RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLIX n. 43 - Testo della trasmissione sabato 12 febbraio 2005

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Chiesa e Stato francese collaborino nel rispetto delle proprie autonomie, e il clero e i fedeli diano testimonianza dei valori del Vangelo, sui quali la Francia e l’Europa sono stati costruiti. Lo afferma il Papa in una lettera per il centesimo anniversario della legge sul principio della laicità dello Stato

 

Si sono concluse ieri pomeriggio in Camerun le celebrazioni per la Giornata Mondiale del Malato: il Papa in un messaggio invoca la solidarietà del mondo per i malati dell’Africa

 

Il messaggio del Pontefice per la Messa celebrata dal cardinale Ruini in San Pietro per l’Opera Romana Pellegrinaggi e l’UNITALSI nella commemorazione della Vergine di Lourdes:   con noi Salvatore Pagliuca

 

“Sradicare la povertà nel mondo è un imperativo morale”. Così mons. Crepaldi, segretario del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, intervenendo alla Commissione delle Nazioni Unite sullo sviluppo sociale

 

IN PRIMO PIANO:

Non si fermano le violenze nella Repubblica democratica del Congo: dietro gli scontri, gli interessi economici. Con noi padre Valerio Shango

 

25 anni fa le Brigate Rosse uccidevano il giurista cattolico Vittorio Bachelet: la testimonianza di Rosy Bindi e del figlio Giovanni

 

Il Vangelo di domani: il commento di padre Marko Ivan Rupnik

 

CHIESA E SOCIETA’:

Il cardinale Ruini al Convegno dell’Opera Romana Pellegrinaggi sottolinea il ruolo dei cristiani nell’Europa del futuro

 

In nome della lotta al terrorismo internazionale la polizia ha fatto irruzione ieri in Spagna e Francia in due conventi

 

Oltre 1700 sacerdoti e vescovi si daranno appuntamento dal 25 al 29 luglio prossimi a Monterrey, in Messico, per il quinto ritiro internazionale dei sacerdoti

 

Il mondo della cultura in lutto per la morte del drammaturgo Arthur Miller

 

Presentato ieri fuori concorso al Festival di Berlino, il film di Terry George “Hotel Rwanda”

 

La Radio Vaticana  compie 74 anni

 

24 ORE NEL MONDO:

Ancora morti e attentati in Iraq: almeno 18 persone uccise a sud di Baghdad: un magistrato è stato assassinato a Bassora

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

12 febbraio 2005

 

 

 

CHIESA E STATO FRANCESE COLLABORINO NEL RISPETTO DELLE PROPRIE AUTONOMIE,

E IL CLERO E I FEDELI DIANO TESTIMONIANZA DEI VALORI DEL VANGELO,

SUI QUALI LA FRANCIA E L’EUROPA SONO STATI COSTRUITI.

LO AFFERMA IL PAPA IN UNA LETTERA PER IL CENTESIMO ANNIVERSARIO

DELLA LEGGE SUL PRINCIPIO DELLA LAICITA’ DELLO STATO

- Servizio di Alessandro De Carolis -

 

I cattolici francesi, pur rispettando la laicità dello Stato, siano presenti e attivi su tutti i fronti della società, e ovunque testimonino i valori del Vangelo, che da lunghi secoli hanno contribuito a scrivere la storia e a modellare la mentalità del loro Paese e dell’Europa. Lo Stato, a sua volta, rispetti il credo religioso dei cittadini, in un clima di mutua collaborazione. E’ questo il senso della lunga lettera indirizzata da Giovanni Paolo II ai vescovi francesi, nel centesimo anniversario dell’approvazione della Legge sulla laicità, che sancì la separazione tra Stato e Chiesa in Francia. Il servizio di Alessandro De Carolis.

 

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Fu un “avvenimento doloroso e traumatizzante” per la Chiesa francese dei primi del Novecento accettare l’imposizione per legge del “principio della laicità”. Cento anni più tardi – ma già a metà del secolo scorso, grazie al Vaticano II – il rapporto tra Stato e Chiesa in Francia ha progressivamente conosciuto sviluppi positivi giacché, “se ben compreso”, il principio della laicità “appartiene anche alla Dottrina sociale della Chiesa”. Giunge a questa considerazione la riflessione storica che il Papa mette in apertura della sua lettera: la separazione dei poteri tra istituzioni civili e politiche e quelle ecclesiastiche, scrive, riecheggia, l’insegnamento di Cristo del “dare a Dio ciò che è di Dio e a Cesare ciò che è di Cesare”. Ma da questa distinzione, prosegue, discende il dovere per i pastori francesi e per i credenti di “servire i propri fratelli e le proprie sorelle attraverso una partecipazione sempre più attiva alla vita pubblica”. Così come ne furono protagonisti, nell’arco del ventesimo secolo, numerose personalità francesi: teologi, filosofi, artisti, letterati, citati dal Papa in un lungo elenco e prestigioso elenco. Costoro, “insieme ad altri cattolici - osserva Giovanni Paolo II – hanno avuto un’influenza decisiva sulla vita sociale” francese, “e, per certi versi, nella costruzione” del Vecchio continente. Non è possibile dimenticare, soggiunge, “il posto importante dei valori cristiani nella costruzione dell’Europa e nella vita dei popoli” che ne fanno parte.

 

Di qui, il Pontefice – ricordando l’Anno dell’Eucaristia e la “cultura” di impegno che deriva dal Sacramento - esorta a più riprese l’episcopato francese e i cristiani ad essere, con la loro fede, “fonte di dinamismo e di promozione dell’uomo” - dall’economia alla politica, all’arte, nel campo educativo e sanitario - puntando sul dialogo e sul rispetto. “La crisi dei valori e la mancanza di speranza”, riscontrabili in Francia come in generale in tutto l’Occidente, prosegue il Papa, “fanno parte della crisi di identità delle società moderne attuali”. In esse,  la proposta di vita si fonda sovente sui beni materiali più che sui valori fondamentali e questo impedisce alle persone, ai giovani soprattutto, di fare “scelte libere  e responsabili, fonte di gioia e di benessere”. Il Pontefice esorta dunque i vescovi francesi a sviluppare nei fedeli la conoscenza della Dottrina sociale della Chiesa e a “intervenire regolarmente nei grandi dibattiti pubblici sulle grandi questioni sociali”. In particolare, sottolinea, prendendo posizione per ciò che riguarda i diritti fondamentali della persona umana, il rispetto della sua dignità, il progresso dell’umanità, la protezione del pianeta.

