RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLIX n. 343 - Testo della trasmissione di venerdì 9  dicembre 2005

 

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Il Papa riceve una delegazione del Consiglio Metodista Mondiale ed evidenzia i passi in avanti del dialogo teologico: intervista con il vescovo Sunday Mbang

 

E’ morto ieri il cardinale  Leo Scheffczyk. Aveva 85 anni. Il cordoglio del Papa

 

Omaggio del Papa all’Immacolata ieri in Piazza di Spagna

 

Lo Spirito Santo e Maria sono i migliori alleati per accostarci a Gesù in questo Natale: così, padre Raniero Cantalamessa nella seconda predica d’Avvento, alla presenza del Papa

 

Domani alle 12.00, nell’Aula Paolo VI in Vaticano, l’incontro del Papa con i religiosi e le religiose della diocesi di Roma: intervista con suor Armanda Bausone

 

La Chiesa in Vietnam è viva e dinamica, testimone del Vangelo in Asia. Così il cardinale Sepe, di ritorno dal Paese asiatico: ce ne parla il porporato

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Nuovo attacco contro Israele da parte del presidente iraniano Ahmadinejad, che definisce lo stato ebraico “un tumore da trasferire in Europa”. Unanime la condanna da parte della comunità internazionale: con noi Ahmad Rafat

 

CHIESA E SOCIETA’:

La riforma scolastica del governo riduce l’autonomia degli istituti cattolici di Hong Kong secondo il vescovo Zen Ze-Kiu

 

Iniziativa della Conferenza Episcopale Lituana contro lo sfruttamento sessuale delle donne

 

Si aprirà il  13 dicembre ad Hong Kong il Vertice dell’Organizzazione Mondiale per il Commercio

 

A due mesi dal sisma in Pakistan la Caritas stanzia un piano di aiuti per oltre 5,7 milioni di euro a beneficio di oltre 5 mila famiglie

 

“Libera la pace che è in te”. E’ il titolo della campagna, partita ieri da Napoli, per togliere le armi-giocattolo dalle mani dei bambini al fine di promuovere una cultura di pace e legalità

 

24 ORE NEL MONDO:

In Turchia morti quattro militari in scontri tra soldati e ribelli curdi

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

9 dicembre 2005

 

 

IL PAPA RICEVE UNA DELEGAZIONE DEL CONSIGLIO METODISTA MONDIALE

ED EVIDENZIA I PASSI IN AVANTI DEL DIALOGO TEOLOGICO

- Intervista con il vescovo Sunday Mbang -

 

Un dialogo laborioso, iniziato sul finire degli anni ‘60, e che ha segnato negli ultimi anni tappe importanti di riavvicinamento tra la Chiesa cattolica e la Chiesa metodista. Di queste istanze si è fatta portavoce stamane in Vaticano una delegazione di alto livello del Consiglio Metodista Mondiale (WMC) - guidata dal vescovo Sunday Mbang della Chiesa metodista di Nigeria - che ha voluto incontrare Benedetto XVI all’inizio del suo Pontificato, per confermare l’impegno a sviluppare fruttuose relazioni. Il servizio di Roberta Gisotti.

        

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Un “dialogo paziente e perseverante”, avviato fin dal 1967, come ha ricordato il Papa ricevendo “con grande gioia” la delegazione metodista. Dialogo – ha detto - “che ha trattato i maggiori temi teologici, quali: rivelazione e fede, tradizione e autorità d’insegnamento nella Chiesa”. E “questi sforzi sono stati espliciti nell’individuare le aree di divergenza” ma “hanno anche dimostrato un considerevole grado di convergenza e sono degni di riflessione e di studio” Quindi – ha sottolineato il Santo Padre – “il nostro dialogo e i molti modi attraverso quali Cattolici e Metodisti si sono meglio conosciuti ci hanno permesso di riconoscere insieme alcuni di questi “tesori cristiani di grande valore” e “di parlare con voce comune nell’affrontare questioni etiche e sociali in un mondo sempre più secolarizzato”.

 

Del resto 40 anni fa Paolo VI, alla fine del Concilio ecumenico Vaticano II - come ha rievocato Benedetto XVI – esprimeva la speranza che le differenze tra Cristiani potessero essere risolte “lentamente, gradualmente, amorevolmente, generosamente”. 

 

Benedetto XVI si è detto poi incoraggiato dall’iniziativa che dovrebbe portare i membri delle Chiese del Consiglio Metodista Mondiale ad aderire alla Dichiarazione congiunta sulla Dottrina della giustificazione, firmata nel 1999 dalla Chiesa cattolica e dalla Federazione Luterana Mondiale, e che ora sarà ufficialmente sottoposta all’approvazione della Conferenza del Consiglio Metodista Mondiale, in programma nel 2006 a Seoul. Questa adesione – ha dichiarato il Papa – sarebbe “un significativo passo verso l’obiettivo fissato di una piena visibile unità nella fede”.

 

Da parte sua il vescovo nigeriano Sunday Mbang, capo della delegazione medodista, ha ribadito che grazie al dialogo “molti pregiudizi sono stati rimossi”, citando anche il contributo dato da Giovani Paolo II. “Come Metodisti - ha affermato –noi sappiamo che abbiamo molto da imparare ed accettare dalla Chiesa cattolica e crediamo e speriamo anche che abbiamo un contributo da dare verso la pienezza della cattolicità nell’unica Chiesa di Gesù Cristo”

        

Da ricordare che oggi sono circa 50 milioni i Metodisti nel mondo, movimento nato nel XVIII secolo ad opera del pastore anglicano John Wesley. Numerosi gli scismi nello stesso mondo metodista, che hanno poi maturato l’esigenza di importanti fusioni nei due principali Paesi di adesione al movimento: da qui la nascita nel 1932 della Chiesa metodista d’Inghilterra e nel 1968 della Chiesa Unita Metodista negli Stati Uniti e prima ancora c’era stata la fondazione nel 1881 del Consiglio Metodista Mondiale.

