RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLIX n. 1  - Testo della trasmissione sabato 1 gennaio 2005

 

Sommario

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Dialogo, perdono e opere di giustizia: queste le armi dell’amore per vincere il male. Così il Papa alla Messa del 1° gennaio, solennità di Maria SS. Madre di Dio e 38.ma Giornata mondiale della pace. Durante la Messa e all’Angelus, la preghiera del Pontefice per le vittime del maremoto in Asia

Ieri sera, Giovanni Paolo II ha celebrato il Te Deum di ringraziamento e nella sua cappella privata, a mezzanotte, una Messa in suffragio delle vittime del cataclisma asiatico

Il messaggio del Papa per la Giornata mondiale della Pace: ai nostri microfoni, mons. Tommaso Valentinetti, il buddista Micchicò Noigiri, l’induista Ela Gandhi e Alberto Quattrucci, della Comunità di Sant’Egidio.

OGGI IN PRIMO PIANO:

L’ultimo bilancio del maremoto di domenica scorsa sale a 125 mila vittime, ma l’ONU teme possano diventare oltre 150 mila. Registrata oggi una nuova scossa di terremoto in Indonesia. Interviste con padre Giuseppe Carbonell e padre Bernardo Cervellera

 

Oggi è la festa della Santissima Madre di Dio: ne parliamo con padre Jesús Castellano

 

Domani, seconda domenica dopo Natale, il Vangelo di Giovanni sull’Incarnazione del Verbo. Il commento del teologo padre Marko Ivan Rupnik.

CHIESA E SOCIETA’:

A Ragusa, marcia della pace organizzata da CEI, Caritas e Pax Christi

2005 anno della cittadinanza europea attraverso l’educazione

In Messico cresce il numero di morti per il freddo

 

24 ORE NEL MONDO:

Il Capodanno nel mondo, feste in tono minore all’insegna della solidarietà col Sudest asiatico.

 

      IL PAPA E LA SANTA SEDE

1 gennaio 2005

 

 

DIALOGO, PERDONO E OPERE DI GIUSTIZIA:

QUESTE LE ARMI DELL’AMORE PER VINCERE IL MALE CHE FERISCE L’UMANITA’.

LO HA DETTO IL PAPA ALLA MESSA DEL PRIMO GENNAIO, NELLA SOLENNITA’ DI MARIA SS. MADRE DI DIO, 38.MA GIORNATA MONDIALE DELLA PACE.

DURANTE LA MESSA E ALL’ANGELUS, IL PAPA HA RIPETUTAMENTE PREGATO PER LE

VITTIME DEL MAREMOTO IN ASIA E PER I LORO SOCCORRITORI

- A cura di Alessandro De Carolis -

 

La pace si promuove e si costruisce sulla terra con il dialogo, le opere di giustizia e il perdono: armi d’amore universali che ovunque vincono il male. Nella celebrazione eucaristica del primo gennaio, solennità dedicata a Maria SS. Madre di Dio, e nel giorno in cui una tradizione pluridecennale invita il mondo a riflettere sulla pace, Giovanni Paolo II ha pregato per le vittime del maremoto asiatico, che impresso un marchio di dolore in questo periodo festivo. Anche ieri sera, nella Messa di mezzanotte celebrata il privato, il Papa aveva avuto un medesimo pensiero: un’eco lunga colta anche nelle sue parole al Te Deum di ringraziamento del pomeriggio. Ma riviviamo con ordine gli avvenimenti che hanno scandito gli impegni del Papa a cavallo tra il vecchio e il nuovo anno, cominciando dal racconto della celebrazione odierna. Il servizio è di Alessandro De Carolis:

 

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Nel cuore, un inno alla pace, costruita “con le armi dell’amore”. Nella mente, un pensiero di solidarietà che vola a migliaia di chilometri di distanza e raggiunge coloro per i quali il passaggio dal vecchio al nuovo anno si è consumato in uno scenario di indicibile orrore. Nel giorno in cui i festeggiamenti per l’arrivo del 2005 hanno mostrato ovunque, da New York a Sydney, i segni di una visibile mestizia, Giovanni Paolo II non ha mancato di manifestare una volta di più vicinanza spirituale per le vite spezzate e per i sopravvissuti del cataclisma dell’Asia sudorientale:

 

(musica)

 

Nell’omelia della Messa di questa mattina - presieduta dal Pontefice e celebrata dal cardinale segretario di Stato, Angelo Sodano, insieme con i vertici del Pontificio Consiglio Giustizia e pace in una Basilica vaticana gremita di fedeli e di autorità ecclesiali e diplomatiche - il Papa ha anteposto al tema liturgico mariano e a quello della Giornata mondiale della pace, tradizionalmente intrecciati ad ogni inizio d’anno, l’urgenza della carità verso le vittime del maremoto:

 

“Uno speciale saluto rivolgo agli Ambasciatori dei Paesi particolarmente colpiti in questi giorni dall’immane cataclisma abbattutosi su di essi”.

 

         Quindi, dopo aver ricordato che nel primo giorno dell’anno “la Chiesa si raccoglie in preghiera dinanzi all’icona della Madre di Dio”, Giovanni Paolo II è ritornato con alcune riflessioni sulle parole di San Paolo che danno il titolo al suo Messaggio per la Giornata mondiale della pace 2005: “Non lasciarti vincere dal male, ma vinci il male con il bene”. Parole, ha detto, che rappresentano “un’esigenza morale fondamentale” per tutti gli operatori di pace: cristiani, ma anche uomini di buona volontà. “Di fronte alle molteplici manifestazioni del male, che purtroppo feriscono la famiglia umana – ha affermato il Pontefice - l’esigenza prioritaria è promuovere la pace utilizzando mezzi coerenti, dando importanza al dialogo, alle opere di giustizia, ed educando al perdono”. Sono queste le “armi dell’amore”, ha osservato, con le quali chiunque può “vincere il male”, qualsiasi credo professi: “E’ questa – ha concluso il Papa - la via sulla quale sono chiamati a camminare cristiani e credenti di religioni diverse, insieme con quanti si riconoscono nella legge morale universale. Carissimi fratelli e sorelle, promuovere la pace sulla terra è la nostra comune missione!”