 

Ma Giovanni Paolo II invita anche lo Stato a essere, per parte sua, altrettanto rispettoso verso l’appartenenza religiosa dei suoi cittadini. Viceversa, chiosa, una religione relegata ai margini della società rischia la deriva di un settarismo, pericoloso proprio per quell’autonomia cui lo Stato francese tiene particolarmente. Sta in questo, asserisce il Papa, il “prezzo” della laicità che, “lungi dall’essere un luogo di scontro, diventa davvero lo spazio per un dialogo costruttivo nello spirito dei valori di libertà, uguaglianza e fraternità, ai quali il popolo francese è giustamente molto legato”.

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CONCLUSE IERI POMERIGGIO IN CAMERUN LE CELEBRAZIONI

PER LA GIORNATA MONDIALE DEL MALATO: IL PAPA IN UN MESSAGGIO

INVOCA LA SOLIDARIETA’ DEL MONDO PER I MALATI DELL’AFRICA

 

Con una solenne Messa presso il Santuario di Maria Regina degli Apostoli a Mvolye, in Camerun, si sono concluse ieri pomeriggio le celebrazioni per la XIII Giornata Mondiale del Malato, che quest’anno si sono svolte sul tema: “Gesù Cristo, Speranza per l’Africa. Gioventù, Salute e Aids”. La Messa è stata  presieduta dall’inviato speciale del Papa, il cardinale Javier Lozano Barragán, presidente del Pontificio Consiglio per la Pastorale della Salute. Nell’occasione il Pontefice ha inviato  un messaggio letto durante la celebrazione. Ce ne parla Sergio Centofanti.

 

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“Il mio pensiero – scrive Giovanni Paolo II -  in modo tutto speciale, va a voi, cari fratelli e sorelle ammalati, che portate nel corpo i segni del dolore e della fragilità, e a voi familiari, che più direttamente siete coinvolti nella loro vita: tutti vi stringo al mio cuore con affetto”. Quest’anno la celebrazione della Giornata Mondiale del Malato – sottolinea il Papa – si è svolta nuovamente in Africa, “continente segnato da non pochi né lievi problemi, ma ricco anche di straordinarie risorse umane e spirituali e animato da un intenso desiderio di pace e di autentico progresso. L’Africa soffre per la presenza di tanti malati che silenziosamente invocano la solidarietà del mondo intero”. “Carissimi Fratelli e Sorelle d’Africa - scrive ancora il Pontefice - Gesù è l’Uomo che conosce il soffrire. In quest’anno dedicato all’Eucaristia, unitevi con la mente e con il cuore al sacrificio della Messa, inesauribile sorgente di speranza in ogni prova della vita”. “Maria, Regina degli Apostoli e Salute degli Infermi, che sul Calvario partecipò al doloroso martirio del Figlio – conclude il messaggio - accolga le lacrime di quanti sono visitati dalla sofferenza in Africa e in ogni angolo della terra”.

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Ma sulla celebrazione presieduta ieri pomeriggio dall’inviato del Papa, il cardinale Javier Lozano Barragán ascoltiamo il servizio del nostro inviato padre Joseph Ballong:

 

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Nella sua omelia  il cardinale Javier Lozano Barragan, ha sottolineato che con la sua presenza da inviato pontificio,  Giovanni Paolo II voleva manifestare la sua comunione e la sua particolare solidarietà verso i malati e verso quanti li assistono, e ha ugualmente sottolineato che la scelta dell’Africa per la celebrazione della XIII Giornata Mondiale del Malato manifesta non solo l’attenzione particolare che la Chiesa porta ai problemi di questo continente, ma anche la volontà di dare il suo contributo materiale, spirituale e morale di fronte alle grandi sfide che conosce il continente africano, in modo particolare nel campo della sanità. “Celebrando l’Eucaristia, apice della Giornata del Malato, noi rendiamo presente in Africa e per tutta l’Africa, la realtà della guarigione e della malattia con la potenza di Cristo salvatore” ha ancora affermato il cardinale Lozano Barragán. Dopo aver ribadito che gli operatori sanitari sono chiamati con il loro impegno a servire, promuovere  e tutelare la vita, l’inviato pontificio ha lanciato un accorato appello a tutti i responsabili del mondo affinché cessi il rumore delle armi che sono all’origine di grandi sofferenze e di malattie per le popolazioni dell’Africa. “Lavoriamo, dunque, insieme per costruire la pace e facilitare lo sviluppo sociale, politico ed economico di cui l’Africa ha urgentemente bisogno” ha così concluso l’inviato speciale del Papa. Alla fine della Messa, concludendo gli incontri di questa XIII Giornata Mondiale del Malato, l’arcivescovo di Yaoundé, mons. Victor Tonyé Bakot, presidente della Conferenza episcopale del Camerun, ha sottolineato che durante questi giorni è stata l’Africa della povertà, l’Africa della malaria, l’Africa della tubercolosi e l’Africa dell’Aids che si è data appuntamento a Yaoundé dove è venuta incontro a Cristo. Questa Africa di Gesù crocifisso è anche divenuta l’Africa di Gesù resuscitato, perché è stata per il continente una eccellente opportunità di ritrovare il sorriso e la speranza di un futuro migliore.

 

Da Yaoundé, in Camerun, Joseph Ballong, Radio Vaticana.

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IL MESSAGGIO DEL PAPA PER LA MESSA PRESIEDUTA DAL CARDINALE RUINI

NELLA BASILICA VATICANA PER L’OPERA ROMANA PELLEGRINAGGI E L’UNITALSI

- Intervista con Salvatore Pagliuca -

 

“Non è mai inutile la sofferenza dei malati, anzi, essa è preziosa perché è condivisione misteriosa ma reale della stessa missione salvifica del Figlio di Dio”. E’ questo il messaggio che Giovanni Paolo II ha rivolto ai malati e ai pellegrini che hanno preso parte ieri pomeriggio, nella Basilica Vaticana, alla tradizionale Messa che commemora la Madonna di Lourdes. Le parole del Papa sono state lette dal cardinale Camillo Ruini che ha celebrato la solenne Liturgia. Il servizio di Tiziana Campisi.

 

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Nella ricorrenza della memoria Liturgica della Beata Vergine Maria di Lourdes, centinaia di fedeli e malati hanno partecipato alla solenne celebrazione che il cardinale Camillo Ruini ha presieduto nella Basilica di San Pietro. Quest’anno, alla Messa celebrata ogni anno per l’Opera Romana Pellegrinaggi e l’UNITALSI nella giornata del malato, non ha preso parte, come di consueto, il Santo Padre, che ha inviato un messaggio letto, durante l’omelia, dal suo vicario. Giovanni Paolo II ha voluto ricordare l’invito alla preghiera, alla penitenza e alla conversione che l’Immacolata rivolse all’umanità manifestandosi alla giovane Bernadette Soubirou. E, con queste parole, ha sottolineato:

 

“E’ lo stesso messaggio di Cristo: convertitevi e credete al Vangelo che ci offre la Liturgia della Quaresima appena iniziata. Accogliamolo con umile e docile adesione”.

