RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLIX n.
35 - Testo della trasmissione venerdì 4 febbraio 2005
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
E’ morto a Roma, all’età di 102 anni, il cardinale abruzzese Corrado Bafile: il cordoglio del Papa
IN PRIMO PIANO:
La comunità di Sant’Egidio ha festeggiato ieri 37 anni di solidarietà: con noi Mario Marazziti
CHIESA E SOCIETA’:
Minacce e violenze dei fondamentalisti indù contro i
cristiani della diocesi indiana di Amravati
Domenica 6 febbraio si celebra in Italia la Giornata per la Vita sul tema: “Fidarsi della vita”
Ancora violenza
in Iraq. Sequestrata questa mattina la giornalista italiana Giuliana Sgrena,
inviata del Manifesto. Prosegue, intanto, lo spoglio delle schede delle
elezioni della scorsa domenica. In testa la lista sciita dell’ayatollah Al
Sistani
Sporadici scontri in
Cisgiordania non ostacolano il dialogo tra israeliani e palestinesi. Martedì in
Egitto lo storico incontro fra Sharon ed Abu Mazen
Si è schiantato in
Afghanistan il Boeing 737 della Kam Air, di cui da ieri non si avevano più
notizie. Morti i 104 passeggeri.
4 febbraio 2005
CONTINUANO
A MIGLIORARE LE CONDIZIONI DI SALUTE DEL PAPA
CHE SI
ALIMENTA REGOLARMENTE. DOMANI POMERIGGIO SEGUIRA’
DALLA TV LA FESTA DEL SEMINARIO ROMANO MAGGIORE IN VATICANO.
ANCORA
DA PRECISARE PER DOMENICA LE MODALITA’
DELLA
RECITA DELL’ ANGELUS,
A
CUI GIOVANNI PAOLO II NON VUOLE MANCARE
-
Intervista con il dott. Joaquín Navarro-Valls -
Continuano a migliorare le
condizioni di salute del Papa ricoverato da martedì sera al Policlinico romano
“Agostino Gemelli”. E’ quanto ha
affermato oggi il direttore della Sala Stampa vaticana Joaquín Navarro-Valls.
Ascoltiamolo al microfono di Sergio Centofanti:
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R. – Lo stato di salute del Santo
Padre è migliorato. Il Papa adesso si alimenta regolarmente; gli esami
strumentali e di laboratorio confermano la stabilizzazione del quadro clinico
e, una cosa che mi sembra importante, cioè alla luce della favorevole
evoluzione della patologia respiratoria del Papa, un nuovo comunicato medico è
previsto soltanto per lunedì 7 febbraio.
D. – Per quanto riguarda gli
appuntamenti, che cosa si prevede per domani?
R. – Il Santo Padre, dalla sua
stanza del Policlinico Gemelli, domani pomeriggio seguirà dalla televisione la
cerimonia per la festa della Madonna della Fiducia, Patrona del Seminario
Romano Maggiore che si terrà nell’Aula Paolo VI in Vaticano. Il testo del
discorso che era stato preparato dal Santo Padre, verrà letto del Sostituto
della Segreteria di Stato, arcivescovo Leonardo Sandri. Quindi, si può dire che
in qualche modo il Papa è comunque presente alla cerimonia ...
D. – E per l’Angelus domenicale?
R. – Ecco, per quanto riguarda
la preghiera dell’Angelus di domenica: è noto che questo è un appuntamento al
quale Giovanni Paolo II tiene molto e al quale non vuole mancare. Domani potrò
essere più preciso circa le modalità della recita della preghiera mariana.
Approfitto della Radio Vaticana per invitare i fedeli che in qualche modo
volessero seguire questa preghiera, a venire direttamente in Piazza San Pietro.
D. – Come sta trascorrendo il
Papa queste giornate? Concelebra la Messa?
R. – Tutti i giorni il suo
segretario celebra la Messa, l’arcivescovo Dziwisz, e il Papa concelebra dal
suo letto, e questo dal primo giorno del suo ricovero in ospedale.
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“Vogliamo
portare al Papa, amico della pace, un augurio di pronta guarigione e dirgli che
abbiamo bisogno di lui”. Lo hanno detto stamani due membri dell'associazione
dei ‘Medici del sorriso’, travestiti da clown e giunti al Policlinico Gemelli
per recare conforto ai bambini ricoverati in ospedale e in genere a tutti i
degenti. La nostra inviata al Gemelli, Giada Aquilino, ha raccolto la loro
testimonianza, quella di don Decio Cipolloni – assistente spirituale del
Policlinico – e quella di una fedele romana del Cammino Neocatecumenale:
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R. – Portare un sorriso lì dove
c’è una situazione di sofferenza, di tristezza; gli volevamo dare
quest’emozione in positivo: in questo consiste il nostro intervento. Noi, qui,
lavoriamo con i bambini.
D. – I bambini cosa vi hanno
detto, o vi dicono, del Papa ricoverato?
R. – Che gli vogliono scrivere
una lettera e se è possibile fargliela arrivare.
R. – La combinazione ha voluto
che al decimo piano ci fosse Oncologia pediatrica e al decimo piano venisse
allestita la stanza per il Papa. Lui sa di questa presenza perché ogni volta
che è stato all’ospedale ha preso contatto, sono arrivati i messaggi, bambini
che in passato inviavano disegni, preghierine ... è un segno veramente grande
di quella malattia che è innocente, nel cuore dei bambini e nel cuore del Papa.
D. – Che omaggio è?
R. – Una torta di mele.
D. – Quando gliel’ha portata?
R. – Giorni fa.
D. – Dove?
R. – Qui! Mi auguro che possa
mangiarla presto e, sentito che sta meglio, mi farebbe piacere poterlo vedere.
D. – E oggi cosa ha portato?
R. – Un mazzo primavera. Di buon
augurio ...
D. – Ha anche una busta con lei.
Che cosa c’è scritto?
R. – Una lettera. Di
rallegramenti per la pronta guarigione.