 

(musica)

 

         Al termine della Messa, Giovanni Paolo II si è spostato dalla Basilica vaticana al suo studio privato da dove, affacciandosi a mezzogiorno su una Piazza San Pietro illuminata dal sole, ha recitato la preghiera dell’Angelus. Tornando per qualche istante ai significati spirituali del primo gennaio, il Papa ha ribadito che il male “viene sconfitto” quando la liberta umana, attraverso cui il male passa, “si orienta fermamente la bene”, ovvero a Dio. Ed ha levato un’invocazione a Maria Regina della pace.

 

Ci aiuti tutti costruire insieme questo fondamentale bene della convivenza umana. Solo così il mondo potrà progredire sulle vie della giustizia e della fraterna solidarietà”.

 

         Dopo la preghiera mariana, il Pontefice ha ringraziato e ricambiato gli auguri di buon anno che il presidente della Repubblica italiana, Carlo Azeglio Ciampi, gli aveva rivolto ieri sera, durante il tradizionale messaggio alla nazione. Invoco “pace e prosperità per l’intero popolo italiano”, ha detto Giovanni Paolo II, che ha poi voluto assicurare nuovamente la preghiera per le vittime e i familiari della catastrofe asiatica. Riferendosi in particolare all’imponente macchina dei soccorsi che sta portando aiuto ai disastrati, il Papa ha detto di prendere atto “con favore della gara di solidarietà che si sta sviluppando in ogni parte del mondo. Su questo senso di umana solidarietà, oltre che sull’aiuto di Dio – ha osservato - si fonda la speranza di giorni migliori nel corso dell’anno che oggi si apre”. Infine, dopo gli auguri di buon anno nelle varie lingue, Giovanni Paolo II si è congedato rivolgendo un saluto particolare ai giovani dell’Opera Don Orione, alle famiglie del Movimento dell’Amore Familiare, agli amici della “Fraterna Domus”, e ai numerosi partecipanti alla marcia per la pace organizzata dalla Comunità di Sant’Egidio, presenti in Piazza San Pietro con bandiere e striscioni.

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Come detto, anche ieri sera, durante una Messa celebrata a mezzanotte nella sua cappella privata, Giovanni Paolo II ha pregato, secondo quanto riferito dal portavoce vaticano, Navarro Valls, per le vittime del maremoto del Sudest asiatico e per i loro soccorritori. In precedenza, alle 18.00, il Pontefice aveva presieduto in San Pietro il tradizionale Te Deum  di ringraziamento, alla presenza del sindaco di Roma, Walter Veltroni. La cronaca di Luca Pellegrini:

 

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(Canto)

 

Deo gratias. Così si conclude ogni anno solare prima di aprirsi al nuovo con l’invocazione “In nomine Domini”.

 

Nelle ultime ore di un giorno e di un anno, Giovanni Paolo II ha presieduto i Primi Vespri della Solennità di Maria Santissima Madre di Dio, nel corso dei quali è stato solennemente cantato, come vuole la tradizione, il Te Deum. La salmodia intonata dalla Cappella Sistina, insieme ai tanti fedeli presenti nella Basilica Vaticana intorno al loro Pontefice, apriva ad una dimensione di lode al Padre e di stupore davanti al mistero dell’Incarnazione del Figlio. Per la Chiesa l’ultima celebrazione dell’anno incarna il desiderio di ritrovarsi davanti al Signore, tanto più questi giorni segnati da dolori e sofferenze immani causate dalla natura e dalle sue forze più ostili. Una preghiera speciale si è levata, nel corso della liturgia, a Cristo Pastore buono e amico dei poveri “dona conforto e speranza ai nostri fratelli dell’Asia colpiti da una catastrofe immane”.

 

Giovanni Paolo II ha domandato, infine, salvezza per mezzo di Maria chiedendole di accompagnarci in questo passaggio al nuovo anno. “Ottieni per Roma e per il mondo intero – concluso – il dono della pace”. Preghiera rinnovata dal Papa innanzi al presepe allestito in Piazza San Pietro, nel corso di una speciale sosta che ha voluto compiere al termine della celebrazione vespertina:

 

“Buon anno nuovo!”

 

(Applausi)

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Il Messaggio di Giovanni Paolo II per la Giornata mondiale della pace ha avuto, come di consueto, una vasta eco internazionale, suscitando riflessioni e commenti. Ve ne offriamo una carrellata, a cominciare da quello del vescovo di Termoli Larino, Tommaso Valentinetti, presidente di Pax Christi, al microfono di Paolo Ondarza:

 

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R. – Il Papa, prendendo come spunto la frase di San Paolo di fuggire il male con orrore e di attaccarsi al bene, continua a riproporre la logica della pace, la logica della non violenza, la logica del perdono: “Non rendete a nessuno male per male”. Descrive anche i volti e i nomi del male a partire dal peccato di Adamo ed Eva, che si ribellarono a Dio, e parla sempre del male che, in definitiva, è un tragico sottrarsi alle esigenze dell’amore.

 

D. – Giovanni Paolo II introduce anche un nuovo concetto, quello di “cittadinanza mondiale”, che vede in stretta relazione di dipendenza la pace nei Paesi ricchi con lo sviluppo di quelli poveri…

 

R. – Sì, allo stesso modo del male, che è universale e, purtroppo, si diffonde sempre più a livello planetario. Sicuramente, nell’animo dei credenti deve essere coltivato con costanza anzitutto una grande speranza: che il male non vincerà. Poi, soprattutto, questa capacità di rispondere ai problemi del mondo intero comprendendo sempre di più quando c’è una sussidiarietà, una interdipendenza tra i Paesi in via di sviluppo e i Paesi, invece, dove si vive nell’opulenza.