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Ed ora una testimonianza diretta del vescovo Sunday Mbang, sui progressi raggiunti nel dialogo tra Metodisti e Cattolici, in particolare nel suo Paese la Nigeria. Ascoltiamolo al microfono di Philippa Hitchen:

 

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R. – YES. WE’VE DONE THE DIALOGUE FOR 40 YEARS …

Certo. Stiamo seguendo questo dialogo da 40 anni. Quando abbiamo incontrato il cardinale Kasper, gli abbiamo detto che ora desideriamo che i frutti di questo dialogo si vedano ovunque, cioè, per esempio che i cattolici della Nigeria ed i metodisti della Nigeria inizino a collaborare in tutte quelle aree in cui abbiamo raggiunto un accordo, ed anche – dove possibile – in quegli ambiti in cui ancora non c’è accordo totale. Dovremmo anche iniziare a condurre questi dialoghi a livello locale. Forse l’accordo in quegli ambiti in cui ancora differiamo potrà essere maggiore proprio a livello locale: io so bene che in Nigeria noi siamo molto vicini ai cattolici. Due anni fa, quando ho conferito l’ordinazione episcopale ai miei vescovi, ho invitato alla cerimonia l’arcivescovo cattolico di Abuja, mons. Onaiyekan, e gli ho chiesto di tenere l’omelia per i nostri nuovi vescovi. Ecco, quindi il dialogo ha fatto grandi progressi, sicuramente in molti Paesi africani. E anche in Europa cattolici e metodisti lavorano insieme molto efficacemente: tutto grazie a questo dialogo!

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E’ MORTO IERI A MONACO IL CARDINALE TEDESCO LEO SCHEFFCZYK.

 TEOLOGO DI FAMA INTERNAZIONALE, AVEVA 85 ANNI. 

IL CORDOGLIO DEL PAPA: ERA LEGATO ALLA MADRE DI DIO CON AMORE DI BAMBINO

 

Lutto nella Chiesa. E’ morto ieri a Monaco di Baviera il cardinale Leo Scheffczyk. Teologo di fama internazionale, era nato 85 anni fa a Beuthen, nell’arcidiocesi di Breslavia, nell’Alta Slesia. Il cordoglio di Benedetto XVI. Ce ne parla Sergio Centofanti.

 

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Il Papa ha appreso la notizia “con grande tristezza e profonda commozione”. In un telegramma inviato all’arcivescovo di Monaco, il cardinale Friedrich Wetter, Benedetto XVI  ha sottolineato che il cardinale  Scheffczyk “ha dedicato la sua ricca vita sacerdotale e scientifica con instancabile zelo alla comprensione teologica e all’annuncio della Verità divina”. Nella sua fedeltà, nella sua bontà e umiltà – ha aggiunto il Pontefice – “egli rimane un esempio luminoso”.

 

Professore emerito di dogmatica  all’Università di Monaco, il porporato tedesco aveva scritto oltre 80 libri, 500 saggi e innumerevoli  articoli. Studioso di questioni dogmatiche, sosteneva l’autonomia spirituale della teologia e aveva approfondito in particolare la figura di Maria, modello per i cristiani. Ordinato sacerdote a 27 anni, si era laureato in teologia con una tesi sul mistero di Maria. E Benedetto XVI ha evidenziato il fatto che la morte del porporato sia avvenuta proprio nel giorno dell’Immacolata Concezione: “La Vergine Madre di Dio, alla quale il cardinale Scheffczyk è stato legato per tutta la vita con amore di bambino – ha scritto -  lo accompagni nell’eterna dimora del Padre”.

 

Noto per la chiarezza dell’esposizione e la fedeltà al Magistero, nel 1978 era stato nominato Prelato d’onore pontificio e nel 2001   Giovanni Paolo II lo aveva creato cardinale con il titolo diaconale di S. Francesco Saverio alla Garbatella.  È stato tra l’altro consigliere del Pontificio Consiglio per la Famiglia e della Commissione di Fede della Conferenza Episcopale Tedesca. Nel 1994 l'Università Opus Dei di Pamplona lo aveva insignito della laurea ad honorem per il suo contributo alla difesa della dignità dell'uomo. Il porporato viveva ultimamente a Monaco, dove si occupava soprattutto degli anziani in un ospizio comunale.

 

Con la scomparsa del cardinale Scheffczyk, il Collegio Cardinalizio risulta composto da 179 porporati, di cui 111 elettori e 68 non elettori.

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OMAGGIO DEL PAPA ALL’IMMACOLATA IERI  IN PIAZZA DI SPAGNA.

IL PONTEFICE HA INVOCATO L’AIUTO DELLA VERGINE PERCHÉ I CRISTIANI POSSANO PERSEVERARE NELLA SEQUELA DI CRISTO. E RICORDANDO LA CHIUSURA, QUARANT’ANNI FA, DEL CONCILIO VATICANO II IL PAPA HA DETTO DI MARIA: “HA GUIDATO LA CHIESA VERSO LA FEDELE COMPRENSIONE ED APPLICAZIONE DEI DOCUMENTI CONCILIARI”

 

Salutato da migliaia di persone che hanno affollato il suo percorso, Benedetto XVI ieri pomeriggio a Roma ha reso omaggio all’Immacolata in piazza di Spagna. Dalla sua automobile scoperta il Pontefice ha benedetto i fedeli che lo hanno a lungo applaudito. Prima della sua preghiera il Papa ha offerto il suo omaggio a Maria: un cesto di rose. Al termine si è intrattenuto a salutare autorità civili ed alcuni disabili nonostante la pioggia. E prima di rientrare in Vaticano il Santo Padre ha visitato la mostra dedicata al Concilio Vaticano II allestita all’Auditorium in via della Conciliazione. Sentiamo il servizio di Tiziana Campisi.

 

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“In questo giorno dedicato a Maria sono venuto, per la prima volta come Successore di Pietro, ai piedi della statua dell’Immacolata qui, a Piazza di Spagna, ripercorrendo idealmente il pellegrinaggio tante volte fatto dai miei Predecessori. Sento che mi accompagna la devozione e l’affetto della Chiesa che vive in questa città di Roma e nel mondo intero”.

 

La preghiera di Benedetto XVI alla Vergine Maria comincia con queste parole, a precederla una lettura tratta dal profeta Sofonia che nel Nuovo Testamento trova eco nel saluto dell’angelo Gabriele alla giovane promessa sposa di Giuseppe:

 

“Gioisci figlia di Sion, esulta Israele e rallegrati con tutto il cuore Figlia di Gerusalemme!”.

 

Ancora un ricordo a quell’8 dicembre del 1965, quando si concluse il Concilio Vaticano II, poi il Papa ha voluto ricordare il sostegno che la Madonna ha donato ai successori di Pietro nel loro ministero a servizio del Vangelo. E con uno sguardo agli anni trascorsi il Pontefice ha espresso il suo grazie alla Madre Celeste per aver guidato la Chiesa verso la fedele comprensione ed applicazione dei documenti conciliari. Poi ha aggiunto:

 

“Tu, che abbracciando senza riserve la volontà divina, ti sei consacrata con ogni tua energia alla persona e all’opera del Figlio tuo, insegnaci a serbare nel cuore e a meditare in silenzio, come hai fatto Tu, i misteri della vita di Cristo”.

