemme non solo ai pellegrini stranieri, ma anche ai cristiani palestinesi.
Secondo gli organizzatori, visitare Betlemme ha permesso ai bambini, molti dei
quali si apprestano quest’anno a ricevere la Prima Comunione e la Cresima, di
“sperimentare la gioia e la pace dell’Incarnazione del Signore nel luogo stesso
della Natività”. Tra le tante iniziative della Fondazione per i bambini di
Terra Santa, anche adozioni a distanza, raccolte di regali durante il periodo
natalizio e programmi di “sponsorship” per aiutare circa 15 mila studenti delle
scuole cristiane di Israele, dei Territori e in Giordania. (R.M.)
I
CASCHI BLU DELL’ONU COLPEVOLI DI ABUSI SESSUALI
SU
BAMBINE ADOLESCENTI IN CONGO: LO AFFERMA UN RAPPORTO
DELLE NAZIONI UNITE PUBBLICATO IERI
DAKAR. = Un’indagine
interna delle Nazioni Unite ha stabilito che le denunce di abusi sessuali
commessi da membri delle forze di pace dell’ONU nella Repubblica democratica
del Congo sono fondate. Secondo quanto emerge da un rapporto pubblicato ieri,
su 72 casi investigati dai Servizi di controllo delle Nazioni Unite a Bunia,
nella regione nord-orientale del Congo, tra maggio e settembre 2004, almeno per
14 vi sono forti elementi di prova. Spesso le vittime erano ragazzine di meno
di 13 anni, a cui i caschi blu offrivano cibo o qualche dollaro in cambio in
prestazioni sessuali. Le forze di pace presenti in Congo, dove nel 2003 è
formalmente finita la guerra civile, ma continuano a regnare fame e violenze,
sono 11 mila. Implicati nella vicenda, soldati di diversa nazionalità: Uruguay,
Pakistan, Nepal, Marocco, Tunisia, Sudafrica. William Lacy Swing, il
rappresentante speciale per l’Africa del segretario generale dell’ONU, Kofi Annan,
si è detto “sconvolto” per i risultati dell’inchiesta, suggerendo che siano i
singoli Paesi a processare i responsabili. (R.M)
AUMENTA LA VIOLENZA IN SUDAN. L’
ALLARME LANCIATO DAL SEGRETARIO GENERALE DELL’ONU, KOFI ANNAN: “IL GOVERNO DI
KHARTOUM NON HA TENUTO FEDE
AGLI IMPEGNI PRESI”
SUDAN. = “Potremmo avviarci verso un periodo di
violenza intensa in Darfur se non saranno adottati rapidamente dei
provvedimenti''. E’ la cupa
previsione che il segretario
generale dell'Onu, Kofi Annan, ha fatto nel suo ultimo rapporto al Consiglio di
sicurezza. Impasse politico, sicurezza inesistente e recrudescenza di
violenza è il quadro che emerge da una delle regioni più travagliate del Sudan.
Non è stata mantenuta, infatti, dal governo di Khartoum la promessa di
ristabilire la sicurezza nella sua provincia occidentale e di proteggere la
popolazione locale. Anzi, Annan ha reso noto, che “notevoli quantità di armi
sono state introdotte nel Darfur e che nuovi movimenti ribelli si stanno
formando e lanciano attacchi in una zona petrolifera del Kordofan orientale”.
L'intensificazione della violenza è purtroppo un chiaro segnale del deterioramento
di una situazione che dal 2003, data d’inizio del conflitto tra truppe
governative sudanesi e i gruppi ribelli, ha già causato 70 mila morti, in
maggioranza civili, e 1,6 milioni di sfollati o rifugiati. Kofi Annan ha dovuto
prendere atto, quindi, che “le pressioni esercitate sulle parti non hanno avuto
effetti” e che risulta necessario “riesaminare le misure più idonee per
migliorare la sicurezza e la protezione degli
sfollati nel Darfur”. (R.A.)
