RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLIX n. 360  - Testo della trasmissione di lunedì 26 dicembre 2005

 

 

Sommario

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

All’Angelus, il Papa ha parlato del legame tra la solennità del Natale e l’odierna festa di Santo Stefano protomartire, alla folla di fedeli convenuti in Piazza San Pietro   

 

Il martirio da Santo Stefano ad oggi: ne parliamo con  padre Angelo Di Berardino

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Sentimenti più propri del Natale e riflessioni legate al contesto attuale delle celebrazioni di quest’anno: ai nostri microfoni, il metropolita greco-ortodosso per l’Italia e Malta, mons. Zervos Gennadios, e il Segretario generale del Consiglio Mondiale delle Chiese, rev.  Samuel Kobia

 

Ad un anno dallo tsunami, l’impegno per il Sud-Est asiatico continua: con noi, Stefano Savi di Medici senza Frontiere-Italia

 

La storia della vita terrena di Gesù incuriosisce ed affascina: interviste con Andrea Tornelli, padre Michele Piccirillo e don Massimo Serretti

 

Particolarmente sentito il presepe a Greccio, dove la notte di Natale del 1223 San Francesco celebrò la messa di fronte a una mangiatoia: ce ne parla Antonio Rosati

 

CHIESA E SOCIETA’:

Nella notte di Natale, ucciso un sacerdote salesiano a Nairobi, in Kenya

 

E’ compito dei cristiani portare nella società civile uno stile di vita sobrio, giusto e positivamente timorato di Dio: l’invito del cardinale Angelo Scola, nell’omelia della Messa di Natale a Venezia

 

Il cardinale Dionigi Tettamanzi invita i milanesi a non lasciare solo nessuno, soprattutto in questi giorni di festa

 

Grande partecipazione, a Pechino, alla Messa di Natale celebrata nella nuova chiesa di Chaoyang, la prima consacrata nella capitale cinese dal 1949

 

Manifestazione silenziosa, ieri, a L’Avana, delle “donne in bianco”, madri e mogli dei prigionieri politici di Cuba

 

Oltre 65 mila poveri in 50 Paesi hanno partecipato al tradizionale pranzo di Natale organizzato dalla Comunità di Sant’Egidio

 

Kashmir, la tragedia dimenticata del terremoto

 

24 ORE NEL MONDO:

In Iraq è sempre alta la tensione, dopo il periodo di relativa calma in coincidenza con le elezioni

 

In  Libia sospesa la condanna a morte per i 5 infermieri bulgari, in carcere da 7 anni con l’accusa di aver contagiato bambini

 

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

26 dicembre 2005

 

ALL’ANGELUS IL PAPA HA PARLATO DEL LEGAME  TRA LA SOLENNITA’ DEL NATALE

E L’ODIERNA  FESTA DI SANTO STEFANO PROTOMARTIRE, 

ALLA FOLLA DI FEDELI CONVENUTI IN PIAZZA SAN PIETRO

 

Anche Benedetto XVI, come già faceva Giovanni Paolo II, non ha voluto mancare oggi, festa di Santo Stefano Protomartire, all’appuntamento con i fedeli che sono convenuti numerosi in Piazza San Pietro, cogliendo l’occasione dell’odierna giornata festiva. Il Santo Padre ha illustrato lo stretto collegamento tra la solennità di ieri e la festa di oggi. Ascoltiamo Giovanni Peduto:

 

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“Dopo aver celebrato ieri con solennità il Natale di Cristo, facciamo oggi memoria della nascita al cielo di Santo Stefano, il primo martire. Un particolare legame unisce queste due feste ed è ben sintetizzato nella liturgia ambrosiana da questa affermazione: “Ieri il Signore è nato sulla terra perché Stefano nascesse al cielo”. Così Papa Benedetto XVI ha esordito nella sua allocuzione prima della preghiera mariana, aggiungendo:

 

“Stefano è un autentico discepolo di Gesù e un  perfetto suo imitatore. Inizia con lui quella lunga serie di martiri che hanno suggellato la propria fede con l’offerta della vita, proclamando con la loro eroica testimonianza che Dio si è fatto uomo per aprire all’uomo il Regno dei Cieli”.

 

Il Santo Padre ha quindi osservato che nell’atmosfera di gioia del Natale non deve sembrare fuori luogo il riferimento al martirio di Santo Stefano. “In effetti – ha detto - sulla mangiatoia di Betlemme già s’allunga l’ombra della Croce. La preannunciano la povertà della stalla in cui il Bambino vagisce, la profezia di Simeone sul segno di contraddizione e sulla spada destinata a trafiggere l’anima della Vergine, la persecuzione di Erode che renderà necessaria la fuga in Egitto”. Benedetto XVI ha sottolineato, dunque, che “non deve stupire che un giorno questo Bambino, diventato adulto, chieda ai suoi discepoli di seguirlo sul cammino della Croce con totale fiducia e fedeltà”. Ascoltiamo ancora il Pontefice:

 

“Come non riconoscere che anche in questo nostro tempo, in varie parti del mondo, professare la fede cristiana richiede l’eroismo dei martiri? Come non dire poi che dappertutto, anche là dove non vi è persecuzione, vivere con coerenza il Vangelo comporta un alto prezzo da pagare?”.

 

Concludendo, Benedetto XVI ha invitato i fedeli a vivere con coerenza la propria fede, pronti sempre a rispondere a chiunque ci domandi ragione della speranza che è in noi.

 

Dopo la preghiera mariana e la benedizione, il Papa non ha mancato di salutare i gruppi di fedeli di lingua francese, inglese, tedesca, spagnola e polacca, rivolgendo, infine, il suo pensiero ai pellegrini di lingua italiana, augurando loro di conservare in questi giorni il clima spirituale di gioia e di serenità del Santo Natale. Il Papa ha terminato augurando a tutti buone feste.

