RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLIX n. 362  - Testo della trasmissione di mercoledì 28 dicembre 2005

 

 

Sommario

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Dio benedice la vita umana fin dal grembo materno: la catechesi di Benedetto XVI all’ultima udienza generale dell’anno. La preghiera del Papa per le vittime dello tsunami  e di altre calamità

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

50 mila giovani da oggi pomeriggio fino al 1 gennaio partecipano all’incontro ecumenico organizzato dalla comunità di Taizé, quest’anno nella città di Milano: ai nostri microfoni frère Alois  

 

Ricordate in questi giorni con una cerimonia nel Centro dei padri salesiani a Negombo, le vittime dello tsunami in Sri Lanka: con noi, Giovanna Fortuni

 

In una mostra fotografica, tappe della mobilità umana a partire dai luoghi simbolo della sua storia: ce ne parla Giuseppe Lanzi

 

Il desiderio di ricerca dell’assoluto è al centro della Mostra “I colori del sacro, acqua”, organizzata dal messaggero di Sant’Antonio di Padova: con noi Massimo Maggio

 

CHIESA E SOCIETA’:

Prime conclusioni della Commissione di inchiesta russa sull’attacco del 1° settembre 2004 alla scuola di Beslan, in Ossezia

 

Anche la Camera alta russa vota la legge che limita le attività delle ONG

 

Il medico militare cinese che ruppe il silenzio sulla SARS ora non può lasciare il Paese

 

L’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati dà il via al registro dei feriti per il terremoto dello scorso 8 ottobre in Pakistan, che servirà per preparare i piani di ricostruzione

 

Don Di Noto si recherà in Sicilia in occasione della Festa degli Innocenti, per avviare uno “sportello Meter” a tutela dell’infanzia

 

24 ORE NEL MONDO:

Concluso nel sangue un tentativo di evasione da un carcere alla periferia di Baghdad - Nessun compromesso tra Russia e Ucraina sulla questione dei rifornimenti energetici - Continuano i tentativi negoziali per risolvere il contrasto in corso tra Ciad e Sudan

 

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

28 dicembre 2005

 

 

 

DIO BENEDICE LA VITA UMANA FIN DAL GREMBO MATERNO:

LA CATECHESI DI BENEDETTO XVI ALL’ULTIMA UDIENZA GENERALE DELL’ANNO.

LA PREGHIERA DEL PAPA IN MEMORIA DELLE VITTIME DELLO TSUNAMI

E DI ALTRE CALAMITA’

 

Un Salmo che è un inno alla vita, a Dio che la crea e che guarda all’embrione umano con tutta la benevolenza del suo amore. Nell’ultima udienza generale del 2005, Benedetto XVI è tornato a parlare del Salmo 138, già commentato nelle settimane precedenti, mettendo in risalto come la vita umana costituisca un vanto della gloria divina. Ma il pensiero del Papa è andato anche alle vittime dello tsunami, che un anno fa sconvolse il sud-est asiatico. Il servizio di Alessandro De Carolis:

        

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“Gli occhi amorevoli di Dio si rivolgono all'essere umano, considerato nel suo inizio pieno e completo”. Come sua abitudine, Benedetto XVI parla a braccio per sottolineare l’importanza di un concetto appena espresso.

 

(canto Salmo)

 

In oltre ventimila oggi lo hanno ascoltato descrivere la vita umana vista con gli occhi di Dio. La sintesi è nel versetto 14 del Salmo 138, ripreso dopo la catechesi di mercoledì scorso dedicata al Natale: l’uomo – si legge nel testo della Liturgia dei vespri - è “il prodigio di Dio”. Come un vasaio che plasma la creta per la sua opera d’arte, così Dio – ha spiegato il Papa – crea il proprio “capolavoro”: sul piccolo nucleo che cresce nell’utero della mamma già si pone “lo sguardo benevolo e amoroso degli occhi di Dio:

 

“Estremamente potente è, nel nostro Salmo, l’idea che Dio di quell’embrione ancora ‘informe’ veda già tutto il futuro: nel libro della vita del Signore già sono scritti i giorni che quella creatura vivrà e colmerà di opere durante la sua esistenza terrena. Torna così ad emergere la grandezza trascendente della conoscenza divina, che non abbraccia solo il passato e il presente dell’umanità, ma anche l’arco ancora nascosto del futuro”.

 

L’assenza di forme definite di un embrione in crescita divenne in San Gregorio Magno una metafora del non sempre facile cammino spirituale di molti cristiani. Benedetto XVI ha ricordato quelle parole, evidenziando lo sforzo compiuto da quei fedeli che - ha osservato - pur “deboli di fede” fanno parte “dell’architettura della Chiesa”:

 

“Per cui avviene che anch'essi contribuiscono, pur collocati in posto meno importante, all'edificazione della Chiesa, poiché, sebbene inferiori per dottrina, profezia, grazia dei miracoli e completo disprezzo del mondo, tuttavia poggiano sul fondamento del timore e dell'amore, nel quale trovano la loro solidità. Il messaggio di san Gregorio diventa, allora, un invito alla speranza rivolto a tutti, anche a coloro che procedono con fatica nel cammino della vita spirituale ed ecclesiale. Il Signore ci conosce e ci circonda tutti col suo amore”.