LA CAPITALE EUROPEA PER LA CULTURA 2005 E’ LA
CITTA’ IRLANDESE DI CORK
- A cura di Enzo Farinella -
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CORK. = Da oggi Cork, la seconda
cittadina irlandese per numero di abitanti, sita all’estremità sud dell’isola,
diventa Capitale europea della cultura 2005. Il presidente della Repubblica
d’Irlanda, Mary McAleese, darà inizio ufficialmente ai festeggiamenti che
vedranno, durante l’arco dell’anno, manifestazioni musicali, teatrali e
occasioni di svago di ogni genere, con artisti provenienti da ogni parte del
mondo. “Vogliamo sviluppare un programma di manifestazioni di alta qualità, che
permetteranno ai cittadini di Cork, dell’Irlanda e di altre Nazioni di celebrare
la città, di ritrovare un senso di appartenenza al luogo stesso e di
partecipare attivamente nella cultura. Ci interessa anche rivisitare il
passato”, ha dichiarato il sindaco di Cork, Sean Martin. La città, con il suo
protettore, San Sinbar che, secondo esperti di studi medievali è lo stesso San
Fredriano che si venera a Lucca, e con i tanti movimenti monastici che
dall’isola libernica si sono propagati per il mondo intero a partire dal V o
dal VI secolo dopo Cristo, può – quale Capitale europea della cultura –
riportarci anche alle origini cristiane della nostra fede e del nostro modo di
vivere, ossia della nostra cultura. “Comunque, vediamo il 2005 come un
trampolino di lancio più che come fine a se stesso; cercheremo di avvicinarci
all’Europa allargata per promuoverne la cooperazione e la coscienza culturale”,
ha detto ancora il sindaco Martin. Gli abitanti di Cork sono famosi per il loro
orgoglio, e il 2005 rappresenta per loro un’opportunità per eccellere e
anche di emergere dall’ombra della
grande capitale Dublino e, forse, da un certo senso di inferiorità di cui
soffrono talvolta le piccole realtà dinanzi a quelle più grandi. Cork, che gode
dell’epiteto di “Repubblica popolare”, è stata designata capitale europea della
cultura nel 2002, ed è la più piccola città che sia mai stata insignita di un
tale onore.
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8
gennaio 2005
- A cura di Amedeo Lomonaco e Rita
Anaclerio -
Clima di tensione nei Territori
palestinesi alla vigilia delle elezioni di domani: un palestinese di 61 anni è
stato ucciso questa mattina ad un posto di blocco presso l’insediamento di
Gush Katif, nella Striscia di Gaza. Il
servizio di Graziano Motta:
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Non è un clima sereno quello che
regna in questa vigilia elettorale, per l’ennesima operazione di guerriglia
rivendicata dalle Brigate al Aqsa. Nella zona di Nablus, capoluogo della
Samaria, in un’imboscata ad un’auto è stato ucciso un soldato israeliano e ne
sono stati feriti altri tre. Il governo Sharon ha prospettato così la ripresa
di operazioni militari e la revoca dei provvedimenti presi per favorire le
elezioni, come il ritiro per 72 ore, già intrapreso dai centri abitati. Proprio
sulla presunta inefficacia di questa misura, ovvero sulle difficoltà negli
spostamenti degli elettori, sono in corso verifiche degli osservatori, ma solo
il 70 per cento del milione e ottocentomila dei potenziali elettori ha chiesto
l’iscrizione nelle liste. Il resto non lo ha fatto, soprattutto per ragioni
politiche. I movimenti fondamentalisti islamici e Jihad contestano lo
svolgimento di elezioni presidenziali nelle terre arabe occupate dal nemico
Israele. Non hanno pertanto presentato candidati alla stregua del Fronte
popolare di matrice marxista. In lizza sono, per il partito Al Fatah che fu fondato
da Arafat, il presidente dell’Olp Abu Mazen, che i sondaggi danno per vincente,
e sei personaggi più o meno noti, due dei quali, Bassam al Salhi e Taiser
Khaled, presentati rispettivamente dal Partito del popolo comunista e dal
Fronte democratico. Ci sono anche quattro indipendenti: il più conosciuto, e
che nei sondaggi gode di circa il 20 per cento dei consensi, è il medico
Mustafa Barguti, progressista, lontano parente di Marwan Barguti, il capo dei
guerriglieri Tanzim, che sconta in Israele la condanna a cinque ergastoli.
