RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLIX n. 47 - Testo della trasmissione mercoledì 16 febbraio 2005

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

“La preghiera di suor Lucia mi ha sempre sostenuto nei momenti duri della prova e della sofferenza”: così il Papa nel suo messaggio letto ieri nella cattedrale di Coimbra alle esequie dell’ultima veggente di Fatima

 

Il ruolo del sacerdote, ministro della salvezza, tra i temi della terza giornata di esercizi spirituali, in Vaticano. Ce ne parla mons. Renato Corti

 

La Chiesa avrà presto 5 nuovi santi: due polacchi, due italiani e un cileno. Oggi l’annuncio del prossimo Concistoro per il voto sulla loro canonizzazione.

 

IN PRIMO PIANO:

Folla e slogan contro la Siria ai funerali dell’ex premier Rafic Hariri oggi a Beirut. Ai nostri microfoni mons. Bechara Rai

 

E’ da oggi in vigore il Protocollo di Kyoto per la riduzione dell’emissione dei gas responsabili dell’effetto serra. Interviste con Altero Matteoli e mons. Frank Dewane

 

La comicità, “ingrediente” sano della Bibbia e della tradizione dottrinale della Chiesa: se n’è parlato a Torino, in un Convegno universitario.

 

CHIESA E SOCIETA’:

“Eliminare per sempre la povertà rurale”: tema all’esame del Consiglio dei governatori dell’IFAD, il Fondo Internazionale per lo sviluppo agricolo, riunito oggi e domani a Roma

 

Dopo la morte della missionaria americana, suor Dorothy, nuovo assassinio a sfondo sociale nello Stato brasiliano del Para : ucciso un sindacalista

 

In occasione della Settimana Santa i vescovi svizzeri promuovono una colletta per il sostegno dei cristiani in Terra Santa

 

Grande soddisfazione nella comunità cattolica di rito siro-malankarese, in India, per l’elevazione allo status di Chiesa arcivescovile maggiore

 

Una mostra d’arte a Firenze per cooperare con i Paesi africani ed aprire la strada di un dialogo multietnico.

 

24 ORE NEL MONDO:

"Ritiratevi dall'Iraq! Per favore fate qualcosa per salvarmi!". In un video il drammatico appello della giornalista italiana Giuliana Sgrena, da quasi due settimane nelle mani della guerriglia. Nel Paese la violenza resta in primo piano: 13 gli iracheni uccisi nelle ultime 24 ore

 

Ancora ombre sul processo di pace in Medio Oriente. Hamas ha minacciato di lanciare nuovi attacchi contro obiettivi israeliani, in ritorsione all'uccisione di quattro palestinesi negli ultimi due giorni

 

Segni di distensione tra Islamabad e New Delhi. Il Pakistan e l'India deciso di ripristinare un collegamento di pullman attraverso la frontiera del Kashmir.

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

16 febbraio 2005

 

 

“LA PREGHIERA DI SUOR LUCIA MI HA SEMPRE SOSTENUTO

NEI MOMENTI DURI DELLA PROVA E DELLA SOFFERENZA”. COSÌ IL PAPA

NEL SUO MESSAGGIO LETTO IERI NELLA CATTEDRALE DI COIMBRA

ALLE ESEQUIE DELL’ULTIMA VEGGENTE DI FATIMA

 

Grande partecipazione ieri in Portogallo ai funerali di Suor Lucia. Tanti i fedeli che si sono recati in pellegrinaggio a Coimbra per rendere omaggio alla religiosa carmelitana. A presiedere la celebrazione delle esequie il Papa ha inviato il cardinale Tarcisio Bertone. Al termine del rito funebre il feretro di Lucia dos Santos, è stato trasportato nel convento di Santa Teresa. Tra un anno sarà traslato nella cattedrale di Fatima. Il servizio di Tiziana Campisi.

 

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Nella Chiesa Cattedrale di Coimbra migliaia di portoghesi ieri pomeriggio hanno voluto prendere parte alle esequie di Suor Lucia. Tanti hanno pregato nella piazza antistante, assiepati silenziosamente per rendere il loro ultimo saluto alla religiosa che all’età di 10 anni, insieme ai cugini Francesco e Giacinta, assistette a Fatima alle apparizioni della Beata Vergine del Rosario, così si definì la Signora vestita di sole. Il rito funebre è stato presieduto dal cardinale Tarcisio Bertone, arcivescovo di Genova, inviato da Giovanni Paolo II. Nel 2000, come segretario della Congregazione per la Dottrina della Fede, presentò alla stampa la terza parte del segreto di Fatima; a lui il Papa ha affidato una lettera indirizzata al vescovo di Coimbra Albino Mamede Cleto che è stata letta al termine della celebrazione.

 

“La visita della Vergine fu per lei l’inizio di una singolare missione a cui si è mantenuta fedele sino al termine dei suoi giorni” ha scritto il Papa che ha anche rivelato il caro ricordo che conserva della carmelitana. Queste le sue parole cui ha dato voce il cardinale Bertone.

 

“Suor Lucia ci lascia un esempio di grande fedeltà al Signore e di gioiosa adesione alla sua divina volontà. Ricordo con commozione i vari incontri che ho avuto con lei e i vincoli di spirituale amicizia che con il trascorrere del tempo si sono intensificati. Mi sono sentito sempre sostenuto dal quotidiano dono della sua preghiera, specialmente nei momenti duri della prova e della sofferenza. Che il Signore la ricompensi ampiamente per il grande e nascosto servizio che ha reso alla Chiesa. Amo pensare che ad accogliere Suor Lucia nel pio transito dalla terra al Cielo sia stata proprio Colei che ella vide a Fatima tanti anni or sono”.

 

Del cardinale patriarca di Lisbona, Policarpo José da Cruz l’omelia. Il porporato ha ripercorso le tappe della chiamata della religiosa carmelitana nella cui vita l’esperienza del divino si è fatta così forte da non poter essere ignorata. Lucia è stata portavoce, ha detto, della Vergine Maria e del suo messaggio che è ancora sfida alla penitenza, alla missione e alla contemplazione:

 

“Nell’ultima parte della sua vita ha assunto chiaramente la preghiera come una missione. Nella morte di questa donna qualcosa ha toccato il Portogallo. Quando una comunità nazionale è capace di riconoscere nella semplicità di una religiosa discreta, nella grandezza di una spiritualità vissuta, un simbolo che parla a tutti, questo è certamente un segno di speranza. Questo è Lucia per noi oggi”.

