RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLIX n.
46 - Testo della trasmissione martedì 15 febbraio 2005
IL PAPA E LA SANTA SEDE:
IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
Presentato a Roma il rapporto della FAO su “lo stato del
mercato dei prodotti agricoli 2004”
Stato di massima allerta
in Libano, dopo l’uccisione dell’ex premier al-Hariri. Al-Qaeda nega ogni
coinvolgimento nell’attentato
Ancora violenza in Iraq,
mentre l’Alleanza Unita Irachena propone l’attuale vice-presidente come nuovo
primo ministro
Almeno 203 i minatori
morti ieri in Cina, nella più grave tragedia del lavoro degli ultimi 15 anni.
15 febbraio 2005
PER TROVARE L’UNIONE CON DIO E PORTARLO ALL’UOMO
DI OGGI:
SECONDA GIORNATA DI ESERCIZI QUARESIMALI IN
VATICANO
- Intervista con mons. Renato Corti -
In Vaticano, proseguono gli esercizi spirituali della
Quaresima, ai quali prendono parte Giovanni Paolo II e la Curia Romana. Dopo le prime meditazioni a carattere
introduttivo, tenute dal predicatore mons. Renato Corti, vescovo di Novara,
questa mattina, in particolare durante la seconda meditazione, la riflessione
del presule è entrata nel vivo del tema che caratterizza la settimana di
preghiera e di riflessione: “La Chiesa a servizio della nuova ed eterna
Alleanza”. Lo stesso mons. Corti ci offre una sintesi dei suoi interventi, al
microfono di Giovanni Peduto:
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R. – Devo dire che la giornata di oggi è cominciata
rimanendo ancora all’interno delle meditazioni del primo giorno. Proprio per
questo, ho voluto proporre una meditazione sulla preghiera, ricordando che già
nell’introduzione avevo detto: “Per fare bene gli esercizi spirituali il vero
grembo di cui abbiamo bisogno è la preghiera. Sono esercizi di preghiera”. Ma
la cosa che quest’oggi ho voluto mettere in evidenza è che se la fede è una
relazione, questa relazione ha bisogno di esprimersi. Dio parla all’uomo che
risponde e la preghiera esprime questa risonanza dei toni della grazia di Dio.
E ho voluto porre in risalto che la relazione per il cristiano è relazione con
il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo.
D. – Per quanto riguarda la seconda?
R. – Con la seconda meditazione, ho iniziato ad
approfondire il tema specifico di questi esercizi spirituali. Il modo di
svolgerlo consiste concretamente nel prendere in mano le pagine fondamentali
della Sacra Scrittura che ci raccontano i passi di Dio verso l’umanità, a
cominciare dalle promesse fatte ad Abramo, dalla celebrazione dell’alleanza
fatta con Mosè, per giungere poi al Signore Gesù Cristo e in particolare al
mistero dell’Incarnazione, all’istituzione dell’Eucaristia, la passione e la
morte in croce e la Risurrezione. Nella prima meditazione di tutto questo ampio
cammino, la parola-chiave è “promessa”, che sta a dire: “Guarda, prima che tu
cerchi Dio, è Dio che cerca te. Prima che tu ti domandi: ‘Ma è il caso di
mettersi in rapporto con Dio, ed è possibile’? E’ Dio che già fin da prima
della Creazione ha su di noi un disegno – come dice San Paolo nella lettera
agli Efesini – di farci suoi figli adottivi nel Figlio unigenito, Verbo fatto
carne”.
**********
Sempre al microfono di Giovanni
Peduto, il vescovo di Novara si sofferma anche sul contenuto della doppia
meditazione di ieri pomeriggio:
**********
R. – Nel pomeriggio di ieri, la
meditazione ha sostato ancora sull’importanza fondamentale del riferimento a
Gesù Cristo e l’ho fatto in due maniere. Primo, giacché siamo in clima di
esercizi spirituali, ho detto che ciascuno di noi, in questo momento, farà bene
a rileggere la propria relazione personale con il Signore, o meglio la propria
risposta alla relazione che il Signore vuole stabilire con noi. Mi sono giovato
di alcune pagine evangeliche che raccontano diversi incontri con Gesù, ma molto
differenti tra loro. Gli apostoli stessi attraverso Pietro dicono: “Signore, tu
sei il Messia”, ma lui stesso poi tradisce il Signore. Questo, dunque, mostra
che il cammino della fede non è mai compiuto una volta per tutte, ma di giorno
in giorno occorre rinnovarlo. La cosa più alta e profonda è che questo cammino
che porta all’incontro con il Signore Gesù, in realtà è un cammino insieme con
Gesù all’incontro con il Padre. Nell’Ultima Cena, Cristo dirà: “Io e il Padre
siamo una cosa sola”. Gesù, dunque, emerge come il Figlio che si accosta a noi
per condurci a vivere un’esperienza di figli e, dunque, per aprirci e metterci
in comunione con il Padre.
D. – Un tema che ha sviluppato
anche nella seconda meditazione della mattina…
R. - Sì, ma rispondendo alla
domanda: “E noi che responsabilità abbiamo a proposito del servizio alla fede
dei nostri fratelli?”. E a questo proposito ho voluto ricordare che prima del
Giubileo, nella Tertio millennio adveniente, il Papa aveva posto alcune
domande che in sostanza volevano dire: ma noi, rileggendo la storia di questi
secoli, come cristiani, abbiamo sempre sostenuto la fede cristiana? O qualche
volta non siamo diventati un motivo di scandalo addirittura, o comunque di
difficoltà? Oppure abbiamo offerto una testimonianza molto pallida? Il Papa,
durante il Giubileo, ha compiuto quel gesto che ha tanto colpito il mondo: il
12 marzo del 2000, la Giornata del perdono ha aperto ad un impegno per il
futuro. La Novo millennio ineunte esprime
queste indicazioni che permettono alla Chiesa di testimoniare la luce di Cristo
per le generazioni che verranno. A questo riguardo, quindi, parlando ai
vescovi, mi è sembrato opportuno dire che il compito cosiddetto della “nuova
evangelizzazione” è un grande invito ad essere a servizio della fede, cercando
di comunicare con l’umanità dei nostri tempi, lasciandosi interpellare, per poi
raccogliere con amore la verità e con grande ricchezza di umanità ciò che il
Signore ha da dire per l’uomo di oggi.
