RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLIX n.
54 - Testo della trasmissione mercoledì 23 febbraio 2005
IL PAPA E LA SANTA SEDE:
IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
In India, aggredita una suora cattolica accusata di “essere
cristiana”
Inizia oggi a Tunisi il seminario sull’energia nucleare
Il
presidente americano Bush, in Germania, chiede alla Russia di promuovere un
sistema più democratico
Sospesa
nei pressi di Ramallah la costruzione del muro. Nei Territori, rinviato il voto
del parlamento sul nuovo governo palestinese.
23 febbraio 2005
“L’EGOISMO CEDA IL
POSTO ALL’AMORE”: COSI’ IL PAPA HA INVITATO A VIVERE
INTENSAMENTE IL PERIODO QUARESIMALE, NEL SALUTO
RIVOLTO AI FEDELI
RACCOLTI IN AULA PAOLO VI E IN PIAZZA SAN PIETRO
IN
COLLEGAMENTO AUDIO-VIDEO DALLA BIBLIOTECA PRIVATA
“L’egoismo ceda il posto
all’amore”: con queste parole il Papa ha invitato a vivere intensamente il
periodo quaresimale. Nel saluto rivolto ai fedeli raccolti in Aula Paolo VI e
in Piazza San Pietro in collegamento audio-video dalla Biblioteca privata, ha
salutato “con affetto” tutti ringraziando cordialmente per la presenza. Il
servizio di Fausta Speranza:
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“Un particolare impegno di
preghiera, digiuno e penitenza e ad una maggiore solidarietà verso il prossimo,
specialmente verso i poveri e i bisognosi”: lo chiede Giovanni Paolo II in
questo tempo quaresimale che – sottolinea - “ci condurrà alle solenni celebrazioni
della Pasqua”:
“Apriamo il cuore a una sincera e profonda conversione”.
E spiega: “L’egoismo ceda il
posto all’amore, perché ci sia dato di sperimentare la gioia del perdono e
dell’intima riconciliazione con Dio e con i fratelli.” Nei saluti nelle varie lingue torna
l’augurio che i pellegrini di passaggio a Roma vivano con particolare intensità
il contatto con il cuore della Chiesa universale. Un pensiero speciale, poi, al
gruppo dei missionari italiani all’estero, convenuti per un incontro di studio;
ai fedeli della diocesi di Faenza-Modigliana, accompagnati dal loro vescovo, e
ai numerosi giovani presenti nella Piazza. A tutti, l’augurio di ogni
desiderato bene.
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NOMINA
Il
Santo Padre ha nominato vescovo di Magdeburg, nella Repubblica Federale di Germania,
mons. Gerhard Feige, finora vescovo titolare di Tisedi ed ausiliare della medesima
diocesi.
Mons. Feige è nato a Halle, nella stessa diocesi di
Magdeburg, nel 1951, è stato ordinato sacerdote nel 1978 e consacrato vescovo
nel 1992. Mons. Feige è membro della Commissione episcopale tedesca per
l’ecumenismo e di quella per la scienza e la cultura.
PRESENTATO
A ROMA IL LIBRO “MEMORIA E IDENTITA’” DI GIOVANNI PAOLO II.
DAL PAPA
UN INVITO A CREDERE CHE IL BENE TRIONFA SUL MALE
“Ogni
sofferenza umana, ogni dolore, ogni infermità racchiude una promessa di salvezza,
una promessa di gioia”. E’ uno dei passi principali dell’ultimo libro di Giovanni
Paolo II, “Memoria ed Identità”, edito dalla Rizzoli e presentato ieri
pomeriggio a Roma. La casa editrice prevede di distribuirlo, da oggi, in 330
mila copie e già la diffusione di alcune anticipazioni nei giorni scorsi aveva
creato molta attesa tra il pubblico. Sentiamo il servizio di Alessandro
Guarasci:
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Alcuni
opinionisti lo hanno definito un libro pervaso dal pessimismo ma, nei fatti,
“Memoria e Identità” ribadisce come alla fine il bene vinca sul male. Il libro
prende il via da alcune conversazioni con due filosofi polacchi, svolte nel
1993 a Castelgandolfo, in seguito aggiornate. Si conclude con uno dialogo
sull'attentato del 13 maggio 1981 tra il Papa e il suo segretario, mons.
Stanislaw Dziwisz. Proprio in merito all’attentato, il Santo Padre afferma che
era “praticamente dall’altra parte” ma che, ciononostante, aveva la sensazione
che ce l’avrebbe fatta. Un atto che fu opera di “una delle ultime convulsioni
delle ideologie della prepotenza, scatenatesi nel XX secolo”.
In merito alle guerre, il Santo Padre scrive che
“L'Europa a cavallo dei due millenni si potrebbe purtroppo qualificare come il
continente delle devastazioni”. Un concetto precisato dal direttore della Sala
Santa Stampa della Santa Sede, Joaquín Navarro-Valls:
“Nel corso degli anni si è venuta formando la convinzione che le ideologie
del male sono profondamente radicate nella storia del pensiero filosofico europeo”
Il
male, però, ha devastato anche il XX secolo. Giovanni Paolo II deve constatare
che nel mondo sono estese le cosiddette reti del terrore. Vengono così
ricordati gli attacchi alle Torre Gemelle, l’attentato alla stazione di Atocha,
di Madrid, la strage di Beslan. Ma il cardinale Joseph Ratzinger, interpretando
il pensiero del Papa, ribadisce che il male ha una fine:
“Il male ha un limite temporale ed ontologico. Il limite del male è in
ultima istanza il potere di Dio e di conseguenza la bontà originaria
dell’essere, che crede nel Creatore, non può avere un’ultima paura. La fede è
fiducia e deve essere coraggio”.
Altro punto nodale sono le
decisioni di alcuni parlamenti o governi che in passato hanno avallato
sterminii di massa. Ora altre assemblee popolari danno il via libera a provvedimenti
come l’aborto, sterminio legale degli esseri concepiti e non ancora nati. Paolo
Mieli, direttore del Corriere della Sera:
“Accetto in pieno la sfida contenuta in queste parole a non considerare
decisioni, in quanto prese da Parlamenti, decisioni che hanno in sé una totale
legittimità. Certo hanno una legittimità sotto il profilo giuridico, ma sotto
il profilo morale quelle decisioni vanno continuamente riviste. Ma far dire al
Santo Padre che, quindi, la Shoà è uguale all’aborto è un’evidente forzatura,
di cui a nome della stampa italiana, chiedo scusa”.
