RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLIX n.
58 - Testo della trasmissione domenica 27 febbraio 2005
IL PAPA E LA SANTA SEDE:
IN PRIMO PIANO:
Il
Libano protesta contro la presenza siriana nel Paese: ne parliamo con Roger
Buchaine.
CHIESA E SOCIETA’:
In Iraq, catturato un consigliere di Saddam Hussein e fratellastro dell’ex rais. Aperte le urne in Tagikistan e in Kirghizistan per le elezioni. legislative. Alle consultazioni nei due Paesi dell’ex blocco sovietico guardano con interesse anche Stati Uniti e Russia.
27 febbraio 2005
IL PAPA SI MOSTRA A
SORPRESA I FEDELI DALLE FINESTRE DEL POLICLINICO GEMELLI,
PER LA PRIMA VOLTA DOPO
L’OPERAZIONE DI TRACHEOTOMIA.
IL SALUTO DEL PONTEFICE
SEGUE DI POCHI SECONDI
LA FINE DELLA RECITA
DELL’ANGELUS, PRESIEDUTA, A NOME DEL PAPA,
IN PIAZZA SAN PIETRO DA
MONS. LEONARDO SANDRI.
IL MESSAGGIO DI GIOVANNI
PAOLO II SUL VALORE DELLA SOFFERENZA
Con un gesto tanto sperato quanto
ugualmente sorprendente, ad appena tre giorni di distanza dall’intervento di
tracheotomia, Giovanni Paolo II è ricomparso per pochi secondi davanti agli
occhi dei fedeli, questa mattina, da dietro le finestre chiuse della sua stanza
d’ospedale al Policlinico Gemelli di Roma. Pochi istanti dopo la conclusione
dell’Angelus - letto in sua vece, in Piazza San Pietro, da mons. Leonardo
Sandri, sostituto della Segreteria di Stato – il Papa ha salutato e benedetto
con un gesto della mano i presenti, tra cui centinaia di giovani, e si è poi
ritirato. Il gesto ha coronato una giornata già annunciata a suo modo come
“storica”, per il primo Angelus dal 1978 recitato senza la presenza fisica del
Pontefice tra la gente. I particolari nel servizio di Alessandro De Carolis:
**********
Un grazie affettuoso per chi prega per lui, un
pensiero sul dolore vissuto per fede, l’affidamento della propria persona alla
Madonna. Il Papa che non può parlare arriva ugualmente al cuore di tutti. Lo fa
con la forza del suo breve messaggio che oggi la concomitanza tra malattia e
assenza rendono ancor più intenso e che ricorda che è Cristo è il conforto di
ogni sofferenza umana e la promessa della gioia. Ma lo fa specialmente con quel
gesto rapido e atteso – un segno di croce, una mano che sembra sfiorare la gola
– colto dietro il vetro di una finestra che centinaia d’occhi sotto di essa,
dozzine di telecamere e milioni di persone dietro gli obiettivi hanno invitato
ad aprirsi con la forza del loro amore per il Papa.
“E’ mezzogiorno, l’ora dell'Angelus. Il
Santo Padre non è con noi, ma egli ci segue dal Gemelli, offre le sue preghiere
e le sue sofferenze a noi”.
Anche queste parole passeranno alla storia del
pontificato di Giovanni Paolo II. A prestare voce al Pontefice che non può
parlare e l’arcivescovo Leonardo Sandri, sostituto della segreteria di Stato,
in piedi sul sagrato di Piazza San Pietro, che ricorda che il “Papa non ha
sostituti” alle migliaia di persone intorno. E il Papa che per la prima volta
non è all’Angelus dedica il suo primo pensiero proprio a coloro, legge mons.
Sandri, “che da ogni parte del mondo si interessano alla mia persona. Vi chiedo
– è l’invito di Giovanni Paolo II – di continuare ad accompagnarmi soprattutto
con la vostra preghiera”. Il pensiero si sposta poi alla Quaresima, periodo
liturgico in cui anche la sofferenza, “che tocca tutti noi” e di cui il
Pontefice è il primo testimone, assume un “valore” meglio comprensibile:
“E’ guardando a Cristo e seguendolo con
paziente fiducia che riusciamo a comprendere come ogni forma umana di dolore
racchiuda in sé una promessa divina di salvezza e di gioia. Vorrei che questo
messaggio di conforto e di speranza giungesse a tutti, specialmente a chi
attraversa momenti difficili, a chi soffre nel corpo e nello spirito”.
Infine, il pensiero a Maria, espresso
con le due parole che per Giovanni Paolo II vanno ben oltre la ritualità di una
giaculatoria: “Rinnovo il mio affidamento: Totus tuus! Ci aiuti Lei in
ogni momento della vita a compiere la santa volontà di Dio. A tutti giunga la
mia paterna benedizione”. La gente nella Piazza applaude e lo scroscio si fonde
con quello di chi ha circondato il Gemelli, da dove la mano del Pastore arriva,
ancora una volta e nonostante tutto, per levarsi più in alto della debolezza
dell’uomo convalescente.
**********
La decisione del Papa di mostrarsi alla folla del
Gemelli ha avuto un generale effetto rassicurante, pur cogliendo in contropiede
la regia televisiva in Piazza San Pietro, che non aveva potuto prevedere un
collegamento in diretta con il Policlinico attraverso i maxischermi. I fedeli
in Piazza San Pietro non hanno dunque potuto vedere Giovanni Paolo II, ma
tuttavia sono stati protagonisti di una domenica certamente diversa dal
consueto. Roberta Moretti è andata tra loro per raccoglierne le impressioni:
**********
R. - La sofferenza e la malattia del Papa
sono un aiuto anche per noi ad accettare ogni giorno quello che il Signore
propone, come sta facendo il Santo Padre.
R. –
Penso al Papa con commozione e affetto, sperando che torni presto.
