RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLIX n.
1 - Testo della trasmissione sabato
1 gennaio 2005
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO:
Oggi è la festa della Santissima
Madre di Dio: ne parliamo con padre Jesús Castellano
CHIESA E SOCIETA’:
A Ragusa, marcia della pace
organizzata da CEI, Caritas e Pax Christi
2005 anno della
cittadinanza europea attraverso l’educazione
In Messico cresce il numero di
morti per il freddo
Il Capodanno nel mondo, feste in tono minore
all’insegna della solidarietà col Sudest asiatico.
1
gennaio 2005
DIALOGO, PERDONO E OPERE DI
GIUSTIZIA:
QUESTE LE ARMI DELL’AMORE PER VINCERE IL MALE CHE
FERISCE L’UMANITA’.
LO HA DETTO IL PAPA ALLA MESSA DEL PRIMO GENNAIO,
NELLA SOLENNITA’ DI MARIA SS. MADRE DI DIO, 38.MA GIORNATA MONDIALE DELLA PACE.
DURANTE LA MESSA E ALL’ANGELUS, IL PAPA HA
RIPETUTAMENTE PREGATO PER LE
VITTIME DEL MAREMOTO IN ASIA E PER I LORO
SOCCORRITORI
- A cura di Alessandro De Carolis -
La pace si promuove e si
costruisce sulla terra con il dialogo, le opere di giustizia e il perdono: armi
d’amore universali che ovunque vincono il male. Nella celebrazione eucaristica
del primo gennaio, solennità dedicata a Maria SS. Madre di Dio, e nel giorno in
cui una tradizione pluridecennale invita il mondo a riflettere sulla pace,
Giovanni Paolo II ha pregato per le vittime del maremoto asiatico, che impresso
un marchio di dolore in questo periodo festivo. Anche ieri sera, nella Messa di
mezzanotte celebrata il privato, il Papa aveva avuto un medesimo pensiero:
un’eco lunga colta anche nelle sue parole al Te Deum di ringraziamento del pomeriggio. Ma riviviamo con ordine
gli avvenimenti che hanno scandito gli impegni del Papa a cavallo tra il
vecchio e il nuovo anno, cominciando dal racconto della celebrazione odierna.
Il servizio è di Alessandro De Carolis:
**********
Nel cuore, un inno alla pace,
costruita “con le armi dell’amore”. Nella mente, un pensiero di solidarietà che
vola a migliaia di chilometri di distanza e raggiunge coloro per i quali il
passaggio dal vecchio al nuovo anno si è consumato in uno scenario di
indicibile orrore. Nel giorno in cui i festeggiamenti per l’arrivo del 2005
hanno mostrato ovunque, da New York a Sydney, i segni di una visibile mestizia,
Giovanni Paolo II non ha mancato di manifestare una volta di più vicinanza
spirituale per le vite spezzate e per i sopravvissuti del cataclisma dell’Asia
sudorientale:
(musica)
Nell’omelia della Messa di
questa mattina - presieduta dal Pontefice e celebrata dal cardinale segretario
di Stato, Angelo Sodano, insieme con i vertici del Pontificio Consiglio
Giustizia e pace in una Basilica vaticana gremita di fedeli e di autorità
ecclesiali e diplomatiche - il Papa ha anteposto al tema liturgico mariano e a
quello della Giornata mondiale della pace, tradizionalmente intrecciati ad ogni
inizio d’anno, l’urgenza della carità verso le vittime del maremoto:
“Uno speciale saluto rivolgo agli Ambasciatori dei Paesi
particolarmente colpiti in questi giorni dall’immane cataclisma abbattutosi su
di essi”.
Quindi,
dopo aver ricordato che nel primo giorno dell’anno “la Chiesa si
raccoglie in preghiera dinanzi all’icona della Madre di Dio”, Giovanni Paolo II
è ritornato con alcune riflessioni sulle parole di San Paolo che danno il
titolo al suo Messaggio per la Giornata mondiale della pace 2005: “Non
lasciarti vincere dal male, ma vinci il male con il bene”. Parole, ha detto,
che rappresentano “un’esigenza morale fondamentale” per tutti gli operatori di
pace: cristiani, ma anche uomini di buona volontà. “Di fronte alle molteplici
manifestazioni del male, che purtroppo feriscono la famiglia umana – ha
affermato il Pontefice - l’esigenza prioritaria è promuovere la pace
utilizzando mezzi coerenti, dando importanza al dialogo, alle opere di
giustizia, ed educando al perdono”. Sono queste le “armi dell’amore”, ha
osservato, con le quali chiunque può “vincere il male”, qualsiasi credo
professi: “E’ questa – ha concluso il Papa - la via sulla quale sono chiamati a
camminare cristiani e credenti di religioni diverse, insieme con quanti si
riconoscono nella legge morale universale. Carissimi fratelli e sorelle,
promuovere la pace sulla terra è la nostra comune missione!”
(musica)
Al
termine della Messa, Giovanni Paolo II si è spostato dalla Basilica vaticana al
suo studio privato da dove, affacciandosi a mezzogiorno su una Piazza San
Pietro illuminata dal sole, ha recitato la preghiera dell’Angelus. Tornando per
qualche istante ai significati spirituali del primo gennaio, il Papa ha
ribadito che il male “viene sconfitto” quando la liberta umana, attraverso cui
il male passa, “si orienta fermamente la bene”, ovvero a Dio. Ed ha levato
un’invocazione a Maria Regina della pace.
“Ci aiuti tutti costruire insieme
questo fondamentale bene della convivenza umana. Solo così il mondo potrà
progredire sulle vie della giustizia e della fraterna solidarietà”.
