RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLIX n. 41 - Testo della trasmissione giovedì 10 febbraio 2005

 

Sommario

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Giovanni Paolo II è guarito e rientra oggi in Vaticano: ai nostri microfoni il dott. Navarro-Valls parla di un Pontefice “impaziente” di tornare al lavoro

 

Ieri pomeriggio nella Basilica romana di Santa Sabina il cardinale Tomko ha celebrato la Messa per l’inizio della Quaresima

 

IN PRIMO PIANO:

Oggi si celebra per la prima volta in Italia la giornata del ricordo per le vittime delle Foibe, dove sono stati gettati, ancora vivi, molti italiani dalle truppe comuniste jugoslave di Tito. Le persone infoibate o fucilate sono state forse 10 mila: con noi Gianni Oliva, Silvana De Lombardo e don Evio Martinoli

 

L’Arabia Saudita per la prima volta oggi va alle elezioni: aperti i seggi per le municipali, ma le donne non possono votare. Il commento di Marcella Emiliani

 

Raccolte in un volume le poesie giovanili di Karol Wojtyla: intervista con Marta Burgart.

 

CHIESA E SOCIETA’:

Giovani, laici e parrocchie al centro del programma pastorale presentato dai vescovi del Nord della Spagna

 

La Chiesa coreana lancia la “Missione cattolica di Seul”

 

A Gerusalemme, grandi celebrazioni nel 60.mo della morte, nel lager di Dachau, di Giovanni Palatucci, l’eroico questore di Fiume che salvò dallo sterminio migliaia di ebrei

 

Grande successo in Ecuador per il “minuto missionario”, brevi messaggi radiofonici prodotti dalle Pontificie Opere Missionarie ecuadoregne.

 

24 ORE NEL MONDO:

L’Iraq ancora in preda alla violenza. Altre due autobombe oggi a Baghdad con almeno 9 morti, mentre sono stati rinvenuti nella regione di Suwairah venti corpi carbonizzati di iracheni

 

In Medio Oriente scricchiola la tregua siglata a Sharm el-Sheikh. Pioggia di razzi e colpi di mortaio a Gaza, rivendicata da Hamas

 

Ennesima battuta di arresto nei colloqui sulla crisi nucleare nord-coreana. Pyongyang annuncia di voler sospendere a tempo indeterminato la sua partecipazione ai negoziati a sei.

 

 

       

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

10 febbraio 2005

 

GIOVANNI PAOLO II E’ GUARITO E TORNA OGGI IN VATICANO.

AI NOSTRI MICROFONI, IL DIRETTORE DELLA SALA STAMPA VATICANA,

NAVARRO-VALLS, PARLA DI UN PONTEFICE “IMPAZIENTE” DI TORNARE AL LAVORO.

LA VICINANZA SPIRITUALE DEI FEDELI, HA SOTTOLINEATO NAVARRO-VALLS, HA GIOVATO MOLTO A PAPA WOJTYLA, CHE NON HA MAI INTERROTTO LA SUA ATTIVITA’

 

         Giovanni Paolo II è guarito dalla laringo-tracheite acuta che lo ha costretto al ricovero al Policlinico Gemelli, martedì primo febbraio, e già oggi potrà tornare in Vaticano. L’annuncio, atteso con trepidazione dai fedeli, è stato fatto stamani dal direttore della Sala Stampa della Santa Sede, il dottor Joaquín Navarro-Valls. Dunque, dopo dieci giorni di degenza, Papa Wojtyla lascia l’ospedale romano per tornare presto alla sua normale attività. Per un aggiornamento sulle condizioni di salute del Pontefice, Alessandro Gisotti ha intervistato il dott. Navarro-Valls:

 

**********

R. – La laringo-tracheite acuta, il motivo del ricovero urgente del Santo Padre all’ospedale, è guarita. Prosegue favorevolmente il miglioramento delle condizioni generali del Papa. Negli ultimi due giorni tutti gli accertamenti diagnostici, inclusa la TAC, hanno consentito di escludere altre patologie. Quindi, è da ritenersi che il rientro del Santo Padre in Vaticano avvenga entro oggi.

 

D. – Direttore, il Papa ha voluto manifestare il suo ringraziamento a quanti lo hanno assistito in questi giorni e lo ha voluto fare in modo particolare…

 

R. – Il Papa ha deciso di scrivere una lettera che consegnerà oggi prima di uscire dall’ospedale a tutte le persone che lo hanno assistito: i medici, il personale paramedico, gli infermieri, gli assistenti, gli ausiliari dell’ospedale e così via. In particolare vorrei menzionare il prof. Rodolfo Proietti, Ordinario di Anestesiologia e Rianimazione e Direttore del Dipartimento Emergenza e Accettazione, che ha coordinato l’équipe medica, coadiuvato dal prof. Massimo Antonelli; il prof. Gaetano Paludetti, Ordinario di Otorinolaringoiatria e il prof. Filippo Crea, Ordinario di Cardiologia. Il ringraziamento va esteso anche al suo medico personale, Renato Buzzonetti.

 

D. – Oggi la decisione dell’équipe medica di dimettere il Santo Padre dal Gemelli. Il Papa, evidentemente, ha accolto con soddisfazione questo annuncio…

 

R. – Io direi, ricordando le altre occasioni in ospedale, che fosse come impaziente, naturalmente ubbidiente ai medici, ma impaziente di ritornare in Vaticano e confrontarsi subito con l’agenda degli appuntamenti per il futuro.

 

D. – Moltissimi fedeli davvero, in tutto il mondo, e anche al Gemelli, hanno voluto manifestare in tanti diversi modi l’affetto, la propria vicinanza spirituale al Papa. Ci sono stati momenti toccanti: tanti giovani e anche bambini. Questa vicinanza ha fatto bene al Santo Padre?