R. -
Gli voglio bene, spero che guarisca presto.
R. - Qui, indubbiamente, è un po’ triste
senza il Papa, però pensiamo soprattutto a lui, a come si sentirà.
R. - Abito qui vicino, vengo qui da quando
c’era Papa Pacelli e non mi è mai capitata una cosa del genere: una grande
tristezza oggi.
R. - Essere a San Pietro senza è Papa è
molto triste, anche se lui ci dà coraggio. Il suo messaggio era bellissimo,
però indubbiamente manca qualcosa, non è uguale.
R. - E’ molto dura: io vivo qui da 26 anni e
lavoro per la Curia Romana, perciò stare qui senza il Santo Padre mi sembra una
cosa impossibile. Guardando sul maxischermo il suo sguardo affettuoso, spero
che lui abbia ricevuto il nostro affetto.
D. -
Nel messaggio per l’Angelus il Papa ha ribadito il valore della sofferenza…
R. - Assolutamente, è una cosa che abbiamo
visto in lui in questi ultimi anni e, per me, nella sua debolezza non c’è
niente di meno del Santo Padre, ma molto di più.
R. - La sofferenza è vista come un’unione a
quella che è la sofferenza di Cristo, quindi penso che lui adesso stia proprio
vivendo questa unione con Cristo.
*********
Sia ieri che oggi, si sono intrecciati in molti
Paesi del mondo gli incontri di preghiera accomunati dall’unica intenzione di
un pronto ristabilimento di Giovanni Paolo II. Da migliaia di chilometri, come
in Oceania e nelle Filippine, fino a poche decine di metri dalla stanza del
decimo piano del Gemelli, che ospita il Papa, sacerdoti, religiosi, uomini,
donne e giovani si sono inginocchiati per chiedere il dono della guarigione per
il Pontefice. Nella cappella del Policlinico romano, in particolare, ieri sera
si è svolta una veglia eucaristica del Centro pastorale dell'Università
Cattolica, guidata dall'assistente ecclesiastico generale dell'ateneo, mons.
Gianni Ambrosio. Al di là di questa unanime corrente spirituale, inoltre, in
questi giorni il tema della sofferenza vissuta nella fede ha sollecitato la
riflessione di molte personalità ecclesiali. Ecco cosa ha detto, al microfono
di Fabio Colagrande, il cardinale Carlo Maria Martini:
**********
R. – Uno, intanto, può parlare della
sofferenza, con verità, in quanto è passato in qualche modo attraverso di essa,
perché è troppo facile parlarne quando si sta bene. Il Papa, che ha avuto tanti
momenti di sofferenza nella sua vita, ha avuto anche tanta forza di Spirito
Santo per vivere questi momenti in maniera così preziosa, così come lui sa
esprimere. Perciò, c’è da augurarsi che quelli che parlano del dolore parlino a
ragion veduta e dopo esserci passati dentro. Perché allora la loro parola avrà più
peso e sarà più autentica.
D. – Per molti credenti, eminenza, è
difficile trovare la promessa di salvezza dietro ai dolori. Quale atteggiamento
si sente di indicare per favorire il cammino verso la Pasqua?
R. – E’ difficile per i non credenti; per i credenti,
dovrebbe essere meno difficile, se sono davvero credenti. Quindi, io dico che
dovrebbero farsi credenti ascoltando la Parola. La fede viene dall’ascolto
della Parola, dall’ascolto fiducioso e quindi prepararsi alla Pasqua leggendo,
ad esempio, la Passione di Gesù nei Vangeli di Matteo, Marco, Luca, Giovanni
così da lasciar penetrare in noi questa Parola e lasciar penetrare la Grazia di
questa Parola che ha, appunto, capacità di vedere il valore eterno della
sofferenza momentanea.
D. –
Ma chi ha bisogno della conversione? Tutti? Anche i credenti?
R. – Gesù ha predicato a tutti la
conversione, tutti ne abbiamo bisogno perché tutti siamo un po’ poco credenti,
come dicevano anche gli apostoli di se stessi: “Aiuta la nostra poca fede!”.
Abbiamo bisogno di convertirci dalla poca fede alla fede autentica, quella che
sposta le montagne!
D. – Vivere il cammino verso la Risurrezione
in quest’anno dedicato dal Papa all’Eucaristia, significa riscoprire il senso
profondo della partecipazione alla Messa domenicale. Per molti, anche per molti
credenti, anche qui in Italia, la pratica, però, a volte diventa un qualcosa di
più ...
R. – Mi pare che prima di riscoprire il
valore della Messa domenicale bisognerebbe riscoprire il valore della Messa
come tale, quindi dell’Eucaristia come tale. L’Eucaristia comprende, racchiude
in pochi gesti e in poche parole tutto l’amore di Dio, tutta la volontà
salvifica di Gesù, tutta la vita di Gesù, da Nazareth a Betlemme fino al
Calvario, e quindi l’Eucaristia va vista come Gesù stesso morto e risorto che
presenta la sua morte per noi. Allora, se la vediamo così, ci sarà più facile
partecipare in particolare all’Eucaristia domenicale.
D. – Lei, eminenza, sta dedicando da tempo
le sue energie all’approfondimento della Parola di Dio. Questa immersione nei
testi sacri dopo gli anni di intensa attività pastorale a Milano, è per lei un
riposo o quasi un modo per ritrovare delle energie spirituali?
R. – Direi che è un bisogno, una necessità,
e anche una lotta un po’ come Giacobbe lotta con l’angelo, perché la Parola è
sempre superiore a noi, la Parola in qualche maniera ci schiaccia, la Parola ci
giudica, la Parola ci infuoca interiormente, quindi non è mai un tranquillo
discorrere con la Parola. E’ un ascoltarla per essere continuamente scossi e
cambiati interiormente.