Dopo la preghiera mariana, il Pontefice
ha ringraziato e ricambiato gli auguri di buon anno che il presidente della
Repubblica italiana, Carlo Azeglio Ciampi, gli aveva rivolto ieri sera, durante
il tradizionale messaggio alla nazione. Invoco “pace e prosperità per l’intero
popolo italiano”, ha detto Giovanni Paolo II, che ha poi voluto assicurare
nuovamente la preghiera per le vittime e i familiari della catastrofe asiatica.
Riferendosi in particolare all’imponente macchina dei soccorsi che sta portando
aiuto ai disastrati, il Papa ha detto di prendere atto “con favore della gara di solidarietà che si sta sviluppando in
ogni parte del mondo. Su questo senso di umana solidarietà, oltre che
sull’aiuto di Dio – ha osservato - si fonda la speranza di giorni migliori nel
corso dell’anno che oggi si apre”. Infine, dopo gli auguri di buon anno nelle
varie lingue, Giovanni Paolo II si è congedato rivolgendo un saluto particolare
ai giovani dell’Opera Don Orione, alle famiglie del Movimento dell’Amore
Familiare, agli amici della “Fraterna Domus”, e ai numerosi partecipanti alla
marcia per la pace organizzata dalla Comunità di Sant’Egidio, presenti in
Piazza San Pietro con bandiere e striscioni.
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Come
detto, anche ieri sera, durante una Messa celebrata a mezzanotte nella sua
cappella privata, Giovanni Paolo II ha pregato, secondo quanto riferito dal
portavoce vaticano, Navarro Valls, per le vittime del maremoto del Sudest
asiatico e per i loro soccorritori. In precedenza, alle 18.00, il Pontefice
aveva presieduto in San Pietro il tradizionale Te Deum di ringraziamento,
alla presenza del sindaco di Roma, Walter Veltroni. La cronaca di Luca
Pellegrini:
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(Canto)
Deo gratias. Così si
conclude ogni anno solare prima di aprirsi al nuovo con l’invocazione “In
nomine Domini”.
Nelle ultime ore di un giorno e
di un anno, Giovanni Paolo II ha presieduto i Primi Vespri della Solennità di
Maria Santissima Madre di Dio, nel corso dei quali è stato solennemente
cantato, come vuole la tradizione, il Te
Deum. La salmodia intonata dalla Cappella Sistina, insieme ai tanti fedeli
presenti nella Basilica Vaticana intorno al loro Pontefice, apriva ad una
dimensione di lode al Padre e di stupore davanti al mistero dell’Incarnazione
del Figlio. Per la Chiesa l’ultima celebrazione dell’anno incarna il desiderio
di ritrovarsi davanti al Signore, tanto più questi giorni segnati da dolori e
sofferenze immani causate dalla natura e dalle sue forze più ostili. Una
preghiera speciale si è levata, nel corso della liturgia, a Cristo Pastore
buono e amico dei poveri “dona conforto e speranza ai nostri fratelli dell’Asia
colpiti da una catastrofe immane”.
Giovanni Paolo II ha domandato,
infine, salvezza per mezzo di Maria chiedendole di accompagnarci in questo
passaggio al nuovo anno. “Ottieni per Roma e per il mondo intero – concluso –
il dono della pace”. Preghiera rinnovata dal Papa innanzi al presepe allestito
in Piazza San Pietro, nel corso di una speciale sosta che ha voluto compiere al
termine della celebrazione vespertina:
“Buon anno nuovo!”
(Applausi)
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Il Messaggio di Giovanni Paolo II
per la Giornata mondiale della pace ha avuto, come di consueto, una vasta eco
internazionale, suscitando riflessioni e commenti. Ve ne offriamo una
carrellata, a cominciare da quello del vescovo di Termoli Larino, Tommaso
Valentinetti, presidente di Pax Christi,
al microfono di Paolo Ondarza:
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R. – Il Papa, prendendo come
spunto la frase di San Paolo di fuggire il male con orrore e di attaccarsi al
bene, continua a riproporre la logica della pace, la logica della non violenza,
la logica del perdono: “Non rendete a nessuno male per male”. Descrive anche i
volti e i nomi del male a partire dal peccato di Adamo ed Eva, che si
ribellarono a Dio, e parla sempre del male che, in definitiva, è un tragico
sottrarsi alle esigenze dell’amore.
D. – Giovanni Paolo II introduce
anche un nuovo concetto, quello di “cittadinanza mondiale”, che vede in stretta
relazione di dipendenza la pace nei Paesi ricchi con lo sviluppo di quelli
poveri…
R. – Sì, allo stesso modo del
male, che è universale e, purtroppo, si diffonde sempre più a livello
planetario. Sicuramente, nell’animo dei credenti deve essere coltivato con
costanza anzitutto una grande speranza: che il male non vincerà. Poi,
soprattutto, questa capacità di rispondere ai problemi del mondo intero
comprendendo sempre di più quando c’è una sussidiarietà, una interdipendenza
tra i Paesi in via di sviluppo e i Paesi, invece, dove si vive nell’opulenza.
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Sempre Paolo
Ondarza ha raccolto il commento Micchicò Noigiri, presidente del centro
Urasenke per la diffusione della cultura zen giapponese, che spiega come venga
inteso il significato della pace dal buddismo:
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R. – Per il concetto buddista,
l’idea di pace è molto più ampia, anche in relazione all’ambiente, agli uomini
e agli animali. La pace è la coesistenza di tutto.
D. – Dunque anche il rapporto
con se stessi, pace con se stessi?
R. – Sì. Oggigiorno io vedo
tante persone che non hanno la pace interiore. Prima di tutto, comunque, la
pace bisogna cercarla.
D. – Dunque, la pace interiore
diventa premessa indispensabile per conseguire la pace tra le nazioni, a
livello mondiale...