 

R. – Molto direi. Spiritualmente, in primo luogo. E’ stato commovente, come tanta gente ricorderà, durante l’Angelus di domenica scorsa, dalla finestra dell’ospedale, quando il Papa ha detto alle persone di raccomandare tutte le loro intenzioni. Mentre la gente prega per lui, lui dice: “Io raccomando tutte le vostre intenzioni”. Quindi, questo è accaduto in questi giorni. E’ stata toccante tra molti altri momenti la visita, ieri, di quel bambino che da giorni voleva vedere il Papa e che ieri pomeriggio lo ha potuto incontrare, entrando nella sua stanza d’ospedale; e il dialogo tra il bambino e il Santo Padre, quando il Papa dice: “Tu porta adesso la mia benedizione a tutti i tuoi amici, a tutti i bambini che stanno nel reparto oncologico dove stai tu”.

 

D. – Certo, il Papa dovrà riposarsi, ma già c’è chi si chiede quando potrà tornare a svolgere la sua attività?

 

R. – Per quanto riguarda la sua attività, si può anche dire che non sia stata interrotta, perché quando c’è stato bisogno - attraverso il cardinale segretario di Stato - di portare qualcosa all’attenzione del Papa, c’è stato modo di farlo in questi giorni. Adesso, rientrando, il Santo Padre vedrà la sua agenda e deciderà se qualcosa debba essere spostata. Penso però che per quanto sarà possibile, il desiderio del Santo Padre sia quello di riprendere gli appuntamenti che in questi giorni aveva e che sono dovuti slittare di qualche giorno.

**********

 

 

IERI POMERIGGIO NELLA BASILICA ROMANA DI SANTA SABINA IL CARDINALE TOMKO

HA CELEBRATO LA MESSA PER L’INIZIO DELLA QUARESIMA: “LA TENTAZIONE DELL’UOMO – HA DETTO IL PORPORATO –

E’ QUELLA DI ELEVARE SE STESSO AL DI SOPRA DI DIO

 

Un monito all’uomo che pretende di eguagliare il suo Creatore e un invito a fare penitenza per riconciliarsi con Dio. E’ quanto espresso ieri pomeriggio dal cardinale Jozef Tomko, Prefetto emerito della Congregazione per l’Evangelizza-zione dei Popoli e presidente del Pontificio Comitato per i congressi Eucaristici internazionali, durante la celebrazione della Santa Messa Stazionale nella Basilica romana di Santa Sabina, in apertura del tempo liturgico quaresimale. Il servizio di Gabriella Ceraso.

 

**********

E’ una forma di devozione penitenziale, che risale all’inizio del cristianesimo, quella di visitare ogni giorno, dal Mercoledì delle Ceneri alla domenica in Albis, un luogo di culto per pregare. E’ l’itinerario delle stazioni quaresimali, un ideale cammino di conversione in vista della Pasqua, inaugurato anche quest’anno sulle pendici dell’Aventino con una breve processione interna alla Basilica di Santa Sabina, dove il cardinale titolare Jozef Tomko ha celebrato l’Eucaristia e imposto le Ceneri. Quest’ultime, “materia funebre” sì - come ha ricordato il cardinale durante l’omelia - ma anche richiamo agli inizi della nostra storia di salvezza. “Polvere sei e polvere ritornerai” è infatti la punizione inflitta alla “pretenziosa disubbidienza di Adamo” che ha creduto di poterlo eguagliare e poi ha avuto bisogno del Salvatore per riscattarsi.

 

“Noi tutti siamo figli di Adamo. Come lui sperimentiamo la continua tentazione di elevare il nostro io al di sopra della volontà di Dio. Come lui, come Adamo, pretendiamo di saper meglio che cosa sia il bene e che cosa sia il male per noi, che cosa scegliere come nostra vera felicità”.

 

Ed ecco gli effetti dell’orgoglio, del culto dell’individuo e della libertà, li elenca il porporato parlando ai fedeli e ai Padri benedettini e domenicani, seduto nel coro, e punta soprattutto il dito contro l’eutanasia, l’aborto e la manipolazione genetica.

 

“La cultura della morte comincia ora ad avanzare poco a poco nell’intero campo della vita umana, usando le stesse armi di inganno, che si chiamano: dolce morte, progresso, qualità della vita, esigenze della società, benessere comune”.

 

Facciamo penitenza, dunque, per questi peccati sociali e per quelli personali - prosegue il cardinale - ma confidiamo anche nell’amore di Dio, che sacrificando suo Figlio ci ha dato la speranza della salvezza.

 

“La liturgia, per quanto austera, ci mostra la strada di questa speranza. E’ la via della riconciliazione con Dio e con i fratelli alla sequela del servo sofferente”.

 

“Lasciamoci riconciliare con Dio e con le armi della penitenza e iniziamo il cammino di conversione”: questo l’invito finale riecheggiato tra le volute dell’antica Basilica di Santa Sabina.

**********    

 

 

IN INDIA, EREZIONE DELL’ARCIVESCOVADO MAGGIORE

PER LA CHIESA SIRO-MALANKARESE 

 

In India, Giovanni Paolo II ha elevato la Chiesa metropolitana sui iuris siro-malankarese al grado di Chiesa arcivescovile maggiore ed ha promosso mons. Cyril Mar Baselios Malancharuvil alla dignità di arcivescovo maggiore di Trivandrum dei Siro-Malankaresi. Mons. Mar Baselios è nato a Ullannor, Pandalam, nell’arcieparchia metropolitana di Trivandrum nel 1935. Nel 1960 è stato ordinato sacerdote. Nell’ottobre 1978 viene eletto primo vescovo di Battery dei Siro-Malankaresi. Nel 1995 è stato nominato arcivescovo metropolita di Trivandrum dei Siro-Malankaresi.