 

E non ha dimenticato, il Pontefice, nel suo messaggio, una riflessione sul dolore ricordando lo stretto legame che sussiste tra il Cristo crocifisso e i sofferenti:

 

“Morendo in Croce, Cristo, l’uomo dei dolori, ha portato a compimento il disegno di amore del Padre e ha redento il mondo. Cari malati, se alle sue sofferenze unite le vostre pene, potete essere suoi privilegiati cooperatori nella salvezza delle anime. E’ questo il vostro compito nella Chiesa”.

 

E durante la preghiera dei fedeli non è mancato il pensiero per il Papa:

 

“Per il Santo Padre, Giovanni Paolo II, unito, come non mai, alla sofferenza degli uomini di questo popolo, perché il Signore gli doni la forza necessaria per compiere la sua missione di amore”.

 

La celebrazione, dedicata alla Beata Vergine Maria di Lourdes, si è conclusa con la tradizionale recita del canto alla Madonna e l’accensione delle fiaccole.

 

Per Radio Vaticana, Tiziana Campisi.

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Alla Messa di ieri pomeriggio in San Pietro hanno partecipato numerosi aderenti dell’UNITALSI, che è l’Associazione italiana che si occupa di portare gli ammalati a Lourdes e in altri santuari. Ma qual è l’esperienza di questi pellegrinaggi? Giovanni Peduto lo ha chiesto a Salvatore Pagliuca, vice-presidente nazionale dell’UNITALSI:

 

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R. – Chi partecipa ai nostri pellegrinaggi vive una grande esperienza di condivisione, caratterizzata da quella speranza e da quella gioia che sempre deve contraddistinguere la vita di ogni cristiano. L’esperienza concreta del pellegrinaggio è quella di far comprendere a tutti, sia malati che sani, che la fede è forza sanante e fa trovare la serenità necessaria per superare il dolore. Per cui spesso, al ritorno da Lourdes, assistiamo ad una trasformazione dei nostri malati, per cui la disperazione diventa speranza, la tristezza si trasforma in sorriso. L’esperienza del pellegrinaggio inoltre è capace di raggiungere in modo comprensibile e affascinante anche, e soprattutto, quel nuovo desiderio di raggiungere Dio, che sta nascendo in molti, soprattutto in chi non è stato mai vicino o si è allontanato dalla comunità cristiana.

 

D. – Come viene vissuto nei vostri pellegrinaggi il mistero della malattia e della sofferenza?

 

R. – Oserei dire con gioia, perché convinti che Dio non vuole la malattia e il dolore. Dio vuole la felicità dell’uomo e dalle ceneri della sofferenza riesce a far risorgere la serenità e la fede, soprattutto quando, come nel pellegrinaggio, il malato si sente davvero trattato ed accudito come una persona e si vede messo al primo posto. Ecco perché l’Unitalsi vuole essere presente nel cuore della vita della Chiesa, appassionandosi a quel popolo di Dio che conserva un rapporto quotidiano con le strutture ecclesiali locali ed operando affinché il disabile, il malato, il povero, l’emarginato diventino l’orizzonte normale della vita di tutte le comunità cristiane e la comunità sia in grado di guardare loro come a delle persone.

 

D. – A vostro avviso quale messaggio viene dall’immagine del Papa che non teme di mostrarsi nella sua debolezza?

 

R. – Spesso attraverso la fragilità umana Dio ha voluto mostrare la sua forza. Malato tra i malati il Santo Padre regala a tutti noi una nuova speranza, dimostrando che oltre la malattia riesce ancora ad essere uno straordinario esempio di come si possa voler fare a tutti i costi la volontà del Signore.

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NOMINE

 

Nelle Filippine, Giovanni Paolo II ha nominato vescovo di San Jose il sacerdote Mylo Hubert Claudio Vergara, del clero della diocesi di Cubao, parroco della Parrocchia “Holy Sacrifice” nella “University of the Philippines” in Diliman, Quezon City. Il nuovo presule, 43 anni, ha ottenuto compiuti studi in Filosofia e Teologia. Ha svolto compiti di docenza e il ministero parrocchiale, divenendo tra l’altro rettore di seminario  e presidente di Radio Veritas Global Broadcasting System.

 

Sempre nelle Filippine, il Papa ha accettato la rinuncia al governo pastorale dell’arcidiocesi di Nueva Segovia, presentata per raggiunti limiti di età dall’arcivescovo Edmundo M. Abaya. Al suo posto, il Pontefice ha nominato mons. Ernesto Antolin Salgado, finora vescovo di Laoag. Mons. Salgano, 68 anni, ha compiuti gli studi in patria, perfezionandoli a Roma, dove ha conseguito la laurea in Teologia Morale all’Università Gregoriana. E’ stato rettore di seminario, parroco e docente. E’ stato ordinato vescovo nel 1987.

 

A Panamá, Giovanni Paolo II ha nominato vicario apostolico di Darién padre Pedro Hernández Cantarero, dei Missionari Claretiani, finora responsabile a Kinshasa (RDC) del Centro di formazione per seminaristi del suo Istituto. Il nuovo presule, 51 anni, ha studiato in Costa Rica, in Colombia e in Spagna, ottenendo la licenza in Teologia della vita consacrata. Si è occupato, tra l’altro, di formazione dei filosofi Claretiani e dei teologi.

 

Il Vicariato Apostolico di Darién (1925) affidato ai missionari Claretiani, coincide con il territorio della regione civile di Darién ed ha una superficie di circa 17 mila kmq., con 60.mila abitanti, 48.mila cattolici, 9 sacerdoti e 19 religiose.

 

 

“SRADICARE LA POVERTA’ NEL MONDO E’ UN IMPERATIVO MORALE”.

COSI’ IERI MONS. CREPALDI, SEGRETARIO DEL PONTIFICIO CONSIGLIO

 DELLA GIUSTIZIA E DELLA PACE, INTERVENENDO ALLA COMMISSIONE

DELLE NAZIONI UNITE SULLO SVILUPPO SOCIALE

- A cura di Barbara Castelli -

 

La Comunità Internazionale deve moltiplicare gli sforzi per promuovere uno “sviluppo sociale che sia politico, economico, etico e spirituale”, poiché la lotta alla povertà è “un imperativo morale”. Intervenendo alla 43.esima sessione della Commissione delle Nazioni Unite sullo Sviluppo Sociale, mons. Giampaolo Crepaldi, segretario del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, ha sottolineato l’importanza di non perseguire unicamente “risultati quantitativi di breve periodo”.