 

Nel salutare in più lingue le persone riunite in Piazza San Pietro, dove un sole pallido ha via via sostituito le nubi della mattina, Benedetto XVI ha rivolto un pensiero comune ai vari gruppi presenti, tra cui la Comunità dei Legionari di Cristo, i Volontari di Don Bosco e i rappresentanti del Comando provinciale Guardia di Finanza, di Livorno. “La luce di Cristo, che nella Notte di Natale ha brillato sull’umanità – ha detto il Papa - splenda su ciascuno di voi, cari amici, e vi guidi nell’impegno di una coraggiosa testimonianza cristiana”. E prima di congedarsi, tra gli applausi della folla, il Pontefice ha avuto un ultimo pensiero per coloro che persero la vita nel devastante maremoto del 26 dicembre 2004, chiedendo aiuto per loro e per le vittime di altre tragedie sul pianeta:

 

“Preghiamo il Signore per loro e per quanti, anche in altre regioni del mondo, hanno subíto calamità naturali, e attendono ancora la nostra concreta e fattiva solidarietà”.

 

(applausi)

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Nomina di due Ausiliari di Southwark (Inghilterra)

 

         Il Santo Padre ha nominato vescovi ausiliari dell’arcivescovo di Southwark (Inghilterra) il reverendo padre Patrick K. Lynch, della Congregazione dei Sacri Cuori, finora vicario episcopale per i religiosi e parroco in Southwark, assegnandogli la sede titolare vescovile di Castro; il reverendo Paul Hendricks, del clero di Southwark, finora parroco in Peckham, assegnandogli la sede titolare vescovile di Rosemarkie.

 

 

Assenso del Santo Padre alle seguenti elezioni del

Sinodo dei Vescovi della Chiesa Antiochena dei Maroniti

 

Il Santo Padre ha concesso il Suo assenso all’elezione canonicamente fatta dal Sinodo dei Vescovi della Chiesa Antiochena dei Maroniti, riunitosi a Bkerké dal 18 al 24 settembre 2005. Si tratta dell’elezione del reverendo padre Georges Bou-Jaoudé, della Congregazione della Missione, Superiore della Casa religiosa a Mejdlaya, ad arcivescovo di Tripoli dei Maroniti (Libano); del reverendo Elias Nassar, parroco di Jezzine nell’Eparchia di Saïd, a vescovo di Saïd dei Maroniti (Libano); del reverendo padre Abate Simon Atallah, dell’Ordine Antoniano Maronita, Superiore del Convento di San Giovanni a Ajaltoun, a vescovo di Baalbek - Deir El-Ahmar dei Maroniti (Libano); del reverendo padre Abate François Eid, dell’Ordine Maronia Mariamita, procuratore Generale dell’Ordine Maronita Mariamita, a vescovo di Le Caire dei Maroniti (Egitto).

 

 

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

Apre la prima pagina l'udienza generale.

 

Servizio vaticano - Una pagina dedicata alla celebrazione del Natale nelle diocesi italiane.

 

Servizio estero - Russia-Ucraina: lo scambio di accuse sui prezzi del gas mette in pericolo gli accordi bilaterali fra le due Repubbliche ex-sovietiche.

 

Servizio culturale - Un articolo di Antonio Braga dal titolo "L'armonico incontro fra tradizione e modernità": fra le incisioni di musiche natalizie spicca un dvd eseguito nel Monastero di Schulpforte, in Germania.

 

Servizio italiano - In rilievo la vicenda legata alla Banca popolare italiana: secondo quanto emerso dagli interrogatori, una ragnatela di illeciti da Consorte e Fiorani.

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

28 dicembre 2005

 

50 MILA GIOVANI DA OGGI POMERIGGIO FINO AL 1 GENNAIO PARTECIPANO ALL’INCONTRO ECUMENICO ORGANIZZATO DALLA COMUNITÀ DI TAIZÉ,

QUEST’ANNO NELLA CITTÀ DI MILANO

- Intervista con frère Alois -

 

“Benvenuti nella città di Milano. Vi accogliamo nel cuore di Gesù, il Signore che unisce tutti noi”. Inizia così il messaggio di benvenuto, in 6 lingue, che il Consiglio delle Chiese cristiane di Milano rivolge ai 50mila giovani che da oggi pomeriggio fino al 1 gennaio 2006, parteciperanno al grande incontro ecumenico organizzato dalla comunità di Taizé, quest’anno, nel capoluogo lombardo. I momenti forti del raduno saranno le preghiere di mezzogiorno e della sera, alla Fiera di Milano. I giovani sono accolti da 350 parrocchie che organizzeranno, ogni mattina, il programma della giornata. All’incontro di quest’anno non sarà presente il fondatore della comunità, frère Roger, che è stato ucciso il 16 agosto scorso, da una donna squilibrata, ma non mancherà la sua presenza spirituale anche perché frère Roger aveva iniziato a scrivere una lettera che, come di consueto, era indirizzata ai giovani partecipanti all’incontro. Isabelle Cousturié ha chiesto a frère Alois, il nuovo Priore della Comunità, di parlarci di questa lettera che sarà il cuore della riflessione:    

 

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R. – E’ una lettera incompiuta. Frère Roger non ha potuto finire questa lettera. I temi sono la pace, l’amore, la consolazione e la comunione della Chiesa. Questi saranno anche i temi di scambio durante l’incontro.

 

D. – Lisbona, Amburgo, Parigi, Budapest, sono le ultime città ad aver accolto il pellegrinaggio europeo di Taizé. Perché la scelta di Milano quest’anno?

 

R. – Perché siamo stati qui già sette anni fa e l’accoglienza è stata bellissima. Per questo siamo voluti tornare a Milano.

 

D. – Cosa significa per queste diocesi poter accogliere un tale incontro?

 

R. – Penso che per le parrocchie questa sia una sfida, perché accogliere tanti giovani vuol dire mobilizzare le energie del Vangelo per accogliere i giovani e vivere l’ospitalità. L’ospitalità è un valore del Vangelo che forse oggi, qualche volta, dimentichiamo.