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IL RUOLO DEL SACERDOTE, MINISTRO DELLA SALVEZZA,

TRA I TEMI DELLA TERZA GIORNATA DI ESERCIZI SPIRITUALI, IN VATICANO

- Intervista con mons. Renato Corti -

 

Terzo giorno di esercizi spirituali della Quaresima, in Vaticano, ai quali prendono parte Giovanni Paolo II e la Curia Romana. La prima delle due meditazioni mattutine sviluppate dal predicatore, il vescovo di Novara, Renato Corti, ha riguardato “Il Corpo dato e il Sangue sparso”. Giovanni Peduto ne ha parlato con il presule:

 

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R. – A questo riguardo devo dire che, passando dalla storia dell’Antico Testamento e di Mosé - che al Sinai compie l’Alleanza e all’interno di questa celebrazione compie un sacrificio - nel Nuovo Testamento il sacrificio lo compie il Signore Gesù Cristo. E’ Lui che, nella sua Passione e nella sua morte, vive l’esperienza del Corpo dato e del Sangue sparso. E l’unità tra Dio e l’umanità proprio per questo raggiunge il suo compimento massimo. Quando noi celebriamo l’Eucaristia e celebriamo la Passione, la morte di Cristo, noi, in quel momento, celebriamo la grazia che, attraverso Gesù Cristo, raggiunge ogni uomo: la grazia di poter rivivere questa comunione di vita con Dio.

 

D. - Successivamente, la sua riflessione ha sviluppato il tema del “Buon Pastore”…

 

R. – Sviluppo anche una meditazione sul Buon Pastore nel senso che, se noi parliamo di Gesù, che dà il proprio Corpo e versa il proprio Sangue, l’essere ministri di Cristo non può non ricordarci che Gesù era proprio il Buon Pastore. E l’essere Buon Pastore, secondo il Vangelo di Giovanni, significa essere Colui che dà la vita e dunque, in questa meditazione, cerco di rispondere alla domanda: qual è la fisionomia di un sacerdote, anche  di un vescovo, che voglia assomigliare a Cristo il Buon Pastore? E poi ad un’altra considerazione da fare è questa: in realtà, solo con cautela noi dobbiamo dire che come sacerdoti, come vescovi, siamo dei pastori perché, in realtà, già nel Libro di Ezechiele, e poi anche nel Vangelo di Giovanni al capitolo 21, emerge che vi è un unico Pastore: nel colloquio tra Gesù e Pietro, mentre Cristo fa di Pietro colui a cui affida il gregge, con le tre domande: “Pietro, mi ami tu?”, fa capire che, in realtà, l’unico pastore è Lui e che Pietro lo può fare nella misura in cui si riconosce una cosa sola con Gesù.

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Ieri pomeriggio, le meditazioni di mons. Corti erano state incentrate sull’Alleanza tra Dio e il suo popolo e sul significato dell’essere “ministri della salvezza che viene da Dio”. Ancora il predicatore al microfono di Giovanni Peduto:

 

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R. – In sostanza, vuol dire che se la salvezza viene da Dio, coloro che sono ministri della salvezza di per sé non sono nulla. Questa è una verità molto importante, perché sprona all’interiorità i ministri della Parola e della salvezza di Dio con parole ed atteggiamenti che rimandano, continuamente, a Colui che è l’unica speranza e salvezza per l’uomo. Da questo punto di vista, un aspetto che mi sembra particolarmente importante è questo: noi, sacerdoti, vescovi, viviamo come gente che è felice, è beata, è contenta a causa di Dio, non di altro. Nel medesimo tempo, in questa prospettiva, si comprende che lo sguardo da avere sugli altri dovrebbe essere quello che Dio stesso ha sull’umanità. La promessa di salvezza riguarda ogni uomo. E dunque, c’è un atteggiamento di apertura del cuore a tutti, tenendo conto che la benedizione di Dio è su tutti.

 

D. – Successivamente, eccellenza, lei ha sviluppato un altro tema: “Io sarò il loro Dio ed essi il mio popolo”. Una parola a riguardo:

 

R. – Se noi ci domandiamo come si costituisce l’alleanza tra Dio e l’uomo, c’è un aspetto che potremmo dire ne è il fondamento: la volontà del Padre di stabilire un’alleanza profonda con l’uomo. Il secondo aspetto riguarda il significato profondo di questa iniziativa di Dio, che è proprio quella di fare comunione con l’uomo, con tutti gli uomini. Ma forse, in questo momento, potrebbe essere importante dire che questo riguarda ogni uomo, ogni persona, per cui ciascuno, pensando a se stesso, può dire: “Ma il Signore vuole fare comunione con me?”, Gesù dirà: “Rimanete in me ed io in voi. Io e il Padre facciamo una cosa sola. Io, il Padre e anche voi facciamo comunione.

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LA CHIESA AVRÀ PRESTO 5 NUOVI SANTI: DUE POLACCHI, DUE ITALIANI

E UN CILENO. OGGI L’ANNUNCIO DEL PROSSIMO CONCISTORO

PER LA LORO CANONIZZAZIONE. HANNO TESTIMONIATO IL VANGELO

CONDIVIDENDO LA VITA DEI PIÙ POVERI

             

La Chiesa avrà presto 5 nuovi santi: un vescovo, tre sacerdoti e un frate. Si tratta di due polacchi, due italiani e un cileno. L’Ufficio delle Celebrazioni liturgiche del Papa ha reso noto oggi che il 24 febbraio prossimo si svolgerà il Concistoro ordinario pubblico per il voto sulla canonizzazione dei 5 beati, di cui sono già stati promulgati l’anno scorso i decreti sui rispettivi miracoli. Ancora da stabilire le date di canonizzazione. Il servizio di Sergio Centofanti.

 

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Tra i prossimi santi figura l’arcivescovo di Leopoli dei Latini, Josef Bilczewski, polacco, - vissuto tra il 1860 e il 1923, professore di teologia dogmatica ed esperto in archeologia cristiana: durante la Prima guerra mondiale è stato punto di riferimento e sostegno per cattolici, ortodossi ed ebrei. La sua vita spirituale è racchiusa in tre parole: preghiera, lavoro, rinnegamento di sé per seguire Gesù e servire gli altri. Passava intere notti a pregare.

 

A Leopoli è vissuto nello stesso periodo padre Zygmunt Gorazdowski, anch’egli polacco, fondatore della Congregazione delle Suore di San Giuseppe per i poveri e gli ammalati. La sua carità non si fermava davanti a niente: durante un epidemia di colera soccorreva i malati e deponeva i morti nelle bare incurante del contagio, suscitando in tutti stupore e ammirazione.

 

Il gesuita cileno Alberto Hurtado Cruchaga, vissuto nella prima metà del 1900, ha maturato la sua fede durante una  infanzia passata in povertà. Orfano di padre a quattro anni, la madre è costretta a vendere tutto per i debiti, e si ritrova senza casa. Da religioso il suo carisma sarà quello di portare ai poveri non solo aiuto, ma anche dignità, speranza e affetto: “non solo un luogo in cui vivere – diceva – ma un vero focolare domestico”.  Realizza così numerosissimi “focolari di Cristo” per i più diseredati.

