RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLIX n. 46 - Testo della trasmissione martedì 15 febbraio 2005

 

Sommario

       

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Preghiera e dialogo interiore per trovare l’unione con Dio e portarlo all’uomo di oggi: sulla seconda giornata di esercizi quaresimali in Vaticano, intervista con mons. Renato Corti

 

Nel pomeriggio a Coimbra, i funerali di suor Lucia, ultima testimone delle apparizioni della Madonna di Fatima. Il cardinale Tarcisio Bertone, inviato speciale del Papa, presiederà la cerimonia funebre. Ai nostri microfoni, il cardinale Tarcisio Bertone e la giornalista Aura Miguel.

 

IN PRIMO PIANO:

Il sangue versato da suor Dorothy chiede di continuare il suo impegno in difesa degli ultimi: è quanto emerge dalle testimonianze di chi ha conosciuto la missionaria uccisa domenica scorsa in Brasile. Intervista con dom Erwin Kräutler e suor Anna Bernardetta

 

“Semiramide” di Gioachino Rossini inaugura la stagione del Teatro dell’Opera di Roma, che festeggia 125 anni. Con noi, Gianluigi Gelmetti e Pier Luigi Pizzi.

 

CHIESA E SOCIETA’:

Presentato a Roma il rapporto della FAO su “lo stato del mercato dei prodotti agricoli 2004”

 

Riunito da ieri a New York il gruppo di lavoro incaricato di redigere la bozza di dichiarazione che solleciti tutti i Paesi dell’ONU ad adottare leggi contro la clonazione umana

 

Domani, 16 febbraio, entrerà in vigore il Protocollo di Kyoto per la riduzione delle emissioni di gas responsabili dell’effetto serra

 

Tre organizzazioni benefiche accusano l'Italia di essere lo Stato europeo meno generoso nel concedere aiuti ai Paesi poveri del mondo

 

Nel Museo nazionale delle arti e tradizioni popolari a Roma, in mostra usi e costumi della Slovacchia.

 

24 ORE NEL MONDO:

Stato di massima allerta in Libano, dopo l’uccisione dell’ex premier al-Hariri. Al-Qaeda nega ogni coinvolgimento nell’attentato

 

Ancora violenza in Iraq, mentre l’Alleanza Unita Irachena propone l’attuale vice-presidente come nuovo primo ministro

 

Almeno 203 i minatori morti ieri in Cina, nella più grave tragedia del lavoro degli ultimi 15 anni.

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

15 febbraio 2005

 

 

PREGHIERA E DIALOGO INTERIORE

PER TROVARE L’UNIONE CON DIO E PORTARLO ALL’UOMO DI OGGI:

SECONDA GIORNATA DI ESERCIZI QUARESIMALI IN VATICANO

- Intervista con mons. Renato Corti -

 

In Vaticano, proseguono gli esercizi spirituali della Quaresima, ai quali prendono parte Giovanni Paolo II e la Curia Romana. Dopo le prime meditazioni a carattere introduttivo, tenute dal predicatore mons. Renato Corti, vescovo di Novara, questa mattina, in particolare durante la seconda meditazione, la riflessione del presule è entrata nel vivo del tema che caratterizza la settimana di preghiera e di riflessione: “La Chiesa a servizio della nuova ed eterna Alleanza”. Lo stesso mons. Corti ci offre una sintesi dei suoi interventi, al microfono di Giovanni Peduto:

 

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R. – Devo dire che la giornata di oggi è cominciata rimanendo ancora all’interno delle meditazioni del primo giorno. Proprio per questo, ho voluto proporre una meditazione sulla preghiera, ricordando che già nell’introduzione avevo detto: “Per fare bene gli esercizi spirituali il vero grembo di cui abbiamo bisogno è la preghiera. Sono esercizi di preghiera”. Ma la cosa che quest’oggi ho voluto mettere in evidenza è che se la fede è una relazione, questa relazione ha bisogno di esprimersi. Dio parla all’uomo che risponde e la preghiera esprime questa risonanza dei toni della grazia di Dio. E ho voluto porre in risalto che la relazione per il cristiano è relazione con il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo.

 

D. – Per quanto riguarda la seconda?

 

R. – Con la seconda meditazione, ho iniziato ad approfondire il tema specifico di questi esercizi spirituali. Il modo di svolgerlo consiste concretamente nel prendere in mano le pagine fondamentali della Sacra Scrittura che ci raccontano i passi di Dio verso l’umanità, a cominciare dalle promesse fatte ad Abramo, dalla celebrazione dell’alleanza fatta con Mosè, per giungere poi al Signore Gesù Cristo e in particolare al mistero dell’Incarnazione, all’istituzione dell’Eucaristia, la passione e la morte in croce e la Risurrezione. Nella prima meditazione di tutto questo ampio cammino, la parola-chiave è “promessa”, che sta a dire: “Guarda, prima che tu cerchi Dio, è Dio che cerca te. Prima che tu ti domandi: ‘Ma è il caso di mettersi in rapporto con Dio, ed è possibile’? E’ Dio che già fin da prima della Creazione ha su di noi un disegno – come dice San Paolo nella lettera agli Efesini – di farci suoi figli adottivi nel Figlio unigenito, Verbo fatto carne”.

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Sempre al microfono di Giovanni Peduto, il vescovo di Novara si sofferma anche sul contenuto della doppia meditazione di ieri pomeriggio:

 

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R. – Nel pomeriggio di ieri, la meditazione ha sostato ancora sull’importanza fondamentale del riferimento a Gesù Cristo e l’ho fatto in due maniere. Primo, giacché siamo in clima di esercizi spirituali, ho detto che ciascuno di noi, in questo momento, farà bene a rileggere la propria relazione personale con il Signore, o meglio la propria risposta alla relazione che il Signore vuole stabilire con noi. Mi sono giovato di alcune pagine evangeliche che raccontano diversi incontri con Gesù, ma molto differenti tra loro. Gli apostoli stessi attraverso Pietro dicono: “Signore, tu sei il Messia”, ma lui stesso poi tradisce il Signore. Questo, dunque, mostra che il cammino della fede non è mai compiuto una volta per tutte, ma di giorno in giorno occorre rinnovarlo. La cosa più alta e profonda è che questo cammino che porta all’incontro con il Signore Gesù, in realtà è un cammino insieme con Gesù all’incontro con il Padre. Nell’Ultima Cena, Cristo dirà: “Io e il Padre siamo una cosa sola”. Gesù, dunque, emerge come il Figlio che si accosta a noi per condurci a vivere un’esperienza di figli e, dunque, per aprirci e metterci in comunione con il Padre.

