RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLIX n.
360 - Testo
della trasmissione di lunedì 26 dicembre 2005
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
Il martirio da Santo Stefano ad
oggi: ne parliamo con padre
Angelo Di Berardino
OGGI IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
Nella notte di Natale, ucciso
un sacerdote salesiano a Nairobi, in Kenya
Kashmir, la tragedia
dimenticata del terremoto
In Iraq è
sempre alta la tensione, dopo il periodo di relativa calma in coincidenza con
le elezioni
In Libia sospesa la
condanna a morte per i 5 infermieri bulgari, in carcere da 7 anni con l’accusa
di aver contagiato bambini
26 dicembre 2005
ALL’ANGELUS IL PAPA HA PARLATO
DEL LEGAME TRA
E L’ODIERNA FESTA DI SANTO STEFANO
PROTOMARTIRE,
ALLA FOLLA DI FEDELI CONVENUTI IN PIAZZA SAN
PIETRO
Anche Benedetto XVI,
come già faceva Giovanni Paolo II, non ha voluto mancare oggi, festa di Santo
Stefano Protomartire, all’appuntamento con i fedeli che sono convenuti numerosi
in Piazza San Pietro, cogliendo l’occasione dell’odierna giornata festiva. Il
Santo Padre ha illustrato lo stretto collegamento tra la solennità di ieri e la
festa di oggi. Ascoltiamo Giovanni Peduto:
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“Dopo aver celebrato
ieri con solennità il Natale di Cristo, facciamo oggi memoria della nascita al
cielo di Santo Stefano, il primo martire. Un particolare legame unisce queste
due feste ed è ben sintetizzato nella liturgia ambrosiana da questa
affermazione: “Ieri il Signore è nato sulla terra perché Stefano nascesse al
cielo”. Così Papa Benedetto XVI ha esordito nella sua allocuzione prima della
preghiera mariana, aggiungendo:
“Stefano è un autentico discepolo di Gesù e un perfetto suo
imitatore. Inizia con lui quella lunga serie di martiri che hanno suggellato la
propria fede con l’offerta della vita, proclamando con la loro eroica
testimonianza che Dio si è fatto uomo per aprire all’uomo il Regno dei Cieli”.
Il Santo Padre ha quindi osservato
che nell’atmosfera di gioia del Natale non deve sembrare fuori luogo il
riferimento al martirio di Santo Stefano. “In effetti – ha detto - sulla
mangiatoia di Betlemme già s’allunga l’ombra della Croce. La preannunciano la
povertà della stalla in cui il Bambino vagisce, la profezia di Simeone sul
segno di contraddizione e sulla spada destinata a trafiggere l’anima della
Vergine, la persecuzione di Erode che renderà necessaria la fuga in Egitto”.
Benedetto XVI ha sottolineato, dunque, che “non deve stupire che un giorno
questo Bambino, diventato adulto, chieda ai suoi discepoli di seguirlo sul
cammino della Croce con totale fiducia e fedeltà”. Ascoltiamo ancora il
Pontefice:
“Come non riconoscere che anche in questo nostro tempo, in varie parti
del mondo, professare la fede cristiana richiede l’eroismo dei martiri? Come
non dire poi che dappertutto, anche là dove non vi è persecuzione, vivere con
coerenza il Vangelo comporta un alto prezzo da pagare?”.
Concludendo, Benedetto XVI ha invitato i fedeli a vivere
con coerenza la propria fede, pronti sempre a rispondere a chiunque ci domandi
ragione della speranza che è in noi.
Dopo la preghiera mariana e la benedizione, il Papa non ha
mancato di salutare i gruppi di fedeli di lingua francese, inglese, tedesca,
spagnola e polacca, rivolgendo, infine, il suo pensiero ai pellegrini di lingua
italiana, augurando loro di conservare in questi giorni il clima spirituale di
gioia e di serenità del Santo Natale. Il Papa ha terminato augurando a tutti
buone feste.
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MARTIRI E MARTIRIO DA SANTO STEFANO A OGGI
-
Intervista con padre Angelo Di Berardino -
Il
giorno subito dopo il Natale la Liturgia della Chiesa ci presenta Stefano,
primo di una lunga serie di uomini e donne che nel corso dei secoli hanno testimoniato
la loro fede in Gesù Cristo fino alla effusione del sangue. E martiri ne abbiamo
ancora oggi. Di questo Giovanni Peduto ha parlato con il padre agostiniano
Angelo Di Berardino, professore di Patristica all’Augustinianum
in Roma:
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R. –
La vicenda di Stefano, il protomartire cristiano, ci viene
narrato da Luca negli Atti degli Apostoli (6,8-8,2). L’autore accenna anche
all’attività taumaturgica di Stefano, scrivendo: “Stefano, pieno di grazia e di
potenza, compiva grandi prodigi e segni in mezzo al popolo” (7,8). Viene ucciso per lapidazione che, secondo la tradizione
ebraica, doveva avvenire fuori della città, verso gli anni 31/33. Si
praticavano due tipi di lapidazione, la prima era quella inflitta come
punizione giudiziaria, come conseguenza di un giudizio per idolatria (Deut. 13,10; 17,5), per bestemmia (Lev.