 

Sono italiani gli ultimi due beati, ormai prossimi alla canonizzazione:  Felice da Nicosia, fratello laico dei Francescani Cappuccini, vissuto nel ‘700: di umili origini,  analfabeta, ha sperimentato l’umiliazione anche tra i suoi confratelli, che lo sbeffeggiavano per la sua ignoranza. Docile e mite testimoniava ogni giorno la sua umiltà. Aveva il compito di fare l’elemosina per il convento. Definiva se stesso come l’asinello che carico portava quanto raccolto al monastero. Tutte le domeniche andava a visitare i carcerati. I poveri – diceva – sono la persona di Gesù e si devono rispettare.

 

Infine Gaetano Catanoso, vissuto tra il 1879 e il 1963. Spedito come parroco in un piccolo e sperduto Paese dell’Aspromonte, ha condiviso con i suoi parrocchiani una vita di stenti e di privazioni, diffondendo la devozione eucaristica e mariana. Per lui la preghiera era più dello stesso respiro. Tutte le sue opere partono dalla contemplazione: il volto di Cristo – affermava – è la mia forza.  Fonda le Suore Veroniche del Volto Santo, inviate agli ultimi. E alle religiose diceva: “Il  vostro posto è quello che gli altri hanno rifiutato: questa è la profondità del Vangelo, il nascondimento di Cristo, il farsi poveri per la vita degli altri”.

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NOMINE

 

In Brasile, Giovanni Paolo II ha nominato vescovo di Campina Grande mons. Jaime Vieira Rocha, finora vescovo di Caicó. Il 58.enne presule ha studiato Filosofia presso la Fundação José Augusto a Natal e la Teologia presso il Seminario di Ipirang, quindi ha ottenuto il baccellierato in Sociologia presso la Fundação José Augusto a Natal. Ha studiato anche Scienze sociali presso l’Università Federale di Rio Grande do Norte (UFRN) e presso l’IBRADES di Rio de Janeiro. Dopo l’ordinazione sacerdotale, ha ricoperto, tra l’altro, gli incarichi di parroco, di segretario per l'Educazione del Municipio di Pendências, di rettore e professore del Seminario Maggiore di Natal, vicario episcopale per la Pastorale Sociale. Come vescovo ha ricoperto i seguenti incarichi: responsabile per la Pastorale familiare del Regionale Nordeste II e presidente del Consiglio di Sviluppo Sostenibile del Seridó. È stato eletto vescovo nel novembre 1995 e consacrato il 6 gennaio 1996.

 

Sempre in Brasile, il Papa ha nominato ausiliare dell’arcidiocesi di São Sebastião do Rio de Janeiro il sacerdote Edson de Castro Homem, del clero della medesima arcidiocesi. Il neo presule, 56 anni, ha conseguito la licenza in filosofia presso l’Università Statale di Rio de Janeiro e la laurea in Teologia Spirituale presso l’Università Gregoriana.          È stato tra l’altro parroco, direttore spirituale del Seminario minore, docente di Teologia nella Pontificia Università Cattolica, direttore dell’Istituto Superiore di Teologia.

 

 

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

"Ha reso alla Chiesa un grande e nascosto servizio": è il titolo che apre la prima pagina, in riferimento al Messaggio di Giovanni Paolo II in occasione delle esequie di suor Lucia, celebrate a Coimbra. Nello spirito di Fatima il popolo portoghese ha dato vita ad una testimonianza di preghiera e di devozione mariana.  

All'interno un servizio sui funerali presieduti dal cardinale Tarcisio Bertone, Inviato Speciale del Santo Padre.  

 

Nelle vaticane, la presentazione del vescovo di Ischia, mons. Filippo Strofaldi, al volume di Mario Giovanni Botta "Vi annuncio una gioia grande - Pregare con il Vangelo di Luca".

 

Nelle estere, Libano: l'ONU sollecita il ritiro siriano. Richiamato l'ambasciatore Usa a Damasco.

Iraq: diffuso un drammatico video con la giornalista italiana Giuliana Sgrena che, in lacrime, chiede che le sia risparmiata la vita.

 

Nella pagina culturale, un articolo di Pietro Borzomati in merito a scritti inediti di Divo Barsotti.

 

Nelle pagine italiane, in primo piano il voto sulla proroga della missione in Iraq. La Federazione dell'Ulivo è per il "no"; Rutelli: "Un errore".

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

16 febbraio 2005

 

 

FOLLA E SLOGAN CONTRO LA SIRIA AI FUNERALI

 DELL’EX PREMIER HARIRI OGGI A BEIRUT

- Intervista con mons. Bechara Rai -

 

A Beirut oggi è il giorno delle esequie di Rafic Hariri, l’ex premier libanese ucciso lunedì scorso in un attentato, avvenuto nel centro della capitale, nel quale hanno perso la vita 15 persone. Ce ne parla Giancarlo La Vella:

 

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Grande partecipazione popolare e slogan contro la Siria. Sono i due fattori che hanno caratterizzato i funerali dell’ex premier, proprio mentre le truppe di Damasco ancora presidiano il Libano con circa 14.000 unità, fatto, questo, più volte denunciato dallo stesso Hariri. Migliaia di cittadini, già nella prima mattinata, si sono riversati nelle strade intorno all'abitazione del leader sunnita filo-saudita, tra vessilli a lutto esposti ai balconi e centinaia di poster con l’immagine dell’uomo politico. “Via la Siria, vogliamo la verità”: è stata la parola d’ordine tra chi crede nell’implicazione di Damasco nella strage di lunedì e non nella semplice matrice terroristica, magari con la firma di Al Qaeda. Intanto, attorno al feretro di Hariri, avvolto nella bandiera libanese, si sono raccolti anche i principali rappresentanti della comunità internazionale: il responsabile europeo per la sicurezza, Solana, il sottosegretario di Stato americano, Burns, incaricato per il Medio Oriente. Non poteva, poi mancare il presidente francese, Chirac, amico personale di Hariri. Ma rimane in piedi l’inquietudine per le incognite sui motivi politici della strage. Ne abbiamo parlato con il vescovo libanese, mons. Bechara Rai:

 

R. – Stamattina c’è stata una riunione eccezionale del Consiglio dei vescovi, presieduta dal cardinale Patriarca Sfeir. Abbiamo emanato un comunicato. Abbiamo visto infatti un attentato contro il Libano stesso, contro il popolo libanese, contro la sovranità del Paese, la sua pace e la sua sicurezza.