 

D. – Un tema che ha sviluppato anche nella seconda meditazione della mattina…

 

R. - Sì, ma rispondendo alla domanda: “E noi che responsabilità abbiamo a proposito del servizio alla fede dei nostri fratelli?”. E a questo proposito ho voluto ricordare che prima del Giubileo, nella Tertio millennio adveniente, il Papa aveva posto alcune domande che in sostanza volevano dire: ma noi, rileggendo la storia di questi secoli, come cristiani, abbiamo sempre sostenuto la fede cristiana? O qualche volta non siamo diventati un motivo di scandalo addirittura, o comunque di difficoltà? Oppure abbiamo offerto una testimonianza molto pallida? Il Papa, durante il Giubileo, ha compiuto quel gesto che ha tanto colpito il mondo: il 12 marzo del 2000, la Giornata del perdono ha aperto ad un impegno per il futuro. La Novo millennio ineunte esprime queste indicazioni che permettono alla Chiesa di testimoniare la luce di Cristo per le generazioni che verranno. A questo riguardo, quindi, parlando ai vescovi, mi è sembrato opportuno dire che il compito cosiddetto della “nuova evangelizzazione” è un grande invito ad essere a servizio della fede, cercando di comunicare con l’umanità dei nostri tempi, lasciandosi interpellare, per poi raccogliere con amore la verità e con grande ricchezza di umanità ciò che il Signore ha da dire per l’uomo di oggi.

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OGGI POMERIGGIO A COIMBRA, I FUNERALI DI SUOR LUCIA, ULTIMA TESTIMONE DELLE APPARIZIONI DELLA MADONNA DI FATIMA.

IL CARDINALE TARCISIO BERTONE, INVIATO SPECIALE DEL PAPA, PRESIEDERA’ LA CERIMONIA FUNEBRE.

COMMOZIONE TRA I FEDELI DEL PORTOGALLO, CHE OGGI OSSERVA UN GIORNO DI LUTTO NAZIONALE

- Ai nostri microfoni, il cardinale Tarcisio Bertone e la giornalista Aura Miguel -

 

Il Portogallo, commosso, si stringe attorno al feretro di suor Lucia, ultima testimone dei tre pastorelli ai quali, nel 1917 a Fatima, apparve la Madonna. Oggi nel Paese lusitano si osserva una giornata di lutto nazionale in omaggio alla religiosa, scomparsa domenica all’età di 97 anni. Dalle ore 12.00 italiane, il corpo della veggente si trova nella cattedrale nuova di Coimbra, dove alle 17.00 si terranno i funerali. Tanti i fedeli che, in queste ore, stanno tributando l’estremo saluto a suor Lucia. La cerimonia funebre, cui prenderà parte anche il primo ministro portoghese Pedro Santana Lopes, verrà presieduta dal cardinale Tarcisio Bertone, arcivescovo di Genova, inviato speciale di Giovanni Paolo II. Il corpo di suor Lucia tornerà al Carmelo: qui verrà tumulato nel cimitero del convento. Tra un anno, poi, per sua stessa volontà, le spoglie di suor Lucia saranno trasferite nel santuario di Fatima, dove già riposano i resti mortali di Francisco e Giacinta, i due cuginetti di Lucia, destinatari assieme a lei delle apparizioni mariane. Il cardinale Tarcisio Bertone, che ha più volte incontrato suor Lucia, ricorda, in questa intervista di Giovanni Peduto, la figura della veggente di Fatima:

 

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R. – Il ricordo è quello di una persona solare, luminosa, piena di gioia per gli eventi di cui era stata destinataria e nello stesso tempo piena di amicizia, amicizia per Gesù, amicizia per Maria, Madre di Gesù e Madre nostra. Quindi, una donna eccezionale, ma semplice, una donna piena di preghiera, di grazia, di amicizia con l’umanità, perché depositaria di una grande speranza per l’umanità.

 

D. – Lucia ha scelto la via della preghiera e del silenzio. Come ha vissuto, secondo lei, per tanti anni, questa convivenza con la rivelazione straordinaria di cui era testimone e custode?

 

R. – L’ha vissuta, credo, con una grande devozione a Maria e con un senso della missione di cui era stata resa partecipe, cioè la missione di annunciare al mondo questo appello. Credo che molti sappiano che una delle ultime elaborazioni di questa veggente di Fatima, di questa semplice donna ma piena di intuito divino, è il suo libro “Gli appelli di Fatima”. Lei ha sentito fortemente questo appello alla preghiera, alla penitenza, alla conversione e si è sentita investita di questa missione di annunciare, di propagare gli appelli della Madonna a Fatima. Lo ha fatto anche attraverso questo suo libro che è stato pubblicato in varie lingue e che racchiude un po’ tutta la sua consapevolezza e direi anche la missione di cui era stata resa destinataria. Ha chiesto il permesso alla Santa Sede e al Papa di pubblicare questo libro e di moltiplicare così il messaggio di Fatima a migliaia di persone cui è giunto il suo libro.

 

D. – Qual è l’eredità spirituale che Suor Lucia lascia ai fedeli?

 

R. – Io credo che sia l’eredità di una grande vicinanza di Dio e di Maria, la ‘donna vestita di sole’, la prima cooperatrice dell’annunzio del Regno con Gesù e quindi la cooperatrice principale della Salvezza. Lei ha visto Maria, è stata privilegiata da Maria per la sua semplicità di cuore insieme con gli altri due pastorelli e lascia proprio questo ricordo e questo impegno: di essere con Maria cooperatori della Salvezza. Lascia la spiritualità dell’essere con Dio per la salvezza del mondo, attraverso le forme più semplici: la preghiera, la santificazione della propria vita, del proprio lavoro, la penitenza, la riparazione dei peccati del mondo e quindi un aiuto che possa trasformare il cuore degli uomini di ogni epoca per la salvezza del mondo.