Il Papa
poi ricorda anche i frutti positivi dell’Illuminismo. Da essi, infatti, sono
nati gli ideali di libertà, uguaglianza e fratellanza.
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CATTOLICI E LAICI STRETTI NELLA COMMOZIONE
PER LA MORTE DI DON LUIGI GIUSSANI.
MIGLIAIA LE PERSONE IN FILA A MILANO PER RENDERE
L’ULTIMO OMAGGIO
AL FONDATORE DI COMUNIONE E LIBERAZIONE, SPENTOSI
IERI
Straordinaria
passione educativa, costanza nella costruzione di una società autenticamente
solidale. Sono tante le vocazioni che il mondo cattolico riconosce a don Giussani,
la cui scomparsa ha accomunato ieri nel dolore politici e gente comune,
cattolici e laici. I funerali del fondatore di Comunione e Liberazione, morto
ieri in seguito ad una grave forma di polmonite, si svolgeranno domani alle
15.00 nel Duomo di Milano e saranno presieduti, a
nome di Giovanni Paolo II, dal cardinale Joseph Ratzinger, prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede.
Il servizio di Barbara Castelli:
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Il popolo dei “ciellini” si è
stretto ieri nel dolore per la morte di don Luigi Giussani. Diecimila persone
si sono messe in fila, fino a notte inoltrata, davanti alla camera ardente allestita
nella cappella dell’Istituto Sacro Cuore di Milano, per rendere omaggio al
fondatore di “Comunione e Liberazione”. Una quiete non silenziosa. La recita
del rosario riecheggiava in tutto il piazzale, scandita fra le lacrime da
ragazzini, giovani, persone di mezza età e anziani. Sui volti, l’espressione triste
di chi ha perso qualcuno di caro, un amico, un papà, ma anche la tranquillità
di chi crede che la vita non finisce con la morte. Ininterrotta anche la
processione di esponenti del mondo della politica, che ieri non ha mancato di
esprimere commozione per questa perdita. A ciascuna di queste persone “don
Gius”, come lo chiamavano affettuosamente i ragazzi di CL, ha chiesto di
“vivere all’altezza dei propri desideri”, comunicando loro la passione
dell’incontro con Cristo. “La fede è una vita – ripeteva – e non un discorso
sulla vita”. “Don Giussani – ha ricordato ieri l’arcivescovo di Genova, il cardinale Tarcisio Bertone – ha convinto
moltitudini di giovani a mettere Cristo al centro della loro vita e a
percepirlo come un presente, vero compagno di viaggio per le strade del mondo”.
Chiara Lubich, fondatrice del movimento dei Focolarini, ha parlato della figura
di don Giussani come quella di un santo, mentre le Acli lo hanno ricordato come
un “protagonista del cattolicesimo sociale”, per la sua capacità di comunicare
il Vangelo alle nuove generazioni “in tempi difficili, in cui il processo di
secolarizzazione appariva inarrestabile”. Come don Giussani aveva previsto,
infatti, le grandi crisi del mondo giovanile del ‘68 accelerarono
l’indebolimento delle esperienze ecclesiali. Accanto all’ideologia che acceca
molti e trascina lontano anche parte dei giovani che si erano avvicinati a
Gioventù Studentesca, che diventerà poi Comunione e Liberazione, si fa largo in
quegli anni il desiderio di autenticità con cui CL saprà confrontarsi. Dinanzi
a quel fermento politico, don Giussani, con la sua voce roca e l’eloquenza
poetica e appassionata, chiama tutti a riconoscere Cristo come centro
dell’affetto e della ragione, come risposta ai quesiti fondamentali dell’uomo.
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Sulla figura e sull’impegno di
don Giussani, Emanuela Campanile ha raccolto il commento del senatore Giulio
Andreotti, direttore del mensile internazionale “30 Giorni”:
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R. –
Innalzò il vessillo del non avere paura e su questo poi costruì un movimento
ideale di grandissima profondità, con molti risvolti. Io credo che dobbiamo
veramente considerarlo, nella sua realtà, un profeta.
D. – L’insegnamento che lei ha
avuto da don Giussani?
R. – …
che non bisogna avere paura. Se uno è convinto che una cosa sia giusta, ci si deve
dedicare, anzi, quando si trova contro corrente, deve intensificare il proprio
impegno.
D. – Secondo lei, ci sono ancora
grandi maestri, oggi?
R. – Direi di sì. Alcuni hanno
un rilievo maggiore, altri un rilievo minore, ma ci sono tanti fermenti nel
mondo cattolico che sono straordinari. Noi, in questo momento, su “30 Giorni”,
ci siamo dedicati alle comunità di clausura … ma c’è una tale ricchezza nelle
cosiddette retrovie che non può essere dimenticata, e che poi, probabilmente, è
la forza dell’esercito cristiano.
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La commozione per la morte di
don Luigi Giussani ha raggiunto anche tutti gli altri movimenti ecclesiali e le
associazioni. Ascoltiamo il ricordo del fondatore di CL tratteggiato da Paola
Bignardi, presidente nazionale dell’Azione Cattolica. L’intervista è di Barbara
Castelli:
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R. – Io
lego il ricordo di mons. Giussani al recente pellegrinaggio a Loreto di AC,
quando mons. Giussani ha voluto far pervenire all’Azione Cattolica un messaggio
di vicinanza, di augurio: l’augurio di una nuova primavera per l’Azione
Cattolica, di entusiasmo e di impegno. Per me non c’è ricordo più bello di
quello di sentirlo vicino in un momento in cui l’Azione Cattolica viveva uno
degli appuntamenti più straordinari degli ultimi anni, come il pellegrinaggio,
appunto, o l’incontro con il Santo Padre.
D. – Quali sono, oggi, i frutti
del lavoro di don Giussani, che ha sempre interpellato l’uomo contemporaneo per
un incontro vitale con Cristo e con la Chiesa?
R. – Io credo la sua fedeltà al
Vangelo, che l’ha portato a riconoscere nel servizio all’uomo e nella
promozione dell’uomo, della vita e della cultura le strade appropriate per
annunciare il Vangelo nel contesto odierno.
D. – Qual è il segno della
vicinanza a Comunione e Liberazione degli altri movimenti ecclesiali, delle
altre associazioni?
R. – A me pare che questa sia
una stagione in cui sta maturando sempre di più una consuetudine di dialogo,
che ci fa un po’ partecipi gli uni della storia degli altri. Credo che
l’auspicio che mons. Giussani faceva per l’Azione Cattolica, in occasione del
nostro pellegrinaggio a Loreto, è quello di percorsi di comunione sempre più
intensi, che vedano tutte le aggregazioni ecclesiali sempre più disponibili e
attente le une alle altre.