 

D. – A questo punto, quale futuro si prefigura per il Libano?

 

R. – Bisogna che la tutela siriana cessi. Bisogna che il Libano abbia l’appoggio della comunità internazionale per salvaguardare la sua sovranità e mettere un punto definitivo agli interventi stranieri nella vita del Paese. Richiede ai libanesi più unità, più coscienza della loro responsabilità nazionale.

 

D. – C’è il rischio che si torni ad un aspro confronto interno?

 

R. – Penso di no, perché anche la popolazione oggi nel corteo si trova unanime nell’affermare il bisogno del Libano di essere libero. Quindi, penso che nessuno voglia tornare alla situazione di prima.

 

D. – Il Papa più di una volta ha espresso l’auspicio di un Libano veramente indipendente. Ma si riuscirà a creare un Paese sovrano a tutti gli effetti?

 

R. – Noi adesso abbiamo più speranza che la comunità internazionale, con in testa gli Stati Uniti e la Francia, abbia capito la vera situazione del Libano e che abbia capito quello che il Papa ribadiva sempre, e cioè che il Libano è un elemento di sicurezza nel Medio Oriente e che rappresenta un messaggio per il Medio Oriente: un esempio di democrazia, delle libertà pubbliche, della vera convivenza tra le religioni. La comunità internazionale ha emanato questa famosa risoluzione 1559, che richiama l’uscita di tutte le forze straniere dal Libano, la salvaguardia e la sovranità del Paese. Speriamo che questi venti internazionali possano portare a un buon esito.

 

D. – Quindi, il ruolo della comunità internazionale è pur sempre dall’esterno? Soprattutto quello di Stati Uniti ed Unione Europea?

 

R. – Sì, intendo anche le Nazioni Unite, perché il Libano è un Paese che è stato tra i primi fondatori della comunità internazionale, rappresentata dall’ONU. Quindi, bisogna che sia salvaguardato da questa comunità.

 

D. – Come vivono oggi i libanesi, in particolare i cristiani, questa situazione?

 

R. – Siamo tutti una voce unanime. Cristiani, musulmani e drusi sono tutti quanti dietro il corteo di Hariri. Accolgono le condoglianze e quindi l’unità si rinsalda sempre di più.

 

D. – Ma c’è paura?

 

R. – No, assolutamente, anzi c’è molta unità. E quando il Patriarca, il cardinale Sfeir, è andato con alcuni vescovi a dare le condoglianze, è stato bene accolto. Anzi, più che mai adesso l’unità dei libanesi - musulmani e cristiani - è sentita e rinsaldata.

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DOPO UNA SOFFERTA ELABORAZIONE ENTRA IN VIGORE OGGI

IL PROTOCOLLO DI KYOTO SULL’AMBIENTE. CERIMONIE UFFICIALI NELLA CITTADINA GIAPPONESE

CHE HA DATO IL NOME ALL’ACCORDO FIRMATO DA 141 PAESI

- Intervista con Altero Matteoli e mons. Frank Dewane -

 

Celebrazioni ufficiali stasera a Kyoto per l’entrata in vigore del Protocollo che dovrà portare alla riduzione delle emissioni di gas serra nel mondo. La cerimonia si svolge nella cittadina giapponese che presta il nome al protocollo firmato da 141 Paesi. Presente, tra gli altri, la neo Premio Nobel signora Wangari Maathai, ministro dell'ambiente del Kenya. Il servizio di Fausta Speranza:

 

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I Paesi industrializzati dovranno tagliare le emissioni combinate di sei principali gas serra portandole al di sotto dei livelli registrati nel 1990, e dovranno farlo tra il 2008 e il 2012. L’Unione Europea dovrà contribuire con un taglio dell’8%. Questi, in sostanza, gli obiettivi. Tra i rischi da evitare c’è la crescita eccessiva di anidride carbonica: prodotta dalla combustione del carburante fossile, è il gas che contribuisce maggiormente al cambiamento climatico. Se le concentrazioni di CO2 seguiranno a crescere, le temperature medie della superficie terrestre aumenteranno ulteriormente, gli eventi estremi diventeranno più probabili ed il livello del mare continuerà a salire. In definitiva, è “una grande opportunità per la protezione della salute”, afferma Roberto Bertollini, Direttore Tecnico Salute ed Ambiente dell’Ufficio Europeo dell’OMS, spiegando che “la ratifica del Protocollo di Kyoto è una pietra miliare verso la riduzione dei gas serra grazie ad un’azione nei settori di trasporto, energia ed industria. Ma è anche un’opportunità per ottenere immediati guadagni in salute per i cittadini di oggi attraverso la riduzione di altri rischi ambientali, quali l’inquinamento dell’aria”.

 

In realtà sono varie e complesse le strategie e le politiche energetiche industriali previste dall’accordo. E infatti saranno tante le conferenze organizzate a Tokyo per spiegarle.  Il messaggio – sembra chiaro – è diretto soprattutto a quei Paesi che hanno rifiutato di aderire al Protocollo e che per ragioni industriali e di sviluppo economico producono enormi sostanze tossiche e inquinanti. Si tratta di Stati Uniti, Cina, India, Australia e altre economie emergenti.

 

Oggi la presidenza lussemburghese dell'UE ha lanciato, in particolare, un appello agli Stati Uniti perché ratifichino il Protocollo di Kyoto, sottolineando che la prossima visita di Bush, martedì a Bruxelles, sarà “un'ultima opportunità per affrontare questo tema''.

 

C’è anche il neo del ritardo di alcuni Paesi europei nel previsto processo di transizione dalla dipendenza dai combustibili fossili a un sistema di produzione di energia rinnovabile. Ma sul significato e l’importanza, del Protocollo, ascoltiamo, al microfono di Rita Anaclerio, il ministro italiano dell’Ambiente, Altero Matteoli:

 

R. – E’ l’unico strumento che è stato approvato a livello internazionale. Sono anni e anni che stiamo dibattendo ed è venuta fuori una cosa: non possiamo affrontare questo problema singolarmente, meglio sarebbe lavorare con tutti i Paesi industrializzati, per ovvi motivi, ma anche con i Paesi in via di sviluppo. Purtroppo, non tutti hanno ratificato il Protocollo di Kyoto. L’Unione Europea è d’accordo, è unita su questo, ma c’è un problema che ha posto proprio l’Italia, che ho posto io: se del Protocollo di Kyoto si deve far carico solo l’Europa diventa veramente una cosa seria, visto che le nostre imprese rischiano di non essere più competitive. Quindi, è un problema di cui dobbiamo discutere. Fermo restando la volontà politica di restare all’interno della ratifica del Protocollo di Kyoto, mi pare che l’Europa debba riflettere e parlarne. Non dobbiamo considerarlo un tabù. L’Europa ha fatto quadrato anche durante la troica precedente al nostro semestre di presidenza, andando a Mosca per cercare di convincere la Russia a ratificare. L’Europa deve fare la stessa cosa oggi con i Paesi in via di sviluppo e con gli Stati Uniti. L’Europa deve essere un soggetto politico che prende conoscenza di un problema e cerca di risolverlo, confrontandosi con tutto il mondo.

