RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLIX n.
359 - Testo
della trasmissione di domenica 25 dicembre 2005
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
Natale all’insegna della
solidarietà e della condivisione nella comunità cattolica di Pechino
25 dicembre 2005
“SVEGLIATI
UOMO DEL TERZO MILLENNIO!”:
L’INVOCAZIONE
DI BENEDETTO XVI NEL MESSAGGIO NATALIZIO URBI
ET ORBI.
LA
LUCE DELLA RAGIONE NON BASTA AD ILLUMINARE L’UMANITA’,
NEANCHE
NELL’ERA TECNOLOGICA.
IL
PAPA CHIEDE DI AFFIDARSI AL BAMBINO DI BETLEMME PER COSTRUIRE
UN
NUOVO ORDINE MONDIALE FONDATO SU GIUSTI RAPPORTI ETICI ED ECONOMICI
“Non esiti l’umanità a fare entrare il Figlio di Dio nelle
proprie case, nelle città, nelle nazioni e in ogni angolo della Terra!”: è
l’appello di Benedetto XVI nel Messaggio di questo Natale 2005, pronunciato stamane prima della Benedizione Urbi et Orbi, impartita dalla loggia centrale
della Basilica vaticana, in una piazza San Pietro,
affollatissima, sotto una pioggerellina che non ha spento l’entusiasmo dei
circa 40 mila fedeli. Messaggio natalizio
trasmesso in collegamento mondovisione: 111 le Tv collegate di una settantina
di Paesi di tutti i continenti. “La luce della ragione non basta a illuminare
l’uomo e il mondo”, ha detto il Papa, invocando la pace laddove impera la
guerra e la discordia, in Terra Santa, Iraq, Libano, Sudan e in tanti altri
luoghi. Il servizio è di Roberta Gisotti.
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“Svegliati, uomo del
terzo millennio!”
L’invito di Benedetto XVI, in questo primo Santo Natale
del suo pontificato, nel Messaggio al mondo intero, “nel giorno solenne”, nel
quale il Figlio di Dio “ha posto la sua dimora fra noi”.
“Non esiti l’odierna
umanità a farlo entrare nelle proprie case, nelle città, nelle nazioni e in
ogni angolo della terra!”.
E’ vero – ha osservato il Papa – che, negli ultimi secoli
soprattutto, “tanti sono stati i progressi” “in campo tecnico e scientifico” e “vaste sono
le risorse materiali” di cui oggi disponiamo. Ma attenzione:
“L’uomo dell’era
tecnologica rischia però di essere vittima degli
stessi successi della sua
intelligenza e dei risultati delle sue capacità operative, se va incontro ad
un’atrofia spirituale, ad un vuoto del cuore”.
E “per questo è importante” che l’uomo “apra” la “mente” e
il “cuore” “al Natale di Cristo”, “evento di salvezza” che imprime “rinnovata
speranza” alla vita di ciascuno: “ l’Onnipotente si fa bambino e chiede aiuto e
protezione”.
“Il suo modo di
essere Dio mette in crisi il nostro modo di essere uomini; il suo bussare alle
nostre porte ci interpella, interpella la nostra libertà e ci chiede di rivedere
il nostro rapporto con la vita e il nostro modo di concepirla”.
E se “l’età moderna è spesso presentata come risveglio dal
sonno della ragione, come il venire alla luce dell’umanità che emergerebbe da
un periodo buio”, Benedetto XVI ha ammonito:
“Senza Cristo, però,
la luce della ragione non basta a illuminare l’uomo e il mondo.”
E’ dunque “nel mistero del Verbo incarnato” che “trova
vera luce il mistero dell’uomo”, un “messaggio di speranza”, che “
“Uomo moderno,
adulto eppure talora debole nel pensiero e nella volontà, lasciati prender per
mano dal Bambino di Betlemme; non temere, fidati di Lui! La forza vivificante
della sua luce ti incoraggia ad impegnarti nell’edificazione di un nuovo ordine
mondiale, fondato su giusti rapporti etici ed economici. Il suo amore guidi i
popoli e ne rischiari la comune coscienza di essere ‘famiglia’ chiamata a
costruire rapporti di fiducia e di vicendevole sostegno. L’umanità unita potrà
affrontare i tanti e preoccupanti problemi del momento presente: dalla minaccia
terroristica alle condizioni di umiliante povertà in cui vivono milioni di
esseri umani, dalla proliferazione delle armi alle pandemie e al degrado
ambientale che pone a rischio il futuro del pianeta”.
Il pensiero del Papa è andato poi negli angoli del mondo
dove c’è guerra, discordia, sofferenza, per invocare da Dio sostegno per quanti
operano per la pace e lo sviluppo in Africa, “opponendosi alle lotte
fratricide”, per consolidare “transizioni politiche ancora fragili”, in aiuto di
quanti versano “in tragiche situazioni”, in particolare nel Darfur
e in altre regione centrali del Continente; poi si è rivolto ai popoli
latinoamericani perché siano indotti a vivere nella concordia; quindi ha
invocato “coraggio” per gli uomini di buona volontà in Terra Santa, in Iraq, in
Libano, dove non mancano “segni di speranza”, che attendono di conferma “da
comportamenti ispirati a lealtà e saggezza”; ha auspicato che nella Penisola coreana
e altrove nei Paesi asiatici siano “superate pericolose divergenze” e “si
giunga a coerenti conclusioni di pace, tanto attese da quelle popolazioni”.