 

La Chiesa Siro-malankarese conta oggi 5 Eparchie con circa 450 mila fedeli, 632 sacerdoti di cui 511 eparchiali e 121 religiosi. Nei 5 seminari studiano 643 seminaristi di cui 256 maggiori, 189 minori e 198 religiosi. Sono presenti inoltre 2.030 religiose divise in 17 comunità. Si contano poi 22 Istituzioni ecclesiastiche, 449 Istituti educativi (scuole, centri universitari ecc..) e 466 Istituti caritativi.

 

=======ooo=======

 

 

OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

Apre la prima pagina l’articolo di Giampaolo Mattei dal titolo “Bambini e giovani, i grandi amici del Papa”: il rientro di Giovanni Paolo II in Vaticano è previsto per il pomeriggio di oggi.

Sempre in prima, un articolo sulla firma dei Patti Lateranensi, avvenuta l’11 febbraio di 76 anni fa.

 

Nelle vaticane, l’omelia del cardinale Jozef Tomko che - nella Basilica di Santa Sabina all’Aventino - ha celebrato la Santa Messa stazionale del Mercoledì delle Ceneri.

Una pagina dedicata alla Giornata mondiale del malato.

 

Nelle estere, Medio Oriente: Abu Mazen intensifica i contatti con le fazioni radicali per garantire il rispetto del cessate-il-fuoco con Israele.

Per la rubrica dell’“Atlante geopolitico”, un articolo di Giuseppe M. Petrone dal titolo “Arabia Saudita: globalizzare la lotta al terrorismo”.

 

Nella pagina culturale, un articolo di Michele Sangiorgi dal titolo “Quando Dante ‘studiava’ sui libri della Biblioteca di Fonte Avellana”: preziosi manoscritti dal X al XVIII secolo nella mostra marchigiana “Collectio Thesauri”.

 

Nelle pagine italiane, in primo piano gli sviluppi della vicenda della giornalista italiana rapita in Iraq.

 

 

=======ooo=======

 

 

OGGI IN PRIMO PIANO

10 febbraio 2005

 

FOIBE: PER LA PRIMA VOLTA SI CELEBRA IN ITALIA

LA GIORNATA DEL RICORDO

- Interviste con Gianni Oliva, Silvana De Lombardo e don Evio Martinoli -

 

Oggi si celebra per la prima volta in Italia la Giornata del ricordo per le vittime delle foibe, profonde cavità carsiche dell’Istria dove sono stati gettati, ancora vivi, molti italiani. La ricorrenza è stata istituita dal Parlamento per commemorare il massacro contro la comunità italiana perpetrato dalle truppe comuniste di Tito in Istria e in Dalmazia tra il 1943 ed il 1945. Secondo fonti storiche, le persone infoibate o fucilate sono state almeno 5 mila. Altre fonti parlano di circa 10 mila vittime.  A determinare la drammatica miscela di odio, tensione e risentimento sono state, soprattutto, la politica fascista del ventennio e l’occupazione italiana e tedesca della Jugoslavia dal 1941 al 1943. Da questo contrasto sempre più profondo tra la comunità italiana e quella iugoslava è poi derivato il folle progetto realizzato dal maresciallo Tito contro gli italiani dell’Istria e della Dalmazia. Ascoltiamo in proposito lo storico Gianni Oliva, autore del libro “Profughi”, edito da Mondadori. L’intervista è di Alessandro Guarasci:

 

**********

R. – Il progetto è quello del nazional-comunismo di Tito che voleva raggiungere il confine dell’Isonzo e annettere alla nuova Jugoslavia territori misti, come l’Istria e la Dalmazia, o nettamente italiani come Monfalcone, Gorizia e Trieste. Quando Tito raggiunge per primo queste terre, cerca di fare in modo che la comunità italiana non abbia nessuno che ne difenda i diritti. L’esercito iugoslavo ha perseguitato, ucciso e infoibato chi è stato esponente del passato regime fascista ma anche chi è stato esponente dell’antifascismo perché rappresentava la nuova Italia e quindi un grande ostacolo al progetto annessionistico.

 

D. – Cosa fecero gli anglo-americani per difendere la comunità italiana?

 

R. – Fecero poco. Avrebbero sicuramente potuto impedire i massacri ma ha prevalso la logica della politica internazionale. Nella primavera del ’45 la seconda guerra mondiale non era infatti ancora finita perché il Giappone era ancora in armi: la priorità, per gli anglo-americani, era quella di mantenere l’alleanza antifascista. E per mantenere l’alleanza con l’Unione Sovietica, non si poteva contrastare chi dell’Unione Sovietica era il maggiore alleato: l’esercito di Tito.

 

D. – Furono innumerevoli i campi profughi sparsi in tutta Italia. Non ci fu regione che non ebbe almeno un campo profughi. Come accoglievano gli italiani questi loro concittadini che, in qualche modo, erano tornati in patria?

 

R. – I campi profughi censiti sono 109. In questi campi i profughi gli esuli sono stati ospitati in condizioni di emergenza, di miseria, di promiscuità e di confusione. Gli italiani hanno guardato a questi profughi con il sospetto, la diffidenza con la quale si guarda alle minoranze che vivono in condizioni degradate perché nessuno, in quel momento, ha raccontato quale fosse la loro storia. Non è mai stato detto, e questa è una colpa di tutta la memoria nazionale, che quei profughi erano quelli che avevano pagato il prezzo della sconfitta dell’Italia nella seconda guerra mondiale.