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MARTIRI E MARTIRIO DA SANTO STEFANO A OGGI

- Intervista con padre Angelo Di Berardino -

 

Il giorno subito dopo il Natale la Liturgia della Chiesa ci presenta Stefano, primo di una lunga serie di uomini e donne che nel corso dei secoli hanno testimoniato la loro fede in Gesù Cristo fino alla effusione del sangue. E martiri ne abbiamo ancora oggi. Di questo Giovanni Peduto ha parlato con il padre agostiniano Angelo Di Berardino, professore di Patristica all’Augustinianum in Roma:

 

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R. – La vicenda di Stefano, il protomartire cristiano, ci viene narrato da Luca negli Atti degli Apostoli (6,8-8,2). L’autore accenna anche all’attività taumaturgica di Stefano, scrivendo: “Stefano, pieno di grazia e di potenza, compiva grandi prodigi e segni in mezzo al popolo” (7,8). Viene ucciso per lapidazione che, secondo la tradizione ebraica, doveva avvenire fuori della città, verso gli anni 31/33. Si praticavano due tipi di lapidazione, la prima era quella inflitta come punizione giudiziaria, come conseguenza di un giudizio per idolatria (Deut. 13,10; 17,5), per bestemmia (Lev. 24,14), adulterio (Deut. 22,21-24), ecc.: questa lapidazione doveva avere un carattere rituale secondo regole precise. C’erano poi altri casi di lapidazione che  invece non erano frutto di una sentenza formale. La lapidazione aveva lo scopo di separare il criminale dalla comunità.

 

D. – Cosa dice Santo Stefano all’uomo d’oggi?

 

R. – Il cristianesimo nei primi secoli della nostra era, negli aspetti politici e sociali, si presenta come “testimonianza” della vicenda di Gesù di Nazareth, Messia sofferente e crocifisso. Questa testimonianza è intrinseca al cristianesimo e pertanto il martirio è una componente del cristianesimo stesso. I seguaci di Gesù devono mettere in conto che troveranno persecuzioni e morte nella loro strada per il nome di Gesù, ma saranno beati: “Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia” (Mt 5,11).

 

D. – Il martirio ha segnato sempre la storia dei cristiani, soprattutto durante i primi secoli e fino a tutto il secolo scorso …

 

R. – Quando si parla della Chiesa dei martiri, ci si riferisce ai primi secoli, fino a Costantino. I Gesta martyrum della Chiesa antica sono stati i primi libri di spiritualità non biblici, i quali narrano come i cristiani accettavano volontaria-mente il martirio e con gioia. Matteo arriva a dire che nella prospettiva di ogni cristiano c’è una “vocazione al martirio” (Mt 16,24-28; Mc 8,31-38). “Chi pensa soltanto a salvare la propria vita, la perderà; chi invece è pronto a sacrificare la propria vita per me la ritroverà”.

 

D. – Anche oggi in vari Paesi del mondo i cristiani affrontano il martirio …

 

R. – In alcuni Paesi ancora esistono forme di persecuzione più o meno cruenta; o almeno i cristiani trovano molte difficoltà ad esprimere e praticare la propria fede non solo in pubblico, ma anche nella ristretta cerchia di una comunità, con impedimenti di vario genere.

 

D. – Quale martirio devono invece affrontare i cristiani nei Paesi liberi ma permeati dal secolarismo?

 

R. – Nelle società libere ci sono altre forme, più subdole, che impediscono una piena testimonianza della fede in Cristo: derisione, accuse di integralismo, il ricorso ad un pluralismo in cui la fede dovrebbe trovare spazio solo nel privato e nell’intimo della coscienza, senza una qualche espressione pubblica.

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OGGI IN PRIMO PIANO

26 dicembre 2005

 

 

SENTIMENTI PIU’ PROPRI DEL NATALE E RIFLESSIONI LEGATE AL CONTESTO ATTUALE DELLE CELEBRAZIONI DI QUEST’ANNO: AI NOSTRI MICROFONI

IL METROPOLITA GRECO-ORTODOSSO PER L’ITALIA E MALTA, MONS. GENNADIOS,

E il Segretario generale del Consiglio mondiale delle Chiese, REV. KOBIA

 

In questi giorni anche i  cristiani Greco-ortodossi vivono in modo particolare i sentimenti propri del Natale: amore, pace e unità. E’ quanto sottolinea, al microfono di Adriana masotti, Sua Eminenza mons. Zervos Gennadios, metropolita greco ortodosso per l’Italia e Malta:

 

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R. – I messaggi di Natale, che sono l’amore, la pace e l’unità, li vogliono vivere anche gli ortodossi, dal profondo del cuore; vivere l’amore in famiglia, l’amore per gli altri, la pace dell’anima, confessarsi e ricevere la comunione e unirsi con il nostro Dio, Cristo. L’augurio cordiale, fraterno, per tutti è, appunto, che il nostro Salvatore, Gesù Cristo, dia a tutti l’amore, la pace e l’unità. Non soltanto a noi cristiani, ma a tutti i popoli in quanto, secondo la nostra fede cristiana, ogni uomo è icona di Dio.

 

D. – Con quale bilancio si chiude questo 2005, da parte vostra, per quanto riguarda il dialogo con i cristiani e in particolare con la Chiesa cattolica?

 

R. – Possiamo essere molto contenti, perché Benedetto XVI e Bartolomeo I hanno deciso di continuare il dialogo, il dialogo teologico. Dall’altro canto, noi qui in Italia – gli ortodossi, i cattolici, ma anche gli altri cristiani – viviamo un cristianesimo di fratellanza e siamo contenti perché abbiamo riscoperto l’unità pratica, l’unità sociale, l’unità umana: sono cose importanti per essere vicini all’uomo. Per l’uomo, il nostro Salvatore Gesù Cristo è nato, è stato crocifisso ed è risuscitato: per salvare l’umanità. Viviamo veramente un presente meraviglioso, possiamo dirlo. Speriamo che tutti insieme possiamo vedere il grande avvenimento della realizzazione della volontà di Dio: che tutti siano una cosa sola. Per questo noi soffriamo e vogliamo che molto presto diventi una grande realtà!