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A DIECI ANNI DALLA
EVANGELIUM VITAE,
L’ASSEMBLEA GENERALE DELLA PONTIFICIA ACCADEMIA
PER LA VITA
CHE SI CONCLUDE OGGI HA DISCUSSO DI
“QUALITÀ DELLA VITA ED ETICA DELLA SALUTE”
- Intervista con il vescovo Elio Sgreccia -
“Qualità della vita ed etica
della salute” è stato il tema dell’Assemblea generale della Pontificia
Accademia per la Vita, che si conclude oggi. Tenutasi nel decimo anniversario
della Evangelium Vitae,
l’Assemblea è stata l’occasione per una rilettura del documento di Giovanni
Paolo II. Di cosa sia cambiato, in questo periodo, nel mondo riguardo alla
qualità della vita e al rispetto della vita, Giovanni Peduto ha parlato con il
presidente dell’Accademia, il vescovo Elio Sgreccia:
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R. – Pensiamo al concetto di sacralità della vita. L’espressione qualità
della vita in questi ultimi tempi, a partire dagli anni Sessanta, ha assunto
una concezione e un concetto di tipo utilitarista. La vita ha una sua qualità
quando è in grado di soddisfare i desideri, quando è in grado di coltivare il
piacere della vita, quando è nella piena salute. Quando questa condizione non
c’è più, si perderebbe la qualità della vita e non varrebbe la pena più di
essere vissuta. Questo è il concetto che sottostà alla prassi o alla spinta
verso l’eutanasia ed è l’idea che sottostà alla selezione dei feti malati,
degli embrioni malati perché non avrebbero una qualità di vita nel loro futuro.
In questo caso, la qualità di vita viene ad opporsi alla sacralità della vita.
Noi vogliamo fare una riflessione in questa circostanza per vedere quanto c’è
di salvabile in questo culto della qualità della vita, nel culto della salute,
perché in realtà pensiamo che non si deve fare opposizione tra sacralità della
vita e qualità di vita. La vita è sacra perché creata da Dio. E’ sacra perché
l’uomo è a immagine e somiglianza di Dio e perché l’uomo è dotato di una
dignità superiore a tutti gli altri esseri. Perciò, la vita umana è intangibile
e ha già dalla nascita e dalla sua struttura una sua qualità. E questa è la
qualità essenziale, ontologica, non alienabile, non obliterabile da nessuno.
Naturalmente dobbiamo anche coltivare quella qualità sociale, economica, degna
dell’uomo, all’altezza della sua dignità. Quindi non siamo contro la qualità
della vita, la cura della salute, in armonia però alla sacralità della vita.
D. – Ma gli uomini e le donne di oggi sono coscienti che sulla questione
della vita si sta giocando il futuro dell’umanità?
R. – Questa coscienza non è ugualmente ovunque assimilata. Per esempio,
se noi andiamo nelle società dell’America Latina, dell’Asia, dell’Africa,
vediamo che la coscienza, l’amore per la vita, l’attaccamento alla vita è
ancora forte. Dove è avvenuta l’invasione dell’edonismo utilitarista c’è questa
specie di pessimismo e questo culto esagerato del benessere per cui non è più
la vita che viene amata, ma il benessere che essa consente e quando non lo
consente più sembra che la vita per molti non abbia più significato. Ed è
questo che vogliamo chiarificare nella nostra assemblea. Dobbiamo sentire la
responsabilità verso la salute propria e la salute del prossimo, dobbiamo fare
in modo che tutto questo venga sostenuto non solo nei Paesi sviluppati ma anche
nei Paesi in via di sviluppo con uguale atteggiamento nei confronti della
dignità dell’uomo. Vogliamo evitare, però, questa specie di deificazione del
piacere, che è frutto della filosofia utilitarista che sta pervadendo le
società sviluppate.
D. – A questo proposito, nel mondo, nel campo del diritto alla salute, ci
sono degli squilibri fortissimi. Cosa si può fare?
R. – E’ appunto su questo che noi dobbiamo incidere, cioè su tutto quello
che nel mondo occidentale va per un culto esagerato del benessere. E
addirittura finisce per diventare contro l’uomo. Diminuiscono le nascite: per
il culto del benessere si rifiuta la famiglia, si rifiutano i figli, si cerca
semplicemente il benessere di chi ce l’ha già e quindi si ha paura di
affrontare le responsabilità. Tutta questa mentalità finisce poi per essere un
ostacolo a quello che si potrebbe fare invece per aumentare la salute, i mezzi
per la salute, il dovere di sostentamento della vita nei Paesi in via di sviluppo.
D. – Dieci anni fa, con
l’enciclica Evangelium Vitae, Giovanni Paolo II quale messaggio ha
voluto lanciare all’umanità?
R. – Il messaggio di fondo della
Evangelium Vitae è che la vita ha una sua dignità propria, che le viene
dal Creatore, e ce l’ha dall’inizio della vita fino alla fine, dal momento del
concepimento e fino alla morte naturale. Ce l’ha in tutti gli uomini: quelli
che nascono nei Paesi in via di sviluppo, quelli che nascono nei Paesi
sviluppati. Questo concetto antropologico e sacro della vita dev’essere punto
di riferimento per un ripensamento dell’organizzazione della società come la
stiamo vivendo noi.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Apre
la prima pagina il titolo “L’egoismo ceda il posto all’amore. Sperimentiamo la
gioia del perdono e della riconciliazione”: Giovanni Paolo II parla ai fedeli
raccolti nell’Aula Paolo VI per l’udienza generale e ripropone l’attualità del
cammino quaresimale segnato dalla preghiera, dal digiuno, dalla penitenza,
dalla solidarietà verso i poveri.
Sempre
in prima, un articolo di Massimo Camicasca, dal titolo “Un’anima ecclesiale”,
in ricordo di mons. Luigi Giussani.
India:
aggredita e malmenata una religiosa delle Suore della Missione nella stazione
ferroviaria di Kota.
Nelle
vaticane, la catechesi e la cronaca dell’udienza generale.
Un
servizio sull’inaugurazione - da parte del cardinale Angelo Sodano - della mostra
“L’Augusteum di Narona” ai Musei Vaticani.
Nelle
estere, Iraq: l’Unione Europea e gli Stati Uniti pronti a convocare una conferenza
congiunta.