 

Benedetto XVI ha poi invocato l’Immacolata come segno di speranza  e di consolazione cui volgere lo sguardo:

 

“…fa’ che ti sentiamo sempre anche noi vicina in ogni istante dell’esistenza, soprattutto nei momenti di oscurità e di prova. Aiutaci a perseverare nella fedele sequela di Cristo …”.

 

Infine, il Papa ha concluso la sua preghiera chiedendo la pace e la concordia per cristiani e non, perché possano vivere riuniti in un solo popolo di Dio.

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DAL PAPA QUESTA MATTINA I PRESIDENTI DI POLONIA E GUINEA EQUATORIALE

 

Il Santo Padre ha ricevuto questa mattina due capi di Stato:  il presidente della Repubblica polacca Aleksander Kwaśniewski e il  presidente della Repubblica della Guinea Equatoriale Teodoro Obiang Nguema Mbasogo. Questo pomeriggio il Papa riceverà il prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede mons. William Joseph Levada,  con il segretario del medesimo dicastero, mons. Angelo Amato.

 

 

LO SPIRITO SANTO E MARIA SONO I MIGLIORI ALLEATI PER ACCOSTARCI A GESU’

IN QUESTO NATALE: COSI’ PADRE RANIERO CANTALAMESSA NELLA SECONDA

PREDICA D’AVVENTO, ALLA PRESENZA DEL PAPA E DELLA FAMIGLIA PONTIFICIA.

 IL PREDICATORE DELLA CASA PONTIFICIA SI E’ SOFFERMATO

 SULLA DIVINITA’ DI CRISTO NEL VANGELO DI GIOVANNI

 

La divinità di Cristo nel Vangelo di Giovanni: questo il tema della seconda predica di Avvento, tenuta stamani alla presenza del Santo Padre e della Famiglia Pontificia, nella Cappella Redemptoris Mater del Palazzo Apostolico. Il predicatore della Casa Pontificia, padre Raniero Cantalamessa, si è soffermato sull’amore di Gesù per il suo discepolo prediletto, ma anche sul legame straordinario tra l’autore del quarto Vangelo e la Madre di Cristo. Il servizio di Alessandro Gisotti:

 

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Lo Spirito Santo e Maria sono “i due alleati migliori nel nostro sforzo di accostarci a Gesù, di farlo nascere, per fede, nella nostra vita in questo Natale”: è la riflessione offerta da padre Raniero Cantalamessa nella sua seconda predica d’Avvento, tutta incentrata sulla fede in Cristo nel Vangelo di Giovanni. “Solo una certezza rivelata, che ha dietro di sé la forza di Dio”, ha detto, poteva dispiegarsi in un libro arrivando sempre alla stessa conclusione: Gesù di Nazareth è il Figlio di Dio, il Salvatore del mondo:

 

“La divinità di Cristo è la cima più alta, l'Everest, della fede. Molto più difficile che credere semplicemente in Dio. Questa difficoltà è legata alla possibilità e, anzi, alla inevitabilità dello “scandalo”: “ Beato - dice Gesù - chi non si scandalizza di me!” (Mt 11, 6). Lo scandalo dipende dal fatto che a proclamarsi “Dio” è un uomo di cui si sa tutto: “Di costui sappiamo di dove è, “dicono i farisei”.

 

“La possibilità dello scandalo – ha proseguito il predicatore della Casa Pontificia – doveva essere specialmente forte per un giovane ebreo come l’autore del quarto Vangelo, abituato a pensare Dio come il tre volte Santo, colui che non si può vedere e restare in vita”. Ma, ha avvertito, “in ultima analisi lo scandalo si supera solo con la fede. Non bastano ad eliminarlo le prove storiche della divinità di Cristo e del Cristianesimo”:

 

“Non possiamo tirare la conseguenza che Cristo è Dio, semplicemente esaminando quello che conosciamo di lui e della sua vita, cioè mediante l'osservazione diretta. Chi vuol credere in Cristo è obbligato a farsi suo contemporaneo nell'abbassamento, ascoltando la “testimonianza interna” che su di lui ci dà lo Spirito Santo”.

 

E qui padre Cantalamessa ha ricordato quanto affermava Sant’Agostino: “è dalle radici del cuore che sale la fede”. Proprio Giovanni ne è un esempio straordinario:

 

“Giovanni ci offre un fortissimo incentivo a riscoprire la persona di Gesù e a rinnovare il nostro atto di fede in lui. Egli è una testimonianza straordinaria del potere che Gesù può arrivare ad avere sul cuore di un uomo. Ci mostra come sia possibile costruire intorno a Cristo tutto il proprio universo. Riesce a far percepire “la pienezza unica, la meraviglia inimmaginabile che è la persona di Gesù”.

 

Ma come Giovanni è arrivato “ad un’ammirazione così totale e a un’idea così assoluta della persona di Gesù”? La risposta, afferma padre Cantalamessa: è Maria:

 

“Io credo che, dopo che allo Spirito Santo,  ciò sia dovuto al fatto che aveva accanto a sé la Madre di Gesú: che viveva con lei, pregava con lei, parlava con lei di Gesù. Fa una certa impressione pensare che quando concepì la frase: “E il Verbo si è fatto carne”, l’evangelista aveva accanto a sé, sotto lo stesso tetto, colei nel cui seno questo mistero si era compiuto”.

 

Padre Cantalamessa ha sottolineato poi come Giovanni sia vissuto in un contesto culturale, per certi aspetti, simile al nostro in cui il mondo si confronta con l’esperienza del cosmopolitismo, che “annulla le distanze e fa passare in secondo piano le tradizionali distinzioni di cultura e religione”:

 

Ebbene, come si comportò, in una situazione del genere, l’autore del quarto Vangelo? Cercò forse di adattare Gesù a questo clima sincretista in cui tutte le religioni e i culti venivano accolti, purché accettassero di essere parti di un tutto più grande? Niente di tutto questo! Non polemizzò contro nessuno, se non contro i cattivi cristiani e gli eretici all’interno della Chiesa; non si lanciò in polemiche contro altre religioni e culti del tempo”.

 

Giovanni, ha concluso padre Cantalamessa, annunciò semplicemente Cristo come “supremo dono del Padre al mondo”, lasciando “ognuno libero di accoglierlo o meno”.