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“Dal Gemelli
ancora una catechesi di Giovanni Paolo II”: cosi titola stamane “L’Osservatore
Romano”, sottolineando come il Papa “con silenzioso vigore” stia mettendo ogni
persona ‘a tu per tu’ con un’immensità di mistero e di amore”, come rivelano le
innumerevoli testimonianze di partecipazione al suo stato di sofferenza acuta.
Il servizio di Roberta Gisotti:
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Messaggi, auguri,
incoraggiamenti, lettere affettuose continuano ad arrivare al Papa ammalato,
mentre continua la processione di personalità illustri e di persone qualunque
sotto le finestre della sua stanza, al decimo piano dell’ospedale Gemelli: c’è
chi porta fiori e doni o un semplice biglietto, chi si raccoglie in preghiera,
chi cerca rassicurazioni e chi degente nello stesso ospedale o parente di un
ricoverato partecipa la sua condivisione nella sofferenza.
Da tutto il mondo giungono
espressioni di pena per la salute del Santo Padre, anche da chi il 13 maggio
1981 ha armato la propria mano contro il Papa: Ali Agca dalla Turchia ha
scritto: “ti bacio Karol Wojtyla e ti invio i miei migliori auguri”. Il mondo
in preghiera nelle chiese cristiane, ma anche nelle sinagoghe ebraiche, come ha
assicurato il Rabbino Capo di Roma, Di Segni e nelle moschee - su iniziativa
dell’Unione delle comunità islamiche d’Italia - in particolare oggi, nella
preghiera del venerdì un pensiero per il Papa. Un Papa che al Gemelli, “adesso
più che mai luogo di speranza”, porta tutti nel suo cuore.
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Preghiere oggi – come abbiamo
sentito – nelle mosche italiane. Su questo particolare evento ascoltiamo la
testimonianza del responsabile della comunità islamica della Liguria, Zahoor
Zargàr, al microfono di Andrea Sarubbi:
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Durante la predica del Venerdì,
l’imam ha spiegato la situazione e dato notizie sulla salute del Papa; ha
ricordato il suo impegno per la pace, per i poveri, per i bisognosi e che il
Papa ha sempre lottato per loro e contro la guerra. Anche in Italia, il Papa si
è impegnato per una convivenza pacifica tra le comunità cristiane e musulmane,
ha cercato una via di convivenza pacifica per le diverse religioni. Dopo questa
predica, è stata recitata una preghiera speciale per la salute del Papa, per la
sua pronta guarigione, in modo che Egli possa proseguire nel suo impegno per i
bisognosi e per la pace. Noi riconosciamo questo impegno del Papa!
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E’ MORTO A ROMA, ALL’ETA’ DI 102 ANNI, IL
CARDINALE ABRUZZESE CORRADO BAFILE.
ERA STATO INVIATO DA GIOVANNI XXIII COME NUNZIO APOSTOLICO IN GERMANIA
E AVEVA RICEVUTO LA PORPORA DA PAOLO VI, DIVENENDO
PREFETTO DELLA CONGREGAZIONE PER LE CAUSE DEI
SANTI
- Servizio di Alessandro De Carolis
A quasi 103 anni di età – li
avrebbe compiuti il prossimo 4 luglio, si è spento a Roma, nella clinica Pio XI
dove era stato ricoverato da qualche giorno, il
cardinale Corrado Bafile.
Giovanni Paolo II ha fatto subito pervenire un telegramma di cordoglio al
cardinale Ratzinger, che domani, alle 11, presiederà la cerimonia solenne delle
esequie, a nome del Papa, nella Basilica di San Pietro. Sul ricordo del Papa e
un breve profilo biografico del porporato scomparso, il servizio di Alessandro
De Carolis:
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Un servitore del Vangelo
“zelante”, “competente” e “apprezzato” nel suo lavoro ai vertici della Santa Sede.
Sono gli aggettivi di Giovanni Paolo II per ritrarre e fissare nella memoria la
figura del cardinale Corrado Bafile: oltre un secolo di vita spesa per due
terzi in un “lungo e generoso impegno” dapprima in Segreteria di Stato,
e quindi come nunzio apostolico in Germania ed infine – si legge nel telegramma
del Papa - come “zelante ed apprezzato prefetto del Dicastero delle Cause dei
Santi”. Nato a L'Aquila il 4 luglio 1903, durante il Pontificato di Leone
XIII, il futuro cardinale inizia gli studi accademici nella Facoltà di chimica
dell'Università di Monaco di Baviera, proseguendoli poi nella Facoltà di
giurisprudenza dello Studium Urbis di
Roma, dove si laurea nel 1926. Vocazione adulta, esercita per alcuni anni la
professione forense, iniziando la preparazione al sacerdozio solo a 29 anni.
Dopo aver seguito per un anno i corsi di filosofia dell'Università Gregoriana,
entra nel Seminario romano maggiore preparandosi in Teologia.
Ordinato sacerdote il Sabato
Santo del 1936, entra nella Pontificia Accademia Ecclesiastica e quindi nel
Servizio diplomatico della Santa Sede, come addetto alla Segreteria di Stato.
Vi rimane fino all'inizio del pontificato di Giovanni XXIII che, nel 1960, lo
nomina arcivescovo e lo invia come nunzio apostolico in Germania. Nel ’75 torna
a Roma, richiamato da Paolo VI, che lo nomina pro-prefetto della Congregazione
per le cause dei Santi. E’ lo stesso Papa Montini a crearlo cardinale nel Concistoro del maggio del ’76. Da allora e
fino al 1980, è stato prefetto della Congregazione per le Cause dei Santi, dopo
aver attraversato per intero la storia del “secolo breve” e quella di nove
pontificati.
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NOMINE
Il Santo Padre ha nominato
ausiliari del Patriarcato di Lisbona in Portogallo: mons. Anacleto Cordeiro
Gonçalves de Oliveira, del clero della diocesi di Leiria-Fátima, direttore
dell’Istituto Interdiocesano di Coimbra, assegnandogli la sede titolare
vescovile di Acque Flavie, e mons. Carlos Alberto de Pinho Moreira Azevedo, del
clero della diocesi di Porto, vice-rettore dell’Università Portoghese,
assegnandogli la sede titolare vescovile di Belali. Mons. Oliveira è nato il 17
luglio 1946 a Cortes, diocesi di Leiria-Fátima, ed è stato ordinato sacerdote
il 15 agosto 1970. Mons. Azevedo è nato il 4 settembre 1953, a Milheiros de
Poiares (Santa Maria da Feira), diocesi di Porto, ed è stato ordinato sacerdote
il 10 luglio 1977.
