RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLIX n.
349 - Testo della trasmissione di giovedì 15 dicembre 2005
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
Pubblicato oggi il calendario delle
celebrazioni liturgiche del Tempo di Natale presiedute dal Papa
Domani l’incontro del Papa
con le Forze Armate italiane: ce ne parla mons. Angelo Bagnasco
OGGI IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
E’ ancora emergenza grave in Darfur: il conflitto rischia di
farsi permanente
Ieri l’inaugurazione dell’Anno
accademico 2005-2006 dell’Università LUMSA di Roma
Consegnato ieri a Strasburgo dall’Europarlamento il
Premio Sacharov per la libertà di pensiero
Appello
dell’ONU per la Somalia, Paese in perpetua crisi socio-umanitaria
Diritti umani e detenzione:
sull’Italia cadono le critiche del Consiglio d’Europa
Italia: caso Antonveneta. Si teme un’altra tangentopoli
15 dicembre 2005
COMUNIONE
NELLA VERITA’ E NELLA CARITA’: E’ QUANTO CHIEDE BENEDETTO XVI
A TUTTI I CRISTIANI PER RAGGIUNGERE LA PIENA UNITA’
DELLA CHIESA.
IL PAPA INCONTRA IL COMITATO PER IL DIALOGO
CATTOLICO-ORTODOSSO
ED ESORTA I FEDELI A MUOVERE PASSI CORAGGIOSI SULLA
VIA DELL’ECUMENISMO
Benedetto XVI
ha lanciato stamani un forte appello a tutti i cristiani, affinché rafforzino
l’impegno ecumenico. L’occasione è stata offerta dall’udienza ai membri del
comitato misto di Coordinamento del Dialogo cattolico-ortodosso, ricevuti
stamani in Vaticano. Il Papa ha ribadito che assieme ai gesti concreti, i
fedeli devono costantemente chiedere l’aiuto del Signore con la preghiera,
giacché l’unità dei cristiani “è soprattutto un dono di Dio”. Il servizio di
Alessandro Gisotti:
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LA PLEINE COMMUNIONE VISE …
“La piena
comunione si ottiene attraverso “una comunione nella verità e nella carità”. E’
la viva esortazione di Benedetto XVI, in un intervento dal profondo afflato
ecumenico. “Non possiamo accontentarci di rimanere a degli stadi intermedi – ha
avvertito – ma dobbiamo piuttosto senza sosta, con coraggio, lucidità e umiltà
ricercare la volontà di Gesù Cristo, anche se questa non corrisponde ai nostri
progetti umani”.
LA REALISATION DE L’UNITE PLENIERE DE L’ÉGLISE …
“La
realizzazione della piena unità della Chiesa e della riconciliazione dei
cristiani”, è stata la riflessione del Papa, può avvenire solo attraverso “la
sottomissione delle nostre volontà a quella del Signore”. Un tale obiettivo, ha
proseguito, “deve impegnare i pastori, i teologi e le nostre comunità intere,
ciascuno secondo il ruolo che gli è proprio”.
POUR ENTRER PLUS AVANT DANS CE CHEMIN D’UNITE …
Per “proseguire
su questo cammino di unità – ha detto ancora – le nostre deboli forze non sono
sufficienti”. Per questo, è stata l’invocazione di Benedetto XVI, dobbiamo “chiedere
l’aiuto del Signore, attraverso una preghiera sempre più insistente, giacché
l’unità è soprattutto un dono di Dio”. In tale contesto, il Papa ha espresso
compiacimento per l’inizio di una nuova fase, simboleggiata dalla ripresa dei
lavori della commissione della commissione per il dialogo cattolico-ortodosso,
dopo le difficoltà interne ed esterne degli anni scorsi. Tale impegno, ha
spiegato il Papa, deve puntare a due obiettivi: da una parte “eliminare le
divergenze che sussistono” e dall’altra, “fare tutto il possibile per
ristabilire la piena comunione, bene essenziale per la comunità dei discepoli
di Cristo”.
Benedetto XVI
ha quindi ricordato l’importanza per il dialogo ecumenico del decreto
conciliare Unitatis redintegratio e dello storico incontro tra Giovanni
Paolo II e il Patriarca di Costantinopoli, Dimitrios I, nel 1979. “Facendo
progressi verso la piena comunione tra cattolici e ortodossi”, ha constatato il
Papa, si potrà “sviluppare nel mondo cristiano la ricerca della sua unità”.
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QUESTA SERA IN SAN PIETRO IL TRADIZIONALE INCONTRO
DEL PAPA
CON GLI UNIVERSITARI ROMANI IN PREPARAZIONE AL
NATALE
- Intervista col prof. Giuseppe Dalla Torre -
Tradizionale incontro oggi in San Pietro tra il Papa e gli
universitari degli Atenei romani per la preparazione del Natale. Circa 10 mila
giovani parteciperanno alle 17.00 alla Messa celebrata nella Basilica di San
Pietro dal cardinale vicario Camillo Ruini, presente anche il ministro
dell’Istruzione Letizia Moratti. L’incontro conclude la Convention europea
degli studenti universitari che si è svolta a Roma sul tema: “L’umanesimo
cristiano, via per una nuova cooperazione tra Europa e Africa”. Durante la celebrazione eucaristica una delegazione
universitaria polacca consegnerà l’Icona di Maria Sedes Sapientiae ad una
delegazione giunta dalla Bulgaria, Paese dove l’Icona proseguirà il suo
pellegrinaggio nelle città universitarie. Benedetto XVI giungerà in Basilica
alle 18.30 al termine della liturgia per rivolgere il suo saluto agli studenti.
Ricordiamo che a Roma sono presenti una decina di Università statali e non
statali con circa 250 mila studenti, e 7 Università pontificie con oltre 20
mila studenti. Ma sul significato
dell’incontro odierno Giovanni Peduto ha intervistato il prof. Giuseppe Dalla
Torre, rettore di uno degli Atenei romani, la LUMSA, la Libera Università Maria
Santissima Assunta:
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R. – E’ una tradizione che è stata avviata da Giovanni
Paolo II e che mi sembra molto importante, in quanto fa vedere come la Chiesa
romana, ma la Chiesa in generale, accolga a braccia aperte una realtà
universitaria che a Roma è particolarmente ricca e complessa di Università statali,
Università non statali e Università pontificie.
D. – Qual è la situazione delle Università romane oggi?
R. – Una situazione, per quanto riguarda le Università
statali e non statali, di transizione da un sistema di tipo statalistico
universitario nazionale ad un sistema di tipo autonomistico, che porta con sé
speranze, ma anche difficoltà di passaggio. Per le Università pontificie c’è la
novità dell’accordo fra i due sistemi universitari, che certamente è ricco di potenzialità
per il futuro.
D. – Benedetto XVI più volte ha ricordato che l’Università
è un’istituzione nata con il cristianesimo…
R. – Sì, le Università nascono nell’alto Medioevo, al
tempo delle cattedrali, quando cioè la Chiesa è madre, e non solo, ma anche
maestra. Nascono dal cristianesimo e nel loro patrimonio genetico questo segno
in qualche modo è rimasto: la curiosità del sapere, di un sapere non solo
utile, ma di un sapere saggio, che serva al progresso dell’umanità da tutti i
punti di vista.