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Una riflessione sul significato di questo Natale giunge dal segretario generale del Consiglio mondiale delle Chiese, il rev. dr. Samuel Kobìa, intervistato da Philippa Hitchen:

 

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(musica)

 

MY CHRISTMAS MESSAGE THIS YEAR FOCUSES ON THE STRENGTH OF THE …

Il mio messaggio di Natale quest’ anno è dedicato alla forza dei più deboli. La storia della nascita di Gesù ci parla in modo differente sulla scia di quanto avvenuto nel mondo dal 26 dicembre del 2004, quando lo Tsunami uccise migliaia di persone sulle coste dell’Oceano indiano. Nei mesi successivi, il nostro sgomento di fronte alla forza della natura è stato rinnovato dalla inconsueta frequenza di violenti tempeste, dall’uragano Katrina nel Golfo del Messico e dal terribile terremoto che ha devastato interi villaggi in Kashmir. L’immagine del Bambino in una mangiatoia conforta le vittime dell’oppressione e della violenza e ci porta a realizzare che Gesù era uno di noi; ci ispira a fare qualcosa di buono con le nostre specifiche abilità e ci motiva ad accettare la responsabilità di essere solidali con i poveri ed i sofferenti. L’immagine del bambino nella mangiatoia ci incoraggia a credere che Dio incarnato in Gesù è abbastanza potente da cambiare il mondo e la nostra condizione umana.

 

(musica)

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AD UN ANNO DALLO TSUNAMI,

L’IMPEGNO PER IL SUD-EST ASIATICO CONTINUA

- Con noi, Stefano Savi di Medici Senza Frontiere Italia -

 

L’Asia si è fermata in preghiera per ricordare il primo anniversario dello tsunami, l’onda anomala che il 26 dicembre 2004 ha stroncato più di 220.000 vite e colpito quelle di milioni di altre. A un anno di distanza è ancora difficile stabilire un bilancio certo della catastrofe. Secondo Caritas International, i morti potrebbero essere addirittura superori a 400 mila. Molte oggi le riflessioni sull’aiuto umanitario e la mobilitazione della comunità internazionale, scattata già poche ore dopo la catastrofe. Il caso dell’organizzazione Medici Senza Frontiere (MSF), nell’inter-vista di Giada Aquilino a Stefano Savi, direttore di MSF Italia.

 

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R. – Il supporto soprattutto all’inizio è stato quello dell’assistenza medica, ma anche di approvvigionamento di acqua e costruzione di servizi igienici. Importante poi è stata l’assistenza psicologica che abbiamo fornito e che ancora oggi è una delle attività prevalenti perché il trauma che ha causato questo evento è stato profondo nelle persone. Abbiamo anche mandato tonnellate e tonnellate di materiale: cibo, farmaci, l’occorrente per costruire ripari per le persone che avevano perso tutto. Ma ancora oggi c’è un grande bisogno di questo tipo di attività.

 

D. – Medici senza Frontiere è ancora presente in quelle zone: cosa serve, oggi?

 

R. – Ci sono dei villaggi che sono in condizioni simili ad allora, si vedono le stesse case distrutte… Per cui, sicuramente c’è un bisogno, secondo noi, di accelerare le operazioni di ricostruzione, perché queste popolazioni hanno la necessità di riprendere una vita normale. Da un punto di vista più tecnico, sicuramente c’è ancora bisogno di dare assistenza medica in alcune zone del sud est asiatico.

 

D. – Dalla mobilitazione per l’emergenza tsunami sono scaturiti poi altri tipi di interventi per le emergenze del 2005…

 

R. – Abbiamo raccolto fondi come hanno fatto moltissime altre organizzazioni. Siamo arrivati alla cifra totale di 110 milioni di euro e abbiamo realizzato che, comunque, la nostra capacità operativa avrebbe assorbito soltanto una parte di questi fondi. Tutti gli altri soldi sono stati utilizzati per rispondere alle emergenze cui abbiamo fatto fronte nel 2005, tra cui l’emergenza Niger, per una grossa crisi nutrizionale; quella in Pakistan, per il recente terremoto. Ma ci siamo occupati anche di crisi che magari sono meno conosciute, quelle che noi chiamiamo le crisi dimenticate, come per esempio quella della Repubblica Democratica del Congo, dove c’è una situazione disastrosa; o dei rifugiati in Ciad o degli sfollati in Sudan. Pensiamo che comunque, anche in un futuro, sia importante che ci sia una disponibilità da parte di chi dona ad aprirsi a tutte le emergenze del momento: magari non sono quelle di cui si parla tanto sul giornale ma sono altre meno conosciute, non per questo da trascurare.

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anche se non abbiamo bisogno di dettagli storici

per accogliere il mistero del natale,

la storia della vita terrena di Gesù incuriosisce e affascina

 

Oltre duemila anni fa, al tempo del grande censimento decretato da Cesare Augusto, nasceva a Betlemme il bambino Gesù, deposto poi in una mangiatoia dalla madre, Maria, perché con il suo sposo Giuseppe non avevano trovato posto nell’albergo. E’ Luca a raccontare con dovizia di particolari la storia del Verbo incarnato, di Dio fattosi uomo nella storia. E proprio alla storia della vita terrena di Gesù è dedicato il dossier di Stefano Leszczynski:

 

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E’ il Natale dell’Anno 0, il momento in cui la storia cambia il suo corso e il suo senso. Oggi a due Millenni di distanza viviamo e celebriamo nuovamente quel mistero ponendoci, forse troppo spesso, domande errate sulla figura storica di Gesù. Una materia che ha affascinato ed appassionato centinaia di studiosi, cristiani e non, anche se talvolta con scopi diversi. Non immuni da questa ricerca anche diversi giornalisti. Tra questi il vaticanista Andrea Tornielli, autore di un libro intitolato “Inchiesta su Gesù bambino”. A lui abbiamo chiesto il perché di questo lavoro:

 

“Io credo sia importante insistere sulla storicità dei Vangeli e studiare l’umanità di Gesù perché è Dio che irrompe nella storia, ma irrompe in un momento preciso della storia, in un luogo determinato della storia. Per cui studiare, evidenziare tutti gli aspetti e la storicità dei Vangeli e dell’umanità di Gesù possono essere un grandissimo aiuto alla fede”.