R. – Sì, perché la pace è unica.
Però, ci sono tanti tipi di giustizia: c’è la giustizia degli americani, quella
degli italiani, dei turchi, degli iracheni...
D. – Può essere mai combattuta
una guerra in nome di Dio?
R. – Quello no. Il terrorismo è
frutto di fanatismo religioso.
D. – In che modo, secondo lei,
potrebbe essere sconfitto?
R. – La forza da sola non potrà
mai vincere!
D. – Dunque, non si può
sconfiggere con la forza...
R. - ...No, non credo...
D. - ...E quindi, come? Con la
preghiera?
R. – Sì, questa è un’arma molto forte,
la preghiera. L’unica cosa è il dialogo, ma con chi? Perché è molto difficile
parlare con dei fanatici, i quali, diventandolo, non ascoltano più ciò che
dicono gli altri. Dobbiamo cercare di convivere: io credo che sia possibile
convivere, a condizione di rispettare gli altri.
D. – Rispettando e
comprendendo...
R. - Rispettando e comprendendo,
sì. Perché se ci appoggiamo al pregiudizio secondo cui noi siamo più forti,
abbiamo ragione, mai si potrà instaurare un vero dialogo. Per poter realizzare
un dialogo, ci vuole la povertà del cuore.
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Dal
buddismo ad un’altra religione che conta centinaia di milioni di seguaci,
l’induismo. Francesca Smacchia ha intervistato Ela Gandhi, nipote del
Mahatma Gandhi e parlamentare della Repubblica del Sud Africa:
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R. – FIRSTLY HINDUISM ...
Anzitutto, si parla di pace
all’interno dell’individuo stesso perché, secondo il nostro credo, se non c’è
pace nell’individuo non ci può esservi all’esterno, al di fuori di lui. Si
tratta di essere felici, felici per la propria vita. E molto, nell’induismo,
riguarda la singola persona. C’è anche una sorta di responsabilità sociale che
indica un grande cuore e la volontà di aiutare il prossimo. Quindi, che anche
gli altri siano felici ed abbiano pace. E, soprattutto, vivano una vita
all’insegna della pace. Un punto molto importante, dunque, è portare avanti
questa responsabilità sociale all’interno della comunità.
D. – E di fronte alla povertà,
come si pone l’induista? Con le preghiere e con azioni concrete?
R. – ACTION. ACTION: THAT IS WHAT I MEAN ...
Attraverso azioni concrete: è
ciò che intendo con “responsabilità sociale”, cioè agire collettivamente contro
quelli che sono problemi come la povertà o come la violenza, perché è proprio
questo che intendo quando parlo di senso di responsabilità nei riguardi della
società.
D. – Secondo lei, c’è una
soluzione al problema del terrorismo nel mondo?
R. – I THINK YOU CAN’T FIGHT TERRORISM ...
Credo che non si possa
combattere il terrorismo con il terrorismo, ma piuttosto con la pace. Questa è
la cosa fondamentale: la pace che proviene dalle persone che hanno fede. Ed
ecco perché è importante il messaggio di pace di Giovanni Paolo II per tutte le
persone che credono: perché proprio coloro che hanno fede faranno la differenza.
Questo è quello che credo.
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All’Angelus di questa mattina,
Giovanni Paolo II l’ha salutata esplicitamente per la sua marcia della pace,
partita stamattina da piazza della Chiesa Nuova fino a
San Pietro. E la
Comunità di Sant’Egidio non ha mancato di
stringersi attorno al Papa nel giorno in cui, per il terzo anno consecutivo,
l’organismo fondato da Andrea Riccardi si è fatto promotore, in 300 città di 70
nazioni, di varie iniziative per ricordare quelle terre che attendono la fine
del terrorismo e della guerra, fonte di sofferenza per tanti popoli e madre di
tutte le povertà. Il perché della marcia della pace lo spiega Alberto
Quattrucci, di Sant’Egidio, intervistato da Francesca Sabatinelli:
**********
R. – La marcia della è organizzata
per sostenere le parole del Papa e, soprattutto, la sua preoccupazione costante
e forte per la pace nel mondo, per una situazione di giustizia che manca in
tanti Paesi purtroppo dimenticati da molti. Ci troviamo profondamente vicini e
in sintonia con questo senso profondo di forza trasmesso dal Messaggio del Papa
che, in qualche modo, ci esorta tutti a lavorare per la pace partendo da noi
stessi, ma anche coinvolgendo tanti insieme a noi.
D. – Accanto alle parole del
Papa, qual è lo specifico messaggio di Sant’Egidio?
R. – Che la pace è possibile
anche in tempi bui, oscuri, drammatici, come quelli che stiamo attraversando,
in particolare negli ultimi anni, e oggi aggravati dal terribile maremoto che
ha colpito di nuovo popolazioni, alcune delle quali già vivono in conflitto, o
comunque in situazioni di povertà. Di fronte al dramma, vorremmo dire che la
pace è possibile e che non è vero che la guerra e il conflitto sono una
soluzione o, quanto meno, una realtà da accettare. In realtà no, la strada per
il futuro è quella della pace, della coabitazione, del dialogo e della
coesistenza.
D. – Quindi, il bene come mezzo,
come arma per sconfiggere il male. Ma in queste ore noi stiamo vedendo anche
come il bene abbia altre forme come quella della solidarietà...
R. – Certo, ma c’è un filo di
affetto, di amore, un filo di solidarietà che unisce, in fondo e purtroppo, il
dramma della guerra e della violenza, ma anche il dramma della povertà che è
comunque una guerra. C’è un filo rosso che unisce il dramma di queste vittime.