D. – Quale incontro oggi è possibile tra fede cristiana ed
Università?
R. – Io credo che l’incontro sia possibile. Naturalmente
occorre uno sforzo da parte sia della Chiesa, e quindi anche della cultura che
nasce all’interno della Chiesa, sia da parte della cultura cosiddetta laica. Nel
senso che certamente c’è il desiderio di avvicinarsi alla verità, e questo
naturalmente comporta capacità di ricerca e non pregiudizi da una parte e tanto
meno dall’altra.
D. – Il Papa parla spesso della ricerca della verità. I
giovani hanno oggi questa sete della verità?
R. – Io direi di sì, ma direi ancora qualcosa di più, nel
senso che la sete della verità deve essere in qualche modo indotta. La verità è
come la luce, se noi non apriamo gli occhi non la vediamo. Io credo che spetti,
tra l’altro, all’università aprire gli occhi delle nuove generazioni, in modo
che possano avere sempre più sete della verità.
D. – Lei è rettore della LUMSA e proprio ieri sera avete
inaugurato il nuovo anno accademico: con quali prospettive per questo anno
2005-2006?
R. – Notiamo che c’è una grande richiesta di istruzione,
di formazione universitaria. Io però spronerò, ed ho spronato nella relazione
inaugurale dell’anno, l’Università a dedicarsi in maniera adeguata alla
ricerca. Non c’è insegnamento universitario serio, se non c’è dietro una
ricerca corposa e approfondita.
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La Radio Vaticana trasmetterà, a partire dalle 17.00, la
cronaca della Messa presieduta dal cardinale Ruini e il successivo incontro del
Papa con gli universitari sull’onda media di 585 kHz e sulla modulazione di
frequenza di 105 MHz.
ALTRE UDIENZE
In
mattinata il Papa ha ricevuto anche alcuni presuli della Conferenza Episcopale
della Polonia, in visita “ad Limina”.
Nel pomeriggio Benedetto XVI
riceverà padre Peter-Hans Kolvenbach, Preposito Generale della Compagnia di
Gesù.
NOMINE
Negli Stati Uniti, il Santo
Padre ha nominato arcivescovo metropolita di San Francisco in California mons.
George Hugh Niederauer, finora vescovo di Salt Lake City.
Mons. George Hugh Niederauer è
nato il 14 giugno 1936 a Los Angeles. Entrato nel “Saint John’s Seminary” di
Camarillo ha conseguito il “Bachelor of Philosophy” e poi ha completato il
“Bachelor of Theology” presso la “Catholic University of America” a Washington.
Inoltre, ha ottenuto il “Master of Arts in English Literature” dalla “Loyola
Univeristy” a Los Angeles. E’ stato
ordinato sacerdote il 30 aprile 1962 per l’arcidiocesi di Los Angeles. Dopo
l’ordinazione è stato vice-parroco della “Our Lady of the Assumption Parish” a
Claremont. Nel 1966 ha conseguito il Ph.D. in “English Literature” presso la
“University of Southern California” a Los Angeles. Dopo breve servizio in parrocchia, è stato destinato al Seminario
di Camarillo fungendo prima da insegnante, poi da direttore spirituale per gli
studenti del “College” ed infine, dal 1987 al 1992, da rettore del Seminario
teologico. Dal 1992 al 1994 è stato condirettore della “Cardinal Manning House
of Prayer for Priests” di Los Angeles. Nominato vescovo di Salt Lake City
(Utah) il 3 novembre 1994, ha ricevuto la consacrazione episcopale il 25
gennaio 1995. Mons. Niederauer è membro di vari comitati della Conferenza Episcopale
degli Stati Uniti.
Sempre negli Stati Uniti, il Santo Padre ha accettato la
rinuncia all’ufficio di ausiliare dell’arcidiocesi di San Antonio presentata da
mons. Thomas J. Flanagan per raggiunti limiti di età.
In Myanmar, il Santo Padre ha
eretto la diocesi di Pekhon con territorio dismembrato dall’arcidiocesi di
Taunggyi, rendendola suffraganea della medesima Sede Metropolitana.
Quindi ha nominato primo vescovo
di Pekhon mons. Peter Hla, finora vescovo titolare di Castello di Numidia e
ausiliare di Taunggyi.
La nuova diocesi si trova nella parte centro-orientale
del Myanmar. Ha una superficie di quasi 26 mila kmq e su una popolazione di 450
mila abitanti i cattolici sono oltre 37 mila. Conta 8 parrocchie, 22 sacerdoti
diocesani, un sacerdote religioso, 41 religiose, 5 fratelli religiosi, oltre
cento seminaristi, 133 catechisti. La chiesa parrocchiale “Sacro Cuore”
a Pekhon, diventerà la chiesa cattedrale della diocesi.
PUBBLICATO OGGI IL
CALENDARIO DELLE CELEBRAZIONI
LITURGICHE DEL TEMPO DI NATALE PRESIEDUTE DAL PAPA
- A cura di Alessandro Gisotti -
L’ufficio delle Celebrazioni Liturgiche del Sommo
Pontefice ha reso noto oggi il calendario delle celebrazioni liturgiche del
tempo di Natale, presiedute dal Papa. Il 24 dicembre, Benedetto XVI celebrerà
la Santa Messa della Notte nella Solennità della Natività del Signore. Il giorno dopo, Il Papa
- alle ore 12 - rivolgerà, dalla Loggia Centrale della Basilica Vaticana, il suo
messaggio natalizio al mondo e impartirà la Benedizione “Urbi et Orbi”.
Il 31 dicembre, il
Santo Padre presiederà i primi vespri della Solennità di Maria Santissima Madre
di Dio nel corso dei quali verrà cantato il tradizionale inno “Te Deum” a conclusione
dell’anno civile. Quindi, il primo gennaio 2006 Benedetto XVI presiederà, nella
Basilica Vaticana a partire dalle ore 10, la celebrazione della Solennità di
Maria Santissima Madre di Dio nell’ottava di Natale, in occasione della 39.ma
Giornata Mondiale della Pace sul tema, quest’anno: “Nella verità, la pace”.
Il 6 gennaio, alle
9,30, il Pontefice celebrerà nella Basilica di San Pietro la Messa nella
Solennità dell’Epifania del Signore. L’8 gennaio, infine, Festa del Battesimo del Signore, il
Papa presiederà - nella Cappella Sistina - la celebrazione eucaristica nel
corso della quale amministrerà il Sacramento del Battesimo ad alcuni bambini.
DOMANI MATTINA L’INCONTRO DEL PAPA CON LE FORZE
ARMATE ITALIANE
- Intervista con mons. Angelo Bagnasco -
Domani mattina, in occasione delle
festività natalizie, Benedetto XVI incontrerà nella Basilica di San Pietro una
rappresentanza delle Forze Armate italiane. L’incontro sarà preceduto dalla
Santa Messa celebrata alle ore 10.00 dall’Ordi-nario militare, mons. Angelo
Bagnasco, assieme a tutti i cappellani militari d’Ita-lia. Successivamente il
Papa scenderà in Basilica per l’udienza speciale alla quale prenderanno parte
vertici politici e militari della Difesa, circa 10 mila militari e civili in
rappresentanza di tutti gli enti e le unità delle Forze Armate italiane:
Esercito, Marina, Aeronautica e Carabinieri e della Guardia di Finanza.