Infine Benedetto XVI ci ha ricondotti tutti a contemplare
“la gloria divina nascosta nella povertà di un Bambino avvolto in fasce e
deposto in una mangiatoia”:
“E’ il Creatore
dell’universo, ridotto all’impotenza di un neonato! Accettare questo paradosso,
il paradosso del Natale, è scoprire
Dopo il Messaggio natalizio, Benedetto XVI - come è
tradizione - ha rivolto gli auguri nelle varie lingue:
quest’anno 33, meno del consueto – erano state 62 lo scorso Natale –
perché il Papa le alternerà nelle grandi festività. Il primo saluto è andato ai
Romani e all’intera Nazione italiana, augurando che “il popolo italiano possa
mantenere sempre viva la memoria di questo evento che ha fecondato la
tradizione cristiana, l’arte, la storia e l’intera cultura dell’Italia”. A
chiudere, gli auguri in latino:
“Expergiscere,
homo: qui pro te Deus facuts est homo!”
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DOVE
C’E
COSI’
IL PAPA NELLA MESSA DI NATALE, PRESIEDUTA A MEZZANOTTE
NELLA
BASILICA VATICANA GREMITA DI FEDELI PER L’OCCASIONE
“Diventiamo operatori di pace e contribuiamo così alla
pace nel mondo”: è il vibrante appello lanciato da papa Benedetto XVI,
presiedendo la scorsa notte
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Una notte serena, nel cielo di
Roma, per la prima Messa di Natale celebrata da Papa Benedetto XVI. Raccoglimento e
commozione hanno accompagnato la solennità del rito, allietato, come ogni anno,
dall’omaggio floreale a Gesù Bambino da parte di 12 piccoli provenienti da
quattro continenti. Tre, i momenti-chiave dell’omelia
del Santo Padre, che si è aperta con le parole del Salmo secondo: “Il Signore
mi ha detto: Tu sei mio figlio, io oggi ti ho generato”. “Nella notte di Betlemme – ha commentato il
Pontefice – queste parole”, che appartenevano al rituale dell’incoronazione del
re di Giuda “e che erano di fatto più l’espressione di
una speranza che una realtà presente, hanno assunto un senso nuovo e inaspettato”:
“Il Bimbo nel
Presepe è davvero il Figlio di Dio. Dio non è solitudine perenne, ma un circolo
d’amore nel reciproco darsi e ridonarsi, Egli è Padre, Figlio e Spirito Santo”.
E c’è
di più: “In Gesù Cristo, il Figlio di Dio, Dio stesso si è fatto uomo”,
facendosi conoscere e riconoscere “come Bimbo nel presepe”:
“Dio è così grande
che può farsi piccolo. Dio è così potente che può farsi inerme e venirci
incontro come bimbo indifeso, affinché noi possiamo amarlo. Dio è così buono da
rinunciare al suo splendore divino e discendere nella stalla, affinché noi
possiamo trovarlo e perché così la sua bontà tocchi anche noi, si comunichi a
noi e continui ad operare per nostro tramite. Questo è Natale: ‘Tu sei mio figlio, io oggi ti ho generato’.
Dio è diventato uno di noi, affinché noi potessimo essere con Lui, diventare
simili a Lui. Ha scelto come suo segno il Bimbo nel Presepe: Egli è così. In
questo modo impariamo a conoscerlo. E su ogni bambino rifulge qualcosa del
raggio di quell'oggi, della vicinanza di Dio che
dobbiamo amare ed alla quale dobbiamo sottometterci – su ogni bambino, anche su
quello non ancora nato”.
Benedetto XVI ha svelato
allora la seconda parola-chiave che pervade la liturgia della Notte Santa: la
luce, segno di “conoscenza” e “verità”, e dunque di “calore” e “carità”. Una
luce, quella di Betlemme, che “non si è mai più spenta” e che nei secoli ha
continuato ad “avvolgere” nel suo splendore uomini e donne, da San Paolo a
Madre Teresa di Calcutta. Il Papa ha rivolto allora una preghiera speciale
perché “sgorghi la luce là dove dominano le tenebre”, con un particolare riferimento
alla pace in Terra Santa, “quell’angolo di terra dove
è nato Gesù”. Ed è proprio la pace il terzo concetto-guida del Natale. Una pace
svelata e annunciata per prima ai pastori, “anime semplici” e “vigilanti”,
perché “disponibili per
“È questo che a Dio
interessa. Dio ama tutti perché tutti sono creature sue. Ma alcune persone
hanno chiuso la loro anima; il suo amore non trova presso di loro nessun accesso.
Essi credono di non aver bisogno di Dio; non lo vogliono. Altri che forse moralmente
sono ugualmente miseri e peccatori, almeno soffrono di questo. Essi attendono
Dio. Sanno di aver bisogno della sua bontà, anche se non ne hanno un’idea
precisa. Nel loro animo aperto all’attesa la luce di Dio può entrare, e con essa la sua pace. Dio cerca persone che portino
e comunichino la sua pace. Chiediamogli di far sì che non trovi chiuso il nostro
cuore”.
“Diventiamo operatori di pace e contribuiamo così alla
pace nel mondo”, ha aggiunto con forza il Papa, concludendo la sua omelia con
una vibrante invocazione: “Signore, compi la tua promessa! Fa’ che là dove c'è
discordia nasca la pace! Fa’ che emerga
l’amore là dove regna l’odio! Fa’ che sorga la luce là
dove dominano le tenebre! Facci diventare portatori della tua pace!