24,14), adulterio (Deut. 22,21-24), ecc.: questa lapidazione doveva avere un carattere rituale secondo
regole precise. C’erano poi altri casi di lapidazione che invece non erano frutto di una
sentenza formale. La lapidazione aveva lo scopo di separare il criminale dalla
comunità.
D. –
Cosa dice Santo Stefano all’uomo d’oggi?
R. –
Il cristianesimo nei primi secoli della nostra era, negli aspetti politici e
sociali, si presenta come “testimonianza” della vicenda di Gesù di Nazareth,
Messia sofferente e crocifisso. Questa testimonianza è intrinseca al
cristianesimo e pertanto il martirio è una componente del cristianesimo stesso.
I seguaci di Gesù devono mettere in conto che troveranno persecuzioni e morte
nella loro strada per il nome di Gesù, ma saranno beati: “Beati voi quando vi
insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro
di voi per causa mia” (Mt 5,11).
D. –
Il martirio ha segnato sempre la storia dei cristiani, soprattutto durante i
primi secoli e fino a tutto il secolo scorso …
R. –
Quando si parla della Chiesa dei martiri, ci si riferisce ai primi secoli, fino
a Costantino. I Gesta martyrum
della Chiesa antica sono stati i primi libri di spiritualità non biblici, i
quali narrano come i cristiani accettavano volontaria-mente il martirio e con
gioia. Matteo arriva a dire che nella prospettiva di ogni cristiano c’è una
“vocazione al martirio” (Mt 16,24-28; Mc 8,31-38). “Chi pensa soltanto a salvare la propria vita,
la perderà; chi invece è pronto a sacrificare la propria vita per me la
ritroverà”.
D. –
Anche oggi in vari Paesi del mondo i cristiani affrontano il martirio …
R. –
In alcuni Paesi ancora esistono forme di persecuzione più o meno cruenta; o
almeno i cristiani trovano molte difficoltà ad esprimere e praticare la propria fede non solo in pubblico, ma anche nella
ristretta cerchia di una comunità, con impedimenti di vario genere.
D. –
Quale martirio devono invece affrontare i cristiani nei Paesi liberi ma
permeati dal secolarismo?
R. –
Nelle società libere ci sono altre forme, più subdole, che impediscono una
piena testimonianza della fede in Cristo: derisione, accuse di integralismo, il
ricorso ad un pluralismo in cui la fede dovrebbe trovare spazio solo nel privato
e nell’intimo della coscienza, senza una qualche espressione pubblica.
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26 dicembre 2005
SENTIMENTI PIU’ PROPRI DEL NATALE E RIFLESSIONI LEGATE AL CONTESTO ATTUALE
DELLE CELEBRAZIONI DI QUEST’ANNO: AI NOSTRI MICROFONI
IL METROPOLITA GRECO-ORTODOSSO PER L’ITALIA E MALTA, MONS. GENNADIOS,
E il Segretario generale del Consiglio mondiale delle
Chiese, REV. KOBIA
In questi giorni
anche i cristiani
Greco-ortodossi vivono in modo particolare i sentimenti propri del Natale:
amore, pace e unità. E’ quanto sottolinea, al microfono di Adriana masotti, Sua
Eminenza mons. Zervos Gennadios,
metropolita greco ortodosso per l’Italia e Malta:
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R. – I messaggi di Natale, che sono l’amore, la pace e l’unità,
li vogliono vivere anche gli ortodossi, dal profondo del cuore; vivere l’amore
in famiglia, l’amore per gli altri, la pace dell’anima, confessarsi e ricevere
la comunione e unirsi con il nostro Dio, Cristo. L’augurio cordiale, fraterno,
per tutti è, appunto, che il nostro Salvatore, Gesù Cristo, dia
a tutti l’amore, la pace e l’unità. Non soltanto a noi cristiani, ma a tutti i
popoli in quanto, secondo la nostra fede cristiana, ogni uomo è icona di Dio.
D. – Con quale bilancio si chiude questo
2005, da parte vostra, per quanto riguarda il dialogo con i cristiani e
in particolare con la Chiesa cattolica?
R. – Possiamo essere molto contenti, perché Benedetto XVI
e Bartolomeo I hanno deciso di continuare il dialogo,
il dialogo teologico. Dall’altro canto, noi qui in Italia – gli ortodossi, i
cattolici, ma anche gli altri cristiani – viviamo un cristianesimo di fratellanza
e siamo contenti perché abbiamo riscoperto l’unità pratica, l’unità sociale,
l’unità umana: sono cose importanti per essere vicini
all’uomo. Per l’uomo, il nostro Salvatore Gesù Cristo è nato, è stato
crocifisso ed è risuscitato: per salvare l’umanità. Viviamo veramente un presente
meraviglioso, possiamo dirlo. Speriamo che tutti insieme
possiamo vedere il grande avvenimento della realizzazione della volontà di Dio:
che tutti siano una cosa sola. Per questo noi soffriamo e vogliamo che molto
presto diventi una grande realtà!
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Una riflessione sul significato di questo Natale
giunge dal segretario generale del Consiglio mondiale delle Chiese, il rev. dr.