        

Un’iniziativa particolare dà un segno di concretezza a questa data di avvio del Protocollo per l’ambiente. Si tratta del primo progetto comunale di illuminazione a idrogeno che vede protagonista la città italiana di Sorrento. E’ il primo di una serie in via di realizzazione a Londra, alla Torre della City; a Berlino, al Reichstag; a Strasburgo, all’Emiciclo del Parlamento Europeo; in California, al palazzo della Presidenza del Governatore.

 

In primo piano, la necessità di riformulare le scelte di politica economica e energetica dei poteri pubblici in sintonia con uno sviluppo eco-sostenibile. Scenario, a Sorrento, è il Chiostro di san Francesco che sarà illuminato da una nuova cella a idrogeno. Dietro le quinte, c’è la collaborazione di 42 comuni di tutta Europa che, iniziata nel 2003, ha creato il Gruppo Europeo di Interesse Economico, Hydrogencities. Una collaborazione che si avvale della competenza del prof. Jeremy Rifkin, presidente della Foundation on Economic Trends di Washington.

 

Ma, in definitiva, per sapere quale sia il punto di vista della Chiesa in materia ambientale, ascoltiamo al microfono di Fabio Colagrande, mons. Frank Dewane, sottosegretario del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace:

 

“Soltanto gli Stati possono essere i membri della Convenzione sui cambiamenti climatici e anche sul Protocollo di Kyoto. La Santa Sede non ne fa parte, però, in numerose sezioni della sua dottrina sociale, la Chiesa si è pronunciata su elementi o punti particolari della Convenzione del Protocollo. Il clima è un bene che va protetto e richiede che nei loro comportamenti, i consumatori e gli operatori di attività industriali, sviluppino un maggior senso di responsabilità. La tutela dell’ambiente costituisce una sfida per l’umanità intera. Si tratta del dovere comune ed universale di rispettare un bene collettivo destinato a tutti”.

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LA COMICITA’, “INGREDIENTE” SANO DELLA BIBBIA E DELLA TRADIZIONE DOTTRINALE

DELLA CHIESA: SE NE E’ PARLATO A TORINO, IN UN CONVEGNO UNIVERSITARIO

- Servizio di Fabrizio Accatino -

 

Il sorriso, il lampo comico, l’ironia anche, fanno parte dei testi canonici della fede cristiana? Un gruppo di esperti ha affermato di sì, dimostrandolo nel corso di un convegno torinese, iniziato lunedì scorso e conclusosi oggi. L’incontro, promosso dalla Consulta universitaria di letteratura cristiana antica, in collaborazione con l’Assessorato alla cultura del comune di Torino, ha voluto sfatare – testi alla mano – il pregiudizio culturale sull’eccessiva “seriosità” delle Sacre Scritture e dei suoi protagonisti. Fabrizio Accatino:

 

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Esiste un pregiudizio corrente secondo cui il cristianesimo sarebbe ostile al senso dell’umorismo, e che anzi i Padri della Chiesa avrebbero affossato la comicità e demonizzato il riso. Ha provato a sfatare questo luogo comune il convegno “Riso e comicità nel cristianesimo antico”, organizzato dall’Università di Torino. Oltre una ventina di docenti di Letteratura Cristiana Antica, provenienti da tutta Italia, hanno affrontato con un taglio diverso i testi sacri, dalla patristica al Nuovo Testamento. Sotto la lente d’ingrandimento sono così finiti gli scritti di Clemente Alessandrino e di Giovanni Crisostomo, di Sant’Ambrogio e di Sant’Agostino. Con risultati sorprendenti, come spiega l’organizzatrice, Clementina Mazzucco:

 

“Effettivamente, i Padri della Chiesa non solo hanno riflettuto sul riso, hanno cercato di definirlo, sicuramente non di sopprimerlo, anzi di accettarlo e di collegarlo – questo mi sembra anche importante – con motivazioni specifiche della fede cristiana e hanno usato anche forme di umorismo, per esempio molto nella predicazione e qualche volta anche di comico, satirico, parodistico e così via, ritenendoli strumenti efficaci di comunicazione”.

 

Vittima del pregiudizio che dipinge i fondatori della Chiesa come personaggi seriosi e austeri, è lo stesso Gesù. Vangeli alla mano, infatti, non esiste un solo passaggio che racconti un suo momento di divertimento, o una sua risata. Eppure, come ha spiegato Domenico Devoti, docente di Psicologia della Religione, quel Gesù esiste:

 

“Si ritrova in ambito apocrifo, cioè in quella letteratura che non è diventata canonica ed è più attenta all’umano di Gesù. Il protovangelo di Giacomo mostra delle scenette di Gesù ragazzino che ne fa di tutti i colori. E poi, magari fa il miracolo per cercare di rimediare i disastri che ha combinato. Sono cose che effettivamente hanno avuto una larga diffusione, una storia che è finita nelle letterature anche non religiose”.

 

Da Torino, Fabrizio Accatino, per Radio Vaticana.

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CHIESA E SOCIETA’

16 febbraio 2005

 

 

“ELIMINARE PER SEMPRE LA POVERTÀ RURALE”: E’ IL TEMA

ALL’ESAME DEL CONSIGLIO DEI GOVERNATORI DELL’IFAD, IL FONDO INTERNAZIONALE

PER LO SVILUPPO AGRICOLO, RIUNITO OGGI E DOMANI A ROMA. PRESENTI

ALLA CONFERENZA OLTRE 160 MINISTRI DELL’AGRICOLTURA DI TUTTO IL MONDO

- A cura di Jean Baptiste Sourou -

 

ROMA. = Può sembrare paradossale, però sono proprio le Nazioni che producono i generi alimentari consumati in tutto il mondo ad essere più povere e più soggette al rischio di insicurezza alimentare. Tre quarti delle persone che in tutto il mondo vivono in condizioni di povertà assoluta risiedono nelle aree rurali dei Paesi in via di sviluppo e si guadagnano da vivere con l’agricoltura e le attività ad essa collegate: circa 800 milioni di uomini, donne e bambini. Purtroppo, la loro fonte di guadagno va diminuendo in molti Paesi più indigenti. Il motivo è che a molti agricoltori poveri viene negato l’accesso alla terra e all’acqua, il credito sui mercati e altre risorse essenziali di cui hanno bisogno per sopravvivere. Non sono in grado di competere vendendo i propri prodotti sui mercati locali, perché questi sono invasi da merci offerte a prezzi molto più bassi da produttori dei Paesi più ricchi. Inoltre, utilizzano ancora tecniche produttive arcaiche. Fare della povertà rurale un ricordo significa, per l’IFAD, far sì che queste persone povere diventino, fin d’ora, una priorità nella guerra contro la povertà e la fame. “L’agricoltura e lo sviluppo rurale devono essere al primo posto nei piani di sviluppo delle Nazioni Unite. Non si tratta solo – si è sostenuto nella Conferenza – di stanziare maggiori risorse, ma di far sì che risorse ed opportunità siano alla portata dei poveri”.