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INAUGURATO
CON
UNA TRADIZIONE INIZIATA OLTRE 20 ANNI FA DA
GIOVANNI PAOLO II
Con l’accensione del lume della Pace e la benedizione dei presenti impartita dal Papa, si è inaugurato - ieri
pomeriggio in piazza San Pietro - il Presepio ai piedi dell’obelisco vaticano.
Una tradizione iniziata nel 1982 con Giovanni Paolo II che volle, nella Piazza,
riunire l’albero e
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“Solo chi ha cuore e occhi di bambino, è capace di
stupirsi sempre di ciò che ascolta questa notte. Lo stupore è la porta per
entrare nell’adorazione e nella gioia del Natale”: sono le parole del cardinale
Edmund Szoka, pronunciate
nel corso della veglia di preghiera per la Pace e per la vita. Un’occasione per
riflettere sulla venuta del bambino, accolto in una stalla, “lo spettacolo più
concentrato di bellezza, di impotenza e di povertà – ha detto il cardinale –
che l’umanità abbia mai immaginato” …
“E che cosa è più debole di un bambino? Per questo, Egli
ha scelto di darci questo segno: un bambino in una mangiatoia. Solo Dio poteva
pensare ad un rovesciamento così totale della logica umana!”.
Una veglia nella quale si è ricordato il messaggio del
Papa per la Giornata Mondiale del 1° gennaio 2006: “Nella verità la Pace”.
Proprio alla verità e alla pace si è appellato il porporato, per invitare ad
accogliere Gesù Bambino, principe della Pace stessa …
“Invito tutti, soprattutto coloro che hanno il cuore
indurito o che si fanno strumento di terrore per gli altri, ad ascoltare
l’appello del Successore di Pietro, che grida: ‘Nella
verità, la pace!’”.
Dal suo studio, il Papa ha poi acceso la luce della Pace
ed ha benedetto i fedeli
raccolti intorno al bambino, fonte di speranza per tutti.
(canto)
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25 dicembre 2005
Un Natale particolare a Betlemme, dove, per la prima volta dopo cinque
anni di Intifada, sono arrivati migliaia di
pellegrini provenienti da Gerusalemme e che hanno dovuto attraversare il muro
di separazione tra i due territori. Tra loro anche il patriarca latino di Gerusalemme,
Michel Sabbah, e il
presidente palestinese Abu Mazen.
Allentati comunque i controlli per i fedeli cristiani di Israele e Palestina,
anche se rimane il blocco dei territori a causa dei lanci di missili di
guerriglieri palestinesi da Gaza sul confinante Israele. Il servizio di
Graziano Motta.
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Ricordato
il significato del Natale e il mistero del Verbo di Dio fatto Uomo, il Patriarca
Sabbah volge dapprima il pensiero alla Chiesa di
Gerusalemme, 40 anni dopo il Concilio Vaticano II, rivolgendole un messaggio di
vita nuova, spirituale e religiosa, un messaggio di dialogo con l’Islam – e
dinanzi a lui, tra le autorità palestinesi convenute in chiesa, vicino al
presidente Abu Mazen, c’è
un alto dignitario musulmano – di dialogo con il Giudaismo, oggi festante per
l’inizio della grande festa di Anukah; “di dialogo
con tutte le nostre società”, precisa. Quindi, l’incitamento alle Chiese
cristiane della Città Santa di proseguire gli sforzi per l’unità e per un
cammino comune, e alle Chiese cattoliche di continuare il rinnovamento avviato
in occasione del Sinodo del Grande Giubileo.
“In una terra di conflitto come la nostra – prosegue – il
messaggio di Natale è di pace per tutti, nonostante – sottolinea – tutte le
differenze nazionali e religiose, insistendo nel ricordare che ogni uomo è
prezioso agli occhi di Dio e perché il sangue di ogni creatura, ancora versato
nei due campi, grida vendetta!”. Da qui, l’esortazione a tutti i presenti di
rivedere le loro posizioni per restare fedeli ai valori umani fondamentali; ai
responsabili dei governi, di non sacrificare la persona umana, la sua vita o la
sua dignità in nome di esigenze di sicurezza.
Con Natale, in questa notte santa – afferma ancora il
patriarca – prestiamo attenzione alla volontà israeliana che ricerca la
sicurezza con diverse azioni militari, alla volontà palestinese che invoca la
fine dell’occupazione e piena libertà; all’appello perché cessi ogni sorta di
violenza e di vendetta, fa seguire l’incitamento a cogliere quello che definisce
un momento di grazia, rappresentato dalla prospettiva – sia pure esile– di percorrere le vie della pace, fondata sulla
giustizia, l’eguaglianza tra i due popoli in dignità, diritti e doveri.
Per la Radio Vaticana, Graziano Motta.
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Una
Messa di Natale particolarmente sentita quella vissuta ieri dal contingente
militare italiano di Nassiriya. Tantissimi i soldati che hanno affollato il
capannone adibito a cappella e che hanno ascoltato le parole dell’Ordinario
militare per l’Italia, mons. Angelo Bagnasco. Tra i
presenti, anche il presidente del Senato Marcello Pera. Il servizio di Isabella
Piro:
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“La
Chiesa stima voi militari per la vostra opera e vi vuole bene”: così l’Ordinario
militare per l’Italia, Mons. Angelo Bagnasco, si è rivolto ieri ai soldati di stanza a
Nassiriya, durante l’omelia per la Messa di mezzanotte. Mons.