 

D. – Questa edizione è la prima senza frère Roger. Sono previsti molti giovani quest’anno?

 

R. – 50 mila giovani da tutta l’Europa ed alcuni anche dagli altri continenti. Molti vengono dall’est dell’Europa. Questi incontri tra Est e Ovest in Europa sono sempre molto importanti, perché non c’è ancora fiducia tra i popoli.

 

D. – Avete pensato un giorno di estendere questo incontro ad altri Paesi del mondo, per esempio organizzando un incontro mondiale?

 

R. – L’anno prossimo faremo un incontro in Asia. Il 29 dicembre, a Milano, vogliamo annunciare proprio dove faremo questo incontro. Pensiamo anche agli altri continenti, perché questo pellegrinaggio della fiducia non può essere fatto soltanto in Europa. Oggi, i giovani guardano più lontano, anche verso gli altri continenti.

      

D. – Da sette anni la Comunità di Taizé provvede all’invio di aiuti per la Corea del Nord. Sarà così anche quest’anno e perché la Corea precisamente?   

 

R. – Perché c’è bisogno di una continuità per aiutare un Paese dove ci sono situazioni difficili. Non si può fare solo una volta qualcosa. C’è bisogno di continuità.

 

D. – Per concludere le farei una domanda un po’ più personale. Immagino che non sia un compito facile per lei prendere il ‘testimone’ da frère Roger alla guida di Taizè. Come vede la sua posizione oggi, il suo ruolo? Qual è il suo stato d’animo?

 

R. – Nessuno può sostituire frère Roger, perché lui ha cominciato con tante energie la comunità e anche questo pellegrinaggio della fiducia. Penso che insieme, tutti i fratelli, possiamo continuare il cammino che lui ha aperto.

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NESSUN COMPROMESSO TRA RUSSIA E UCRAINA

SULLA QUESTIONE DEI RIFORNIMENTI ENERGETICI.

AD ANNUNCIARLO È IL PRIMO MINISTRO UCRAINO

- Con noi, Fabrizio Dragosei -

 

Nessun compromesso è stato raggiunto tra Russia e Ucraina sulla questione dei rifornimenti energetici. Ad annunciarlo è il primo ministro ucraino, Yuri Yekhanurov. La proposta di Mosca di aumentare, a partire dal gennaio 2006, il prezzo del gas a 230 dollari per 1000 metri cubi è inaccettabile per l’economia del Paese ucraino. Ora Kiev minaccia di ricorrere alla Corte di arbitraggio di Stoccolma. Ma cosa c’è dietro questa disputa? Giada Aquilino lo ha chiesto a Fabrizio Dragosei, corrispondente da Mosca del Corriere della Sera:

 

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R. – C’è sicuramente la volontà della Russia di usare quella che oramai è diventata la sua grande potenza energetica a fini politici. Sappiamo che l’Ucraina ha avuto un cambiamento di regime drammatico, un anno fa, con la “rivoluzione arancione” dopo i brogli elettorali che avevano sottratto la vittoria a Yushenko, nel primo turno; in seguito, Yushenko è finalmente diventato presidente, l’Ucraina ha incominciato ad allontanarsi dalla Russia e ad avvicinarsi agli Stati Uniti, all’Europa occidentale e alla NATO. E il Cremlino ha deciso di usare gli strumenti che ha a disposizione per riportare, o tentare di riportare, a più miti consigli i suoi vicini, le repubbliche ex sovietiche, che una volta dipendevano in tutto e per tutto da Mosca. Soprattutto l’Ucraina, ma anche la Moldovia, i Paesi Baltici – Lituania, Lettonia ed Estonia – e perfino la Polonia che oramai non ha più nulla a che fare con la Russia ma che dipende dalla Russia per l’energia. La Russia vende gas a questi Paesi e lo ha sempre venduto ad un prezzo di favore; oggi la Russia chiede all’Ucraina di pagare prezzi di mercato, che sono dei prezzi assolutamente spropositati per un Paese come l’Ucraina dove il costo della vita è molto più basso.

 

D. – E allora, cosa si può prevedere?

 

R. – I russi sono molto rigidi e anche dopo una telefonata del presidente Yushenko a Vladimir Putin, continuano ad insistere che dal 1° gennaio alle ore 10:00 chiuderanno i rubinetti. Questo, naturalmente, sarebbe un gravissimo problema per l’Ucraina. L’ucraina, però, a sua volta ha delle armi che può giocarsi in questa partita. Sul territorio ucraino passano anche i gasdotti che portano il prodotto in Europa occidentale, in Germania e anche in Italia: e l’Ucraina potrebbe anche rivalersi su quei gasdotti. L’Ucraina sta chiedendo alla Russia: ‘Visto che voi ci aumentate il prezzo del gas, allora noi vi aumentiamo il costo del transito del gas che va in Europa’. In più, gli ucraini hanno anche iniziato ad agitare vagamente l’arma dell’affitto della base navale di Sebastopoli, in Crimea, dove è la flotta russa nel Mar Nero. Potrebbero tentare di chiedere più soldi, di chiedere addirittura due miliardi di dollari per l’affitto di questa base …

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RICORDATE IN QUESTI GIORNI CON UNA CERIMONIA

NEL CENTRO DEI PADRI SALESIANI, A NEGOMBO, LE VITTIME DELLO TSUNAMI

IN SRI LANKA,

SECONDO PAESE CON IL MAGGIOR NUMERO DI MORTI

- Con noi, Giovanna Fortuni -

 

Il Papa oggi è tornato a parlare di tsunami, ad un anno dal disastroso maremoto che provocò ufficialmente 220 mila morti. Lo Sri Lanka fu, dopo l’Indo-nesia, il secondo Paese con il maggior numero di vittime: circa 35mila, che in questi giorni sono state ricordate con una cerimonia semplice nel centro dei padri salesiani a Negombo, a un’ora dalla capitale Colombo. Il servizio è di Francesca Sabatinelli:

 

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Lo Sri Lanka oggi è un Paese che si ribella al dolore e al lutto con la voglia di ricominciare e di ricostruire. I lavori stanno andando avanti. Sono circa 47 i milioni stanziati dall’Italia. Protezione Civile, Cooperazione italiana, organizzazioni non governative stanno realizzando le strutture sanitarie e scolastiche, pozzi e impianti di potabilizzazione. Molto attive sono le comunità salesiane. Di due loro importanti progetti, sostenuti dalla protezione civile, ci parla Giovanna Fortuni, coordinatrice per lo Sri Lanka dei progetti VIS - Volontariato Internazionale per lo Sviluppo. L’abbiamo raggiunta a Colombo:

 

“Il progetto di Negombo è rivolto a persone che hanno perso la casa perché abitavano sulla spiaggia. In questo momento stiamo realizzando un complesso per un totale di 204 appartamenti. Ad un anno dallo tsunami siamo già riusciti ad assegnare le prime  39 case e le persone sono felicissime di avere forse per la prima volta in vita loro una casa. A Tringomallé, lavoriamo con famiglie tamil in un progetto bellissimo. 100 famiglie nel 1990 sono scappate dalla zona a nord di Trincomallé a causa della guerra civile e si sono rifugiate lungo la costa. Quando è arrivato lo tsunami sono state per la seconda volta colpite ed hanno perso nuovamente la loro casa e i mezzi di sussistenza. Ci hanno chiesto se era possibile ritornare nei territori d’origine, ora che c’erano le condizioni di pace, per poter ricostituire la loro comunità. Adesso abbiamo realizzato le prime 20 case e 65 sono in costruzione. Quindi la comunità si sta nuovamente ricompattando dopo 20 anni. Quindi due storie completamente differenti: da una parte pescatori cingalesi cattolici dell’area di Negombo e dall’altra parte tamil, profughi di guerra entrambi colpiti dallo tsunami”.

 

Di 42 progetti nello Sri Lanka, alcuni sono già terminati, la maggior parte sono in via di conclusione. Di sicuro una bella soddisfazione per l’Italia.

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IN UNA MOSTRA fotografica, tappe della mobilità umana

a partire dai luoghi simbolo della sua storia

- Intervista con Giuseppe Lanzi -

 

“Limes – Limitis, Vecchie e nuove frontiere”, una mostra fotografica itinerante che ripercorre le tappe della mobilità umana a partire dai luoghi simbolo della sua storia. Un evento inserito nell’ambito delle celebrazioni del centenario scalabriniano, promosso e organizzato dall’Agenzia Scalabriniana per la Cooperazione allo Sviluppo. Del perché e delle finalità di questo percorso espositivo Francesca Fialdini ha parlato con il responsabile Giuseppe Lanzi:

 

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R. – L’obiettivo è cercare di testimoniare queste costruzioni, perché in fondo le frontiere non sono nient’altro che dei manufatti, e cercare di trasmettere le tragedie che sono dietro. Io ricordo Alessandro Garcia, in Mozambico, costituita da chilometri e chilometri di filo spinato, che durante l’apartheid era anche elettrificato. Avevo notato che c’era un gruppo di giovani che cercava di attraversare la frontiera, per cui da lontano ho iniziato a fare fotografie. Volevo incontrarli e ho iniziato ad avvicinarmi a loro. Quando mi hanno visto, hanno immediatamente pensato che potessi essere qualcuno che voleva impedire il loro percorso migratorio. Sono scappati in tutte le direzioni. Quindi, mi sono reso conto di quanto sia terribile, ancora oggi, per un uomo mettersi in cammino, lasciare la sua terra, accettare i rischi e i pericoli.

 

D. – Ci sono molte frontiere che forse conosciamo ben poco, che ci riguardano molto da vicino…

 

R. – Siamo noi che le creiamo, soprattutto noi occidentali. Ora, nella mostra noi parliamo di frontiere fisiche, quindi Italia-Slovenia, Germania Est-Germania Ovest, Grande muraglia cinese, Sudafrica-Mozambico piuttosto che Israele-Palestina, ma le frontiere oggi sono molto più fini. Pensiamo alle barriere o alle frontiere che noi mettiamo con i dazi doganali ai prodotti ortofrutticoli dei Paesi terzi rispetto all’Unione Europea. Sono frontiere forse più terribili di quelle fisiche. Abbiamo in un certo senso allargato lo spazio che delimita i nostri amici, però teniamo sempre fuori gli altri. Se non ci rendiamo conto che lo sviluppo, e non solo l’economia, deve essere globale, non possiamo certamente avere delle aspettative di pace, di sicurezza e di tranquillità.

 

D. – In una chiave di lettura diversa si rischia anche di vedere l’altro, il messaggio che porta una persona straniera, la sua cultura, le sue radici, la sua religione, come un pericolo…

 

D. – Se noi vogliamo gli aspetti positivi dell’immigrazione, non possiamo rifiutare quello che ne è la conseguenza. Ma la conseguenza non è il terrorismo. Io a volte ho l’impressione che il terrorismo sia una scusa. In fondo, l’obiettivo è uno: noi parliamo delle frontiere lontane, per lanciare messaggi ai nostri connazionali, perché questi stranieri sono nelle nostre strade e da qualcosa scappano. Il passo successivo sarebbe chiedersi: “Perché l’hanno fatto anche i nostri nonni?”. E  qualcosa in comune ci deve essere.