 

D. – Quando la Madonna apparve, a Fatima, a Lucia, Giacinta e Francisco era il 1917, davvero un’altra epoca. Eppure negli anni il richiamo di Fatima per milioni di fedeli non si è affievolito, anzi…. Perché secondo Lei?

 

R. – Perché la presenza di Dio, l’appello di Dio all’umanità è un appello eterno, un appello che chiama come nella prima Creazione, come un secolo fa, chiama gli uomini a cooperare all’azione di Dio. Dio, nostro Padre e Creatore, ha creato l’uomo a sua immagine, intelligente e libero, e lo ha chiamato a cooperare per la trasformazione del mondo. Siccome, come abbiamo appena sentito nella prima lettura della prima domenica di Quaresima, il primo uomo e la prima donna hanno risposto no a Dio, bisogna riscattare questo no, che ha avuto così dolorose conseguenze per l’umanità, con un sì che si unisca al sì di Gesù, figlio di Dio incarnato, al sì di Maria, la donna del sì. Se tanti uomini e tante donne, in ogni epoca, continuassero a dire sì a Dio, il mondo sarebbe trasformato con lo spirito del Vangelo, con lo spirito delle Beatitudini. 

 

D. – Giovanni Paolo II è particolarmente legato al Santuario mariano di Fatima. Ha incontrato anche tre volte suor Lucia. Una sua riflessione, eminenza, su questo legame particolare ...

 

R. – Perché il vescovo vestito di bianco della terza parte del segreto di Fatima è stato subito individuato dai tre fanciulli come il Papa. Loro non sapevano quale Papa e purtroppo i tristi eventi del 13 maggio, siamo sempre al 13 maggio e Lucia, dobbiamo anche ricordarlo, è morta il 13 febbraio di quest’anno, hanno fatto riconoscere nel Papa Giovanni Paolo II il destinatario della profezia di questi eventi dolorosi, dell’attentato al vescovo vestito di bianco. Il Papa ha detto che la mano materna di Maria ha deviato quella pallottola in modo che non cadesse morto, come diceva la profezia, ma fosse salvo, come diceva la profezia a condizione della preghiera e della penitenza dell’umanità. Il martirio del nostro Papa, che continua anche attraverso la sua malattia, è un dono per tutta l’umanità ed è stato un segno della vicinanza di Lucia con questo Papa, con ogni Papa senza dubbio, ma in modo speciale con Giovanni Paolo II.

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Il Portogallo sta vivendo con particolare emozione questo momento. Suor Lucia, infatti, è stato un punto di riferimento per tutti i portoghesi non solo per i credenti. Ecco la testimonianza da Coimbra, di Aura Miguel, giornalista della Radio cattolica Renascenza, raccolta da Antonella Palermo:

 

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R. - Per noi è proprio una donna importante, anche se lei era molto umile e semplice. Ha vissuto tutta la sua vita nel Carmelo, dietro le grate come opzione di libertà. Per i portoghesi e anche per i non credenti è veramente un punto di riferimento anche storico. Per questo è anche una giornata di lutto nazionale e credo che sia molto significativo perché è proprio l’espressione del popolo portoghese nei confronti di Fatima e di tutto quello che ci ha fatto capire tramite i suoi scritti.

 

D. – Hai avuto modo di raccogliere qualche testimonianza fra le persone giunte a Coimbra?

 

R. - La gente è rimasta colpita dal fatto che il Papa ha voluto inviare il cardinale Bertone. Sappiamo come lui sia legato al messaggio di Fatima. Aveva conosciuto personalmente suor Lucia. La cosa forse più commovente è la gente comune, un po’ come accade a Fatima. Gente che viene qui quasi per stare in modo più profondo vicina al messaggio di Fatima.

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NOMINA

 

In Sri Lanka, Giovanni Paolo II ha nominato vescovo di Galle mons. Harold Anthony Perera, finora vescovo di Ratnapura.

 

 

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

Apre la prima pagina il Libano: l'uccisione di Rafik Hariri suscita forte preoccupazione nella comunità internazionale; mobilitazione dell'esercito, la Siria respinge le accuse.

Sempre in prima, si sottolinea la profonda commozione in tutto il Portogallo per la morte di suor Lucia, testimone del mistero di Fatima. Le esequie saranno presiedute dal cardinale Tarcisio Bertone, Inviato Speciale del Santo Padre.

 

Nelle vaticane, una pagina dedicata al cammino della Chiesa in Europa.

 

Nelle estere, Medio Oriente: regge tra le difficoltà la tregua nei Territori autonomi palestinesi; rinviato il passaggio di Gerico sotto il controllo dell'Autorità Palestinese.

 

Nella pagina culturale, un articolo di Faustino Avagliano dal titolo "Nella bomba inesplosa accanto alla tomba di s. Benedetto il segno della rinascita di Montecassino": il 15 febbraio del 1944 l'abbazia fu ridotta in un ammasso di macerie dagli Alleati.

Per l’ "Osservatore libri", un articolo di Armando Rigobello in merito all'opera di Adriano Fabris dal titolo "Teologia e filosofia". 

 

Nelle pagine italiane, l'opposizione divisa tra "no" e astensione riguardo alla proroga della missione in Iraq; si cerca una posizione comune prima del voto. 