Bagnasco ha poi lodato la generosità, l’umiltà e
l’umanità dei soldati, invitandoli a seguire l’esempio di Dio, che “affronta le
forze del male con la forza dell’amore”. Gli ha fatto eco il presidente del
Senato italiano, Marcello Pera, anche lui presente in Iraq: “Sono qui per
testimoniarvi la mia riconoscenza, insieme a quella di
tutto il popolo italiano che vi è vicino nella missione che state compiendo”. E
dopo il ricordo delle vittime dell’attentato del 12 novembre 2003, Pera ha
fatto sua la visione del pacifismo espressa dall’allora cardinale Ratzinger: “Sul fatto che un pacifismo che assegna ad ogni
cosa lo stesso valore sia da rifiutare come non cristiano – sottolineava
l’allora prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede – siamo tutti
d’accordo: un modo di ‘essere per la pace’
così fondato in realtà significa anarchia. Ma sul campo intanto
continuano le violenze: stamattina tre soldati e un civile iracheni
sono morti a causa di un’autobomba esplosa a Baghdad. E due civili sono rimasti
uccisi a Kirkuk, durante un attentato contro un dirigente
del governo.
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La Chiesa festeggia la nascita di Gesù in ogni angolo
del mondo, vivendo la
concreta realtà locale fatta di diverse tradizioni e diverse attese. Ci porta
nei cinque continenti il servizio di Fausta Speranza:
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Partiamo dal continente europeo scegliendo l’Irlanda del Nord. Quale aspetto più forte della tradizione
sottolineare? Ci risponde padre Adam da Belfast:
R. – YES,
A VERY BIG TRADITION …
Sì, una
grande tradizione legata al sacramento della riconciliazione. In Irlanda cerchiamo
di promuovere la riconciliazione in un modo davvero particolare. Tutte le parrocchie
si riuniscono per cercare di unire le persone e riconciliarle. Questo avviene
in due modi, all’interno della Chiesa cattolica le parrocchie si uniscono, ma
anche i ministri delle altre Chiese pianificano incontri per pregare. E a febbraio tutti insieme in gruppo, leader religiosi e
fedeli, cercheremo di trovare altre vie per la riconciliazione. Quindi, a
Natale ci concentreremo per quanto possibile su questo aspetto. E questa è una
grande tradizione oggi a Belfast.
D. – Padre Adam ora lei vive in Ulster. Qual è la grande
speranza per il futuro? Voglio dire, è un buon periodo dopo tutte le violenze?
Forse non tutto è stato fatto bene, ma c’è grande speranza per il futuro. E’ vero?
R. – YES,
THERE IS A GREAT HOPE NOW …
Sì, c’è grande speranza oggi di andare avanti e dare fine
alla violenza, e quindi ricostruire la fiducia, la pace tra le diverse
tradizioni. Il fatto che apparteniamo a Cristo ed il battesimo che abbiamo in
comune ci impongono di continuare a seguire questa strada. Dobbiamo
continuare a farlo. E certo dopo decenni di violenze non è facile e
richiederà tempo. Ma credo che ci siano tante persone di buona volontà che
davvero vogliono farlo. Ora che andiamo verso il nuovo anno, spero tanto che
avremo tempi migliori in Irlanda del Nord, rispetto agli anni passati.
Dall’Africa
ci parla padre Tiziano, missionario in Zambia:
R. – Ci sarà la celebrazione nella foresta, nelle missioni
di foresta, e ci sarà la celebrazione nelle comunità di città. In foresta, in
genere, abbiamo un mese di preghiera in comune perché molti hanno scelto questo
tempo per ricevere la prima Comunione o per la Cresima con la partecipazione
anche di fedeli che forse si sono un po’ allontanati dalla nostra Chiesa e portati
ad altre Chiese.
D. – Padre Cristiano, se lei dovesse esprimere la
preghiera che secondo lei sta più nei cuori di tutti nella zona dove lei vive,
quale sarebbe?
R. – C’è la povertà, la disoccupazione, le malattie,
l’Aids, che sta causando grandi sofferenze nelle famiglie, nelle comunità. In
particolare a Natale ci rivolgiamo a Dio perché questo dolore, che rattrista
tutta la nostra comunità e le varie famiglie, trovi luce dal Padre, che ci
manda il Figlio. Oltre alla malattia abbiamo a cuore gli orfani che aumentano
di mese in mese. I doni per loro sono molto pochi: un libro, un quaderno,
oggetti per la scuola, qualcosa da vestire. Che il signore si renda presente
nella nostra vita di ogni giorno!
Nelle
Americhe, guardiamo al Brasile, da dove ascoltiamo padre Juan:
R. – Qui il Natale si vive in maniera molto diversa, ci
sono molte tradizioni che si mescolano e si confondono. Noi ci troviamo qui
nella grande città di San Paolo, metropoli di 18 milioni di abitanti, una città
che ha un ritmo frenetico. In questi giorni c’è molta luce, molta musica, un
clima di festa come in molte città europee. Ma ai margini c’è una fetta
importante di gente che non partecipa. Il Natale lo vede, lo sente e lo segue
da lontano. Basta entrare nelle periferie o nelle favelas per capirlo. Noi qui
ogni anno lo celebriamo con la nostra piccola comunità cristiana fatta di poco
più di un centinaio di persone, ma sempre unendoci ad un gruppo qui vicino che
sostiene un orfanotrofio di una cinquantina di bambini di periferia, che aiutiamo
tutto l ‘anno.
