RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLIX n.
343 - Testo della trasmissione di venerdì 9 dicembre 2005
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
E’ morto ieri il cardinale Leo Scheffczyk.
Aveva 85 anni. Il cordoglio del Papa
Omaggio del Papa all’Immacolata ieri in Piazza di
Spagna
OGGI IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
Iniziativa della Conferenza Episcopale Lituana
contro lo sfruttamento sessuale delle donne
Si aprirà il 13 dicembre ad Hong
Kong il Vertice dell’Organizzazione
Mondiale per il Commercio
In Turchia morti quattro militari in scontri tra soldati e ribelli curdi
9
dicembre 2005
IL PAPA RICEVE UNA
DELEGAZIONE DEL CONSIGLIO METODISTA MONDIALE
ED EVIDENZIA I PASSI IN
AVANTI DEL DIALOGO TEOLOGICO
- Intervista con il
vescovo Sunday Mbang -
Un
dialogo laborioso, iniziato sul finire degli anni ‘60, e che ha segnato negli
ultimi anni tappe importanti di riavvicinamento tra la Chiesa cattolica e la
Chiesa metodista. Di queste istanze si è
fatta portavoce stamane in Vaticano una delegazione di alto livello del
Consiglio Metodista Mondiale (WMC) - guidata dal vescovo Sunday
Mbang della Chiesa metodista
di Nigeria - che ha voluto incontrare Benedetto XVI all’inizio del suo
Pontificato, per confermare l’impegno a sviluppare fruttuose relazioni. Il
servizio di Roberta Gisotti.
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Un “dialogo paziente e
perseverante”, avviato fin dal 1967, come ha ricordato il Papa ricevendo “con grande gioia” la delegazione metodista. Dialogo – ha detto -
“che ha trattato i maggiori temi teologici, quali: rivelazione e fede,
tradizione e autorità d’insegnamento nella Chiesa”. E “questi sforzi sono stati
espliciti nell’individuare le aree di divergenza” ma
“hanno anche dimostrato un considerevole grado di convergenza e sono degni di
riflessione e di studio” Quindi – ha sottolineato il Santo Padre – “il nostro
dialogo e i molti modi attraverso quali Cattolici e Metodisti si sono meglio
conosciuti ci hanno permesso di riconoscere insieme alcuni di questi “tesori
cristiani di grande valore” e “di parlare con voce comune nell’affrontare
questioni etiche e sociali in un mondo sempre più secolarizzato”.
Del resto 40 anni fa Paolo VI,
alla fine del Concilio ecumenico Vaticano II - come ha rievocato Benedetto XVI
– esprimeva la speranza che le differenze tra Cristiani potessero essere
risolte “lentamente, gradualmente, amorevolmente, generosamente”.
Benedetto XVI si è detto poi
incoraggiato dall’iniziativa che dovrebbe portare i membri delle Chiese del
Consiglio Metodista Mondiale ad aderire alla
Dichiarazione congiunta sulla Dottrina della giustificazione, firmata nel 1999
dalla Chiesa cattolica e dalla Federazione Luterana Mondiale, e che ora sarà
ufficialmente sottoposta all’approvazione della Conferenza del Consiglio
Metodista Mondiale, in programma nel 2006 a Seoul.
Questa adesione – ha dichiarato il Papa – sarebbe “un significativo
passo verso l’obiettivo fissato di una piena visibile unità nella fede”.
Da parte sua il vescovo
nigeriano Sunday Mbang, capo
della delegazione medodista, ha ribadito
che grazie al dialogo “molti pregiudizi sono stati rimossi”, citando anche il
contributo dato da Giovani Paolo II. “Come Metodisti - ha affermato –noi
sappiamo che abbiamo molto da imparare ed accettare dalla Chiesa cattolica e
crediamo e speriamo anche che abbiamo un contributo da dare verso la pienezza
della cattolicità nell’unica Chiesa di Gesù Cristo”
Da ricordare che oggi sono circa
50 milioni i Metodisti nel mondo, movimento nato nel XVIII secolo ad opera del pastore anglicano John Wesley.
Numerosi gli scismi nello stesso mondo metodista, che hanno poi maturato
l’esigenza di importanti fusioni nei due principali
Paesi di adesione al movimento: da qui la nascita nel 1932 della Chiesa
metodista d’Inghilterra e nel 1968 della Chiesa Unita Metodista negli Stati
Uniti e prima ancora c’era stata la fondazione nel 1881 del Consiglio Metodista
Mondiale.