 

D. – C’è stato un disegno preciso nel non dire questa verità?

 

R. – Ci sono stati tre elementi convergenti. Prima di tutto un silenzio internazionale perché quando Tito nel ‘48 ha rotto i rapporti con Stalin, per l’Occidente è diventato un interlocutore. Poi c’è stato un silenzio di Stato: l’Italia aveva bisogno di avere dei buoni rapporti con il governo jugoslavo, suo Paese confinante, e quindi non voleva riaprire una questione che avrebbe invece reso difficili questi rapporti. Terzo: c’è stata una rielaborazione della nostra memoria che ha sempre negato di essere un Paese che ha perso la guerra. Le Foibe, e soprattutto i profughi, erano l’immagine vivente della sconfitta.

**********  

 

Le foibe sono state un caso, non unico nella storia, di pulizia etnica. Lo ha detto il presidente del Senato Marcello Pera al termine della discussione in aula per la Giornata del ricordo. Di fronte alla barbarie delle foibe – ha dichiarato inoltre il presidente della Camera, Pier Ferdinando Casini - a nessuno è consentito utilizzare la memoria per alimentare divisioni, per marcare differenze o per acquisire consensi”. Il presidente italiano, Carlo Azeglio Ciampi, ha anche auspicato che “i ricordi ragionati prendano il posto dei rancori esasperati”. Sul dramma delle foibe, ascoltiamo al microfono di Luca Collodi la testimonianza di Silvana De Lombardo, esule istriana che all’età di 15 anni ha lasciato l’isola di Lussino.

 

**********

Ricordo che sono fuggita dalla mia isola. Sono poi arrivata a Fiume, dove ho preso un autobus. Sono quindi arrivata a Trieste dove c’era un campo profughi. E poi a me e alla mia famiglia, ci hanno mandato a Bari, a Fesca di Bari. In questo campo profughi c’era tanta gente. Ci hanno dato una camera e lì siamo stati otto anni. I baresi ce l’avevano un po’ con noi e ci dicevano: “Questi slavi cosa sono venuti a fare qui? Potevano stare a casa loro! Vengono a mangiare il nostro pane”. Poi mio fratello ha trovato un lavoro e siamo venuti a Roma. Tutta la mia gioventù, insomma, l’ho passata in un campo profughi.

**********

 

Riviviamo ancora la tragedia delle foibe attraverso il ricordo di don Evio Martinoli, che all’epoca era seminarista nella diocesi di Zara:

 

**********

Come uomini di Chiesa abbiamo vissuto in modo tragico il periodo delle foibe. Anche in seminario eravamo sempre in apprensione. Nel ’47, il Seminario è stato chiuso di urgenza perché il rettore era stato minacciato ed è dovuto scappare. Eravamo trattati proprio male. Dovevamo essere molto attenti nel parlare; durante le prediche in chiesa veniva sempre qualcuno ad ascoltare quello che si diceva.

**********

 

 

L’ARABIA SAUDITA PER LA PRIMA VOLTA OGGI VA ALLE ELEZIONI:

APERTI I SEGGI PER LE MUNICIPALI, MA LE DONNE NON POSSONO VOTARE

- Intervista con Marcella Emiliani -

 

Per la prima volta nella storia dell’Arabia Saudita, i cittadini del regno si recano oggi alle urne per le elezioni municipali. Aperti i seggi a Riad e nella sua provincia. Nelle altre zone si voterà il 3 marzo e il 21 aprile. Gli elettori - soltanto 140 mila iscritti su un totale di 470 mila aventi diritto - sono chiamati a scegliere metà dei 178 consigli municipali del Paese, mentre l’altra metà sarà nominata direttamente dalle autorità saudite. Si tratta di un voto dal quale le donne restano però escluse e il cui esito non cambierà l'assetto istituzionale del regno. Sull’importanza delle consultazioni, ascoltiamo Marcella Emiliani, docente di sviluppo dei Paesi del Medio Oriente all’Università di Bologna, intervistata da Giada Aquilino:

 

**********

R. – Per il regno è un avvenimento assolutamente rivoluzionario, nel senso che in Arabia Saudita non ci sono mai state elezioni. Certamente, però, questo è un passo molto timido nei confronti di un processo che non oserei definire di democratizzazione, bensì solo di vaga liberalizzazione: l’Arabia Saudita non ha un Parlamento, né alcuna forma di rappresentanza. L’unico organo che esiste è un Consiglio consultivo che aiuta il re nella gestione del Paese.

 

D. – Le donne non partecipano al voto: a che punto è l’Arabia Saudita nel riconoscimento dei principali diritti umani?

 

R. – C’è tutta la questione femminile che da sola costituisce un enorme buco nero nel sistema saudita. Non essendoci diritto di associazione, né quello di rappresentanza, l’Arabia Saudita - rispetto ai canoni occidentali - è ad un livello insufficiente per ciò che riguarda i diritti umani, civili e politici.

 

D. – Cosa si sta facendo in tal senso?

 

R. – Il reggente, Abdullah, anche a seguito della grossa ondata di terrorismo che ha investito l’Arabia Saudita, ha capito che nel regno bisogna cominciare a concedere qualcosa alla società, anche perché l’Arabia Saudita non è più quel Paese dorato in grado di garantire a tutti un welfare indistinto com’è stato nei decenni passati. Per cui, Abdullah ha cominciato timidamente, partendo appunto dalle amministrative, ad allargare le maglie del sistema. Certo che, come abbiamo già visto succedere in molte altre parti del mondo, rischia di essere troppo poco e troppo tardi.