 

Dinanzi alle condizioni di estrema miseria in cui vivono le popolazioni di diverse regioni del pianeta, ha riconosciuto ieri il presule, occorre accelerare i processi di crescita, soprattutto negli “investimenti pubblici”. Discreti passi avanti sono stati compiuti in tema di “debito internazionale dei Paesi poveri”, ma si è ancora lontani da “una soluzione equa e definitiva”. Dinanzi a questa sfida, che non può essere vinta senza la promozione di una vera “giustizia sociale”, ha aggiunto ancora il segretario del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, occorre anche “affinare gli strumenti e i metodi di studio delle dinamiche che generano la povertà”. “Sradicare la povertà nel mondo è un imperativo morale – ha concluso mons. Crepaldi – e potremo realizzarlo solo considerandolo effettivamente come un bene pubblico globale di primaria importanza”.

 

 

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

Apre la prima pagina, con forte evidenza, il titolo "Cari malati, offrite le vostre sofferenze anche per me e per la mia missione di Pastore universale del popolo cristiano": il Messaggio di Giovanni Paolo II in occasione della Concelebrazione Eucaristica nella Basilica Vaticana per la memoria liturgica della Beata Maria Vergine di Lourdes.

All'interno, l'omelia del cardinale Javier Lozano Barragan, Inviato Speciale del Santo Padre, durante la Messa celebrata nel santuario di Yaoundè per la XIII Giornata mondiale del Malato.

 

Nelle vaticane, la Lettera del Papa a mons. Jean-Pierre Ricard, arcivescovo di Bordeaux, presidente della Conferenza dei vescovi di Francia, e a tutti i presuli del Paese.

 

Nelle estere, Iraq: diciassette morti per un attentato dinamitardo compiuto vicino a Baghdad.

Repubblica Democratica del Congo: nell'Ituri oltre ottantamila civili in fuga per il riaccendersi degli scontri armati.

 

Nella pagina culturale, d'apertura un articolo di Mario Gabriele Giordano dal titolo "Molto rumore per nulla": un tentativo di riabilitare Macbeth.

 

Nelle pagine italiane, sempre in primo piano la vicenda della giornalista Giuliana Sgrena ancora in mano ai rapitori in Iraq.

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

12 febbraio 2005

 

 

 

NON SI FERMANO LE VIOLENZE

NELLA REPUBBLICA DEMOCRATICA DEL CONGO:

DIETRO GLI SCONTRI, GLI INTERESSI ECONOMICI

- Con noi, padre Valerio Shango -

 

Ancora migliaia di persone in fuga dalla Repubblica democratica del Congo. Altri 35 mila abitanti dell’ex Zaire hanno infatti lasciato le zone orientali del Paese, dov’è in corso un sanguinoso conflitto interetnico tra le comunità Hema e Lendu. Secondo l'Unicef, negli ultimi tre giorni il numero degli sfollati congolesi è salito a 80 mila. Ma le ragioni delle violenze sono molteplici. Ce ne parla padre Valerio Shango, portavoce dei vescovi congolesi in Italia, intervistato da Giada Aquilino:

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R. – Nel Nord-Est del Paese, nella regione dell’Ituri, sono ricominciati gli scontri, con le popolazioni civili che stanno pagando il prezzo più alto. Ci sono tanti sfollati che vanno verso l’Uganda. La guerra è ricominciata, con la scusa della presenza di Hutu, nascosti in Congo.

 

D. – Chi è che combatte?

 

R. – Ci sono sicuramente dei militari rwandesi presenti sul territorio dell’ex Zaire. La situazione è questa: i miliziani congolesi Mai Mai vogliono difendere il Paese dai militari dell’Rcd, il partito politico filo-rwandese (Rassemblement congolais pour la démocratie). E nello scontro vengono coinvolti anche gli Hema e i Lendu. Ma in fin dei conti sono i rwandesi stessi che si sono infiltrati nel partito Rcd.

 

D. – Si parla di orrori inauditi con esecuzioni sommarie, stupri, sequestri, abitazioni date alle fiamme. Che notizie ci sono?

 

R. – Queste violenze vanno avanti da tempo, non è un fatto recente. E’ da molto che le popolazioni congolesi sono vittime delle barbarie degli eserciti rwandesi e anche ugandesi. Questi militari non hanno mai abbandonato il territorio congolese.

 

D. – Perché i rwandesi e gli ugandesi hanno tanto interesse a rimanere nella Repubblica democratica del Congo?

 

R. – Ci sono immensi giacimenti. C’è un commercio illecito di uranio nella zona dell’Ituri. I capitali che provengono dal Pakistan, ma anche dall’Iran, sono in mano ai rwandesi. Questi ultimi cercano di sterminare le popolazioni congolesi per fare tabula rasa, per accaparrarsi l’uranio, il legno, il caffè, ma anche per il petrolio, che è presente tra il Congo e il Rwanda.

 

D. – Padre Shango, dal ’99 il conflitto inter-etnico ha provocato almeno 50 mila morti. C’è stato anche un accordo di pace nel 2002: perché non viene rispettato?

 

R. – Gli interessi stranieri sono fortissimi. Le multinazionali - ma anche le Nazioni che sono dietro queste operazioni - non appoggiano gli accordi di Sun City, in Sudafrica. Ma si sa che la pace nell’Africa centrale sorgerà solo se il Congo ritroverà la sua stabilità. Non c’è altro da fare. Questa situazione non favorisce nessuno, manterrà soltanto le popolazioni di tutta quella zona in condizioni di miseria e povertà.

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25 ANNI FA LE BRIGATE ROSSE ASSASSINAVANO

IL GIURISTA CATTOLICO VITTORIO BACHELET

- Intervista con Rosy Bindi e Giovanni Bachelet -

 

Il 12 febbraio 1980 veniva trucidato dalle Brigate Rosse il professor Vittorio Bachelet, vice presidente del Consiglio superiore della magistratura e affermato giurista cattolico. Numerose le cerimonie di commemorazione per il 25° della sua morte, organizzate dall’Azione Cattolica di cui fu presidente tra il 1964 e il 1973 e dal Consiglio Superiore della Magistratura di cui fu vice presidente dal 1976. Il servizio di Stefano Leszczynski:

 

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Il sacrificio di Vittorio Bachelet, avvenuto venticinque anni fa, sulle scale di Scienze politiche dell’Università La Sapienza di Roma, fu il sacrificio di un “martire laico”, come ebbe a definirlo il cardinale Martini in quegli anni bui del terrorismo; ucciso mentre serviva la democrazia, la giustizia e la pace nel Paese. Il ricordo commosso dell’on. Rosy Bindi, all’epoca assistente del professore e testimone diretta del suo assassinio da parte di un commando delle Brigate Rosse:

 

“Era una mattina di sole e come al solito aveva fatto lezione, perché nonostante i suoi impegni istituzionali non lasciava mai una lezione universitaria e fu raggiunto alle spalle, mentre salivamo le scale per tornare in Istituto. Ricordo il volto della brigatista, Anna Laura Braghetti, che me lo allontanò e insieme all’altro sparò e cadde definitivamente con il colpo alla nuca. La morte di Bachelet, anche dopo 25 anni, come quella di tutte le vittime del terrorismo, ci ricorda che un popolo non conquista mai una volta per tutte la libertà, la giustizia, la pace e la democrazia e che quindi c’è sempre bisogno di tenere alta l’attenzione”.