Samuel Kobìa, intervistato da Philippa Hitchen:
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(musica)
MY CHRISTMAS MESSAGE THIS YEAR FOCUSES ON
THE STRENGTH OF THE …
Il mio
messaggio di Natale quest’ anno è dedicato alla forza
dei più deboli. La storia della nascita di Gesù ci parla in modo differente
sulla scia di quanto avvenuto nel mondo dal 26 dicembre del 2004, quando lo Tsunami uccise migliaia di
persone sulle coste dell’Oceano indiano. Nei mesi successivi, il nostro
sgomento di fronte alla forza della natura è stato rinnovato dalla inconsueta
frequenza di violenti tempeste, dall’uragano Katrina
nel Golfo del Messico e dal terribile terremoto che ha devastato interi
villaggi in Kashmir. L’immagine del Bambino in una mangiatoia conforta le
vittime dell’oppressione e della violenza e ci porta a realizzare
che Gesù era uno di noi; ci ispira a fare qualcosa di buono con le nostre
specifiche abilità e ci motiva ad accettare la responsabilità di essere
solidali con i poveri ed i sofferenti. L’immagine del bambino nella mangiatoia
ci incoraggia a credere che Dio incarnato in Gesù è abbastanza potente da
cambiare il mondo e la nostra condizione umana.
(musica)
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L’IMPEGNO PER IL SUD-EST ASIATICO CONTINUA
- Con noi, Stefano Savi di Medici
Senza Frontiere Italia -
L’Asia
si è fermata in preghiera per ricordare il primo anniversario dello tsunami, l’onda anomala che il 26 dicembre 2004 ha
stroncato più di 220.000 vite e colpito quelle di milioni di altre. A un anno
di distanza è ancora difficile stabilire un bilancio certo della catastrofe.
Secondo Caritas International,
i morti potrebbero essere addirittura superori a 400 mila.
Molte oggi le riflessioni sull’aiuto umanitario e la mobilitazione della
comunità internazionale, scattata già poche ore dopo la catastrofe. Il caso
dell’organizzazione Medici Senza Frontiere (MSF),
nell’inter-vista di Giada Aquilino a Stefano Savi, direttore
di MSF Italia.
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R. – Il supporto soprattutto all’inizio è stato quello
dell’assistenza medica, ma anche di approvvigionamento di acqua e costruzione
di servizi igienici. Importante poi è stata l’assistenza psicologica che
abbiamo fornito e che ancora oggi è una delle attività prevalenti perché il
trauma che ha causato questo evento è stato profondo nelle persone. Abbiamo
anche mandato tonnellate e tonnellate di materiale: cibo, farmaci, l’occorrente
per costruire ripari per le persone che avevano perso tutto. Ma ancora oggi c’è
un grande bisogno di questo tipo di attività.
D. – Medici senza Frontiere è ancora presente in quelle
zone: cosa serve, oggi?
R. – Ci sono dei villaggi che sono in condizioni simili ad
allora, si vedono le stesse case distrutte… Per cui,
sicuramente c’è un bisogno, secondo noi, di accelerare le operazioni di
ricostruzione, perché queste popolazioni hanno la necessità di riprendere una
vita normale. Da un punto di vista più tecnico, sicuramente c’è ancora bisogno
di dare assistenza medica in alcune zone del sud est asiatico.
D. – Dalla mobilitazione per l’emergenza tsunami sono scaturiti poi altri tipi di interventi per le
emergenze del 2005…
R. – Abbiamo raccolto fondi come hanno fatto moltissime
altre organizzazioni. Siamo arrivati alla cifra totale di 110 milioni di euro e
abbiamo realizzato che, comunque, la nostra capacità
operativa avrebbe assorbito soltanto una parte di questi fondi. Tutti gli altri
soldi sono stati utilizzati per rispondere alle emergenze cui abbiamo fatto
fronte nel 2005, tra cui l’emergenza Niger, per una grossa crisi nutrizionale;
quella in Pakistan, per il recente terremoto. Ma ci siamo occupati anche di
crisi che magari sono meno conosciute, quelle che noi chiamiamo le crisi
dimenticate, come per esempio quella della Repubblica Democratica del Congo, dove c’è una situazione disastrosa; o dei rifugiati
in Ciad o degli sfollati in Sudan. Pensiamo che comunque, anche in un futuro,
sia importante che ci sia una disponibilità da parte di chi dona ad aprirsi a
tutte le emergenze del momento: magari non sono quelle di cui si parla tanto
sul giornale ma sono altre meno conosciute, non per
questo da trascurare.