 

D. – Quanto pesa il fondamentalismo islamico sulla famiglia reale saudita?

 

R. – Certamente pesa moltissimo. Tutto avviene nel quadro islamico; anche l’opposizione è un’opposizione islamica. Non si può prescindere da questo punto di riferimento!

 

D. – Cosa ci si deve aspettare a breve e lungo termine per l’Arabia Saudita?

 

R. – Il test di queste amministrative è molto importante, perché si avrà il polso della società saudita, cosa che in tutti gli anni del regno non è mai successo: l’Arabia Saudita è un’enorme bolla opaca che nessuno è mai riuscito a penetrare. Vedremo quindi quali sono le istanze che vengono dal basso. Io mi auguro che la famiglia reale saudita riesca a pilotare e a controllare questo processo di liberalizzazione, perché il rischio che corre è molto alto.

 

D. – Qual è il rischio?

 

R. – Il rischio maggiore è una crisi irreversibile di legittimità della famiglia Saud a governare: non dimentichiamo che l’Arabia Saudita è l’unico Paese al mondo che porta nel proprio patronimico un cognome di una famiglia. Quindi, l’Arabia Saudita è la famiglia Saud. Penso che i Saud potranno continuare governare solo se riusciranno a coniugare quello che è stato il loro ruolo religioso con il loro ruolo politico.

**********

 

 

RACCOLTE IN UN VOLUME LE POESIE GIOVANILI DI KAROL WOJTYLA

- Intervista con Marta Burgart -

 

17 sonetti ed un epistolario risalente agli anni 1939-40, compongono l’antologia che raccoglie le poesie giovanili di Karol Wojtyla, edito dalle edizioni Studium in collaborazione con l’Università LUMSA di Roma. Il volume, composto dal testo originale e la traduzione italiana a fronte, è stato presentato in questi giorni nell’Aula giubilare della LUMSA. Ce ne parla Francesca Smacchia.

 

**********

(musica)

 

“Sulla tua tomba bianca

sbocciano i fiori bianchi della vita.

O, quanti anni sono già passati senza di te

Spirito alato”.

 

Alcuni versi pieni di nostalgia e di malinconia compongono la poesia “Sulla tua tomba bianca”, in memoria di Emilia, la madre di Karol Wojtyla, scomparsa prematuramente quando lui era solo un bambino. Il ricordo delle visite davanti alla tomba bianca, i fiori freschi e le preghiere mormorate a fil di voce, l’immagine conservata dentro al cuore per tanti anni. Sono le parole scritte di getto dal giovane Karol, 19.enne, che soffre per la patria sconvolta dalla guerra, che si impegna nel lavoro, che ama intensamente l’arte e la letteratura. Poeta, dunque, ma soprattutto uomo che ha attraversato la dura esperienza del dolore e che nonostante tutto si appassiona alla vita. Ed è soprattutto la scoperta di una vocazione interiore, il cammino difficile ma irresistibile della fede che lo accompagnerà al suo destino di Papa molti anni dopo, come si intuisce dal componimento ispirato al Salmo “E quando Davide giunse alla sua terra madre”.

 

“I luoghi dove vagavo,

dove capii la riflessione delle querce slave, delle betulle.

Con Dio collegavo le stradine tue collinose

ed estirpavo le erbacce

e preparavo le vie nitide

per Colui che viene”.

 

Questi i temi principali delle opere racchiuse in un libro, che tratteggia i primi segni di un’esperienza umana davvero singolare: 17 sonetti, più altre composizioni rimaste nascoste e ritenute in un primo tempo dallo stesso autore artisticamente immature. Ascoltiamo Marta Burgart, curatrice del volume:

 

“Ci sono degli elementi che ritornano in quasi tutte le poesie. In primo luogo, l’amore per l’uomo. C’è un forte richiamo al patriottismo, all’amore per la tradizione, la cultura non solo polacca, ma anche slava. E’ molto forte il richiamo alla religione.”

 

Ma le poesie giovanili sono soprattutto la testimonianza dell’animo del futuro Giovanni Paolo II. Alcune tematiche del giovane Karol costituiranno i nuclei fondamentali dai quali si diffonderà la lezione umana di Papa Wojtyla. L’idea della bellezza come rivelazione della verità di Dio, l’amore per la Polonia, il motivo della cultura che dovrebbe liberare l’uomo e la realtà dalla commercializzazione e dal consumismo, sono argomenti proposti nei versi con una certa inquietudine, ma sempre proiettati verso la speranza.

 

(musica)

**********

 

=======ooo=======

 

 

CHIESA E SOCIETA’

10 febbraio 2005

 

 

GIOVANI, LAICI E PARROCCHIE, AL CENTRO DEL PROGRAMMA PASTORALE

 PRESENTATO DAI VESCOVI DEL NORD DELLA SPAGNA,

IN UNA LETTERA PUBBLICATA IERI, IN OCCASIONE DELLA QUARESIMA

 

MADRID. = “Rinnovare le nostre comunità cristiane”: è il titolo della lettera pastorale pubblicata ieri, in occasione della Quaresima, dai vescovi di Pamplona, Tudela, Bilbao, Saint-Sébastien e Vitoria, nella Spagna settentrionale. Oltre 70 pagine, in cui viene analizzata la situazione sociale ed ecclesiale nelle loro diocesi, segnata dal venire meno della fede nella società, nelle istituzioni, tra la gente. Al centro della preoccupazione dei vescovi, c’è la violenza, la forte diminuzione della pratica religiosa e la scristianizzazione crescente. E ancora: l’individualismo, il binomio “produrre-consumare”. Per far fronte a queste piaghe, i vescovi propongono di puntare soprattutto sui giovani, sui laici, su una pastorale rinnovata e capace di incidere sulla società attraverso parrocchie attive nel territorio. Nella lettera viene poi rivolto l’invito alla comunità cristiana a “stabilire un dialogo” con chi non crede, ma si pone domande sul senso della vita, e con chi opera per la verità, la giustizia e la solidarietà. I presuli ribadiscono infine che il cattolicesimo è un inno alla “speranza” e che il presente è un “tempo di grazia” in cui tutti i credenti e le comunità sono chiamate ad agire per rinnovare la società. (R.M.)