 

Per la Chiesa, la storicità dei Vangeli non è in discussione e la ricerca storica da parte cristiana non ha intenti apologetici, anche se non sempre è stato così: pensiamo ad esempio al tempo di quella che viene definita la Chiesa primitiva. Sentiamo in proposito il padre francescano Michele Piccirillo, direttore dello Studium biblicum francescanum ed esperto di archeologia di terra Santa:

 

“I primi pellegrini venivano qui – dicono i testi Historia (Eusebio usa questa parola) – per accertarsi che quello che avevano letto nei Vangeli e nella Bibbia corrispondesse a verità. E’ soltanto in un secondo tempo che inizia molto più forte il lato di pietà, di devozione verso il luogo santo”.

 

Tuttavia, già in tempi antichissimi vi erano ben pochi dubbi sulle tracce storiche ed archeologiche che confermano appieno quanto contenuto nelle Scritture:

 

“Il primo scavo è al tempo di Costantino. Dice Eusebio che Costantino, su indicazione dei cristiani della città, diede ordine di distruggere il tempio pagano costruito da Adriano sul punto che i cristiani indicavano come la tomba di Cristo. Nessuno, però, l’aveva mai vista e – afferma Eusebio – contro ogni speranza, una volta distrutto il tempio e scavato in profondità nel basamento del tempio fu ritrovata la grotta della risurrezione. Per quanto riguarda la grotta della Natività, abbiamo testimonianze tra le più antiche che riguardano i luoghi santi. Ne parla Giustino, martire, verso il 150 d.C. Nelle sue opere fa riferimento alla grotta della Natività che veniva mostrata a Betlemme”.

 

Nazareth, Betlemme, Gerusalemme, sono i nomi della geografia del Gesù storico, così come la Casa di Maria, la Grotta della Natività, il Santo Sepolcro ne sono i luoghi particolari. Ma ha veramente senso per il credente la ricerca del dato storico ai fini del suo sentimento religioso? Ci risponde don Massimo Serretti docente di teologia dogmatica presso la Pontificia Università del Laterano:

 

“Per il credente ha senso andare a ricercare i dati storici da tutti i punti di vista, dal punto di vista filologico, archeologico, ecc, perché questa ricerca dà al credente una gioia che viene dal constatare anche da un altro punto di vista che è vero quello che nella fede il credente già vive, ma non è fondamento assolutamente della sua fede. Il fondamento della sua fede è nella relazione viva con il Dio vivo”.

 

L’evento di Betlemme di oltre duemila anni fa rappresentò un evento storico di portata cosmica – come ha ricordato anche Giovanni Paolo II nella lettera Tertio Millennio Adveniente –, quale paragone quindi con l’evento del Natale attuale?

 

“Vorrei rilevare un tratto di identità tra quel Natale e questo Natale. Anche oggi, come allora, il cielo è aperto sulla terra. Qualsiasi uomo voglia accogliere questa apertura e voglia indirizzare lo sguardo verso questo squarcio, per cogliere  quanto questo squarcio ci lascia intravedere, può farlo anche oggi.”.

 

In una società secolarizzata come quella attuale parlare della storia di Gesù e di Gesù nella storia diviene spesso pretesto polemico contro ciò che dicono i Vangeli. Ma il senso del Natale per noi cristiani è forte oggi come allora:

 

“Un bambino  avvolto in fasce, che giace in una mangiatoia. Questo rimane il segno anche per noi, uomini e donne del Duemila. Non c’è altro Natale”!

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LA TRADIZIONE ATTRIBUISCE A SAN FRANCESCO L’INTRODUZIONE DEL PRESEPIO:

TANTA LA GENTE CHE SI RECO’ A GRECCIO LA NOTTE DI NATALE DEL 1223

QUANDO IL SANTO  DI ASSISI CELEBRO’ LA MESSA DI FRONTE AD UNA MANGIATOIA,

CON UN BUE E UN ASINELLO

- Intervista con Antonio Rosati -

 

La tradizione attribuisce a San Francesco d'Assisi l’introduzione del Presepio nel vasto ciclo delle consuetudini natalizie, quando, nella notte di Natale del 1223 a Greccio, come ci viene riportato da San Bonaventura, dispose una greppia con il fieno, vi fece condurre il bue e l’asino e davanti ad essa celebrò la Santa Messa, di fronte ad una moltitudine di gente convenuta da tutta la regione. Da allora la tradizione del presepe, diffusa in tutto il mondo, resta particolarmente viva nella cittadina umbra. Ce ne parla nel servizio Davide Dionisi:

 

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(musica)

                  

“Francesco voleva vedere con gli occhi del corpo i disagi in cui si trovava per la mancanza di quanto occorre ad un neonato e soprattutto le difficoltà che la Madre poverella dovette affrontare”. Il primo biografo di San Francesco, Tommaso da Celano, racconta così il motivo che spinse il poverello di Assisi a realizzare per la prima volta a Greccio, nel Natale del 1223, la rappresentazione sacra del presepe. Ai tempi di San Francesco, Greccio era luogo selvaggio abitato da pochi pastori e da alcune famiglie che coltivavano i campi all’ombra del maniero di Meser Giovanni Vellita, signore di quelle terre. Eppure fu proprio qui che il Frate realizzò l’idea che aveva vagheggiato fin dal suo viaggio in Terra Santa e aveva maturato a Roma pregando davanti all’antichissimo oratorio ad praesepe dell’Esquilino.