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anche se non abbiamo
bisogno di dettagli storici
per accogliere il mistero del natale,
Oltre
duemila anni fa, al tempo del grande censimento decretato da Cesare Augusto, nasceva
a Betlemme il bambino Gesù, deposto poi in una mangiatoia dalla madre, Maria,
perché con il suo sposo Giuseppe non avevano trovato posto nell’albergo. E’
Luca a raccontare con dovizia di particolari la storia del Verbo incarnato, di
Dio fattosi uomo nella storia. E proprio alla storia della vita terrena di Gesù
è dedicato il dossier di Stefano Leszczynski:
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E’ il Natale dell’Anno 0, il momento in cui la storia cambia il
suo corso e il suo senso. Oggi a due Millenni di distanza viviamo e celebriamo
nuovamente quel mistero ponendoci, forse troppo spesso,
domande errate sulla figura storica di Gesù. Una materia che ha affascinato
ed appassionato centinaia di studiosi, cristiani e
non, anche se talvolta con scopi diversi. Non immuni da questa ricerca anche
diversi giornalisti. Tra questi il vaticanista Andrea Tornielli,
autore di un libro intitolato “Inchiesta su Gesù bambino”. A lui abbiamo
chiesto il perché di questo lavoro:
“Io
credo sia importante insistere sulla storicità dei Vangeli e studiare l’umanità
di Gesù perché è Dio che irrompe nella storia, ma irrompe in un momento preciso
della storia, in un luogo determinato della storia. Per cui studiare,
evidenziare tutti gli aspetti e la storicità dei Vangeli e dell’umanità di Gesù
possono essere un grandissimo aiuto alla fede”.
Per
“I
primi pellegrini venivano qui – dicono i testi Historia (Eusebio usa questa parola) – per accertarsi che
quello che avevano letto nei Vangeli e nella Bibbia corrispondesse a verità. E’
soltanto in un secondo tempo che inizia molto più forte il lato di pietà, di
devozione verso il luogo santo”.
Tuttavia,
già in tempi antichissimi vi erano ben pochi dubbi sulle tracce storiche ed
archeologiche che confermano appieno quanto contenuto
nelle Scritture:
“Il
primo scavo è al tempo di Costantino. Dice Eusebio che Costantino, su indicazione
dei cristiani della città, diede ordine di distruggere il tempio pagano
costruito da Adriano sul punto che i cristiani indicavano come la tomba di
Cristo. Nessuno, però, l’aveva mai vista e – afferma Eusebio – contro ogni speranza, una volta distrutto il tempio e scavato in profondità
nel basamento del tempio fu ritrovata la grotta della risurrezione. Per quanto
riguarda la grotta della Natività, abbiamo testimonianze tra le più antiche che
riguardano i luoghi santi. Ne parla Giustino, martire, verso il 150 d.C. Nelle
sue opere fa riferimento alla grotta della Natività che veniva
mostrata a Betlemme”.
Nazareth,
Betlemme, Gerusalemme, sono i nomi della geografia del Gesù storico, così come
“Per il
credente ha senso andare a ricercare i dati storici da tutti i punti di vista,
dal punto di vista filologico, archeologico, ecc, perché questa ricerca dà al
credente una gioia che viene dal constatare anche da un altro punto di vista
che è vero quello che nella fede il credente già vive, ma non è fondamento
assolutamente della sua fede. Il fondamento della sua fede è nella relazione
viva con il Dio vivo”.
L’evento
di Betlemme di oltre duemila anni fa rappresentò un evento storico di portata
cosmica – come ha ricordato anche Giovanni Paolo II nella lettera Tertio
Millennio Adveniente –, quale paragone quindi con
l’evento del Natale attuale?
“Vorrei
rilevare un tratto di identità tra quel Natale e questo Natale. Anche oggi,
come allora, il cielo è aperto sulla terra. Qualsiasi uomo voglia
accogliere questa apertura e voglia indirizzare lo sguardo verso questo squarcio,
per cogliere quanto questo squarcio ci
lascia intravedere, può farlo anche oggi.”.
In una
società secolarizzata come quella attuale parlare della storia di Gesù e di
Gesù nella storia diviene spesso pretesto polemico contro ciò
che dicono i Vangeli. Ma il senso del Natale per noi cristiani è forte oggi
come allora:
“Un bambino avvolto in fasce, che giace in una
mangiatoia. Questo rimane il segno anche per noi, uomini e donne del Duemila.
Non c’è altro Natale”!
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TANTA
QUANDO
IL SANTO DI
ASSISI CELEBRO’
CON UN
BUE E UN ASINELLO
- Intervista con Antonio Rosati -
La tradizione attribuisce a San Francesco d'Assisi
l’introduzione del Presepio nel vasto ciclo delle consuetudini natalizie,
quando, nella notte di Natale del
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(musica)
“Francesco voleva vedere con gli occhi del corpo i disagi
in cui si trovava per la mancanza di quanto occorre ad un neonato e soprattutto
le difficoltà che
Questo paesino di antica origine medievale, situato a
circa
R. – Prima di tutto per Greccio
il presepe è motivo di orgoglio e di responsabilità. Centinaia di migliaia di
turisti visitano ogni anno Greccio e il suo santuario
francescano. Ma Greccio alimenta anche la fede di chi
vede nell’iconografia del presepio lo spirito della famiglia e quindi quei
valori che troppo spesso vengono dimenticati o,
quantomeno sembra, vogliono essere dimenticati.
D. - Sappiamo di una mobilitazione generale in vista di
questo appuntamento. Vuole raccontarci nei dettagli che cosa succede?
R. – Io dico sempre che qui a Greccio
è Natale tutto l’anno. Lo spirito francescano e il messaggio del presepe sono
sempre attuali. In particolare, negli ultimi mesi dell’anno, tutte queste
persone, soprattutto giovani, animano le giornate con la loro laboriosità e si
mette a punto ogni dettaglio, si procede a valorizzare anche il discorso
dell’immagine, della promozione di quella che è la rievocazione storica del
primo presepe del mondo.