 

 

LA CHIESA COREANA LANCIA LA “MISSIONE CATTOLICA DI SEUL”:

SACERDOTI, RELIGIOSI E LAICI INVIATI

PER LA NUOVA EVANGELIZZAZIONE IN AMERICA

 

SEUL. = L’arcidiocesi di Seul ha creato ufficialmente la “Missione cattolica di Seul”, una nuova commissione diretta da padre Louis Kim Taek-gu con lo scopo di promuovere l’evangelizzazione in America. In aggiunta all’“Opera delle Missioni Estere Coreane”, istituita dalla Conferenza episcopale del Paese nel 1975, e a quella delle “Suore Coreane per le Missioni Estere”, istituita dalla diocesi di Pusan nel 1986, la nuova Missione coinvolgerà nel servizio di evangelizzazione sacerdoti, religiosi e laici. La novità è anche il focus rivolto specificamente all’America: finora, la Chiesa coreana si era rivolta principalmente all’Asia. L’America invece, dicono all’agenzia vaticana Fides dall’arcidiocesi di Seul, ha bisogno di missionari: per questo sarà formato personal religioso e laico che possa recarsi dall’altra parte dell’Oceano Pacifico a portare la Buona Novella. Come primo passo la missione prevede di inviare tre missionari nell’arcidiocesi di Panama. Con questa nuova iniziativa, l’arcidiocesi di Seul contribuisce a trasformare lo status della Chiesa coreana da “Chiesa che riceve missionari” a “Chiesa che li invia”, dando il proprio contributo all’evangelizzazione dei popoli nel Terzo Millennio. (R.M.)

 

 

A GERUSALEMME, GRANDI CELEBRAZIONI NEL 60. MO DELLA MORTE NEL LAGER

 DI DACHAU, DI GIOVANNI PALATUCCI, L’EROICO QUESTORE DI FIUME CHE SALVÒ

DALLO STERMINIO MIGLIAIA DI EBREI. GIÀ “SERVO DI DIO”, UN ANNO FA SI ERA CHIUSA A ROMA L’INCHIESTA DIOCESANA DEL PROCESSO DI BEATIFICAZIONE

 

GERUSALEMME. = Manifestazioni, a Gerusalemme, in commemorazione del 60. mo della morte, il 10 febbraio 1945 nel campo di concentramento di Dachau, di Giovanni Palatucci, l’eroico questore di Fiume che salvò dallo sterminio migliaia di ebrei durante l’occupazione nazista della Riviera adriatica. Già proclamato “Servo di Dio”, esattamente un anno fa si era chiusa al Vicariato di Roma, alla presenza del cardinale vicario, Camillo Ruini, l’inchiesta diocesana del processo di beatificazione, avviata il 9 ottobre 2002. Nel 1990, l’istituzione del Memoriale Ebraico dell’Olocausto dello Yad Vashem gli conferì il massimo onore per gli ebrei, quello di “Giusto tra le Nazioni”. E da allora, sul Viale dei Giusti in Yad Vashem a Gerusalemme, una lapide lo ricorda. E proprio lì è ricordato oggi con grandi cerimonie commemorative, promosse delle autorità italiane, dallo Stato di Israele e dalla comunità ebraica, alla presenza del ministro dell’Interno, Giuseppe Pisanu, del capo della Polizia, Gianni De Gennaro, e del presidente dell’Unione comunità ebraiche italiane, Amos Luzzatto. Ieri, sempre in suo onore, le bande musicali della Polizia israeliana e italiana hanno eseguito nell’Auditorium di Gerusalemme il “Concerto per un giusto”, con musiche di Verdi, Morricone e Ellington. Presenti all’evento, oltre alle autorità italiane citate, il ministro israeliano della Sicurezza Interna, Gidon Ezra, il capo della Polizia del Paese, Moshe Karadi, e il nunzio apostolico in Israele, l’arcivescovo Pietro Sambi. (R.M.)

 

 

GRANDE SUCCESSO IN ECUADOR PER IL “MINUTO MISSIONARIO”, BREVI MESSAGGI

RADIOFONICI PRODOTTI DALLE PONTIFICIE OPERE MISSIONARIE ECUADOREGNE

PER INFORMARE I FEDELI SULLE MISSIONI DELLA CHIESA NEL PAESE

 

QUITO. = “Il Minuto Missionario” è una “pillola radiofonica” della durata di un minuto che contiene un messaggio breve, puntuale ed incisivo circa le attività missionarie della Chiesa in Ecuador, ovvero, testimonianze di missionari ad gentes, riflessioni e preghiere di santi missionari, descrizione di realtà di missione e messaggi di spiritualità missionaria. L’iniziativa, avviata nel 2000 dalla Direzione nazionale delle Pontificie Opere Missionarie (POM) dell’Ecuador, sta riscontrando un gran successo anche in Guatemala, Nicaragua, Cile, Argentina, El Salvador e Venezuela. A livello nazionale, sono 59 le emittenti cattoliche e laiche, presenti in tutte le regioni dell’Ecuador, a trasmettere ogni giorno questi brevi messaggi missionari. “Molte radio laiche, sollecitate dai loro utenti, hanno voluto ricevere il programma in questione”, scrive Osvaldo Fierro Terán, delle POM dell’Ecuador, all’agenzia vaticana Fides. Inizialmente, il programma veniva registrato presso la radio cattolica nazionale dell’Ecuador su cassette audio che poi erano distribuite alle diverse emittenti. Adesso invece la Direzione Nazionale ha allestito uno studio di produzione, dove ogni mese vengono registrate, con professionalità e qualità, le “pillole” missionarie. Mensilmente vengono incisi su cd 30 o 31 messaggi. Altre informazioni possono essere richieste a: omp@interactive.net.ec. (R.M.)