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DOMANI ALLE 12.00, NELL’AULA PAOLO VI IN VATICANO,

L’INCONTRO DEL PAPA CON I RELIGIOSI E LE RELIGIOSE DELLA DIOCESI DI ROMA

- Intervista con suor Armanda Bausone -

 

Domani alle 12.00 il Papa incontrerà nell’Aula Paolo VI in Vaticano i religiosi e le religiose della diocesi di Roma. L’arrivo del Pontefice sarà preceduto da un momento di preghiera, con la recita del Santo Rosario meditato e la contemplazione dei misteri della gioia. Un incontro particolarmente atteso che riguarda quanti hanno scelto di seguire radicalmente Gesù con i voti di povertà, obbedienza e castità. Sono migliaia i religiosi che operano a Roma: solo le religiose sono oltre 23 mila. Quale il loro servizio? Giovanni Peduto lo ha chiesto a suor Armanda Bausone, segretaria dell’USMI romana, l’Unione Superiore Maggiori Italiane:

 

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R. – La vita religiosa è un impegno per il Regno nei luoghi di conflitto, in quelli in cui bisogna difendere le cause dei poveri, con i malati terminali, nella lotta all’ AIDS, nelle Scuole, Ospedali, Case per anziani, Case per diversamente abili, Parrocchie, Case per madri in difficoltà, Case per il ricupero delle nuove schiave (cioè liberazione delle donne di strada), servizio verso i nomadi e nelle carceri.

 

D. – Operate spesso nel silenzio …

 

R. – Il nostro servizio non è sventolato o divulgato, si lavora tutto per la Vigna del Signore con silenzio ed amore. Molti sono i contatti silenziosi con famiglie per un particolare accompagnamento di aiuto a superare le loro difficoltà. Non dimentichiamo il lavoro svolto nel silenzio dalle Suore Claustrali, di cui Roma è arricchita da 30 Monasteri.

 

D. – Quali sono le vostre principali difficoltà?

 

R. – Il calo delle vocazioni che ci costringe a dire dei “no” a numerose richieste di servizio in vari ambiti. La vita religiosa oggi non è la stessa di cinquant’anni fa, non è fatta per cercare sicurezza, bensì è un cercare a tentoni e accettare rischi e sfide. Una difficoltà si presenta anche nell’interculturalità tra religiose appartenenti allo stesso carisma. Gradualmente supereremo anche questa difficoltà

 

D. – Quali sono le sfide della città?

 

R. – I contraccolpi che provengono dalla globalizzazione, dalla secolarizzazione, dalla poca conoscenza della bellezza di sacrificare il tutto per un “Solo Tutto”.

 

D. – Come portare in modo più efficace il Vangelo alla società di oggi?

 

R. – Essere testimoni della trasfigurante presenza di Cristo, testimoni di gioia e di speranza, vivere la nostra missione, superando le intemperie, riponendo la nostra sicurezza in Cristo e nella Comunità. Prossimità alle “persone”.

 

D. – Come sono viste dai lontani le religiose?

 

R. – I lontani percepiscono il nostro servizio e lo apprezzano. Sentono la mancanza delle religiose specie nelle corsie degli ospedali, negli asili nido ed auspicano una ripresa delle vocazioni religiose.

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LA CHIESA IN VIETNAM E’ VIVA E DINAMICA, TESTIMONE DEL VANGELO IN ASIA.

COSI’ IL CARDINALE SEPE, DI RITORNO DAL PAESE ASIATICO

- Intervista  con il porporato -

 

Il cardinale Crescenzio Sepe, prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli, è appena rientrato a Roma da una vista in Vietnam Tra i momenti salienti della missione, iniziata il 28 novembre scorso e conclusa il 5 dicembre, vi è stata l'ordinazione di 57 nuovi sacerdoti nella cattedrale di Hanoi e la celebrazione per la presa di possesso della nuova diocesi di Ria.  Il cardinale Sepe ha incontrato anche diverse autorità civili, tra cui il primo ministro vietnamita. Ma quale Chiesa ha incontrato in Vietnam? Ascoltiamo lo stesso porporato al microfono di Giovanni Peduto:

 

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R. – Ho incontrato una Chiesa estremamente dinamica e viva, una Chiesa consapevole della propria fede, una Chiesa che vuole manifestare questa fede con grande entusiasmo. Ed è stato questo calore cristiano, questa manifestazione di profonda fede che in qualche modo mi ha commosso. Forse noi non siamo più abituati a queste manifestazioni di fede così sentite, così partecipate, così vive e che comunque hanno lasciato in me l’impressione di una Chiesa che non è soltanto viva ma che è profondamente testimone di una verità nella quale crede fortemente. Una Chiesa che ama Cristo, lo sente suo, che si entusiasma al nome del Papa e una Chiesa che soprattutto vuol partecipare a tutta quella realtà anche di ordine sociale, di ordine culturale che la contraddistingue nell’insieme anche del panorama asiatico.

 

D. – Ci sono prospettive di ulteriori sviluppi nella Chiesa in Vietnam e nei rapporti con le autorità vietnamite?

 

R. – Io credo di sì. Intanto perché negli ultimi anni si sono fatti dei passi molti importanti nel riconoscimento anche da parte del Governo di quella che è l’attività della Chiesa. Certamente il futuro è molto positivo; per esempio, quando alla fine ho presieduto la presa di possesso della nuova diocesi di Bà-Ria e poi l’insediamento del vescovo, anche nei colloqui con le autorità, ci si è accordati che eventuali smembramenti di altri diocesi, non dovrebbero costituire problemi. Quindi una Chiesa che ormai cresce, molto attiva, che sa organizzarsi, che sa progettare non solo per il presente ma anche per il futuro. Una Chiesa che sa suscitare molte vocazioni al sacerdozio, alla vita religiosa. Una Chiesa che si impegna anche nel sociale mettendosi a disposizione per esempio dei malati, degli handicappati, dei portatori del AIDS, ecc. Una Chiesa impegnata su tutti i fronti e che vede la partecipazione di tutto il popolo di Dio, dai vescovi ai sacerdoti, alle religiose ma anche ai laici e soprattutto dei giovani.

 

D. – Eminenza, spostiamo l’attenzione dal Vietnam all’intero continente. Cosa possiamo fare oggi per portare Cristo in Asia, il continente dove è meno conosciuto il Vangelo?

 

R. – Ecco, il continente dove la presenza cristiana cattolica é fortemente minoritaria. Partendo proprio dal Vietnam, direi che la testimonianza di fede, la presa di coscienza della propria identità cristiana, l’entusiasmo con cui si vive la propria fede, questa testimonianza diventa anche strumento di evangelizzazione e possibilità di portare l’annuncio di salvezza di Cristo a coloro che ancora non conoscono.

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 OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

Prima pagina - "L'Immacolata all'uomo di oggi: "Compromettiti con Dio": nella solennità dell'Immacolata Concezione, quarantesimo anniversario della conclusione del Concilio Vaticano II, Benedetto XVI esorta ogni uomo ad imparare da Maria il coraggio di donarsi a Dio per raggiungere l'autentica libertà.