Presenti anche le Associazioni Combattentistiche e d’Arma, le Bande Militari
delle Forze Armate, una rappresentanza di cadetti delle Accademie Militari
oltre a circa sette mila tra ufficiali, sottufficiali, volontari e civili della
Difesa. La Radio Vaticana trasmetterà la cronaca dell’evento a partire dalle
11.30 sull’onda media di 585 kHz e sulla modulazione di frequenza di 105 MHz.
Ma con quale spirito le Forze Armate si apprestano ad incontrare Benedetto XVI?
Luca Collodi lo ha chiesto all’Ordinario militare, mons. Bagnasco:
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R. – Penso sia il significato
del Papa che incontra una delle sue diocesi, una delle comunità cristiane.
Questa è singolare perché – come è noto – è composta da tutti i militari delle
Forze Armate e dei Corpi di polizia del nostro Paese. Per noi è un motivo ovviamente
di grande emozione, di grande commozione che sarà anche un’occasione di
incoraggiamento nel proseguire da cristiani il proprio lavoro al servizio del
Paese.
D. – Nel messaggio per la
Giornata mondiale della pace, il Papa ricorda che coloro che al servizio della
patria sono reclutati nell’esercito si considerino come ministri della sicurezza
e della libertà dei popoli ...
R. – E’ una definizione chiara
del Concilio che il Santo Padre riprende e rilancia e che in questo momento in
modo particolare, in occasione della Giornata mondiale per la pace e alla
vigilia dell’udienza, suona i nostri militari come motivo di gioia e di fiducia
perché c’è sempre bisogno di essere richiamati e confermati in questo servizio
dei militari a beneficio della pace e della sicurezza del nostro Paese, ma
anche a livello internazionale, nelle missioni umanitarie a servizio di tutti.
Quindi per noi è motivo di grande gioia e di grande conferma nella coscienza di
essere in un servizio prezioso per la società.
D. – Si può oggi, a determinate
condizioni, difendere la pace con le armi?
R. – La dottrina tradizionale
della Chiesa di sempre, confermata anche dal Concilio Vaticano II nonché dal
Magistero post-conciliare, ha sempre confermato e precisato questa situazione
che è delicata, ma che, purtroppo, è possibile e cioè la necessità, esaurito ogni
altro mezzo per arrivare alla composizione di eventuali conflitti, di dover
ricorrere anche alla forza armata come legittima difesa e quindi come mezzo di
mantenimento di quella che è la sicurezza, ovviamente a tre condizioni precise.
Le condizioni sono innanzitutto che sia una situazione di vera gravità, quindi
di vero pericolo per la pace dei popoli. In secondo luogo, che siano esaurite
tutte le altre vie per arrivare ad una composizione dei conflitti, e terzo che
l’azione, l’intervento sia proporzionato alle difficoltà e anche ad eventuali
conseguenze negative. Quindi la proporzione tra i mezzi e i risultati deve
essere una proporzione di equilibrio e di moderazione.
D. – Mons. Bagnasco, tra
l’altro, l’Ordinariato militare per l’Italia ha una realtà al suo interno che è
anche un seminario, che è all’interno della città militare della Cecchignola a
Roma ...
R. – E’ una realtà giovane,
perché nasce alla fine del 1997 con il riconoscimento da parte della Santa
Sede. La possibilità di avere un seminario è prevista ancora dalla Costituzione
Apostolica di Giovanni Paolo II e in Italia abbiamo avuto la grazia, in forza
dell’iniziativa del mio predecessore, mons. Mani, di costituire il seminario,
il quale adesso ha 25 giovani. In questi anni, dal 1998 ad oggi, sono stati
ordinati 7 sacerdoti e attualmente vi sono 5 diaconi, che ho ordinato
recentemente che, a Dio piacendo, saranno ordinati sacerdoti a maggio prossimo.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Apre la prima pagina
l’Iraq: Bush ammette che molti dati forniti dai servizi di intelligence, che
hanno poi portato all’intervento armato, erano “inesatti”. Si sono aperti
stamane i seggi per le elezioni legislative.
Servizio vaticano - Una
pagina dedicata alle Lettere pastorali dei vescovi italiani.
Servizio estero -
Libano: l’ONU prepara una risoluzione dopo gli attentati degli ultimi mesi.
Servizio culturale - Un
articolo di Agnello Baldi dal titolo “L’itinerario mistico racchiuso nella
roccia ha richiamato per secoli il passaggio dei pellegrini”: il complesso
monumentale della grotta di S. Michele Arcangelo a Olevano sul Tusciano nei
pressi di Eboli.
Servizio italiano - In
primo piano il tema dell’aborto: primi dati sugli effetti della legge “194”;
dal 1978 al 2004 gli interventi sono stati 4.350.000.
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15 dicembre 2005
STORICHE ELEZIONI IN IRAQ: ALTA L’AFFLUENZA ALLE
URNE.
SPORADICI GLI EPISODI DI VIOLENZA
- Intervista con Barbara Schiavulli e Giuseppe
Bettoni -
Qualche isolato episodio di
violenza non ha turbato stamattina le operazioni di voto per le elezioni
legislative in Iraq, definite “storiche” sia da Bush sia dal presidente iracheno Talabani, uno dei primi a votare
nella sua città di Souleimaniya, nel nord. Il servizio di Fausta Speranza:
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Alta affluenza ai seggi per le
prime elezioni legislative del dopo Saddam: a fine mattinata sembra essere
stata già superata la percentuale di votanti al referendum sulla Costituzione
del 15 ottobre. E alto il numero dei sunniti: oltre il 60 per cento ha deciso
di recarsi alle urne, contrariamente a quanto accaduto nelle votazioni del 30
gennaio per l'Assemblea costituente, hanno deciso questa volta di partecipare
in tanti. Dati significativi che si impongono sulla cronaca di alcuni
fortunatamente isolati episodi di violenza. Un morto e due feriti ai
seggi a Mossul. E attacchi anche a Tikrit e nella
Sempre nella capitale, le forze
di sicurezza irachene hanno intanto catturato un aspirante kamikaze che aveva
cercato di penetrare in un seggio di un quartiere sciita, mentre nella
provincia sunnita ribelle di Al-Anbar gruppi di elettori hanno invece
protestato per il mancato arrivo delle urne al grido di ‘Vogliamo votare’. Il
più grave a Mossul, dove una guardia è stata uccisa e due poliziotti feriti
dall’esplosione di un ordigno contro una scuola adibita a seggio. A Baghdad, almeno
tre esplosioni. Incidenti minori a Ramadi, a ovest di Baghdad, e a Tikrit, a
nord. A Nassiriya, trovati due corpi carbonizzati nella sede della Lista
Nazionale Irachena, una delle 966 che raccolgono gli oltre 7.500 candidati alle
elezioni, nella quale si era sviluppato un incendio, a quanto pare di origine
dolosa.
C’è poi da raccontare la
tensione della notte nella capitale: voci di un avvelenamento della rete idrica
hanno smesso di allarmare la popolazione solo verso le 3.00 del mattino.