 

Bachelet, vice presidente del Consiglio Superiore della Magistratura, giurista al servizio della società, fu presidente dell’Azione Cattolica dal 1964 al 1973. La sua brutale esecuzione colpì profondamente il mondo cattolico e suscitò la forte reazione della società civile e della Chiesa. Il giorno successivo alla morte del professor Bachelet risuonò in Aula Paolo VI in Vaticano un drammatico appello di Giovanni Paolo II:

 

“Egli è stato vittima dell’azione distruttrice del terrorismo. Ne sono consapevole. Per il sangue di questa nuova vittima la Chiesa eleva la sua voce: che gli uomini ritrovino se stessi e con rinnovato impegno operino per la salvezza della patria”.

 

La violenza irrazionale del terrorismo colpiva, ieri come oggi, le persone che con la loro dirittura etica e la loro intelligenza danno un contributo per realizzare la causa della giustizia e dell’eguaglianza tra gli uomini. Una scelta coraggiosa che, come Vittorio Bachelet, fecero in molti pagando con la vita. Ma con quali sentimenti venivano vissuti quei drammatici anni? Ce lo racconta il figlio del giurista scomparso, professor Giovanni Bachelet, che incarnò gli insegnamenti di suo padre perdonando cristianamente nel giorno delle esequie i responsabili del suo omicidio:

 

“Quanto alla paura, ricordo questo di mio padre. In quegli anni – era l’epoca in cui egli era al Consiglio Superiore della Magistratura – ci fu uno dei primi processi alle Brigate Rosse. Ricordo che guardavamo alla televisione un’intervista ad uno dei giurati popolari di questo primo processo. Era stato molto difficile trovare dei giurati popolari, quasi tutti quelli che venivano sorteggiati mandavano un certificato medico perché le Brigate Rosse avevano detto che avrebbero ucciso chiunque si fosse prestato a fare da giurato. Un giornalista domandò a quel giurato: lei che ha accettato non ha paura? E lui rispose: sì, ho paura ma me la tengo! Mio padre si fece una risata e disse: ‘Questo è un uomo vero! Non è un trombone. E’ una risposta da vero uomo’. Io direi che forse questo era vero anche per mio padre e per noi. E’ chiaro che si potesse essere in una situazione di pericolo, che mio padre potesse essere un bersaglio, però uno aveva paura e se la teneva”.

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IL VANGELO DI DOMANI

 

 

Domani 13 febbraio, 1a Domenica di Quaresima, la liturgia ci presenta il Vangelo in cui Gesù, dopo aver digiunato 40 giorni e 40 notti nel deserto, viene tentato dal diavolo.  Satana gli propone tre tentazioni: alla fine, conducendolo su un alto monte, gli mostra tutti i regni del mondo e gli dice: «Tutte queste cose io ti darò, se, prostrandoti, mi adorerai». Ma Gesù gli rispose:

 

«Vattene, satana! Sta scritto: "Adora il Signore Dio tuo e a lui solo rendi culto"».

 

Allora il diavolo lo lasciò ed ecco angeli si accostarono a Gesù e lo servirono. Su questo brano evangelico ascoltiamo il commento del teologo gesuita padre Marko Ivan Rupnik:

 

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Dice il Siracide: “Figlio, se ti presenti per servire il Signore, preparati alla tentazione”. Le tentazioni grossolane sono tipiche dei principianti nella vita spirituale, ma, a quelli più decisamente incamminati dietro il Signore, le tentazioni si presentano in modo più raffinato. Le prime inducono l’uomo ad un egoismo esplicito, a servirsi di tutto per la soddisfazione dei propri desideri, le altre, invece, si nascondono e si camuffano, presentandosi sotto l’apparenza del bene, suggerendo pensieri conformi all’anima: ai coraggiosi, pensieri coraggiosi, ai generosi, pensieri generosi e alle persone devote, pensieri devoti. In Cristo tentato, i maestri spirituali trovavano l’arte di difesa davanti alle tentazioni. Cristo risponde con la parola di Dio: “Non accettare il dialogo con la tentazione, ma opporle l’arma di fuoco che è la Parola”. La memoria della Parola ci unisce al Signore e, come dicevano i padri del deserto, anche se noi non capiamo la Parola, il diavolo, invece, la capisce e fugge.

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CHIESA E SOCIETA’

12 febbraio 2005

 

 

AL CONVEGNO DELL’OPERA ROMANA PELLEGRINAGGI, IL CARDINALE RUINI SOTTOLINEA IL RUOLO DEI CRISTIANI NELL’EUROPA DEL FUTURO. DENUNCIATO ANCHE IL RISCHIO DI UNA EMARGINAZIONE PRATICA DEL CRISTIANESIMO

- A cura di Salvatore Sabatino -

 

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ROMA. = “ll risveglio di un’identità cristiana nella gente e in una  parte assai significativa della cultura laica” è un fenomeno che presenta “dei rischi” ma “è anche  un'opportunità”. Tale opportunità ha proprio a che fare con la “valenza pubblica che il cristianesimo ha sempre avuto fin dalla sua origine”. Così si è espresso il presidente della Conferenza episcopale italiana, il cardinale Camillo Ruini, nel corso del 13.mo convegno nazionale dell'Opera romana pellegrinaggi, intitolato ''Quale spazio per il cristianesimo nella nuova Europa?''.  Proprio a questo tema il porporato ha dedicato una lunga relazione, incentrata sulla storia, ma anche sull’attualità. In particolare, ha  osservato che da alcune “sfide esterne, come il terrorismo e il  confronto con gli immigrati, è nata una spinta positiva: il risveglio dell'identità cristiana nella gente e in una parte  assai significativa della cultura laica”. Ruini si è, inoltre, chiesto “come porsi di fronte a questo fenomeno”. ''Ci sono dei rischi - ha osservato - e non voglio affatto negarli: sono rischi di strumentalizzazione o di riduzione della fede a ideologia. Però - ha proseguito - questo fenomeno è anche un'opportunità, visto che la fede cristiana ha sempre avuto  dalle sue origini una valenza pubblica”.  Il cardinale, nel contempo, ha voluto sottolineare che “il contributo della fede non può che andare in un senso autenticamente cristiano ed  evangelico e deve andare nel senso della pace e della  riconciliazione”. “Ogni influsso - ha poi chiarito- è possibile solo sulla base di una fede vissuta oggi e non solo sulla base di una eredità culturale che è certo importante, ma da sola rischia di estinguersi”. Ruini, nel corso del suo intervento, ha poi denunciato il rischio di un'emarginazione pratica del cristianesimo nel nostro Continente, affermando che “molta parte dei conflitti che sorgono tra mondo laico e mondo cattolico derivano dalla questione preliminare sulla possibilità o meno della Chiesa di parlare in materia morale”. Di fronte a questa tendenza, per il cardinale è “fondamentale mostrare che quella cristiana è un'alternativa credibile e vivibile, gratificante e liberante”, anche attraverso la libertà di intervenire nelle questioni di “etica pubblica”, in cui esiste “un ampio spazio di collaborazione e azione tra cattolici e laici”. (S.S.)