 

 

NUOVO ASSASSINIO A SFONDO SOCIALE NELLO STATO BRASILIANO DEL PARA,

DOVE SABATO SCORSO E’ STATA UCCISA LA SUORA MISSIONARIA AMERICANA,

DOROTHY MAE STANG. SEVERA LA CONDANNA DEI VESCOVI,

IN UN MESSAGGIO AL PAESE, IN CONCOMITANZA CON L’INIZIO DELLA QUARESIMA

- A cura di Roberta Gisotti -

 

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SAN PAOLO. = Anche lui, Soares de Costas Filho, sindacalista dei lavoratori agricoli, da tempo minacciato di morte, come suor Dorothy, è stato assassinato ieri, nello Stato del Para, undicesima vittima – in un anno - della criminalità, che sostiene la produzione illegale di legname nella regione amazzonica. Una sfida aperta alle autorità del governo che a Brasilia, ieri stesso, ha tenuto una riunione di emergenza, per valutare i gravi fatti di sangue, sopraggiunti dopo una serie di misure - varate un mese fa dal presidente Lula - per limitare l’attività delle segherie clandestine. E non si esclude ora l’intervento dell’Esercito per prevenire e reprimere la criminalità organizzata nello Stato del Parà. Ma la strada da percorrere – secondo i vescovi brasiliani – è piuttosto quella del “cercare soluzioni a questioni sociali antiche e gravi”. Quali? I vescovi indicano: “Una vera riforma agraria, la demarcazione delle terre indigene, la presenza effettiva delle autorità pubbliche nelle nuove aree di occupazione delle terre e l'attenta sorveglianza affinché la legge sia rispettata''. Nel messaggio al Paese, diffuso per il lancio della Campagna quaresimale sul tema “Solidarietà e Pace”, i vescovi invitano ad “una seria riflessione nazionale sulle cause della violenza e sui modi di superarla”, auspicando “politiche pubbliche che promuovano il rispetto della dignità ed i diritti  essenziali di ogni persona umana ed assicurino giustizia e pace per  tutti”, “senza soccombere alle intimidazioni”.

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IN OCCASIONE DELLA SETTIMANA SANTA, I VESCOVI SVIZZERI PROMUOVONO

UNA COLLETTA PER IL SOSTEGNO DEI CRISTIANI IN TERRA SANTA:

SI CHIAMA “PASSERELLE DI RICONCILIAZIONE”, UN MODO CONCRETO

PER DARE FORZA E SPERANZA AD UNA REGIONE MARTORIATA DALLA VIOLENZA

 

FRIBURGO. = In occasione della Settimana Santa, i vescovi svizzeri hanno rivolto un messaggio ai fedeli, facendo appello alla solidarietà per sostenere il prezioso lavoro dei cristiani in Terra Santa, vere e proprie “passerelle di riconciliazione”, come più volte sono stati definiti da uomini e donne del luogo. In un Paese martoriato da numerosi conflitti, i cristiani rappresentano una fonte di speranza e un concreto sostegno alle popolazioni locali. In Terra Santa - scrivono i presuli - regione dove si trovano le radici della nostra fede, i cristiani danno quotidianamente “un esempio luminoso” di dialogo e di pace per far sì che varie culture e religioni convivano pacificamente. Per questo, l’appello dei vescovi svizzeri è volto a creare un filo diretto con queste persone, sostenendole con la preghiera e con una generosa colletta. Un ulteriore invito è volto ad incoraggiare i pellegrinaggi nei luoghi santi, per conoscere meglio le comunità cristiane del posto, per aiutarle “non solo materialmente”, ma prendendo sulle spalle “anche un po’ della paura che le attanaglia”. Farsi pellegrini e dare sostegno economico – concludono - rafforza la presenza di una Chiesa viva e dà testimonianza di pace e di riconciliazione in questa regione del mondo particolarmente bisognosa. (M.V.S.)

 

 

GRANDE SODDISFAZIONE NELLA COMUNITA’ CATTOLICA DI RITO SIRO-MALANKARESE,

IN INDIA, PER L’ELEVAZIONE ALLO STATUS DI CHIESA ARCIVESCOVILE MAGGIORE

- A cura di Lisa Zengarini -

 

THIRUVANANPURAM. = In India, la comunità cattolica di rito siro-malankarese ha accolto con grande soddisfazione la sua elevazione, la settimana scorsa, a Chiesa arcivescovile maggiore. Il provvedimento è stato notificato il 10 febbraio dal nunzio apostolico in India, mons. Pedro Lopez Quintana, insieme alla promozione di mons. Cyril Mar Baselios, già presidente della Conferenza episcopale indiana (Cbci) alla dignità di arcivescovo Maggiore di Trivandrum dei Siro-Malankaresi. “E’ una grande gioia per tutti i nostri fedeli”, ha dichiarato il cancelliere dell’arcidiocesi, padre John Kochuthundiyil. Per la segretaria del Consiglio pastorale dell’arcidiocesi, Augustine Pushpa, si tratta del “più alto riconoscimento” conferito dalla Santa Sede a questa Chiesa, che “le darà piena autonomia nel suo governo interno”. E grande soddisfazione è stata espressa anche da mons. Baselios, che ha definito il momento “storico”, rimarcando la felice coincidenza dell’elevazione con il 75° anniversario dell’unione con Roma di questa Chiesa, nata nel 1930 da uno scisma interno alla Chiesa malankarese ortodossa. La Chiesa siro-malankarese rappresenta uno dei tre riti in cui è suddivisa la Chiesa indiana, che comprende anche quella siro-malabarese, di rito orientale, e quella di rito latino, introdotto quest’ultimo dai missionari portoghesi nel XV secolo. Come quella siro-malabarese, nasce dalla predicazione di San Tommaso Apostolo in India, nel I secolo d.C., e segue la tradizione siriaca. Oggi conta circa 450 mila fedeli, distribuiti in cinque eparchie e assistiti da 632 sacerdoti, di cui 511 eparchiali e 121 religiosi. La sua sede è nello Stato del Kerala. Nei prossimi mesi sarà convocato un Sinodo che dovrà discutere delle modifiche amministrative e della struttura gerarchica necessarie per il suo nuovo status. Oltre alla Chiesa siro-malankarese, solo altre due Chiese di rito orientale hanno lo status arcivescovile maggiore: quella greco-cattolica ucraina e quella siro-malabarese.