**********
Su gran parte dei media internazionali, come
ampiamente detto, la notizia del primo Angelus segnato dall’assenza di Giovanni
Paolo II in oltre 26 anni di pontificato ha tenuto banco ispirando una quantità
di servizi e commenti. E in effetti, tenuto conto delle numerose volte in cui
il Papa si è visto costretto a ricorrere all’assistenza medica del Gemelli,
l’avvenimento di oggi rappresenta un inedito di rilievo. In occasione dei
precedenti ricoveri, il Pontefice aveva potuto presiedere di persona alla
preghiera mariana domenicale, anche se con modalità diverse a seconda delle
circostanze. Le ricorda, in questo servizio, Fausta Speranza:
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La prima domenica trascorsa al Gemelli è il 17
maggio del 1981: 4 giorni dopo l'attentato, Giovanni Paolo II ha parole di perdono per Ali Agcà che chiama “fratello”. La domenica successiva, il 24 maggio il Papa
registra un breve saluto e il 'Regina
Coeli (che nel mese mariano sostituisce l'Angelus), per le persone riunite
a piazza San Pietro e per quelle sotto le finestre del Gemelli. Stessa modalità per le altre domeniche di
quella lunga degenza di 77 giorni. Poi il 5 luglio: Giovanni Paolo II torna a
parlare direttamente in un discorso di nove minuti, prima della recita
dell'Angelus.
La
volta successiva, Giovanni Paolo II ricorda Giuseppe Taliercio, ucciso dalle
Brigate Rosse sei giorni prima. La domenica seguente esprime preoccupazione per
le persone tenute in ostaggio in Italia e per la situazione internazionale, in
particolare quella del Libano. L’appuntamento
successivo è per il 9 agosto: l’Angelus è dedicato ad un commosso ricordo di
Paolo VI, a tre anni dalla morte.
Passano gli anni e nel 1992 il Papa è di nuovo
ricoverato al Gemelli. Il 19 luglio, dopo 4 giorni dall’esportazione di un
tumore benigno, il Papa registra l'Angelus seduto in poltrona e non va in
diretta “per evitare il disturbo delle ingombranti apparecchiature per la
trasmissione”. La domenica dopo, a sorpresa, Giovanni Paolo II si affaccia e
impartisce la benedizione. Nel 1994, ricoverato per la frattura del femore, il
Pontefice torna a pregare dalla stanza d’ospedale: è il Regina Coeli del primo maggio ed è dedicato ai lavoratori e in
particolare ai disoccupati. Forti le parole dell’appuntamento successivo: il
Papa lancia un deciso appello contro tutti i criminali che, in Rwanda,
“dovranno rispondere davanti alla storia e anzitutto davanti a Dio”. Il 13
ottobre 1996, operato di appendicite, Giovanni Paolo II saluta
scherzosamente tutti i presenti dal
“Vaticano n° 3”: il Vaticano 1 è San Pietro – spiega – il 2 è Castelgandolfo e
il Gemelli è ormai la terza residenza.
Resta da ricordare il penultimo ricovero, del 6
febbraio scorso, quando il Papa si affaccia alla finestra del decimo piano,
dopo la lettura del testo da parte di mons. Leonardo Sandri, e impartisce la
benedizione.
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27 febbraio 2005
STORICO REFERENDUM COSTITUZIONALE IN BURUNDI,
PRIMA CONSULTAZIONE DEMOCRATICA DALLO SCOPPIO DELLA
GUERRA CIVILE NEL ‘93
- Intervista con padre Claudio Marano -
Il Burundi tornerà domani alle
urne per la prima volta dal 1993, dall’anno in cui scoppiò la terribile guerra
civile che dilaniò il Paese africano provocando la morte di 300 mila persone su
una popolazione di circa 7 milioni di abitanti. Le ultime elezioni si erano
svolte proprio 12 anni fa, poco prima che scoppiasse la guerra tra l’esercito a
maggioranza tutsi ed i ribelli hutu. La scintilla era stato l’omicidio del
presidente hutu democraticamente eletto, Melchior Ndadaye nell’ottobre del 1993
durante un tentativo di golpe. Poi erano arrivati anni di massacri, di pulizie
etniche e di orrore senza fine. Nel 1998 la svolta con l’avvio di negoziati di
pace ma ci sono voluti altri sei anni per arrivare ad una tregua più o meno
effettiva. Domani gli elettori saranno chiamati ad approvare una nuova
Costituzione destinata a suddividere con più equità il potere tra la
maggioranza hutu e la minoranza tutsi.
La nuova Carta dà alla
maggioranza hutu più poteri offrendo però garanzie alla minoranza tutsi. Il
presidente eletto infatti dovrà essere affiancato da due vice-presidenti
appartenenti alle due etnie così come i vertici ed i componenti di esercito e
polizia. Il referendum è il primo di sette scrutini elettorali che dovranno
svolgersi da domani al 22 aprile prossimo. Ma cosa rappresenta per il Burundi
la nuova costituzione? Roberto Piermarini lo ha chiesto al missionario
saveriano Padre Claudio Marano raggiunto telefonicamente a Bujumbura
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R.-. Con la nuova Costituzione si vuole mettere il Paese davanti ad una
legge fondamentale sulla quale ci si può confrontare e sulla quale si può discutere.
Fino adesso le Costituzione sono state cambiate e ricambiate a livello di deputati,
di assemblea. Finalmente anche alla popolazione viene chiesto cosa vuole. La
Costituzione è stata preparata da un’assemblea, è stata discussa e quindi viene
chiesto alla popolazione se vuole che questa diventi la sua legge fondamentale.
In più, davanti alle elezioni, questa è la prima elezione di una lunga serie di
richiesta di voto, di passaggio alla democrazia. E’ per questo che è molto
importante.
D. – Perché la minoranza tutsi voterà no, secondo le previsioni, mentre
gli hutu, che rappresentano l’85% della popolazione burundese sono a favore
della nuova Costituzione?