Intanto, arriva la denuncia dell’uso di armi a microonde contro la popolazione
civile di Falluja: lo fa, parlando all’agenzia missionaria MISNA, Mohamed Tariq
al-Daraji, fondatore e direttore del Centro per i diritti umani e la democrazia
della città irachena. Al Daraji ha
esibito alcune foto con le immagini di alcuni corpi che “sembrano cotti in un
forno”. Secondo quanto dichiarato all’agenzia, si tratta di “civili di
Falluja bruciati dall’uso di microonde
di cui non conosciamo ancora le caratteristiche”. I dati e la documentazione da
lui raccolti, secondo l’agenzia missionaria, sono stati utilizzati anche da
‘RaiNews 24’ per il recente reportage sull’impiego di fosforo bianco da parte delle
forze USA durante l’assedio di Falluja del novembre 2004. Da parte italiana,
poi, c’è l’annuncio del ministro della Difesa, Martino: il contingente militare
italiano in Iraq si ridurrà a gennaio 2006 di altre 300 unità, arrivando così a
quota 2.600.
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Ma ascoltiamo da Baghdad la
testimonianza di Barbara Schiavulli, al microfono di Roberto Piermarini:
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R. – La situazione nelle strade
è calmissima. Ci sono stati questa mattina qualche colpo di mortaio, qualche
piccolo incidente ma parlando poi con il generale che si occupa di metà di
tutta la sicurezza a Baghdad, ci ha raccontato che sono molto tranquilli. C i
sono almeno una trentina di militari in tutti i seggi dove la gente sta
votando. Non ci sono macchine in giro, perché c’è il coprifuoco, i negozi sono
chiusi. L’affluenza è abbastanza alta. Ci sono moltissime donne, molte
famiglie, che vivono qusta giornata di vacanza andando a votare.
D.- Si è venuti a conoscenza a
Baghdad delle rivendicazioni di Al Qaeda per i pochi attentati che ci sono
stati nella capitale?
R. – Sì. Zarqawi è stato piuttosto confuso in questi giorni perché ha
lanciato un messaggio in cui diceva che avrebbe permesso alla gente di andare a
votare, altri in cui condannava queste elezioni e diceva che avrebbe colpito.
Però, la gente sembra comunque fidarsi abbastanza, forse per la prima volta,
della polizia e sta andando a votare, nonostante la paura, perché alle elezioni
del gennaio scorso, le stesse elezioni, ci furono ben 13 kamikaze! Quindi, non
è che non ci sia tensione. Però, la gente è in giro per la strada.
D. – Ecco: potete svolgere
tranquillamente il vostro lavoro, come giornalisti, o c’è timore?
R. – Ma … il timore c’è sempre
perché comunque esiste il pericolo soprattutto dei rapimenti, oltre a quello
normale che vivono tutti gli iracheni, delle autobombe, del colpo di mortaio,
eventualmente della sparatoria: questo è valido per tutti! Noi giornalisti,
devo dire, a parlare con la gente quando si è dentro ai seggi, non c’è alcun
problema, sono tutti molto disponibili, raccontano perché vanno a votare e ti
dicono chiaramente che per loro questo è un momento di cambio, credono nel
futuro dell’Iraq e sono liberi di mostrarlo!
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Ma in definitiva che valore
geopolitico attribuire al voto di oggi in Iraq? Ascoltiamo, nell’intervista di
Fausta Speranza, la riflessione del prof. Giuseppe Bettoni, docente di geopolitica
all’Università romana di Tor Vergata:
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R. –
Questo voto è sicuramente molto importante per l’Iraq e come ogni cosa in geopolitica
va letto a diversi livelli. In questo caso ce ne sono sicuramente due: uno più
vicino al territorio iraniano e l’altro è sicuramente quello nel contesto
mediorientale, che poi in realtà va dal Mediterraneo fino all’Iran. Vediamo
quello più locale. Ci sono gli sciiti, i sunniti, i curdi in Iraq e sappiamo
che gli sciiti in realtà hanno già una grande maggioranza di voto. Ricordiamo
che gli sciiti sono la comunità musulmana che domina oggi a Teheran e in questo
momento sono la maggioranza anche in Iraq, guidati dall’Ayatollah Alì Al
Sistani. I sunniti però stanno cambiando atteggiamento, stanno cercando di
recuperare terreno. Quindi, esiste sicuramente la possibilità che in questo
momento in Iraq queste due forze cerchino, e trovino anche, un compromesso.
Questo elemento però va sicuramente letto in una scala molto più importante,
quella planetaria, o comunque nell’area mediorientale.
D. – Cioè in particolare, quali
Paesi considerare?
R. – Ci sono quattro Paesi che
vanno presi in considerazione per capire quello che accadrà in Iraq: Iran,
indubbiamente, Siria, Libano ed anche Arabia Saudita, in parte. Per quanto riguarda
il Libano, in questo momento c’è una situazione estremamente fragile, molto
particolare, di grande difficoltà con il nuovo governo di unità nazionale, con
la presenza sciita che accetta relativamente questo governo nazionale. L’altro
problema di stabilità è l’Iran e Ahmadinejad, il nuovo presidente, che sta
cercando di spingere verso un’area più rivoluzionaria, tornando ai vecchi
principi dell’Ayatollah Khomeini. Se questo elemento ha il sopravvento, dovesse
avere il sopravvento, cioè un ritorno all’aspetto più rivoluzionario dei
principi iraniani, questo provocherebbe una grande forma di instabilità, anche
sul voto iracheno. Se Ahmadinejad porta dalla sua parte gli elementi
rivoluzionari, ad un certo punto, quasi sicuramente, salterebbe l’alleanza
libanese, perché gli sciiti a questo punto abbandonerebbero il governo di unità
nazionale. La Siria, anche lei, direbbe: “Lasciamo questa linea intermedia e
andiamo verso l’Iran”. Ed anche in questo caso lo farebbe confortato, perché
bisogna sempre ricordarlo che dà un afflusso gratuito di petrolio. A questo
punto ci sarebbe una profonda instabilità all’interno dell’Iraq, perché gli
sciiti pur facendo capo ad Alì Al Sistani, che ricordiamolo è sì un Ayatollah,
ma non è rivoluzionario come Khomeini. Infatti, ha più volte cercato il
compromesso con gli americani. Se Ahmadinejad raggiunge una forma appunto di
marginalizzazione dell’ala moderata, questo è uno degli scenari possibili. Se
invece non ci riesce allora, a questo punto, si possono ridefinire un po’ di
cose, e anche all’interno dell’Iraq possiamo avere un certo mantenimento di
questo compromesso sunnita-sciita ed eventualmente anche dell’ala moderata
interna del Paese.
D. – Che cosa si può immaginare
per i prossimi mesi?
R. – E’
una posizione estremamente delicata, basata su tanti punti di equilibrio.
Quindi, sicuramente avremo mesi in cui molte cose verranno negoziate e rinegoziate.
Ecco, lo scacchiere è complesso, però sicuramente è un momento caldo che
potrebbe portare ad una stabilità, invece, di lungo periodo.