 

Questo paesino di antica origine medievale, situato a circa 700 m. di altitudine sulla piana di Rieti è, con Fonte Colombo, la Foresta e Poggio Bustone, uno degli eremi più cari a Francesco. Qui ogni anno viene rievocato fedelmente l’evento della nascita di Gesù, grazie ad uno staff di un centinaio di persone, tra figuranti e tecnici, che tra il 24 dicembre e il 6 gennaio si danno un gran da fare per mantenere viva la tradizione di questo antico borgo medievale, meglio noto come la Betlemme d’Occidente.    Per comprendere meglio lo spirito di questa straordinaria manifestazione, abbiamo raggiunto il Primo cittadino di Greccio, Antonio Rosati:

 

R. – Prima di tutto per Greccio il presepe è motivo di orgoglio e di responsabilità. Centinaia di migliaia di turisti visitano ogni anno Greccio e il suo santuario francescano. Ma Greccio alimenta anche la fede di chi vede nell’iconografia del presepio lo spirito della famiglia e quindi quei valori che troppo spesso vengono dimenticati o, quantomeno sembra, vogliono essere dimenticati. 

 

D. - Sappiamo di una mobilitazione generale in vista di questo appuntamento. Vuole raccontarci nei dettagli che cosa succede?

 

R. – Io dico sempre che qui a Greccio è Natale tutto l’anno. Lo spirito francescano e il messaggio del presepe sono sempre attuali. In particolare, negli ultimi mesi dell’anno, tutte queste persone, soprattutto giovani, animano le giornate con la loro laboriosità e si mette a punto ogni dettaglio, si procede a valorizzare anche il discorso dell’immagine, della promozione di quella che è la rievocazione storica del primo presepe del mondo.

 

D. – Dunque, una tradizione ancora viva che rimane immutata nel tempo. Ma è stato usato qualche accorgimento in più rispetto alle prime edizioni?

 

R. – Ogni anno i ragazzi cercano di migliorare l’aspetto scenografico, di completare, di aggiungere delle scene che sono scene di vita locale, sempre del 1223. Allora i ragazzi cercano di far emergere, essendo questa la rievocazione storica della nascita del presepe di San Francesco, scene di vita quotidiana, quelle che furono proprio le situazioni ambientali, oltre che emotive, da parte del poverello d’Assisi e della gente che abitava Greccio, Rieti. Dunque, anche squarci delle corti, degli araldi, dei cortigiani, tutti coloro che effettivamente c’erano quella notte a Greccio. Greccio è gemellata tutt’oggi con Betlemme, Greccio che nelle sue grotte naturali molto richiama le grotte naturali di Betlemme.

 

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CHIESA E SOCIETA’

26 dicembre 2005

 

UCCISO A NAIROBI, IN KENYA, NELLA NOTTE DI DI NATALE, UN SACERDOTE SALESIANO. ANCORA SCONOSCIUTI I PARTICOLARI E IL MOVENTE DEL DELITTO

NAIROBI. = E’ stato ucciso a Nairobi, in Kenya, padre Philip Valayam, 46 anni, sacerdote salesiano docente al Tangaza College della Catholic University of Eastern Africa (CUEA). Non sono noti, per ora, né i particolari né i motivi dell’omicidio. E’ stato raggiunto da colpi d’arma da fuoco nella notte di Natale, poco dopo aver officiato la Messa di mezzanotte. Il delitto è stato compiuto alle 3.20 del mattino, presso la Dragoretti Market Road, a circa 200 metri dalla sede dei Don Bosco Youth Educational Services (DBYES) e a 100 metri da una stazione di polizia. Nato il 23 marzo del 1959 e ordinato sacerdote il 29 dicembre 1988 in India, padre Valayam si trovava in Africa orientale dal 1997 ed era stato docente di filosofia al seminario di Moshi, in Tanzania; dopo ulteriori studi a Roma nel 2001, era stato assegnato al DBYES. Ieri sera, la comunità salesiana locale e i rappresentanti di altri istituti religiosi hanno partecipato a una solenne Celebrazione Eucaristica sul luogo del delitto. A cominciare dall’uccisione del francescano irlandese, LarryLalTimmons a Nakuru, nel gennaio 1997, continua ad allungarsi la lista dei religiosi che hanno trovato la morte in Kenya, tra i quali John Kaiser dei Missionari di Mill Hill, nel 2000, e mons. Antonio Locati, nel luglio scorso. (R.M.)

 

“NELL’AGONE DELLA SOCIETÀ CIVILE”, IL COMPITO DEI CRISTIANI È PORTARE

“UNO STILE DI VITA SOBRIO, GIUSTO E POSITIVAMENTE TIMORATO DI DIO”:

È QUANTO HA AFFERMATO IL PATRIARCA DI VENEZIA, CARDINALE ANGELO SCOLA,

CELEBRANDO LA MESSA DI NATALE

 

VENEZIA. = “Le radicali trasformazioni in atto nella sfera affettiva, non meno che in quella culturale, sociale, politica ed economica, ci impongono di assumere ogni giorno uno stile di vita sobrio, giusto e positivamente timorato di Dio”: è uno dei passaggi dell’omelia pronunciata dal patriarca di Venezia, cardinale Angelo Scola, in occasione della Messa del Natale. “I cristiani – ha spiegato – desiderano portare questo stile natalizio nell’agone della società civile, laica, libera e plurale, ma tesa alla vita buona”. Rilevando come la luce dei presepi e quella delle mille luminarie delle città rimandino in questo periodo alla “luce” della nascita del Bambino Gesù, il cardinale Scola ha detto di credere che, “anche per i più scettici e distratti tra noi”, la sosta del Natale non abbia ancora perso, “dopo duemila anni, la capacità di stupire”. E il patriarca di Venezia ha proseguito: “Questa nascita è apportatrice di salvezza, è una liberazione dal male, mio, tuo, nostro, che nella libertà consente la piena riuscita dell’io e della comunità cui appartiene”. “Il Natale di Gesù Cristo – ha aggiunto il  porporato – viene così incontro alla nostra domanda di felicità e libertà, al nostro desiderio di amare e di essere definitivamente amati, alla nostra supplica di eternità”. Nel Bambino Gesù - ha spiegato ancora il cardinale - “Dio stesso si coinvolge con noi, si fa nostro interlocutore, nostro partner per sempre”. “Ad una condizione”, ha ammonito il porporato: “Che anche noi ci coinvolgiamo con Lui”, imparando, come ha ripetuto San Paolo nella Seconda Lettura, “a rinnegare l’empietà e i desideri mondani e a vivere con sobrietà, giustizia e pietà in questo mondo”. (R.M.)