Ma oltre ai tanti malati, ai tanti che oggi vivono in situazione di
provvisorietà estrema, di povertà nel Sud-Est asiatico, la solidarietà è il
primo impegno per la pace.
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1
gennaio 2005
L’ULTIMO BILANCIO DEL MAREMOTO CHE HA INVESTITO
DOMENICA
IL SUD-EST ASIATICO PARLA DI 125 MILA VITTIME,
MA L’ONU NE TEME OLTRE 150 MILA.
OGGI, NUOVA SCOSSA DI TERREMOTO IN INDONESIA
- Interviste con padre Giuseppe Carbonell e padre
Bernardo Cervellera -
Il nuovo anno inizia nel ricordo
delle circa 125 mila vittime del maremoto che domenica ha travolto diversi
Paesi del sud e del sud-est asiatico, nonché dell’Africa orientale. Non sono pochi,
tuttavia, quanti credono che il bilancio è destinato a lievitare, fino a
raggiungere, secondo le Nazioni Unite, il tetto dei 150 mila morti. La cifra
dei turisti dispersi stranieri, per lo più europei, ha raggiunto le 7 mila
unità. E mentre la solidarietà internazionale continua a registrare nuovi
slanci di carità, secondo l’Onu gli aiuti raccolti fino ad ora ammontano ad
oltre 1 miliardo di dollari, senza i 500 milioni di dollari promessi dal
Giappone, proseguono nelle diverse aree i soccorsi umanitari, in una disperata
corsa contro il tempo. Per conoscere la cronaca di queste ore nei diversi
Paesi, il servizio di Barbara Castelli:
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La furia della natura sembra non
essersi ancora esaurita. Un terremoto di magnitudo 7 sulla scala Richter si è
verificato questa mattina al largo dell’isola di Sumatra, in Indonesia, il
Paese più colpito dal terremoto e poi dal maremoto di domenica scorsa. Lo
rivela l’Ufficio sismologico di Pechino. Al momento, fortunatamente, non si
hanno notizie di vittime. Proprio Giakarta, viste le proporzioni del disastro,
ha deciso ieri di rinunciare ad aggiornare continuamente il bilancio delle
vittime, che secondo l’ultimo dato ufficiale sono circa 80 mila. Un
responsabile governativo, inoltre, ha reso noto che la regione di Meulaboh,
nella parte settentrionale dell’isola di Sumatra, resterà inaccessibile via
terra almeno per tre settimane, complicando enormemente l’opera di soccorso.
Resi difficili gli aiuti anche in Sri Lanka, dove le piogge torrenziali delle
ultime ore hanno provocato inondazioni in numerosi campi di accoglienza per gli
sfollati del maremoto. Gli Stati Uniti, intanto, hanno deciso l’invio nello Sri
Lanka di 1.500 marines, una nave-appoggio e venti elicotteri. Colombo ha poi
aggiornato il numero dei dispersi, oltre 14 mila, sottolineando che a questo
punto il bilancio finale dei morti potrebbe raggiunge le 42 mila unità. Si
attesta sulle oltre 12.700 vittime il
bilancio in India, dove sono state colpite le coste degli stati centromeridionali
del Tamil Nadu, dell’Andhra Pradesh. In questi due Stati, oltre 30 mila persone
sono riuscite a rientrare oggi nelle proprie case. In misura minore il rientro
è avvenuto nel Kerala, ma si attendono ancora verifiche su quanto avvenuto nell’arcipelago
di Andaman e Nicobar, il più lontano dalla costa indiana ma il più vicino
all’epicentro del maremoto. Le Nazioni Unite, infine, hanno confermato oggi che
l’11 gennaio prossimo si svolgerà a Ginevra una conferenza dei Paesi donatori,
in favore delle vittime del maremoto nell’Oceano Indiano. Il 6 gennaio si
svolgerà, invece, in Indonesia un vertice dell’ASEAN, l’Organizzazione dei
Paesi del Sud Est asiatico: vertice allargato ai Paesi che non fanno parte del
gruppo ma hanno subito danni dal maremoto.
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Come abbiamo sentito,
l’Indonesia è stato uno tra i Paesi più colpiti dalla furia dello tsunami.
Per una testimonianza dal posto, Barbara Castelli ha raggiunto telefonicamente
questa mattina a Giakarta il missionario padre Giuseppe Carbonell:
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La situazione è aggravata dal cumulo di cadaveri che non si riesce
a seppellire. Si teme che questo fatto possa veicolare diverse malattie. Stanno
arrivando tantissimi aiuti internazionali. Si lamenta, tuttavia, che la
distribuzione di acqua, cibo e medicine non sia ben coordinato. Per fortuna,
non si è riprodotto, come si temeva, un altro maremoto, però la sofferenza è
ovunque. Esternamente non si nota niente, tutto è normale. Ieri hanno sospeso
alcune feste e non si sono fatti i fuochi d’artificio, ma in tutti i luoghi si
festeggia l’anno nuovo e la vita continua lo stesso. Questo Paese è così grande
che ciò che accade al nord non si sa al sud, e quello che c’è all’est è
sconosciuto all’ovest. Si raccolgono fondi, ma c’è anche chi specula su questo.
Diciamo che ora la situazione è sotto controllo, ma ci vorrà molto tempo per
risolvere dei problemi così gravi come quelli rappresentati dai cadaveri, dai
senzatetto e da tutti quelli che hanno bisogno di aiuto.
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Ma quale è la situazione nelle
altre zone del sud-est asiatico e giorno dopo giorno quali sono le nuove
emergenze? Barbara Castelli ha girato la domanda a padre Bernardo Cervellera,
direttore dell’agenzia Asianews:
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R. – L’emergenza più grave è
quella di poter arrivare in tutte le zone colpite per portare acqua e viveri.