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il desiderio di ricerca dell’Assoluto E’ AL CENTRO DELLA MOSTRA

“I Colori del Sacro, Acqua”

ORGANIZZATA DAL MESSAGGERO DI SANT’ANTONIO DI PADOVA

- Intervista con Massimo Maggio -

 

Far nascere nei più piccoli il desiderio di ricerca dell’Assoluto. Questa la sfida della mostra “I Colori del Sacro, Acqua” organizzata dal Messaggero di Sant’Antonio di Padova. Oltre 160 opere, realizzate dai grandi maestri in-ternazionali dell’illustrazione per l’infanzia, raccontano attraverso forme arro-tondate e colori pastello il Sacro in relazione con l’acqua. L’esposizione, allestita negli antichi ambienti del Museo diocesano di Padova, sarà visitabile sino al 25 aprile. Massimiliano Menichetti:

 

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Il tintinnio dell’acqua, che si fa burrasca, che volteggia tra le nuvole, che nutre i popoli, che bagna e rinnova l’anima. Sono gli istanti raccontati dalla mostra padovana “I Colori del Sacro, Acqua”. Matite colorate e tratti gentili dedicati all’infanzia, per far conoscere l’acqua anche attraverso le religioni: il battesimo per i cristiani, il bagno nel Gange per gli induisti, le abluzioni prima della preghiera per ebrei e musulmani.

 

Una mostra ricca di simboli e di immagini, tante quelle dell’Arca di Noè, ma anche il mare, pensato e raffigurato dalle mille forme. Massimo Maggio, uno dei curatori dell’iniziativa:

 

“Si passa da tavole a pastello, tante tavole sono acquarelli, tante tavole sono matite colorate … Tra tutte le opere, abbiamo scelto un’opera della messicana Arvizú. E’ un’arca di Noè, azzurra azzurra, in mezzo ad altro azzurro, l’arca di Noè con questo vecchietto che esce e saluta una colomba con il rametto d’ulivo stretto nel becco. L’arca di Noè è il simbolo di questa mostra perché è anche molto gioiosa”.

 

Diverse le sfide della mostra, come quella dei laboratori didattici che entrano in funzione al termine del percorso espositivo. I ragazzi, così, possono tuffarsi nel mondo degli acquarelli e, materialmente, dipingere dopo aver vissuto le suggestioni delle opere. Ma “I Colori del Sacro, l’Acqua” parla anche agli adulti, non solo ai ragazzi. Ancora Massimo Maggio:

 

“Il nostro scopo era quello di raccontare l’acqua all’interno del sacro e quindi all’interno della nostra religione cattolica, ma anche delle altre religioni. E la mostra vuole anche essere un percorso di educazione all’acqua: l’acqua che non dev’essere sprecata, l’acqua che è risorsa scarsa e proprio per questo dev’essere gestita come un dono prezioso”.

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CHIESA E SOCIETA’

28 dicembre 2005

 

LA STRAGE DI BESLAN SI POTEVA EVITARE: QUESTE LE PRIME CONCLUSIONI

DELLA COMMISSIONE DI INCHIESTA RUSSA SULL’ATTACCO TERRORISTICO

DEL 1° SETTEMBRE 2004, IN CUI MORIRONO 331 PERSONE. 186 ERANO BAMBINI

- A cura di Isabella Piro -

 

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MOSCA. = La strage di Beslan si poteva evitare: è quanto afferma Alexandre Torchine, presidente della commissione parlamentare di inchiesta sull’attacco terroristico avvenuto il primo settembre 2004. Scenario della tragedia, una scuola della cittadina dell’Ossezia del Nord, assalita da un commando di terroristi ceceni. Secondo il bilancio ufficiale, le vittime furono 331, di cui 186 bambini. A più di un anno di distanza, la commissione di inchiesta rileva quindi “delle mancanze e delle insufficienze” nella gestione della crisi da parte delle autorità russe. Torchine precisa che il ministro degli Interni russo, Rashid Nurgaliyev, aveva spedito un telegramma alla polizia locale dell’Ossezia del nord, meno di due settimane prima dell’attacco. Il documento conteneva istruzioni su un piano di sicurezza da preparare per il primo giorno di scuola. Istruzioni che “avrebbero prevenuto l’attacco, ma che non sono state eseguite”. La commissione ha poi messo in luce un altro errore compiuto dalle forze dell’ordine: non essere riuscite a bloccare l’intervento degli abitanti di Beslan, quando questi superarono il cordone di sicurezza intorno alla scuola, finendo così sotto il fuoco incrociato dei terroristi e dei poliziotti. Infine, un dettaglio quasi grottesco in tutta la vicenda: il primo contatto telefonico con il commando terroristico arrivò solo la sera del primo settembre, poiché i federali avevano un numero di telefono della scuola errato. Le conclusioni della commissione di inchiesta contraddicono, qundi, quanto stabilito dal tribunale della città di Vladikavkaz, che proprio ieri ha escluso qualunque responsabilità o errori da parte dei poliziotti russi. (I.P.)

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RUSSIA: APPROVATA ANCHE DALLA CAMERA ALTA LA LEGGE

CHE LIMITA LE ATTIVITÀ DELLE ONG. PERCHÉ LA NORMA ENTRI IN VIGORE,

ORA MANCA SOLO LA FIRMA DI PUTIN

 

MOSCA. = Anche la Camera alta del Parlamento russo dice no alle organizzazioni non governative nel Paese. Proprio ieri, infatti, il Consiglio della Federazione ha approvato, con 153 voti a favore e uno solo contrario, il disegno di legge che vieta i finanziamenti esteri a favore delle circa settemila ONG presenti sul territorio nazionale e che ne limita fortemente le attività. Il provvedimento, difeso dal presidente Vladimir Putin perché ritenuto indispensabile per garantire la sicurezza nazionale, venerdì era stato approvato dalla Duma, la Camera bassa, con 357 sì, 20 no e 7 astensioni. Perché la normativa entri in vigore, ora manca solo la firma del leader del Cremlino, considerata una mera formalità. (I.P.)