LA
NATURA MORALE DELL’UNIONE EUROPEA SOTTOLINEATA
DAL
PRESIDENTE DEL PARLAMENTO EUROPEO, FONTELLES,
RICEVUTO STAMANE IN
VATICANO DAL CARDINALE SODANO
- A cura di Roberta
Gisotti -
Auguri
per la salute del Papa sono giunti oggi per voce del Presidente
del Parlamento europeo, Borrell Fontelles, in visita in Vaticano, accompagnato dal suo direttore di Gabinetto,
Christine Verger e dal capo dell’Ufficio del Parlamento europeo a Roma,
Giovanni Salimbeni.
La delegazione è stata ricevuta
dal cardinale Angelo Sodano, segretario di Stato, e dall’arcivescovo Giovanni
Lajolo, segretario per i Rapporti con gli Stati, che hanno sottolineato
l’importanza della nunziatura apostolica accreditata presso l’Unione Europea,
per favorire un dialogo proficuo sui grandi temi del momento. E tra questi il
presidente del Parlamento europeo ha evidenziato le prospettive che si pongono
con l’allargamento dell’Unione Europea, auspicando che vi sia una ratifica del
Trattato costituzionale da parte di tutti gli Stati.
Fontelles, in sintonia con
quanto sempre sostenuto dalla Santa Sede, ha tenuto a sottolineare la natura
dell’Unione Europea come “potenza morale”, con un proprio messaggio di civiltà
sempre valido, da proporre anche nel più ampio contesto internazionale. Durante
il colloquio si è parlato anche dei tre grandi organismi europei, Unione
Europea, Consiglio d’Europa, Organizzazione per la Cooperazione e la Sicurezza
in Europa (OSCE), convenendo sull’opportunità di chiarirne i rapporti.
LA SITUAZIONE IN ASIA DOPO IL MAREMOTO
AL CENTRO DELL’INCONTRO MONDIALE
DELL’APOSTOLATO DEL MARE
IN QUESTI
GIORNI A ROMA
- Intervista con il cardinale Stephen Fumio Hamao
-
La
situazione nel Sud-Est asiatico dopo il maremoto è stata al centro
dell’incontro mondiale dei Coordinatori regionali dell’Apostolato del Mare che
si è svolto in questi giorni a Roma presso il Pontificio Consiglio della
pastorale per i migranti e gli itineranti. Il cataclisma del 26 dicembre scorso
ha provocato oltre 290 mila vittime tra morti e dispersi. La comunità
internazionale è mobilitata per la ricostruzione delle aree colpite. La Chiesa
cattolica sta offrendo il suo contributo come spiega al microfono di Giovanni
Peduto il cardinale Stephen Fumio Hamao, presidente del dicastero che ha
promosso l’incontro:
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D. -
Bisogna sapere che molti dei villaggi di pescatori che sono stati colpiti sono
cattolici e quindi le comunità cattoliche sono state particolarmente
danneggiate. Le Caritas nazionali, che fanno un lavoro considerevole, le
diocesi, le organizzazioni cattoliche e l’Apostolato del Mare hanno messo tutto
il loro personale e le loro infrastrutture al servizio delle vittime. In
Thailandia, ad esempio,il centro dell’Apostolato del Mare è stato trasformato
in un rifugio per le vittime locali ed i turisti. In solidarietà con tutte le
associazioni nazionali dell’Apostolato del Mare del mondo, i due Coordinatori
regionali della zona sinistrata prepareranno ora dei piani a lungo termine per
accompagnare spiritualmente e pastoralmente tutte queste comunità, in
collegamento con le diocesi e le Caritas. Da rilevare che i nostri cappellani
si sono recati subito sui luoghi della catastrofe. Hanno partecipato ai primi
soccorsi e, soprattutto, hanno cercato di essere con la gente e vicini alla
gente. Lo choc e il trauma sono immensi. Quindi l’urgenza adesso è proprio quella di essere con la gente, di
ridare loro coraggio e speranza. Bisogna aiutarli a ricostruire la loro vita,
accompagnandoli nel loro lutto e nelle loro sofferenze.
D. –
Nel dramma si sta sperimentando tuttavia la solidarietà internazionale e la
collaborazione tra i fedeli delle varie religioni…
R. –
L’appello del Santo Padre (al quale rivolgiamo un augurio affettuoso di pronto
ristabilimento) è stato ascoltato. La risposta e la solidarietà internazionale
sono stati all’altezza della catastrofe. Raramente si è vista nel mondo una
solidarietà internazionale tanto generosa e spontanea. E’ vero anche che tra
fedeli di differenti religioni esiste un’ottima collaborazione. La solidarietà
e l’aiuto reciproco non hanno frontiere.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Apre
la prima pagina l'articolo di Giampaolo Mattei dal titolo "L'abbraccio del
mondo al Papa del 'Totus tuus' ": migliorano le condizioni di Giovanni
Paolo II.
Sempre
in prima, il telegramma di cordoglio del Papa per la morte del cardinale
Corrado Bafile. All'interno la dettagliata biografia del compianto porporato.
Iraq:
rapita a Baghdad una giornalista italiana.
Nelle
vaticane, una pagina dedicata alla celebrazione, nelle diocesi italiane, della
Festa della Presentazione del Signore.
Nelle
estere, Medio Oriente: segnali insistenti di dialogo, ma permane la violenza.
Attesa per il vertice, in Egitto, tra Ariel Sharon ed Abu Mazen.
Nella
pagina culturale, un articolo di Massimiliano Porzia, dal titolo "Un
simbolo di coesione", sul "Premio Campidoglio".