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Sempre Paolo Ondarza ha raccolto il commento Micchicò Noigiri, presidente del centro Urasenke per la diffusione della cultura zen giapponese, che spiega come venga inteso il significato della pace dal buddismo:

 

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R. – Per il concetto buddista, l’idea di pace è molto più ampia, anche in relazione all’ambiente, agli uomini e agli animali. La pace è la coesistenza di tutto.

 

D. – Dunque anche il rapporto con se stessi, pace con se stessi?

 

R. – Sì. Oggigiorno io vedo tante persone che non hanno la pace interiore. Prima di tutto, comunque, la pace bisogna cercarla.

 

D. – Dunque, la pace interiore diventa premessa indispensabile per conseguire la pace tra le nazioni, a livello mondiale...

 

R. – Sì, perché la pace è unica. Però, ci sono tanti tipi di giustizia: c’è la giustizia degli americani, quella degli italiani, dei turchi, degli iracheni...

 

D. – Può essere mai combattuta una guerra in nome di Dio?

 

R. – Quello no. Il terrorismo è frutto di fanatismo religioso.

 

D. – In che modo, secondo lei, potrebbe essere sconfitto?

 

R. – La forza da sola non potrà mai vincere!

 

D. – Dunque, non si può sconfiggere con la forza...

 

R. - ...No, non credo...

 

D. - ...E quindi, come? Con la preghiera?

 

R. – Sì, questa è un’arma molto forte, la preghiera. L’unica cosa è il dialogo, ma con chi? Perché è molto difficile parlare con dei fanatici, i quali, diventandolo, non ascoltano più ciò che dicono gli altri. Dobbiamo cercare di convivere: io credo che sia possibile convivere, a condizione di rispettare gli altri.

 

D. – Rispettando e comprendendo...

 

R. - Rispettando e comprendendo, sì. Perché se ci appoggiamo al pregiudizio secondo cui noi siamo più forti, abbiamo ragione, mai si potrà instaurare un vero dialogo. Per poter realizzare un dialogo, ci vuole la povertà del cuore.

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         Dal buddismo ad un’altra religione che conta centinaia di milioni di seguaci, l’induismo. Francesca Smacchia ha intervistato Ela Gandhi, nipote del Mahatma Gandhi e parlamentare della Repubblica del Sud Africa:

 

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R. – FIRSTLY HINDUISM ...

Anzitutto, si parla di pace all’interno dell’individuo stesso perché, secondo il nostro credo, se non c’è pace nell’individuo non ci può esservi all’esterno, al di fuori di lui. Si tratta di essere felici, felici per la propria vita. E molto, nell’induismo, riguarda la singola persona. C’è anche una sorta di responsabilità sociale che indica un grande cuore e la volontà di aiutare il prossimo. Quindi, che anche gli altri siano felici ed abbiano pace. E, soprattutto, vivano una vita all’insegna della pace. Un punto molto importante, dunque, è portare avanti questa responsabilità sociale all’interno della comunità.

 

D. – E di fronte alla povertà, come si pone l’induista? Con le preghiere e con azioni concrete?

 

R. – ACTION. ACTION: THAT IS WHAT I MEAN ...

Attraverso azioni concrete: è ciò che intendo con “responsabilità sociale”, cioè agire collettivamente contro quelli che sono problemi come la povertà o come la violenza, perché è proprio questo che intendo quando parlo di senso di responsabilità nei riguardi della società.

 

D. – Secondo lei, c’è una soluzione al problema del terrorismo nel mondo?

 

R. – I THINK YOU CAN’T FIGHT TERRORISM ...

Credo che non si possa combattere il terrorismo con il terrorismo, ma piuttosto con la pace. Questa è la cosa fondamentale: la pace che proviene dalle persone che hanno fede. Ed ecco perché è importante il messaggio di pace di Giovanni Paolo II per tutte le persone che credono: perché proprio coloro che hanno fede faranno la differenza. Questo è quello che credo.

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All’Angelus di questa mattina, Giovanni Paolo II l’ha salutata esplicitamente per la sua marcia della pace, partita stamattina da piazza della Chiesa Nuova fino a San Pietro. E la Comunità di Sant’Egidio non ha mancato di stringersi attorno al Papa nel giorno in cui, per il terzo anno consecutivo, l’organismo fondato da Andrea Riccardi si è fatto promotore, in 300 città di 70 nazioni, di varie iniziative per ricordare quelle terre che attendono la fine del terrorismo e della guerra, fonte di sofferenza per tanti popoli e madre di tutte le povertà. Il perché della marcia della pace lo spiega Alberto Quattrucci, di Sant’Egidio, intervistato da Francesca Sabatinelli:

 

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R. – La marcia della è organizzata per sostenere le parole del Papa e, soprattutto, la sua preoccupazione costante e forte per la pace nel mondo, per una situazione di giustizia che manca in tanti Paesi purtroppo dimenticati da molti. Ci troviamo profondamente vicini e in sintonia con questo senso profondo di forza trasmesso dal Messaggio del Papa che, in qualche modo, ci esorta tutti a lavorare per la pace partendo da noi stessi, ma anche coinvolgendo tanti insieme a noi.