Nella campagna elettorale Abu Mazen ha chiesto allo Stato ebraico il ritiro da
tutti i territori occupati nella guerra del ’67 e il rilascio di circa 9 mila
detenuti politici. Egli appare come l’uomo politico in grado di mediare tra le
diverse anime e tendenze palestinesi, e di attuare riforme istituzionali e
nell’apparato di sicurezza.
Per Radio Vaticana, Graziano
Motta.
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Nella
successione ad Arafat, il grande favorito per la presidenza palestinese rimane
il leader dell’Olp, Abu Mazen. Ma come cambierà la politica palestinese? Giada
Aquilino lo ha chiesto ad Antonio Ferrari, inviato speciale del Corriere
della Sera, raggiunto telefonicamente a Gerusalemme:
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R. – Dovrà cambiare per forza e
per diverse ragioni. Innanzitutto, non ci sarà più - o almeno ci sarà in misura
molto ridotta - uno scollamento al vertice del potere. Quando Arafat era ancora
in vita, il primo ministro palestinese fu nominato su forte pressione internazionale
proprio perché Arafat non era più ritenuto credibile. Oggi, il presidente non
ha più bisogno di un premier forte, perché lui stesso è credibile. In tale
processo di cambiamento, non si può comunque pensare che dall’oggi al domani si
risolva tutto. Bisogna ricostruire le strutture dell’Anp che non esistono più.
Bisogna cercare di isolare gli estremisti, disarmarli ed evitare gli attentati
terroristici. E, soprattutto, bisogna preparare il terreno per riaprire il
negoziato con Israele.
D. – Per i suoi nemici Abu Mazen
è l’uomo degli americani e - forse - degli israeliani, per i suoi sostenitori è
il nuovo negoziatore della pace. Quanto pesano questi ruoli sul leader
dell’Olp?
R. – Anche quando Arafat firmò
gli accordi di Oslo - dando avvio ad una fase carica di speranza - venne accusato
di essere uomo degli americani e degli israeliani: francamente sembrava
un’accusa eccessiva, come lo sembra pure oggi per Abu Mazen. E’ chiaro che
tutto ciò pesa, soprattutto nei gruppi più estremisti che non vedono di buon
occhio le elezioni.
D. – Veniamo al rapporto con
Israele. Sharon è alle prese con continui dissidi interni sullo sgombero delle
colonie. Quanto è disposto ancora a concedere ai palestinesi?
R. –
Sicuramente un primo passo potrebbe essere - visto che l’appuntamento per
l’evacuazione da Gaza è vicino - quello di cercare di collaborare con Abu
Mazen, per fare in modo che il passaggio dei poteri nella Striscia sia il più
indolore possibile. In cambio, Sharon potrebbe offrire per esempio la cosa che
Abu Mazen chiede prima di tutto e cioè fermare l’ampliamento degli insediamenti
ebraici in Cisgiordania, bloccare la costruzione del muro e soprattutto
rilasciare un buon numero di prigionieri. Abu Mazen si riferisce in particolare
anche a Marwan Barghuti, quello che doveva essere il suo avversario principale alle elezioni di
domani e che poi alla fine - dopo aver pensato di presentarsi come candidato-carcerato
alla presidenza dell’Autorità nazionale palestinese - ha deciso di ritirarsi e
di sostenere Abu Mazen.
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Notizie rassicuranti anche se
accolte con prudenza sono da poco arrivate dalla Francia. L’inviata speciale di
Libération in Iraq, Florence Aubenas, e il suo interprete iracheno,
scomparsi da mercoledì mattina, sarebbero “in buone condizioni di salute”. Intanto tre funzionari sono stati rapiti a Latifiyah, nel
cosiddetto “triangolo della morte”, a sud di Baghdad. Lo hanno riferito stamani
fonti della polizia precisando che il sequestro è avvenuto ieri. L’esplosione di un’autobomba nei pressi di Hilla,
a sud della capitale, ha provocato inoltre la morte di una persona e venti
feriti. Ed in questo
clima intimidatorio messo in atto dai terroristi in vista delle elezioni del
prossimo 30 gennaio, le autorità militari americane in Iraq hanno annunciato
l’arresto a Mossul di un importante leader della rete di al Qaeda.