R. – Perché la maggioranza tutsi esigeva che la Costituzione fosse ancora
un affare tipicamente loro nel senso che volevano che il Burundi fosse ancora diviso
al 50 per cento hutu e al 50 per cento tutsi. Secondo me, dalla parte hutu, c’è
stata una maggiore comprensione e una maggiore discussione nel senso che hanno
accettato una Costituzione sfavorevole a loro ma che rappresenta l’inizio di un
cammino verso la democrazia ed hanno accettato una Costituzione dove si dice
che il 60 per cento sia hutu e il 40 per cento tusi.
D.-
Questa netta divisione potrà inficiare il voto?
R. – Il Paese viene fuori da una guerra etnica e quindi questa divisione
è soltanto l’inizio di un cammino. Tutti quanti ne hanno fin sopra i capelli di
queste divisioni, di queste prese di posizione etniche. Vorrebbero vivere. Il
fatto che partecipano 35 partiti e vi sono 35 partiti riconosciuti attualmente,
il fatto che la discussione sulla parte etnica è molto scadente, questo porta a
pensare che non appena la democrazia è sistemata tutto questo verrà messo in
discussione ad un altro livello, a livello politico ed economico non a livello
etnico.
D. – Come si è espressa la Chiesa: è favorevole o contraria alla nuova
Costituzione?
R. – La Chiesa, come tutte le forze positive
si è espressa per un sì dicendo che la discussione sulle possibilità di
cambiamento o sulla possibilità di modificazione della Costituzione verrà dopo.
Adesso il Paese ha bisogno di un sì per iniziare a votare e a proporre un nuovo
sistema di politica che fino adesso non è stata attuata nel Paese.
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GLI ABITANTI DI BEIRUT
DOMANI IN SCIOPERO
CONTRO LA PRESENZA
SIRIANA NEL PAESE
- Intervista con Roger
Bouchaine -
Sciopero generale domani a Beirut, dove la popolazione scenderà in piazza
per protestare contro la presenza siriana nel Paese. Contemporaneamente, il Parlamento
inizierà l’esame di una mozione di sfiducia presentata dall’opposizione. A
Roger Bouchaine, direttore dell’Osservatorio geopolitico mediorientale, Andrea
Sarubbi ha chiesto se ci sono possibilità che Damasco ceda alle pressioni
internazionali:
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R. –
Secondo me, la pressione dell’ONU, la pressione europea, la pressione degli
Stati Uniti, la rivolta interna del popolo libanese attualmente – ed è questa
la novità – sicuramente indurranno la Siria a prendere una decisione molto
netta, perché come abbiamo visto, nell’area del Medio Oriente le cose stanno
cambiando completamente. La richiesta immediata di indipendenza del Libano sta
unendo il popolo libanese: questo per il Paese è un momento magico, un momento
sognato da 30 anni.
D. – L’assassinio di Hafik Hariri, secondo
lei, è legato a questo momento?
R. – Certamente! Sei mesi fa Rafik Hariri
non era un rischio per l’occupazione siriana in Libano; Rafik Hariri non
avrebbe mai messo in difficoltà la Siria come l’ha fatto negli ultimi due mesi,
perché – secondo me – era un uomo politico che aveva letto la nuova strategia
politica che si affacciava nell’area; aveva visto quello che noi oggi vediamo
più chiaro, perché sei mesi fa non c’era la rivolta così forte, l’unione di
tutto il popolo libanese: erano semplicemente e solo i libanesi cristiani che
lottavano contro l’occupazione siriana.
D. – L’opposizione libanese chiede adesso al
Parlamento di sfiduciare il governo: esiste, secondo lei, la possibilità che il
governo cada?
R. –
Sicuramente, oggi tutti gli uomini di Stato si stanno rendendo conto che è
arrivato il momento di abbandonare l’alleanza che ha permesso l’occupazione
siriana. Secondo me, gli uomini di Stato, dal musulmano al cristiano,
rispunteranno fuori, e saranno in tanti a chiedere il ritiro immediato della
Siria. Questo governo ormai non c’è più e non rappresenta più nessuno.
D. – Quale governo potrebbe prendere il
posto di questo?
R. – Qualsiasi tipo di governo, di qualsiasi
uomo, di qualsiasi politica, di qualsiasi area. Sicuramente sarà mille volte
meglio di quello attuale. A livello economico, è una bancarotta totale. E
sicuramente con la perdita di Hariri non ci sarà più un’economia. A livello
politico, per quanto riguarda l’opposizione, gli uomini rispunteranno,
usciranno di prigione e ci sarà la libertà. Credo che questa sia
l’indipendenza.
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UN CONVEGNO DEDICATO
ALL’AMICIZIA: E’ L’INIZIATIVA
DELLA PONTIFICIA
UNIVERSITA’ DELLA SANTA CROCE, IN QUESTI GIORNI
- Intervista con
Francesco Calogero -
“Nessuno
sceglierebbe di vivere senza amici”: è stato il tema del 13.mo Convegno di
studio promosso dalla Facoltà di Filosofia dell’Università della Santa Croce,
che si è chiuso nei giorni scorsi presso lo stesso Ateneo a Roma. Otto sono
state le relazioni, due le tavole rotonde con ampi spazi di dibattito e dialogo. Tra i relatori, Francesco Botturi, Carmelo Vigna, Adriano Fabris,
Lucio Cortella. Nell'occasione è stata, inoltre, presentata una
nuova istituzione interdisciplinare denominata “Ethos, centro internazionale di
ricerche su ragioni, affetti e legami”; si tratta di una serie di programmi di ricerca che coinvolgerà studiosi e
ricercatori in tutto il mondo, tra i quali il gruppo di coloro che hanno già
lavorato all’edizione del volume, intitolato “Affetti e legami”.