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

15 febbraio 2005

 

 

IL SANGUE VERSATO DA SUOR DOROTHY CHIEDE DI CONTINUARE IL SUO IMPEGNO IN DIFESA DEGLI ULTIMI:

E’ QUANTO EMERGE DALLE VARIE TESTIMONIANZE DI CHI HA CONOSCIUTO E

HA OPERATO INSIEME CON LA MISSIONARIA UCCISA DOMENICA SCORSA IN BRASILE

- Intervista con dom Erwin Kräutler e suor Anna Bernardetta -

 

“Il sangue versato da suor Dorothy ci incita a continuare a difendere gli ultimi, i più poveri”: con queste parole dom Erwin Kräutler, vescovo di Xingu, nello Stato del Parà, torna a sottolineare l’impegno missionario accanto ai più poveri della suora uccisa domenica scorsa. La suora aveva chiesto di essere sepolta ad Anapu, dove lavorava da oltre 20 anni, e lo aveva fatto sapendo di non essere al sicuro dopo le minacce subite. Il vescovo di Xintu spiega, infatti,  come l’omicidio non sia un episodico fatto di violenza ma frutto della scelta di eliminare una persona impegnata a difendere i contadini poveri. Nell’intervista di Fabio Colagrande, racconta anche il suo personale dolore:  

 

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R. – I’VE BEEN SAD. I CANNOT BELIEVE… 

Ho provato molto molto dolore. Non potevo credere che una donna che aveva dedicato la sua vita ai poveri potesse morire in questo modo. Sister Dorothy era venuta nella regione dello Xingu per aiutare i poveri, soprattutto i contadini e i rifugiati che vivono lungo l’autostrada trans-amazzonica. L’hanno uccisa perché prendeva posizione a favore dei contadini. Qui, nella regione amazzonica, è pericoloso, perché i grandi proprietari, i latifondisti, vogliono tutto il terreno e vogliono cacciare via tutta la popolazione, compresi questi piccoli contadini che vorrebbero solo un piccolo pezzo di terra per poter sopravvivere con le loro famiglie. Sister Dorothy ha versato il suo sangue e penso che il suo sangue parli a noi con una voce molto forte: ci incita a continuare a difendere gli ultimi, i più poveri. La nostra missione è difendere i contadini che vivono nel terrore, perché sono minacciati dai latifondisti e dai laggers, i taglialegna sicari che infestano queste terre.

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Ascoltiamo, sempre nell’intervista di Fabio Colagrande, il ricordo personale della Superiora delle suore di Notre Dame di Namur, cui apparteneva suor Dorothy, suor Anna Bernardetta:

 

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R. – Tutto il Consiglio generale era raccolto a Lima, in Perù, dove si stava tenendo proprio un incontro internazionale delle nostre suore di tutta l’America Latina. Suor Dorothy era l’unica che non era andata, proprio per stare, in un momento difficile, accanto alle persone con cui viveva e con cui lavorava e a cui ha dato tutta la sua vita.

 

D. – Cosa rappresentava suor Dorothy per la vostra Congregazione?

 

R. – Era una donna serena, allegra, gioiosa, dal volto sempre aperto e disponibile.

 

D. - Il suo sacrificio quale tipo di messaggio lascia a voi consorelle?

 

R. – E’ una conferma di quella che è la nostra scelta, la scelta di tutta la Congregazione:  noi, mentre manteniamo una forte tradizione educativa, scegliamo di stare con i poveri e specialmente con le donne e i bambini nei luoghi più abbandonati. Suor Dorothy, come tutte le altre suore in particolare nei Paesi più poveri, incarnava questa realtà, questa  nostra scelta di fondo. Anche nei Paesi europei dove non ci sono queste situazioni così tragiche, ci sono tanti problemi e quindi abbiamo ribadito la nostra volontà di essere accanto, con le nostre scuole, alle famiglie, ai bambini che hanno bisogno di una parola di conforto, di un aiuto particolare.

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“SEMIRAMIDE” DI GIOACHINO ROSSINI INAUGURA

LA STAGIONE DEL TEATRO DELL’OPERA DI ROMA, CHE FESTEGGIA 125 ANNI

- Intervista con Gianluigi Gelmetti e Pier Luigi Pizzi -

 

“Semiramide” di Gioachino Rossini inaugura stasera la stagione del Teatro dell’Opera di Roma, che festeggia quest’anno i 125 anni della sua apertura. Sulla scena un capolavoro rappresentativo del bel canto puro. Il servizio di Luca Pellegrini.

 

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Ecco l’infelice storia della Regina di Babilonia, Semiramide. Andata in scena il 3 febbraio 1823 alla Fenice di Venezia, è l’ultima opera scritta dal trentunenne Rossini prima di lasciare l’Italia. Quasi quattro ore di sublime musica, un inesorabile, affascinante procedere di perfetti e compiuti numeri musicali, quasi autoreferenziali nella loro apollinea bellezza e armoniosa staticità. Il maestro Gianluigi Gelmetti, direttore musicale del Teatro, questa sera sul podio, individua le ragioni che lo hanno condotto a scegliere questo titolo per l’inaugurazione:

 

“Ci sono diverse ragioni. Prima di tutto è un capolavoro assoluto. E’ una delle opere di Rossini più importanti, più significative. E’ stata l’opera con la quale lui ha concluso il suo ciclo italiano. Semiramide è la summa di tutte le esperienze operistiche fino a quel momento. La ragione, non secondaria, per cui la facciamo quest’anno è che sono i 125 anni del nostro Teatro e la Semiramide inaugurò proprio il Teatro. Un teatro è un oggetto freddo, vuoto e senza vita fintanto che i suoni gli danno la vita, lo rendono un oggetto vivo. Quindi, i primi suoni che sono risuonati all’interno del Teatro Costanzi, poi Teatro Reale e adesso Teatro dell’Opera, sono stati quelli della Semiramide. Quindi, per i 125 anni del nostro amato Teatro ci è sembrato importante e bene augurante iniziare questo anno con la Semiramide”.  

 

Pier Luigi Pizzi, regista ed anche autore delle monumentali scene e degli splendidi costumi, è un artista di grande fantasia. E’ molto legato all’allestimento, famosissimo, di “Semiramide”, realizzato ad Aix-en-Provence nel 1980, quello che segnò il suo debutto come regista rossiniano. Sono trascorsi 25 anni. Maestro, quali sono le caratteristiche di questa nuova messinscena?