 

Servizio vaticano - All'Angelus il Papa ha detto: Maria ha vegliato con materna premura sui miei Predecessori nel guidare la Chiesa sulla rotta dell'autentico rinnovamento conciliare.

 

Servizio estero - Iraq: trenta morti nell'ennesimo attentato suicida a Baghdad.

 

Servizio culturale - Un articolo di Anna Bujatti dal titolo "La terracotta, lo stucco, la cartapesta 'cantano' la nascita del Bambinello": si apre a Mosca, nella Cattedrale di Cristo Salvatore, la mostra sui Presepi italiani.

 

Servizio italiano - In primo piano la questione del Tav: convocati a Palazzo Chigi autorità locali e regionali piemontesi dopo altri scontri fra dimostranti e forze dell'ordine in Val di Susa.

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

9 dicembre 2005

 

 

NUOVO ATTACCO CONTRO ISRAELE DA PARTE DEL PRESIDENTE IRANIANO

AHMADINEJAD, CHE DEFINISCE LO STATO EBRAICO “UN TUMORE

DA TRASFERIRE IN EUROPA”. UNANIME LA CONDANNA

 DA PARTE DELLA COMUNITA’ INTERNAZIONALE

- Intervista con Ahmad Rafat -

        

Dopo aver invocato qualche mese fa la cancellazione di Israele dalla carta geografica, il presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad in una conferenza stampa a margine del summit dell’Organizzazione della Conferenza islamica a la Mecca, in Arabia Saudita, ha proposto che lo Stato ebraico, definito “un tumore”, si stabilisca in Europa, sul suolo tedesco o austriaco visto che i due Paesi sono stati responsabili dello sterminio di milioni di ebrei durante la Seconda guerra mondiale. Unanime la condanna della comunità internazionale. Il portavoce del ministero degli esteri israeliano Mark Regev ha definito le dichiarazioni di Ahmadinejad ''scandalose e razziste'', mentre il Segretario generale dell’Onu, Kofi Annan, si à detto scioccato. Dura condanna pure dal vertice franco-tedesco di ieri a Berlino, a cui è seguita la dichiarazione preoccupata della Casa Bianca, che ha messo in relazione le parole del presidente iraniano alla delicata questione nucleare di Teheran. Una situazione difficile, dunque, per la Repubblica islamica, che cercherebbe volutamente l’isolamento sul piano diplomatico. Ne è convinto il giornalista iraniano Ahmad Rafat, intervistato da Salvatore Sabatino:

 

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R. – Io credo che cercare l’isolamento sia una scelta del nuovo governo iraniano il quale punta su una rottura dei rapporti costruiti faticosamente negli ultimi 16 anni da due presidenti, Rafsanjani e Khathami, e ritornare agli albori della rivoluzione dove l’Iran stava da una parte e il resto del mondo dall’altra. Credo, quindi, che Ahmadinejad non rilasci queste dichiarazioni per mancanza di esperienza internazionale, ma che sia una politica voluta con una linea che vorrebbe portare l’Iran all’isolamento e pertanto ad una rottura dei rapporti con il mondo.

 

D. – Sul fronte interno, quale sarà a questo punto la risposta dei moderati iraniani nei confronti del presidente?

 

R. – Il silenzio totale. Perché ci sono alcune linee rosse che in Iran nessuno ha il coraggio di oltrepassare. Una di queste, nel momento storico che stiamo vivendo, è il riconoscimento di Israele. Quando Ahmadinejad parlò di “cancellare Israele dalla mappa del mondo”, tutti i moderati – Khathami in testa – si limitarono a dire che non era il momento e che queste dichiarazioni non convenivano all’Iran, oppure che ad esternazioni simili, sulle linee generali della politica estera del Paese, avrebbe dovuto rispondere l’Ayatollah Khamenei, la guida della rivoluzione. Pertanto, non credo che questa volta la linea sarà diversa. Ci sarà o il silenzio o qualche dichiarazione per evitare di affrontare il problema e di condannare le dichiarazioni del presidente.

 

D. – Gli Stati Uniti si sono detti “preoccupati” per la posizione di Teheran nei confronti di Israele, tirando in ballo anche la delicata questione nucleare iraniana. Non si rischia di innescare una crisi senza ritorno?

 

R. – Il rischio c’è. E le preoccupazioni anche, perché se è vero - come sostengono le autorità della Repubblica islamica - che dichiarazioni simili su Israele le rilasciò immediatamente negli anni successivi alla vittoria della rivoluzione l’Ayatollah Khomeini, il fondatore della Repubblica islamica, è anche vero che all’epoca l’Iran non aveva iniziato un programma nucleare ed è vero che non era, come oggi, a pochi mesi o pochi anni dalla possibile costruzione di una bomba nucleare. Pertanto, le dichiarazioni minacciose di Ahmadinejad, messe in relazione con la politica nucleare, rendono nervoso l’Occidente e ovviamente spaventano Israele e alcuni Paesi arabi della regione. Non bisogna dimenticare, infatti, che non è solo Israele ad essere preoccupata della politica nucleare iraniana, ma anche i Paesi arabi del Golfo che la settimana scorsa, nel loro vertice del Consiglio di Cooperazione del Golfo, hanno espresso preoccupazione per questa politica.

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CHIESA E SOCIETA’

9 dicembre 2005

 

 

la riforma scolastica del governo riduce l’autonomia

degli istituti cattolici di Hong Kong. “Senza libertà

chiudiamo le scuole”, avverte Joseph Zen Ze-kiu, vescovo del territorio

 

HONG KONG. = Mons. Zen si è espresso il giorno dopo la presentazione, da parte della diocesi, di un ricorso legale contro la nuova legge sull’educazione (Education Ordinance, EO), entrata in vigore lo scorso anno. Lo riferisce l’agenzia AsiaNews. Il presule si è detto pronto a portare il ricorso davanti alla Corte finale di appello se dovesse perdere davanti a quella di prima istanza. L’obiettivo è di proseguire nell’educare secondo la filosofia cattolica. “Se abbiamo la possibilità di farlo, lo faremo. Altrimenti – ha specificato mons. Zen – almeno avremo fatto del nostro meglio”. Approvata dal Dipartimento dell’educazione, la legge garantisce diversi benefici per le scuole che la mettono in atto da subito. Quelle che si rifiutano di applicarla, saranno invece penalizzate soprattutto nella definizione dei programmi educativi. Secondo la legge, infatti, ogni scuola sostenuta economicamente dal governo deve approntare un comitato organizzativo interno con valore legale separato da quello delle istituzioni educative. Il governo sostiene che questo permetta maggiore trasparenza e democrazia, tuttavia, per i gestori scolastici è solo una manovra per intromettersi nella gestione interna. Mons. Zen non ha fornito il numero preciso di istituzioni interessate, ma ha spiegato che la diocesi esaminerà la situazione di ogni singolo caso. La diocesi di Hong Kong è responsabile di circa 300 scuole, dall'asilo alla scuola superiore. (E. B.)