La
pagina culturale è incentrata sulla mostra - al Braccio di Carlo Magno, in Vaticano
- dedicata all’Immacolata Concezione nelle opere dei grandi maestri. I contributi
di Carlo Pedretti e di Mario Spinelli.
Nelle
pagine italiane, in primo piano l’emergenza maltempo.
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23 febbraio 2005
OLTRE 200 RELIGIOSI PROVENIENTI DAI CINQUE
CONTINENTI SONO RIUNITI DA IERI
E FINO A DOMANI AL CONVEGNO INTERNAZIONALE DEI
MISSIONARI
PROMOSSO DALLO STATO ITALIANO A ROMA
Il convegno internazionale dei
missionari cui ha fatto riferimento il Papa nei suoi saluti di oggi, ha preso
il via ieri a Roma. In apertura, il ministro per gli Italiani nel mondo, Mirko
Tremaglia, ha detto che “i missionari sono da sempre esempio di accoglienza e
solidarietà anche per gli emigranti”. Oltre 200 missionari, provenienti da 29
Paesi e dai 5 continenti, partecipano all’evento in corso fino a domani nella
capitale. Il servizio è di Paolo Ondarza:
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Si è aperto con un pensiero a
Giuliana Sgrena, la giornalista del manifesto rapita in Iraq, e con alcuni
secondi di silenzio e preghiera per la morte di don Giussani il Convegno dei
missionari italiani nel mondo. E’ un atto di ringraziamento, il primo da parte
dello Stato italiano, nei confronti della costante e silenziosa opera materiale
e morale operata da uomini e donne definiti dal sindaco di Roma, Veltroni,
“angeli caduti in terra di cui l’Italia è orgogliosa”. Testimoni di pace
impegnati – per dirla con mons. Belotti, presidente del CEMI (Commissione episcopale per le
migrazioni) a far risuonare la Buona Novella ai loro connazionali immigrati
in terre straniere. Mirko Tremaglia, ministro per gli italiani nel mondo:
“Quando noi cominciamo a dire che gli italiani sono sbarcati di qua e di
là, in una situazione veramente spaventosa, i missionari erano con loro, per
cui li hanno aiutati”.
Unanime l’appello al Belpaese a
ricordare quando erano gli italiani ad emigrare. Un fenomeno di cui fin dagli
anni ’60 si prese cura la CEI. L’attuale segretario mons. Giuseppe Betori:
“Io direi che è un riconoscimento, da parte dello Stato italiano, per
quello che è stato fatto da questi missionari, che non è stato soltanto un
assicurare la permanenza della fede tra gli italiani che andavano all’estero,
ma è stata anche quello di dare una continuità alla cultura delle persone che
andavano fuori d’Italia”.
Particolarmente significativa la
storia di padre Angelo Panigati, missionario a Kabul, in Afghanistan,
raccontata dal giornalista Valerio Pellizzari:
“Quando tutte le ambasciate occidentali chiusero alla fine degli anni
’90, l’unica che restò con la bandiera al vento fu l’ambasciata italiana perché
padre Panigati decise di restare in piena guerra e, di fatto, il governo
italiano si ritrovò ad avere questo rappresentante improprio ma unico nel
panorama dei Paesi occidentali”.
Religiosi e religiose definite
dal presidente della Regione Lazio, Storace, “sinonimo di speranza”: vite spese
al servizio di “un’Italia fuori dall’Italia”: Africa, Medio Oriente, Stati Uniti,
Sud America, ma anche Europa. L’esperienza di mons. Luigi Franzoi, missionario
fra gli emigranti della Germania:
R. - La Germania sta passando
una crisi non soltanto economica ma anche religiosa, spirituale …
D. – Quest’anno la Giornata
Mondiale della Gioventù si svolgerà proprio a Colonia …
R. – Immetterà anche nella
Chiesa tedesca e nei giovani un po’ di entusiasmo per riscoprire le radici
cristiane anche del mondo tedesco …
Il primo Convegno dei missionari
italiani nel mondo si svolge proprio nell’anno del centenario della morte del
beato Giovanni Battista Scalabrini, fondatore dei missionari scalabriniani.
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CURARE
LA MENTE ATTRAVERSO LA RISCOPERTA DEL SIGNIFICATO DELLA VITA.
E’ QUANTO PROPONE LA LOGOTERAPIA.
SE NE PARLA NEL POMERIGGIO A ROMA
ALLA CONFERENZA DAL TITOLO:
“GIOVANI E VALORI, DAL PENSIERO
DI VIKTOR E. FRANKL”
- Con noi il prof. Eugenio Fizzotti -
Attraverso “un’analisi esistenziale”, aiutare l’uomo a riscoprire
il significato della propria vita e i suoi valori fondamentali: è lo scopo
della Logoterapia, terza scuola di psicoterapia viennese, dopo la psicoanalisi
freudiana e la psicologia individuale adleriana, ideata da Viktor Frankl,
neuropsichiatra scomparso nel 1997. Nel centenario della nascita, la redazione
Orizzonti Cristiani della Radio Vaticana promuove oggi pomeriggio a Roma, nei
locali della nostra emittente, la conferenza dal titolo: “Giovani e valori, dal
pensiero di Viktor Frankl”. Ma quali sono i fondamenti di questo approccio
terapeutico? Roberta Moretti lo ha chiesto al prof. Eugenio Fizzotti,
presidente dell’Associazione di Logoterapia e Analisi esistenziale frankliana:
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R. – Primo fondamento: l’uomo è sempre libero, non dai
condizionamenti, ma di prendere posizione nei confronti dei condizionamenti.
Questo perché ha una dimensione che lo differenzia dagli altri esseri viventi
ed è la dimensione spirituale. Secondo fondamento: l’uomo cerca di cogliere le
domande che la vita gli pone e si mette nell’atteggiamento di dare risposte che
siano personali, non artefatte. Terzo fondamento: l’uomo è aperto alla realtà esterna,
al mondo dei valori, ad una relazione personale con Dio.
D. – Quindi, si parla di una “ricerca di significato” …
R. – E’ l’aspetto centrale della logoterapia: cercare il senso
della vita, cioè il valore che è insito nella mia esistenza e che nulla e nessuno
può mai eliminare. Abbiamo, da questo punto di vista, la testimonianza
straordinaria di Frankl, che da ebreo è stato per tre anni deportato in quattro
campi di concentramento nazisti, compreso Auschwitz, e ha potuto dimostrare,
sia in base alla propria esperienza, sia in base all’esperienza dei suoi compagni,
che l’uomo può sempre alzare lo sguardo verso l’alto e riuscire a trovare uno
spiraglio di luce, anche quando attorno a sé ci sono soltanto le rovine
dell’esistenza.