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DAL CONGRESSO
INTERRELIGIOSO DI BILBAO UN APPELLO A SUPERARE
I FONDAMENTALISMI IN NOME DELLA LIBERTA’ E DELLA
TOLLERANZA
- Intervista con padre Justo Lacunza Balda -
Cristiani, musulmani, ebrei,
buddisti, scintoisti, induisti, animisti. Si è concluso a Bilbao il Congresso
per il dialogo interreligioso e interculturale, promosso dall’Organizzazione
Pax Romana e patrocinato dall’Unesco. A seguire i lavori, oltre 70 esperti e
circa 300 partecipanti, che si sono confrontati sui temi della convivenza e
della pace. “Per superare i fondamentalismi” ha detto Zacharias
Theóphilus vescovo della Chiesa siro-malabarese, “c’è bisogno di un’etica mondiale fondata sui diritti umani”.
A fargli eco l’induista Anantanand Rambachan che ha
parlato della necessità di “vivere la religione come una forma per potenziare
l’eguaglianza e la giustizia”, mentre gli egiziani Mourad Wahda e Boma Abousenna
hanno sottolineato l’esigenza di liberarsi dal fondamentalismo. A parlarci dei
risultati del Congresso, padre Justo Lacunza Balda, rettore del Pontificio
Istituto di Studi Arabi e di Islamistica, intervistato da Andrea Cocco:
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R. - Dall’incontro sono emerse
tre questioni fondamentali. Primo, occorre accettare e difendere la libertà
nelle varie regioni. Secondo, questa diversità non è un ostacolo e non è una difficoltà,
ma questa diversità, se viene presa sul serio, è un punto di appoggio per poter
costruire insieme un mondo migliore, dove sia possibile la pace, la convivenza,
il rispetto delle varie religioni del mondo. Il terzo aspetto è che la società
civile, le istituzioni devono prendere sul serio i problemi dei rapporti fra le
religioni, fra le culture, fra le fedi, perché loro danno un contributo
straordinario per la pace, per l’armonia tra i popoli e le nazioni del mondo.
D. – Le società multietniche
costituiscono forse oggi una delle più importanti sfide per l’incontro tra
culture e religioni diverse. Come si prospetta in particolare il rapporto con
l’Islam nelle società di radici cristiane?
R. – E’ evidente che i conflitti
attuali in tantissime zone del mondo non aiutano questo dialogo interculturale
e interreligioso. Evidentemente c’è stata una presa di posizione molto forte
per quanto riguarda ogni forma di integralismo, ogni forma di rigidità nei confronti
degli altri. Cercare di vedere questi valori comuni è stato un punto molto
importante per lottare contro ogni forma di integrismo e soprattutto ogni forma
di integrismo che prende la via del terrorismo per colpire gli altri.
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L’ULTIMA MIRACOLATA DI LOURDES RACCONTA AI NOSTRI
MICROFONI
LA SUA STRAORDINARIA ESPERIENZA DI FEDE NELLA
MADONNA
- Con noi, Anna Santaniello e Marina Piegari -
E’ il 67.mo miracolo
riconosciuto a Lourdes. Protagonista una salernitana guarita da una grave
patologia cardiaca nell’ormai lontano 1952. Allora aveva 42 anni, ma la commissione
dei medici che avrebbe dovuto riconoscere il miracolo non raggiunse
l’unanimità. Soltanto quest’anno l’arcivescovo di Salerno, mons. Gerardo
Pierro, ha riavviato le procedure per verificare la prodigiosa guarigione di
Anna Santaniello. Procedure che si sono concluse con la dichiarazione del
miracolo. Ce ne parla in questo servizio Tiziana Campisi:
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Le era stata diagnosticata la
sindrome di Bouillaud, una grave malattia cardiaca che provoca difficoltà nel
linguaggio, crisi asmatiche, cianosi ed edemi agli arti inferiori. Lei, Anna
Santaniello, salernitana, aveva 42 anni quando espresse il desiderio di andare
a Lourdes. Era il 1952. Tanti i pareri contrari di medici e familiari, ma la
sua fede li ha ignorati. Marina Piegari, responsabile dell’UNITALSI di Salerno,
ci racconta la storia di questa donna che oggi ha 94 anni:
“Era proprio molto grave, quando
sentì parlare di questo pellegrinaggio a Lourdes per cui tutti le
sconsigliarono di fare questo viaggio. Lei però ha voluto a tutti i costi
affrontarlo”.
Il viaggio di Anna Santaniello
comincia così. Ma come lo ha vissuto lei personalmente? Ascoltiamola:
“Ho tanta gratitudine per la
Madonna, perché avevo perduto un fratello di 29 anni con la stessa malattia, e
una sorella di 33 anni. Venne pure il sacerdote che mi diede i Sacramenti a
casa, e io con tutto ciò dissi: ‘Io voglio andare. Se devo morire, voglio
morire nel vedere la Madonna!’”.
Un
pellegrinaggio difficile quello di Anna. Marina Piegari ne descrive i dettagli:
“Giunti a Roma, altri medici
decisero che non poteva affrontare questo viaggio, quindi hanno deciso di farla
scendere dal treno e magari ricoverarla in una clinica a Roma per poi
riprenderla al ritorno, se fosse stata ancora viva. Lei, quando ha saputo
questa cosa, si è opposta. Durante il viaggio è stata malissimo: era moribonda,
tant’è che le è stato somministrato l’ossigeno più volte, aveva proprio delle
crisi respiratorie”.
Ancora la testimonianza di Anna:
“Pregavo ad alta voce, così che
mi sentisse: ‘Vergine Santa, adesso mi devi aiutare: loro vogliono farmi
scendere!’. Fu allora che vidi come un’ombra, un’ombra nel cielo, che mi diceva
nell’orecchio: ‘Non stare a sentirli, avviati, avviati!’. Tutti pregarono per
me. Uomini e donne. Mi fecero baciare la Madonnina, che tengono là,
sull’altarino. Quando siamo arrivati, i barellieri mi hanno fatto scendere:
l’acqua era gelata. Ma dopo pochi minuti ho sentito un gran caldo proprio sul
lato del cuore. Mi sono sentita tranquillizzata. Mi sono alzata e i barellieri
volevano rimettermi sulla barella. Allora dissi: ‘Andate ad assistere gli
altri, perché io me la cavo da sola’. Scesi e me ne andai alla piazza. Mi misi
a servire i malati per il pranzo. Il pomeriggio, alle quattro, si fa la
processione del Santissimo Sacramento per i malati, e io la feci insieme a
loro, cantando …”.