 

D. – Accanto alle parole del Papa, qual è lo specifico messaggio di Sant’Egidio?

 

R. – Che la pace è possibile anche in tempi bui, oscuri, drammatici, come quelli che stiamo attraversando, in particolare negli ultimi anni, e oggi aggravati dal terribile maremoto che ha colpito di nuovo popolazioni, alcune delle quali già vivono in conflitto, o comunque in situazioni di povertà. Di fronte al dramma, vorremmo dire che la pace è possibile e che non è vero che la guerra e il conflitto sono una soluzione o, quanto meno, una realtà da accettare. In realtà no, la strada per il futuro è quella della pace, della coabitazione, del dialogo e della coesistenza.

 

D. – Quindi, il bene come mezzo, come arma per sconfiggere il male. Ma in queste ore noi stiamo vedendo anche come il bene abbia altre forme come quella della solidarietà...

 

R. – Certo, ma c’è un filo di affetto, di amore, un filo di solidarietà che unisce, in fondo e purtroppo, il dramma della guerra e della violenza, ma anche il dramma della povertà che è comunque una guerra. C’è un filo rosso che unisce il dramma di queste vittime. Ma oltre ai tanti malati, ai tanti che oggi vivono in situazione di provvisorietà estrema, di povertà nel Sud-Est asiatico, la solidarietà è il primo impegno per la pace.

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OGGI IN PRIMO PIANO

1 gennaio 2005

 

 

L’ULTIMO BILANCIO DEL MAREMOTO CHE HA INVESTITO DOMENICA

IL SUD-EST ASIATICO PARLA DI 125 MILA VITTIME,

MA L’ONU NE TEME OLTRE 150 MILA.

OGGI, NUOVA SCOSSA DI TERREMOTO IN INDONESIA

- Interviste con padre Giuseppe Carbonell e padre Bernardo Cervellera -

 

Il nuovo anno inizia nel ricordo delle circa 125 mila vittime del maremoto che domenica ha travolto diversi Paesi del sud e del sud-est asiatico, nonché dell’Africa orientale. Non sono pochi, tuttavia, quanti credono che il bilancio è destinato a lievitare, fino a raggiungere, secondo le Nazioni Unite, il tetto dei 150 mila morti. La cifra dei turisti dispersi stranieri, per lo più europei, ha raggiunto le 7 mila unità. E mentre la solidarietà internazionale continua a registrare nuovi slanci di carità, secondo l’Onu gli aiuti raccolti fino ad ora ammontano ad oltre 1 miliardo di dollari, senza i 500 milioni di dollari promessi dal Giappone, proseguono nelle diverse aree i soccorsi umanitari, in una disperata corsa contro il tempo. Per conoscere la cronaca di queste ore nei diversi Paesi, il servizio di Barbara Castelli:

 

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La furia della natura sembra non essersi ancora esaurita. Un terremoto di magnitudo 7 sulla scala Richter si è verificato questa mattina al largo dell’isola di Sumatra, in Indonesia, il Paese più colpito dal terremoto e poi dal maremoto di domenica scorsa. Lo rivela l’Ufficio sismologico di Pechino. Al momento, fortunatamente, non si hanno notizie di vittime. Proprio Giakarta, viste le proporzioni del disastro, ha deciso ieri di rinunciare ad aggiornare continuamente il bilancio delle vittime, che secondo l’ultimo dato ufficiale sono circa 80 mila. Un responsabile governativo, inoltre, ha reso noto che la regione di Meulaboh, nella parte settentrionale dell’isola di Sumatra, resterà inaccessibile via terra almeno per tre settimane, complicando enormemente l’opera di soccorso. Resi difficili gli aiuti anche in Sri Lanka, dove le piogge torrenziali delle ultime ore hanno provocato inondazioni in numerosi campi di accoglienza per gli sfollati del maremoto. Gli Stati Uniti, intanto, hanno deciso l’invio nello Sri Lanka di 1.500 marines, una nave-appoggio e venti elicotteri. Colombo ha poi aggiornato il numero dei dispersi, oltre 14 mila, sottolineando che a questo punto il bilancio finale dei morti potrebbe raggiunge le 42 mila unità. Si attesta sulle oltre 12.700 vittime il bilancio in India, dove sono state colpite le coste degli stati centromeridionali del Tamil Nadu, dell’Andhra Pradesh. In questi due Stati, oltre 30 mila persone sono riuscite a rientrare oggi nelle proprie case. In misura minore il rientro è avvenuto nel Kerala, ma si attendono ancora verifiche su quanto avvenuto nell’arcipelago di Andaman e Nicobar, il più lontano dalla costa indiana ma il più vicino all’epicentro del maremoto. Le Nazioni Unite, infine, hanno confermato oggi che l’11 gennaio prossimo si svolgerà a Ginevra una conferenza dei Paesi donatori, in favore delle vittime del maremoto nell’Oceano Indiano. Il 6 gennaio si svolgerà, invece, in Indonesia un vertice dell’ASEAN, l’Organizzazione dei Paesi del Sud Est asiatico: vertice allargato ai Paesi che non fanno parte del gruppo ma hanno subito danni dal maremoto.

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Come abbiamo sentito, l’Indonesia è stato uno tra i Paesi più colpiti dalla furia dello tsunami. Per una testimonianza dal posto, Barbara Castelli ha raggiunto telefonicamente questa mattina a Giakarta il missionario padre Giuseppe Carbonell:

 

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 La situazione è aggravata dal cumulo di cadaveri che non si riesce a seppellire. Si teme che questo fatto possa veicolare diverse malattie. Stanno arrivando tantissimi aiuti internazionali. Si lamenta, tuttavia, che la distribuzione di acqua, cibo e medicine non sia ben coordinato. Per fortuna, non si è riprodotto, come si temeva, un altro maremoto, però la sofferenza è ovunque. Esternamente non si nota niente, tutto è normale. Ieri hanno sospeso alcune feste e non si sono fatti i fuochi d’artificio, ma in tutti i luoghi si festeggia l’anno nuovo e la vita continua lo stesso. Questo Paese è così grande che ciò che accade al nord non si sa al sud, e quello che c’è all’est è sconosciuto all’ovest. Si raccolgono fondi, ma c’è anche chi specula su questo. Diciamo che ora la situazione è sotto controllo, ma ci vorrà molto tempo per risolvere dei problemi così gravi come quelli rappresentati dai cadaveri, dai senzatetto e da tutti quelli che hanno bisogno di aiuto.