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OGGI POMERIGGIO A COIMBRA, I FUNERALI DI SUOR
LUCIA, ULTIMA TESTIMONE DELLE APPARIZIONI DELLA MADONNA DI FATIMA.
IL CARDINALE TARCISIO BERTONE,
INVIATO SPECIALE DEL PAPA, PRESIEDERA’ LA CERIMONIA FUNEBRE.
COMMOZIONE TRA I FEDELI
DEL PORTOGALLO, CHE OGGI OSSERVA UN GIORNO DI LUTTO NAZIONALE
- Ai nostri microfoni, il
cardinale Tarcisio Bertone e la giornalista Aura Miguel -
Il Portogallo,
commosso, si stringe attorno al feretro di suor Lucia, ultima testimone dei tre
pastorelli ai quali, nel 1917 a Fatima, apparve la Madonna. Oggi nel Paese lusitano
si osserva una giornata di lutto nazionale in omaggio alla religiosa, scomparsa
domenica all’età di 97 anni. Dalle ore 12.00 italiane, il corpo della veggente
si trova nella cattedrale nuova di Coimbra, dove alle 17.00 si terranno i
funerali. Tanti i fedeli che, in queste ore, stanno tributando l’estremo saluto
a suor Lucia. La cerimonia funebre, cui prenderà parte anche il primo ministro
portoghese Pedro Santana Lopes, verrà presieduta dal cardinale Tarcisio
Bertone, arcivescovo di Genova, inviato speciale di Giovanni Paolo II. Il corpo
di suor Lucia tornerà al Carmelo: qui verrà tumulato nel cimitero del convento.
Tra un anno, poi, per sua stessa volontà, le spoglie di suor Lucia saranno
trasferite nel santuario di Fatima, dove già riposano i resti mortali di
Francisco e Giacinta, i due cuginetti di Lucia, destinatari assieme a lei delle
apparizioni mariane. Il cardinale Tarcisio Bertone, che ha più volte incontrato
suor Lucia, ricorda, in questa intervista di Giovanni Peduto, la figura della
veggente di Fatima:
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R. – Il ricordo
è quello di una persona solare, luminosa, piena di gioia per gli eventi di cui
era stata destinataria e nello stesso tempo piena di amicizia, amicizia per Gesù,
amicizia per Maria, Madre di Gesù e Madre nostra. Quindi, una donna
eccezionale, ma semplice, una donna piena di preghiera, di grazia, di amicizia
con l’umanità, perché depositaria di una grande speranza per l’umanità.
D. – Lucia ha
scelto la via della preghiera e del silenzio. Come ha vissuto, secondo lei, per
tanti anni, questa convivenza con la rivelazione straordinaria di cui era
testimone e custode?
R. – L’ha
vissuta, credo, con una grande devozione a Maria e con un senso della missione
di cui era stata resa partecipe, cioè la missione di annunciare al mondo questo
appello. Credo che molti sappiano che una delle ultime elaborazioni di questa
veggente di Fatima, di questa semplice donna ma piena di intuito divino, è il
suo libro “Gli appelli di Fatima”. Lei ha sentito fortemente questo appello
alla preghiera, alla penitenza, alla conversione e si è sentita investita di
questa missione di annunciare, di propagare gli appelli della Madonna a Fatima.
Lo ha fatto anche attraverso questo suo libro che è stato pubblicato in varie
lingue e che racchiude un po’ tutta la sua consapevolezza e direi anche la
missione di cui era stata resa destinataria. Ha chiesto il permesso alla Santa
Sede e al Papa di pubblicare questo libro e di moltiplicare così il messaggio
di Fatima a migliaia di persone cui è giunto il suo libro.
D. – Qual è l’eredità spirituale
che Suor Lucia lascia ai fedeli?
R. – Io credo che sia l’eredità di una grande
vicinanza di Dio e di Maria, la ‘donna vestita di sole’, la prima cooperatrice
dell’annunzio del Regno con Gesù e quindi la cooperatrice principale della
Salvezza. Lei ha visto Maria, è stata privilegiata da Maria per la sua semplicità
di cuore insieme con gli altri due pastorelli e lascia proprio questo ricordo e
questo impegno: di essere con Maria cooperatori della Salvezza. Lascia la spiritualità
dell’essere con Dio per la salvezza del mondo, attraverso le forme più
semplici: la preghiera, la santificazione della propria vita, del proprio
lavoro, la penitenza, la riparazione dei peccati del mondo e quindi un aiuto
che possa trasformare il cuore degli uomini di ogni epoca per la salvezza del
mondo.
D. – Quando la Madonna apparve,
a Fatima, a Lucia, Giacinta e Francisco era il 1917, davvero un’altra epoca.
Eppure negli anni il richiamo di Fatima per milioni di fedeli non si è
affievolito, anzi…. Perché secondo Lei?
R. – Perché la
presenza di Dio, l’appello di Dio all’umanità è un appello eterno, un appello
che chiama come nella prima Creazione, come un secolo fa, chiama gli uomini a
cooperare all’azione di Dio. Dio, nostro Padre e Creatore, ha creato l’uomo a
sua immagine, intelligente e libero, e lo ha chiamato a cooperare per la
trasformazione del mondo. Siccome, come abbiamo appena sentito nella prima
lettura della prima domenica di Quaresima, il primo uomo e la prima donna hanno
risposto no a Dio, bisogna riscattare questo no, che ha avuto così dolorose
conseguenze per l’umanità, con un sì che si unisca al sì di Gesù, figlio di Dio
incarnato, al sì di Maria, la donna del sì. Se tanti uomini e tante donne, in
ogni epoca, continuassero a dire sì a Dio, il mondo sarebbe trasformato con lo
spirito del Vangelo, con lo spirito delle Beatitudini.