D. – Dunque, una tradizione ancora viva che rimane
immutata nel tempo. Ma è stato usato qualche accorgimento in più rispetto alle
prime edizioni?
R. – Ogni anno i ragazzi cercano di migliorare l’aspetto
scenografico, di completare, di aggiungere delle scene che sono scene di vita
locale, sempre del 1223. Allora i ragazzi cercano di far emergere, essendo
questa la rievocazione storica della nascita del presepe di San Francesco,
scene di vita quotidiana, quelle che furono proprio le situazioni ambientali,
oltre che emotive, da parte del poverello d’Assisi e
della gente che abitava Greccio, Rieti. Dunque, anche
squarci delle corti, degli araldi, dei cortigiani, tutti coloro che effettivamente
c’erano quella notte a Greccio. Greccio
è gemellata tutt’oggi con Betlemme, Greccio che nelle sue grotte naturali molto richiama le
grotte naturali di Betlemme.
(musica)
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26 dicembre 2005
UCCISO
A NAIROBI, IN KENYA, NELLA NOTTE DI DI
NATALE, UN SACERDOTE SALESIANO. ANCORA SCONOSCIUTI I PARTICOLARI E IL MOVENTE
DEL DELITTO
NAIROBI.
= E’ stato ucciso a Nairobi, in Kenya, padre Philip Valayam, 46 anni, sacerdote salesiano docente al Tangaza College della Catholic
University of Eastern Africa (CUEA). Non sono noti,
per ora, né i particolari né i motivi dell’omicidio. E’ stato raggiunto da
colpi d’arma da fuoco nella notte di Natale, poco dopo aver officiato
“NELL’AGONE
DELLA SOCIETÀ CIVILE”, IL COMPITO DEI CRISTIANI È PORTARE
“UNO
STILE DI VITA SOBRIO, GIUSTO E POSITIVAMENTE TIMORATO
DI DIO”:
È
QUANTO HA AFFERMATO IL PATRIARCA DI VENEZIA, CARDINALE ANGELO SCOLA,
CELEBRANDO
VENEZIA. = “Le radicali trasformazioni in atto nella sfera
affettiva, non meno che in quella culturale, sociale, politica ed economica, ci
impongono di assumere ogni giorno uno stile di vita sobrio, giusto e
positivamente timorato di Dio”: è uno dei passaggi dell’omelia pronunciata dal
patriarca di Venezia, cardinale Angelo Scola, in occasione della Messa del
Natale. “I cristiani – ha spiegato – desiderano portare questo stile natalizio
nell’agone della società civile, laica, libera e plurale, ma
tesa alla vita buona”. Rilevando come la luce dei presepi e quella delle mille
luminarie delle città rimandino in questo periodo alla “luce” della nascita del
Bambino Gesù, il cardinale Scola ha detto di credere che, “anche per i più
scettici e distratti tra noi”, la sosta del Natale non abbia ancora perso,
“dopo duemila anni, la capacità di stupire”. E il patriarca di Venezia ha
proseguito: “Questa nascita è apportatrice di salvezza, è una liberazione dal
male, mio, tuo, nostro, che nella libertà consente la piena riuscita dell’io e
della comunità cui appartiene”. “Il Natale di Gesù Cristo – ha aggiunto il porporato – viene
così incontro alla nostra domanda di felicità e libertà, al nostro desiderio di
amare e di essere definitivamente amati, alla nostra supplica di eternità”. Nel
Bambino Gesù - ha spiegato ancora il cardinale - “Dio stesso si coinvolge con
noi, si fa nostro interlocutore, nostro partner per sempre”. “Ad una condizione”,
ha ammonito il porporato: “Che anche noi ci coinvolgiamo con Lui”, imparando, come
ha ripetuto San Paolo nella Seconda Lettura, “a rinnegare l’empietà e i
desideri mondani e a vivere con sobrietà, giustizia e pietà in questo mondo”.
(R.M.)
“OGGI
NESSUNO DOVREBBE STARE DA SOLO”: COSÌ, L’ARCIVESCOVO DI MILANO,
CARDINALE
DIONIGI TETTAMANZI,
CELEBRANDO
MILANO. = “Oggi è il giorno in cui nessuno
dovrebbe stare da solo”: ha esordito così l’arcivescovo di Milano, cardinale
Dionigi Tettamanzi, nell’omelia della Messa di
Natale, celebrata nel Duomo della città. “Questo – ha spiegato il porporato –
ci dice la nostra stessa esperienza umana: il Natale è sentito da tutti, e
giustamente, come un giorno contrario ad ogni forma negativa di solitudine.