Nell’intervista
di Giovanni Peduto, ascoltiamo il prof. Francesco Calogero:
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R. – Si è lavorato sull’affermazione di
Aristotele per il quale l’amicizia è assolutamente necessaria. E’
un’affermazione provocatoria: “Nessuno sceglierebbe di vivere senza amici”. Si
deve capire qual è il senso di queste parole e verificare, con l’apporto di
diverse prospettive disciplinari, se ha un senso ancora oggi pronunciarle così.
Si cerca in definitiva di decodificare il significato dell’amicizia nella
società attuale, che è una società come sappiamo multietnica, globalizzata, per
vedere quali sono le dinamiche che rendono possibile ancora oggi questa relazione
di amicizia.
D. – E’ più difficile l’amicizia nella
società odierna?
R. – Indubbiamente si ritrovano diverse
difficoltà che nel passato non si avevano. Secondo le indagini statistiche, il
23 per cento degli italiani si sente soddisfatto dei propri amici, però un 15
per cento dei giovani si ritiene poco, o per niente, soddisfatto, anche se
l’amicizia è uno dei valori più apprezzati dai giovani italiani. E allora si
tratta di capire quali sono le condizioni che rendono permanente, possibile,
questa amicizia. E’ stato sottolineato che le ricerche psico-sociali del XX
secolo hanno confermato l’impostazione degli autori classici e che oggi si ritiene
l’amicizia una dimensione sociale dell’uomo, valida per tutte le età, anche se
i suoi modi concreti cambiano a seconda del periodo della vita. Non si tratta
però di un atteggiamento spontaneo o automatico. E’ qualcosa che bisogna
coltivare, che bisogna orientare e si trovano difficoltà anche di tipo
culturale, di tipo ideologico, quando si vede con pessimismo la propria vita e
i rapporti con gli altri.
D. – Come costruire oggi una vera amicizia?
R. – Noi siamo abituati al trionfo della
parola esibita, ridotta anche a spettacolo, però è una parola che si svaluta
come la moneta quando manca di valore. E’ importante, invece, riscoprire la necessità
di coltivare noi stessi rapporti profondi con gli altri, che sono requisiti per
fare sopravvivere l’amicizia. E questo dipende da noi. Dobbiamo sapere
ascoltare, non voler parlare sempre, sapere aspettare, in definitiva anche
servire. L’amicizia richiede sforzo, implica atti di riconoscimento di valore a
favore degli altri. Alle volte quello che nasce piccolo poi cresce. Tanti
progetti, anche grandi, infatti sono nati piccoli con logiche a volte imprevedibili.
D. – Nella Bibbia troviamo affermazioni
significative riguardo all’amicizia: ad esempio, “Chi trova un amico, trova un
tesoro”, oppure anche il proverbio “Come uno è, così è il suo amico”. Qual è il
significato cristiano dell’amicizia?
R. – Oltre
le citazioni che lei ha fatto, io ne prenderei una ancora più impegnativa che è
l’affermazione che Gesù stesso fa nel Vangelo: nessuno dimostra amore più grande
di colui che dà la vita per gli amici. Gesù Cristo ha dato la vita per gli
amici, ma in effetti ha dato la vita anche per i nemici e ha ricordato a tutti
che si può essere amici compiendo i suoi comandamenti. Ci troviamo di fronte
quasi a paradossi, ma qui c’è tutta la ricchezza di una libertà interiore che è
quella che è possibile con l’aiuto della grazia dei figli di Dio. Questa
libertà presuppone e permette amicizie autentiche. Mi permetterei di dire che,
alle volte, la stessa carità, se non passa anche attraverso forme che potremmo
chiamare di amicizia, rischia di trasformarsi in qualcosa di stereotipato.
Aristotele non credeva ad una possibilità di amicizia tra superiore e inferiore
e per questo dice che non è possibile essere amici di Dio, perché Dio non ha
bisogno di ricevere l’onore dell’uomo. Noi sappiamo che questo non è vero e che
la gratuità del rapporto anche di amicizia si fonda profondamente sulla
trascendenza e sull’eternità di Dio che si dona a noi. Questo ci permette di
capire il carattere veramente divino e personale dell’amore che è quello che
appare anche nell’amicizia.
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L’ORATORIO SACRO “LA CREAZIONE” DI HAYDN
CELEBRA A ROMA I 700 ANNI DELL’UNIVERSITA’ “LA
SAPIENZA”
- Intervista con Walter Attanasi -
Sarà il grandioso oratorio sacro
di Haydn Die Schoepfung, “La Creazione”, eseguito dall’Orchestra
Filarmonica dell’Umbria e dal Coro della Città di Bratislava, sotto la
bacchetta di Walter Attanasi, a coronare domani (lunedì 28 febbraio) le
celebrazioni per i 700 anni dell’Università degli Studi di Roma “La Sapienza”,
fra i più antichi e prestigiosi atenei al mondo. Il concerto, sotto l’egida del
Vicariato di Roma, si lega simbolicamente alla Giornata Mondiale della Gioventù
di Colonia e promuove la campagna Aiutasia, in favore delle vittime dello
tsunami. Al microfono di A.V., i protagonisti dell’evento. Il direttore
d’orchestra, Walter Attanasi:
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(musica)
R. – La
solennità dell’Oratorio, da un punto di vista formale, a mio avviso è una sorta
di corrispettivo musicale del grande edificio del sapere rappresentato da
questa università. Ho un atteggiamento di “sacralità” rispetto al momento del
concerto: il concerto è un’offerta musicale ad altri esseri umani che ascoltano
qualcosa che noi offriamo.
D. - La
musica come veicolo per attrarre giovani e per portare ai giovani un messaggio…
R. – Sì,
musica intesa come un centro di attrazione, un fenomeno per poter mettere in
rilievo alcune situazioni o fenomeni o eventi sociali, che possano essere poi
aiutati attraverso il linguaggio musicale.