 

 

CINA: RUPPE IL SILENZIO SULLA SARS, ORA NON PUÒ LASCIARE IL PAESE.

IL MEDICO MILTARE JIANG  NEL 2003 DIVENTÒ UN EROE NAZIONALE

RIVELANDO L’ESISTENZA DELL’EPIDEMIA. CHIESE ANCHE UNA RIVALUTAZIONE

DELLE PROTESTE DI PIAZZA TIENANMEN

 

PECHINO. = Nel 2003 divenne un eroe nazionale per i cinesi, quando rivelò per primo l’esistenza dell’epidemia Sars, la sindrome respiratoria severa acuta, che fino a quel momento era stata nascosta dalle autorità. Il suo intervento provocò il licenziamento del ministro per la Salute e del sindaco di Pechino. Ma oggi, il 74enne medico militare Jiang Yanyong non può lasciare il Paese e recarsi negli Stati Uniti per fare visita alla figlia, che vive in California. All’origine delle misure restrittive, denunciano alcune fonti vicine all’uomo che preferiscono restare anonime, ci sarebbe anche una lettera scritta lo scorso anno da Jiang alle autorità cinesi, in cui si chiedeva una rivalutazione delle proteste per la democrazia di Piazza Tienanmen, represse nel sangue nel giugno del 1989. Per questo suo atto, il medico è già stato agli arresti domiciliari per alcuni mesi ed è stato rilasciato solo nel marzo di quest’anno. Su di lui, però, gravano ancora decine di divieti, fra cui quello di parlare ai giornalisti cinesi o stranieri senza permesso, di viaggiare all’estero e di lavorare su invito di imprese straniere. (I.P.)

 

 

PAKISTAN: L’ALTO COMMISSARIATO DELLE NAZIONI UNITE PER I RIFUGIATI DÀ IL VIA

AL REGISTRO DEI FERITI PER IL TERREMOTO DELLO SCORSO 8 OTTOBRE.

IL DOCUMENTO SERVIRÀ A PREPARARE I PIANI DI RICOSTRUZIONE

 

ISLAMABAD. = Un registro dei feriti nel terremoto dell’8 ottobre: è questo il progetto avviato dall’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati insieme alle autorità del Pakistan. Il terribile sisma, del 7,6 grado della scala Richter, costò la vita ad almeno 80mila persone e provocò oltre 100mila feriti. Nel registro stilato dall’UNHCR, rientreranno anche le tendopoli e gli ospedali da campo installati nella zona pachistana del Kashmir. “Questo documento – spiega Indrika Ratwatte, coordinatrice dell’UNHCR per i soccorsi ai terremotati – ha come obiettivo quello di raccogliere il numero totale dei feriti e delle persone a rischio. Queste informazioni serviranno a preparare i piani di aiuto nella fase della ricostruzione”. La compilazione del registro, che è già cominciata nel distretto di Mansehra, prevede la trascrizione di dati personali dei feriti, come il sesso, l’età, i rapporti di parentela e il numero dei componenti familiari. Secondo la Commissione Federale di Soccorso di Islamabad, sono più di 58mila le persone che alloggiano nelle tendopoli. Altri 20 gazebo sono stati adibiti a scuole, frequentate da 90 professori e da più di mille alunni. Ma il documento mette anche in guardia contro la possibilità che aumentino i disagi negli accampamenti a causa dell’abbassamento della temperatura registrato in questi giorni. (I.P.)

 

 

NEL GIORNO DELLA FESTA DEGLI INNOCENTI, DON DI NOTO IN SICILIA

ANNUNCIA UNO “SPORTELLO METER” A TUTELA DELL’INFANZIA.

IL SACERDOTE DOMANI SARÀ A BARRAFRANCA, DOVE SI È CONSUMATO L’OMICIDIO

DEL TREDICENNE FRANCESCO FERRERO

 

ENNA. = “Erode non vincerà, questa è la promessa che facciamo oggi, durante la giornata della strage degli Innocenti. Ci impegneremo tutti nella memoria del piccolo Francesco”. Lo afferma don Fortunato Di Noto, fondatore dell’Associazione Meter, impegnata nella lotta alla pedofilia e nella tutela dell’infanzia. Su invito del vescovo di Piazza Armerina, mons. Michele Pennisi, domani Don Di Noto sarà a Barrafranca, la cittadina in provincia di Enna dove la settimana scorsa è stato ucciso, a colpi di spranga, il tredicenne Francesco Ferreri. L’incontro servirà ad iniziare un percorso per istituire uno “Sportello Meter” a tutela dell’infanzia e contro ogni forma di violenza, sfruttamento e indifferenza. “Lo sportello vuole essere una garanzia e una speranza; – spiega Don Di Noto – i tanti Erodi del mondo, presenti nell’oscurità delle nostre città e delle nostre case, saranno sconfitti dalla scuola di vita di coloro che sanno che amare l’infanzia è il futuro dell’umanità”. (I.P.)