D. – Professore, in questa “ricerca di senso” si scopre una
stretta interrelazione tra logoterapia e religione …
R. – Indubbiamente, tenendo conto che gli obiettivi sono diversi.
La religione ha come obiettivo di aiutare l’uomo a vivere una relazione
personale con Dio e quindi a salvare l’anima. La logoterapia punta, invece, ad
aiutare la persona a recuperare il senso della sua esistenza, un benessere
interiore.
D. – Ci fa un esempio concreto? Come si cura la depressione con la
Logoterapia?
R. – Attraverso quel procedimento che Frankl chiama “analisi
esistenziale” si aiuta il soggetto a ripercorrere la sua esistenza,
individuando le potenzialità che, nonostante la depressione, ancora permangono.
Ovviamente, poi, è attraverso soprattutto una profonda relazione interpersonale
che si individua la metodologia concreta da percorrere.
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OGGI, CINQUANTENARIO DALLA MORTE DI PAUL CLAUDEL,
POETA, DRAMMATURGO E DIPLOMATICO FRANCESE,
CANTORE DELLA SPERANZA CRISTIANA
- Con noi il prof. Giuliano Vigini -
Nella lettera dell’11 febbraio
scorso all’Episcopato francese per il centenario della legge sulla Separazione
tra Chiesa e Stato in Francia, il Papa lo ha menzionato tra le 15 “grandi
figure” del ‘900 che hanno segnato il pensiero e la cultura nel Paese
d’Oltralpe. Si tratta di Paul Claudel, diplomatico e autore di opere teatrali
d’ispirazione cattolica, come “L’Annonce
faite à Marie” e “Le Soulier de satin”,
ma anche di odi e trattati filosofico-poetici. Nel cinquantenario dalla morte,
il Pontificio Consiglio della Cultura promuove oggi a Roma la Giornata di riflessione
su “Cattolicesimo e letteratura”, con il titolo: “Paul Claudel, il gigante
invisibile”. Scopo della manifestazione, riproporre nelle sue diverse
sfaccettature una figura e un’opera ingiustamente assenti dallo scenario
letterario attuale. Ma quale fu il carisma di Claudel? Roberta Moretti lo ha
chiesto al prof. Giuliano Vigini, studioso di letteratura francese:
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R. – E’
chiaro che da quella celebre notte di Natale del 1886, quando avviene la sua conversione,
l’uomo, l’artista si trasfigura nella luce della fede e, in pratica, gli ultimi
30 anni della sua vita, Claudel li ha passati a frequentare quotidianamente la
Bibbia, a meditare, a pregare. Quindi, è un artista che ha saputo essere un
poeta della Croce, che proietta sull’orizzonte dell’uomo la luce che dà un
senso definitivo alla vita, ma è stato poi anche un cantore della speranza
cristiana.
D. – Claudel capì di non essere
chiamato alla vita consacrata, tuttavia praticò sempre la letteratura come una
missione, potremmo dire come un “sacerdozio”, per avvicinare le anime a Dio …
R. – Certo, l’artista si
identifica con questa missione, con questo “sacerdozio regale”, che è l’arte
trasfigurata dalla fede. Quindi Claudel, in tutta quella foresta di simboli che
attraversa la sua opera, cerca soprattutto di cogliere l’incessante opera
creatrice e salvifica di Dio con tutta l’enfasi e lo splendore possibile.
Quindi, da questo punto di vista, Claudel elabora, sia pure per frammenti, una
teologia della storia, perché l’evento del Verbo di Dio che si fa Carne diventa
memoria e profezia, realtà e speranza dell’uomo.
D. – In vita Claudel fu molto
apprezzato come letterato. Inoltre, la sua attività di ambasciatore gli diede
grande visibilità in tutto il mondo. Secondo lei, perché oggi è un autore
dimenticato?
R. – Claudel è un autore
difficile per certi aspetti, richiede una certa preparazione. Forse qualcuno lo
può trovare anche un po’ barocco. Per le giovani generazioni è difficile che un
autore di questo tipo possa diventare appetibile a palati che oggi sono meno
recettivi.
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23 febbraio 2005
IN INDIA, AGGREDITA UNA SUORA CATTOLICA ACCUSATA
DI “ESSERE CRISTIANA”.
IL VESCOVO
DELLA DIOCESI DI AJMER-JAIPUR, MONS. IGNATIUS MENEZES,
SI
DICE AMAREGGIATO VISTO CHE NESSUNO HA PROTETTO LA RELIGIOSA
NEW
DELHI. = Un gruppo di otto uomini ha aggredito e percosso una suora cattolica
presso la stazione ferroviaria di Kota, nella diocesi di Ajmer-Jaipur,
nell’India nord-occidentale. A renderlo noto è l’agenzia vaticana “Fides”,
aggiungendo che l’episodio è avvenuto il 19 febbraio scorso, ma se ne è avuta
notizia solo oggi. La suora, colpita improvvisamente da un uomo, ha raccontato
di essersi rivolta inutilmente ad un poliziotto, che si è allontanato.
Successivamente – ha detto la religiosa - “altri sette uomini mi hanno
circondata e hanno cominciato ad insultarmi, a percuotermi, accusandomi di
essere cristiana”. Appresa la notizia, il vescovo di Ajmer-Jaipur, mons. Ignatius
Menezes, ha espresso all’agenzia “Fides” profondo dolore per l’episodio di
violenza improvviso e immotivato. Inoltre, si è detto amareggiato poiché alla
suora non è stata garantita nessuna protezione. Le Suore della Missione – ha
spiegato – sono impegnate nell’assistenza ai malati e agli emarginati. Nella
città di Ajmer gestiscono due ospedali e sono attive anche nei cinque istituti
educativi che accolgono oltre 5.000 studenti, fra cristiani e non cristiani.
Pochi giorni prima dell’episodio, la stampa locale aveva riportato che altri
cristiani, giunti nella zona per partecipare a un corso biblico, erano stati
aggrediti da membri dell’organizzazione estremista indù “Sangh Parivar”, rei di
voler convertire al cristianesimo gli indù più poveri. (E. B.)
IN GUATEMALA SI RIPETE IL PROCESSO PER L’OMICIDIO
DI MONS. GERARDI.