 

 

La Conferenza episcopale lituana (LBC) si unisce all'iniziativa

della Caritas nazionale esortando sacerdoti e fedeli

a diffondere informazioni SUL TRAFFICO DI DONNE

AI FINI DElla prostituzione

 

VILNIUS. = Durante una conferenza stampa congiunta con la Caritas Lituana, nei giorni scorsi, i vescovi locali hanno chiesto ai sacerdoti di offrire sostegno ai parrocchiani in casi sospetti di proposte di lavoro all’estero. Proposte, queste, che spesso hanno ingannato giovani donne costringendole alla prostituzione. Un’attività informativa ed educativa, dunque, che per il presidente della Conferenza episcopale lituana, arcivescovo Sigitas Tamkevicius, probabilmente diminuirà i casi di raggiro, specialmente nei villaggi più piccoli.  Dal canto suo, il direttore della Caritas Lituana, Robertas Grigas, ha specificato che l’iniziativa è incoraggiata dalle istituzioni britanniche, “preoccupate dall’alta presenza di donne lituane tra quelle rinchiuse nelle case illegali di tolleranza del Paese”. In Lituania l’impegno della Caritas nel campo non è nuovo. Dal 2002, infatti, l’organismo, assieme ad altre fondazioni caritative straniere, e attraverso finanziamenti del governo, promuove il progetto “Aiuto per le vittime della prostituzione e del traffico di esseri umani”. Un programma che, finora, ha aiutato concretamente circa 300 donne che hanno deciso di abbandonare il mondo della prostituzione. (E. B.)

 

 

per promuovere sviluppo servono riforme delle politiche agricole

incentrate sulle persone e non sugli affari. E’ l’esortazione

della Conferenza episcopale irlandese, in vista del vertice dell’organizzazione mondiale per il commercio,

che si aprirà il prossimo 13 dicembre ad Hong Kong

 

DUBLINO. = L’eliminazione dei sussidi all’export agricolo di cui godono i Paesi ricchi; la riduzione delle misure di sostegno che distorcono il commercio; l’avvio di politiche che assicurino aiuti alla piccola produzione su scala familiare. Sono alcune delle aree segnalate dalla Commissione irlandese per la giustizia e gli affari sociali (ICJSA) della Conferenza episcopale d’Irlanda, in vista del sesto vertice dell’Organizzazione Mondiale per il Commercio (WTO), in programma dal 13 al 18 dicembre ad Hong Kong. L’appuntamento – affermano i vescovi in una nota - rappresenta un’ottima opportunità per definire norme che garantiscano sicurezza alimentare, certezza del sostentamento, promuovendo obiettivi di sviluppo rurale. Come già sottolineato dai vescovi in altri documenti, non si deve perdere di vista l’impegno per il bene comune mondiale. Per i presuli, infatti, la persona umana è l’unico vero obiettivo di ogni relazione economica e sociale. Da qui l’invito a ponderare ogni decisione in relazione all’impatto nei Paesi in via di sviluppo. Servono analisi – si specifica nel documento – “per garantire ai poveri il diritto di determinare quale livello di liberalizzazione sia compatibile con i propri obiettivi di sviluppo”. Proprio nel quadro della liberalizzazione è necessario inoltre che il WTO, attraverso il ‘Fondo di aiuti per il commerciò, promuova un sistema di infrastrutture tecniche per i Paesi poveri. Oggi, rileva la Commissione, “un miliardo e 200 milioni di persone nel mondo vive con meno di un dollaro al giorno, e la sopravvivenza per la maggior parte di loro dipende dall’agricoltura”. Questi saranno, dunque, i primi a subire, o a beneficiare, le conseguenze delle decisioni di Hong Kong. I vescovi irlandesi, infine, lodano gli aiuti alimentari di emergenza. Nello stesso tempo però avvertono che i produttori locali sono spesso danneggiati dai prodotti a basso prezzo immessi nel mercato. Alla luce di questa realtà, conclude la Commissione, occorre quindi “un'attenta valutazione per escludere impatti negativi a lungo termine sullo sviluppo delle popolazioni indigene”. (E. B.)

 

 

A due mesi dal sisma in Pakistan la caritas stanzia un piano di aiuti

per oltre 5,7 milioni di euro a beneficio di oltre 5 mila famiglie

 

ISLAMABAD. = 75.000 morti solo in Pakistan, 1.400 in India; quasi altrettanti i feriti nelle province dell’estremo nord ovest pakistano e del Kashmir indiano; oltre 3 milioni i senza tetto. E’ il triste bilancio del terremoto che lo scorso 8 ottobre ha devastato la regione dell’Asia. A due mesi dal sisma, Caritas Pakistan, con il sostegno della rete internazionale, ha avviato un piano di aiuti per oltre 5,7 milioni di euro, mentre Caritas India ha elaborato un programma per più di 4,5 milioni di euro. Finora, in Pakistan la Caritas ha distribuito migliaia di tende, oltre 12 mila coperte più di 500 kit con beni di prima necessità non alimentari. Sono stati vaccinati, inoltre, più di 15.000 bambini contro il tetano, la poliomielite ed il morbillo. Il sostegno è stato destinato a 79 villaggi delle province di Abbottabad, Mansehra e Battagram, raggiungendo circa 3.500 famiglie. Si stima, però, che circa 200.mila persone vivono ancora isolate nei villaggi di montagna, senza ripari dal rigido inverno e con scarsissime scorte alimentari. Il lavoro della Caritas continua, dunque, con la distribuzione dei generi di prima necessità, nonostante le abbondanti nevicate e le continue scosse di assestamento causino frane che bloccano le strade. Lo staff Caritas si sta concentrando in questa fase sui distretti di Boi e Dilola, dai quali partono i team di soccorso per i villaggi lungo le valli. In molti casi i volontari si muovono con mezzi di fortuna, con carovane di muli o asini, con mezzi fuoristrada messi a disposizione dalla popolazione e, quando possibile, con camion ed elicotteri. Intanto si sta già progettando la fase di riabilitazione, con un articolato programma per circa 5 mila famiglie. Molteplici gli interventi previsti: dal riavvio delle attività produttive compromesse (agricoltura, artigianato, piccolo commercio), alla fornitura di assistenza sanitaria di lungo periodo, alla ricostruzione delle abitazioni. (E. B.)