In
Afghanistan, le forze di sicurezza hanno arrestato un giudice della Corte suprema
di Kabul sospettato di essere coinvolto nell’attentato compiuto lo scorso 29
agosto nella capitale contro un istituto di vigilanza e costato la vita a dieci
persone. L’arresto, avvenuto nei giorni scorsi, è stato reso noto oggi da un funzionario
dell’alta corte.
Operazione
antiterrorismo in Pakistan: le forze di sicurezza di Islamabad hanno arrestato
tre presunti militanti islamici legati ad al Qaeda in un raid avvenuto nei
pressi di Karachi. Uno dei tre sospetti è un cittadino yemenita, lo sceicco
Yousuf, e gli altri due sono pachistani.
Negli
Stati Uniti un uomo condannato a morte, Michael Ross, ha chiesto al tribunale
di non accogliere i ricorsi contro la sua esecuzione, fissata per il prossimo
26 gennaio, presentati dal padre e da un gruppo per i diritti civili. L’uomo,
condannato alla pena capitale per l’uccisione di otto donne nel Connecticut e a
New York, ha rifiutato l’ipotesi del rinvio precisando di non voler essere
difeso. Il padre, che ha cercato di bloccare la sentenza sottolineando come
l’esecuzione condotta con il metodo dell’iniezione letale costituisca una pena
“crudele” e contraria al dettato costituzionale, ha chiesto il rinvio fin
quando la Corte Suprema non si sarà espressa in merito.
Fino all’ultimo si è dubitato ma dopo venti anni
in Sudan si respira aria di pace. Domani alle dieci, nello stadio di Nairobi,
sarà firmato l’accordo che dovrebbe porre ufficialmente fine alla guerra civile
e che - si spera - avrà un effetto positivo anche per la situazione in Darfur,
sebbene sia fuori dall’intesa. Il servizio di Rita Anaclerio:
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Accordo fra i due nemici
storici: il presidente Omar al Bashir porrà fine alla campagna militare contro
il sud portata avanti con durezza dal nord arabo e musulmano; il capo
dell’Esercito popolare di liberazione sudanese, John Garang, rinuncerà alla
guerra per l’indipendenza del sud. E’ la prima volta dalla fondazione del Sudan
che vengono riconosciute le due principali religioni, musulmana e
animista. Fino ad oggi la costituzione
sudanese riconosceva solo la sharia, la legge islamica
imposta in tutto il Paese, compreso il sud, dove la popolazione principalmente
animista o cristiana è stata colpita da conflitti costati la vita a più di due
milione di persone. Ma non sono state solo le questioni religiose ad aver
bloccato i negoziati pace. Altro nodo cruciale è il petrolio. Per decenni il
governo del nord sfruttava il petrolio del sud incontrando la forte opposizione
dei ribelli. Con il nuovo accordo sarà la Banca Mondiale a stabilire le
ripartizioni. La firma di pace di domani è solo l’inizio di un lungo ed
impegnativo processo di ricostruzione del Paese. Ma la sfida maggiore, come rende
noto l’Alto commissario dell’ ONU per i rifugiati, sarà il coordinamento delle
attività del più grande rimpatrio della storia. Infatti, la guerra ha costretto
alla mobilitazione quattro milioni di
persone all’interno del Paese ed altri 570.000 a
rifugiarsi nei Paesi limitrofi. A fare
da garanti a questo processo di pace ci saranno domani, fra gli altri, il
Segretario di Stato Colin Powell e il
presidente dell’Unione Africana, Olusegun Obasanjo. Si spera che questo storico
accordo porti vantaggi anche alla martoriata zona del Darfur per la quale il segretario
generale dell’ONU, Kofi Annan, ha recentemente espresso le proprie
preoccupazioni in seguito all’intensificarsi della violenza e della formazione
di nuovi gruppi di ribelli.
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