Sono le stesse tradizioni familiari e sociali che ci portano a riunirci nelle
case, per il pranzo o la cena, magari con l’invito rivolto ai parenti rimasti
soli”. “Ognuno di noi – ha aggiunto – guardando dentro di sé e attorno a sé nel
mondo in cui vive, è costretto a riconoscere che continui e pesanti sono i
momenti di buio nel cammino dell’esistenza. E al buio, anche se ci troviamo in
tanti, diventiamo soli”. “La storia, però – ha sottolineato poi il cardinale Tettamanzi – non è destinata a crollare nel buio della
solitudine e della morte. E’ aperta alla speranza, è candidata alla luce della
comunione, della vita, della gioia”. Quindi, occorre tenere sempre presente “il
lieto messaggio, la meravigliosa e consolante verità che ci vengono
comunicati dal Testo Sacro e che siamo invitati ad accogliere con fede
rinnovata: l’uomo può essere salvato dal buio della solitudine e a salvarlo è
la nascita di un bambino, di questo bambino che è il Cristo Signore”. (R.M.)
GRANDE
PARTECIPAZIONE, A PECHINO, ALLA MESSA DI NATALE CELEBRATA
NELLA
NUOVA CHIESA DI CHAOYANG,
LA
PRIMA CONSACRATA NELLA CAPITALE CINESE DAL 1949
PECHINO. = In Cina, più di 2 mila persone hanno
partecipato alla messa di Natale nella nuova chiesa di Chaoyang,
la prima consacrata a Pechino dopo la presa di potere del Partito comunista nel
1949. Lo hanno reso noto i media cinesi. Altre tre
chiese sono attualmente in costruzione nella capitale, nei quartieri di Fengtai, Haidian e Yanqing. Secondo le statistiche ufficiali, a Pechino vi
sarebbero 50 mila fedeli e 80 sacerdoti. La celebrazione delle funzioni
religiose è autorizzata solo nelle chiese riconosciute dallo Stato. (R.M.)
MANIFESTAZIONE
SILENZIOSA, IERI A L’AVANA, DELLE “DONNE IN BIANCO”,
MADRI
E MOGLI DEI PRIGIONIERI POLITICI DI CUBA
L’AVANA. = L’organizzazione delle “Donne in bianco”, che
raggruppa madri, mogli e parenti dei detenuti politici di Cuba, ha approfittato
della domenica di Natale per manifestare e chiedere la liberazione dei
prigionieri. Vestite di bianco, un ampio numero di donne dell’organizzazione,
che ha ricevuto il Premio Sakharov del Parlamento
Europeo nel 2005, ha marciato in silenzio per le strade de L’Avana dopo aver
assistito, come ogni domenica, ad una Messa nella chiesa di Santa Rita de Miramar. “Marciamo in questo giorno di Natale per la
libertà dei nostri detenuti e perchè il popolo di Cuba possa avere un futuro
migliore”, ha spiegato Laura Pollan, moglie di Hector Maseda, condannato a 20
anni di reclusione. “Per noi questo è un giorno triste – ha aggiunto – perché
Natale è la festa della famiglia e, senza i nostri uomini, la famiglia non è al
completo e non possiamo essere completamente felici”. (R.M.)
OLTRE 65 MILA POVERI IN 50 PAESI HANNO PARTECIPATO
AL TRADIZIONALE PRANZO
DI
NATALE ORGANIZZATO DALLA COMUNITA’ DI SANT’EGIDIO
ROMA. = Si è ripetuto anche quest'anno, per la 24.ma volta, il tradizionale pranzo di Natale con i poveri organizzato dalla Comunità di Sant’Egidio.
Un’occasione che in oltre 50 Paesi ha coinvolto circa 65 mila persone, 25 mila
delle quali in Italia. Solo a Roma sono stati 9 mila gli ospiti, distribuiti in
35 luoghi diversi: nelle chiese, nelle
case, ma anche negli istituti per anziani, per bambini, per handicappati, nelle
carceri, negli ospedali e perfino nelle strade. Perché il senso è proprio
portare la festa anche negli angoli più bui, più freddi, più sperduti e
dimenticati. Presenti al pranzo, presso la basilica di Santa Maria in Trastevere,
il sindaco di Roma, Walter Veltroni, il cardinale Ignace Moussa I Daoud, prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali
e il cardinale Roger Etchegaray, presidente emerito
dei Pontifici Consigli Giustizia e Pace e “Cor Unum”. Dopo aver mangiato, i
poveri di Roma hanno ricevuto regali personalizzati. “Avere il proprio nome sul
regalo – ha spiegato uno dei volontari della Comunità – fa uscire queste
persone dall’anonimato. In questo c’è il senso dell’essere una famiglia”.
(R.M.)
KASHMIR:
I TRE MILIONI DI SFOLLATI DI FRONTE A UN DIFFICILE INVERNO
MUZAFFARABAD.
= Il freddo è il nemico numero uno per i sopravvissuti del terremoto che lo
scorso 8 ottobre ha colpito il Kashmir, regione contesa tra India e Pakistan.