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Ed ora
una testimonianza diretta del vescovo Sunday Mbang, sui progressi raggiunti nel dialogo tra Metodisti e
Cattolici, in particolare nel suo Paese la Nigeria.
Ascoltiamolo al microfono di Philippa Hitchen:
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R. – YES. WE’VE DONE THE
DIALOGUE FOR 40 YEARS …
Certo. Stiamo seguendo questo
dialogo da 40 anni. Quando abbiamo incontrato il cardinale Kasper,
gli abbiamo detto che ora desideriamo che i frutti di
questo dialogo si vedano ovunque, cioè, per esempio che i cattolici della
Nigeria ed i metodisti della Nigeria inizino a collaborare in tutte quelle aree
in cui abbiamo raggiunto un accordo, ed anche – dove possibile – in quegli
ambiti in cui ancora non c’è accordo totale. Dovremmo anche iniziare a condurre
questi dialoghi a livello locale. Forse l’accordo in quegli ambiti in cui
ancora differiamo potrà essere maggiore proprio a
livello locale: io so bene che in Nigeria noi siamo molto vicini ai cattolici.
Due anni fa, quando ho conferito l’ordinazione episcopale ai miei vescovi, ho
invitato alla cerimonia l’arcivescovo cattolico di Abuja, mons. Onaiyekan, e gli ho
chiesto di tenere l’omelia per i nostri nuovi vescovi. Ecco, quindi il dialogo
ha fatto grandi progressi, sicuramente in molti Paesi africani. E anche in Europa cattolici e metodisti lavorano insieme molto
efficacemente: tutto grazie a questo dialogo!
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E’ MORTO IERI A MONACO
IL CARDINALE TEDESCO LEO SCHEFFCZYK.
TEOLOGO DI
FAMA INTERNAZIONALE, AVEVA 85 ANNI.
IL CORDOGLIO DEL PAPA: ERA LEGATO ALLA MADRE DI
DIO CON AMORE DI BAMBINO
Lutto nella Chiesa. E’ morto
ieri a Monaco di Baviera il cardinale Leo Scheffczyk.
Teologo di fama internazionale, era nato 85 anni fa a Beuthen, nell’arcidiocesi di Breslavia,
nell’Alta Slesia. Il cordoglio di Benedetto XVI. Ce ne parla Sergio Centofanti.
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Il Papa ha appreso la notizia
“con grande tristezza e profonda commozione”. In un
telegramma inviato all’arcivescovo di Monaco, il cardinale Friedrich
Wetter, Benedetto XVI ha sottolineato che il cardinale Scheffczyk “ha
dedicato la sua ricca vita sacerdotale e scientifica con instancabile zelo alla
comprensione teologica e all’annuncio della Verità divina”. Nella sua fedeltà,
nella sua bontà e umiltà – ha aggiunto il Pontefice –
“egli rimane un esempio luminoso”.
Professore emerito di dogmatica all’Università di
Monaco, il porporato tedesco aveva scritto oltre 80 libri, 500 saggi e
innumerevoli articoli. Studioso di
questioni dogmatiche, sosteneva l’autonomia spirituale della teologia e aveva
approfondito in particolare la figura di Maria, modello per i cristiani.
Ordinato sacerdote a 27 anni, si era laureato in teologia con una tesi sul
mistero di Maria. E Benedetto XVI ha evidenziato il fatto che
la morte del porporato sia avvenuta proprio nel giorno dell’Immacolata
Concezione: “La Vergine Madre di Dio, alla quale il cardinale Scheffczyk è stato legato per tutta la vita con amore di
bambino – ha scritto - lo accompagni
nell’eterna dimora del Padre”.
Noto per la chiarezza
dell’esposizione e la fedeltà al Magistero, nel 1978 era stato
nominato Prelato d’onore pontificio e nel 2001
Giovanni Paolo II lo aveva creato cardinale con il titolo diaconale di S. Francesco Saverio alla Garbatella. È stato tra l’altro consigliere del
Pontificio Consiglio per la Famiglia e della Commissione di Fede della Conferenza Episcopale Tedesca. Nel 1994 l'Università Opus Dei di Pamplona
lo aveva insignito della laurea ad honorem per il suo contributo alla difesa
della dignità dell'uomo. Il porporato viveva ultimamente a Monaco, dove si
occupava soprattutto degli anziani in un ospizio comunale.
Con la scomparsa del cardinale Scheffczyk,
il Collegio Cardinalizio risulta composto da 179
porporati, di cui 111 elettori e 68 non elettori.
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OMAGGIO DEL PAPA ALL’IMMACOLATA
IERI IN PIAZZA DI SPAGNA.