Nelle
pagine italiane, FIAT: primi scioperi a livello locale entro il 18 febbraio;
mobilitazione l'11 marzo: le decisioni dell'assemblea unitaria a Torino
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4
febbraio 2005
LA COMUNITA’ DI SANT’EGIDIO FESTEGGIA
37 ANNI DI SOLIDARIETA’.
IERI, LA MESSA DI RINGRAZIAMENTO NELLA BASILICA DI SAN GIOVANNI IN LATERANO, PRESIEDUTA
DA MONS. STANISLAW RYLKO,
PRESIDENTE DEL PONTIFICIO CONSIGLIO
PER I LAICI
- Intervista con Mario Marazziti -
“Vivete il vostro
carisma con rinnovato slancio missionario, sospinti dalla forza irresistibile
della Parola di Dio!”. E’ l’esortazione di mons. Stanislaw Rylko, presidente
del Pontificio Consiglio per i Laici, alle migliaia di membri della Comunità di
Sant’Egidio riuniti ieri nella Basilica romana di San Giovanni in Laterano, per
la Messa di ringraziamento nel 37.mo della fondazione del movimento. Era
infatti il 1968, quando il diciottenne Andrea Riccardi dava vita, insieme ad un
gruppo di amici del liceo Virgilio di Roma, al primo nucleo della Comunità di
Sant’Egidio, oggi presente in 70 Paesi con oltre 50 mila volontari, impegnati nella comunicazione del Vangelo e in opere di
solidarietà. Il servizio di Roberta Moretti:
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Si riuniscono ogni
sera nella Basilica romana di Santa Maria in Trastevere e in tante altre chiese
del mondo per pregare, perché da sempre preghiera e ascolto della Parola illuminano
l’opera sociale e solidale della Comunità di Sant’Egidio. Poveri, anziani,
disabili, senza fissa dimora, e ancora, bambini di strada, nomadi,
extracomunitari, carcerati: a loro l’assistenza capillare e discreta da quasi
40 anni. Ma anche campagne per la difesa dei diritti umani e, in particolare,
per una moratoria universale contro la pena di morte. E ancora, il programma
D.R.E.A.M. (Drug Resource Enhacement against AIDS and Malnutrition), per fornire una terapia completa, e non solo preventiva,
ad oltre 20 mila malati di AIDS nell’Africa subsahariana, impedendo in 97 casi
su 100 che i bambini nati senza il virus da madri sieropositive, vengano
contagiati nel primo anno di vita dall’allattamento. E da anni Sant’Egidio è in
prima linea anche nei negoziati tra Paesi in guerra, vincendo nel 2004 il
prestigioso “Premio Balzan per la pace”. Il portavoce della Comunità, Mario Marazziti:
Ma il lavoro per la pace è accompagnato, e talvolta trae
origine, dall’impegno per l’ecumenismo e il dialogo interreligioso, che la
Comunità di Sant’Egidio realizza ogni anno dal 1987, attraverso gli “Incontri
internazionali Uomini e Religioni”. Marazziti:
“Il dialogo
interreligioso non ha tanto un obiettivo politico. Ha l’obiettivo di mettere in
comunicazione i credenti, perché ogni uomo ed ogni donna trovi la sua piena dignità
e perché la pace –che è un dono che ci viene dall’alto – possa scendere sul
mondo”.
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4
febbraio 2005
LA “PILLOLA DEL GIORNO DOPO” E’ UN FARMACO
ABORTIVO A TUTTI GLI EFFETTI, ANCHE SECONDO LA SCIENZA,
E QUINDI CONTRARIO AL RISPETTO CHE SI DEVE ALLA VITA
UMANA. LO
AFFERMANO I VESCOVI DELL’ECUADOR IN UNA NOTA DIRETTA AI FEDELI
- A cura
di Davide Dionisi -
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QUITO. = Le parrocchie
ecuadoriane hanno distribuito nei giorni scorsi ai loro fedeli un documento
pubblicato dal Consiglio permanente della Conferenza episcopale nel quale
vengono spiegati con chiarezza gli effetti della cosiddetta “pillola del giorno dopo” e il motivo
per cui la scienza non abbia ancora escluso i suoi effetti abortivi. Nella
nota, i presuli ricordano che gli approfondimenti medico-scientifici più seri
riconoscono le ragioni della Chiesa quando essa sostiene che la vita umana ha
inizio dal momento in cui l’ovulo viene fecondato. “Da lì ha inizio la vita -
afferma il documento dei vescovi - e non c’è vita che non debba essere
rispettata. Nessuna forma di discriminazione è ammessa”. I presuli ecuadoriani
avvertono inoltre che i “diversi studi presentati sono il frutto del lavoro di
professionisti favorevoli alla contraccezione in ogni sua forma. Gli stessi
laboratori che commercializzano la pillola
informano che il farmaco impedisce l’annidamento dell’embrione nell’utero,
causando, di fatto, la fine di una vita umana”. Esistono “sufficienti elementi,
testati dalla scienza – si legge ancora - per affermare che la pillola è abortiva. Perché dunque
giocare con la parole e, in merito agli effetti del farmaco, sostenere che evita una gravidanza indesiderata? E’
più onesto dire che provoca l’interruzione di una gravidanza già avviata e,
quindi, un aborto”. I vescovi criticano con forza i “sostenitori del pensiero
contemporaneo”, secondo i quali “l’aborto è un diritto della donna, la sola in
grado di prendere decisioni del proprio corpo”. “Niente di più falso”,
obiettano. “L’esercizio della propria libertà ha un limite invalicabile, quello
della vita altrui. Il nuovo concepito non può essere considerato ‘corpo
della donna’, ma una nuova vita distinta dalla stessa donna che lo ha
concepito”. Ciò che diciamo, concludono i vescovi dell’Ecuador, “non riguarda
la sfera religiosa, pur investendo il campo stesso della fede e della morale.
Per noi rimane soprattutto una questione di giustizia”.
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“BASTA CON L’ODIO E LE
VENDETTE. SOLO COSI’ SI PUO’ GIUNGERE IN PACE
ALLE ELEZIONI IN COSTA D’AVORIO”. QUESTO E’
L’APPELLO LANCIATO
DAI VESCOVI LOCALI CHE INVITANO I SOLDATI LOCALI
E LE COMUNITA’ INTERNAZIONALI ALLA COLLABORAZIONE
YAMOUSSOUKRO.