D. – Giovanni
Paolo II è particolarmente legato al Santuario mariano di Fatima. Ha incontrato
anche tre volte suor Lucia. Una sua riflessione, eminenza, su questo legame
particolare ...
R. – Perché il vescovo vestito
di bianco della terza parte del segreto di Fatima è stato subito individuato
dai tre fanciulli come il Papa. Loro non sapevano quale Papa e purtroppo i
tristi eventi del 13 maggio, siamo sempre al 13 maggio e Lucia, dobbiamo anche
ricordarlo, è morta il 13 febbraio di quest’anno, hanno fatto riconoscere nel
Papa Giovanni Paolo II il destinatario della profezia di questi eventi
dolorosi, dell’attentato al vescovo vestito di bianco. Il Papa ha detto che la
mano materna di Maria ha deviato quella pallottola in modo che non cadesse
morto, come diceva la profezia, ma fosse salvo, come diceva la profezia a
condizione della preghiera e della penitenza dell’umanità. Il martirio del
nostro Papa, che continua anche attraverso la sua malattia, è un dono per tutta
l’umanità ed è stato un segno della vicinanza di Lucia con questo Papa, con
ogni Papa senza dubbio, ma in modo speciale con Giovanni Paolo II.
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Il Portogallo sta vivendo con particolare
emozione questo momento. Suor Lucia, infatti, è stato un punto di riferimento
per tutti i portoghesi non solo per i credenti. Ecco la testimonianza da
Coimbra, di Aura Miguel, giornalista della Radio cattolica Renascenza,
raccolta da Antonella Palermo:
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R. - Per noi è proprio una donna
importante, anche se lei era molto umile e semplice. Ha vissuto tutta la sua
vita nel Carmelo, dietro le grate come opzione di libertà. Per i portoghesi e
anche per i non credenti è veramente un punto di riferimento anche storico. Per
questo è anche una giornata di lutto nazionale e credo che sia molto
significativo perché è proprio l’espressione del popolo portoghese nei
confronti di Fatima e di tutto quello che ci ha fatto capire tramite i suoi
scritti.
D. – Hai avuto modo di
raccogliere qualche testimonianza fra le persone giunte a Coimbra?
R. - La gente è rimasta colpita
dal fatto che il Papa ha voluto inviare il cardinale Bertone. Sappiamo come lui
sia legato al messaggio di Fatima. Aveva conosciuto personalmente suor Lucia.
La cosa forse più commovente è la gente comune, un po’ come accade a Fatima.
Gente che viene qui quasi per stare in modo più profondo vicina al messaggio di
Fatima.
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NOMINA
In Sri Lanka, Giovanni Paolo II
ha nominato vescovo di Galle mons. Harold Anthony Perera, finora vescovo di
Ratnapura.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Apre
la prima pagina il Libano: l'uccisione di Rafik Hariri suscita forte preoccupazione
nella comunità internazionale; mobilitazione dell'esercito, la Siria respinge
le accuse.
Sempre
in prima, si sottolinea la profonda commozione in tutto il Portogallo per la
morte di suor Lucia, testimone del mistero di Fatima. Le esequie saranno presiedute
dal cardinale Tarcisio Bertone, Inviato Speciale del Santo Padre.
Nelle
vaticane, una pagina dedicata al cammino della Chiesa in Europa.
Nelle
estere, Medio Oriente: regge tra le difficoltà la tregua nei Territori autonomi
palestinesi; rinviato il passaggio di Gerico sotto il controllo dell'Autorità
Palestinese.
Nella
pagina culturale, un articolo di Faustino Avagliano dal titolo "Nella bomba
inesplosa accanto alla tomba di s. Benedetto il segno della rinascita di
Montecassino": il 15 febbraio del 1944 l'abbazia fu ridotta in un ammasso
di macerie dagli Alleati.
Per
l’ "Osservatore libri", un articolo di Armando Rigobello in merito
all'opera di Adriano Fabris dal titolo "Teologia e filosofia".
Nelle
pagine italiane, l'opposizione divisa tra "no" e astensione
riguardo alla proroga della missione in Iraq; si cerca una posizione
comune prima del voto.
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15
febbraio 2005
IL SANGUE VERSATO DA SUOR DOROTHY CHIEDE DI
CONTINUARE IL SUO IMPEGNO IN DIFESA DEGLI ULTIMI:
E’ QUANTO EMERGE DALLE VARIE TESTIMONIANZE DI CHI
HA CONOSCIUTO E
HA OPERATO INSIEME CON LA MISSIONARIA UCCISA
DOMENICA SCORSA IN BRASILE
- Intervista con dom Erwin Kräutler e suor Anna
Bernardetta -
“Il sangue versato da suor
Dorothy ci incita a continuare a difendere gli ultimi, i più poveri”: con
queste parole dom Erwin Kräutler, vescovo di Xingu, nello Stato del Parà, torna
a sottolineare l’impegno missionario accanto ai più poveri della suora uccisa
domenica scorsa. La suora aveva chiesto di essere sepolta ad Anapu, dove
lavorava da oltre 20 anni, e lo aveva fatto sapendo di non essere al sicuro
dopo le minacce subite. Il vescovo di Xintu spiega, infatti, come l’omicidio non sia un episodico fatto
di violenza ma frutto della scelta di eliminare una persona impegnata a difendere
i contadini poveri. Nell’intervista di Fabio Colagrande, racconta anche il suo
personale dolore:
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R. – I’VE BEEN SAD. I
CANNOT BELIEVE…
Ho provato molto molto dolore.