I giovani universitari romani
verranno salutati in questa occasione da mons. Lorenzo Leuzzi, responsabile
della pastorale universitaria per la Diocesi di Roma.
R. – L’Università di Roma “La Sapienza” è
stata istituita da Bonifacio VIII e dunque è un’esperienza che nasce nel
contesto ecclesiale. La Chiesa di Roma da sempre accompagna il cammino scientifico,
della ricerca, perché crede che attraverso il dialogo nel mondo universitario
la Chiesa abbia in sé la possibilità di testimoniare come il Vangelo, in ogni
situazione culturale diversa, sia capace di orientare, di illuminare la ricerca
scientifica. La diocesi di Roma vuole che l’Università resti innanzitutto un
luogo di ricerca. Qualunque sia la riforma che il governo o il Parlamento
italiano intendano promuovere, credo che sia un punto qualificante il fatto che
l’Università non possa essere un luogo di occupazione da parte dei docenti, ma
debba essere veramente il luogo dove le menti migliori possano realmente
esprimere con libertà e con capacità critica la ricerca. C’è una grande responsabilità
di formazione nella nuova classe dirigente, dunque nelle nuove generazioni.
Il neo rettore, il prof. Renato
Guarini, ha scelto la musica per celebrare i 700 anni del suo Ateneo:
R. – L’oratorio non è solo un racconto di
come fu originato il mondo, ma è un inno alla bellezza e alla varietà
dell’universo, alla vitalità, alla forza creativa. Quindi, festeggiare il
settimo centenario della Sapienza con la creazione di Haydn è un augurio per
tutti noi e vorrei dire anche un messaggio di fiducia. Dopo un passato tanto
glorioso “La Sapienza” saprà ancora crescere, creare idee e soprattutto creare
conoscenza, diffondere conoscenza.
D. – Si è appena inaugurato anche l’allestimento “I
luoghi de La Sapienza” al Complesso del Vittoriano a Roma. Di cosa si tratta?
E’ un modo per conoscere la storia di questa istituzione?
R. – L’idea di questa mostra è quella di
ripercorrere la storia della nostra università, la storia de La Sapienza,
utilizzando la chiave di lettura dei luoghi, cioè dei rapporti che nel tempo La
Sapienza e la città di Roma hanno intrecciato nei secoli.
(musica)
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27 febbraio 2005
Digiuno
e solidarietà per le vittime dello tsunami
caratterizzano
la
Quaresima dei cristiani in Pakistan. I FEDELI SOLLECITATI A UNA COLLETTA
LAHORE. = La pratica del digiuno quaresimale per i cristiani del Pakistan
sarà diversa dal resto del mondo. Infatti, anche per differenziarsi dalla
maggioranza musulmana, i cristiani praticheranno il digiuno del venerdì nelle
24 ore comprese tra due tramonti e non dall’alba come tradizione. Padre Francis
Nadeem, cappuccino dell’Ordine dei Frati minori e segretario esecutivo della
Commissione nazionale per l’ecumenismo ed il dialogo interreligioso, ha sottolineato
che il gesto del digiuno quaresimale ha significato se accompagnato dalla
preghiera e dalla carità. “Mi aspetto – ha detto – che molti fedeli facciano
solidarietà a favore delle vittime dello tsunami”.
Inoltre, la Commissione quaresimale ha invitato a risparmiare almeno una rupia
al giorno. Così, il 50% della cifra raccolta verrà usata per i malati ed i
bisognosi delle singole parrocchie, mentre l’altro 50%, depositato presso il
procuratore dell’arcidiocesi, servirà per promuovere corsi di utilità comune ai
membri della comunità. I cristiani pakistani si sono già dimostrati sensibili a
questo invito alla solidarietà anche prima del maremoto, che il 26 dicembre
scorso ha sconvolto il sudest asiatico. Padre Nasir Gulfam, coordinatore diocesano
per il Comitato quaresimale, ha ricordato che le 120 mila rupie, circa 1600
dollari americani, raccolte nel 2004 dalla comunità cristiana, hanno permesso a
circa 20 orfani di studiare. Anche padre Inayat Bernard, parroco di una chiesa
nell’arcidiocesi di Lahore, ha sottolineato l’importanza di non seguire solo il
rituale, ma “di condividere il significato del digiuno con i poveri ed i
bisognosi”. (E. B.)
IN THAILANDIA SERVE
ASSISTENZA PSICOLOGICA, AFFINCHE’ I SOPRAVVISSUTI
DELLO TSUNAMI RIPRENDANO LE LORO ATTIVITA’ ABITUALI.
LO AFFERMA IL VESCOVO DI SURAT-THANI, JOSEPH PRATAN, CHE AVVERTE:
“LA RICOSTRUZIONE IN
QUESTO AMBITO DURERA’ A LUNGO”
BANGKOK. = “In due mesi, le condizioni di vita quotidiane sono nettamente
migliorate, soprattutto sul piano materiale. Tuttavia la necessità maggiore è
quella dell’assistenza psicologica ai superstiti, fondamentale affinché possano
riprendere un’esistenza normale”. Ad affermarlo, è monsignor Joseph Pratan,
vescovo di Surat-Thani, una delle regioni più colpite dal maremoto dello scorso
26 dicembre, situata all’estremo sud della Thailandia. Le operazioni di aiuto
si stanno svolgendo su due fronti, ha ricordato il vescovo: quello della
ricostruzione delle case e della riparazione delle barche. “Per ripristinare
questi beni materiali – prosegue il presule - ci vorranno almeno altri sei mesi
grazie agli aiuti che abbiamo ricevuto dalla Caritas Internationalis, dai
salesiani e da numerose organizzazioni non governative italiane, francesi, tedesche
e austriache”. In particolare, il denaro viene destinato sia ad acquisti di
materiale, soprattutto di legname, sia per pagare tecnici ed esperti impegnati
nella pianificazione dei lavori. E generi alimentari, principalmente riso, acqua
potabile e medicinali vengono ancora distribuiti alla popolazione dei villaggi
più poveri, rimasti a lungo isolati, che si trovano solo pochi chilometri a
nord dei paradisi turistici colpiti dallo tsunami.