IL PONTEFICE HA INVOCATO L’AIUTO
DELLA VERGINE PERCHÉ I CRISTIANI POSSANO PERSEVERARE NELLA SEQUELA DI
CRISTO. E RICORDANDO LA CHIUSURA, QUARANT’ANNI
FA, DEL CONCILIO VATICANO II IL PAPA HA DETTO DI MARIA: “HA GUIDATO LA CHIESA
VERSO LA FEDELE COMPRENSIONE ED APPLICAZIONE DEI DOCUMENTI CONCILIARI”
Salutato da migliaia di persone
che hanno affollato il suo percorso, Benedetto XVI ieri pomeriggio a Roma ha
reso omaggio all’Immacolata in piazza di Spagna. Dalla sua automobile scoperta
il Pontefice ha benedetto i fedeli che lo hanno a lungo applaudito. Prima della
sua preghiera il Papa ha offerto il suo omaggio a Maria: un cesto di rose. Al
termine si è intrattenuto a salutare autorità civili
ed alcuni disabili nonostante la pioggia. E prima di
rientrare in Vaticano il Santo Padre ha visitato la mostra dedicata al Concilio
Vaticano II allestita all’Auditorium in via della Conciliazione. Sentiamo il
servizio di Tiziana Campisi.
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“In questo giorno dedicato a Maria sono venuto, per la prima volta
come Successore di Pietro, ai piedi della statua dell’Immacolata qui, a Piazza
di Spagna, ripercorrendo idealmente il pellegrinaggio tante
volte fatto dai miei Predecessori. Sento che mi accompagna la devozione
e l’affetto della Chiesa che vive in questa città di Roma e nel mondo intero”.
La preghiera di Benedetto XVI
alla Vergine Maria comincia con queste parole, a precederla una lettura tratta
dal profeta Sofonia che nel Nuovo Testamento trova
eco nel saluto dell’angelo Gabriele alla giovane promessa sposa di Giuseppe:
“Gioisci figlia di Sion, esulta Israele e rallegrati con tutto il
cuore Figlia di Gerusalemme!”.
Ancora un ricordo a quell’8
dicembre del 1965, quando si concluse il Concilio
Vaticano II, poi il Papa ha voluto ricordare il sostegno che la Madonna ha
donato ai successori di Pietro nel loro ministero a servizio del Vangelo. E con uno sguardo agli anni trascorsi il Pontefice ha
espresso il suo grazie alla Madre Celeste per aver guidato la Chiesa verso la
fedele comprensione ed applicazione dei documenti conciliari. Poi ha aggiunto:
“Tu, che abbracciando senza riserve la volontà divina, ti sei
consacrata con ogni tua energia alla persona e all’opera del Figlio tuo,
insegnaci a serbare nel cuore e a meditare in silenzio, come hai fatto Tu, i
misteri della vita di Cristo”.
Benedetto XVI ha poi invocato
l’Immacolata come segno di speranza e di consolazione cui volgere lo
sguardo:
“…fa’ che ti sentiamo sempre anche noi vicina in ogni istante
dell’esistenza, soprattutto nei momenti di oscurità e
di prova. Aiutaci a perseverare nella fedele sequela di Cristo …”.
Infine, il Papa ha concluso la sua preghiera chiedendo la pace e la concordia
per cristiani e non, perché possano vivere riuniti in un solo popolo di Dio.
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DAL PAPA QUESTA MATTINA I PRESIDENTI DI POLONIA E
GUINEA EQUATORIALE
Il Santo Padre ha ricevuto
questa mattina due capi di Stato: il presidente della Repubblica polacca
Aleksander Kwaśniewski
e il presidente della Repubblica della
Guinea Equatoriale Teodoro Obiang Nguema
Mbasogo. Questo pomeriggio il Papa riceverà il
prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede mons. William Joseph Levada, con il segretario del medesimo
dicastero, mons. Angelo Amato.
LO SPIRITO SANTO E MARIA SONO I MIGLIORI ALLEATI
PER ACCOSTARCI A GESU’
IN
QUESTO NATALE: COSI’ PADRE RANIERO CANTALAMESSA NELLA SECONDA
PREDICA
D’AVVENTO, ALLA PRESENZA DEL PAPA E DELLA FAMIGLIA PONTIFICIA.