D. – In definitiva, padre, se
dovesse dirci una preghiera per questo Natale 2005, che sente nel cuore e che
vede anche nel cuore delle persone che le stanno accanto, cosa ci direbbe?
R. – Questo è un momento difficile in Brasile, ci sono
stati molti problemi, ci sono stati molti elementi che hanno portato la gente
ad avere degli atteggiamenti di delusione profonda. Alla fine di quest’anno
vogliamo dire che noi affermiamo che ci sono soluzioni per i problemi. Noi
crediamo che il Dio della vita è venuto con noi perché
noi non perdessimo la fiducia e la speranza. E’ questo quello che noi diciamo
alla nostra gente. Io credo che dobbiamo dirlo al mondo europeo che vive altre
realtà e situazioni, ma che ha bisogno dello stesso messaggio.
Padre Desouza ci accoglie in
India, che ha vissuto l’anno scorso il tragico tempo natalizio segnato dallo Tsunami:
R. – A mezzanotte c’è la Messa; e poi è sempre viva fra la
gente la tradizione del Presepe, mentre non lo è ancora molto quella
dell’Albero di Natale. Noi non abbiamo, come in Europa, l’uso di fare i regali.
Al massimo nelle famiglie si acquistano nuovi vestiti per i bambini. Questo è un auto-regalo per la famiglia.
D. – Padre De Souza, l’anno dopo
la tragedia dello Tsunami, la preghiera che la gente
ha quest’anno nel cuore per il Natale?
R. – La preghiera principale è che questo non accada mai
più. Poi c’è anche una Preghiera di solidarietà per i meno fortunati.
Solidarietà che la gente colpita dallo Tsunami ha
sperimentato attraverso la carità cristiana, tramite gli aiuti che sono giunti.
Arriviamo lontano, in Oceania, dove il Natale si festeggia
con il caldo dell’estate. Ma sentiamo
come può essere vicina l’esperienza di Elena Sala, con il marito e i figli in
missione a Perth:
R. – L’ambiente in cui viviamo è molto pagano. Il Natale
si sente solo a livello commerciale. E’ molto bello quest’anno perché abbiamo
potuto invitare i nostri vicini di casa che, praticamente, non hanno nessuna
idea del Natale. A parte l’aspetto artistico del presepe, abbiamo potuto
annunciare che Cristo è venuto come amore. Soprattutto per i nostri vicini di
casa, che hanno un po’ di problemi, penso che sia stato motivo di speranze aver
parlato loro del Natale spiegando che non è soltanto un correre per comprare, ma
anche aspettare qualcosa di più perché la gente qui non ha speranza. A parte il
“Dio denaro” non ha nessun altra speranza, che la possa salvare dalle difficoltà
della vita.
D. – Signora Elena, una preghiera per questo Natale 2005,
vivendolo, aspettando Cristo a Perth, in Australia?
R. – Che ci sia pace e riconciliazione nelle famiglie,
perché nell’ambiente in cui viviamo la famiglia è praticamente distrutta. Che le famiglia possano vivere riconciliate. Questa è la
speranza che se si realizzasse mi riempirebbe il cuore di gioia soprattutto in
vista del futuro, per i figli, per la società. Che questo Natale possa
veramente portare tanto amore nelle famiglie, perché Cristo si è incarnato in
una famiglia.
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Circa
400 persone hanno partecipato questa mattina a Roma alla marcia per l’amnistia,
la giustizia e la libertà. Partita da Castel Sant’Angelo e guidata da don
Antonio Mazzi, ha sostato davanti al carcere di Regina Coeli.
“Guai a noi se fossimo qui per illudere qualcuno – ha detto don Mazzi – siamo
qui perché si finisca di adoperare il carcere come strumento di tortura invece
che di rieducazione”.
Manifestazioni
analoghe si sono svolte in altre città italiane, tra cui Bari e Milano, dove
numerose persone si sono radunate davanti al carcere di San Vittore: l’amnistia
è “un gesto invocato da più parti - ha detto l’ex prefetto di Milano Bruno
Ferrante – Ricordo il messaggio che Giovanni Paolo II lanciò
quando andò in Parlamento. Da lì, dobbiamo partire per riaffermare con
forza l’importanza di un atto che stenda un velo di
serenità nel nostro Paese”. Sull’argomento, la Camera si
riunirà in seduta straordinaria il 27 dicembre, grazie a una raccolta di firme.
AN e Lega si sono già dichiarate contrarie all'iniziativa, mentre per un
provvedimento di amnistia e indulto è necessaria l’approvazione di due terzi
del Parlamento.
Notte
di Natale drammatica nello Sri Lanka,
dove un deputato tamil, Joseph
Pararajasingham è stato ucciso a colpi d’arma da
fuoco, durante la celebrazione della Santa Messa. L’omicidio è avvenuto nella
Chiesa di San Michele a Batticaloa, nello Sri Lanka orientale. Nella
sparatoria, sono rimaste ferite altre otto persone. Pararajasingham,
lo ricordiamo, era una figura chiave dell’Alleanza nazionale tamil ed era stato eletto nel 1990.