= “La Costa d'Avorio è una Nazione sovrana. E come tale merita rispetto dalle
comunità internazionali presenti sul territorio. Gli ivoriani, dal canto loro,
dovrebbero dare lo stesso rispetto a coloro che accolgono”. E’ con un invito
alla collaborazione e al dialogo che i vescovi della Costa d'Avorio hanno
concluso una riunione plenaria tenutasi nei giorni scorsi. Infatti, a seguito di un tentativo di colpo di Stato nel 2002, sono
quattromila i soldati francesi dislocati nel Paese africano e, insieme a loro,
ci sono seimila Caschi blu delle Nazioni Unite. In
un documento da loro redatto - dal titolo eloquente "Appello al ritorno
dei valori morali, religiosi e spirituali nella risoluzione della crisi
ivoriana” - i presuli ivoriani hanno indicato quale sia, a loro giudizio,
l’unica via per arrivare con spirito sereno alle elezioni previste per il 2005
in Costa d’Avorio: “Rinunciare all'odio, alla vendetta e alla sfiducia
reciproca”. “Troppo sangue è già stato versato in questo Paese”, proseguono i
presuli, facendo riferimento alla paralisi che da alcuni mesi blocca le
attività del governo di unità nazionale, in seguito ai ripetuti disaccordi tra
il fronte del presidente Gbagbo e quello delle Forze Nuove, la coalizione che
raccoglie tre movimenti ribelli. E proprio alle forze
in armi è rivolta la preoccupazione dei vescovi dello Stato africano, che chiedono ai due fronti di rinunciare a pratiche
come quelle del racket che tanto affliggono il Paese. Intanto, ancora un’ondata di violenza ha attraversato ieri la
Costa d’Avorio. Scontri tra miliziani estremisti, commercianti e poliziotti in
un quartiere di Abidjan hanno provocato due morti e diversi feriti. (R.A.)
I VESCOVI DEL SUDAFRICA ESORTANO IL PAESE A
LOTTARE CONTRO LA POVERTA’
E CHIEDONO
ALLA COMUNITA’ INTERNAZIONALE DI ABBATTERE IL DEBITO ESTERO,
CHE GRAVA SULLE FINANZE DEI PAESI POVERI PER 100
MILIONI DI DOLLARI AL GIORNO
PRETORIA.
= La povertà uccide ogni settimana quanto lo tsunami ha fatto lo scorso dicembre nel Sud-Est asiatico. È quanto
affermano i vescovi sudafricani in una dichiarazione rilasciata al termine
della loro sessione plenaria conclusa due giorni fa e resa nota dall’agenzia
Fides. Secondo i presuli, la lotta alla povertà rimane la sfida principale non
solo per i Paesi più poveri, ma per l’umanità intera. Per questo, si chiede uno
sforzo deciso per risolvere la questione del debito dei Paesi poveri.
Nonostante tante promesse e solenni dichiarazioni di cancellazione del debito,
i cittadini degli Stati impoveriti continuano ancora ad essere gravati dal
pagamento di 100 milioni di dollari al giorno per ripagare il debito internazionale.
I vescovi chiedono quindi una procedura trasparente per la cancellazione del
debito, allargando il numero dei Paesi ammessi ai programmi di revisione
dell’indebitamento. Allo stesso tempo, si chiede ai Paesi industrializzati e
alle istituzioni internazionali di favorire la nascita di un sistema
finanziario e commerciale globale più giusto che protegga i posti di lavoro
delle comunità più vulnerabili e che garantisca servizi pubblici essenziali a
favore delle popolazioni più povere. I vescovi ricordano pure l’impegno dei
Paesi sviluppati a portare i fondi per l’aiuto allo sviluppo ad almeno lo 0,7%
del loro Prodotto Interno Lordo, senza però condizionare la concessione di
aiuti al pagamento del debito.
Parallelamente, i vescovi affermano che anche i leader dei Paesi
sottosviluppati hanno le loro responsabilità. In particolare devono varare seri
programmi di sviluppo, lottare contro la corruzione e promuovere il buon
governo nell’amministrazione pubblica. I vescovi riaffermano infine il loro impegno
a portare avanti programmi per affrontare la povertà, condotti in
collaborazione con istituzioni nazionali e internazionali. (A.D.C.)
MINACCE E VIOLENZE CONTRO I CRISTIANI DELLA
DIOCESI INDIANA DI AMRAVATI.
LA DENUNCIA E’ DEL VESCOVO LOCALE, CHE HA CHIESTO
ALLE AUTORITA’ DI
INTERVENIRE E DI INDAGARE SUGLI ESTREMISTI INDU’,
AUTORI DELLE AGGRESSIONI
AMRAVATI (INDIA). = (AsiaNews) - Rajura, l’unico villaggio
cattolico nella diocesi di Amravati, nel Maharashtra centrale, è sotto attacco
da parte di fondamentalisti indù. L’unicità di questo villaggio è che gli
abitanti sono tutti cattolici tribali (Adivasi). Sono emigrati qui dal Madhya
Pradesh, ma vivono nel villaggio da secoli. Ora, i tribali vivono nel
terrore di essere uccisi da un colpo di spada, a meno di non abiurare la
propria fede ed abbracciare l’induismo. Amravati è una delle 6 divisioni del
Maharashtra con un’amministrazione municipale indipendente. In un’intervista
esclusiva ad AsiaNews, Edwin
Colaço, vescovo di Amravati, denuncia la situazione: “Questo è l’unico
villaggio cattolico della zona. Tutti gli abitanti sono cattolici, sono molto
poveri ed analfabeti. Per la maggior parte sono agricoltori, ma la loro fede è
molto salda. Alcuni giorni fa un munni
(un santone indù) è arrivato nella zona da Ayodhya. Il munni ha tenuto un
incontro, ascoltato da molti, venuti dai villaggi di J J Taluka. L’uomo, con un
manto color zafferano e con in mano un tridente, ha iniziato ad attaccare la
Chiesa cattolica”. Inoltre, “ha accusato i missionari di aver convertito i
tribali al cristianesimo con la forza, e ha dichiarato che la sua missione è
quella di riconvertirli all’induismo”. Il munni, ha proseguito il presule nella
sua drammatica ricostruzione, “ha poi scelto un gruppo di fanatici per
costringere i cristiani a un’assemblea pubblica. Il gruppo è andato al
villaggio cristiano, montando sulle jeep, portando spade e urlando slogan
estremisti inneggianti all’induismo. Al loro arrivo hanno trovato solo le
donne, perché gli uomini erano nei campi a lavorare. Hanno quindi costretto le
donne a seguirli davanti al munni, minacciandole di morte in caso di rifiuto”.