In particolare nello Sri Lanka e nell’Indonesia, ci sono delle aree del
territorio ancora isolate. Questo perché è molto difficile la situazione delle
strade: ci sono ponti interrotti – soprattutto in Indonesia a causa del
terremoto – e poi per gli allagamenti. Tutto è molto difficile. Gli aiuti
arrivano via elicottero oppure via mare, con delle barchette.
D. – In questo frangente, la
comunità internazionale è stata sollecita e generosa. Alcuni Stati hanno
parlato anche di moratoria del debito. Un segno positivo in questo momento di
dolore...
R. – Io trovo che questa
tragedia così globalizzata, sia dal punto di vista delle vittime sia dal punto
di vista della percezione, stia rendendo più globalizzata anche la solidarietà.
Per esempio: pensare di fare una protezione civile internazionale ed europeo,
pensare di realizzare dei gruppi che lavorano per la solidarietà internazionale
ed anche questo muoversi da parte dei vari Paesi per aiutare… tutto ciò è molto
positivo. Direi, comunque, che oltre al lavoro in grande dei Paesi, quello che
è importante è che le popolazioni sul posto e le comunità cristiane e delle
varie confessioni religiose si stiano già attivando e si sono attivate proprio
fin dalle prime ore dopo il disastro. Questo è molto positivo.
D. – Nel medio-lungo
periodo, quale sarà l’impatto del maremoto sul sistema economico dell’area già
tanto precario?
R. – Da un punto di vista di
macro-economia, molti esperti dicono che non ci saranno grosse scosse. Il
problema è che è un disastro umanitario grandissimo. Lo tusnami ha
colpito moltissimo i bambini, questo significa che una generazione viene
perduta e questo creerà una difficoltà umanitaria sempre più forte. Va detto,
inoltre, che questo disastro umanitario è un disastro anche dei poveri, perché
la maggior parte dei morti e la maggior parte delle distruzioni sono accadute
tra le famiglie di pescatori, per le loro case, le loro barche. Questi
naturalmente non incidono granché sul prodotto interno lordo di una nazione,
però si tratta di un’economia di sussistenza che, appunto, è stata spazzata
via. Questi non fanno numero, però sono le persone che soprattutto bisognerebbe
aiutare.
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OGGI PRIMO GENNAIO, SOLENNITA’ DI MARIA, MADRE DI
DIO
- Intervista
con padre Jésus Castellano -
La festa odierna di Maria
Santissima Madre di Dio è stata introdotta da Pio XI nel 1931, nel 15.mo
centenario del Concilio di Efeso, che nel 431 affermava solennemente la
maternità divina di Maria contro l’eresia di Nestorio. Ma cosa vorrebbe dire
fare di Maria solo la madre dell’uomo Gesù? Giovanni Peduto lo ha chiesto a
padre Jesús Castellano, della Pontificia Facoltà Teresianum in Roma:
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R. – Vorrebbe dire propriamente
dividere Gesù, il quale è la Persona divina con due nature: quella divina e
quella umana. Maria non è soltanto Madre di una parte di Gesù: è la Madre di
Gesù tutto intero. Quindi, è il principio dell’unità del Verbo di Dio incarnato,
unica persona con due nature, che fa che Maria sia la Madre di questa Persona
che è appunto Gesù: Gesù, con la sua divinità e con la sua umanità. E questo mi
sembra che sia molto importante, perché non è soltanto un privilegio, quello
che noi confessiamo dicendo “Madre di Dio”; Maria è veramente la Madre di Colui
che è vero Dio e vero Uomo.
D. –
Gesù, sulla Croce, in Giovanni affida tutti noi a Maria, come suoi figli, e
affida lei a noi come sua Madre. Cosa significa?
R. – Significa che Cristo ha voluto
per noi tutto quello che era suo: come ci ha voluti figli di Dio, nell’ordine
della grazia, ci ha voluti anche figli di Maria, come lui. Cristo ha voluto che noi partecipassimo di
tutto quello che lui è. Lui ci partecipa anche questo aspetto particolare di un
legame profondo con Maria, che è sua Madre, perché sia anche nostra Madre.
D. – Come corrispondere a questo
dono che Gesù ci ha fatto, dandoci sua Madre?
R. – Avendo molto presente
questa realtà. Maria è fedele a questo
affidamento che Gesù le ha fatto dalla Croce: quindi è nostra Madre, guarda noi
come figli. Anche noi dobbiamo essere fedeli come Giovanni ad accogliere Maria.
Avere Maria nella nostra vita, accoglierla nella nostra casa, vuol dire tante
cose: sentire la presenza vicina, avere con lei una vera comunione di fede e di
amore, sentire la sua protezione, chiedere la sua intercessione. Con questa
vicinanza di Maria non soltanto dobbiamo imitarla come da lontano, ma sentirci
un po’ riplasmati da lei come autentici figli di Dio. Come Lei ha fatto
crescere Gesù in età, in sapienza e in grazia, anche noi, sotto lo sguardo di
Maria e plasmati dalla sua maternità, possiamo crescere in età, in sapienza, in
grazia e in santità, e in comunione con la missione della Chiesa.
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Domani, 2 gennaio, seconda
Domenica dopo Natale, la liturgia ci ripresenta il prologo del Vangelo di San
Giovanni. L’evangelista descrive l’Incarnazione del Verbo come una luce che
splende nelle tenebre. Ma le tenebre non l’hanno accolta:
“Veniva nel mondo la luce
vera, quella che illumina ogni
uomo. Egli era nel mondo, e il mondo fu
fatto per mezzo di lui, eppure il mondo
non lo riconobbe. Venne fra la sua gente, ma i suoi non l'hanno accolto. A
quanti però l'hanno accolto, ha dato potere di diventare figli di Dio”.