Celebrazioni
del Natale particolarmente toccanti in Thailandia, lungo la costa di Khao Lak, devastata dallo tsunami di un anno fa. In molte delle Chiese, sorte
praticamente dal nulla dopo la tragedia, oggi si prega per le oltre 5mila
vittime del maremoto. Tantissimi i volontari occidentali presenti, che hanno
contribuito alla ricostruzione del Paese.
IL
CRISTIANESIMO, TESSUTO CONNETTIVO DEL MEDIO EVO:
CON
NOI, LO STORICO MEDIEVALISTA, FRANCO CARDINI
Non fu un tempo oscuro, ma un’epoca di grande vitalità in ogni ambito della
vita sociale. Tuttavia, il Medioevo è ancora oggi percepito, nell’immaginario
collettivo, come una lunga notte nella storia dell’umanità. Uno degli storici,
che con più efficacia ha “smontato” questi pregiudizi è il prof. Franco
Cardini, medievalista dell’Università di Firenze. Con lui, Alessandro Gisotti
si è soffermato sulla nascita della rappresentazione caricaturale e ideologizzata del Medioevo e sulle differenze sostanziali
tra l’era medievale e la cosiddetta modernità:
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D. –
Professor Cardini, nel parlare comune il termine medioevo è sinonimo di
oscurantismo. Come nasce questa leggenda nera?
R. – La leggenda nera riguardo il
Medioevo, nasce, si può dire, con l’espressione stessa “medioevo”, termine
coniato dai primi umanisti per intendere qualche cosa che c’era stato tra il
grande periodo dell’antichità e il tempo in cui l’antichità era stata
riscoperta. Poi, la condanna del Medioevo come epoca cristiana, si perfeziona e
per così dire si impone soltanto nel ‘700
illuministico. Ma i presupposti c’erano già tutti nella critica di quei personaggi
che, come gli umanisti del ‘400 italiano, erano senza
dubbio essi stessi cristiani, convinti di esserlo, però già all’interno del
loro modo di esser cristiani, si stava preparando quello che poi sarebbe stato
il processo di laicizzazione, un aspetto del quale è
proprio la polemica contro il Cristianesimo vero e proprio.
D. – Il Medioevo, impariamo a scuola, abbraccia mille
anni. E’ possibile trovare un elemento che accomuna ed identifica questi 10
secoli?
R. – Direi che l’elemento che identifica questi 10 secoli,
è la grande tradizione romana, l’elemento culturale romano. Direi che
l’identità è garantita anche dall’uso generalizzato della lingua latina come
grande lingua di diritto e di cultura tradizionale latina-romana.
Il tutto però vivificato da una profonda impronta cristiana che non ha fatto
perdere nulla a questa tradizione romana ma che, nello stesso tempo, l’ha
profondamente riqualificata. Ci sono poi gli apporti di nuovi popoli – celti, germani, slavi – che entrano in contatto con il
mondo europeo e gli apportano, senza dubbio, degli elementi positivi di
arricchimento, come del resto faranno lo stesso ebraismo della diaspora e
l’Islam. In tutto questo vasto ed articolato mosaico di valori, c’è comunque un
tessuto connettivo nella viva presenza del Cristianesimo.
D. – Nel Medioevo, sotto l’influsso del cristianesimo, la
persona e i suoi diritti assumono nuova forza?
R. – Il concetto di persona è un concetto che nasce con la
cultura greca però, certo, la responsabilità che grava
sulla persona, la sua irripetibilità, la sua irradiazione sociale, la quantità
di doveri e di diritti che sono gli uni strettamente legati agli altri si
sviluppano nel mondo segnato dalla cultura cristiana latina senza dubbio in
correlazione con questa grande rivoluzione che è stato il diritto romano.
Bisogna anche tenere presente che questi diritti e queste prerogative sono
collegate anche ai doveri, alle responsabilità dell’uomo. Il Cristianesimo non
ha elaborato una piattaforma organica dei diritti dell’uomo unilateralmente
sciolti dai suoi doveri. Primi fra tutti, nei confronti del Creatore.
D. – Questo radicamento a Dio è l’elemento che più differenzia
il Medioevo cristiano dalla modernità?
R. – Nella misura in cui la modernità democratica ha
tentato di proporre la possibilità di costruire una società nella quale si
potesse vivere e pensare come se Dio non esistesse, in quello stesso momento i fondamenti
romani e cristiani su cui quella società si basava, sono immediatamente stati
compromessi. Questo è un po’ il peccato originale della modernità che noi non
possiamo, evidentemente, dimenticare nel momento stesso in cui è giusto dal
punto di vista cristiano, riconoscersi e riconoscere che i grandi valori che
la modernità ha portato avanti, sono impensabili senza il lievito cristiano.
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25 dicembre 2005
LA DIGNITÀ DELL’ESSERE UMANO AL CENTRO DEI
MESSAGGI PER IL NATALE
DEI VESCOVI COREANI, CHE
RICEVONO GLI AUGURI DAI LEADER BUDDISTI
SEUL. = La dignità dell’essere
umano è al centro dei diversi messaggi inviati per il Natale dai vescovi
coreani, nelle loro rispettive diocesi. Come riferisce l’agenzia di stampa vaticana,
Fides, mons. Augustine Cheong
Myong-jo, vescovo di Pusan
e presidente della Conferenza episcopale di Corea, ha sottolineato come la mangiatoia
sia “il luogo della pace, il luogo della vita, dove diverse forme di sofferenza
e di violenza finiscono e l’umanità può ricominciare una nuova vita in pace”.