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Ma quale è la situazione nelle altre zone del sud-est asiatico e giorno dopo giorno quali sono le nuove emergenze? Barbara Castelli ha girato la domanda a padre Bernardo Cervellera, direttore dell’agenzia Asianews:

 

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R. – L’emergenza più grave è quella di poter arrivare in tutte le zone colpite per portare acqua e viveri. In particolare nello Sri Lanka e nell’Indonesia, ci sono delle aree del territorio ancora isolate. Questo perché è molto difficile la situazione delle strade: ci sono ponti interrotti – soprattutto in Indonesia a causa del terremoto – e poi per gli allagamenti. Tutto è molto difficile. Gli aiuti arrivano via elicottero oppure via mare, con delle barchette.

 

D. – In questo frangente, la comunità internazionale è stata sollecita e generosa. Alcuni Stati hanno parlato anche di moratoria del debito. Un segno positivo in questo momento di dolore...

 

R. – Io trovo che questa tragedia così globalizzata, sia dal punto di vista delle vittime sia dal punto di vista della percezione, stia rendendo più globalizzata anche la solidarietà. Per esempio: pensare di fare una protezione civile internazionale ed europeo, pensare di realizzare dei gruppi che lavorano per la solidarietà internazionale ed anche questo muoversi da parte dei vari Paesi per aiutare… tutto ciò è molto positivo. Direi, comunque, che oltre al lavoro in grande dei Paesi, quello che è importante è che le popolazioni sul posto e le comunità cristiane e delle varie confessioni religiose si stiano già attivando e si sono attivate proprio fin dalle prime ore dopo il disastro. Questo è molto positivo.

 

D. – Nel medio-lungo periodo, quale sarà l’impatto del maremoto sul sistema economico dell’area già tanto precario?

 

R. – Da un punto di vista di macro-economia, molti esperti dicono che non ci saranno grosse scosse. Il problema è che è un disastro umanitario grandissimo. Lo tusnami ha colpito moltissimo i bambini, questo significa che una generazione viene perduta e questo creerà una difficoltà umanitaria sempre più forte. Va detto, inoltre, che questo disastro umanitario è un disastro anche dei poveri, perché la maggior parte dei morti e la maggior parte delle distruzioni sono accadute tra le famiglie di pescatori, per le loro case, le loro barche. Questi naturalmente non incidono granché sul prodotto interno lordo di una nazione, però si tratta di un’economia di sussistenza che, appunto, è stata spazzata via. Questi non fanno numero, però sono le persone che soprattutto bisognerebbe aiutare.

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OGGI PRIMO GENNAIO, SOLENNITA’ DI MARIA, MADRE DI DIO

- Intervista  con padre Jésus Castellano -

 

La festa odierna di Maria Santissima Madre di Dio è stata introdotta da Pio XI nel 1931, nel 15.mo centenario del Concilio di Efeso, che nel 431 affermava solennemente la maternità divina di Maria contro l’eresia di Nestorio. Ma cosa vorrebbe dire fare di Maria solo la madre dell’uomo Gesù? Giovanni Peduto lo ha chiesto a padre Jesús Castellano, della Pontificia Facoltà Teresianum in Roma:

 

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R. – Vorrebbe dire propriamente dividere Gesù, il quale è la Persona divina con due nature: quella divina e quella umana. Maria non è soltanto Madre di una parte di Gesù: è la Madre di Gesù tutto intero. Quindi, è il principio dell’unità del Verbo di Dio incarnato, unica persona con due nature, che fa che Maria sia la Madre di questa Persona che è appunto Gesù: Gesù, con la sua divinità e con la sua umanità. E questo mi sembra che sia molto importante, perché non è soltanto un privilegio, quello che noi confessiamo dicendo “Madre di Dio”; Maria è veramente la Madre di Colui che è vero Dio e vero Uomo.

 

D. – Gesù, sulla Croce, in Giovanni affida tutti noi a Maria, come suoi figli, e affida lei a noi come sua Madre. Cosa significa?

 

R. – Significa che Cristo ha voluto per noi tutto quello che era suo: come ci ha voluti figli di Dio, nell’ordine della grazia, ci ha voluti anche figli di Maria, come lui.  Cristo ha voluto che noi partecipassimo di tutto quello che lui è. Lui ci partecipa anche questo aspetto particolare di un legame profondo con Maria, che è sua Madre, perché sia anche nostra Madre.

 

D. – Come corrispondere a questo dono che Gesù ci ha fatto, dandoci sua Madre?

 

R. – Avendo molto presente questa realtà.  Maria è fedele a questo affidamento che Gesù le ha fatto dalla Croce: quindi è nostra Madre, guarda noi come figli. Anche noi dobbiamo essere fedeli come Giovanni ad accogliere Maria. Avere Maria nella nostra vita, accoglierla nella nostra casa, vuol dire tante cose: sentire la presenza vicina, avere con lei una vera comunione di fede e di amore, sentire la sua protezione, chiedere la sua intercessione. Con questa vicinanza di Maria non soltanto dobbiamo imitarla come da lontano, ma sentirci un po’ riplasmati da lei come autentici figli di Dio. Come Lei ha fatto crescere Gesù in età, in sapienza e in grazia, anche noi, sotto lo sguardo di Maria e plasmati dalla sua maternità, possiamo crescere in età, in sapienza, in grazia e in santità, e in comunione con la missione della Chiesa.