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15 dicembre 2005
E’
ANCORA EMERGENZA GRAVE IN DARFUR: IL CONFLITTO RISCHIA DI FARSI
PERMANENTE. IL COORDINATORE DELL’ONU LANCIA
L’ALLARME,
MENTRE
LA CORTE CRIMINALE INTERNAZIONALE RICEVE IL RIFIUTO
DEL
GOVERNO SUDANESE AD INDAGARE SUL PROPRIO TERRITORIO
- A cura di Andrea Rustichelli -
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NYALA.=
Il Darfur come la Somalia: è il pericolo che intravede il vice coordinatore
dell’ONU per gli aiuti umanitari al Sudan, Gemmo Lodesani. “La situazione sul
territorio rischia di cronicizzarsi in un conflitto latente”, ha affermato
Lodesani. L’Unione Africana, che sul campo ha circa 6 mila uomini, non è
riuscita in questi mesi a imporre il rispetto della tregua tra le fazioni in
lotta, come dimostrano i numerosi attacchi al contingente di pace. “Serve - ha
aggiunto Lodesani - un Paese
dell’Unione Europea che sia disponibile a mettere sul campo 3-4 mila uomini con
un mandato ben preciso di protezione umanitaria”. “Si deve essere pronti a
usare le armi”, ha precisato il funzionario ONU. E lo stesso inviato speciale di Kofi Annan nella regione
sudanese, Jan Pronk, ha posto all’ordine del giorno sul tavolo della trattativa
i temi della sicurezza e dell’effettivo monitoraggio della tregua. Secondo le
ultime stime dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite sono circa 1.800.000
gli sfollati della guerra civile, che vivono all’interno del Darfur, mentre
altre 200.000 persone si sono rifugiate nel Ciad. All’interno dei campi di
raccolta sudanesi la vita è quotidianamente minacciata a causa delle incursioni
dei cosiddetti “janjaweed”, le milizie arabe a cavallo, accusate da più parti
di essere responsabili del conflitto scoppiato nel febbraio 2003, in cui sono
state trucidate oltre 70 mila persone. La guerra civile in Darfur è di matrice
etnica e vede contrapposte le popolazioni di origine araba a quelle africane. I
capi delle tribù africane, per opporsi alle scorrerie degli arabi, si sono
organizzati nel “Movimento di liberazione del Darfur” e nel “Movimento per la
giustizia e l’eguaglianza”, che siedono oggi al tavolo di Abuja, in Nigeria,
per tentare di trovare un’intesa col governo sudanese, fin troppo tollerante
con le milizie arabe. Il Consiglio di Sicurezza dell’ONU, a causa di contrasti
interni, non ha fino ad oggi preso una posizione netta nei confronti del
governo del Sudan. E proprio in questi giorni è stata presentata dalla Corte
Criminale Internazionale la relazione sui crimini nella regione del Darfur, ricevendo
in risposta il netto rifiuto del Sudan a collaborare con le indagini. Il
governo di Khartoum ha negato alla Corte il diritto a investigare sul proprio
territorio: “non ha giurisdizione per quanto riguarda i cittadini sudanesi; noi
abbiamo la nostra giustizia e stiamo investigando”, ha affermato il ministro
della Giustizia Mohamad Ali al-Mardi. Mentre Luis Moreno Ocampo, procuratore
capo della Corte Criminale, aveva già manifestato la volontà di investigare in
Darfur, sollecitando il sostegno del Consiglio di Sicurezza dell’ONU.
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SI È TENUTA IERI POMERIGGIO L’INAUGURAZIONE
DELL’ANNO ACCADEMICO 2005-2006 DELL’UNIVERSITÀ LUMSA DI ROMA. PRESENTI IL
MAGNIFICO RETTORE,
IL PROF. GIUSEPPE DALLA TORRE, IL CARD. CARLO
FURNO, PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DI AMMINISTRAZIONE DELLA LUMSA E NUMEROSI STUDENTI
E DOCENTI.
ALLA CERIMONIA È INTERVENUTO ANCHE IL SINDACO DI
ROMA WALTER VELTRONI
- Servizio di Francesco Vitale -
ROMA. = Il tempo degli studi è
il tempo della semina: con queste parole ha aperto il discorso il cardinale
Carlo Furno, Presidente del CdA della LUMSA, in occasione dell’inaugurazione
dell’Anno Accademico della Libera Università Maria SS. Assunta di Roma, per
sottolineare come la Parabola del buon seminatore possa accompagnare lo studente
nel suo percorso universitario. La LUMSA, nata 65 anni fa, si articola oggi in
tre facoltà: Giurisprudenza, che ingloba anche scienze politiche e annovera
numerosi master di economia, relazioni industriali e amministrazione pubblica;
Lettere, che ha il suo punto focale in Scienze della Comunicazione,
giornalismo, marketing e pubblicità; infine Scienze della Formazione. “Tra le
qualificazioni che amiamo dare alla nostra Università è quella di romana”, ha
affermato durante la sua relazione il Rettore Magnifico della LUMSA, il Prof.
Giuseppe Dalla Torre, sottolineando il particolare rapporto dell’Ateneo con la
città e con il suo territorio. Con circa 7 mila iscritti e oltre 1250
neolaureati nell’anno accademico appena trascorso, la LUMSA intende attivare –
ha continuato Dalla Torre - una serie di convenzioni con il Comune e con i suoi
Municipi non solo per attività di stage e di tirocinio per gli studenti, ma anche
per la qualificazione professionale del personale capitolino. Il Sindaco di
Roma Walter Veltroni, rivolgendo il saluto a tutti i presenti, ha spiegato
l’importanza di appartenere ad una Università romana col suo mondo formativo e
culturale. “Non sapremo essere buoni educatori se non impareremo a conoscere
bene noi stessi”, ha concluso il Rettore, riferendosi al Libro della Sapienza e
prefigurando l’obiettivo di rendere i giovani che si affidano a questo Ateneo,
“degni della Sapienza”.
CONSEGNATO IERI A
STRASBURGO DALL’EUROPARLAMENTO IL PREMIO SACHAROV
PER LA LIBERTA' DI PENSIERO, ASSEGNATO EX AEQUO A
LE ‘DONNE IN BIANCO’ DI CUBA, CHE LOTTANO PER I DIRITTI DEI LORO FAMILIARI
DETENUTI POLITICI,
ALL’AVVOCATO NIGERIANO HAUWA IBRAHIM CHE DIFENDE
LE DONNE DAGLI ABUSI
DELLA SHARIA E ALL’ORGANIZZAZIONE REPORTER SENZA
FRONTIERE
CHE TUTELA I GIORNALISTI VITTIME DI CENSURE E
VIOLENZE
STRASBURGO. = Le ‘donne in
bianco’ di Cuba, l’avvocato nigeriano Hauwa Ibrahim e l’organizzazione “Reporter
senza frontiere”: sono i tre vincitori ex aequo del Premio Sacharov 2005 per la
libertà di pensiero, consegnato ieri a Strasburgo nella sede del Parlamento
europeo. “In questo momento solenne ricordiamo le ‘donne in bianco’ di Cuba e
le ragioni per le quali sono state premiate dal Parlamento europeo”: il
presidente del Parlamento europeo, Josep
Borrell, ha esordito così durante la cerimonia ufficiale per la consegna
del premio Sacharov 2005 per la libertà di pensiero. “L’Europarlamento ha appoggiato
tre vincitori quest’anno - ha spiegato il presidente Josep Borrell - perché
tutti e tre meritavano un riconoscimento per la difesa dei diritti umani nel
mondo”. Le ‘donne in bianco’ manifestano pacificamente tutte le settimane a La
Havana per esprimere la solidarietà con i familiari dei prigionieri politici
detenuti a Cuba dal marzo del 2003. Le autorità cubane hanno però negato loro
il visto per recarsi oggi a Strasburgo a ritirare il premio, nonostante le
numerose pressioni da parte degli eurodeputati. “Organizzeremo una sessione solenne
quando potranno venire personalmente a ritirare il Premio - ha dichiarato
Borrel - e useremo tutta la pressione possibile per fare in modo che avvenga
quanto prima”. Abbiamo poi seguito “con grande emozione - ha aggiunto Borrell -
i processi contro Amina Lawal e Safya Hussaini, accusate di adulterio e difese
proprio da Hauwa Ibrahim, avvocato nigeriano che merita ora un riconoscimento
per essere riuscita a sensibilizzare l’opinione pubblica internazionale, e per
aver difeso i diritti di 47 donne accusate di adulterio e condannate a morte o
alla lapidazione”. Infine, il riconoscimento anche a “Reporter senza frontiere”,
“l’organizzazione - ha ricordato il presidente del Paramento europeo - che
milita per la libertà d’espressione difendendo i giornalisti che sono vittime
delle persecuzioni e della censura”.