IL
RELIGIOSO FU ASSASSINATO NEL 1998 ALL’INDOMANI DELLA PUBBLICAZIONE
DEL
SUO DOSSIER SUI CRIMINI COMPIUTI DURANTE LA GUERRA CIVILE
CITTA’
DEL GUATEMALA. = Comincerà il prossimo 10 marzo il nuovo processo ai due
ex-militari e al sacerdote accusati dell’assassinio di monsignor Juan José Gerardi
Conedera, arcivescovo ausiliare di Città del Guatemala, ucciso il 26 aprile
1998. Condannati in prima istanza a pene tra i 20 e i 30 anni di detenzione, il
colonnello dell’esercito in pensione Disrael Lima Estrada, il capitano Byron
Lima Oliva e il segretario del presule, padre Mario Orantes, furono assolti in
secondo grado nell’ottobre 2002, per "vizi di forma". Un quarto
imputato, l’ex-guardaspalle presidenziale José Obdulio Villanueva, anch’egli
condannato, morì in carcere durante una sommossa nel febbraio 2003. Su ricorso
dell’accusa, la Corte Costituzionale ha infine respinto la sentenza di appello,
ordinando la ripetizione della seconda fase processuale. Dunque, è aperta
l’azione dei giudici che potranno ora confermare il loro verdetto, annullarlo o
emetterne uno nuovo. Quarantotto ore prima di essere ucciso, monsignor Gerardi
aveva pubblicato il dossier “Guatemala nunca más” (Guatemala mai più) sui
crimini compiuti durante la guerra civile (1960-1996). Nel documento sono
elencate oltre 55 mila violazioni dei diritti umani perpetrate nel corso del
conflitto, concluso con un bilancio di almeno 200 mila vittime, tra morti e
‘desaparecidos’. (E. B.)
“RICOSTRUIRE NEL RISPETTO DELLA NATURA”: L’APPELLO DELL’ONU
PER IL DOPO TSUNAMI. ANCHE LA FAO CHIEDE UNA PIANIFICAZIONE
ATTENTA
PER GARANTIRE IL SETTORE PESCA NEL LUNGO PERIODO
NAIROBI – ROMA. = Il maremoto del 26 dicembre
scorso, che ha travolto alcuni Paesi del Sud-Est asiatico causando almeno 290
mila morti, può diventare l’occasione per ricostruire le infrastrutture
distrutte nel rispetto delle risorse naturali. E’ quanto emerge da un nuovo
rapporto del Programma ambientale delle Nazioni Unite (UNEP), diffuso durante
il 23° Forum ambientale in corso a Nairobi, in Kenya. Il documento sottolinea
come edifici e altri impianti “devono essere rimessi in piedi in zone meno
vulnerabili e secondo criteri che li proteggano da futuri tsunami” e da
eventuali altri fenomeni naturali. Nel rapporto si sollecita inoltre la
creazione di una “mappa delle zone vulnerabili”, per definire le località dove
la costruzione di case, alberghi, imprese e altre infrastrutture debba essere
proibita o severamente regolamentata. In questa direzione, per esempio, si
muove lo Sri Lanka che ha già deciso di stabilire una zona non edificabile nei
200 metri che separano la costa dal mare. Dall’indagine emerge, inoltre, che la
natura, oltre a essere stata una vittima del maremoto, “ha contribuito in parte
a ridurne l’impatto”. Questo è successo laddove erano presenti barriere
coralline, mangrovie e vegetazione costiera, che hanno attutito la violenza
dello tsunami. Il rapporto dell’UNEP mette però in guardia contro la contaminazione
delle acque nei Paesi colpiti dalla catastrofe. Infatti, infiltrazioni di acqua
salata e batteri rischiano di causare una grave scarsità di risorse idriche e
impedire l’irrigazione dei campi. E anche la FAO, nei giorni scorsi, in un
comunicato riferito al settore della pesca nei Paesi colpiti, ha sottolineato
l’importanza di una ricostruzione responsabile per garantire la sostenibilità
del settore nel lungo periodo. In particolare – ha dichiarato il vice direttore
generale del Dipartimento della Pesca, Ichiro Nomura – “se le imbarcazioni e le
attrezzature arrivano dall’estero, al di fuori di una pianificazione attenta,
c’è il rischio reale che si provochi una capacità di pesca in eccesso e che si
finisca con l'arrecare più inconvenienti che benefici”. Inoltre – avverte
Nomura – “imbarcazioni inappropriate potrebbero danneggiare l'ecosistema,
finendo con il deteriorare l'habitat marino”. (E. B.)
“LO SVILUPPO DI UN’ ENERGIA RINNOVABILE PER RIDURRE
LA POVERTA’ IN AFRICA”.
CON QUESTO TEMA SI APRE OGGI A TUNISI IL SEMINARIO
ORGANIZZATO
DALLA BANCA AFRICANA PER LO SVILUPPO
TUNISI. = Inizia oggi a Tunisi il seminario
sull’energia nucleare organizzato dalla Banca africana per lo sviluppo (BAS).
Il ciclo di incontri terminerà il 25 febbraio e vedrà la partecipazione di
numerosi esperti del settore energetico e finanziario africani e di altri continenti
ed anche della Banca Mondiale (BM). Il tema di queste giornate di studio sarà:
“Lo sviluppo di un’energia rinnovabile per ridurre la povertà in Africa”. Il
capo della “unità di sviluppo sostenibile e per la riduzione della povertà” del
BAS, Yogesh Vyas, ha dichiarato che l’iniziativa nasce nell’ambito del piano di
lavoro del programma “Finesse” (Finanziamento di servizi energetici per utenti
di energia su piccola scala). L’obiettivo è quello di presentare progetti per
lo sfruttamento di fonti di energia alternative di cui l’Africa è ricchissima
ma che non è in grado di utilizzare, a causa della mancanza di fondi e di tecnologie
adeguate. La via d’uscita, però, potrebbe essere un cospicuo aiuto dei Paesi
più ricchi che potrebbero sostenere l’Africa. Con questo progetto il continente
africano potrebbe fare a meno delle fonti di energia tradizionale ricavando
perciò un notevole risparmio. L’impegno della BAS è rivolto proprio a questo:
creare un’agenda di azioni per implementare la ricerca e l’uso di fonti energetiche
alternative. Un ulteriore risvolto positivo potrebbe essere la riduzione del
sottosviluppo nel continente africano. (M.V.S.)