Non potevo credere che una donna che aveva dedicato la sua vita ai poveri potesse
morire in questo modo. Sister Dorothy era venuta nella regione dello Xingu per
aiutare i poveri, soprattutto i contadini e i rifugiati che vivono lungo
l’autostrada trans-amazzonica. L’hanno uccisa perché prendeva posizione a
favore dei contadini. Qui, nella regione amazzonica, è pericoloso, perché i
grandi proprietari, i latifondisti, vogliono tutto il terreno e vogliono
cacciare via tutta la popolazione, compresi questi piccoli contadini che vorrebbero
solo un piccolo pezzo di terra per poter sopravvivere con le loro famiglie. Sister
Dorothy ha versato il suo sangue e penso che il suo sangue parli a noi con una
voce molto forte: ci incita a continuare a difendere gli ultimi, i più poveri.
La nostra missione è difendere i contadini che vivono nel terrore, perché sono
minacciati dai latifondisti e dai laggers, i taglialegna sicari che
infestano queste terre.
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Ascoltiamo, sempre
nell’intervista di Fabio Colagrande, il ricordo personale della Superiora delle
suore di Notre Dame di Namur, cui apparteneva suor Dorothy, suor Anna
Bernardetta:
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R. – Tutto il Consiglio generale
era raccolto a Lima, in Perù, dove si stava tenendo proprio un incontro
internazionale delle nostre suore di tutta l’America Latina. Suor Dorothy era
l’unica che non era andata, proprio per stare, in un momento difficile, accanto
alle persone con cui viveva e con cui lavorava e a cui ha dato tutta la sua
vita.
D. – Cosa rappresentava suor
Dorothy per la vostra Congregazione?
R. – Era una donna serena,
allegra, gioiosa, dal volto sempre aperto e disponibile.
D. - Il suo sacrificio quale
tipo di messaggio lascia a voi consorelle?
R. – E’ una
conferma di quella che è la nostra scelta, la scelta di tutta la Congregazione: noi, mentre manteniamo una forte tradizione
educativa, scegliamo di stare con i poveri e specialmente con le donne e i
bambini nei luoghi più abbandonati. Suor Dorothy, come tutte le altre suore in
particolare nei Paesi più poveri, incarnava questa realtà, questa nostra scelta di fondo. Anche nei Paesi
europei dove non ci sono queste situazioni così tragiche, ci sono tanti
problemi e quindi abbiamo ribadito la nostra volontà di essere accanto, con le
nostre scuole, alle famiglie, ai bambini che hanno bisogno di una parola di
conforto, di un aiuto particolare.
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“SEMIRAMIDE” DI GIOACHINO ROSSINI INAUGURA
LA STAGIONE DEL TEATRO DELL’OPERA DI ROMA, CHE
FESTEGGIA 125 ANNI
- Intervista con Gianluigi Gelmetti e Pier Luigi
Pizzi -
“Semiramide”
di Gioachino Rossini inaugura stasera la stagione del Teatro dell’Opera di
Roma, che festeggia quest’anno i 125 anni della sua apertura. Sulla scena un
capolavoro rappresentativo del bel canto puro. Il servizio di Luca Pellegrini.
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Ecco
l’infelice storia della Regina di Babilonia, Semiramide. Andata in scena il 3
febbraio 1823 alla Fenice di Venezia, è l’ultima opera scritta dal trentunenne
Rossini prima di lasciare l’Italia. Quasi quattro ore di sublime musica, un
inesorabile, affascinante procedere di perfetti e compiuti numeri musicali,
quasi autoreferenziali nella loro apollinea bellezza e armoniosa staticità. Il
maestro Gianluigi Gelmetti, direttore musicale del Teatro, questa sera sul
podio, individua le ragioni che lo hanno condotto a scegliere questo titolo per
l’inaugurazione:
“Ci sono diverse ragioni. Prima di tutto è un capolavoro
assoluto. E’ una delle opere di Rossini più importanti, più significative. E’
stata l’opera con la quale lui ha concluso il suo ciclo italiano. Semiramide
è la summa di tutte le esperienze operistiche fino a quel momento. La ragione,
non secondaria, per cui la facciamo quest’anno è che sono i 125 anni del nostro
Teatro e la Semiramide inaugurò proprio il Teatro. Un teatro è un
oggetto freddo, vuoto e senza vita fintanto che i suoni gli danno la vita, lo
rendono un oggetto vivo. Quindi, i primi suoni che sono risuonati all’interno
del Teatro Costanzi, poi Teatro Reale e adesso Teatro dell’Opera, sono stati
quelli della Semiramide. Quindi, per i 125 anni del nostro amato Teatro
ci è sembrato importante e bene augurante iniziare questo anno con la Semiramide”.
Pier Luigi Pizzi, regista ed
anche autore delle monumentali scene e degli splendidi costumi, è un artista di
grande fantasia. E’ molto legato all’allestimento, famosissimo, di
“Semiramide”, realizzato ad Aix-en-Provence nel 1980, quello che segnò il suo
debutto come regista rossiniano. Sono trascorsi 25 anni. Maestro, quali sono le
caratteristiche di questa nuova messinscena?
“Mi trovo a
riprendere il discorso su questo capolavoro che io considero l’ultima opera
barocca e che è anche l’ultima opera che Rossini ha scritto in Italia, prima di
andare a Parigi. E’ un’opera che riassume il grande significato che ha avuto
l’opera barocca durante tutto un secolo e Rossini la consegna ai suoi
contemporanei come una sintesi perfetta di un genere che ormai era arrivato
alla conclusione. C’è tutta una serie di confronti tra i personaggi che ne
fanno un dramma assolutamente trascinante, molto coinvolgente e molto moderno”.
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15 febbraio 2005
PRESENTATO
STAMANE A ROMA IL RAPPORTO FAO
SU “LO STATO DEL MERCATO DEI PRODOTTI
AGRICOLI 2004”:
CONFERMATA LA TENDENZA AL RIBASSO
DEI PREZZI, CHE PERO’ DANNEGGIA LA SICUREZZA ALIMENTARE DEI PAESI IN VIA DI SVILUPPO
- A cura di Eugenio Bonanata -
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ROMA. =
Da un lato il ribasso dei prezzi minaccia alcuni Paesi in via di sviluppo dove
la vendita dei prodotti agricoli rappresenta l’unica fonte di entrate.