 

 

UNA MOSTRA D’ARTE A FIRENZE PER COOPERARE CON I PAESI AFRICANI

ED APRIRE LA STRADA A UN DIALOGO MULTIETNICO: GRANDE IL SUCCESSO RACCOLTO DALLA RASSEGNA

CHE PRESENTA 130 OPERE DI ARTISTI AFRICANI,

OSPITATA A PALAZZO AMMANNATI,

 

FIRENZE. = Si chiama “Africani in Africa” la mostra che in questi giorni si tiene a Firenze per consolidare una serie di attività rivolte al Continente e all’integrazione multietnica. Il progetto in questione ha raccolto l’adesione del comune di Firenze e nasce da un’idea di Komera, l’Associazione fondata tre anni fa da una quindicina di consiglieri regionali. L’obiettivo attuale è quello di sostenere i giovani artisti africani, offrendo loro un percorso formativo ed altri spazi espositivi e prende spunto proprio dal successo della mostra. L’esposizione, allestita dal 29 dicembre a Palazzo Pazzi Ammannati, propone 130 opere di una ventina di artisti di alcuni Paesi della fascia equatoriale. La chiusura è stata prorogata dal 6 al 29 marzo, visto il clamoroso successo di pubblico e il favorevole riscontro della critica. Lo scopo è quello di rafforzare la cooperazione toscana in Africa. Tra i progetti già realizzati in questi tre anni, un villaggio in Tanzania dove sono ospitati bimbi e madri sieropositivi, assistenza e recupero dei bambini di strada in Angola, scavi e gestione di pozzi d’acqua a Mali. “Africani in Africa” ha permesso di riflettere su nuove attività di cooperazione e di apertura sociale. (M.V.S.)

 

 

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24 ORE NEL MONDO

16 febbraio 2005

 

 

- A cura di Barbara Castelli -

 

“Ritiratevi dall’Iraq, nessuno deve più venire in Iraq! Per favore fate qualcosa per salvarmi!”. E’ un appello drammatico e sofferto quello che la giornalista italiana, Giuliana Sgrena, da quasi due settimane nelle mani della guerriglia irachena, lancia in un video. Dopo la diffusione del filmato, si è pronunciato il ministro degli Esteri, Gianfranco Fini, che ha sottolineato come il governo continuerà a fare tutto quanto in suo potere per ottenere la liberazione dell’ostaggio, senza mutare la strategia politica, diplomatica e di intelligence sin qui seguita. Questa sera l’Italia si pronuncerà al Senato sul decreto legge che proroga la missione militare fino al 30 giugno. Nel Paese del Golfo, intanto, proseguono gli episodi di violenza. Il servizio di Barbara Castelli:

 

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Appena ieri il padre dell’inviata del quotidiano “Il Manifesto” aveva lanciato un appello ai rapitori della figlia, chiedendo di poterla vedere, di poter sapere come stava, dopo 12 giorni di sequestro. Il fardello dell’attesa è svanito oggi, con il drammatico video di Giuliana Sgrena, consegnato alla Tv dell’agenzia Associated Press. La giornalista è sola, in lacrime e chiede aiuto. Indossa una casacca verde, mentre sullo sfondo si vede un lenzuolo bianco e una sigla sconosciuta: “Mujaheddin senza confini”. 

 

“Vi prego, mettete fine all’occupazione! Lo chiedo al governo italiano, lo chiedo al popolo italiano perché faccia pressione sul governo! Pier, aiutami, per piacere! Fai vedere le foto dei bambini colpiti dalle cluster bomb! Chiedo alla mia famiglia di aiutarmi! Chiedo a tutti, a tutti quelli che hanno lottato con me contro la guerra, contro l’occupazione! Vi prego, aiutatemi! Questo popolo non deve più soffrire così! Ritiratevi dall’Iraq! Nessuno deve più venire in Iraq perché tutti gli stranieri, tutti gli italiani, qui sono considerati nemici! Per favore, fate qualcosa per me! La mia vita dipende da voi!”

 

Nel video poi si sente una voce in sottofondo e Giuliana ripete l’appello in francese, parlando dell’Iraq: “Bisogna mettere fine all’occupazione – insiste la giornalista italiana – la situazione qui è intollerabile, i bambini muoiono, la gente muore di fame per strada, le donne vengono violentate, bisogna ritirare le truppe”. Davanti al video della giornalista, per la quale anche Giovanni Paolo II, domenica scorsa aveva lanciato un appello chiedendo la sua liberazione e quella di tutti i sequestrati in Iraq, immediata è stata la reazione dei genitori della Sgrena. “Siamo preoccupatissimi, siamo scossi – hanno detto – perché le condizioni poste del ritiro delle truppe saranno difficili da realizzare”. A due settimane dalle elezioni del 30 gennaio nonostante la nomina di Ibrahim al-Jafaari come nuovo premier, la violenza resta in primo piano. Tredici iracheni, tra cui soldati e poliziotti, secondo quanto riferiscono fonti della sicurezza, sono stati uccisi da ieri sera in vari attacchi a nord di Baghdad.

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Di fronte al video di Giuliana Sgrena tanta è stata la commozione da parte di parenti, amici, colleghi ma anche di gente comune. Giada Aquilino ha raccolto la testimonianza di Barbara Schiavulli, la giornalista che a Baghdad ha diviso la stanza d’albergo con Giuliana e che per prima ha dato l’allarme del sequestro:

 

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R. - Essendo coinvolta personalmente direi che ho provato uno strazio tremendo. La situazione non è facile. Per lo meno però abbiamo la notizia che Giuliana è ancora viva. L’ho vista un po’ dimagrita, l’ho vista molto impaurita, l’ho vista disperata. D’altra parte, deve essere molto duro.

 

D. – Cosa ti aspetti per le prossime ore?

 

R. – Intanto, che le indagini si intensifichino, che venga ricordato che Giuliana era lì per raccontare gli iracheni, il loro dolore e che è sempre stata contro la guerra.

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Le forze di sicurezza yemenite hanno arrestato questa settimana cinque presunti membri della rete terroristica al Qaeda, tra cui una donna. I cinque - riferisce una fonte della sicurezza - si apprestavano a compiere attentati ad ambasciate e installazioni occidentali nel Paese mediorientale.