IL PREDICATORE DELLA CASA PONTIFICIA SI E’ SOFFERMATO
SULLA DIVINITA’ DI
CRISTO NEL VANGELO DI GIOVANNI
La
divinità di Cristo nel Vangelo di Giovanni: questo il tema della seconda
predica di Avvento, tenuta stamani alla
presenza del Santo Padre e della Famiglia Pontificia, nella Cappella Redemptoris Mater del
Palazzo Apostolico. Il predicatore della Casa Pontificia, padre Raniero Cantalamessa, si è soffermato sull’amore di Gesù per il suo
discepolo prediletto, ma anche sul legame straordinario tra l’autore del quarto
Vangelo e la Madre di Cristo. Il servizio di Alessandro
Gisotti:
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Lo
Spirito Santo e Maria sono “i due alleati migliori nel nostro sforzo di
accostarci a Gesù, di farlo nascere, per fede, nella nostra vita in questo Natale”:
è la riflessione offerta da padre Raniero Cantalamessa
nella sua seconda predica d’Avvento, tutta incentrata sulla fede in Cristo nel
Vangelo di Giovanni. “Solo una certezza rivelata, che ha
dietro di sé la forza di Dio”, ha detto, poteva dispiegarsi in un libro
arrivando sempre alla stessa conclusione: Gesù di Nazareth è il Figlio di Dio,
il Salvatore del mondo:
“La divinità di Cristo è la cima più alta, l'Everest, della fede. Molto
più difficile che credere semplicemente in Dio. Questa difficoltà è legata alla
possibilità e, anzi, alla inevitabilità dello
“scandalo”: “ Beato - dice Gesù - chi non si scandalizza di me!” (Mt 11, 6). Lo scandalo dipende dal fatto che a proclamarsi
“Dio” è un uomo di cui si sa tutto: “Di costui sappiamo
di dove è, “dicono i farisei”.
“La possibilità dello scandalo –
ha proseguito il predicatore della Casa Pontificia – doveva essere specialmente
forte per un giovane ebreo come l’autore del quarto Vangelo, abituato a pensare
Dio come il tre volte Santo, colui che non si può
vedere e restare in vita”. Ma, ha avvertito, “in ultima
analisi lo scandalo si supera solo con la fede. Non bastano ad eliminarlo le
prove storiche della divinità di Cristo e del Cristianesimo”:
“Non possiamo tirare la conseguenza che Cristo è
Dio, semplicemente esaminando quello che conosciamo di lui e della sua vita, cioè mediante l'osservazione diretta. Chi vuol credere in
Cristo è obbligato a farsi suo contemporaneo nell'abbassamento, ascoltando la
“testimonianza interna” che su di lui ci dà lo Spirito Santo”.
E qui padre Cantalamessa
ha ricordato quanto affermava Sant’Agostino: “è dalle
radici del cuore che sale la fede”. Proprio Giovanni ne è
un esempio straordinario:
“Giovanni ci offre un fortissimo
incentivo a riscoprire la persona di Gesù e a rinnovare il nostro atto di fede
in lui. Egli è una testimonianza straordinaria del potere che Gesù può arrivare ad avere sul cuore di un uomo. Ci mostra come sia possibile costruire intorno a Cristo tutto il proprio
universo. Riesce a far percepire “la pienezza unica, la meraviglia
inimmaginabile che è la persona di Gesù”.
Ma come Giovanni è arrivato “ad
un’ammirazione così totale e a un’idea così assoluta
della persona di Gesù”? La risposta, afferma padre Cantalamessa: è Maria:
“Io credo che, dopo che allo
Spirito Santo, ciò
sia dovuto al fatto che aveva accanto a sé la Madre di Gesú: che viveva con
lei, pregava con lei, parlava con lei di Gesù. Fa una certa impressione pensare
che quando concepì la frase: “E il Verbo si è fatto
carne”, l’evangelista aveva accanto a sé, sotto lo stesso tetto, colei nel cui
seno questo mistero si era compiuto”.
Padre Cantalamessa
ha sottolineato poi come Giovanni sia vissuto in un
contesto culturale, per certi aspetti, simile al nostro in cui il mondo si confronta
con l’esperienza del cosmopolitismo, che “annulla le distanze e fa passare in
secondo piano le tradizionali distinzioni di cultura e religione”:
“Ebbene, come si comportò,
in una situazione del genere, l’autore del quarto Vangelo? Cercò forse di
adattare Gesù a questo clima sincretista in cui tutte
le religioni e i culti venivano accolti, purché
accettassero di essere parti di un tutto più grande? Niente di tutto questo!
Non polemizzò contro nessuno, se non contro i cattivi
cristiani e gli eretici all’interno della Chiesa; non si lanciò in polemiche
contro altre religioni e culti del tempo”.