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IRRUZIONE ANTI-TERRORISMO DELLA POLIZIA IN DUE CONVENTI IN SPAGNA

 E FRANCIA. INTERROGATI DUE MONACI PER PRESUNTI VINCOLI

CON L’ORGANIZZAZIONE INDIPENDENTISTA DELL’ETA.

SDEGNO DEL DEPUTATO DELLA PROVINCIA BASCA DELLA GUIPUZCOA PER L’ACCADUTO

 

MADRID. = Su ordine del giudice antiterrorista francese, Laurence Levert, la polizia ha fermato ieri due monaci benedettini, per presunti vincoli con l’organizzazione terroristica del separatismo basco ETA. A Lazkao, nella provincia basca della Guipuzcoa, agenti della Guardia Civile hanno fatto irruzione nel convento per interrogare il monaco, Juan José Agirre Begiristain. Il 75.enne, direttore della biblioteca del monastero di Lazkao, uno degli archivi più importanti dei Paesi Baschi, era sospettato di aver avuto contatti con membri dell’ETA, in particolare con Mikel Albisu Iriarte, alias “Mikel Antza”, durante la sua latitanza. Mikel Antza è in stato di arresto in Francia dallo scorso 3 ottobre, insieme con la sua compagna, Soledad Iparagirre Genetxea, alias “Annoto”. Il monaco è stato rimesso in libertà, ma a disposizione della magistratura, dopo essere stato interrogato per quattro ore. Quasi contemporaneamente è stata condotta una seconda operazione in Francia, nel monastero benedettino di Notre Dame du Belloc, a Urt, nella regione dei Pirenei atlantici. La polizia giudiziaria ha interrogato alcune persone, tra cui il monaco Marcel Etxeandi, 70 anni, su eventuali rapporti con l’organizzazione terroristica basca. Il convento di Notre Dame du Belloc è specializzato in liturgia dei canti baschi ed era già stato oggetto di un’altra operazione di polizia nel 1987, senza, tuttavia, che vi fossero sviluppi. Il deputato generale della provincia della Guipuzcoa, Joxe Joan Gonzalez de Txabarri, ha sottolineato con sdegno che devono cessare nel Paese “gli attacchi contro persone dal riconosciuto prestigio sociale”. (B.C.)

 

 

OLTRE 1700 SACERDOTI E VESCOVI SI DARANNO APPUNTAMENTO DAL 25 AL 29 LUGLIO PROSSIMI A MONTERREY, IN MESSICO,

PER IL QUINTO RITIRO INTERNAZIONALE DEI SACERDOTI, SUL TEMA: “MARIA, I TUOI SACERDOTI VOGLIONO VEDERE GESU’”

 

MONTERREY (MESSICO). = “Maria, i tuoi sacerdoti vogliono vedere Gesù”. Questo il tema del quinto Ritiro internazionale di Sacerdoti, che si svolgerà a Monterrey, in Messico, dal 25 al 29 luglio prossimi. Sede dell’incontro sarà Cintermex, uno dei centri congressi più grandi del Paese latino-americamo. Il ritiro è organizzato dall’Arcidiocesi di Monterrey, in coordinamento con il Rinnovamento carismatico cattolico. Come afferma in una nota don Roberto Rodríguez Puente, membro di comitato organizzatore e responsabile delle comunicazioni del Ritiro, si prevede la presenza di oltre 1.700 sacerdoti e vescovi. Il predicatore principale del Ritiro sarà mons. Angelo Comastri, arcivescovo delegato pontificio del Santuario di Loreto, il quale diresse gli esercizi spirituali della Curia Romana nella Quaresima del 2003 e che di recente è stato nominato coadiutore del vicario per lo Stato della Città del Vaticano. Al centro dell’evento, la necessità di una Nuova Evangelizzazione, cioè, la necessità che il sacerdote sia non solo un evangelizzatore ma anche un evangelizzato. Questo anno si mediterà in primo luogo sulla presenza di Cristo nell’Eucaristica. Durante i giorni del ritiro, il 98% dei partecipanti, saranno ospitati da famiglie locali. Questo contatto con le famiglie, come afferma l'arcivescovo di Monterrey, potrà avere un impatto molto positivo sulle future vocazioni sacerdotali. Il Ritiro sacerdotale coinciderà nella Messa di chiusura con un altro avvenimento, il XX Incontro nazionale dei giovani, dal 29 al 31 di luglio, al quale parteciperanno circa 16.000 giovani, la maggior parte dei quali provenienti dal Messico, e con rappresentazioni molto folte di giovani latinoamericani.

 

 

IL MONDO DELLA CULTURA IN LUTTO PER LA MORTE

DEL DRAMMATURGO ARTHUR MILLER. VINSE DUE PREMI PULITZER CON:

“MORTE DI UN COMMESSO VIAGGIATORE” ED “UNO SGUARDO DAL PONTE”

 

NEW YORK. = Se n’è andato senza fare rumore, così come voleva. Un messaggio sobrio di poche righe che ne comunica la morte, poi nulla più. Arthur Miller, uno dei più grandi drammaturghi del ‘900 lascia il mondo attonito e con un senso di vuoto che colpisce attori, sceneggiatori, addetti ai lavori e più in generale i milioni di spettatori che in tutto il mondo lo hanno amato. E’ morto, in seguito ad una malattia, nella sua fattoria di Roxbury, in Connecticut ad 89 anni. Le sue commedie sono state e continuano ad essere rappresentate in tutti i teatri, apprezzate dal pubblico e dalla critica. Un percorso drammaturgico cominciato nel 1947 con “Erano tutti miei figli”, che gli permise di rivelarsi perentoriamente e di vincere il premio della critica della sua New York. Fu l'inizio di una carriera sfolgorante che è andata avanti fino negli ultimi anni, al recente “Il mondo di Mr.Peters”, un testo pieno di memorie e allucinazioni  esistenziali. Forse l'ultimissimo copione è stato “Alla fine del film”, dedicato al ricordo di Marilyn Monroe, sua moglie per tre anni.  Come non ricordare “Erano tutti miei figli”, così come la commedia successiva, rappresentata nel 1949, “Morte di un commesso viaggiatore”, che segnò addirittura il trionfo del giovane drammaturgo. Gli valse il Pulitzer e un successo immediato anche fuori dagli Stati Uniti. Quindi la conferma della grande tempra di drammaturgo di Miller con “Il crogiuolo”, nel 1953, seguito da “Uno sguardo dal ponte”, che gli valse un altro Pulitzer. Tutte opere che figureranno nei cartelloni non solo dei maggiori teatri americani, ma anche di quelli europei. Secondo un sondaggio fatto in Gran Bretagna poco tempo fa tra  800 attori, registi e critici era stato proclamato il maggior drammaturgo della seconda parte del Novecento, addirittura prima di Beckett e Pinter. Un risultato che dimostra come il suo teatro sia riuscito ad imporsi con forza, riscuotendo consensi pressoché unanimi. (S.S.)