 

 

=======ooo=======

 

 

 

24 ORE NEL MONDO

10 febbraio 2005

- A cura di Barbara Castelli -

 

L’Iraq ancora in preda alla violenza. Nuovi episodi di sangue si sono verificati in diverse zone del Paese, mentre si spera in una svolta nella vicenda di Giuliana Sgrena, nelle mani della guerriglia ormai da sei giorni. Il nostro servizio:

 

**********

Due violenti esplosioni hanno scosso stamani Baghdad. Nelle prime ore della mattina, un’autobomba è deflagrata al passaggio di un convoglio americano, in piazza Tahrir, uno snodo stradale molto trafficato nel cuore della capitale, causando la morte di almeno quattro persone e il ferimento di numerose altre. Una seconda autobomba è esplosa, invece, poco fa, nella zona di Salman Pak, causando almeno cinque morti. Nell’area sono ora in corso scontri a fuoco tra poliziotti governativi e insorti armati. Nuovo orrore anche nella regione di Suwairah. Più di venti corpi calcinati di iracheni, che trasportavano zucchero per il ministero del Commercio, sono stati ritrovati oggi nei loro veicoli a sud di Baghdad. La zona dove è avvenuta la carneficina sfugge al controllo delle forze di sicurezza ed è teatro di innumerevoli attacchi. Sono ore di angosciosa attesa, intanto, per la sorte della giornalista italiana Giuliana Sgrena. Nelle ultime 24 ore, non si è registrato alcun comunicato nell’altalena di rivendicazioni, minacce e annunci di rilascio o di esecuzione dell’inviata del quotidiano “Il Manifesto” da parte di uno dei vari gruppi di supposti rapitori. Il portavoce del governo transitorio, Thaer al-Naqib, intanto, ha annunciato che dal 17 al 22 febbraio prossimi, l’Iraq chiuderà le frontiere per la ricorrenza dell’“Ashura”, il principale periodo di raccoglimento del calendario sciita. Per l’occasione sono attesi nelle città sante di Najaf e Kerbala migliaia di pellegrini. Proprio in questa ricorrenza, lo scorso anno, in attacchi simultanei contro i pellegrini sciiti a Baghdad e Kerbala, vennero uccise oltre 170 persone.

**********

 

L’Iran non intende rinunciare alla sua tecnologia nucleare, compreso l’arricchimento dell’uranio, e non intende subire le minacce degli Stati Uniti. Così oggi il presidente, Mohammad Khatami, parlando davanti a decine di migliaia di persone, in occasione del 26.esimo anniversario della rivoluzione islamica. “Ci possono essere opinioni diverse – ha aggiunto il capo di Stato – ma il Paese è unito contro le aggressioni e le minacce. In caso di aggressione, l’Iran diventerebbe un inferno di fiamme per l’aggressore”.

 

 

A meno di 48 ore dal vertice di Sharm el-Sheikh, in Egitto, primi segni di cedimento nella tregua proclamata dal presidente palestinese, Abu Mazen e dal premier israeliano, Ariel Sharon. Una pioggia di razzi e di colpi di mortaio si è abbattuta la scorsa notte e questa mattina sulle colonie ebraiche a Gaza. Hamas ha rivendicato gli attacchi, che fortunatamente non hanno causato vittime, sottolineando di avere agito per vendicare la morte di un palestinese, colpito ieri sera dal fuoco di soldati israeliani dopo essere penetrato in una zona di esclusione militare. Il premier Sharon ha subito convocato una riunione urgente del Consiglio di governo ristretto. In segno di protesta, inoltre, è stata rinviata una riunione israelo-palestinese di coordinamento per la sicurezza che avrebbe dovuto svolgersi questo pomeriggio. Il presidente palestinese, Abu Mazen, intanto, ha dato “ferme istruzioni” ai dirigenti dei servizi di sicurezza dell’Autorità Nazionale Palestinese perché facciano cessare gli attacchi.

 

Accusando il presidente americano, George Bush, di voler “soffocare” il Paese, la Corea del Nord ha affermato oggi apertamente, per la prima volta, di essersi dotata di armi nucleari. In una dichiarazione, Pyongyang ha, inoltre, annunciato che si ritira dai colloqui a sei sulla proliferazione nucleare “per un periodo di tempo indefinito”. Immediata la reazione americana. Se abbandona i negoziati sul nucleare, ha detto il segretario di Stato USA, Condoleezza Rice, la Corea del Nord rischia di “approfondire il suo isolamento”. Chiaretta Zucconi:

 