 

 

“OGGI NESSUNO DOVREBBE STARE DA SOLO”: COSÌ, L’ARCIVESCOVO DI MILANO,

CARDINALE DIONIGI TETTAMANZI,

CELEBRANDO LA MESSA DI NATALE NEL DUOMO DELLA CITTÀ

 

MILANO. =  “Oggi è il giorno in cui nessuno dovrebbe stare da solo”: ha esordito così l’arcivescovo di Milano, cardinale Dionigi Tettamanzi, nell’omelia della Messa di Natale, celebrata nel Duomo della città. “Questo – ha spiegato il porporato – ci dice la nostra stessa esperienza umana: il Natale è sentito da tutti, e giustamente, come un giorno contrario ad ogni forma negativa di solitudine. Sono le stesse tradizioni familiari e sociali che ci portano a riunirci nelle case, per il pranzo o la cena, magari con l’invito rivolto ai parenti rimasti soli”. “Ognuno di noi – ha aggiunto – guardando dentro di sé e attorno a sé nel mondo in cui vive, è costretto a riconoscere che continui e pesanti sono i momenti di buio nel cammino dell’esistenza. E al buio, anche se ci troviamo in tanti, diventiamo soli”. “La storia, però – ha sottolineato poi il cardinale Tettamanzi – non è destinata a crollare nel buio della solitudine e della morte. E’ aperta alla speranza, è candidata alla luce della comunione, della vita, della gioia”. Quindi, occorre tenere sempre presente “il lieto messaggio, la meravigliosa e consolante verità che ci vengono comunicati dal Testo Sacro e che siamo invitati ad accogliere con fede rinnovata: l’uomo può essere salvato dal buio della solitudine e a salvarlo è la nascita di un bambino, di questo bambino che è il Cristo Signore”. (R.M.)

 

 

GRANDE PARTECIPAZIONE, A PECHINO, ALLA MESSA DI NATALE CELEBRATA

NELLA NUOVA CHIESA DI CHAOYANG,

LA PRIMA CONSACRATA NELLA CAPITALE CINESE DAL 1949

 

PECHINO. =  In Cina, più di 2 mila persone hanno partecipato alla messa di Natale nella nuova chiesa di Chaoyang, la prima consacrata a Pechino dopo la presa di potere del Partito comunista nel 1949. Lo hanno reso noto i media cinesi. Altre tre chiese sono attualmente in costruzione nella capitale, nei quartieri di Fengtai, Haidian e Yanqing. Secondo le statistiche ufficiali, a Pechino vi sarebbero 50 mila fedeli e 80 sacerdoti. La celebrazione delle funzioni religiose è autorizzata solo nelle chiese riconosciute dallo Stato. (R.M.)

 

 

MANIFESTAZIONE SILENZIOSA, IERI A L’AVANA, DELLE “DONNE IN BIANCO”,

MADRI E MOGLI DEI PRIGIONIERI POLITICI DI CUBA

 

L’AVANA. = L’organizzazione delle “Donne in bianco”, che raggruppa madri, mogli e parenti dei detenuti politici di Cuba, ha approfittato della domenica di Natale per manifestare e chiedere la liberazione dei prigionieri. Vestite di bianco, un ampio numero di donne dell’organizzazione, che ha ricevuto il Premio Sakharov del Parlamento Europeo nel 2005, ha marciato in silenzio per le strade de L’Avana dopo aver assistito, come ogni domenica, ad una Messa nella chiesa di Santa Rita de Miramar. “Marciamo in questo giorno di Natale per la libertà dei nostri detenuti e perchè il popolo di Cuba possa avere un futuro migliore”, ha spiegato Laura Pollan, moglie di Hector Maseda, condannato a 20 anni di reclusione. “Per noi questo è un giorno triste – ha aggiunto – perché Natale è la festa della famiglia e, senza i nostri uomini, la famiglia non è al completo e non possiamo essere completamente felici”. (R.M.)

 

 

OLTRE 65 MILA POVERI IN 50 PAESI HANNO PARTECIPATO AL TRADIZIONALE PRANZO

DI NATALE ORGANIZZATO DALLA COMUNITA’ DI SANT’EGIDIO

 

ROMA. = Si è ripetuto anche quest'anno, per la 24.ma volta, il tradizionale pranzo di Natale con i poveri organizzato dalla Comunità di Sant’Egidio. Un’occasione che in oltre 50 Paesi ha coinvolto circa 65 mila persone, 25 mila delle quali in Italia. Solo a Roma sono stati 9 mila gli ospiti, distribuiti in 35 luoghi diversi: nelle chiese, nelle case, ma anche negli istituti per anziani, per bambini, per handicappati, nelle carceri, negli ospedali e perfino nelle strade. Perché il senso è proprio portare la festa anche negli angoli più bui, più freddi, più sperduti e dimenticati. Presenti al pranzo, presso la basilica di Santa Maria in Trastevere, il sindaco di Roma, Walter Veltroni, il cardinale Ignace Moussa I Daoud, prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali e il cardinale Roger Etchegaray, presidente emerito dei Pontifici Consigli Giustizia e Pace e “Cor Unum”. Dopo aver mangiato, i poveri di Roma hanno ricevuto regali personalizzati. “Avere il proprio nome sul regalo – ha spiegato uno dei volontari della Comunità – fa uscire queste persone dall’anonimato. In questo c’è il senso dell’essere una famiglia”. (R.M.)