 

 

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24 ORE NEL MONDO

28 dicembre 2005

 

- A cura di Roberta Moretti -

        

Gravi episodi di violenza ancora al centro della cronaca in Iraq. Questa mattina si è concluso nel sangue un tentativo di evasione da un carcere alla periferia di Baghdad. Il bilancio dei morti sarebbe di 20 detenuti iracheni e di una guardia carceraria. L’esercito U, parla invece di 9 morti. Il nostro servizio:

 

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La tragedia si è consumata nel centro di detenzione di Kadhamiyah, un quartiere sciita nella zona settentrionale di Baghdad, dove sono rinchiusi elementi sospettati di terrorismo. Secondo quanto riportato dal ministro dell’Interno iracheno, i detenuti, dopo essersi impossessati dell’arma di una guardia carceraria, hanno tentato di farsi strada aprendo il fuoco, ma sono stati intercettati dagli altri agenti. E sempre stamani, uomini armati hanno sferrato un attacco ad una pattuglia di militari iracheni a Tirkit, uccidendo due soldati e ferendone altri 7 in modo grave. Intanto,  ad Al-Dolouieya, 90 chilometri a nord di Baghdad, 3 civili iracheni, tra cui 2 ragazzine, sono rimasti uccisi nel corso di un raid aereo americano. E mentre sul terreno proseguono le violenze, la Polonia, stretta alleata degli Stati Uniti, ha annunciato che manterrà le proprie truppe in Iraq per tutto il 2006. Completato invece il ritiro del contingente ucraino. Sul fronte politico, dopo Baghdad e Tikrit, oggi Samarra è scesa in piazza per protestare contro i risultati a favore della componente sciita delle legislative del 15 dicembre scorso in Iraq. Nella città sunnita, a 125 chilometri dalla capitale, circa 4 mila persone si sono radunate per chiedere la ripetizione delle elezioni. Di fatto, però, i maggiori leader iracheni, compreso il presidente Talabani, hanno già avviato serrate trattative per la formazione del futuro governo. E proprio in seguito al “successo” di queste elezioni, il governo tedesco ha annunciato la disponibilità ad assumere un ruolo maggiore per il processo verso la democrazia in Iraq, senza contravvenire al proprio impegno di non inviare truppe nel Paese del Golfo.

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In Medio Oriente, il partito di Al-Fatah ha annunciato stamani che si presenterà con una lista unica alle elezioni politiche del 25 gennaio prossimo. La lista, che rappresenta un compromesso tra la nuova e la vecchia guardia del partito, sarà guidata dal leader estremista, Marwan Barghuti, detenuto nelle carceri israeliane per attività terroristiche. Il servizio di Antonella Ratti:

 

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L’obiettivo della lista unica è contenere l’avanzata di Hamas, che ha ottenuto un forte successo nelle recenti elezioni municipali. L’annuncio è giunto dall’ex ministro palestinese per la Sicurezza, Dahlan, che ha lanciato anche un appello alla calma ad alcuni miliziani di Al-Fatah contrari all’unificazione. Proprio stamani fedeli di Barghuti avevano fatto irruzione negli uffici elettorali delle città di Khan Younis e Rafah, nella striscia di Gaza. Proseguono, intanto, proprio a Gaza, i raid aerei dell’aviazione israeliana. E nella notte è stata colpita una base di addestramento palestinese a sud di Beirut: l’offensiva è scattata in risposta al lancio di sette razzi Katiuscia dal Libano meridionale contro il nord di Israele. Fonti della sicurezza israeliana sospettano che l’attacco sia stato sferrato da guerriglieri del movimento integralista islamico Hezbollah, attivo nel sud del Libano. Sempre in serata, le sirene di allarme hanno suonato nella città di Sderot, nel deserto del Neghev, a sud di Israele, in seguito al lancio di un razzo Qassam dal nord della striscia di Gaza.

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Sono morti entrambi i 2 militanti di Al Qaeda responsabili degli scontri armati di ieri lungo una strada a est di Buraida, nella regione saudita di Qassim, nei quali hanno trovato la morte cinque poliziotti. Il primo, ferito e catturato ieri sera, è morto stamani. L’altro, è caduto questa mattina nel corso di una sparatoria.

 

In Afghanistan, un soldato americano è rimasto ucciso in un incidente stradale, mentre era in corso un pattugliamento della coalizione militare sotto comando americano nella provincia di Kandahar, nel sud del Paese. Sulle cause della disgrazia, è stata aperta immediatamente un’inchiesta. Tuttavia, il luogotenente, Mike Cody, esclude si sia trattato di un attacco nemico.  

 

Un siriano è stato arrestato in relazione all’assassinio del giornalista anti-siriano e deputato del parlamento libanese, Gibran Tueni. Lo hanno reso noto ieri fonti giudiziarie a Beirut. Ricordiamo che l’attentato in cui è rimasto ucciso Tueni è stato il terzo omicidio politico di esponenti anti-siriani libanesi sin dall’assassinio dell’ex premier, Rafik Hariri, il 14 febbraio scorso.

 

Continuano i tentativi negoziali per risolvere il contrasto in corso tra Ciad e Sudan. Il presidente di turno dell’Unione africana, il capo di Stato nigeriano, Obasanjo, ha ricevuto ieri separatamente a porte chiuse le delegazioni dei due Paesi per evitare che la controversia possa rendere ancora più drammatica la situazione nella martoriata regione del Darfur che si trova al confine tra Ciad e Sudan. Il servizio di Giulio Albanese:

 

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La delegazione di Karthoum era guidata da Mustafà Osman, consigliere speciale del presidente Omar al Beshir, mentre quella di Ndjamena, dal presidente, Idryss Déby, che ha protestato per i recenti attacchi compiuti sul proprio territorio nazionale da miliziani ciadiani provenienti dal Sudan e ostili al suo governo. Ma Déby ha anche protestato per la decisione di tenere la prossima riunione straordinaria dell’Unione Africana proprio a Karthoum, il 23 e il 24 gennaio prossimi. Alle accuse del Ciad, in questi giorni, il regime di Karthoum ha sempre risposto con risolutezza, scegliendo però la linea della moderazione. Ma secondo gli osservatori, le tensioni fra i due Paesi africani si sono acuite anche per la situazione interna del Ciad, dove le condizioni di salute del presidente Déby fanno pensare ad una possibile successione, soprattutto ad una vera e propria lotta intestina per il potere.

 

Per la Radio Vaticana, Giulio Albanese.