**********

Nell’annuncio-shock fatto dal ministero degli Esteri nordcoreano, e riportato dall’agenzia ufficiale Corean Central News Agency, Pyongyang spiega che: “nonostante avessimo sollecitato gli Stati Uniti a rinunciare al loro atteggiamento ostile verso la Repubblica popolare di Corea e adottare una politica improntata alla coesistenza pacifica tra i due Paesi, Washington ha respinto la nostra richiesta, come ben evidenziato nel discorso inaugurale del presidente Bush e nell’intervento al Congresso del Segretario di Stato americano”. “Abbiamo voluto i colloqui a sei ma siamo costretti a sospendere la nostra partecipazione fino a quando non ci saranno le condizioni e l’atmosfera giuste – continua la nota – e, d’altra parte, non c’è motivo di sedersi al tavolo negoziale con chi, come gli Stati Uniti, ci ha definito un avamposto della tirannia”. I colloqui multilaterali, cui partecipano oltre alle Coree anche Stati Uniti, Cina, Russia e Giappone sono stati lanciati ad agosto 2003, nel tentativo di risolvere in modo pacifico la crisi nucleare iniziata nell’ottobre 2002, dopo che gli Stati Uniti riportarono la notizia secondo la quale la Corea del Nord avrebbe ammesso di possedere un programma segreto per l’arricchimento di uranio. La nota del ministero degli Esteri conclude dicendo di voler risolvere con i colloqui la questione nucleare, ma certo è che l’annuncio a sorpresa di Pyongyang rischia di accrescere la tensione, rendendo più difficili gli sforzi di chi vorrebbe aiutare il Paese ad uscire dall’isolamento. Un Paese messo in ginocchio dalla carestia e che fa affidamento sugli aiuti internazionali per sostenere la propria popolazione.

 

Per la Radio Vaticana, Chairetta Zucconi.

**********

 

Rimasto isolato per oltre una settimana dal resto del mondo, il Nepal è tornato quasi alla normalità dopo la riapertura ieri dei servizi Internet e di telefonia fissa. I servizi sono stati interrotti il primo febbraio scorso, quando il re Gyanendra ha sciolto il vecchio esecutivo, ne ha formato uno nuovo di suoi stretti sostenitori e ha dichiarato lo stato di emergenza per bloccare la guerriglia maoista che controlla vaste aree del Paese. Sette dirigenti politici, messi agli arresti domiciliari per ordine del re, intanto, sono stati liberati.

 

Nel 1964 i paramilitari dell’IRA fanno esplodere due bombe a Guildford e a Woolwich causando sette morti. Per tali misfatti, due famiglie innocenti, i Conlon e i Maguire, in tutto 11 persone, sono state ingiustamente condannate. Il servizio di Enzo Farinella:

 

**********

Dopo 30 anni i quattro civili detenuti a Guildford e i sette di Woolwich, condannati per le bombe, ricevono le pubbliche scuse dal primo ministro britannico: “Sono profondamente dispiaciuto – ha dichiarato Tony Blair, dinanzi alle televisioni di tutto il mondo – per quanto i Conlon e i Maguire hanno dovuto ingiustamente soffrire. Meritano di essere del tutto e pubblicamente scagionati”. Gli 11 condannati hanno trascorso 15 anni in prigione di massima sicurezza. Jerry Conlon, il cui padre Joseph è morto in prigione, accusato dello stesso misfatto e la cui storia è stata rappresentata nel film ‘Nel nome del padre’, ha detto dopo: “Il primo ministro Blair ci ha incontrati, si è intrattenuto con noi, ci ha ascoltati ed è andato al di là delle nostre aspettative nello scusarsi”. Annie Maguire, un’altra vittima di tale ingiustizia, ha affermato: “Abbiamo tutti sofferto tanto. E questo è un grande giorno per noi e per i nostri figli”. Il primo ministro irlandese Ahern, che ha tanto richiesto queste pubbliche scuse al suo collega Blair, ha dichiarato: “So che gli anni sottratti ai Conlon non possono essere recuperati, ma spero adesso, che possano continuare a vivere serenamente”.

 

Da Dublino per la Radio Vaticana, Enzo Farinella.

**********    

 

Si riaccende la violenza in Colombia. Intensi combattimenti scoppiati martedì, nella regione di Uraba, tra l’esercito e le Forze armate rivoluzionarie, hanno causato almeno 28 morti, di cui 17 soldati. L’attacco dei ribelli costituisce una dura risposta a chi sostiene che la guerriglia è stata costretta in un angolo e alla popolare politica di sicurezza del presidente, Alvaro Uribe. La regione nord-occidentale, al confine con Panama, rappresenta un corridoio per i ribelli e i paramilitari per il traffico di armi e di droga.

 

Ancora una giornalista uccisa in Somalia. Kate Peyton, 39 anni, inviata della BBC, è morta ieri per le ferite da arma da fuoco riportate in un agguato di cui era stata vittima in mattinata a Mogadiscio. Dalla cacciata del dittatore Mohammed Siad Barre nel 1991, la Somalia è precipitata in una guerra che oppone i clan dei diversi signori della guerra. Da allora almeno 8 giornalisti stranieri sono stati uccisi: tra questi, l’italiana Ilaria Alpi.

 

Nei due anni appena trascorsi in Cina sono state eseguite almeno 650 condanne a morte. La denuncia viene dall’organizzazione umanitaria Amnesty International, che in un comunicato sottolinea come si tratti di un numero insolitamente alto anche per la Cina e che contraddice la dichiarata volontà delle autorità di contenere l’uso della pena di morte. Amnesty aggiunge, inoltre, che nelle sole ultime due settimane sono stati uccisi duecento condannati a morte.

 

Il principe Carlo d’Inghilterra e Camilla Parker Bowles si sposeranno, con ogni probabilità il prossimo 8 aprile. Lo ha annunciato oggi il portavoce dell’erede al trono d’Inghilterra. Quando Carlo diventerà Re, tuttavia, Camilla non sarà Regina.

 

 

=======ooo=======