 

“Mi trovo a riprendere il discorso su questo capolavoro che io considero l’ultima opera barocca e che è anche l’ultima opera che Rossini ha scritto in Italia, prima di andare a Parigi. E’ un’opera che riassume il grande significato che ha avuto l’opera barocca durante tutto un secolo e Rossini la consegna ai suoi contemporanei come una sintesi perfetta di un genere che ormai era arrivato alla conclusione. C’è tutta una serie di confronti tra i personaggi che ne fanno un dramma assolutamente trascinante, molto coinvolgente e molto moderno”.

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CHIESA E SOCIETA’

15 febbraio 2005

 

 

PRESENTATO STAMANE A ROMA IL RAPPORTO FAO

SU “LO STATO DEL MERCATO DEI PRODOTTI AGRICOLI 2004”:

CONFERMATA LA TENDENZA AL RIBASSO DEI PREZZI, CHE PERO’ DANNEGGIA LA SICUREZZA ALIMENTARE DEI PAESI IN VIA DI SVILUPPO

- A cura di Eugenio Bonanata -

 

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ROMA. = Da un lato il ribasso dei prezzi minaccia alcuni Paesi in via di sviluppo dove la vendita dei prodotti agricoli rappresenta l’unica fonte di entrate. Dall’altro lato, i prezzi più bassi consentono a molti Paesi poveri, importatori di alimenti, di soddisfare più agevolmente il proprio fabbisogno alimentare. Il rapporto puntualizza che in molti Paesi in via di sviluppo, soprattutto in Africa subsahariana, in America Latina o nei Carabi, una grossa quota del commercio estero dipenda da un piccolo numero di prodotti, spesso uno solo. Questa concentrazione lascia molti Paesi esposti alle condizioni sfavorevoli del mercato e del clima. Inoltre - si legge nel documento - la situazione è esacerbata dalle distorsioni del mercato, causate dalle tariffe doganali e dai sussidi dei Paesi sviluppati, dalle tariffe doganali dei Paesi in via di sviluppo e dalla posizione di potere sul mercato occupata dalle grandi compagnie multinazionali. Il rapporto sollecita l’eliminazione di queste distorsioni ed avverte che tariffe doganali alte e sussidi ai produttori nei Paesi sviluppati limitano l’accesso al mercato e spingono i prezzi dei prodotti al ribasso. I mercati dei prodotti agricoli nei Paesi sviluppati sono quelli in maggior espansione, ma il rapporto fa notare che essi sono anche quelli più pesantemente protetti. Il Rapporto FAO indica un piano di azione per combattere i problemi dell’offerta eccedente. In particolare, invita l’Organizzazione mondiale del commercio (WTO) a mettere all’ordine del giorno la riduzione delle tariffe doganali e la politica dei sussidi ai produttori. Si chiedono, dunque, misure a sostegno dei Paesi meno sviluppati, affinché possano sfruttare a pieno le opportunità offerte dalla liberalizzazione del commercio. Infine, il documento raccomanda maggiori investimenti per incrementare la produttività dei prodotti alimentari destinati al mercato interno dei Paesi poveri e soprattutto per promuovere la diversificazione verso prodotti agricoli non tradizionali. Si auspicano infine programmi di assistenza ai coltivatori, proponendo indennità contro imprevisti climatici.

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RIUNITO DA IERI A NEW YORK IL GRUPPO DI LAVORO

INCARICATO DI REDIGERE UNA BOZZA DI DICHIARAZIONE

CHE SOLLECITI TUTTI I PAESI DELL’ONU AD ADOTTARE LEGGI CHE PROIBISCANO LA CLONAZIONE UMANA,

DOPO IL FALLIMENTO DEI NEGOZIATI PER UN TRATTATO INTERNAZIONALE

 

NEW YORK. = Bloccati per anni i colloqui su un Trattato internazionale per il bando della clonazione umana, i diplomatici dell'Onu sono tornati ieri a riunirsi sulla base di nuova proposta presentata dall'Italia. Al cuore del dibattito sono gli studi sulle cellule staminali ed altri tipi di ricerca che si basano sulla cosiddetta clonazione terapeutica in cui embrioni umani vengono clonati per ottenere le cellule staminali necessarie e poi distrutti. Ma molti governi, particolarmente quelli di Paesi con ampia popolazione cattolica, sono contrari a questo tipo di ricerca. L'obiettivo di un Trattato mondiale sulla clonazione risale al 2001 e fu proposto da Francia e Gran Bretagna. Il tentativo fallì quando l'amministrazione Bush propose di estendere il Trattato ad ogni esperimento di clonazione di embrioni, un passo che alcuni governi e parte della comunità scientifica criticarono come un ‘freno’ per la ricerca medica. Da qui il rilancio da parte italiana di un gruppo di lavoro che possa elaborare una dichiarazione politica ma non vincolante al posto di un Trattato. Una dichiarazione che solleciti l'adozione di leggi che ''proibiscano ogni tentativo di creare la vita umana attraverso processi di clonazione ed ogni tipo di  ricerca mirata a questo scopo''. La bozza di dichiarazione verrebbe poi sottoposta entro la fine della prossima settimana ad un Comitato legale, ma l’accordo non si preannuncia facile, nonostante i buoni auspici espressi dal presidente del Gruppo di lavoro, l’ambasciatore marocchino Mohammed Bennouna (R.G.)

 

 

ENTRERA’ IN VIGORE DOMANI, 16 FEBBRAIO, IL PROTOCOLLO DI KYOTO

PER LA RIDUZIONE DEI GAS RESPONSABILI DELL’EFFETTO SERRA.