Giovanni, ha concluso
padre Cantalamessa, annunciò semplicemente Cristo
come “supremo dono del Padre al mondo”, lasciando “ognuno libero di accoglierlo
o meno”.
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DOMANI ALLE 12.00, NELL’AULA PAOLO VI IN VATICANO,
L’INCONTRO DEL PAPA CON
I RELIGIOSI E LE RELIGIOSE DELLA DIOCESI DI ROMA
- Intervista con suor
Armanda Bausone -
Domani
alle 12.00 il Papa incontrerà nell’Aula Paolo VI in Vaticano i religiosi e le religiose della diocesi di Roma. L’arrivo del Pontefice sarà
preceduto da un momento di preghiera, con la recita del Santo Rosario meditato
e la contemplazione dei misteri della gioia. Un incontro
particolarmente atteso che riguarda quanti hanno scelto di seguire radicalmente
Gesù con i voti di povertà, obbedienza e castità. Sono migliaia i
religiosi che operano a Roma: solo le religiose sono oltre 23 mila. Quale il
loro servizio? Giovanni Peduto lo ha chiesto a suor Armanda Bausone,
segretaria dell’USMI romana, l’Unione Superiore Maggiori
Italiane:
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R. – La vita religiosa è un
impegno per il Regno nei luoghi di conflitto, in quelli in cui bisogna
difendere le cause dei poveri, con i malati terminali, nella lotta all’ AIDS, nelle Scuole, Ospedali, Case per anziani, Case
per diversamente abili, Parrocchie, Case per madri in difficoltà, Case per il
ricupero delle nuove schiave (cioè liberazione delle donne di strada), servizio
verso i nomadi e nelle carceri.
D. – Operate spesso nel silenzio
…
R. – Il nostro servizio non è
sventolato o divulgato, si lavora tutto per la Vigna del Signore con silenzio
ed amore. Molti sono i contatti silenziosi con famiglie per un particolare
accompagnamento di aiuto a superare le loro
difficoltà. Non dimentichiamo il lavoro svolto nel silenzio dalle Suore Claustrali,
di cui Roma è arricchita da 30 Monasteri.
D. – Quali sono le vostre
principali difficoltà?
R. – Il
calo delle vocazioni che ci costringe a dire dei “no” a numerose richieste di
servizio in vari ambiti. La vita religiosa oggi non è la stessa di cinquant’anni
fa, non è fatta per cercare sicurezza, bensì è un cercare a tentoni
e accettare rischi e sfide. Una difficoltà si presenta anche nell’interculturalità tra religiose appartenenti allo stesso
carisma. Gradualmente supereremo anche questa difficoltà
D. – Quali sono le sfide della
città?
R. – I
contraccolpi che provengono dalla globalizzazione, dalla secolarizzazione,
dalla poca conoscenza della bellezza di sacrificare il tutto per un “Solo Tutto”.
D. – Come portare in modo più
efficace il Vangelo alla società di oggi?
R. –
Essere testimoni della trasfigurante presenza di Cristo, testimoni di gioia e
di speranza, vivere la nostra missione, superando le intemperie,
riponendo la nostra sicurezza in Cristo e nella Comunità. Prossimità alle
“persone”.
D. – Come sono
viste dai lontani le religiose?
R. – I lontani percepiscono il
nostro servizio e lo apprezzano. Sentono la mancanza delle religiose specie
nelle corsie degli ospedali, negli asili nido ed auspicano una ripresa delle
vocazioni religiose.
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LA CHIESA IN VIETNAM E’
VIVA E DINAMICA, TESTIMONE DEL VANGELO IN ASIA.
COSI’ IL CARDINALE SEPE, DI RITORNO DAL PAESE
ASIATICO
- Intervista con il porporato -
Il cardinale Crescenzio Sepe,
prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione
dei Popoli, è appena rientrato a Roma da una vista in Vietnam Tra i momenti salienti della missione,
iniziata il 28 novembre scorso e conclusa il 5 dicembre, vi è stata l'ordinazione
di 57 nuovi sacerdoti nella cattedrale di Hanoi e la
celebrazione per la presa di possesso della nuova diocesi di Bà Ria. Il cardinale Sepe
ha incontrato anche diverse autorità civili, tra cui il primo ministro
vietnamita. Ma quale Chiesa ha incontrato in Vietnam?