Su questo brano evangelico,
ascoltiamo il commento del teologo gesuita padre Marko Ivan Rupnik:
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Il prologo di Giovanni afferma
che in principio è una vita personale, in principio è il dialogo e nessun caos
primordiale. In principio era la Parola. All’interno del mondo, delle persone,
il caos è creato dal peccato. Ci sono le tenebre, c’è il dolore ed eventi
incomprensibili che non trovano una spiegazione logica. Ma tra le persone,
nell’amore, la spiegazione si trova nel parlarsi, nel conversare e, molte
volte, la presenza dell’altro, la fiducia del rapporto, è più forte e più
convincente di una spiegazione che giustifichi il male e il dolore. Le tenebre
non hanno accolto la luce ma, come sappiamo, molti codici di trascrizione del
Prologo dicono che le tenebre non hanno “inghiottito” la luce, perché ce n’era
troppa: e si sono dissipate le tenebre. Siamo nel tempo in cui si rafforza la
certezza che, al di là di tutto, ciò che è la storia. C’è Qualcuno che parla,
che si fa presente proprio in questa storia e, in questo mondo precario, vince
le tenebre.
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1
gennaio 2005
VINCERE IL MALE CON IL BENE: LA MARCIA DELLA PACE DA COMISO A RAGUSA
NELLA NOTTE DI
CAPODANNO. UN MOMENTO DI RIFLESSIONE,
DI NON-VIOLENZA E DI
PREGHIERA.
- A cura di Stefano
Cavallo -
RAGUSA. = “Non lasciarti vincere
dal male, ma vinci con il bene il male” è il tema della Giornata mondiale della
pace indetta dal Papa per oggi, primo gennaio: ad esso si è ispirata la 37.ma
marcia della pace che ha avuto luogo questa notte tra dall’ex base missilistica
di Comiso e Ragusa, promossa dalla Commissione episcopale per i problemi
sociali e il lavoro la giustizia e la pace della Cei, la Caritas Italiana, la
Diocesi di Ragusa e Pax Christi. A fare da cornice alla manifestazione, nel
pomeriggio di ieri, un incontro dedicato al dialogo tra popolazioni dal titolo:
“Dal Mediterraneo al mondo. Il pianeta visto dal Sud”. Un momento di
riflessione sul ruolo delle aree geografiche del Mediterraneo come punto di
incontro e di accoglienza di popoli e culture. A
Ragusa, presso la Chiesa di San Giorgio, il vescovo di Noto, Giuseppe
Malandrino, ha presieduto la preghiera di introduzione alla presentazione del
Messaggio del Santo Padre per la Giornata mondiale della pace svolta da mons.
Giancarlo Bregantini, presidente della Commissione Cei per i problemi sociali e
il lavoro, la giustizia e la pace. Giorgio Giovannoni, della Fondazione La Pira
di Firenze, è poi intervenuto sul tema “Non lasciarti vincere dal disimpegno… e
vivi la passione della politica”, un incontro dedicato alla figura di Giorgio
la Pira, sindaco di Firenze, a cento anni dalla sua nascita, avvenuta proprio a
Ragusa. E qui, il presidente della Caritas italiana, Francesco Montenegro, ha
presieduto in serata la preghiera prima di altre testimonianze di operatori
impegnati sul versante della pace: un rifugiato del Congo, una giovane in
servizio civile e un giovane “casco bianco”. Al termine della serata, nella
cattedrale, la celebrazione eucaristica presieduta dal vescovo di Ragusa, Paolo
Urso.
IL 2005, ANNO INTERNAZIONALE DEL MICROCREDITO, DELLO SPORT E
DELL’EDUCAZIONE FISICA. IL CONSIGLIO D’EUROPA LO SCEGLIE INOLTRE COME ANNO
EUROPEO
DELLA CITTADINANZA ATTRAVERSO
L'EDUCAZIONE.
NEW YORK. = Le Nazioni Unite hanno dichiarato il
2005 “Anno internazionale del microcredito”, con l’obiettivo di migliorare
l’accesso ai servizi finanziari dei poveri e delle persone con basso reddito, e
di sensibilizzare l’opinione pubblica alle potenzialità del microcredito e del
microfinanziamento. Tra le iniziative previste per l’anno, la pubblicazione di
un “Libro blu” sullo stato del microcredito, la cui elaborazione sarà affidata ad esperti di
statistica e ricercatori
delle istituzioni finanziarie multilaterali, con un’analisi dettagliata dei
motivi che ostacolano tuttora l’erogazione del microcredito. L’Assemblea
generale dell’ONU ha inoltre dichiarato quello appena iniziato “Anno
internazionale dello Sport e dell’Educazione Fisica”. Lo sport – spiegano le
Nazioni Unite – è un linguaggio universale, che aggrega persone profondamente
diverse tra di loro per origine, retroterra culturale, fede religiosa e
condizione economica. Inoltre, è un valido strumento – spesso sottovalutato –
per la promozione del dialogo, della pace e della comprensione tra i popoli, ed
il suo ruolo benefico sulla salute psicofisica delle persone lo rende un
prezioso alleato nel raggiungimento degli Obiettivi di sviluppo del millennio.