 

 

“Libera la pace che è in te”. è il titolo della campagna,

Partita ieri da Napoli, per togliere le armi-giocattolo

dalle mani dei bambini

al fine di promuovere una cultura di pace e legalità

 

NAPOLI. Anche quest’anno don Silvio Mantelli, sacerdote salesiano, in vista del Natale, invita i bambini d’Italia a consegnare le proprie armi-giocattolo, con la promessa di non farne più uso e di vivere in pace con giochi sani e creativi. Ogni bimbo che deporrà le proprie armi-giocattolo, o affermerà di non averne mai fatto uso, riceverà dal “Mago Sales” – nome d’arte di don Silvio - un attestato e una bacchetta magica. Il quartiere napoletano di Scampia, al centro della cronaca italiana per fatti violenti, è stato il punto di partenza del tour di spettacoli e di raccolta di armi-giocattolo che toccherà diverse scuole della città di Napoli e della provincia. Con l’obiettivo di promuovere una cultura di pace e legalità, il tour farà anche tappa in varie città d’Italia fino ad arrivare, il prossimo 21 marzo, a Torino. Recentemente il Mago Sales è stato nel Nord dell’Uganda, dove da anni si consuma una guerra atroce che coinvolge molti bambini, rapiti e obbligati a combattere. La Fondazione Mago Sales propone di legare il disarmo dei bambini ad una raccolta di fondi per la liberazione dei bambini soldato in Uganda. (E. B.)

 

 

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24 ORE NEL MONDO

9 dicembre 2005

 

 

- A cura di Amedeo Lomonaco e Antonella Ratti -

 

In Turchia, quattro soldati sono rimasti uccisi durante scontri tra forze governative e ribelli curdi nel sud est del Paese. Questa nuova ondata di violenze costituisce una grave minaccia per la precaria stabilità del Kurdistan. Il nostro servizio:

 

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Gli scontri – rivelano fonti locali – sono scoppiati tra soldati e militanti del PKK, il partito dei lavoratori del Kurdistan, nella provincia di Sirnak vicino al confine con Iraq e Siria. Aerei militari hanno bombardato l’area e i soldati hanno condotto operazioni per scovare militanti curdi. Il conflitto in Kurdistan, ormai trentennale, ha causato la morte di oltre 30 mila persone. I curdi, più di 25 milioni sparsi in un’area che comprende Turchia, Siria, Iraq, Iran e Armenia, rivendicano l’indipendenza. Le speranze per la nascita di uno Stato curdo, frustrate dai Trattati di Sevres nel 1920 e di Losanna nel 1923, hanno prodotto un clima di insoddisfazione. In questo contesto è nato il Partito dei lavoratori curdi fondato nel 1973 su forte ispirazione marxista. Dopo l’arresto del leader del PKK, Abdullah Ocalan, avvenuto nel 1999, i ribelli avevano scelto di interrompere la lotta armata per ottenere, attraverso l’impegno politico, il riconoscimento dei diritti civili e una maggiore autonomia. Ma la situazione di questa area è tornata ad essere instabile dopo l’annuncio nel 2004, da parte del PKK, della fine di un periodo di tregua unilaterale.

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In Iraq torna in primo piano il dramma dei sequestri dopo l’annuncio ieri, da parte del sedicente ‘Esercito islamico’, dell’uccisione dell’ostaggio Ronald Schulz, consulente americano per la sicurezza. La notizia, diffusa su un sito Internet estremista e al momento non verificabile, non è stata confermata dalla Casa Bianca. Nel Paese arabo cresce, inoltre, l’ansia per la sorte degli altri stranieri rapiti dai ribelli. Gli occidentali, attualmente tenuti in ostaggio, sono l’archeologa tedesca sequestrata lo scorso 25 novembre a Ninive con il suo autista, i quattro operatori umanitari – due britannici , un canadese e uno statunitense - di una organizzazione cristiana rapiti da un gruppo di guerriglieri e l’ingegnere francese prelevato da uomini armati davanti alla sua casa a Baghdad. Il segretario generale delle Nazioni Unite, Kofi Annan, si è detto “costernato” da questa ondata di sequestri e ha lanciato un nuovo appello per la liberazione di tutti gli ostaggi iracheni e stranieri. Le autorità militari statunitensi hanno approntato, intanto, piani che prevedono l’immediato rimpatrio di oltre 3500 soldati dall’Iraq e dall’Afghanistan. Il segretario alla Difesa americano, Donald Rumsfeld, ha dichiarato, inoltre, che dopo le elezioni irachene del prossimo 15 dicembre, gli Stati Uniti potrebbero ritirare dall’Iraq 30 mila uomini, 10 mila in più del previsto.

 

Cresce la pressione della giustizia internazionale sui principali accusati per crimini di guerra nella ex Jugoslavia. Con l’arresto di ieri in Spagna del generale croato Ante Gotovina, ricercato dal Tribunale Penale Internazionale dell’Aja, si infittiscono le indagini sugli altri due latitanti eccellenti: Ratko Mladic, ex capo delle forze militari serbo-bosniache, e Radovan Karadzic, che durante le guerre jugoslave era la guida politica dei serbi di Bosnia. Ma l’arresto di Gotovina può dare il via libera dell’Unione europea a Zagabria, visto che Bruxelles aveva condizionato l’ingresso alla cattura dell’ex generale? Roberto Piermarini lo ha chiesto a Ingrid Badurina, corrispondente dai Balcani per il quotidiano La Stampa:

 

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R. – Credo che, risolto questo problema, la situazione sarà molto più semplice, con una minore tensione nei rapporti tra le due parti. Ora incomincia un processo normale e regolare in cui la Croazia dovrà portare avanti tutto il discorso su tutti gli altri standard da soddisfare per entrare nell’Unione.

 

D. – Quale prezzo politico dovrà pagare il premier Sanader, visto che molti croati considerano Gotovina un eroe nazionale?

 

R. – Credo che Sanader abbia superato, negli ultimi anni, parecchie situazioni critiche. Una delle più difficili si è avuta a marzo di quest’anno, quando l’Unione Europea aveva respinto la Croazia. Successivamente, l’Unione Europea ha dimostrato di voler prendere in considerazione il piano per un’adesione della Croazia all’Europa. Quindi, credo che Sanader sia un premier capace di affrontare questo tipo di situazioni. Alcuni partiti politici dell’opposizione hanno sollevato la questione di Gotovina definendo la giornata di ieri un giorno di lutto per la Croazia. Però credo che l’opinione pubblica croata, nonostante qualcuno consideri l’ex generale un eroe, si sia comunque un po’ stancata di tutta questa situazione. Il fatto che il caso ‘Gotovina’ abbia impedito alla Croazia di essere pienamente accolta nella Comunità internazionale, è stato un elemento che ha un po’ logorato questo appoggio al generale. Credo che effettivamente oggi ci sia più indifferenza di quello che potrebbe apparire.