Ascoltiamo lo stesso porporato al microfono di Giovanni Peduto:
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R. – Ho incontrato una Chiesa estremamente
dinamica e viva, una Chiesa consapevole della propria fede, una Chiesa che
vuole manifestare questa fede con grande entusiasmo. Ed
è stato questo calore cristiano, questa manifestazione di profonda fede che in
qualche modo mi ha commosso. Forse noi non siamo più abituati a queste
manifestazioni di fede così sentite, così partecipate, così vive e che comunque hanno lasciato in me l’impressione di una Chiesa
che non è soltanto viva ma che è profondamente testimone di una verità nella
quale crede fortemente. Una Chiesa che ama Cristo, lo sente suo, che si
entusiasma al nome del Papa e una Chiesa che soprattutto vuol partecipare a
tutta quella realtà anche di ordine sociale, di ordine
culturale che la contraddistingue nell’insieme anche del panorama asiatico.
D. – Ci sono prospettive di ulteriori
sviluppi nella Chiesa in Vietnam e nei rapporti con le autorità vietnamite?
R. – Io credo di sì. Intanto perché
negli ultimi anni si sono fatti dei passi molti importanti nel riconoscimento
anche da parte del Governo di quella che è l’attività della Chiesa.
Certamente il futuro è molto positivo; per esempio,
quando alla fine ho presieduto la presa di possesso della nuova diocesi di Bà-Ria e poi l’insediamento del vescovo, anche nei colloqui
con le autorità, ci si è accordati che eventuali smembramenti di altri diocesi,
non dovrebbero costituire problemi. Quindi una Chiesa che
ormai cresce, molto attiva, che sa organizzarsi, che sa progettare non solo per
il presente ma anche per il futuro. Una Chiesa che sa
suscitare molte vocazioni al sacerdozio, alla vita religiosa. Una Chiesa
che si impegna anche nel sociale mettendosi a
disposizione per esempio dei malati, degli handicappati, dei portatori del
AIDS, ecc. Una Chiesa impegnata su tutti i fronti e che vede la partecipazione
di tutto il popolo di Dio, dai vescovi ai sacerdoti, alle religiose ma anche ai
laici e soprattutto dei giovani.
D. – Eminenza, spostiamo l’attenzione dal Vietnam
all’intero continente. Cosa possiamo fare oggi per
portare Cristo in Asia, il continente dove è meno conosciuto il Vangelo?
R. – Ecco, il continente dove la presenza cristiana
cattolica é fortemente minoritaria. Partendo proprio
dal Vietnam, direi che la testimonianza di fede, la
presa di coscienza della propria identità cristiana, l’entusiasmo con cui si
vive la propria fede, questa testimonianza diventa anche strumento di
evangelizzazione e possibilità di portare l’annuncio di salvezza di Cristo a
coloro che ancora non conoscono.
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OGGI SU
“L’OSSERVATORE ROMANO”
Prima
pagina - "L'Immacolata all'uomo di oggi:
"Compromettiti con Dio": nella solennità dell'Immacolata Concezione,
quarantesimo anniversario della conclusione del Concilio Vaticano II, Benedetto
XVI esorta ogni uomo ad imparare da Maria il coraggio di donarsi a Dio per
raggiungere l'autentica libertà.
Servizio
vaticano - All'Angelus il Papa ha detto: Maria ha vegliato con materna premura
sui miei Predecessori nel guidare la Chiesa sulla rotta dell'autentico
rinnovamento conciliare.
Servizio
estero - Iraq: trenta morti nell'ennesimo attentato suicida
a Baghdad.
Servizio
culturale - Un articolo di Anna Bujatti
dal titolo "La terracotta, lo stucco, la cartapesta 'cantano' la nascita
del Bambinello": si apre a Mosca, nella Cattedrale di Cristo Salvatore, la
mostra sui Presepi italiani.
Servizio italiano - In primo piano la questione del
Tav: convocati a Palazzo Chigi
autorità locali e regionali piemontesi dopo altri scontri fra dimostranti e forze dell'ordine in Val di Susa.