Ricordando il Natale come “mistero di gioia, amore e pace”, il vescovo ha esortato
i fedeli a vivere questo mistero nella vita quotidiana. L’arcivescovo di Seul,
mons. Nicholas Cheong Jin-suk, ha incentrato, invece, il suo messaggio sul tema
della “cultura della vita”, che si oppone a una “cultura del
morte”, presente nella società. “Se gli scienziati si ostinano a voler
manipolare la vita umana nella loro ricerca e sperimentazione – ha sottolineato
– non potremo prevedere quale sarà il futuro dell’umanità”. Si legge inoltre nel
messaggio: “Dobbiamo difendere la vita umana come valore primario perché essa è
immagine di Dio. Difendere e rispettare la vita umana è la missione profetica
della Chiesa nel nostro tempo”. Anche mons. Boniface Choi Ki-san, vescovo di Incheon, ha invitato i fedeli a rispettare la dignità della
vita umana e a costruire una società in cui nessuno sia
escluso o emarginato, ma tutti possano trovare accoglienza e amore. Nei loro rispettivi
messaggi, mons. Paul Choi Duk-ki, vescovo di Suwon e mons.
Gabriel Chang Bong-hun,
vescovo di Cheongju, hanno sottolineato che il Natale
è il momento in cui Cristo viene come luce nella società, spesso inquinata da tenebre,
confusione, falsità, morte. I vescovi coreani hanno anche ricevuto un messaggio
di auguri per il Natale dai leader buddisti. Il testo inviato dal Venerabile Jigwan, dell’Ordine Jogye del
Buddismo Coreano, recita: “Da parte dei 20 milioni di buddisti in Corea, esprimo
i miei più calorosi auguri per la venuta di Gesù nel mondo. La nascita di Gesù
ci parla di amore e di pace. Seguendo gli insegnamenti di Gesù e di Buddha, possiamo far sì che la luce della misericordia e
della pace splendano sul mondo”. (R.M.)
“IL
NATALE CI AVVICINI AL PROSSIMO, SOPRATTUTTO AGLI ULTIMI E AI DIMENTICATI”:
È
L’INVOCAZIONE DEL PRESIDENTE DELLA CONFERENZA EPISCOPALE DELL’INDIA,
CARDINALE TELESPHORE PLACIDUS TOPPO, NEL
MESSAGGIO PER L’OCCASIONE
NEW DELHI. = “Natale è l’evento in
cui Dio si fa vicino all’umanità; ogni Natale è, per ogni uomo, un’occasione
per avvicinarsi al prossimo, soprattutto agli ultimi e ai dimenticati”: è
quanto ha affermato l’arcivescovo di Ranchi e
presidente della Conferenza episcopale dell’India, cardinale Telesphore Placidus Toppo, in un
messaggio in occasione del Natale, diffuso dall’agenzia di stampa vaticana,
Fides. “L’Incarnazione, che celebriamo a Natale – ha dichiarato il porporato,
durante un incontro presso la sede dell’Episcopato a New Delhi, alla presenza
di alcuni parlamentari cristiani – è la garanzia che Dio
tocca ogni essere umano con il suo amore e la sua misericordia”. Il
cardinale Toppo ha infine invitato i fedeli ad essere “uomini e donne di pace e
di amore”. “Un Natale che non ci avvicina ai poveri non potrà essere davvero
pieno di gioia”, ha aggiunto l’arcivescovo di Delhi, mons. Vincent
Michael Concessao.
Un’affermazione ripresa poi dal ministro per gli Affari Tribali, Kyndiah: “Natale ci offre l’opportunità per riconoscere
l’ingiusti-zia che oggi si compie in India ai danni dei tribali e di quanti
sono privati dei diritti fondamentali e della dignità”, ha sottolineato. I
vescovi e i leader politici cristiani hanno notato come il messaggio del Natale
diventi sempre più importante, in un tempo in cui l’umanità vive una crisi di
armonia sociale, politica e religiosa, che mina gli sforzi di assicurare unità
e pace in tutto il mondo. Di fronte a queste situazioni – hanno affermato i
presenti – i cristiani non possono esimersi dal promuovere una cultura della
convivenza e dell’armonia, a partire dalla situazione locale dell’India. (R.M.)
LA FAMIGLIA, I GIOVANI, IL BISOGNO DI SPERANZA: I
VESCOVI ITALIANI AUGURANO BUON NATALE OFFRENDO INTERESSANTI SPUNTI DI
RIFLESSIONE
ROMA. =
Il Natale per riscoprire la spiritualità, ma anche per avvicinarsi agli altri:
è questo il filo conduttore del pensiero dei vescovi italiani, come riportato e
sintetizzato dal sito internet, Korazym.
L’arcivescovo di Milano, cardinale Dionigi Tettamanzi,
ha riflettuto sul Natale come “vera e grande festa di luce”. “Il Signore –
scrive il porporato – faccia splendere su di noi, su ogni nostra famiglia e su
tutti i nostri Paesi e le nostre città la sua luce che rischiara, riscalda e
ridona speranza, perché, pur tra sofferenze, tristezze e difficoltà, a nessuno
non manchino mai la gioia e la pace di Gesù Salvatore”. Del resto, è proprio
Cristo il protagonista della festa e, aggiunge l’arcivescovo di Bologna, mons.