Dall’altro lato, i prezzi più bassi consentono a molti Paesi poveri, importatori
di alimenti, di soddisfare più agevolmente il proprio fabbisogno alimentare. Il
rapporto puntualizza che in molti Paesi in via di sviluppo, soprattutto in
Africa subsahariana, in America Latina o nei Carabi, una grossa quota del
commercio estero dipenda da un piccolo numero di prodotti, spesso uno solo.
Questa concentrazione lascia molti Paesi esposti alle condizioni sfavorevoli
del mercato e del clima. Inoltre - si legge nel documento - la situazione è
esacerbata dalle distorsioni del mercato, causate dalle tariffe doganali e dai
sussidi dei Paesi sviluppati, dalle tariffe doganali dei Paesi in via di
sviluppo e dalla posizione di potere sul mercato occupata dalle grandi
compagnie multinazionali. Il rapporto sollecita l’eliminazione di queste distorsioni
ed avverte che tariffe doganali alte e sussidi ai produttori nei Paesi
sviluppati limitano l’accesso al mercato e spingono i prezzi dei prodotti al
ribasso. I mercati dei prodotti agricoli nei Paesi sviluppati sono quelli in
maggior espansione, ma il rapporto fa notare che essi sono anche quelli più
pesantemente protetti. Il Rapporto FAO indica un piano di azione per combattere
i problemi dell’offerta eccedente. In particolare, invita l’Organizzazione mondiale del commercio (WTO) a mettere
all’ordine del giorno la riduzione delle tariffe doganali e la politica dei
sussidi ai produttori. Si chiedono, dunque, misure a sostegno dei Paesi meno
sviluppati, affinché possano sfruttare a pieno le opportunità offerte dalla
liberalizzazione del commercio. Infine, il documento raccomanda maggiori investimenti
per incrementare la produttività dei prodotti alimentari destinati al mercato
interno dei Paesi poveri e soprattutto per promuovere la diversificazione verso
prodotti agricoli non tradizionali. Si auspicano infine programmi di assistenza
ai coltivatori, proponendo indennità contro imprevisti climatici.
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RIUNITO DA
IERI A NEW YORK IL GRUPPO DI LAVORO
INCARICATO DI REDIGERE UNA BOZZA
DI DICHIARAZIONE
CHE SOLLECITI TUTTI I PAESI
DELL’ONU AD ADOTTARE LEGGI CHE PROIBISCANO LA CLONAZIONE UMANA,
DOPO IL FALLIMENTO DEI NEGOZIATI
PER UN TRATTATO INTERNAZIONALE
NEW YORK. = Bloccati per anni i
colloqui su un Trattato internazionale per il bando della clonazione umana, i
diplomatici dell'Onu sono tornati ieri a riunirsi sulla base di nuova proposta
presentata dall'Italia. Al cuore del dibattito sono gli studi sulle cellule
staminali ed altri tipi di ricerca che si basano sulla cosiddetta clonazione
terapeutica in cui embrioni umani vengono clonati per ottenere le cellule
staminali necessarie e poi distrutti. Ma molti governi, particolarmente quelli
di Paesi con ampia popolazione cattolica, sono contrari a questo tipo di
ricerca. L'obiettivo di un Trattato mondiale sulla clonazione risale al 2001 e
fu proposto da Francia e Gran Bretagna. Il tentativo fallì quando
l'amministrazione Bush propose di estendere il Trattato ad ogni esperimento di
clonazione di embrioni, un passo che alcuni governi e parte della comunità
scientifica criticarono come un ‘freno’ per la ricerca medica. Da qui il
rilancio da parte italiana di un gruppo di lavoro che possa elaborare una
dichiarazione politica ma non vincolante al posto di un Trattato. Una
dichiarazione che solleciti l'adozione di leggi che ''proibiscano ogni
tentativo di creare la vita umana attraverso processi di clonazione ed ogni
tipo di ricerca mirata a questo
scopo''. La bozza di dichiarazione verrebbe poi sottoposta entro la fine della
prossima settimana ad un Comitato legale, ma l’accordo non si preannuncia
facile, nonostante i buoni auspici espressi dal presidente del Gruppo di
lavoro, l’ambasciatore marocchino Mohammed Bennouna (R.G.)
ENTRERA’
IN VIGORE DOMANI, 16 FEBBRAIO, IL PROTOCOLLO DI KYOTO
PER LA RIDUZIONE DEI GAS
RESPONSABILI DELL’EFFETTO SERRA.
NUMEROSE LE INIZIATIVE
PREVISTE PER SENSIBILIZZARE LE POPOLAZIONI DEI PAESI
CHE HANNO ADERITO AL
TRATTATO INTERNAZIONALE
KYOTO. = Entrerà in vigore domani, 16 febbraio, il
Protocollo di Kyoto per la riduzione delle emissioni di gas responsabili
dell’effetto serra. Dopo sei anni di negoziati e la recente adesione della
Russia, questa data segna l’ultima tappa di un lungo cammino che deve
proseguire ora attraverso un’azione internazionale congiunta, con l’obiettivo
di lottare contro i cambiamenti climatici causati dall’effetto serra e del
riscaldamento del pianeta. Per il 2012 si auspica anche la partecipazione
attiva di Stati Uniti, Australia, Cina, India e Brasile, che non hanno ancora
aderito al Protocollo, mentre l’Unione europea lo ha già firmato il 29 aprile
del ‘98. L’accordo prevede per gli Stati membri una diminuzione collettiva di
sei gas ad effetto serra dell’8%, tra il 2008 e il 2012. A tal fine sono
previste numerose campagne di sensibilizzazione per sollecitare i cittadini dei
singoli Paesi a tenere comportamenti e stili di vita corretti, in linea con
l’obiettivo del Protocollo, auspicando un uso oculato dell’energia soprattutto
in casa e negli spostamenti: un modo concreto di vivere secondo gli obiettivi
di Kyoto. Per l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) il Protocollo
segnerà una tappa decisiva non solo per la prevenzione delle malattie e delle
morti causate dall’inquinamento atmosferico ma, auspicando una riduzione degli
spostamenti urbani, anche di quelle provocate dagli incidenti stradali. (M.V.S.)