La situazione “è molto seria”, ha affermato mons. Colaco, riferendo di altre minacce
contro i cristiani. “Questa è violazione dei diritti umani” afferma il vescovo
di Amravati: i “tribali cristiani, analfabeti, dipendono dai villaggi più
grandi per il lavoro: se vengono emarginati, non avranno nessun mezzo di sussistenza”.
Il vescovo ha scritto allora al Ministero dell’Interno ed al primo ministro del
Maharashtra, chiedendo un’inchiesta sulla crescita di violenze contro i
cristiani dell’area. (A.D.C.)
CELEBRATI IERI POMERIGGIO, NELLA BASILICA ROMANA
DI SAN LORENZO IN LUCINA,
I FUNERALI
DEL PRODUTTORE CINEMATOGRAFICO GOFFREDO LOMBARDO,
MORTO ALL’ETÀ DI 84 ANNI
- A cura di Luca Pellegrini -
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ROMA. = Alla guida della famosa Titanus, il nome di
Goffredo Lombardo è associato a tanti capolavori del cinema italiano. Era
particolarmente legato al “Gattopardo” di Luchino Visconti, il cui valzer
finale ha voluto riecheggiasse al termine della toccante cerimonia esequiale,
alla quale hanno assistito tantissimi protagonisti del mondo del cinema. Nel
corso di una lunga e densa intervista, concesso circa un anno fa alla “Rivista
del Cinematografo”, fu lui stesso a confidare: “Non ditemi che sono bravo. Ditemi
che sono onesto. Anche nel cinema è possibile”. “Sono soltanto una persona che
ha fatto cinema – proseguiva – lo ho amato e ho rischiato per questo amore”.
Persona squisita, Goffredo Lombardo: con lui se ne va – senza retorica - un
pezzo di storia, un uomo di cultura e di affari, elegante e socievole, che ha
legato il suo nome a grandi capolavori e grandi registi, da Visconti a Fellini,
da De Sica a Olmi. Figlio di Gustavo e della diva del muto Leda Gys – che amava
ricordare come la meravigliosa interprete della Vergine Maria in uno dei primi
film sulla vita di Gesù, “Christus”, prodotto nel 1916 proprio dalla sua
Titanus – ha trattato generi, rischiato produzioni, inseguito il successo,
attraversato fallimenti ed enormi dolori, ricevuto premi e riconoscimenti,
frequentato l’alta società ma senza mai dimenticare gli impegni del Vangelo,
dalla carità alla testimonianza, all’impegno concreto come – ed è doveroso
ricordarlo – il grande sforzo di organizzare il Giubileo del mondo dello
spettacolo nell’anno 2000. Con grande intuito, aveva capito che il cinema non
era più quello che lui aveva vissuto, custodito, prodotto, ed aveva riversato
nella televisione la sua passione ed il suo gusto, sperando di nobilitarla con
storie altrettanto grandi. E’ giusto ricordarlo così, per ciò che ha fatto,
piuttosto che per chi è stato. Schivo e riservato, mi fece un’altra confessione:
“Non mi piace raccontare i miei successi ed i miei sbagli, raccontare la mia
storia. Penso di essere stato una persona assolutamente normale che ha scelto
di fare quello che si sentiva”.
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DOMENICA 6 FEBBRAIO SI CELEBRA IN ITALIA LA
GIORNATA PER LA VITA SUL TEMA:
“FIDARSI
DELLA VITA”. PER L’OCCASIONE IL
VICARIATO DI ROMA INVITA I FEDELI
IN PIAZZA SAN PIETRO PER SEGUIRE L’ANGELUS DEL
PAPA
ROMA. = In un comunicato stampa
il Vicariato di Roma ricorda che domenica 6 febbraio si celebra la 27a
Giornata per la Vita promossa dalla Conferenza episcopale italiana sul tema
“Fidarsi della vita”. “Tutti coloro che desiderano esprimere il rispetto per la
vita dal suo concepimento fino alla morte naturale – dice la nota - sono invitati a partecipare alla recita
dell’Angelus del Papa alle 12.00 in Piazza San Pietro, in collegamento con il
Policlinico Gemelli”. “La partecipazione dei fedeli della diocesi di Roma –
continua il comunicato – sarà anche un modo concreto per esprimere l’affetto,
la vicinanza e l’assicurazione della preghiera al Santo Padre”. In Piazza San
Pietro sarà presente anche il cardinale Camillo Ruini, vicario generale del
Papa per la diocesi di Roma e presidente della Conferenza episcopale italiana.
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4
febbraio 2005
- A cura
di Barbara Castelli -
L’Iraq ancora in
preda alla violenza e ai sequestri. La guerriglia ha rapito questa mattina a
Baghdad la giornalista italiana Giuliana Sgrena. La notizia è stata confermata
dal Ministero degli Esteri italiano. La donna, inviata del Manifesto, era
diretta, insieme con il suo interprete, alla moschea sunnita di Al Kastl, nella
zona dell’Università di Baghdad. Questo è solo l’ultimo episodio di violenza,
che nel Paese del Golfo continua a seminare vittime. Nelle ultime 24 ore, in
diverse zone, hanno perso la vita oltre 40 persone, compresi tre marines
americani. Questa mattina un gruppo di insorti ha fatto saltare in aria una
moschea sciita, alla periferia ovest di Baghdad, causando fortunatamente solo
ingenti danni materiali. Prosegue, intanto, lo spoglio delle schede elettorali.