Nella notte le temperature scendono sotto lo zero nei villaggi di montagna dove
sono rimasti molti sfollati. E le coperte distribuite dall’ONU non sono
sufficienti a garantire a tutti un sonno tranquillo. A
due mesi e mezzo dal sisma, che ha fatto 75 mila vittime, la situazione rimane
drammatica nelle zone colpite. Sono circa tre milioni gli sfollati e,
nonostante gli sforzi, le organizzazioni umanitarie non riescono a raggiungere
tutti. Il 10 per cento degli sfollati, secondo l’ONU, vive in villaggi di
montagna difficilmente raggiungibili, mentre in molte zone aumenta il rischio
di diffusione di epidemie, dato il peggioramento delle condizioni igienico-sanitarie. Per far fronte alle difficoltà, l’Alto
Commissariato dell’Onu per i Rifugiati (UNHCR) ha
appena lanciato un programma che prevede la distribuzione di materiale
d’emergenza. “Per ogni persona – ha annunciato sabato Ron
Redmond, portavoce dell’UNHCR – saranno distribuite
250 mila coperte e 70 mila teli”. Ma oltre al freddo, è anche il pericolo di
incendi che allarma le organizzazioni umanitarie. “Nei campi ci si riscalda con
ogni cosa – ha raccontato Redmond – e non sempre si
fa un uso attento del fuoco”. (A.C.)
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26
dicembre 2005
- A cura di Andrea Cocco e Antonella Ratti
-
Sono almeno sedici le persone rimaste uccise in Iraq a
seguito di una serie di attacchi condotti da gruppi armati iracheni. A Buhriz,
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Appare definitivamente rotta la fragile tregua che aveva accompagnato le operazioni di voto di metà dicembre.
Attacchi armati e attentati sono tornati a scuotere Baghdad e
il triangolo sunnita
facendo carta straccia dell’accordo implicito siglato alla vigilia del voto dai
principali gruppi iracheni. Questa mattina sono state quattro le esplosioni
nella capitale irachena, ma il bilancio più grave è quello degli attacchi
condotti nel nord del Paese. Dietro il riemergere della tensione, la netta
affermazione al termine delle elezioni dell’Alleanza per l’Iraq Unito, coalizione
che raggruppa le principali formazioni religiose sciite. A contestare i risultati,
non ancora resi ufficiali, i sunniti e gli sciiti laici, che continuano
a denunciare pesanti brogli e irregolarità. Ieri alcune manifestazioni di protesta
si sono svolte a Falluja e Baquba,
mentre una dimostrazione a sostegno degli sciiti radicali ha visto la
partecipazione di circa 1000 persone in un sobborgo di Baghdad. “Non si farà
nessun governo senza la partecipazione dei sunniti”, ha dichiarato il presidente
iracheno Jalal Talabani, nel tentativo di riportare la calma nel Paese.
Ma la strada per la formazione di un governo che rispecchi il risultato
elettorale appare tutta in salita. Sono almeno 1500 le denunce di irregolarità
che dovranno essere esaminate prima dell’annuncio definitivo dei risultati,
previsto per gennaio. 35 i casi in cui la decisione della commissione elettorale
potrebbe avere conseguenze determinanti sul risultato.
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Sospesa in Libia la condanna a morte per i cinque
infermieri bulgari giudicati colpevoli nel 2004 di aver trasmesso il virus
dell’HIV a oltre 400 bambini. Ieri il Tribunale supremo libico, dopo aver
riscontrato violazioni nelle procedure giudiziali, ha ordinato un nuovo
processo. “Siamo fieri del nostro sistema di giustizia”, ha dichiarato l’avvocato
libico degli infermieri. I cinque bulgari sono rinchiusi in un carcere libico
da sette anni insieme a un infermiere palestinese accusato dello stesso reato.
L’Unione Europea e gli Stati Uniti hanno più volte esercitato pressioni su
Tripoli per la liberazione dei sei giudicando fantasiose le accuse e individuando
nelle cattive condizioni igieniche degli ospedali la vera causa della diffusione
dell’AIDS.
Una fascia di sicurezza interdetta alla
popolazione palestinese sarà creata nel nord della Striscia di Gaza per
contrastare il lancio di razzi Qassam contro Israele.
Ad annunciarlo è stato ieri il primo ministro israeliano, Ariel Sharon.
L’obiettivo è di impedire che gruppi armati si avvicinino al confine con il
territorio israeliano e attacchino città come Ashkelon,
dove si trovano impianti di importanza strategica. A tre mesi dal ritiro delle
truppe israeliane dalla striscia di Gaza, sono circa 300 i missili Qassam caduti nello Stato di Israele.
Si moltiplicano gli sforzi internazionali per il ritorno
alla calma tra Sudan e Ciad, sull’orlo di un conflitto a seguito delle accuse
rivolte al governo di Karthoum dal Ciad. L’organizzazione della Conferenza
islamica ha richiamato ieri i due governi alla calma esortandoli a trovare una
soluzione pacifica e dando il beneplacito alla missione diplomatica dell’Unione
africana. Ma, secondo quanto riportato dall’emittente francese RFI, la tensione
non accenna a diminuire tra le due capitali. Il presidente Idriss
Derby accusa il suo omologo sudanese di sostenere la resistenza ciadiana, che venerdì scorso ha sferrato un duro attacco
nell’Est del Paese, mentre Kartoum continua a negare
qualsiasi implicazione.
In Cina, è di almeno 26 morti e 11 feriti il bilancio di
un incendio divampato questa notte in un bar della città di Zhongshan,
nella provincia meridionale del Guangdong. Lo ha reso
noto l'agenzia ufficiale “Nuova Cina”. La tragedia, di cui non si conoscono ancora
le cause, è avvenuta verso le 23:00 ora locale, mentre
nel luogo era presente un centinaio di persone. Gli incendi si verificano di frequente
nei locali pubblici cinesi. Nella stessa provincia del Guangdong,
lo scorso giugno 31 persone hanno perso la vita nel rogo scoppiato in un
albergo.