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IL VANGELO DI DOMANI

 

 

Domani, 2 gennaio, seconda Domenica dopo Natale, la liturgia ci ripresenta il prologo del Vangelo di San Giovanni. L’evangelista descrive l’Incarnazione del Verbo come una luce che splende nelle tenebre. Ma le tenebre non l’hanno accolta:

 

 “Veniva nel mondo la luce vera,  quella che illumina ogni uomo.  Egli era nel mondo, e il mondo fu fatto per mezzo di lui,  eppure il mondo non lo riconobbe. Venne fra la sua gente, ma i suoi non l'hanno accolto. A quanti però l'hanno accolto, ha dato potere di diventare figli di Dio”.

 

Su questo brano evangelico, ascoltiamo il commento del teologo gesuita padre Marko Ivan Rupnik:

 

 

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Il prologo di Giovanni afferma che in principio è una vita personale, in principio è il dialogo e nessun caos primordiale. In principio era la Parola. All’interno del mondo, delle persone, il caos è creato dal peccato. Ci sono le tenebre, c’è il dolore ed eventi incomprensibili che non trovano una spiegazione logica. Ma tra le persone, nell’amore, la spiegazione si trova nel parlarsi, nel conversare e, molte volte, la presenza dell’altro, la fiducia del rapporto, è più forte e più convincente di una spiegazione che giustifichi il male e il dolore. Le tenebre non hanno accolto la luce ma, come sappiamo, molti codici di trascrizione del Prologo dicono che le tenebre non hanno “inghiottito” la luce, perché ce n’era troppa: e si sono dissipate le tenebre. Siamo nel tempo in cui si rafforza la certezza che, al di là di tutto, ciò che è la storia. C’è Qualcuno che parla, che si fa presente proprio in questa storia e, in questo mondo precario, vince le tenebre.

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CHIESA E SOCIETA’

1 gennaio 2005

 

 

VINCERE IL MALE CON IL BENE: LA MARCIA DELLA PACE DA COMISO A RAGUSA

NELLA NOTTE DI CAPODANNO. UN MOMENTO DI RIFLESSIONE,

DI NON-VIOLENZA E DI PREGHIERA.

- A cura di Stefano Cavallo -

 

RAGUSA. = “Non lasciarti vincere dal male, ma vinci con il bene il male” è il tema della Giornata mondiale della pace indetta dal Papa per oggi, primo gennaio: ad esso si è ispirata la 37.ma marcia della pace che ha avuto luogo questa notte tra dall’ex base missilistica di Comiso e Ragusa, promossa dalla Commissione episcopale per i problemi sociali e il lavoro la giustizia e la pace della Cei, la Caritas Italiana, la Diocesi di Ragusa e Pax Christi. A fare da cornice alla manifestazione, nel pomeriggio di ieri, un incontro dedicato al dialogo tra popolazioni dal titolo: “Dal Mediterraneo al mondo. Il pianeta visto dal Sud”. Un momento di riflessione sul ruolo delle aree geografiche del Mediterraneo come punto di incontro e di accoglienza di popoli e culture. A Ragusa, presso la Chiesa di San Giorgio, il vescovo di Noto, Giuseppe Malandrino, ha presieduto la preghiera di introduzione alla presentazione del Messaggio del Santo Padre per la Giornata mondiale della pace svolta da mons. Giancarlo Bregantini, presidente della Commissione Cei per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia e la pace. Giorgio Giovannoni, della Fondazione La Pira di Firenze, è poi intervenuto sul tema “Non lasciarti vincere dal disimpegno… e vivi la passione della politica”, un incontro dedicato alla figura di Giorgio la Pira, sindaco di Firenze, a cento anni dalla sua nascita, avvenuta proprio a Ragusa. E qui, il presidente della Caritas italiana, Francesco Montenegro, ha presieduto in serata la preghiera prima di altre testimonianze di operatori impegnati sul versante della pace: un rifugiato del Congo, una giovane in servizio civile e un giovane “casco bianco”. Al termine della serata, nella cattedrale, la celebrazione eucaristica presieduta dal vescovo di Ragusa, Paolo Urso.

 

 

IL 2005, ANNO INTERNAZIONALE DEL MICROCREDITO, DELLO SPORT E DELL’EDUCAZIONE FISICA. IL CONSIGLIO D’EUROPA LO SCEGLIE INOLTRE COME ANNO EUROPEO

DELLA CITTADINANZA ATTRAVERSO L'EDUCAZIONE.

 

NEW YORK. = Le Nazioni Unite hanno dichiarato il 2005 “Anno internazionale del microcredito”, con l’obiettivo di migliorare l’accesso ai servizi finanziari dei poveri e delle persone con basso reddito, e di sensibilizzare l’opinione pubblica alle potenzialità del microcredito e del microfinanziamento. Tra le iniziative previste per l’anno, la pubblicazione di un “Libro blu” sullo stato del microcredito, la cui elaborazione sarà affidata ad esperti di statistica e ricercatori delle istituzioni finanziarie multilaterali, con un’analisi dettagliata dei motivi che ostacolano tuttora l’erogazione del microcredito. L’Assemblea generale dell’ONU ha inoltre dichiarato quello appena iniziato “Anno internazionale dello Sport e dell’Educazione Fisica”. Lo sport – spiegano le Nazioni Unite – è un linguaggio universale, che aggrega persone profondamente diverse tra di loro per origine, retroterra culturale, fede religiosa e condizione economica. Inoltre, è un valido strumento – spesso sottovalutato – per la promozione del dialogo, della pace e della comprensione tra i popoli, ed il suo ruolo benefico sulla salute psicofisica delle persone lo rende un prezioso alleato nel raggiungimento degli Obiettivi di sviluppo del millennio. Nel varare l’iniziativa, l’ONU ha infine chiesto ai governi di aiutare i Paesi in via di sviluppo a rafforzare le proprie capacità nel campo dello sport e dell’educazione fisica e di accelerare l’elaborazione di una Convenzione internazionale contro il doping in tutte le attività sportive. Il Consiglio d'Europa ha invece proclamato per il 2005 l’“Anno europeo della cittadinanza attraverso l'educazione”. Tra i motivi all'origine dell'iniziativa, viene indicata la “tendenza al disinteresse tra i cittadini europei, evidenziata dal debole tasso di partecipazione alle recenti elezioni e da un'opinione negativa dei politici e della politica in generale”. L'iniziativa del Consiglio d’Europa è stata lanciata da una Conferenza svoltasi a Sofia nel dicembre scorso, le cui conclusioni saranno trasmesse al vertice dei capi di Stato e di governo del Consiglio, in programma a Varsavia il 16 e 17 maggio 2005. (S.C.)