 

 

KASHMIR: LA TRAGEDIA DIMENTICATA DEL TERREMOTO.

I TRE MILIONI DI SFOLLATI DI FRONTE A UN DIFFICILE INVERNO

 

MUZAFFARABAD. = Il freddo è il nemico numero uno per i sopravvissuti del terremoto che lo scorso 8 ottobre ha colpito il Kashmir, regione contesa tra India e Pakistan. Nella notte le temperature scendono sotto lo zero nei villaggi di montagna dove sono rimasti molti sfollati. E le coperte distribuite dall’ONU non sono sufficienti a garantire a tutti un sonno tranquillo. A due mesi e mezzo dal sisma, che ha fatto 75 mila vittime, la situazione rimane drammatica nelle zone colpite. Sono circa tre milioni gli sfollati e, nonostante gli sforzi, le organizzazioni umanitarie non riescono a raggiungere tutti. Il 10 per cento degli sfollati, secondo l’ONU, vive in villaggi di montagna difficilmente raggiungibili, mentre in molte zone aumenta il rischio di diffusione di epidemie, dato il peggioramento delle condizioni igienico-sanitarie. Per far fronte alle difficoltà, l’Alto Commissariato dell’Onu per i Rifugiati (UNHCR) ha appena lanciato un programma che prevede la distribuzione di materiale d’emergenza. “Per ogni persona – ha annunciato sabato Ron Redmond, portavoce dell’UNHCR – saranno distribuite 250 mila coperte e 70 mila teli”. Ma oltre al freddo, è anche il pericolo di incendi che allarma le organizzazioni umanitarie. “Nei campi ci si riscalda con ogni cosa – ha raccontato Redmond – e non sempre si fa un uso attento del fuoco”. (A.C.)

 

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24 ORE NEL MONDO

26 dicembre 2005

 

 

- A cura di Andrea Cocco e Antonella Ratti -

        

Sono almeno sedici le persone rimaste uccise in Iraq a seguito di una serie di attacchi condotti da gruppi armati iracheni. A Buhriz, 60 chilometri a nord di Baghdad, un commando di trenta uomini muniti di armi leggere e razzi anticarro ha aperto il fuoco su un chekpoint uccidendo sei poliziotti. Poche ore dopo, cinque soldati sono morti a seguito di un agguato nel villaggio di Dhabab. Il nostro servizio:

 

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Appare definitivamente rotta la fragile tregua che aveva accompagnato le operazioni di voto di metà dicembre. Attacchi armati e attentati sono tornati a scuotere Baghdad e  il triangolo sunnita facendo carta straccia dell’accordo implicito siglato alla vigilia del voto dai principali gruppi iracheni. Questa mattina sono state quattro le esplosioni nella capitale irachena, ma il bilancio più grave è quello degli attacchi condotti nel nord del Paese. Dietro il riemergere della tensione, la netta affermazione al termine delle elezioni dell’Alleanza per l’Iraq Unito, coalizione che raggruppa le principali formazioni religiose sciite. A contestare i risultati, non ancora resi ufficiali, i sunniti e gli sciiti laici, che continuano a denunciare pesanti brogli e irregolarità. Ieri alcune manifestazioni di protesta si sono svolte a Falluja e Baquba, mentre una dimostrazione a sostegno degli sciiti radicali ha visto la partecipazione di circa 1000 persone in un sobborgo di Baghdad. “Non si farà nessun governo senza la partecipazione dei sunniti”, ha dichiarato il presidente iracheno Jalal Talabani, nel tentativo di riportare la calma nel Paese. Ma la strada per la formazione di un governo che rispecchi il risultato elettorale appare tutta in salita. Sono almeno 1500 le denunce di irregolarità che dovranno essere esaminate prima dell’annuncio definitivo dei risultati, previsto per gennaio. 35 i casi in cui la decisione della commissione elettorale potrebbe avere conseguenze determinanti sul risultato.

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Sospesa in Libia la condanna a morte per i cinque infermieri bulgari giudicati colpevoli nel 2004 di aver trasmesso il virus dell’HIV a oltre 400 bambini. Ieri il Tribunale supremo libico, dopo aver riscontrato violazioni nelle procedure giudiziali, ha ordinato un nuovo processo. “Siamo fieri del nostro sistema di giustizia”, ha dichiarato l’avvocato libico degli infermieri. I cinque bulgari sono rinchiusi in un carcere libico da sette anni insieme a un infermiere palestinese accusato dello stesso reato. L’Unione Europea e gli Stati Uniti hanno più volte esercitato pressioni su Tripoli per la liberazione dei sei giudicando fantasiose le accuse e individuando nelle cattive condizioni igieniche degli ospedali la vera causa della diffusione dell’AIDS.

 

Una fascia di sicurezza interdetta alla popolazione palestinese sarà creata nel nord della Striscia di Gaza per contrastare il lancio di razzi Qassam contro Israele. Ad annunciarlo è stato ieri il primo ministro israeliano, Ariel Sharon. L’obiettivo è di impedire che gruppi armati si avvicinino al confine con il territorio israeliano e attacchino città come Ashkelon, dove si trovano impianti di importanza strategica. A tre mesi dal ritiro delle truppe israeliane dalla striscia di Gaza, sono circa 300 i missili Qassam caduti nello Stato di Israele.