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9
dicembre 2005
NUOVO ATTACCO CONTRO ISRAELE DA PARTE
DEL PRESIDENTE IRANIANO
AHMADINEJAD, CHE DEFINISCE LO STATO
EBRAICO “UN TUMORE
DA TRASFERIRE IN EUROPA”. UNANIME LA
CONDANNA
DA PARTE DELLA COMUNITA’ INTERNAZIONALE
- Intervista con Ahmad
Rafat -
Dopo aver invocato qualche mese fa la cancellazione di Israele dalla carta geografica, il presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad in una conferenza stampa a margine del
summit dell’Organizzazione della Conferenza islamica a la Mecca, in Arabia
Saudita, ha proposto che lo Stato ebraico, definito “un tumore”, si stabilisca
in Europa, sul suolo tedesco o austriaco visto che i due Paesi sono stati
responsabili dello sterminio di milioni di ebrei durante la Seconda guerra
mondiale. Unanime la condanna della comunità internazionale. Il portavoce del
ministero degli esteri israeliano Mark Regev ha definito le dichiarazioni di Ahmadinejad
''scandalose e razziste'', mentre il Segretario
generale dell’Onu, Kofi Annan, si à detto scioccato. Dura
condanna pure dal vertice franco-tedesco di ieri a Berlino, a cui è seguita la
dichiarazione preoccupata della Casa Bianca, che ha messo in relazione le
parole del presidente iraniano alla delicata questione nucleare di Teheran. Una situazione difficile,
dunque, per la Repubblica islamica, che cercherebbe volutamente l’isolamento
sul piano diplomatico. Ne è convinto il giornalista
iraniano Ahmad Rafat,
intervistato da Salvatore Sabatino:
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R. –
Io credo che cercare l’isolamento sia una scelta del nuovo governo iraniano il
quale punta su una rottura dei rapporti costruiti faticosamente negli ultimi 16
anni da due presidenti, Rafsanjani e Khathami, e ritornare agli albori della rivoluzione dove
l’Iran stava da una parte e il resto del mondo
dall’altra. Credo, quindi, che Ahmadinejad non rilasci queste dichiarazioni per
mancanza di esperienza internazionale, ma che sia una
politica voluta con una linea che vorrebbe portare l’Iran all’isolamento e pertanto
ad una rottura dei rapporti con il mondo.
D. –
Sul fronte interno, quale sarà a questo punto la risposta dei moderati iraniani
nei confronti del presidente?
R. – Il silenzio totale. Perché
ci sono alcune linee rosse che in Iran nessuno ha il coraggio di oltrepassare.
Una di queste, nel momento storico che stiamo vivendo, è il riconoscimento di Israele. Quando Ahmadinejad parlò di “cancellare Israele
dalla mappa del mondo”, tutti i moderati – Khathami
in testa – si limitarono a dire che non era il momento
e che queste dichiarazioni non convenivano all’Iran, oppure che ad esternazioni
simili, sulle linee generali della politica estera del Paese, avrebbe dovuto
rispondere l’Ayatollah Khamenei, la guida della
rivoluzione. Pertanto, non credo che questa volta la linea sarà diversa. Ci
sarà o il silenzio o qualche dichiarazione per evitare di affrontare il
problema e di condannare le dichiarazioni del presidente.
D. –
Gli Stati Uniti si sono detti “preoccupati” per la posizione di Teheran nei confronti di Israele,
tirando in ballo anche la delicata questione nucleare iraniana. Non si rischia
di innescare una crisi senza ritorno?
R. –
Il rischio c’è. E le preoccupazioni anche, perché se è vero - come sostengono
le autorità della Repubblica islamica - che dichiarazioni simili su Israele le rilasciò immediatamente negli anni successivi alla vittoria
della rivoluzione l’Ayatollah Khomeini, il fondatore
della Repubblica islamica, è anche vero che all’epoca l’Iran non aveva iniziato
un programma nucleare ed è vero che non era, come oggi, a pochi mesi o pochi
anni dalla possibile costruzione di una bomba nucleare. Pertanto, le
dichiarazioni minacciose di Ahmadinejad, messe in relazione
con la politica nucleare, rendono nervoso l’Occidente e ovviamente spaventano
Israele e alcuni Paesi arabi della regione. Non bisogna dimenticare, infatti,
che non è solo Israele ad essere preoccupata della politica nucleare iraniana,
ma anche i Paesi arabi del Golfo che la settimana scorsa, nel loro vertice del
Consiglio di Cooperazione del Golfo, hanno espresso
preoccupazione per questa politica.
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9 dicembre 2005
la riforma scolastica del
governo riduce l’autonomia
degli istituti cattolici di
Hong Kong. “Senza libertà
chiudiamo le scuole”,
avverte
Joseph Zen Ze-kiu, vescovo del territorio
HONG KONG. = Mons.