(R.G.)
APPELLO DELL’ONU PER LA SOMALIA, PAESE IN PERPETUA
CRISI SOCIO-UMANITARIA: OCCORRONO 174 MILIONI DI DOLLARI PER FARE FRONTE NEL
2006 ALLE NECESSITA’
DELLA POPOLAZIONE STRETTA NELLA MORSA DEI
COMBATTIMENTI E DELLA SICCITA’
NAIROBI. = Per fare fronte alla
disperata situazione umanitaria della Somalia occorre per il prossimo anno uno
stanziamento di 174 milioni di dollari. E' quanto ha dichiarato ieri a Nairobi
il coordinatore dell'ONU per gli aiuti alla Somalia, Maxwell Gaylard. Il
responsabile delle Nazioni Unite ha ricordato che attualmente 300 mila somali
si trovano in condizione di grave penuria alimentare, ed almeno 400 mila hanno
dovuto abbandonare le proprie abitazioni a causa dei combattimenti. Gaylard ha
inoltre informato che dei 162 milioni di dollari richiesti dall’ONU per il 2005
al fine di arginare almeno in parte le necessità della popolazione somala, ne
sono giunti solo la metà. Il delegato dell’ONU ha infine osservato che la Somalia
- in sostanziale deriva anarchica dal ’91, quando fu rovesciata la dittatura di
Siad Barre - è un Paese in perpetua crisi socio-umanitaria. (R.G.)
DIRITTI UMANI E DETENZIONE: SULL’ITALIA CADONO LE
CRITICHE DEL CONSIGLIO D’EUROPA. IL TRATTAMENTO DEGLI IMMIGRATI CLANDESTINI E
IL SOVRAFFOLLAMENTO DELLE CARCERI RISULTANO I DUE ASPETTI ALTAMENTE
PROBLEMATICI.
UN ALTRO PUNTO CRITICO RIGUARDA IL CONTROLLO E LA
CONCENTRAZIONE
DEI MEZZI DI INFORMAZIONE
STRASBURGO.= Il sistema di detenzione italiano è sotto
i riflettori internazionali. Un rapporto di Alvaro Gil-Robles, l’Alto
Commissario per i diritti umani del Consiglio d'Europa, segnala alcuni punti
critici, in particolare in materia di immigrazione clandestina e di sovraffollamento
delle carceri. "Tutti i miei interlocutori (ministro della Giustizia,
procuratori, n.d.r) hanno riconosciuto l'esistenza di un vero problema del
sistema giudiziario, senza tuttavia un particolare entusiasmo ad avviare un
processo di riforma”, afferma Gil-Robles, che ha visitato l’Italia lo scorso
giugno. “La situazione – scrive il Commissario - mi è parsa legata a una
reciproca diffidenza tra l'ordine giudiziario e il mondo politico".
L’attenzione di Gil-Robles si è soffermata sul ritardo dei procedimenti
giudiziari e sull'istituto della prescrizione, considerata causa dell'eccessivo
allungamento dei procedimenti penali. Quanto alla legge “ex-Cirielli”, che
riduce i tempi di prescrizione di alcuni reati, il Commissario ha sottolineato
come essa "discredita la giustizia penale dimostrandola incapace di
perseguire e condannare dei criminali". Un altro punto critico sotto esame
è l’assenza dal Codice penale italiano del reato di tortura. Per quanto
riguarda le carceri, Gil-Robles sottolinea la necessità di “ridurre il sovraffollamento
dei penitenziari, migliorare l'accesso ai servizi sanitari per i detenuti e le
condizioni di vita dei carcerati sottoposti al cosiddetto carcere duro".
Sul versante dell’immigrazione e del diritto di asilo il rapporto sottolinea
come "l'Italia non dispone di una legge organica sul diritto di
asilo". "Chi richiede asilo – scrive Gil-Robles - non può essere
trattenuto nei Centri di Permanenza Temporanea, come spesso accade”. Le
condizioni di vita nei Centri, continua il rapporto, devono essere migliorate:
"In particolare in quello di Lampedusa, dove è necessario fare luce sulle
numerose denunce di maltrattamenti e di violenze". Ma l’attenzione del Commissario
si è appuntata anche sui mezzi di informazione, con l’esortazione all’Italia di
rispettare pienamente le conclusioni della Commissione di Venezia, che si
collocano sulla scia dei principi del Consiglio d’Europa in materia di controllo,
sostegno e concentrazione dei media. Tale Commissione, come ricorda Gil-Robles,
“solleva dubbi sulla capacità della legge Gasparri di garantire pienamente il
pluralismo di media in Italia”. (A.R.)
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15 dicembre 2005
- A cura di Eugenio Bonanata -
Agricoltura
in primo piano al vertice dell’Organizzazione mondiale del Commercio (WTO), in
corso ad Hong Kong fino a domenica. Diverse le proposte sul tavolo della
riunione: dalle misure per il cotone alla formalizzazione
dell’accordo sui farmaci salvavita; dall’assistenza tecnica ai Paesi in via di
sviluppo all’abbattimento delle tariffe sui prodotti industriali. Sui risultati fin qui raggiunti, insoddisfazione è stata
espressa dalla Banca Mondiale, secondo la quale restano evidenti le disparità
fra Paesi ricchi e poveri. Intanto, in nottata potrebbe svolgersi una riunione ristretta,
con al massimo una ventina di Paesi, per mettere a punto una bozza di documento
finale.
Si
aprirà nel pomeriggio a Bruxelles il Vertice europeo, in programma fino a domani,
con l’obiettivo di raggiungere un’intesa sul bilancio 2007-2013 dell’Unione. “Sono
sicuro che i leader europei saranno in grado di trovare un utile compromesso”, ha
affermato il presidente dell’Eurogruppo, Juncker, alla domanda se un bilancio
con minori risorse rappresenterà un ostacolo per l’allargamento. Sul delicato
tema hanno discusso inoltre anche il premier britannico Blair e il presidente francese Chirac. Intanto
le nuove proposte britanniche, presentate ieri, sono state giudicate
insufficienti dal presidente della Commissione, Barroso, e dai rappresentanti
di diversi Paesi.