Nel varare l’iniziativa, l’ONU ha infine chiesto ai governi di aiutare i Paesi
in via di sviluppo a rafforzare le proprie capacità nel campo dello sport e
dell’educazione fisica e di accelerare l’elaborazione di una Convenzione
internazionale contro il doping in tutte le attività sportive. Il Consiglio
d'Europa ha invece proclamato per il 2005 l’“Anno europeo della cittadinanza
attraverso l'educazione”. Tra i motivi all'origine dell'iniziativa, viene
indicata la “tendenza al disinteresse tra i cittadini europei, evidenziata dal
debole tasso di partecipazione alle recenti elezioni e da un'opinione negativa
dei politici e della politica in generale”. L'iniziativa del Consiglio d’Europa
è stata lanciata da una Conferenza svoltasi a Sofia nel dicembre scorso, le cui
conclusioni saranno trasmesse al vertice dei capi di Stato e di governo del
Consiglio, in programma a Varsavia il 16 e 17 maggio 2005. (S.C.)
guadalajara apre il 2005
come capitale americana della cultura, mentre purtroppo Cresce il numero di
morti per il freddo in messico. il governo espRIme la sua preoccupazione per
700 mila persone a rischio,
e stanzia fondi per
l’acquisto di vaccini
Città del messico. =
Mentre la città di Guadalajara, nel Messico occidentale, apre quest’anno in
veste di Capitale americana della cultura, cresce purtroppo a 47 il numero dei
morti per il freddo, più della metà dei quali nello Stato settentrionale di
Chihuahua, a causa dell’ondata di gelo che ha colpito il Paese centroamericano
negli ultimi giorni. Come riferito dal Ministero della salute, 27 di questi
decessi sono stati registrati nel Chihuahua, otto nella Sonora, quattro nel
Nuevo León e a Veracruz, tre a Zacatecas e uno nella Baja California. La
principale causa dei decessi è stata, oltre all’ipotermia - nel caso dei molti
indigenti che vivono all’aperto - l’intossicazione da monossido di carbonio,
provocata dalla combustione di legna o altro materiale infiammabile all’interno
di stufe o bracieri d’emergenza, usati in spazi privi di aerazione. Molti anche
gli ustionati: i soggetti più colpiti, e in generale più a rischio, sono le
persone in terza età. E proprio a questo proposito, il Senato ha espresso
preoccupazione per 700 mila persone che vivono in condizioni d’indigenza. Negli
ultimi nove giorni, la lista dei decessi a causa del freddo è aumentata dai 26,
del 21 dicembre, ai 47 dichiarati dal governo alla fine dell’anno. L’esecutivo,
intanto, ha stanziato circa 30 milioni di euro per l’acquisto di vaccini
antinfluenzali. (S.C.)
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1
gennaio 2005
- A cura di Salvatore Sabatino -
Il 2005
è stato accolto in tutto il mondo all’insegna della riflessione e della
solidarietà per il tragico maremoto nel sud est asiatico. Centinaia le
iniziative in sostegno alle popolazioni colpite ed un’unica parola d’ordine:
aiuto concreto. Ripercorriamo l’arrivo del nuovo anno nel mondo, con Salvatore
Sabatino:
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Il
ricordo, il dolore per l’immensa perdita di vite umane, la solidarietà. I festeggiamenti
di fine anno hanno lasciato il passo in tutto il mondo alla riflessione. Una
riflessione trasformatasi in un minuto di silenzio al passaggio tra il 2004 ed
il 2005. La prima città ad accogliere l’anno nuovo in silenzio è stata Sydney.
Poi Tokyo, e la mezzanotte ha attraversato l’area colpita dallo tsunami.
Indonesia, Myanmar, Thailandia; a seguire India, Sri Lanka; Maldive. Un’area
enorme in cui il silenzio è stato accompagnato dall’accensione di migliaia di
candele bianche. Il simbolo di una luce che stenta ad illuminare tanto dolore.
La commozione di Colombo, la costernazione di Madras, il pianto di Phuket.
Tutti uniti nel ricordo, nella voglia di ricominciare a vivere dopo il
disastro.
Il gioco del fuso orario ha poi
fatto giungere il nuovo anno nei Paesi arabi, nel tormentato Iraq, in Israele,
per poi approdare alla “vecchia” Europa. In Italia, sono stati annullati gli
spettacoli pirotecnici in numerose piazze. Decine, centinaia le raccolte fondi
organizzate per le popolazioni colpite. A Roma come a Parigi, a Berlino come a
Madrid. Ed un’ora più tardi, anche a Londra, dove il tradizionale ritrovo dei
giovani, Trafalgar Square, si è trasformato in una grande piazza della
solidarietà. Ancora 5 ore ed il nuovo anno ha raggiunto New York, che non ha
rinunciato alla tradizionale festa in Time Square: una festa che quest’anno
intendeva celebrare i 100 anni, ma che inevitabilmente ha dovuto far i conti
con la sensibilità di una popolazione distratta dal dolore. Il 2005 ha così
attraversato l’intero continente americano, per giungere sulla costa pacifica.
Il lungo filo rosso del ricordo ha unito, dunque, il pianeta. Tanti Paesi:
razze, lingue, tradizioni diverse unite dall’angoscia per chi non c’è più,
dalla voglia di aiutare chi ce l’ha fatta. Il 2005 è giunto con un volto nuovo,
quello dell’unione. Forse per la prima volta.
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“Nell’anno che comincia continueremo a pregare per la pace nella
nostra terra, affinché israeliani e palestinesi abbandonino le vie della
violenza e si pongano sulle vie della pace e il Signore, quando l’ora sarà
venuta, ci apporterà la pace e la riconciliazione”. Così il Patriarca Latino di
Gerusalemme, mons. Michel Sabbah, nell’omelia della Messa odierna in sintonia
con il messaggio del Papa per la Giornata mondiale della pace, che ancora una
volta, in tutti questi anni di persistente conflitto nella terra di Gesù, viene
recepito con una attenzione tutta particolare. Ce ne parla Graziano Motta:
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Il Patriarca Sabbah fa propria
anche la condanna della violenza, “male inaccettabile che mai risolve i
problemi”, e l’iniziativa di una grande opera educativa delle coscienze
affermando che ne hanno bisogno soprattutto i dirigenti giacché “i rapporti fra
i popoli cambino e divengano rispettosi della legge morale universale e perché
questa legge non sia limitata dagli interessi nazionali egoistici.