 

 

guadalajara apre il 2005 come capitale americana della cultura, mentre purtroppo Cresce il numero di morti per il freddo in messico. il governo espRIme la sua preoccupazione per 700 mila persone a rischio,

e stanzia fondi per l’acquisto di vaccini

 

Città del messico. = Mentre la città di Guadalajara, nel Messico occidentale, apre quest’anno in veste di Capitale americana della cultura, cresce purtroppo a 47 il numero dei morti per il freddo, più della metà dei quali nello Stato settentrionale di Chihuahua, a causa dell’ondata di gelo che ha colpito il Paese centroamericano negli ultimi giorni. Come riferito dal Ministero della salute, 27 di questi decessi sono stati registrati nel Chihuahua, otto nella Sonora, quattro nel Nuevo León e a Veracruz, tre a Zacatecas e uno nella Baja California. La principale causa dei decessi è stata, oltre all’ipotermia - nel caso dei molti indigenti che vivono all’aperto - l’intossicazione da monossido di carbonio, provocata dalla combustione di legna o altro materiale infiammabile all’interno di stufe o bracieri d’emergenza, usati in spazi privi di aerazione. Molti anche gli ustionati: i soggetti più colpiti, e in generale più a rischio, sono le persone in terza età. E proprio a questo proposito, il Senato ha espresso preoccupazione per 700 mila persone che vivono in condizioni d’indigenza. Negli ultimi nove giorni, la lista dei decessi a causa del freddo è aumentata dai 26, del 21 dicembre, ai 47 dichiarati dal governo alla fine dell’anno. L’esecutivo, intanto, ha stanziato circa 30 milioni di euro per l’acquisto di vaccini antinfluenzali. (S.C.)

 

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24 ORE NEL MONDO

1 gennaio 2005

 

- A cura di Salvatore Sabatino -

 

 

 

Il 2005 è stato accolto in tutto il mondo all’insegna della riflessione e della solidarietà per il tragico maremoto nel sud est asiatico. Centinaia le iniziative in sostegno alle popolazioni colpite ed un’unica parola d’ordine: aiuto concreto. Ripercorriamo l’arrivo del nuovo anno nel mondo, con Salvatore Sabatino:

 

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Il ricordo, il dolore per l’immensa perdita di vite umane, la solidarietà. I festeggiamenti di fine anno hanno lasciato il passo in tutto il mondo alla riflessione. Una riflessione trasformatasi in un minuto di silenzio al passaggio tra il 2004 ed il 2005. La prima città ad accogliere l’anno nuovo in silenzio è stata Sydney. Poi Tokyo, e la mezzanotte ha attraversato l’area colpita dallo tsunami. Indonesia, Myanmar, Thailandia; a seguire India, Sri Lanka; Maldive. Un’area enorme in cui il silenzio è stato accompagnato dall’accensione di migliaia di candele bianche. Il simbolo di una luce che stenta ad illuminare tanto dolore. La commozione di Colombo, la costernazione di Madras, il pianto di Phuket. Tutti uniti nel ricordo, nella voglia di ricominciare a vivere dopo il disastro.

 

Il gioco del fuso orario ha poi fatto giungere il nuovo anno nei Paesi arabi, nel tormentato Iraq, in Israele, per poi approdare alla “vecchia” Europa. In Italia, sono stati annullati gli spettacoli pirotecnici in numerose piazze. Decine, centinaia le raccolte fondi organizzate per le popolazioni colpite. A Roma come a Parigi, a Berlino come a Madrid. Ed un’ora più tardi, anche a Londra, dove il tradizionale ritrovo dei giovani, Trafalgar Square, si è trasformato in una grande piazza della solidarietà. Ancora 5 ore ed il nuovo anno ha raggiunto New York, che non ha rinunciato alla tradizionale festa in Time Square: una festa che quest’anno intendeva celebrare i 100 anni, ma che inevitabilmente ha dovuto far i conti con la sensibilità di una popolazione distratta dal dolore. Il 2005 ha così attraversato l’intero continente americano, per giungere sulla costa pacifica. Il lungo filo rosso del ricordo ha unito, dunque, il pianeta. Tanti Paesi: razze, lingue, tradizioni diverse unite dall’angoscia per chi non c’è più, dalla voglia di aiutare chi ce l’ha fatta. Il 2005 è giunto con un volto nuovo, quello dell’unione. Forse per la prima volta.

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 “Nell’anno che comincia continueremo a pregare per la pace nella nostra terra, affinché israeliani e palestinesi abbandonino le vie della violenza e si pongano sulle vie della pace e il Signore, quando l’ora sarà venuta, ci apporterà la pace e la riconciliazione”. Così il Patriarca Latino di Gerusalemme, mons. Michel Sabbah, nell’omelia della Messa odierna in sintonia con il messaggio del Papa per la Giornata mondiale della pace, che ancora una volta, in tutti questi anni di persistente conflitto nella terra di Gesù, viene recepito con una attenzione tutta particolare. Ce ne parla Graziano Motta:

 

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Il Patriarca Sabbah fa propria anche la condanna della violenza, “male inaccettabile che mai risolve i problemi”, e l’iniziativa di una grande opera educativa delle coscienze affermando che ne hanno bisogno soprattutto i dirigenti giacché “i rapporti fra i popoli cambino e divengano rispettosi della legge morale universale e perché questa legge non sia limitata dagli interessi nazionali egoistici.