“nEL NOME DEL CUORE”:
Musica e arte mescolate insieme
nella Basilica Superiore
di San Francesco di Assisi. Una serata di beneficenza per aiutare i bambini
dell’Uganda
ASSISI (PERUGIA). = Dalla
Basilica Superiore di San Francesco di Assisi, una serata di solidarietà e
musica per gli orfani africani. I fondi raccolti, attraverso le offerte per i biglietti
e le somme versate in conti correnti postali e bancari, saranno destinati alla
nunziatura apostolica in Uganda per l’acquisto di cibo e medicinali. Non manca
la possibilità di inviare un sms di un euro al numero 48581, grazie
all’adesione dei gestori telefonici nazionali. All’evento, trasmesso questa
sera alle 23.00 su Rai Due, prendono parte Lucio Dalla, Fiorella Mannoia e Edoardo
Bennato. Lo spettacolo propone pezzi storici dei tre artisti, scelti senza
l’utilizzo di batteria e percussioni per favorire la qualità del suono
all’interno della Basilica. Per i francescani, quella odierna “è una giornata
di festa - dice padre Vincenzo Coli, custode del Sacro Convento, perché oggi è
il giorno dell’uomo che aiuta l’altro, in questo caso i bimbi dell’Uganda”. E
padre Coli lancia anche un appello per la liberazione della giornalista
Giuliana Sgrena, sequestrata in Iraq. Il messaggio – prosegue il religioso - è
quello di far crescere la sensibilità per l’altro, contro la soggettività
radicale che mortifica la persona, che si isola”. Per padre Coli, dunque, la
musica, con la sua bellezza, può contribuire a modificare la cultura dominante.
(E. B.)
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23 febbraio 2005
- A cura di Amedeo Lomonaco -
Prosegue la
missione europea del presidente americano, George Bush, arrivato stamani in
Germania dove ha incontrato il cancelliere tedesco, Gerhard Schröeder. In una
conferenza congiunta, i due leader hanno dichiarato che l’Iran deve ascoltare
la voce del popolo. L’Iran - ha aggiunto Bush - non deve dotarsi di armi
nucleari. Cresce l’attesa, intanto, per l’incontro previsto domani a Bratislava
tra il capo della Casa Bianca ed il presidente russo, Vladimir Putin. Il faccia
a faccia giunge in clima teso dopo le ferme dichiarazioni rilasciate ieri a
Bruxelles dal presidente americano che ha rimarcato la necessità, per la
Russia, di attuare i valori democratici. Sul significato di questo incontro
ascoltiamo il corrispondente a Mosca dell’ANSA, Pierantonio Lacqua al microfono
di Salvatore Sabatino:
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R. - Bush ha
rivolto questa critica nei confronti della Russia di Putin che negli ultimi sei
mesi, in effetti, non ha certamente fatto passi in avanti verso la democrazia. Però,
qui a Mosca, fonti diplomatiche occidentali mettono in evidenza che non sarà questo il punto
focale della discussione al summit perché la Russia rimane comunque un partner
strategico importantissimo per gli Stati Uniti sulla scena internazionale. L’America
ha interesse a salvaguardare questa partnership con la Russia.
D. -
Quali saranno in realtà, dunque, i temi in agenda?
R. – Dal punto
di vista americano l’interesse fondamentale è quello di far sì che non ci sia
una proliferazione atomica, perché la Russia è ancora una potenza nucleare di
tutto rispetto. Mosca ha arsenali atomici in parte obsoleti, ereditati dalla
defunta URSS. Per gli Stati Uniti è fondamentale che questi arsenali siano
smantellati.
D.- In questi
giorni si stanno creando nuovi schieramenti. Si registra un riavvicinamento tra
Stati Uniti e Unione Europea. In questo scenario la Russia resta abbastanza isolata.
Si può ricompattare, secondo te, questa unione?
R. –
Malgrado il background personale di
Putin, ex-colonnello del KGB, bisogna dire che è un uomo pragmatico. Il suo
pragmatismo senz’altro lo dovrebbe aiutare a tenere dei canali aperti con gli
Stati Uniti e con l’Unione Europea. Non dimentichiamoci che la Federazione
russa non è soltanto una potenza affacciata verso l’Europa e verso l’Atlantico,
ma è una potenza che ha una grossa voce in capitolo anche in Asia.
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Nove soldati russi sono morti nella capitale cecena Grozny, nel crollo di
un edificio che un gruppo di guerriglieri indipendentisti aveva circondato
durante uno scontro a fuoco. L’incidente è il più sanguinoso da quando a metà
gennaio il leader ceceno Mashkadov ha proclamato un cessate il fuoco
unilaterale, respinto da Mosca, che è scaduto proprio alla mezzanotte di ieri.
Ma perché la tregua era stata proclamata solo dai ceceni? Roberto Piermarini lo
ha chiesto al corrispondente a Mosca del Corriere della sera, Fabrizio Dragosei:
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R. - La
Russia non assegna ai ceceni il nome di guerriglieri bensì di banditi, quindi
con loro non tratta. Con loro non discute il cessate-il-fuoco.
D. –
Qual era lo scopo di Mashkadov e quando è stata proclamata la tregua?
R. – Ci
sono varie teorie. Diciamo che la più probabile è una risposta al sequestro di
alcuni suoi familiari avvenuto poco prima nel mese di gennaio. Sembra che i
sequestratori abbiano chiesto e ottenuto la sospensione delle attività militari
per assicurare la vita di questi ostaggi. Questa è la prima spiegazione. La
seconda è quella che Mashkadov volesse riacquisire la scena e diventare
nuovamente protagonista di una eventuale trattativa politica. Voleva dimostrare
che una sua dichiarazione di tregua veniva rispettata da tutti i comandanti
delle varie bande che operano in Cecenia. Ma Mashkadov non è riuscito a garantire
la tregua, ad assicurare la pace nel Paese. Oggi, con questa dichiarazione di
tregua, Mashkadov vorrà forse dimostrare che è lui a comandare. Il fatto che il
cessate-il-fuoco sia stato rotto proprio ieri, fa pensare che i capi
guerriglieri fanno quello che vogliono e non rispondono al loro presidente.