Si allarga l’inchiesta milanese sulla scalata alla banca
Antonveneta da parte della Popolare di Lodi, dalla scorsa primavera denominata
Popolare italiana. Finora sono quattro gli arrestati, tra cui l’ex numero uno
della Banca popolare italiana, Gianpiero Fiorani, che sabato sarà interrogato
nel carcere di San Vittore. Da domani sono in programma gli altri interrogatori
di garanzia. Raffica di perquisizioni da parte della Guardia di finanza a Milano,
Lodi e anche in Svizzera. In tutto gli indagati sono un’ottantina, tra questi
anche alcuni politici. Il servizio è di Giampiero Guadagni:
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L’accusa è pesantissima. Gianpiero Fiorani sarebbe stato il
capo di un’autentica organizzazione criminosa. Nella sua ordinanza di custodia
cautelare il gip Clementina Forleo descrive l’ex Banca popolare di Lodi come
“l’epicentro di rilevantissimi illeciti affari, con evidenti gravi ricadute sul
sistema bancario e finanziario e con notevoli danni per i medi e piccoli risparmiatori”.
I giudici hanno tra l’altro scoperto una serie di prelievi illeciti nei conti
dei correntisti, anche di quelli deceduti. Più in
generale sotto accusa sono i metodi utilizzati per diverse scalate bancarie, in
particolare per quella ad Antonveneta. Metodi nel mirino anche dell’Unione
europea perché in contrasto con le norme comunitarie sulla concorrenza
bancaria. Chi avrebbe dovuto controllare, Banca d’Italia e Consob, replica che
tutte le operazioni sono state lecite e tutto è stato fatto per difendere
l’italianità del sistema bancario. Nel mirino l’operato del Governatore Fazio:
alcune intercettazioni telefoniche hanno svelato un rapporto privilegiato tra
il governatore e Fiorani. E di Fazio in molti da tempo chiedono le dimissioni accusando
il governo di inerzia. Ma il premier Berlusconi ha ribadito che l’esecutivo non
ha alcun potere per mettere fine al mandato del governatore. Nell’inchiesta ci
sono anche politici che avrebbero costruito una rete di protezione e tratto ingenti profitti. Chiamati in
causa alcuni esponenti della maggioranza. In fibrillazione anche il
centrosinistra, perché secondo l’accu-sa alla scalata Antonveneta ha
partecipato anche Giovanni Consorte, presidente della UNIPOL, il gruppo
assicurativo molto vicino ai DS. Qualcuno parla di nuova tangentopoli, con il
concreto rischio che la magistratura torni a supplire alla latitanza della
politica. Una latitanza dimostrata anche dalla mancata approvazione della legge
a tutela del risparmio, invocata soprattutto dopo gli scandali Cirio e
Parmalat. Martedì il provvedimento torna in aula alla Camera.
Per la Radio Vaticana, Giampiero Guadagni.
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E’ in corso da questa notte in
Italia, Francia e Gran Bretagna, un’opera-zione che ha sgominato una vasta
organizzazione criminale specializzata nella tratta di esseri umani dal
Kurdistan iracheno verso l’Europa. Circa 90 gli arresti anche in Grecia e Turchia.
L’organizzazione, che aveva la sua base a Roma, è accusata di aver fatto
entrare nel territorio italiano almeno 5 mila clandestini che, nascosti nei TIR,
venivano poi trasferiti soprattutto in Gran Bretagna.
Sono continuati anche nella
notte i raid aerei israeliani contro la Striscia di Gaza, dove ieri un missile
nei pressi del valico di confine di Karni aveva ucciso 4 militanti radicali palestinesi.
Un dirigente della Jihad Islamica era sfuggito, invece, ad un attacco simile.
Ultimo turno per le elezioni
locali nei Territori. 148 mila palestinesi delle maggiori città della
Cisgiordania si recano oggi al voto per scegliere 414 rappresentanti dei Consigli
comunali. Il risultato delle urne sarà una cartina di tornasole per l’effettiva
consistenza del Movimento di Resistenza Islamica, in vista delle elezioni
legislative, il prossimo 25 gennaio. Proprio la consistente affermazione dei candidati
di Hamas nelle due precedenti tornate, ha indotto il movimento a presentarsi
per la prima volta alle elezioni politiche. Intanto, sempre per il voto di
gennaio, Marwan Barghuti – guida della seconda Intifada e tutt’ora nelle carceri
israeliane con la condanna a cinque ergastoli – è stato collocato in testa alla lista ufficiale del partito che fa
capo al presidente palestinese Abu Mazen, in sostituzione del primo ministro
Abu Ala.
L’Iran è “una reale minaccia”
per il mondo ed è giustificato inserire Teheran “nell’asse del male”. E’ quanto
ribadito dal presidente statunitense Bush, in relazione alle esternazioni del
presidente iraniano, Ahmadinejad, che ha negato l’Olocausto auspicando il
trasferimento dello Stato ebraico in Occidente.
“Non riconosciamo
Israele e speriamo che questo cancro scompaia”. E’ quanto dichiarato, al
periodico in inglese Al Ahram Weekly, dalla guida spirituale dei Fratelli musulmani
in Egitto. La formazione alle ultime elezioni egiziane ha ottenuto il 20% dei
seggi in Parlamento.
I primi membri occidentali della
Missione ONU in Eritrea ed Etiopia (MINUE), espulsi dal governo di Asmara,
hanno iniziato a lasciare il Paese a bordo di un aereo che li porterà in
Eritrea.
Circa 300 soldati
pachistani dell’ultimo contingente della Missione delle Nazioni Unite in Sierra
Leone, ancora presente nel Paese africano, hanno lasciato oggi Freetown
mettendo formalmente fine ad una missione il cui mandato termina il 31
dicembre. I caschi blu sono partiti con un volo speciale diretto ad Islamabad,
dopo che negli ultimi giorni erano partiti anche i caschi blu nigeriani,
giordani e del Bangladesh. Creata nell’ottobre 1999, la missione è riuscita ad
imporre la stabilità e la pace, a smobilitare e poi reinserire più di 70mila
combattenti e a ristabilire la legalità nel commercio dei diamanti, una delle
principali fonti di reddito del Paese. Per evitare future destabilizzazioni,
alla Missione dell’ONU succederà, su proposta del Consiglio di Sicurezza, un Ufficio
di consolidamento della pace per un periodo iniziale di un anno.
Nel Nepal, un soldato ha sparato
sulla folla durante una festa indù uccidendo almeno 14 persone e ferendone una
ventina. L’episodio è avvenuto a Nagarkot, nei pressi di Kathmandu. Il
presidente di un’organizzazione per i diritti umani, ha confermato la notizia
specificando che i militari hanno aperto il fuoco a seguito di scontri con la
popolazione locale. Secondo la radio statale, invece, i militari sono
intervenuti contro “mascalzoni che se la prendevano con la gente”.
Il nuovo Parlamento afghano,
eletto lo scorso 18 settembre, si riunirà per la sua prima seduta lunedì
prossimo. La sessione inaugurale dell’Assemblea nazionale e del Senato vedrà
tornare sulla scena politica alcuni “signori della guerra”, coinvolti nei conflitti
degli ultimi decenni, e segnerà anche l’ingresso di alcune donne nella vita
politica afgana.
Le autorità
statunitensi hanno rilasciato 47 detenuti del carcere di Bagram, una prigione
situata in una delle principali basi militari americane in Afghanistan. “Speriamo
di rilasciare tutti i prigionieri afghani dalle nostre prigioni”, ha commentato
il capo della Commissione per la riconciliazione. Nel Paese rimangono in
carcere altre centinaia di detenuti, mentre altri 100 si trovano nella base statunitense
di Guantanamo a Cuba.
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