 

Per tutto il nuovo anno – ribadisce – continueremo a pregare ed agire, oltre che a vivere in comunione con tutti gli abitanti di questa terra nelle loro gioie e nelle loro sofferenze, in comunione – aggiunge – con quelle dei popoli dell’Asia colpite dal maremoto, chiedendo alla Vergine Maria, madre di Dio, di sostenere la nostra speranza e la nostra pazienza e meditando il mistero della nostra salvezza e del cammino di tutta l’umanità verso la santità del suo Creatore.

 

La Giornata mondiale della pace a Gerusalemme viene celebrata dalla comunità cattolica di rito latino nella chiesa cooncattedrale annessa alla sede del Patriarcato – la cattedrale è la Basilica del Santo Sepolcro – perché il primo gennaio ricorre l’anniversario della sua dedicazione al Santissimo nome di Gesù. A tutti i fedeli della diocesi, il Patriarca ha chiesto di essere strumento di salvezza per tutti gli abitanti dei Paesi in cui essa si estende: Israele, Palestina, Giordania e Cipro.

 

Per la Radio Vaticana, Graziano Motta

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Ma i buoni propositi di pace per il futuro non trovano, purtroppo, riscontri nell’attualità, fatta ancora di violenze. Una bambina palestinese di dieci anni è rimasta uccisa da un’esplosione avvenuta nel campo profughi di Jabalya, alle porte di Gaza. Fonti locali affermano che la piccola è morta a causa di un razzo Qassam, risultato difettoso, che militanti dell’Intifada cercavano di sparare in direzione del vicino territorio israeliano. Un palestinese è stato, invece, ucciso ieri sera da tiri di soldati israeliani nel campo profughi di Rafah, nel sud della striscia di Gaza. Lo si e' appreso da fonti mediche palestinesi.

 

E la violenza non si ferma neppure in Iraq, dove un soldato americano ha perso la vita nella regione di Al Anbar, la più turbolenta per l’esercito statunitense. Intanto sette iracheni, tra cui un infermiere in un ambulanza e due guardie nazionali, sono stati uccisi, in una serie di attacchi a Baghdad. Il gruppo del terrorista Al Zarqawi ha invece annunciato l’esecuzione di cinque guardie nazionali. Sul fronte politico, il primo ministro iracheno Iyad Allawi ha affermato, nel discorso per il nuovo anno, che il 2005 sarà decisivo per il suo Paese che, pur insanguinato dalle violenze, si prepara alle elezioni di fine gennaio. Intanto, è iniziata una nuova  offensiva militare statunitense a sud di Baghdad nella zona detta “triangolo della morte”. A riferirlo, in un comunicato, sono stati gli stessi vertici dell’esercito di Washington.

 

  “Accettare la scelta democratica”, fatta con le elezioni conclusesi con la vittoria del candidato filo occidentale Viktor Yushenko. Questo l’appello lanciato dal presidente uscente ucraino Leonid Kuchma, rivolto a tutta la popolazione ucraina durante il tradizionale messaggio televisivo di fine anno.  “Nel 2005 – ha poi proseguito Kuchma - l'Ucraina avrà un nuovo presidente e tutto il Paese dovrà accettare questa scelta democratica come sua. Perché questa persona avrà bisogno del  vostro sostegno”, ha concluso senza fare il nome di Yushenko. 

 

Si allontana la prospettiva di pace in Uganda. Il presidente Yoweri Museveni ha infatti ordinato la ripresa degli attacchi contro i ribelli dell’Esercito di Resistenza del Signore. La decisione giunge dopo che il cessate-il-fuoco tra le due parti in lotta è stato spostato a data da destinarsi. Il 14 novembre scorso lo stesso Museveni aveva annunciato il cessate-il-fuoco unilaterale e limitato ad alcune aree del Nord del Paese, per permettere ai ribelli di intraprendere un dialogo di pace.

 

La polizia argentina ha fermato nella serata di ieri il proprietario della discoteca dove nella notte tra giovedì e venerdì un incendio ha provocato almeno 175 morti e 889 feriti. La notizia è stata diffusa dal Ministero dell’interno di Buenos Aires. L’uomo – presente nel locale quando alcuni bengala hanno fatto divampare le fiamme - si era dato alla fuga immediatamente dopo il fatto. Trovato dalla polizia in un edificio nel centro della città, il gestore non ha opposto resistenza all'arresto.

 

Il premier basco, il nazionalista Juan Josè Ibarretxe, ha confermato che il suo  progetto indipendentista, il “Piano Ibarretxe”, sarà sottoposto a referendum anche se non verrà approvato dal Parlamento. Il progetto mira alla trasformazione dei Paesi Baschi in una regione “liberamente associata” alla Spagna. Il premier Zapatero però ha già preannunciato la bocciatura parlamentare.

 

ll presidente del Consiglio italiano, Silvio Berlusconi, è stato vittima ieri sera, a Roma, di un’aggressione. Un giovane di Mantova ha scagliato contro il premier il treppiede della sua macchinetta fotografica. Subito intercettato è stato interrogato dalla Digos e poi arrestato. “L'ho fatto – ha detto durante l’interrogatorio - perché lo odio”. Berlusconi ha riportato solo una piccola ferita sul collo. Unanime la condanna del gesto da parte del mondo politico ed istituzionale italiano.

 

 

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