Nella Repubblica democratica del Congo
(ex Zaire), un casco blu indiano è stato ucciso ieri
nel corso di un attacco sferrato dai ribelli ugandesi
delle Forze democratiche alleate (ADF). Altri quattro operatori della MONUC, la
missione ONU presente nel Paese dal 1999, sono rimasti feriti. L’incursione è
avvenuta in un villaggio situato a circa 200 km a nord di Goma,
capoluogo del Nord Kivu. Qui, da ieri, 3.500 militari
dell’esercito nazionale, appoggiati da 600 caschi blu indiani, sono impegnati
in un'operazione mirante a cacciare dal Congo le forze
ugandesi. Secondo un primo quadro fornito dalla forza
di pace delle Nazioni Unite, gli scontri degli ultimi giorni avrebbero causato
la morte di circa 40 persone, 35 delle quali tra i ribelli.
Arrestato in Turchia il nipote di Abdullah
Ocalan, ex leader del Partito dei lavoratori curdi (PKK) rinchiuso da sei anni in un carcere di massima
sicurezza nell’isola di Imrali. Identificato solo con
il nome di Mehmet, l’uomo è finito in manette la sera di Natale a Adana nel
Sud della Turchia, con l’accusa di aver intrapreso un’opera di reclutamento per
la ricostituzione del disciolto PKK.
La Cina ha annunciato la messa a punto di
un nuovo vaccino per contrastare la diffusione della febbre aviaria. La notizia
giunge dall’equipe dell’istituto veterinario di Habrin,
nel nord del Paese, secondo cui il vaccino è in grado di bloccare nei volatili
la diffusione del virus. Il governo di Pechino, che lo scorso mese aveva
annunciato la sua intenzione di vaccinare 14 miliardi di capi di allevamento presenti
sul suo territorio, ha dato il via libera alla
produzione in massa del medicinale.
Nuovi sbarchi di immigrati in Sicilia. 179
persone, per lo più provenienti dall’Africa subsahariana,
sono riuscite a raggiungere questa mattina le coste del ragusano,
tra Pozzallo e Marina d’Agate. Poche ore dopo due
navi sono giunte a Lampedusa con a bordo circa 200
migranti. Intanto continuano le ricerche di una terza imbarcazione che secondo
la capitaneria di porto si troverebbe nei pressi delle coste siciliane.
L’uccisione di uno studente africano a San Pietroburgo
moltiplica gli allarmi sull’aumento della violenza a sfondo razzista in Russia.
Vittima dell’accanimento xenofobo è stato questa volta un camerunese, pugnalato
nella notte tra sabato e domenica. Alcune associazioni per i diritti civili si
sono appellate direttamente al presidente Vladimir Putin
per richiedere misure più efficaci contro i gruppi razzisti. Secondo l’Ufficio
per i diritti umani di Mosca, gli omicidi perpetrati da gruppi xenofobi si sono
triplicati tra il 2004 e il 2005.
Un soldato giordano della Missione di stabilizzazione
dell'ONU ad Haiti è stato ucciso ieri nella capitale Port-au-Prince. L’uomo, Yussef Mubarak, è stato raggiunto alla testa da colpi d’arma da
fuoco, mentre era di pattuglia in una delle più grandi e pericolose
bidonville della città, abitata da oltre 300.000 persone. Sale così a
sette il numero dei caschi blu uccisi nel Paese dal giugno 2004, da quando cioè la forza di peacekeeping
delle Nazioni Unite è presente per garantire stabilità e sicurezza, dopo
l’espulsione dell’ex presidente Aristide. Fra i circa 7.500 soldati e 2.000
poliziotti che compongono la missione ONU,
La giustizia francese si prepara ad emettere un mandato
d’arresto internazionale contro i due militari ivoriani sospettati di aver
compiuto lo scorso 6 novembre 2004 il bombardamento del campo francese di Bouaké, nella Costa d’Avorio centrale. Nell’attacco persero
la vita 10 persone, tra le quali 9 soldati. Stupore per la decisione è stato
espresso, tuttavia, dal procuratore militare della Costa d’Avorio, Ange Kassi, secondo il quale i due ufficiali avrebbero agito
dietro precise indicazioni. I veri responsabili, secondo l’esercito francese,
presente nel Paese dall’aprile 2004, sarebbero due personaggi vicini al
presidente Gbagbo.
Sale a quattro morti e 33
feriti, il bilancio delle vittime dell’incidente ferroviario avvenuto questa
mattina nel nord del Giappone. Alle 6 e 30 ore locali, un treno rapido diretto
a Niigata è deragliato, con a
bordo una trentina di passeggeri. Il deragliamento è avvenuto fra le stazioni
di Amarume e Sakata sulla ligna di Uetsu, 350 chilometri a
nord di Tokyo. Lo scorso aprile ad Amagasaki, nella
parte occidentale del Giappone, 107 persone sono morte e 550 sono rimaste
ferite nel peggior incidente ferroviario della storia del Paese dal 1963.
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