NUMEROSE LE INIZIATIVE PREVISTE PER SENSIBILIZZARE LE POPOLAZIONI DEI PAESI

CHE HANNO ADERITO AL TRATTATO INTERNAZIONALE

 

KYOTO. = Entrerà in vigore domani, 16 febbraio, il Protocollo di Kyoto per la riduzione delle emissioni di gas responsabili dell’effetto serra. Dopo sei anni di negoziati e la recente adesione della Russia, questa data segna l’ultima tappa di un lungo cammino che deve proseguire ora attraverso un’azione internazionale congiunta, con l’obiettivo di lottare contro i cambiamenti climatici causati dall’effetto serra e del riscaldamento del pianeta. Per il 2012 si auspica anche la partecipazione attiva di Stati Uniti, Australia, Cina, India e Brasile, che non hanno ancora aderito al Protocollo, mentre l’Unione europea lo ha già firmato il 29 aprile del ‘98. L’accordo prevede per gli Stati membri una diminuzione collettiva di sei gas ad effetto serra dell’8%, tra il 2008 e il 2012. A tal fine sono previste numerose campagne di sensibilizzazione per sollecitare i cittadini dei singoli Paesi a tenere comportamenti e stili di vita corretti, in linea con l’obiettivo del Protocollo, auspicando un uso oculato dell’energia soprattutto in casa e negli spostamenti: un modo concreto di vivere secondo gli obiettivi di Kyoto. Per l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) il Protocollo segnerà una tappa decisiva non solo per la prevenzione delle malattie e delle morti causate dall’inquinamento atmosferico ma, auspicando una riduzione degli spostamenti urbani, anche di quelle provocate dagli incidenti stradali. (M.V.S.)

 

 

ALL’ITALIA LA ‘MAGLIA NERA’ NELL’UNIONE EUROPEA PER MINORI AIUTI ALLO SVILUPPO NEI PAESI POVERI,

RISPETTO AL PRODOTTO INTERNO LORDO (PIL): SOLO LO 0,17 RISPETTO ALLO 0,7 FISSATO

MA RISPETTATO SOLO DA QUATTRO PAESI DEL NORD EUROPA

 

BRUXELLES. = L'Italia è lo Stato europeo meno generoso nel concedere aiuti ai Paesi poveri del mondo. L'accusa è lanciata da tre organizzazioni benefiche, Action Aid, Eurodad e Oxfam, che hanno stilato una lista intitolata "I buoni e i cattivi dell'Unione europea". Dalla ricerca risulta che, esclusi i dieci nuovi Stati membri, l’Italia è ultima in classifica per la percentuale di Prodotto interno lordo (Pil) dedicato all'assistenza allo sviluppo: appena lo 0,17. Oltretutto, lo sforzo italiano è ben al di sotto dell'obiettivo dello 0,7% del Pil che, 35 anni fa, i Paesi donatori si erano prefissati di raggiungere entro il 1980. Tra i "cattivi" figurano anche Austria (0,2%), Portogallo (0,21%), Grecia (0,21%), Spagna (0,23%), Germania (0,28%) mentre fanno appena meglio Paesi come Gran Bretagna (0,34%), Finlandia (0,35%), Irlanda (0,41%), Francia (0,42%) e Belgio (0,61%). La palma di "buoni" va a un gruppo di Stati nordici che hanno centrato o superato l'obiettivo dello 0,7%, come Svezia (0,7%), Lussemburgo (0,8%), Olanda (0,81%) e Danimarca (0,84%). Quanto all'Italia il rapporto nota con preoccupazione che "appare improbabile il raggiungimento dell'obiettivo dello 0,33% per il 2006" e sottolinea che alcuni nuovi Stati membri, che solo ora iniziano a diventare donatori, "già rischiano di superarla". "In termini di aiuti" - sentenzia il rapporto - "e' chiaramente il Paese più cattivo d'Europa". Tra i criteri utilizzati per stilare la lista dei "buoni e cattivi" figura anche il rispetto dell'impegno, assunto dai Paesi ricchi nel 2001, di svincolare la concessione degli aiuti dall'obbligo per chi li riceve di acquistare prodotti del donatore. In proposito - nota il rapporto - l'Italia non ha fornito resoconti sin dal 2001 ma allora ben il 92% dei suoi aiuti erano vincolati all’acquisto di merci italiane. L'ultima strigliata del rapporto riguarda l'impegno alla cancellazione del debito nei confronti dei Paesi più poveri. Roma ha promesso la cancellazione di ben 4 miliardi di euro, ma ha finora depennato dai suoi crediti solo 2 miliardi. (R.G.)    

 

 

NEL MUSEO NAZIONALE DELLE ARTI E TRADIZIONI POPOLARI, A ROMA,

IN MOSTRA USI E COSTUMI DELLA SLOVACCHIA, TRA OTTOCENTO E NOVECENTO:

ABITI ACCESSORI E FOTOGRAFIE A TESTIMONIARE I VALORI DI UN PAESE.

LA RASSEGNA RESTERA’ APERTA FINO AL 3 APRILE

 

ROMA. = Il Museo Nazionale delle Arti e Tradizioni Popolari ospita la mostra ''Incantati dalla bellezza della tradizione'', organizzata in collaborazione con il Museo Nazionale Slovacco di Martin e l'Istituto Slovacco di Cultura di Roma, che potrà essere visitata fino al 3 aprile, dal martedì alla domenica dalle ore 9.00 alle 20.00. La mostra è articolata in due sezioni: la prima presenta una collezione di abiti e oreficeria tradizionali e contemporanei della Slovacchia del periodo compreso tra la fine del XIX e la prima metà del XX secolo. Costumi che hanno mantenuto, attraverso i secoli, gli elementi arcaici delle più antiche forme d'abbigliamento, ricami e tracce della moda del barocco, rococò e bidermaier e che hanno ispirato gli stilisti di moda fin dal XIX secolo. La seconda sezione della mostra è dedicata ad una rassegna di Karol Plicka, fotografo, regista e etnomusicologo. Il materiale fotografico documenta il periodo dagli anni Venti agli anni Settanta del XX secolo: si tratta di fotografie in bianco e nero che mostrano l'individuo colto nel suo modo di vestire e abitare. L'uomo ritratto da Plicka è raffigurato soprattutto nei momenti solenni, con l'abito tradizionale e nel suo ambiente, ma sono presenti anche fotografie che raffigurano il paesaggio e la natura slovacchi. (R.G.)