 

 

presentato ieri fuori concorso al Festival di Berlino, il film

di Terry George “Hotel Rwanda”. Narra la storia, realmente accaduta,

di Paul Rusesabagina, che riuscì coraggiosamente a salvare

oltre mille connazionali dal massacro scatenatosi in RWanda

 nella primavera del 1994

- Il servizio di Luca Pellegrini -

 

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BERLINO. = Cento, un milione, 1.268. Non sono numeri scelti a caso. Sono i numeri di un incubo, di un’immane tragedia, di un genocidio, di sopravvissuti. Sono i numeri della vergogna e del coraggio. Sono i numeri di Hotel Rwanda. Sottitolo: Una storia vera. Perché la nostra corta memoria non sia tentata di rendere soltanto verosimili, come troppo spesso è accaduto, i fatti della storia. Cento sono i giorni dello scorrere del sangue. Un milione, e forse oltre, sono i corpi fatti a pezzi a colpi di machete. Milleduecentosessantotto sono le vite di Tutsi e Hutu salvate da Paul Rusesabagina, piccolo eroe dei nostri tempi, del quale finalmente e con orgoglio il cinema – esemplare, insostituibile questa sua funzione – ne racconta la storia. I mesi di questa storia sono tutti inseriti in un anno, il 1994. L’odio tra etnie esplode in Rwanda, frutto di colpe non troppo ancestrali lasciate in triste eredità. Paul, di etnia hutu, è direttore di un albergo in Kigali, il “Milles Collines”. E’ stimato da tutti, è efficiente, è felice. Ma è molto preoccupato. Intuisce la totale instabilità del Paese, l’odio che serpeggia, la corruzione che dilaga, la finzione dei politici, l’inefficienza dell’ONU diventato mero spettatore. Non intuisce, ancora, l’indifferenza del mondo. Infine, si scatena, per lui e per il suo popolo, la fine del mondo. E diventa un eroe – allora ancora anonimo – dando rifugio nel “suo” albergo a bambini, donne, vecchi, adulti, tanti quanti ne può ospitare. Intorno, è la follia, seminata da una radio e dalla corsa al massacro. Lui è la luce che brilla nel male: non fa differenze di persone e di etnie, mette soltanto in pratica pietà e carità, a rischio della sua stessa vita. Scritto e diretto da Terry George, che si è avvalso del contributo del documentarista Keir Person e dello stesso Rusesabagina, testimone oculare, Hotel Rwanda – che ha anche ottenuto tre candidature agli Oscar – ha il pregio della semplicità e dell’immediatezza, evitando la visibilità di ogni tipo di eccesso per concentrarsi sulla dolorosa angoscia prodotta dall’eco dei fatti, quelli che dilagano al di fuori delle mura di cinta dell’hotel. Interpretato dai bravissimi Don Cheadle e Sophie Okenodo (la moglie di Paul), non aspira ad essere – scelta formalmente corretta – il kolossal su un genocidio, ma il “documento” di un trauma umano e generazionale che non ha ancora superato barriere culturali e, forse, non si è ancora ben inciso sulla nostra coscienza moderna.

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L’EMITTENTE NASCEVA 74 ANNI FA, INAUGURATA DA PAPA PIO XI.

DA SEMPRE LA RADIO VATICANA SI PROPONE DI ANNUNCIARE CON LIBERTA’,

FEDELTA’ ED EFFICACIA IL MESSAGGIO CRISTIANO E DI COLLEGARE IL CENTRO

DELLA CATTOLICITA’ CON I DIVERSI PAESI DEL MONDO

- A cura di Barbara Castelli -

 

CITTA’ DEL VATICANO. = La Radio Vaticana compie oggi 74 anni. La sua storia ha inizio il 12 febbraio 1931, quando Papa Pio XI inaugurò l’impianto, costruito da Guglielmo Marconi, con un discorso in latino, che suscitò vivissima emozione in tutto il mondo. Sin dai primi anni, giocò un ruolo importante. Allo scoppio della guerra, nel settembre 1939, la Radio costituì un mezzo prezioso di libera informazione, nonostante le censure ed i disturbi. Dal 1940 al 1946, lanciava appelli per rintracciare civili e militari dispersi o trasmetteva messaggi delle famiglie ai prigionieri: messaggi che si contano in oltre 1 milione e 400 mila. La Radio Vaticana, in oltre 40 lingue, diffonde informazione di attualità ecclesiale e religiosa. In primo luogo fa conoscere gli interventi e l’attività del Papa e della Santa Sede; occupandosi altresì dell’attualità politica, sociale, economica. Particolare attenzione è rivolta all’ecumenismo e al dialogo con le grandi religioni, specialmente nelle trasmissioni rivolte ad aree del mondo con esigua presenza cristiana.

 

 

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24 ORE NEL MONDO

12 febbraio 2005

 

 

- A cura di Amedeo Lomonaco e Rita Anaclerio -

 

Nuova giornata di sangue in Iraq mentre si attendono, nei prossimi giorni, i risultati finali delle elezioni dello scorso 30 gennaio: questa mattina un’autobomba è esplosa a sud di Baghdad e un giudice è stato assassinato a Bassora, nel sud del Paese. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

 

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Almeno diciotto persone sono rimaste uccise per la deflagrazione di un’autobomba esplosa a Mousayyib, località situata a pochi chilometri a sud di Baghdad ed abitata in prevalenza da sciiti. “La maggior parte delle vittime – ha precisato un ufficiale di polizia - erano persone che si stavano recando all’ospedale o agli uffici del Consiglio municipale”. A Mossul sono stati ritrovati, inoltre, i cadaveri di sei militari iracheni e a nord di Baghdad un altro soldato è rimasto ucciso per furiosi scontri scoppiati tra guerriglieri e forze della coalizione. Il dramma della violenza ha scosso anche Bassora, dove miliziani hanno ucciso un magistrato: il giudice - hanno spiegato fonti locali - è stato assassinato da uomini armati che hanno aperto il fuoco contro l’auto sulla quale viaggiava. Continuano, intanto, le indagini su presunte irregolarità nell’ambito di “Oil for food”, il programma dell’ONU creato per assicurare cibo e medicinali alla popolazione irachena durante il regime di Saddam Hussein: dai documenti trasmessi dalle Nazioni Unite, emergono gravi indizi di pagamenti a funzionari iracheni fino al mese di dicembre del 2003. Gli ispettori della Commissione investigativa stanno proseguendo i loro accertamenti anche sui versanti italiani dello scandalo internazionale.