Carlo Caffarra, “il Natale non è l’occasione per
parlare di altro, ma di un fatto realmente accaduto in un determinato tempo:
Dio che si è disturbato a tal punto da venire nel mondo per prendersi cura
dell’uomo”. Sulla stessa linea, l’arcivescovo di Genova, cardinale Tarcisio Bertone, che nel suo messaggio natalizio ha spiegato come
“da quella notte di luce un seme di vita nuova sia stato posto nel cuore del
mondo”. “Natale ci riconsegna allo sguardo penetrante e pieno di bontà del Dio
fatto bambino – scrive il porporato – per ritrovare il coraggio di camminare a
testa alta nei sentieri del tempo e della storia e per intonare la sinfonia
della purezza e della grazia, della solidarietà e della pace”. Ecco così che,
come scrive il cardinale Severino Poletto, arcivescovo di Torino, il Natale
diventa “un’occasione per ripartire, col concorso sincero di tutti, a
ricostruire una vita animata dalla fede nella vicinanza d'amore che Dio ci
offre e, nello stesso tempo, per aprirci al dialogo, all'ascolto ed alla
ricerca sincera della verità e dell'autentico bene comune”. Un itinerario che
il cardinale invita a vivere all’insegna della “spiritualità”, della “serenità”
e soprattutto della “solidarietà”, una dimensione sottolineata anche da altri vescovi.
Nelle loro parole, anche un pensiero per la famiglia e per i giovani. Uno per
tutti, quello di mons. Eugenio Ravignani, vescovo di
Trieste, che ha invitato a “promuovere una cultura dell’accoglienza alla vita”,
partendo dalla “formazione di coloro che sono chiamati a creare una famiglia”.
A chi “riveste pubbliche responsabilità”, il presule chiede di ”continuare ad
offrire alle famiglie adeguata assistenza e strutture educative per i loro
bambini”, ma anche concrete misure economiche e finanziarie, volte a ridare
alle famiglie in difficoltà “la speranza di un futuro prospero e sereno”.
“LA NOSTRA
FESTA, CONDIVISA CON GLI ALTRI, È ANCORA PIÙ BELLA”:
NATALE ALL’INSEGNA DELLA SOLIDARIETÀ E DELLA
CONDIVISIONE
NELLA COMUNITÀ CATTOLICA DI PECHINO
PECHINO. = La
comunità cattolica di Pechino ha trasformato il Natale in un’occasione di
evangelizzazione: lo racconta, all’agenzia di stampa vaticana, Fides, un
sacerdote di Pechino: “I centri commerciali sono impazziti per le promozioni
natalizie e per la festa di Capodanno – afferma – vi sono luci per le strade,
alberghi addobbati, vetrine luccicanti, come in tante città del mondo.
Mancano però i presepi e Gesù Bambino – aggiunge – che troviamo solo nelle
chiese. Il nostro compito è portare la mangiatoia e Gesù bambino nella
società”. Celebrando l’Adorazione Eucaristica, la Novena di Natale, il Rosario
e l’Eucaristia, la comunità cattolica cinese ha approfittato dei giorni di
Avvento per trasmettere il senso autentico del Natale alle
gente attraverso incontri, feste di beneficenza e concerti. Il parroco
della parrocchia di San Giuseppe a Pechino afferma: “Natale ci ha rivelato
l’amore di Dio. Ma non basta solo ricever quest’amore. Dobbiamo anche trasmettere
l’amore di Dio agli altri. Prepariamoci al Natale per vivere un momento forte
della vita cristiana ed evitiamo il consumismo.” Fra
le iniziative che hanno coinvolto anche i non-cristiani, la “Christmas Charity Dinner”, cui hanno
partecipato leader di istituzioni governative e rappresentanti della comunità
civile, riuniti per raccoglier fondi destinati a opere caritative. Oltre 2 mila
euro sono stati raccolti e destinati a case di riposo per anziani, gestite da
enti cattolici. Diverse parrocchie, gruppi e associazioni hanno preso
l’iniziativa invitando i non-cristiani agli eventi organizzati. Molta gente
continua a partecipare alle diverse feste di beneficenza per raccogliere fondi
destinati a opere di carità: così il Natale diventa un’occasione per annunciare
il Vangelo a quanti non conoscono Gesù Cristo. (R.M.)
L’UNIVERSITÀ
CATTOLICA FU REN DI TAIPEI, A TAIWAN, PROMUOVE UN “MERCATINO
DI NATALE”, MOMENTO DI INCONTRO E SCAMBIO
CULTURALE
CON LA CULTURA TEDESCA
TAIPEI. = Promuovere il dialogo e
lo scambio culturale tra l’università di Taiwan e la cultura tedesca: con
questo scopo, l’Università Cattolica Fu Ren di Taipei ha organizzato uno speciale “Christmas Market” tedesco, anche in occasione delle celebrazioni per l’80.mo anniversario dalla fondazione dell’Università. Come si
legge nel settimanale cattolico, Christian Life Weekly, il mercatino natalizio è stato promosso
dall’Università, in collaborazione con la Facoltà di lingua tedesca e i
missionari Verbiti. La sala che ospita
il mercatino fu costruita dai missionari Verbiti nel
1960. Ancora oggi è gestita dalle Missionarie Serve dello Spirito Santo. Nel
mercatino, vi sono prodotti tipici natalizi tedeschi e della cultura germanica.
Inoltre, il ricavato delle vendite sarà destinato agli studenti svantaggiati.
(R.M.)
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