 

 

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24 ORE NEL MONDO

15 febbraio 2005

 

 

- A cura di Barbara Castelli -

 

Si è ulteriormente aggravato il bilancio dell’attentato, opera di un kamikaze alla guida di un’autobomba, compiuto ieri a Beirut e costato la vita, tra gli altri, all’ex premier libanese, Rafik al-Hariri, figura di spicco dell’opposizione anti-siriana. Il numero delle vittime è salito ad almeno quindici morti, comprese sette guardie del corpo di Hariri. Nella capitale libanese, intanto, sono stati proclamati tre giorni di lutto nazionale, mentre l’esercito è in stato di massima allerta. Sul fronte delle indagini, nessuna novità è trapelata dopo la notizia della perquisizione nell’abitazione della famiglia di Ahmed Taysir Abu Adas, il giovane palestinese che comparirebbe nel video della sigla finora sconosciuta che ha rivendicato l’attentato (“Gruppo per la predicazione e la Jihad nel Levante”). Con un comunicato diffuso su Internet, Al-Qaeda ha negato qualsiasi coinvolgimento dei propri miliziani nell’attentato dinamitardo. Domani si svolgeranno i funerali di Hariri. Ma perché uccidere l’ex premier libanese, che recentemente era tornato al centro della scena politica unendosi agli appelli dell’opposizione per il ritiro delle truppe siriane dal Libano prima delle elezioni generali di aprile? Ci risponde Roger Bouchahine, direttore dell’Osservatorio geopolitico mediorientale, intervistato da Francesca Sabatinelli:

 

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R. - Sicuramente Hariri ha rappresentato ultimamente la voce dell’opposizione per l’occupazione siriana del Libano, specificamente, per quello che riguarda il partito di Hezbollah. C’era e c’è tuttora nell’aria questa voglia di cacciare la Siria dal Libano e probabilmente Hariri aveva letto molto bene questa decisione dell’Onu, degli americani, dei francesi di effettuare questa liberazione del Libano, probabilmente facendo la mossa di dimettersi e di preparare tutta l’opposizione allo stesso grido contro la Siria. Aveva in programma quello di rieleggere un parlamento più libero di quanto non sia oggi. Qualcuno dice che la sua eliminazione non è soltanto a favore dei siriani o di Hezbollah soltanto, ma anche del governo libanese perché in questo caso in Libano non c’è più un’alternativa agli attuali governanti, visto che Hariri non c’è più.

 

D. – Quello che è accaduto ci riporta con la memoria ad un Libano che si pensava non fosse più così. Avete paura? Temete qualcosa?

 

R.- Questo è il metodo che è stato utilizzato in Libano negli ultimi 25 anni. E’ quello di impaurire la gente fino al silenzio. Questo ci mette paura veramente perché vince il più forte, vince chi ha le armi in mano. La mancanza di Hariri vuol dire un campo palestinese libero, un Hezbollah libero, i servizi segreti siriani sul territorio liberi. Non dico che lui tenesse a bada tutti, ma c’era una posizione forte perché Hariri era l’equilibrio economico del Paese, era l’equilibrio. Avremo uomini deboli in mano alla Siria, in mano a tutte le forze armate che si trovano attualmente sul territorio e questo ci preoccupa molto.

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Persiste un doloroso silenzio nella vicenda del sequestro in Iraq della giornalista italiana Giuliana Sgrena. Oggi il padre dell’inviata ha chiesto di avere notizie sulla sorte della figlia. Nel Paese del Golfo, intanto, gli episodi di violenza si verificano con puntualità, nonostante che si sia delineato chiaramente il quadro politico emerso dalle elezioni dello scorso 30 gennaio. Il nostro servizio:

 

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L’Alleanza Unita Irachena, il cartello di partiti e movimenti d’ispirazione sciita che ha vinto la tornata elettorale del 30 gennaio, ha proposto oggi come nuovo primo ministro Ibrahim al-Jaafari, attuale vice presidente della Repubblica e già a capo del disciolto Consiglio Governativo Iracheno, in carica quando l’amministrazione del Paese era ancora interamente affidata alle forze di occupazione guidate dagli Stati Uniti. Nel Paese del Golfo, tuttavia, è la violenza a restare in primo piano. Un soldato americano è stato ucciso oggi e altri tre feriti, nell’esplosione di un ordigno nei pressi di Baquba, 65 chilometri a nord di Baghdad. Cresce l’apprensione, intanto, per la sorte della giornalista italiana Giuliana Sgrena, da 12 giorni nelle mani della guerriglia. Oggi il padre dell’inviata del quotidiano “Il Manifesto” ha lanciato un appello ai rapitori per la sua liberazione. Si sono fatti sentire, invece, i minacciosi sequestratori di uno svedese di origine irachena, leader di un partito cristiano in Iraq. I terroristi hanno minacciato di decapitare l’uomo, se non verrà pagato un riscatto e fornito un calendario per il ritiro delle truppe statunitensi dal Paese. Più fortunato, invece, un uomo d’affari turco, Kahraman Sadikoglu: rapito a dicembre in Iraq, è stato rimesso in libertà ieri sera e verrà rimpatriato oggi. Previsto per oggi in Italia, infine, il voto parlamentare al Senato sul rifinanziamento della missione nel Paese del Golfo.

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Israele e Autorità nazionale palestinese (ANP) continuano a dialogare, ma l’uccisione ieri di un palestinese a Hebron e la caduta di una bomba di mortaio su una posizione dell’esercito nella Striscia di Gaza segnalano che il cessate il fuoco resta ancora fragile. A conferma delle difficoltà, inoltre, il rinvio del trasferimento della responsabilità per la sicurezza a Gerico da Israele all’ANP. Al via, intanto, il dibattito della Knesset sulla controversa legge di indennizzo per circa ottomila coloni israeliani, che nei prossimi mesi dovranno abbandonare le proprie abitazioni nella striscia di Gaza, nel contesto della politica di disimpegno dai palestinesi voluta dal premier, Ariel Sharon. Rinviato l’incontro, lunedì prossimo a Bruxelles, del nuovo presidente dell’Autorità palestinese, Abu Mazen, con i ministri degli Esteri dell’Unione Europea.