 

Si moltiplicano gli sforzi internazionali per il ritorno alla calma tra Sudan e Ciad, sull’orlo di un conflitto a seguito delle accuse rivolte al governo di Karthoum dal Ciad. L’organizzazione della Conferenza islamica ha richiamato ieri i due governi alla calma esortandoli a trovare una soluzione pacifica e dando il beneplacito alla missione diplomatica dell’Unione africana. Ma, secondo quanto riportato dall’emittente francese RFI, la tensione non accenna a diminuire tra le due capitali. Il presidente Idriss Derby accusa il suo omologo sudanese di sostenere la resistenza ciadiana, che venerdì scorso ha sferrato un duro attacco nell’Est del Paese, mentre Kartoum continua a negare qualsiasi implicazione. 

 

In Cina, è di almeno 26 morti e 11 feriti il bilancio di un incendio divampato questa notte in un bar della città di Zhongshan, nella provincia meridionale del Guangdong. Lo ha reso noto l'agenzia ufficiale “Nuova Cina”. La tragedia, di cui non si conoscono ancora le cause, è avvenuta verso le 23:00 ora locale, mentre nel luogo era presente un centinaio di persone. Gli incendi si verificano di frequente nei locali pubblici cinesi. Nella stessa provincia del Guangdong, lo scorso giugno 31 persone hanno perso la vita nel rogo scoppiato in un albergo.

 

Nella Repubblica democratica del Congo (ex Zaire), un casco blu indiano è stato ucciso ieri nel corso di un attacco sferrato dai ribelli ugandesi delle Forze democratiche alleate (ADF). Altri quattro operatori della MONUC, la missione ONU presente nel Paese dal 1999, sono rimasti feriti. L’incursione è avvenuta in un villaggio situato a circa 200 km a nord di Goma, capoluogo del Nord Kivu. Qui, da ieri, 3.500 militari dell’esercito nazionale, appoggiati da 600 caschi blu indiani, sono impegnati in un'operazione mirante a cacciare dal Congo le forze ugandesi. Secondo un primo quadro fornito dalla forza di pace delle Nazioni Unite, gli scontri degli ultimi giorni avrebbero causato la morte di circa 40 persone, 35 delle quali tra i ribelli.

 

Arrestato in Turchia il nipote di Abdullah Ocalan, ex leader del Partito dei lavoratori curdi (PKK) rinchiuso da sei anni in un carcere di massima sicurezza nell’isola di Imrali. Identificato solo con il nome di Mehmet, l’uomo è finito in manette la sera di Natale a Adana nel Sud della Turchia, con l’accusa di aver intrapreso un’opera di reclutamento per la ricostituzione del disciolto PKK.

 

La Cina ha annunciato la messa a punto di un nuovo vaccino per contrastare la diffusione della febbre aviaria. La notizia giunge dall’equipe dell’istituto veterinario di Habrin, nel nord del Paese, secondo cui il vaccino è in grado di bloccare nei volatili la diffusione del virus. Il governo di Pechino, che lo scorso mese aveva annunciato la sua intenzione di vaccinare 14 miliardi di capi di allevamento presenti sul suo territorio, ha dato il via libera alla produzione in massa del medicinale.

 

Nuovi sbarchi di immigrati in Sicilia. 179 persone, per lo più provenienti dall’Africa subsahariana, sono riuscite a raggiungere questa mattina le coste del ragusano, tra Pozzallo e Marina d’Agate. Poche ore dopo due navi sono giunte a Lampedusa con a bordo circa 200 migranti. Intanto continuano le ricerche di una terza imbarcazione che secondo la capitaneria di porto si troverebbe nei pressi delle coste siciliane.

 

L’uccisione di uno studente africano a San Pietroburgo moltiplica gli allarmi sull’aumento della violenza a sfondo razzista in Russia. Vittima dell’accanimento xenofobo è stato questa volta un camerunese, pugnalato nella notte tra sabato e domenica. Alcune associazioni per i diritti civili si sono appellate direttamente al presidente Vladimir Putin per richiedere misure più efficaci contro i gruppi razzisti. Secondo l’Ufficio per i diritti umani di Mosca, gli omicidi perpetrati da gruppi xenofobi si sono triplicati tra il 2004 e il 2005.

 

Un soldato giordano della Missione di stabilizzazione dell'ONU ad Haiti è stato ucciso ieri nella capitale Port-au-Prince. L’uomo, Yussef Mubarak, è stato raggiunto alla testa da colpi d’arma da fuoco, mentre era di pattuglia in una delle più grandi e pericolose bidonville della città, abitata da oltre 300.000 persone. Sale così a sette il numero dei caschi blu uccisi nel Paese dal giugno 2004, da quando cioè la forza di peacekeeping delle Nazioni Unite è presente per garantire stabilità e sicurezza, dopo l’espulsione dell’ex presidente Aristide. Fra i circa 7.500 soldati e 2.000 poliziotti che compongono la missione ONU, la Giordania figura con un battaglione di 1.497 militari.

 

La giustizia francese si prepara ad emettere un mandato d’arresto internazionale contro i due militari ivoriani sospettati di aver compiuto lo scorso 6 novembre 2004 il bombardamento del campo francese di Bouaké, nella Costa d’Avorio centrale. Nell’attacco persero la vita 10 persone, tra le quali 9 soldati. Stupore per la decisione è stato espresso, tuttavia, dal procuratore militare della Costa d’Avorio, Ange Kassi, secondo il quale i due ufficiali avrebbero agito dietro precise indicazioni. I veri responsabili, secondo l’esercito francese, presente nel Paese dall’aprile 2004, sarebbero due personaggi vicini al presidente Gbagbo.

 

Sale a quattro morti e 33 feriti, il bilancio delle vittime dell’incidente ferroviario avvenuto questa mattina nel nord del Giappone. Alle 6 e 30 ore locali, un treno rapido diretto a Niigata è deragliato, con a bordo una trentina di passeggeri. Il deragliamento è avvenuto fra le stazioni di Amarume e Sakata sulla ligna di Uetsu, 350 chilometri a nord di Tokyo. Lo scorso aprile ad Amagasaki, nella parte occidentale del Giappone, 107 persone sono morte e 550 sono rimaste ferite nel peggior incidente ferroviario della storia del Paese dal 1963.

 

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