Al momento in testa c’è la lista sciita dell’ayatollah Al
Sistani, mentre il premier ad interim Allawi ha incontrato a Baghdad i partiti
e il Consiglio degli ulema sunniti per gettare le basi di un “dialogo
nazionale”. Ma torniamo al sequestro. Prima di essere rapita, infatti, Giuliana
Sgrena ha avuto il tempo di avvisare telefonicamente la collega Barbara
Schiavulli, che ci racconta l’accaduto al microfono di Andrea Sarubbi:
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R. – Questa mattina,
noi saremmo dovute andare a fare un servizio con i profughi di Falluja. Lei ed
io dividiamo la stanza in una moschea vicino all’università di Baghdad. Poi,
però, all’ultimo momento, io mi sono tirata indietro perché oggi è venerdì, il
giorno di preghiera. Lei è andata lo stesso. Circa un’oretta fa, mi è arrivata
una telefonata, però non sentivo lei parlare.. Ho sentito solo dei colpi di pistola,
il traffico, persone correre nell’acqua. A quel punto mi sono allarmata, anche
se avrebbe potuto essere una telefonata partita per caso. Sono scesa da un collega,
abbiamo cominciato a tentare di chiamarla, chiamarla, chiamarla... Ad un certo
punto ci ha risposto qualcuno, ma poi i telefoni non hanno più funzionato ...
Però, siamo riusciti a metterci in contatto con il traduttore di cui ci
serviamo tutte e due. Lui adesso è con gli americani, che lo stanno
interrogando e ha detto che mentre loro tornavano ci sono stati degli spari, e
qualcuno l’ha trascinata fuori dalla macchina, portandola via. Io sono scossa
...
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Gli scontri a fuoco
di ieri sera in Cisgiordania non hanno fermato il dialogo tra israeliani e
palestinesi. Alle porte c’è l’incontro di martedì, in Egitto, fra Sharon ed Abu
Mazen, incontro per il quale si stanno approntando eccezionali misure di
sicurezza. L’Autorità Nazionale Palestinese ipotizza la possibilità di una
tregua, ma lo Stato ebraico per ora smentisce. Il servizio di Barbara Castelli:
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Dopo tanti anni di
morte e dolore, in Terra Santa si è aperto uno spiraglio di pace. Martedì
prossimo a Sharm el Sheikh, in Egitto, si riuniranno per la prima volta il
premier israeliano, Ariel Sharon, e il presidente palestinese, Abu Mazen. In
vista del summit, cui parteciperanno anche i leader dei due Paesi arabi con i
quali Israele ha raggiunto accordi di pace, l’egiziano Hosni Mubarak e re
Abdallah di Giordania, lo stato ebraico si è detto pronto a due importanti
misure di buona volontà verso la nuova dirigenza palestinese. Il Consiglio di
sicurezza, infatti, ha accettato di prevedere la liberazione di 900 palestinesi
detenuti in Israele e il ritiro progressivo dell’esercito da cinque città della
Cisgiordania, a cominciare da Gerico. Nonostante tutto, sul terreno la tensione
è ancora palpabile e non mancano le spinte destabilizzatrici di chi vuole
vanificare gli sforzi di Abu Mazen, che a poche settimane dalla sua investitura
a successore di Yasser Arafat è riuscito a raggiungere un accordo di fatto con
le fazioni palestinesi. Ieri a Gerusalemme è stato di nuovo decretato
l’allerta, dopo che l’intelligence ha avvertito della possibile infiltrazione
di due kamikaze. L’allarme è rientrato dopo un paio di ore, ma ad un posto di
blocco vicino a Nablus i militari israeliani hanno intercettato un ragazzo
palestinese di 16 anni che stava trasportando un giubbotto esplosivo. E a Gaza,
in serata, un miliziano ha attaccato una pattuglia israeliana, ferendo un
soldato.
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“Un attacco all’Iran
non è in agenda al momento”. Così oggi il segretario di Stato americano,
Condoleezza Rice, a Londra, prima tappa del suo tour europeo, al termine di un
colloquio con il premier britannico, Tony Blair. La Rice ha, inoltre, sottolineato
che esistono “molti strumenti diplomatici” per fare in modo che Teheran
“rispetti i suoi obblighi internazionali” e che Stati Uniti hanno intenzione di
utilizzarli tutti “pienamente”. Ieri l’ayatollah iraniano, Ali Khamenei,
intanto, ha risposto seccamente alle parole del presidente Bush nel suo
discorso sullo Stato dell’Unione. “Oggi il popolo iraniano e la Repubblica
Islamica – ha detto Ali Khamenei – sono il bersaglio dell’aggressione degli
oppressori del mondo, che stanno usando tutti i mezzi per cercare di bloccare
il progresso del popolo iraniano e distruggerlo”.
Si è schiantato al
suolo, forse a causa delle avverse condizioni metereologiche, il Boeing 737
della Kam Air, diretto a Kabul, di cui da ieri non si avevano più notizie. Il
relitto dell’aereo sarebbe stato localizzato stamani a 70 chilometri a sud-est
della capitale afghana. A bordo del velivolo c’erano 104 persone, tra le quali
l’ufficiale della Marina Miltare italiana, Bruno Vianini.
Resta alta la
tensione in Nepal. Dopo la deposizione del governo da parte del re Gyanandra e
mentre sono ancora difficili i negoziati con i ribelli maoisti, oggi c’è stata
una dura repressione dell’esercito durante una manifestazione studentesca.