ALL’ITALIA LA ‘MAGLIA NERA’
NELL’UNIONE EUROPEA PER MINORI AIUTI ALLO SVILUPPO NEI PAESI POVERI,
RISPETTO AL PRODOTTO INTERNO LORDO (PIL): SOLO LO
0,17 RISPETTO ALLO 0,7 FISSATO
MA RISPETTATO SOLO DA QUATTRO PAESI DEL NORD EUROPA
BRUXELLES.
= L'Italia è lo Stato europeo meno generoso nel concedere aiuti ai Paesi poveri
del mondo. L'accusa è lanciata da tre organizzazioni benefiche, Action Aid,
Eurodad e Oxfam, che hanno stilato una lista intitolata "I buoni e i
cattivi dell'Unione europea". Dalla ricerca risulta che, esclusi i dieci
nuovi Stati membri, l’Italia è ultima in classifica per la percentuale di
Prodotto interno lordo (Pil) dedicato all'assistenza allo sviluppo: appena lo
0,17. Oltretutto, lo sforzo italiano è ben al di sotto dell'obiettivo dello
0,7% del Pil che, 35 anni fa, i Paesi donatori si erano prefissati di
raggiungere entro il 1980. Tra i "cattivi" figurano anche Austria
(0,2%), Portogallo (0,21%), Grecia (0,21%), Spagna (0,23%), Germania (0,28%)
mentre fanno appena meglio Paesi come Gran Bretagna (0,34%), Finlandia (0,35%),
Irlanda (0,41%), Francia (0,42%) e Belgio (0,61%). La palma di
"buoni" va a un gruppo di Stati nordici che hanno centrato o superato
l'obiettivo dello 0,7%, come Svezia (0,7%), Lussemburgo (0,8%), Olanda (0,81%)
e Danimarca (0,84%). Quanto all'Italia il rapporto nota con preoccupazione che
"appare improbabile il raggiungimento dell'obiettivo dello 0,33% per il
2006" e sottolinea che alcuni nuovi Stati membri, che solo ora iniziano a
diventare donatori, "già rischiano di superarla". "In termini di
aiuti" - sentenzia il rapporto - "e' chiaramente il Paese più cattivo
d'Europa". Tra i criteri utilizzati per stilare la lista dei "buoni e
cattivi" figura anche il rispetto dell'impegno, assunto dai Paesi ricchi
nel 2001, di svincolare la concessione degli aiuti dall'obbligo per chi li
riceve di acquistare prodotti del donatore. In proposito - nota il rapporto -
l'Italia non ha fornito resoconti sin dal 2001 ma allora ben il 92% dei suoi
aiuti erano vincolati all’acquisto di merci italiane. L'ultima strigliata del
rapporto riguarda l'impegno alla cancellazione del debito nei confronti dei
Paesi più poveri. Roma ha promesso la cancellazione di ben 4 miliardi di euro,
ma ha finora depennato dai suoi crediti solo 2 miliardi. (R.G.)
NEL MUSEO
NAZIONALE DELLE ARTI E TRADIZIONI POPOLARI, A ROMA,
IN MOSTRA USI E COSTUMI DELLA SLOVACCHIA, TRA
OTTOCENTO E NOVECENTO:
ABITI ACCESSORI E FOTOGRAFIE A TESTIMONIARE I VALORI
DI UN PAESE.
LA RASSEGNA RESTERA’ APERTA FINO AL 3 APRILE
ROMA.
= Il Museo Nazionale delle Arti e Tradizioni Popolari ospita la mostra ''Incantati
dalla bellezza della tradizione'', organizzata in collaborazione con il Museo
Nazionale Slovacco di Martin e l'Istituto Slovacco di Cultura di Roma, che potrà
essere visitata fino al 3 aprile, dal martedì alla domenica dalle ore 9.00 alle
20.00. La mostra è articolata in due sezioni: la prima presenta una collezione
di abiti e oreficeria tradizionali e contemporanei della Slovacchia del periodo
compreso tra la fine del XIX e la prima metà del XX secolo. Costumi che hanno
mantenuto, attraverso i secoli, gli elementi arcaici delle più antiche forme
d'abbigliamento, ricami e tracce della moda del barocco, rococò e bidermaier e
che hanno ispirato gli stilisti di moda fin dal XIX secolo. La seconda sezione
della mostra è dedicata ad una rassegna di Karol Plicka, fotografo, regista e
etnomusicologo. Il materiale fotografico documenta il periodo dagli anni Venti
agli anni Settanta del XX secolo: si tratta di fotografie in bianco e nero che
mostrano l'individuo colto nel suo modo di vestire e abitare. L'uomo ritratto
da Plicka è raffigurato soprattutto nei momenti solenni, con l'abito
tradizionale e nel suo ambiente, ma sono presenti anche fotografie che
raffigurano il paesaggio e la natura slovacchi. (R.G.)
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15 febbraio 2005
- A cura
di Barbara Castelli -
Si è ulteriormente aggravato il
bilancio dell’attentato, opera di un kamikaze alla guida di un’autobomba,
compiuto ieri a Beirut e costato la vita, tra gli altri, all’ex premier libanese,
Rafik al-Hariri, figura di spicco dell’opposizione anti-siriana. Il numero
delle vittime è salito ad almeno quindici morti, comprese sette guardie del
corpo di Hariri. Nella capitale libanese, intanto, sono stati proclamati tre
giorni di lutto nazionale, mentre l’esercito è in stato di massima allerta. Sul
fronte delle indagini, nessuna novità è trapelata dopo la notizia della
perquisizione nell’abitazione della famiglia di Ahmed Taysir Abu Adas, il giovane
palestinese che comparirebbe nel video della sigla finora sconosciuta che ha
rivendicato l’attentato (“Gruppo per la predicazione e la Jihad nel Levante”).