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“E’ necessaria l’azione di molti Paesi per aiutare gli iracheni e gli afghani a costruire con successo la democrazia”. E’ un’affermazione dell’odierno intervento di Donald Rumsfeld, segretario alla Difesa americano, durante la Conferenza sulla Sicurezza che si chiude domani a Monaco di Baviera. Il cancelliere tedesco, Gerhard Schroeder, si è poi detto a favore di una ridefinizione dei rapporti transatlantici tra Europa e Stati Uniti, auspicando anche una riforma della NATO. Altro tema in agenda, il ruolo dell’ONU e gli sforzi per prevenire nuovi attacchi terroristici. Ma come si è evoluto il concetto di sicurezza internazionale dopo l’11 settembre? Giancarlo La Vella lo ha chiesto a Stefano Silvestri, presidente dell’Istituto affari internazionali:

 

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R. – Siamo passati da una posizione piuttosto difensiva del proprio territorio ad una posizione più interventista.

 

D. – Dopo l’11 settembre, gli Stati Uniti si sono fatti carico della sicurezza attaccando direttamente le basi del terrorismo prima in Afghanistan e poi in Iraq. Oggi è possibile coinvolgere l’intera comunità internazionale, l’ONU in particolare?

 

R. – E’ auspicabile, perché gli Stati Uniti hanno delle possibilità che altri non hanno. Ma non sono chiaramente in grado di passare dalla fase dello scontro, dalla distruzione di eventuali nemici, ad una fase assolutamente necessaria di ricostruzione e di stabilità di lungo periodo. Per questo, è necessaria una maggiore governabilità internazionale e quindi un apporto degli alleati, delle organizzazioni multilaterali, delle organizzazioni internazionali. Mi pare che ci si stia avviando in questa direzione.

 

D. – Le elezioni in Iraq e la tregua per il Medio Oriente avranno un effetto positivo sul controllo della sicurezza nel mondo?

 

R. – Penso proprio di sì. Naturalmente, le elezioni in Iraq non hanno chiuso la crisi irachena e questa tregua in Medio Oriente non è ancora una pace. Tutto questo va ancora costruito. Però sono due indicazioni certamente positive che vanno nella giusta direzione e che dovrebbero aiutare.

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Si sono chiusi ieri a Ginevra gli accordi bilaterali tra Unione Europea e Iran sul programma nucleare di Teheran. Le trattative, condotte da Francia, Germania e Regno Unito, proseguiranno a metà marzo sempre in Svizzera. E il nucleare è anche al centro di nuove tensioni: gli Stati Uniti hanno rifiutato, infatti, la proposta della Corea del nord per un incontro a due sui programmi atomici di Pyongyang.

 

Trovare un accordo per il cessate-il-fuoco e rispettare la tregua fra israeliani e palestinesi. E’ questo lo scopo dell’incontro, previsto questa sera a Gaza, tra il neo presidente palestinese, Abu Mazen, e i capi di Hamas e della Jihad Islamica. E sempre questa sera, il ministro della Difesa israeliano, Shaul Mofaz, incontrerà a Tel Aviv l’ex responsabile della sicurezza palestinese, Mohammed Dahlan. Lo hanno reso noto fonti dell’ANP precisando che i colloqui saranno incentrati sul piano per il rilascio dei detenuti palestinesi e sul ritiro israeliano da cinque città della Cisgiordania.

 

L’ondata di maltempo continua a sconvolgere il Pakistan. Una valanga ha spazzato via due piccoli villaggi del Kashmir, uccidendo almeno 40 persone. I soccorritori stanno ancora cercando di raggiungere la zona del disastro, coperta da una coltre di neve di oltre due metri. Anche la parte sud-occidentale del Paese è in ginocchio per le piogge torrenziali e per il crollo, ieri, della diga di Shadi Kor, che ha causato circa 100 vittime e centinaia i dispersi.

 

A Lome’, capitale del Togo, due persone sono rimaste uccise in seguito a scontri scoppiati stamani tra le forze della polizia e migliaia di dimostranti scesi in strada per protestare contro la recente investitura a presidente di Faure Gnassingbé. Nonostante le pressioni internazionali, Gnassingbé è stato nominato capo di Stato grazie all’appoggio dell’esercito e dopo una rapida riforma della Costituzione. Il suo insediamento è avvenuto lo scorso 7 febbraio, subito dopo il decesso del padre, Eyadema Gnassingbé, rimasto al potere per 38 anni.

 

Circa 2000 persone, riunite sotto la bandiera del Partito comunista e nazionalista, stanno manifestando nella piazza di Mosca per chiedere le dimissioni del governo e del presidente Vladimir Putin. Il motivo della loro protesta è la riforma sociale che ha comportato uno sfaldamento della fiducia popolare verso il presidente russo.

 

Il direttore di CNN News, Eason Jordan, si è dimesso dal suo incarico sulla scia delle polemiche scatenate da presunte dichiarazioni pronunciate in occasione del recente Forum Economico Mondiale a Davos, in Svizzera. In quell’occasione, Jordan avrebbe accusato le truppe statunitensi in Iraq di prendere più o meno deliberatamente di mira i giornalisti che seguono la campagna militare nel Paese arabo. Jordan ha sempre negato questa affermazione, ma in una lettera inviata alla redazione riconosce che le sue parole “non sono state chiare quanto invece sarebbero dovute essere”.

 

Si è conclusa la rivolta scoppiata ieri nel carcere San Martin di Cordoba, nella parte centrale dell’Argentina. Il bilancio dell’ammutinamento è di otto morti e di 23 feriti. I detenuti sono insorti per chiedere un migliore regime carcerario.

 

Dopo lo tsunami che lo scorso 26 dicembre ha devastato il sud-est asiatico, il mare ha restituito anche alcune antiche statue. Nel Tamil Nadu, uno degli Stati del sud dell’India maggiormente colpiti dalla furia dell’acqua, gli archeologi hanno trovato semisepolti dalla sabbia due leoni di granito dei primi secoli d.C.

 

 

 

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