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In Israele, la Corte Suprema ha emesso un’ordinanza
provvisoria che decreta la sospensione della costruzione del muro nei pressi
della città cisgiordana di Ramallah. Il provvedimento arriva dopo la decisione,
da parte del governo di Tel Aviv, di modificare il tracciato del muro tra
Israele e Cisgiordania. Nei Territori, intanto, è stata rinviata a domani la
riunione del Parlamento palestinese che oggi avrebbe dovuto votare la fiducia
al nuovo governo del premier Abu Ala. Il servizio di Amedeo Lomonaco:
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Si respira aria di crisi a Ramallah: il premier Abu
Ala non è riuscito neanche oggi ad ottenere un voto di fiducia dal parlamento
palestinese per il suo nuovo governo, in una versione largamente rimaneggiata
rispetto alla formazione che aveva proposto lunedì scorso. All’interno del
partito di maggioranza ‘Al Fatah’, Abu Ala e del presidente Abu Mazen
rimangono, infatti, forti resistenze: è sempre più pressante, in particolare,
la richiesta di un rinnovamento in profondità dell’esecutivo con
l’allontanamento dei ministri ritenuti implicati in vicende di corruzione. Abu
Ala aveva dovuto ritirare lunedì una prima lista di ministri che comprendeva
solo quattro uomini nuovi, vicini ad Abu Mazen, per la forte opposizione del
parlamento. Il premier aveva anche promesso di proporre un nuovo governo
composto soprattutto da ‘facce nuove’. La futura compagine governativa dovrebbe
comprendere 10 nuovi ministri ma secondo i commentatori palestinesi non è escluso
che il braccio di ferro in corso fra il parlamento ed il premier costringa il
presidente Abu Mazen a nominare un nuovo capo di governo.
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In Iraq
è stato trovato il corpo di una donna decapitata. Secondo la polizia si tratta
della giornalista irachena rapita domenica scorsa nel centro di Mossul. Sul
fronte politico, il leader del partito islamico Dawa, Ibrahim al Jàafari, è
stato designato come candidato a premier dalla coalizione sciita che ha vinto
le elezioni dello scorso 30 gennaio. Sul terreno, intanto, non si placano le
violenze: un soldato americano è morto per un attacco della guerriglia a nord
di Baghdad e tre persone sono rimaste uccise in scontri scoppiati a Kirkuk,
provincia settentrionale del Paese.
In Libano, il premier Omar Karameh è pronto a
rassegnare le proprie dimissioni. Lo ha dichiarato lo stesso primo ministro in
un’intervista rilasciata al quotidiano ‘an Nahar’. Karameh ha posto come
condizione la formazione di un nuovo governo. “Lo scopo – ha aggiunto – è
quello di evitare la caduta in un vuoto costituzionale”. Dopo l’attentato dello
scorso 14 febbraio, costato la vita a 14 persone e all’ex premier Rafic Hariri,
si sono moltiplicate nel Paese le proteste contro il governo di Beirut.
L’inquietudine è alimentata dall’ingerenza del governo di Damasco nella
politica libanese e dalla presenza di circa 14 mila soldati siriani in Libano.
L’opposizione libanese ha denunciato, inoltre, l’ombra siriana dietro il drammatico
attacco kamikaze della scorsa settimana.
La minaccia di un attacco terroristico con armi biologiche da parte di Al
Qaeda è reale e concreta, ma il mondo non è ancora preparato ad
affrontarla adeguatamente. Lo ha detto
Ronald Noble, capo dell'organizzazione di sicurezza transnazionale ‘Interpol’,
in un’intervista trasmessa dalla BBC. Noble ha dichiarato, inoltre, che i
governi e i servizi di sicurezza adesso sono più organizzati. Ma ha anche
aggiunto che sarebbe sbagliato ritenere diminuita la minaccia rappresentata
dalla rete terroristica di Osama Bin Laden.
E’ salito a 430 il numero dei morti provocati dal
terremoto che ha colpito ieri in Iran la provincia di Kerman, dove la pioggia e
l’asperità del terreno montuoso rendono difficile il lavoro dei soccorritori.
Gli Stati Uniti hanno offerto il loro sostegno per aiutare le popolazioni colpite
così come hanno fatto nel 2003 dopo il drammatico terremoto di Bam che ha
provocato oltre 30 mila vittime. In quell’occasione il governo di Washington ha
ricevuto un secco rifiuto da parte di Teheran. Quale sarà adesso la risposta
iraniana? Salvatore Sabatino lo ha chiesto al corrispondente dell’Ansa a
Teheran, Alberto Zanconato:
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R. – E’
probabile che ci sarà un nuovo rifiuto, anche perché l’Iran ha fatto già sapere
di non avere bisogno di alcun aiuto internazionale. Ha detto di poter far fronte
da solo alla situazione, di non avere bisogno di aiuti internazionali e quindi
nemmeno degli Stati Uniti.
D. –
Questo rifiuto può essere attribuibile anche a motivi di carattere politico,
cioè una presenza scomoda sul territorio iraniano?
R. – In
questa occasione non sembra questa la ragione, perché in occasione del terremoto
di Bam o di altri terremoti gli aiuti internazionali sono arrivati il giorno
stesso e sono stati accettati. Sicuramente l’Iran preferisce farcela da solo.
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Il bilancio delle valanghe che
nello scorso fine settimana hanno colpito lo Stato indiano del Jammu ed il
Kashmir si è ulteriormente aggravato: i morti sono almeno 225 ed i dispersi più
di 300.
“Siamo pronti a fare qualunque cosa per sviluppare, monitorare e stringere
legami più stretti con l’Ucraina”. Con queste parole il presidente della
Commissione europea, Josè Manuel Durao Barroso, ha ribadito la ferma volontà
dell’Unione di sostenere il processo di avvicinamento dell’ex repubblica
sovietica all’Europa. Il Vecchio continente - ha aggiunto Barroso - è
fortemente interessato a consolidare il rapporto con l’Ucraina sostenendo le
“coraggiose riforme politiche ed economiche del presidente Viktor Yushenko”.
“Per entrare nell’Unione europea siamo pronti ad
adeguarci ai criteri europei e a farlo nei tempi necessari”. “Contiamo
sull’aiuto dell’ONU, dell’Europa ed in particolare dell’Italia per risolvere il
problema delle 8 province contese con gli armeni”. E’ quanto ha dichiarato il
presidente dell’Azerbaigian, Ilham Aliyev, alla vigilia della sua visita in
Italia dove incontrerà il presidente, Carlo Azeglio Ciampi, ed il primo
ministro, Silvio Berlusconi. Sabato prossimo è previsto l’incontro con il Papa
in Vaticano.
Le autorità montenegrine hanno
proposto al governo di Belgrado di trasformare l’attuale unione tra Serbia e
Montenegro, sancita nel febbraio del 2003, in una comunità di Stati
indipendenti. Il presidente montenegrino, Filip Vujanovic, ed il premier, Milo
Djukanovic, hanno parlato in una lettera di un nuovo modello di rapporti.
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