Con un comunicato diffuso su Internet, Al-Qaeda ha negato qualsiasi
coinvolgimento dei propri miliziani nell’attentato dinamitardo. Domani si
svolgeranno i funerali di Hariri. Ma perché uccidere l’ex premier libanese, che
recentemente era tornato al centro della scena politica unendosi agli appelli
dell’opposizione per il ritiro delle truppe siriane dal Libano prima delle elezioni
generali di aprile? Ci risponde Roger Bouchahine, direttore dell’Osservatorio
geopolitico mediorientale, intervistato da Francesca Sabatinelli:
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R. - Sicuramente Hariri ha
rappresentato ultimamente la voce dell’opposizione per l’occupazione siriana
del Libano, specificamente, per quello che riguarda il partito di Hezbollah.
C’era e c’è tuttora nell’aria questa voglia di cacciare la Siria dal Libano e
probabilmente Hariri aveva letto molto bene questa decisione dell’Onu, degli
americani, dei francesi di effettuare questa liberazione del Libano,
probabilmente facendo la mossa di dimettersi e di preparare tutta l’opposizione
allo stesso grido contro la Siria. Aveva in programma quello di rieleggere un
parlamento più libero di quanto non sia oggi. Qualcuno dice che la sua
eliminazione non è soltanto a favore dei siriani o di Hezbollah soltanto, ma
anche del governo libanese perché in questo caso in Libano non c’è più
un’alternativa agli attuali governanti, visto che Hariri non c’è più.
D. – Quello che è accaduto ci
riporta con la memoria ad un Libano che si pensava non fosse più così. Avete
paura? Temete qualcosa?
R.- Questo è il metodo che è
stato utilizzato in Libano negli ultimi 25 anni. E’ quello di impaurire la
gente fino al silenzio. Questo ci mette paura veramente perché vince il più
forte, vince chi ha le armi in mano. La mancanza di Hariri vuol dire un campo
palestinese libero, un Hezbollah libero, i servizi segreti siriani sul
territorio liberi. Non dico che lui tenesse a bada tutti, ma c’era una posizione
forte perché Hariri era l’equilibrio economico del Paese, era l’equilibrio.
Avremo uomini deboli in mano alla Siria, in mano a tutte le forze armate che si
trovano attualmente sul territorio e questo ci preoccupa molto.
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Persiste un doloroso silenzio
nella vicenda del sequestro in Iraq della giornalista italiana Giuliana Sgrena.
Oggi il padre dell’inviata ha chiesto di avere notizie sulla sorte della figlia.
Nel Paese del Golfo, intanto, gli episodi di violenza si verificano con
puntualità, nonostante che si sia delineato chiaramente il quadro politico
emerso dalle elezioni dello scorso 30 gennaio. Il nostro servizio:
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L’Alleanza Unita Irachena, il
cartello di partiti e movimenti d’ispirazione sciita che ha vinto la tornata
elettorale del 30 gennaio, ha proposto oggi come nuovo primo ministro Ibrahim
al-Jaafari, attuale vice presidente della Repubblica e già a capo del disciolto
Consiglio Governativo Iracheno, in carica quando l’amministrazione del Paese
era ancora interamente affidata alle forze di occupazione guidate dagli Stati
Uniti. Nel Paese del Golfo, tuttavia, è la violenza a restare in primo piano.
Un soldato americano è stato ucciso oggi e altri tre feriti, nell’esplosione di
un ordigno nei pressi di Baquba, 65 chilometri a nord di Baghdad. Cresce
l’apprensione, intanto, per la sorte della giornalista italiana Giuliana
Sgrena, da 12 giorni nelle mani della guerriglia. Oggi il padre dell’inviata
del quotidiano “Il Manifesto” ha lanciato un appello ai rapitori per la sua
liberazione. Si sono fatti sentire, invece, i minacciosi sequestratori di uno
svedese di origine irachena, leader di un partito cristiano in Iraq. I
terroristi hanno minacciato di decapitare l’uomo, se non verrà pagato un
riscatto e fornito un calendario per il ritiro delle truppe statunitensi dal
Paese. Più fortunato, invece, un uomo d’affari turco, Kahraman Sadikoglu:
rapito a dicembre in Iraq, è stato rimesso in libertà ieri sera e verrà
rimpatriato oggi. Previsto per oggi in Italia, infine, il voto parlamentare al
Senato sul rifinanziamento della missione nel Paese del Golfo.
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Israele
e Autorità nazionale palestinese (ANP) continuano a dialogare, ma l’uccisione
ieri di un palestinese a Hebron e la caduta di una bomba di mortaio su una
posizione dell’esercito nella Striscia di Gaza segnalano che il cessate il
fuoco resta ancora fragile. A conferma delle difficoltà, inoltre, il rinvio del
trasferimento della responsabilità per la sicurezza a Gerico da Israele
all’ANP. Al via, intanto, il dibattito della Knesset sulla controversa legge di
indennizzo per circa ottomila coloni israeliani, che nei prossimi mesi dovranno
abbandonare le proprie abitazioni nella striscia di Gaza, nel contesto della
politica di disimpegno dai palestinesi voluta dal premier, Ariel Sharon.
Rinviato l’incontro, lunedì prossimo a Bruxelles, del nuovo presidente
dell’Autorità palestinese, Abu Mazen, con i ministri degli Esteri dell’Unione
Europea.
Ennesima sciagura in Cina.
Almeno 203 minatori sono morti e altri 22 sono rimasti feriti per un’esplosione
di grisù in una miniera di carbone vicino alla città di Fuxin, nel nordest del
Paese. Altri 13 operai sono ancora intrappolati tra le macerie. Si tratta del
più grave incidente negli ultimi 15 anni nell’industria mineraria cinese, che è
la più grande e la più pericolosa del mondo. Nel 2004, secondo calcoli
approssimativi, almeno 5.000 minatori sono morti in Cina in incidenti sul
lavoro.