Per tutto il nuovo anno – ribadisce – continueremo a pregare ed agire,
oltre che a vivere in comunione con tutti gli abitanti di questa terra nelle
loro gioie e nelle loro sofferenze, in comunione – aggiunge – con quelle dei
popoli dell’Asia colpite dal maremoto, chiedendo alla Vergine Maria, madre di
Dio, di sostenere la nostra speranza e la nostra pazienza e meditando il
mistero della nostra salvezza e del cammino di tutta l’umanità verso la santità
del suo Creatore.
La Giornata mondiale della pace
a Gerusalemme viene celebrata dalla comunità cattolica di rito latino nella
chiesa cooncattedrale annessa alla sede del Patriarcato – la cattedrale è la
Basilica del Santo Sepolcro – perché il primo gennaio ricorre l’anniversario
della sua dedicazione al Santissimo nome di Gesù. A tutti i fedeli della
diocesi, il Patriarca ha chiesto di essere strumento di salvezza per tutti gli
abitanti dei Paesi in cui essa si estende: Israele, Palestina, Giordania e
Cipro.
Per la Radio Vaticana, Graziano
Motta
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Ma i buoni propositi di pace per
il futuro non trovano, purtroppo, riscontri nell’attualità, fatta ancora di
violenze. Una bambina palestinese di dieci anni è rimasta uccisa da
un’esplosione avvenuta nel campo profughi di Jabalya, alle porte di Gaza. Fonti
locali affermano che la piccola è morta a causa di un razzo Qassam,
risultato difettoso, che militanti dell’Intifada cercavano di sparare in
direzione del vicino territorio israeliano. Un palestinese è stato, invece,
ucciso ieri sera da tiri di soldati israeliani nel campo profughi di Rafah, nel
sud della striscia di Gaza. Lo si e' appreso da fonti mediche palestinesi.
E la violenza non si ferma
neppure in Iraq, dove un soldato americano ha perso la vita nella regione di Al
Anbar, la più turbolenta per l’esercito statunitense. Intanto sette iracheni,
tra cui un infermiere in un ambulanza e due guardie nazionali, sono stati
uccisi, in una serie di attacchi a Baghdad. Il gruppo del terrorista Al Zarqawi
ha invece annunciato l’esecuzione di cinque guardie nazionali. Sul fronte
politico, il primo ministro iracheno Iyad Allawi ha affermato, nel discorso per
il nuovo anno, che il 2005 sarà decisivo per il suo Paese che, pur insanguinato
dalle violenze, si prepara alle elezioni di fine gennaio. Intanto, è iniziata
una nuova offensiva militare
statunitense a sud di Baghdad nella zona detta “triangolo della morte”. A
riferirlo, in un comunicato, sono stati gli stessi vertici dell’esercito di
Washington.
“Accettare la scelta democratica”, fatta con
le elezioni conclusesi con la vittoria del candidato filo occidentale Viktor
Yushenko. Questo l’appello lanciato dal presidente uscente ucraino Leonid
Kuchma, rivolto a tutta la popolazione ucraina durante il tradizionale
messaggio televisivo di fine anno. “Nel
2005 – ha poi proseguito Kuchma - l'Ucraina avrà un nuovo presidente e tutto il
Paese dovrà accettare questa scelta democratica come sua. Perché questa persona
avrà bisogno del vostro sostegno”, ha
concluso senza fare il nome di Yushenko.
Si
allontana la prospettiva di pace in Uganda. Il presidente Yoweri Museveni ha
infatti ordinato la ripresa degli attacchi contro i ribelli dell’Esercito di
Resistenza del Signore. La decisione giunge dopo che il cessate-il-fuoco tra le
due parti in lotta è stato spostato a data da destinarsi. Il 14 novembre scorso
lo stesso Museveni aveva annunciato il cessate-il-fuoco unilaterale e limitato
ad alcune aree del Nord del Paese, per permettere ai ribelli di intraprendere
un dialogo di pace.
La polizia argentina ha fermato nella serata di ieri il
proprietario della discoteca dove nella notte tra giovedì e venerdì un incendio
ha provocato almeno 175 morti e 889 feriti. La notizia è stata diffusa dal
Ministero dell’interno di Buenos Aires. L’uomo – presente nel locale quando
alcuni bengala hanno fatto divampare le fiamme - si era dato alla fuga
immediatamente dopo il fatto. Trovato dalla polizia in un edificio nel centro
della città, il gestore non ha opposto resistenza all'arresto.
Il
premier basco, il nazionalista Juan Josè Ibarretxe, ha confermato che il
suo progetto indipendentista, il “Piano
Ibarretxe”, sarà sottoposto a referendum anche se non verrà approvato dal
Parlamento. Il progetto mira alla trasformazione dei Paesi Baschi in una
regione “liberamente associata” alla Spagna. Il premier Zapatero però ha già
preannunciato la bocciatura parlamentare.
ll
presidente del Consiglio italiano, Silvio Berlusconi, è stato vittima ieri
sera, a Roma, di un’aggressione. Un giovane di Mantova ha scagliato contro il
premier il treppiede della sua macchinetta fotografica. Subito intercettato è
stato interrogato dalla Digos e poi arrestato. “L'ho fatto – ha detto durante
l’interrogatorio - perché lo odio”. Berlusconi ha riportato solo una piccola
ferita sul collo. Unanime la condanna del gesto da parte del mondo politico ed
istituzionale italiano.
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