 

Ancora ombre sul processo di pace in Medio Oriente. Il movimento di resistenza islamico Hamas ha minacciato di lanciare nuovi attacchi contro obiettivi israeliani, in ritorsione all’uccisione di quattro palestinesi negli ultimi due giorni. Le minacce degli estremisti sono giunte proprio quando, dal carcere dov’è rinchiuso, il leader di Al-Fatah, Marwan Barghuti, ha detto di ritenere di poter essere rilasciato entro la fine del 2005. Il nuovo governo dell’Autorità nazionale palestinese, intanto, sarà pronto entro martedì prossimo. Lo ha annunciato alla stampa il premier palestinese Abu Ala. L’esecutivo ha ricevuto anche il via libera del Comitato centrale di Al-Fatah, che oggi ha esaminato la lista dei nuovi ministri.

 

A due giorni dall’assassinio dell’ex premier Rafik Hariri, si inaspriscono i toni tra gli Stati Uniti e la Siria. Il sottosegretario di Stato americano, William Burns, con delega agli affari mediorientali, ha chiesto il ritiro “completo e immediato” delle truppe siriane dal Libano. Appena ieri Washington aveva richiamato d’urgenza il suo ambasciatore a Damasco.

 

La Russia è in trattative per fornire alla Siria sofisticati missili a corto raggio. Lo hanno confermato a Mosca fonti del ministero della Difesa. Risultano così vane le pressioni fatte dal premier israeliano, Ariel Sharon, sul presidente russo, Vladimir Putin, perché evitasse la vendita di nuovi missili a Damasco, a suo giudizio potenzialmente destabilizzante per il Medio Oriente. Le fonti russe del ministero della Difesa, comunque, hanno assicurato che non saranno venduti a Damasco i missili tattici del tipo Iskander, più pericolosi per lo Stato ebraico in quanto hanno una gittata massima di 280 chilometri.

 

In sei mesi l’Iran avrà le conoscenze per costruire una bomba nucleare. Ne è convinto il ministro degli Esteri israeliano, Silvan Shalom. Di tutt’altro avviso, invece, è il direttore generale dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica (AIEA). Mohamed ElBaradei ha sottolineato che non vi sono prove che Teheran stia sviluppando armi nucleari. Proseguono, intanto, a Bruxelles i colloqui tra Iran e Unione Europea sul programma iraniano per l’arricchimento dell’uranio. Un missile è stato sparato, infine, da un aereo non identificato vicino alla città meridionale iraniana di Dailam, nella provincia di Bushehr, dove si trova un’importante centrale nucleare. Al momento non si hanno ulteriori informazioni.

 

Segni di distensione tra Islamabad e New Delhi. Il Pakistan e l’India, infatti, hanno espresso la volontà di ripristinare un collegamento di pullman attraverso la frontiera del Kashmir. La decisione è frutto di un accordo avvenuto tra il ministro degli Esteri indiano, Natwar Singh, e il suo collega pachistano, Khurshid Kasuri. Dopo numerosi scontri ai confini della regione contesa, India e Pakistan hanno firmato, il 26 novembre 2003, un cessate il fuoco sulla “linea di controllo”.

 

Entro i prossimi due mesi saranno indette nel Togo le elezioni presidenziali. Lo ha assicurato oggi un alto esponente governativo, che ha preferito mantenere l’anonimato. In questo modo il Togo risponderà alle pressanti richieste provenienti dai leader africani. Dopo la morte, lo scorso 6 febbraio, del presidente Gnassingbe Eyadema e l’annuncio dell’esercito che il potere era stato conferito al figlio Faure Gnassingbé, piuttosto che al presidente del Parlamento, Fambare Natchaba Uattara come prevedeva la Costituzione, si è verificata una pioggia di appelli internazionali. Contro la decisione dei militari si sono, infatti, pronunciate l’Unione Africana (UA), le Nazioni Unite e la Comunità dell’Africa occidentale (CEDEAO), nonché molti Paesi, con in testa la Francia, ex potenza coloniale nella regione.

 

Un nuovo incidente in una miniera di carbone in Cina ha causato cinque morti e 17 dispersi. Si è ulteriormente aggravato, intanto, il bilancio dell’incidente avvenuto lunedì scorso in una miniera di Fuxin, nella provincia nordorientale di Liaoning. L’agenzia Nuova Cina riferisce ora di almeno 209 morti e 9 dispersi.

 

Si è finalmente conclusa, ieri con l’incontro dei due capi di Stato, Hugo Chavez e Alvaro Uribe, la crisi diplomatica scoppiata tra Venezuela e Colombia. I rapporti si erano intiepiditi lo scorso dicembre, quando a Caracas un commando assoldato da Bogotà ha sequestrato un importante dirigente del gruppo guerrigliero delle Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia. Al termine dell’incontro, a porte chiuse e durato almeno sei ore, Chavez ha assicurato la volontà “di voltar pagina in modo molto costruttivo”, mentre Uribe ha sottolineato che “bisogna sempre coltivare il dialogo con i Paesi fratelli”.

 

Duro colpo ieri per il presidente brasiliano, Luiz Inacio Lula da Silva. All’indomani della trionfale visita presidenziale in Venezuela, il suo candidato alla presidenza della Camera brasiliana è stato battuto a sorpresa dal deputato conservatore Severino Cavalcanti, del Partito progressista. Si tratta della peggiore sconfitta politica del presidente brasiliano nei suoi poco più di due anni di mandato.

 

Si è insediato ieri il nuovo parlamento uruguayano in cui, per la prima volta nella storia del Paese, la coalizione di sinistra Incontro progressista - Fronte ampio (EP-FA) ha la maggioranza assoluta dei voti. L’EP-FA si è imposto con il 51 per cento nelle elezioni dello scorso ottobre ed il suo principale esponente, Tabaré Vazquez, si insedierà come nuovo presidente del Paese il prossimo 1 marzo.

 

Una forte scossa di terremoto, di magnitudo 5,4 sulla scala Richter, ha colpito stamani Tokyo e la zona centrale del Giappone, ferendo 27 persone. Non è stato lanciato nessun allarme tsunami e l’agenzia di Tokyo ha riferito che non ci saranno scosse di assestamento. L’epicentro del sisma è stato individuato 40 chilometri sottoterra, nella vicina prefettura di Ibaraki, nel punto che gli esperti giapponesi chiamano il “nido dei terremoti”.

 

Il presidente della Repubblica italiana, Carlo Azeglio Ciampi, ha concesso la grazia al giornalista Lino Jannuzzi, ora senatore di Forza Italia. Jannuzzi doveva scontare 2 anni, 5 mesi e 10 giorni di reclusione per reati di diffamazione a mezzo stampa. Il decreto è stato firmato lo scorso 11 febbraio, su proposta del ministro della Giustizia, Roberto Castelli.

 

 

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