Ennesima sciagura in Cina. Almeno 203 minatori sono morti e altri 22 sono rimasti feriti per un’esplosione di grisù in una miniera di carbone vicino alla città di Fuxin, nel nordest del Paese. Altri 13 operai sono ancora intrappolati tra le macerie. Si tratta del più grave incidente negli ultimi 15 anni nell’industria mineraria cinese, che è la più grande e la più pericolosa del mondo. Nel 2004, secondo calcoli approssimativi, almeno 5.000 minatori sono morti in Cina in incidenti sul lavoro.

 

E’ di 59 morti e 210 feriti il bilancio dell’incendio scoppiato ieri per cause accidentali in una moschea nel centro di Teheran, in Iran. Alla base della sciagura, il chador di una donna che ha preso fuoco a causa di una vecchia stufa al kerosene. Le fiamme si sono propagate dal settore riservato alle donne a tutta la moschea, che era affollata oltre i limiti di sicurezza per le preghiere del tramonto, oltre che per i riti del Moharram, il mese del lutto sciita in cui si ricorda il martirio dell’Imam Hossein.

 

All’indomani dei tre attentati che nelle Filippine hanno causato 12 morti e oltre 130 feriti, la presidente, Gloria Arroyo, ha promesso di combattere il gruppo islamico Abu Sayyaf, che ha rivendicato le azioni terroristiche. Dopo aver rafforzato la sicurezza intorno ad aeroporti, porti, stazioni ferroviarie, centri commerciali e ambasciate, il capo di Stato ha invitato la popolazione a unirsi contro le organizzazioni terroristiche. Il gruppo, fondato all’inizio degli anni ’90 e vicino alla rete di Osama Bin Ladren, Al-Qaeda, si è fatto conoscere, in particolare, con sequestri di stranieri e attentati.

 

Dopo l’azzeramento del governo in carica, il re del Nepal, Gyanendra, sta ora definendo la sua nuova squadra. Ieri sono entrati nell’esecutivo, portando a dieci il numero dei ministri, Kirtinidhi Bista e Tulsi Giri, entrambi ex primi ministri licenziati diverse volte dagli ultimi tre re che si sono succeduti sul trono del Paese himalayano. Sempre ieri i Paesi dell’Unione Europea hanno deciso di richiamare gli ambasciatori presenti in Nepal, per una serie di consultazioni. Lo scorso 1 febbraio il sovrano ha preso i pieni poteri, sospendendo tutte le libertà civili e nominando un governo filomonarchico da lui presieduto. Alla base del colpo di Stato, la volontà di contrastare i ribelli maoisti, che da nove anni cercano di prendere il potere e di instaurare un regime comunista.

 

Si è spostata nelle zone montagnose del nord, l’eccezionale ondata di maltempo che da più di 10 giorni ha colpito il Pakistan, causando oltre 450 morti. Il servizio di Maria Grazia Coggiola:

 

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E’ emergenza per le abbondanti nevicate nella provincia di frontiera del nord-ovest, dove ieri sera è stato in visita il premier, Shaukat Aziz. A causa di slavine e vari incidenti ci sono stati circa 200 morti negli ultimi due giorni. Critica anche la situazione nel Kashmir pachistano, dove la neve ha provocato una cinquantina di vittime. E’ invece prevista, a partire da oggi, l’attenuazione delle piogge nella provincia del Baluchistan, dove diversi villaggi sono stati inondati dalla rottura di una diga, vicino alla città di Pasni, sul Mar Arabico. I senza tetto sarebbero decine di migliaia. Aerei militari stanno distribuendo generi di prima necessità, ma si teme l’insorgere di epidemie, secondo un funzionario locale dell’Organizzazione mondiale della sanità. Ancora incerto il numero dei dispersi, oltre un migliaio, secondo alcune agenzie di stampa. L’ondata di maltempo non ha influito, tuttavia, sulla visita del ministro degli esteri britannico, Jack Straw, che ieri ha incontrato il presidente, Pervez Musharraf. Hanno parlato soprattutto di proliferazione nucleare. Sempre sul fronte diplomatico, oggi arriva ad Islamabad il ministro degli Esteri indiano, per rilanciare alcune misure di distensione, tra cui il collegamento autobus tra i due Kashmir.

 

Da New Delhi, per la Radio Vaticana, Maria Grazia Coggiola.

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L’isola indonesiana di Sumatra, già devastata dal terremoto e dal successivo tsunami dello scorso 26 dicembre, ha tremato oggi per un sisma di magnitudo 5,4 gradi sulla scala Richter. Il terremoto non ha fortunatamente causato vittime. Terremoti e eruzioni vulcaniche sono assai frequenti nel Paese asiatico.

 

Con la firma di 26 accordi, 19 dei quali in campo energetico, si è conclusa ieri la visita del presidente brasiliano, Luiz Inacio Lula da Silva, in Venezuela, che ha segnato l’avvio di una cooperazione strategica fra due Paesi che, insieme a Messico ed Argentina, formano la spina dorsale dell’America latina. E c’è attesa per l’incontro, oggi a Caracas, tra il presidente del Venezuela, Hugo Chavez, e il presidente della Colombia, Alvaro Uribe, per ufficializzare la risoluzione della grave crisi diplomatica durata oltre un mese tra i due Paesi. Maurizio Salvi:

 

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Lula ed il collega venezuelano, Hugo Chavez, hanno assicurato di voler operare per il rafforzamento della neonata Unità Sudamericana delle Nazioni per poter negoziare da pari a pari con Stati Uniti, Europa, Giappone e per sperimentare nuovi progetti commerciali con altri grandi Paesi del sud del mondo, come Sudafrica, India e Cina. Intanto, Venezuela e Brasile hanno deciso di rafforzare le loro relazioni politiche, commerciali ed anche militari, con un modello che sarà proposto ad altri Paesi del continente. A Caracas la soddisfazione è grande perché grazie al consenso internazionale ormai Chavez ha messo in fila dietro di sé tutti i settori del Paese. Ma anche per Lula i motivi di gioia sono numerosi e fra questi l’appoggio venezuelano alla candidatura del Brasile per un seggio permanente nell’Onu e per la segreteria generale dell’Organizzazione mondiale del commercio.

 

Maurizio Salvi, per la Radio Vaticana.

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