 

D. – Ecco, dalla Croazia al fronte bosniaco, ora restano i latitanti eccellenti Karadzic e Mladic. Ma come mai non si riesce a catturarli?

 

R. –Credo che questo sia, sicuramente, un problema della Serbia. Ma è anche un problema della Comunità internazionale. Non si devono dimenticare, infatti, tutti i vari tentativi falliti di catturare Karadzic in Bosnia. Non si capisce come non sia ancora stato arrestato. Io credo che, un po’ da tutte le parti, verrà esercitata adesso maggiore pressione su Belgrado. Forse anche le istituzioni internazionali si daranno più da fare per arrestare Karadzic e Mladic.

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In Thailandia, sale a 14 il numero dei decessi per influenza aviaria. La conferma arriva dal ministero della Salute tailandese, che ha annunciato stamani la morte, avvenuta lo scorso 7 dicembre, di un bambino di 5 anni che aveva contratto il virus H5N1. Il nostro servizio:

 

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Al momento, non sono ancora note le cause di questo nuovo contagio: nessuna morte sospetta di volatili era stata infatti segnalata nell’area in cui la vittima risiedeva, la provincia centrale di Nakhon Nayok. La Thailandia, grande esportatrice di pollame, da due anni ha adottato forti misure di contenimento per evitare la propagazione del morbo. Il Paese parteciperà la prossima settimana ad un summit che riunirà a Kuala Lumpur, capitale della Malaysia, gli Stati più colpiti dall’influenza aviaria. L’obiettivo di questo vertice sarà quello di fissare una strategia comune di lotta del virus, che nel Sud-est asiatico ha ucciso finora più di 60 persone. Un nuovo caso di contagio è stato registrato ieri in Cina. Nel nord-est del Paese una donna di 31 anni si sarebbe ammalata, dopo essere entrata in contatto con degli uccelli morti. Quest’anno, in Cina, sono stati segnalati in undici province almeno 30 focolai di influenza aviaria, dei quali 9 nella sola regione autonoma dello Xinjiang, nel nord-ovest. Intanto, anche in Zimbabwe crescono le preoccupazioni per una diffusione del morbo. Le autorità sanitarie hanno individuato infatti, nel sud del Paese, due focolai del virus H5N2.  Si tratta di una variante diversa da quella che ha colpito Asia ed Europa. Il virus H5N2 è apparso per la prima volta nel continente africano nel marzo 2004, colpendo alcuni allevamenti in Sud-Africa.

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In Cina, migliaia di poliziotti sono stati dispiegati nei dintorni di un villaggio della provincia meridionale di Guandong, teatro nei giorni scorsi di diverse manifestazioni organizzate per denunciare il basso compenso ricevuto dai contadini per l’esproprio delle loro terre. La polizia antisommossa – riferiscono fonti locali – avrebbe sparato sui dimostrati provocando la morte di almeno 10 persone. Le terre espropriate serviranno per consentire la costruzione di una centrale elettrica.

 

In Russia, inaugurati i lavori di costruzione di un maxi-gasdotto russo-tedesco. La cerimonia di apertura si è tenuta a Babaïevo, 450 km a nord dalla capitale moscovita, alla presenza del capo del governo russo, Mikhaïl Fradkov, e del ministro tedesco dell’Economia e delle Tecnologie, Michael Glos. Il gasdotto, lungo circa 1.200 km, collegherà la città di Vyborg, a nord di San Pietroburgo, con quella di Greifswald, sulla costa orientale tedesca, passando sotto il Mar Baltico. L’ambizioso progetto, frutto di un accordo firmato a Berlino lo scorso settembre dall’ex-cancelliere tedesco, Gerhard Schröder, e dal leader del Cremino, Vladimir Putin, è visto tuttavia con timore dalla Polonia e dalle tre Repubbliche baltiche. L’ex presidente della Lituania, Vytautas Landsbergis, ha dichiarato infatti che la Russia potrà così imporre un regime di monopolio nella determinazione dei prezzi energetici e avere un’influenza sulla politica degli Stati limitrofi. 

 

Operazione anti-terrorismo in Spagna: sette persone sospettate di finanziare le attività terroristiche degli integralisti islamici sono state arrestate, stamani, in diverse località della Costa del Sol, nel sud del Paese. E’ ancora ignota la nazionalità degli indagati, 6 uomini e una donna, al momento trattenuti dalle forze di sicurezza locali. La Spagna è stata teatro l‘11 marzo 2004, di una serie di drammatici attacchi contro le stazioni di Madrid costati la vita a 191 persone.   

 

In Venezuela, un gruppo di parlamentari capeggiati dal presidente dell’Assemblea nazionale, Nicolas Maduro, ha affermato che il governo ha smascherato un complotto della CIA contro il presidente Hugo Chavez. Secondo i deputati venezuelani, il piano era finalizzato a promuovere disordini e a far fallire il processo democratico nel Paese sudamericano. I servizi segreti statunitensi hanno definito “assurde” tali accuse.

 

In Sudan, l’esercito ha reso noto che i ribelli hanno ucciso, nei giorni scorsi, sei soldati nella martoriata regione del Darfur. Il generale Abdul Rahman ha precisato che i guerriglieri hanno bloccato una strada e hanno teso un’imboscata ai militari che stavano bonificando l’area circostante dalle mine. La guerra in Darfur ha provocato, a partire dal 2003, oltre 180 mila morti e più di due milioni di sfollati. L’ultima serie di negoziati di ad Abuja, in Nigeria, si è conclusa questa settimana. Ma in oltre un anno di colloqui non si è riusciti ancora a raggiungere un accordo definitivo per la regione, dove secondo le Nazioni Unite è in corso la più grave crisi umanitaria mondiale.

 

Il presidente della Repubblica italiana, Carlo Azeglio Ciampi, festeggia oggi il suo 85.mo compleanno. Nato a Livorno il 9 dicembre del 1920, Ciampi è stato nominato governatore della Banca d’Italia nel 1979. Nel 1994 è stato nominato presidente del Consiglio e ha guidato un governo di transizione. Il 13 maggio del 1999 è stato eletto presidente della Repubblica. La sua elezione al Quirinale è da record: al primo scrutinio ha ottenuto 707 voti, 33 in più del quorum. Ciampi ha già anticipato che al termine del suo mandato, a maggio, penserà a fare il nonno.

 

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