È su questa gente che si sono concentrati da subito i soccorsi dopo la catastrofe
che in Thailandia, secondo gli ultimi bilanci, ha causato circa 5.400 morti,
3.000 dispersi e almeno 700 orfani. Ma a livello psicologico, la “ricostruzione”
durerà più a lungo, almeno un anno, forse due. Ed è su questo aspetto che, secondo
il vescovo di Surat-Thani, bisogna intensificare gli sforzi. “Incoraggiamo i sopravvissuti,
cerchiamo di infondere volontà e fiducia in loro stessi affinché riprendano le
loro attività abituali”, afferma monsignor Pratan che sottolinea come solo in
questo modo la gente possa ricominciare a guadagnarsi da vivere, senza più
dipendere dagli aiuti esterni. (E. B.)
IN UN OSPEDALE DI OXFORD, E’
MORTO IERI IL FONDATORE DI AMNESTY INTERNATIONAL. PETER BENENSON, CHE AVEVA 83
ANNI, HA LASCIATO UN’ORGANIZZAZIONE NON GOVERNATIVA IMPEGNATA IN TUTTO IL MONDO
NELLA DIFESA DEI DIRITTI UMANI
Londra. = Peter Benenson, fondatore di Amnesty International, è morto ieri sera al John
Radcliffe Hospital di Oxford, all’età di 83 anni. A darne notizia è stata la
stessa organizzazione umanitaria. Come sottolinea Amnesty International,
Berenson ha attuato una vera rivoluzione nei
diritti umani. Ha sempre preferito rifuggire dagli onori e, in nome
dell’indipendenza da ogni potentato politico, ha rifiutato diversi riconoscimenti
e onorificenze, compresi quelli offerti dai vari governi di Londra. L’avvocato
britannico, fondò Amnesty nel maggio del 1961, seguendo la sorte di due
studenti portoghesi arrestati nel periodo della dittatura di Salazar. Così, i
primi sostenitori cominciarono a riunirsi decidendo di fondare un movimento
permanente in difesa della libertà di religione e di opinione. “Ha fatto luce
sulle prigioni, sugli orrori delle camere di tortura e sulla tragedia dei campi
della morte in tutto il mondo”, ha commentato in un comunicato Irene Khan, segretaria
generale dell’organizzazione. “Credeva nella capacità della gente comune di
produrre cambiamenti straordinari – si legge nel documento - e, costituendo Amnesty International, ha
dato a ciascuno di noi l’opportunità di cambiare le cose”. Peter Berenson
lascia un movimento mondiale che, con oltre 1 milione e 800 mila iscritti e
sostenitori, in 150 Paesi del pianeta, è la più importante organizzazione per
la difesa dei diritti dell’uomo. (E. B.)
LA COMUNITA’ CATTOLICA CINESE SI MOBILITA IN FAVORE
DELLE VITTIME
DELLE MINIERE. NELLE DIOCESI DI LIAONING INIZIA UNA
RACCOLTA FONDI
DESTINATI AI FAMILIARI DELLE VITTIME DEL RECENTE
INCIDENTE DI SUNJIAWAN
SHENYANGS. = I cattolici cinesi pregano
e raccolgono fondi per le vittime dell’esplosione nella miniera di Sunjiawan,
che il 14 febbraio scorso ha ucciso oltre 200 lavoratori. Padre Zhang Fucheng,
parroco della chiesa di Gaode, nella provincia del Liaoning, ha perso un suo
parrocchiano nell’incidente e due altri sono rimasti feriti. A Gaode su 1700 fedeli,
50 lavorano in miniera. Per questo, dopo l’incidente, padre Zhang ha visitato e
pregato con le famiglie dei minatori i suoi parrocchiani, incoraggiandole a
rispettare le misure di sicurezza e denunciare le irregolarità al governo. Il
sacerdote, infatti, ha raccontato che da tempo tutti i suoi parrocchiani erano
preoccupati per le condizioni di sicurezza nelle miniere, ma nessuno osava
parlarne apertamente per timore di ritorsioni delle autorità. Nelle diocesi del
Liaoning, attraverso il Centro per i servizi sociali, è iniziata una
raccolta fondi per aiutare i familiari delle vittime di quello che è ritenuto
il più grave incidente in una miniera dalla fondazione della Repubblica
popolare, nel 1949. “L’aiuto materiale è una nuova attività per noi”, ha affermato
Teresa Xu, referente per il centro diocesano. “Per questo - ha aggiunto - abbiamo
chiesto ai nostri fedeli un supporto economico per riuscire ad arrivare a tutte
le vittime, cattoliche e non”. (E. B.)
CON IL SOSTEGNO DEL GOVERNO MAROCCHINO, NELLA
REPUBBLICA DEL GABON NASCE UN NUOVO CENTRO STUDI EPIDEMIOLOGICI. ULTERIORI ACCORDI
FRA I DUE PAESI RAFFORZERANNO LA COPERAZIONE SUD-SUD NEL SETTORE SANITARIO
LIBREVILLE.