Almeno 15 i feriti. Il servizio di Maria Grazia Coggiola:
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Secondo alcune
fonti, i soldati avrebbero, dagli elicotteri, sparato su una folla di studenti
a Pokara, una città turistica ad ovest della capitale. Decine di giovani sono
stati fermati dalla polizia e sarebbero stati torturati, secondo un rappresentante
della Commissione indipendente nepalese dei diritti umani. Difficile, però,
saperne di più a causa della censura imposta per i prossimi sei mesi su
giornali, radio e televisioni e soprattutto a causa delle linee telefoniche che
sono ancora interrotte. I ribelli maoisti, che hanno condannato la presa del
potere di re Gyanendra e che hanno rifiutato ogni offerta di dialogo, hanno
programmato una serrata generale di tre giorni, che però non ha avuto alcun
seguito tra la popolazione. L’ex primo ministro Beua e gli altri ex premier
sono ancora agli arresti domiciliari, così come decine di politici e
sindacalisti. La comunità internazionale continua a seguire l’evolversi della
situazione con molta apprensione e l’Unione Europea si è, ieri, aggiunta al
coro delle critiche di chi - come India e Stati Uniti – temono che il Nepal
ritorni indietro di 14 anni, ai tempi dell’assolutismo monarchico. Il capo di
Stato Maggiore nepalese ha assicurato che l’esercito intende rispettare i
diritti umani, ma ha minacciato i maoisti di lanciare contro di loro una dura
offensiva armata, se non accetteranno l’invito del monarca di deporre alle armi
e di sedersi al tavolo dei negoziati.
Da New Delhi, per la
Radio Vaticana, Maria Grazia Coggiola.
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“Stiamo progettando
operazioni tipo Beslan in futuro, perché siamo costretti a farlo”. Il capo
guerrigliero ceceno, Shamil Basaiev, che ha organizzato la sanguinosa presa di
ostaggi nella scuola dell’Ossezia del nord, è tornato a lanciare minacce,
sottolineando che la decisione è stata presa per il comportamento delle
autorità federali russe. “Per quanto cinico possa apparire – ha detto, in
un’intervista al canale britannico Channel 4 – stiamo progettando queste
operazioni e le eseguiremo, non fosse altro per mostrare al mondo ancora una
volta il vero volto del regime russo”. Ricordiamo che nella strage di Belsan
hanno perso la vita oltre 330 persone, la metà delle quali bambini.
Via libera della Rada, il
parlamento ucraino, alla nomina di Yulia Tymoshenko a primo ministro. Il voto
di fiducia per la carismatica e controversa passionaria della “rivoluzione
arancione” di Kiev, designata nei giorni scorsi dal neopresidente, Viktor
Yushenko, era stato sospeso ieri per volontà dello stesso capo di Stato.
Il presidente della
Georgia, Mikhail Saakashvili, ha rilevato i poteri dell’esecutivo, in seguito
all’inaspettata morte del premier, Zurab Zhvania. Il primo ministro, mente
della cosiddetta “rivoluzione delle rose” del dicembre 2003, è stato trovato
morto ieri nell’appartamento di un amico, ucciso probabilmente da un
avvelenamento accidentale di gas, sullo sfondo di una vicenda che non ha
mancato, comunque, di generare sospetti. Gli specialisti americani dell’FBI affiancheranno
la polizia nelle indagini.
Come
la schiavitù e l’apartheid, anche la povertà è causata dall’uomo. Ed i governi
di tutto il mondo devono impegnarsi seriamente a cancellarla. È l’appello che
l’ex presidente sudafricano, Nelson Mandela, ha lanciato ieri da Londra, in
vista del G7. Migliaia le persone in piazza per ascoltarlo. Ci riferisce Sagida
Syed:
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Il Premio Nobel per la pace ha proclamato che
il 2005 deve essere l’anno per lasciare la povertà alla storia. Ha chiamato in
primo luogo i potenti del mondo a condonare i debiti all’Africa e ad abbattere
una tragedia, che come la schiavitù e l’apartheid, causata dall’uomo e per la
quale milioni di uomini, donne e bambini soffrono una vita ai margini della
società civile. Il fragile 86.enne, ormai ritiratosi dalla vita politica, ha
chiesto espressamente ai ministri dell’Economia del G7, che si incontrano
questo fine settimana a Londra, di abbattere il debito del continente africano
e allo stesso tempo di inviare fondi per lo sviluppo delle società del terzo
mondo. Il cancelliere dello scacchiere, Gordon Brown, proporrà ai colleghi del
G7 un piano Marshall per l’Africa ed affronterà altri temi cari alla leadership
di Tony Blair, tra cui il congelamento dei debiti ai Paesi colpiti dallo tsunami
e la creazione di un fondo monetario internazionale di riserve d’oro, da
destinare ai 27 Paesi più poveri del mondo. All’incontro dei G7 presiederà
Mandela, la cui autorità rimane ancora indiscussa e il cui carisma attrae anche
i più giovani. E proprio ai giovani ha rivolto un altro pensiero: “A volte
tocca ad una generazione essere particolarmente illuminata. Voi potete essere
questa generazione”.
Da Londra, per la
Radio Vaticana, Sagida Syed.
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Il presidente della
Nigeria, Olusegun Obasanjo, presidente di turno dell’Unione Africana, ha
convocato al Cairo un vertice di cinque capi di Stato sulla crisi nella
tormentata regione sudanese del Darfur. La data non è stata fissata, ma il
meeting avrà luogo entro le due prossime settimane. I cinque Paesi che si
incontreranno al Cairo saranno i componenti del Comitato consultivo sul Darfur:
Ciad, Egitto, Gabon, Libia e Nigeria.
Il programma delle
Nazioni Unite “petrolio in cambio di cibo” è stato corrotto sotto gli occhi di
Kofi Annan, danneggiando “gravemente la credibilità dell’Onu”. Sono le gravi
accuse espresse ieri da Paul Vocker, capo della commissione indipendente
d’inchiesta sul programma umanitario lanciato dalle Nazioni Unite nel 1996, per
aiutare i civili dell’Iraq sotto embargo. Bersaglio principale delle accuse,
Benon Sevan, per sei anni responsabile dell’iniziativa.
Si aggrava il
bilancio delle vittime del disastroso incidente ferroviario che si è verificato
ieri in India, tra un treno passeggeri e un trattore che trainava un rimorchio.
La polizia ha riferito di almeno 53 morti. L’incidente è avvenuto in un
incrocio vicino il villaggio di Kanan, circa 700 chilometri a est di Bombay.
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