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In Daghestan, una delle sette repubbliche del Caucaso russo, alcuni uomini armati di kalashnikov hanno aperto il fuoco contro l’auto del viceministro dell’Interno, Magomed Gazimagomedov, uccidendo due persone. Lo ha annunciato in serata la polizia. Sarebbero morti sul colpo il figlio e l’autista del viceministro. Il Daghestan è spesso teatro di attacchi contro forze dell’ordine e istituzioni statali.

  

Si riaccende la violenza in Colombia. Almeno 24 soldati sono morti a Meta, 170 chilometri al sud di Bogotà, per un’imboscata tesa ieri sera da una colonna delle Forze armate rivoluzionarie della Colombia (FARC), il più importante gruppo guerrigliero di sinistra del Paese. Lo ha reso noto un portavoce del Comando dell’Esercito, annunciando la morte di tre sottoufficiali e di 21 soldati impegnati “come unità di sicurezza a fianco di persone che stavano effettuando lo sradicamento manuale di una piantagione di coca”.

 

La polizia del Brasile ha annunciato di aver raggiunto un accordo con i leader della rivolta esplosa la sera del 25 dicembre nel carcere di Urso Branco, nello stato di Rondonia. I detenuti tengono tutt’ora in ostaggio circa 200 persone, in massima parte parenti in visita per le festività, tra cui anche alcune donne incinte. Secondo l’agenzia Estado, nella rivolta sarebbero rimasti uccisi 17 detenuti, ma la polizia non lo ha ancora confermato.

 

Giurerà domani il nuovo governo egiziano, guidato dal primo ministro Nazif, riconfermato ieri nell’incarico dal presidente Mubarak. L’esecutivo, uscito dalle elezioni legislative svoltesi tra novembre e dicembre, sarà composto principalmente da uomini del Partito nazional-democratico al potere, vicini al figlio di Mubarak, Gamal.

 

La presidenza britannica dell’Unione Europea ha espresso preoccupazione per la condanna, nei giorni scorsi, a 5 anni senza condizionale di Ayman Nour, leader dell’opposizione laica in Egitto, arrivato secondo nelle elezioni presidenziali. Secondo l’UE, questo verdetto “invia segnali negativi sulla riforma in senso democratico dell'Egitto”.  L’Unione si aspetta quindi “che un ricorso in appello da parte di Nour venga esaminato equamente dalla giustizia egiziana”.

 

Meno di quattro ore dopo il lancio dalla base russa di Baikonur, in Kazakhistan, il satellite Giove-A, che deve servire come test del primo sistema di navigazione satellitare europeo, Galileo, è entrato nella sua orbita definitiva, a oltre 23 mila chilometri da terra. Nelle prossime ore, per certificare il successo dell’operazione, il satellite dovrà dispiegare i suoi pannelli solari e testare gli strumenti di emissione dei dati.

 

Restano ancora divergenti le posizioni delle forze politiche italiane su un possibile provvedimento di clemenza nei confronti dei detenuti, provvedimento sollecitato con forza anche da Giovanni Paolo II nella sua storica visita a Montecitorio del novembre 2001. Ieri, nella seduta straordinaria alla Camera dei deputati su amnistia e indulto, poche le presenze e molte le polemiche. Gianpiero Guadagni:

 

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Chi è favorevole all’amnistia, chi all’indulto, chi è contrario ad entrambi i provvedimenti di clemenza, chi pensa che per questa legislatura sia comunque troppo tardi. Il presidente della Camera Casini ha chiuso la seduta straordinaria di ieri a Montecitorio, sottolineando l’impossibilità di prendere subito una decisione e fissando al 10 gennaio in Commissione Giustizia di Montecitorio l’inizio delle votazioni, che riguarderanno il testo discusso due anni fa, che prevede un indulto con sconto di due anni della pena. Un risultato interlocutorio per un dibattito al quale hanno partecipato solo 136 deputati e solo 93 tra i 205 che avevano chiesto la convocazione dell’assemblea. Fuori da Montecitorio, manifestazione dei Radicali, che chiedono la risposta contro il sovraffollamento delle carceri italiane, dove sono ospitati 60 mila detenuti, almeno 15 mila in più della capienza massima dei 207 istituti di pena.

 

Per la Radio Vaticana, Giampiero Guadagni.

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Il vicepremier e ministro degli Esteri italiano, Gianfranco Fini, è arrivato stamani a Pristina, in Kosovo, seconda tappa di una visita ufficiale nei Balcani. Il titolare della Farnesina non incontrerà il presidente kosovaro, Ibrahim Rugova, assente per motivi di salute. Confermato invece il colloquio con il primo ministro, Bajram Koisumi, per discutere delle prospettive del negoziato sul futuro status del Kosovo, provincia serba a maggioranza albanese, oggi sotto amministrazione ONU. Ieri, da Belgrado, Fini ha affermato che la risoluzione della questione del Kosovo, che chiede l’indipendenza dalla Serbia, rimane il vero buco nero per la stabilizzazione dell’area balcanica.

 

Sentenza esemplare per un ex ministro cinese accusato di corruzione. Un tribunale di Pechino ha infatti condannato Tian Fengshan al carcere a vita per aver accettato tangenti per oltre mezzo milione di dollari durante gli otto anni trascorsi nella pubblica amministrazione. Negli ultimi due anni, sono stati circa 500 i funzionari condannati per corruzione.

 

Le due Coree hanno inaugurato oggi le prime linee telefoniche commerciali transfrontaliere dal 1945, nel quadro della progressiva distensione fra Pyongyang e Seul, avviata nel 2000. Lo ha annunciato il ministro dell’Informazione sudcoreano, Chin Dae-Je, secondo il quale la nuova infrastruttura mira a promuovere la cooperazione tecnologica fra i due Paesi.

 

 

 

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