= Il presidente della Repubblica del Gabon, Omar
Bongo, e il re del Marocco, Mohammed VI, hanno sottoscritto un accordo a
Libreville per la creazione di un nuovo centro di studi epidemiologici dedicato
principalmente alle malattie tropicali e a quelle emergenti. La nuova
struttura, che sorgerà presso il Centro internazionale di indagine medica
(Cirmf) di Franceville, beneficerà del necessario sostegno da parte del governo
marocchino. In dichiarazioni rilasciate alla stampa nazionale, il ministro
della Sanità pubblica del Gabon, Paulette Missambo, ha ringraziato a nome dei
suoi concittadini il sovrano marocchino sia per l’accordo sottoscritto sia per
l’impegno che Rabat sta esprimendo in Gabon nel settore sanitario, visitando in
questi giorni gratuitamente almeno 10.000 gabonesi. Il ministro ha rivelato,
inoltre, che sarebbe allo studio un accordo tra Libreville e Rabat per
aumentare ulteriormente la collaborazione tra i due Paesi nel settore sanitario
e per “rafforzare la cooperazione sud-sud”. (E. B.)
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27
febbraio 2005
A cura
di Amedeo Lomonaco -
● In Iraq è stato catturato uno dei
fratellastri di Saddam Hussein, l’ex consigliere del rais Ibrahim al Hasan. Ma oltre a questo
significativo arresto si deve anche registrare una nuova ondata di violenze:
due persone sono morte a Mossul per la deflagrazione di una bomba esplosa nei
pressi di un edificio governativo e un soldato americano è rimasto ucciso in
seguito ad un’operazione militare nella provincia di Babil.
●“Non ci saranno
progressi politici fin quando l’Autorità nazionale palestinese non
intraprenderà una attività energica contro le infrastrutture del terrorismo”.
Lo ha detto il premier dello Stato ebraico Ariel Sharon aprendo la seduta del
consiglio dei ministri dedicata anche all’attentato avvenuto venerdì scorso a
Tel Aviv e costato la vita a quattro giovani israeliani e all’attentatore
palestinese. Il vice
ministro israeliano della Difesa, ha dichiarato inoltre che Israele potrebbe
ricorrere alla strategia delle uccisioni mirate se l’Autorità palestinese non
riuscirà ad esercitare un controllo sui vertici della Jihad islamica.
●In due ex repubbliche sovietiche, il Tagikistan ed
il Kirghizistan, si sono aperti stamani i seggi per le elezioni legislative. In
Tagikistan, dove vivono più di sei milioni di persone, quasi tre milioni di
elettori sono chiamati al voto per designare 63 deputati della Camera Bassa. Si
prevede una netta vittoria del partito democratico popolare del presidente
Emomali Rakhmonov. Come già anticipato, si vota anche nel vicino Kirghizistan
dove circa due milioni e seicento mila persone, su una popolazione di oltre
cinque milioni di abitanti, sono chiamate alle urne per eleggere i 75 deputati
del nuovo Parlamento. Nella regione kirghiza di Tonsk, paralizzata da una serie
di manifestazioni di proteste, la consultazione è stata rinviata e si terrà il
prossimo 13 marzo. I sondaggi prevedono, in Kirghizistan, un testa a testa tra
il partito al potere del presidente Akayev e lo schieramento filo-occidentale
guidato dall’ex ministro degli Esteri Otunbayeva. Sulle elezioni in Tagikistan
e in Kirghizistan ascoltiamo l’inviato del TG1 a Mosca, Sergio Canciani,
intervistato da Amedeo Lomonaco:
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R. – Sono elezioni particolarmente importanti alla luce di ciò che è
accaduto recentemente nello spazio dell’ex Unione Sovietica. Penso soprattutto
alla rivoluzione delle rose in Georgia prima, e poi a quella arancione in
Ucraina. I poteri dominanti temono che il vento che si è sollevato in queste
Repubbliche ex- sovietiche possa ora investire anche l’Asia centrale.
D. – Dopo le presidenziali in Ucraina, e la vittoria del candidato
filo-occidentale quali ripercussioni possono avere per la Russia le elezioni
legislative nelle due ex Repubbliche sovietiche dell’Asia centrale?
R. – Il problema è anche di assetti strategici almeno nella visione
del Cremlino. Sia Kirghizistan, sia Tagikistan possono cadere sotto la sfera di
influenza americana tenendo conto che lì c’è già una certa presenza militare
degli Stati Uniti in base ad un accordo con la Russia per postazioni avanzate
concordate durante la guerra in Afghanistan. La Russia teme di perdere anche il
controllo della frontiera orientale, quella strategica verso il continente asiatico,
in particolare verso la Cina.
D. – Le elezioni in Kirghizistan, in particolare, sono seguite con
preoccupazione anche dalla Cina, che teme un’espansione della presenza militare
americana nell’ex repubblica sovietica?
R. – E’ una preoccupazione anche di Pechino. Sono preoccupazioni che
in qualche modo avvicinano le strategie della Russia e della Cina e questo, a
sua volta, invece, preoccupa proprio gli americani.
D. – Quali sono oggi le condizioni socio-economiche dei due Paesi
chiamati alle urne?
R. – Ci sono profondissime fratture sociali. Nuova ricchezza e tanta
nuova povertà e quindi nel Tagikistan e anche nel Kirghizistan c’è il riflesso
delle contraddizioni che ancora sta vivendo l’intero spazio post sovietico.
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●L’Iran
e la Russia hanno firmato l’accordo per la fornitura di combustibile nucleare russo
a Teheran per il funzionamento della centrale di Bushehr, nel sud del Paese. Lo
ha riferito la tv satellitare al-Arabiya precisando che la prima partita di
combustibile nucleare attivo da consegnare a Teheran è già stata predisposta:
si tratta di circa 90 tonnellate di materiale. Sull’intesa
raggiunta da Iran e Russia, l’amministrazione americana ha già espresso il
proprio disaccordo.
●Un incendio ha avvolto un grattacielo della di
Taichung, a Taiwan uccidendo almeno due persone. Gli elicotteri hanno già
portato in salvo nove persone dalla terrazza del Golden Plaza Tower, uno
stabile di 25 piani al centro della città. Ma si teme che molti altri siano
intrappolati nell'edificio che ospita prevalentemente uffici. Testimoni
affermano che l'incendio ha avuto inizio in un bar.
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