E’ di 59 morti e 210 feriti il
bilancio dell’incendio scoppiato ieri per cause accidentali in una moschea nel
centro di Teheran, in Iran. Alla base della sciagura, il chador di una donna
che ha preso fuoco a causa di una vecchia stufa al kerosene. Le fiamme si sono
propagate dal settore riservato alle donne a tutta la moschea, che era
affollata oltre i limiti di sicurezza per le preghiere del tramonto, oltre che
per i riti del Moharram, il mese del lutto sciita in cui si ricorda il martirio
dell’Imam Hossein.
All’indomani dei tre attentati
che nelle Filippine hanno causato 12 morti e oltre 130 feriti, la presidente,
Gloria Arroyo, ha promesso di combattere il gruppo islamico Abu Sayyaf, che ha
rivendicato le azioni terroristiche. Dopo aver rafforzato la sicurezza intorno
ad aeroporti, porti, stazioni ferroviarie, centri commerciali e ambasciate, il
capo di Stato ha invitato la popolazione a unirsi contro le organizzazioni
terroristiche. Il gruppo, fondato all’inizio degli anni ’90 e vicino alla rete
di Osama Bin Ladren, Al-Qaeda, si è fatto conoscere, in particolare, con
sequestri di stranieri e attentati.
Dopo l’azzeramento del governo
in carica, il re del Nepal, Gyanendra, sta ora definendo la sua nuova squadra.
Ieri sono entrati nell’esecutivo, portando a dieci il numero dei ministri,
Kirtinidhi Bista e Tulsi Giri, entrambi ex primi ministri licenziati diverse
volte dagli ultimi tre re che si sono succeduti sul trono del Paese himalayano.
Sempre ieri i Paesi dell’Unione Europea hanno deciso di richiamare gli
ambasciatori presenti in Nepal, per una serie di consultazioni. Lo scorso 1
febbraio il sovrano ha preso i pieni poteri, sospendendo tutte le libertà
civili e nominando un governo filomonarchico da lui presieduto. Alla base del
colpo di Stato, la volontà di contrastare i ribelli maoisti, che da nove anni
cercano di prendere il potere e di instaurare un regime comunista.
Si è spostata nelle zone
montagnose del nord, l’eccezionale ondata di maltempo che da più di 10 giorni
ha colpito il Pakistan, causando oltre 450 morti. Il servizio di Maria Grazia Coggiola:
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E’ emergenza per le abbondanti
nevicate nella provincia di frontiera del nord-ovest, dove ieri sera è stato in
visita il premier, Shaukat Aziz. A causa di slavine e vari incidenti ci sono
stati circa 200 morti negli ultimi due giorni. Critica anche la situazione nel
Kashmir pachistano, dove la neve ha provocato una cinquantina di vittime. E’
invece prevista, a partire da oggi, l’attenuazione delle piogge nella provincia
del Baluchistan, dove diversi villaggi sono stati inondati dalla rottura di una
diga, vicino alla città di Pasni, sul Mar Arabico. I senza tetto sarebbero
decine di migliaia. Aerei militari stanno distribuendo generi di prima
necessità, ma si teme l’insorgere di epidemie, secondo un funzionario locale
dell’Organizzazione mondiale della sanità. Ancora incerto il numero dei
dispersi, oltre un migliaio, secondo alcune agenzie di stampa. L’ondata di
maltempo non ha influito, tuttavia, sulla visita del ministro degli esteri
britannico, Jack Straw, che ieri ha incontrato il presidente, Pervez Musharraf.
Hanno parlato soprattutto di proliferazione nucleare. Sempre sul fronte
diplomatico, oggi arriva ad Islamabad il ministro degli Esteri indiano, per
rilanciare alcune misure di distensione, tra cui il collegamento autobus tra i
due Kashmir.
Da New Delhi, per la Radio
Vaticana, Maria Grazia Coggiola.
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L’isola indonesiana di Sumatra,
già devastata dal terremoto e dal successivo tsunami dello scorso 26 dicembre,
ha tremato oggi per un sisma di magnitudo 5,4 gradi sulla scala Richter. Il
terremoto non ha fortunatamente causato vittime. Terremoti e eruzioni vulcaniche
sono assai frequenti nel Paese asiatico.
Con la firma di 26 accordi, 19
dei quali in campo energetico, si è conclusa ieri la visita del presidente
brasiliano, Luiz Inacio Lula da Silva, in Venezuela, che ha segnato l’avvio di
una cooperazione strategica fra due Paesi che, insieme a Messico ed Argentina,
formano la spina dorsale dell’America latina. E c’è attesa per l’incontro, oggi
a Caracas, tra il presidente del Venezuela, Hugo Chavez, e il presidente della
Colombia, Alvaro Uribe, per ufficializzare la risoluzione della grave crisi
diplomatica durata oltre un mese tra i due Paesi. Maurizio Salvi:
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Lula ed il collega venezuelano,
Hugo Chavez, hanno assicurato di voler operare per il rafforzamento della
neonata Unità Sudamericana delle Nazioni per poter negoziare da pari a pari con
Stati Uniti, Europa, Giappone e per sperimentare nuovi progetti commerciali con
altri grandi Paesi del sud del mondo, come Sudafrica, India e Cina. Intanto,
Venezuela e Brasile hanno deciso di rafforzare le loro relazioni politiche,
commerciali ed anche militari, con un modello che sarà proposto ad altri Paesi
del continente. A Caracas la soddisfazione è grande perché grazie al consenso
internazionale ormai Chavez ha messo in fila dietro di sé tutti i settori del
Paese. Ma anche per Lula i motivi di gioia sono numerosi e fra questi
l’appoggio venezuelano alla candidatura del Brasile per un seggio permanente
nell’Onu e per la segreteria generale dell’Organizzazione mondiale del commercio.
Maurizio Salvi, per la Radio
Vaticana.
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