Zen si è espresso il giorno dopo la presentazione, da parte della diocesi, di
un ricorso legale contro la nuova legge sull’educazione (Education
Ordinance, EO), entrata in vigore lo scorso anno. Lo
riferisce l’agenzia AsiaNews. Il presule si è detto pronto a portare il ricorso
davanti alla Corte finale di appello se dovesse
perdere davanti a quella di prima istanza. L’obiettivo è di proseguire
nell’educare secondo la filosofia cattolica. “Se
abbiamo la possibilità di farlo, lo faremo. Altrimenti
– ha specificato mons. Zen – almeno avremo fatto del nostro meglio”. Approvata
dal Dipartimento dell’educazione, la legge garantisce diversi benefici per le
scuole che la mettono in atto da subito. Quelle che si rifiutano di applicarla,
saranno invece penalizzate soprattutto nella definizione dei programmi
educativi. Secondo la legge, infatti, ogni scuola sostenuta economicamente dal
governo deve approntare un comitato organizzativo interno con valore legale
separato da quello delle istituzioni educative. Il governo sostiene che questo
permetta maggiore trasparenza e democrazia, tuttavia, per i
gestori scolastici è solo una manovra per intromettersi nella gestione
interna. Mons. Zen non ha fornito il numero preciso di istituzioni interessate, ma ha spiegato che la diocesi
esaminerà la situazione di ogni singolo caso. La diocesi di Hong Kong è
responsabile di circa 300 scuole, dall'asilo alla scuola
superiore. (E. B.)
La Conferenza episcopale lituana (LBC) si unisce
all'iniziativa
della Caritas nazionale esortando sacerdoti e fedeli
a diffondere informazioni SUL TRAFFICO DI DONNE
AI FINI DElla prostituzione
VILNIUS. = Durante una
conferenza stampa congiunta con la Caritas
Lituana, nei giorni scorsi, i vescovi locali hanno chiesto ai sacerdoti
di offrire sostegno ai parrocchiani in casi sospetti di proposte di lavoro
all’estero. Proposte, queste, che spesso hanno ingannato
giovani donne costringendole alla prostituzione. Un’attività informativa
ed educativa, dunque, che per il presidente della Conferenza
episcopale lituana, arcivescovo Sigitas Tamkevicius, probabilmente diminuirà i casi di raggiro,
specialmente nei villaggi più piccoli.
Dal canto suo, il direttore della Caritas
Lituana, Robertas Grigas,
ha specificato che l’iniziativa è incoraggiata dalle istituzioni britanniche,
“preoccupate dall’alta presenza di donne lituane tra quelle rinchiuse nelle
case illegali di tolleranza del Paese”. In Lituania
l’impegno della Caritas nel campo non è nuovo. Dal
2002, infatti, l’organismo, assieme ad altre fondazioni caritative straniere, e
attraverso finanziamenti del governo, promuove il progetto “Aiuto per le
vittime della prostituzione e del traffico di esseri
umani”. Un programma che, finora, ha aiutato concretamente
circa 300 donne che hanno deciso di abbandonare il mondo della prostituzione.
(E. B.)
per promuovere sviluppo servono riforme delle
politiche agricole
incentrate sulle persone e non sugli affari. E’ l’esortazione
della Conferenza episcopale irlandese, in vista del
vertice dell’organizzazione mondiale
per il commercio,
che si aprirà il prossimo
13 dicembre ad Hong Kong
DUBLINO. =
L’eliminazione dei sussidi all’export agricolo di cui godono i Paesi ricchi; la
riduzione delle misure di sostegno che distorcono il commercio; l’avvio di
politiche che assicurino aiuti alla piccola produzione su scala familiare.
Sono alcune delle aree segnalate dalla Commissione irlandese per la giustizia e
gli affari sociali (ICJSA) della Conferenza episcopale d’Irlanda, in vista del
sesto vertice dell’Organizzazione Mondiale per il Commercio (WTO), in programma
dal 13 al 18 dicembre ad Hong Kong. L’appuntamento – affermano
i vescovi in una nota - rappresenta un’ottima opportunità per definire norme che garantiscano
sicurezza alimentare, certezza del sostentamento, promuovendo obiettivi di
sviluppo rurale. Come già sottolineato dai vescovi in
altri documenti, non si deve perdere di vista l’impegno per il bene comune
mondiale. Per i presuli, infatti, la persona umana è l’unico vero obiettivo di ogni relazione economica e sociale. Da qui l’invito a
ponderare ogni decisione in relazione all’impatto nei
Paesi in via di sviluppo. Servono analisi – si specifica
nel documento – “per garantire ai poveri il diritto di determinare quale
livello di liberalizzazione sia compatibile con i propri obiettivi di
sviluppo”. Proprio nel quadro della liberalizzazione è
necessario inoltre che il WTO, attraverso il ‘Fondo di aiuti per il commerciò,
promuova un sistema di infrastrutture tecniche per i Paesi poveri. Oggi, rileva
la Commissione, “un miliardo e 200 milioni di persone nel mondo vive con meno
di un dollaro al giorno, e la sopravvivenza per la
maggior parte di loro dipende dall’agricoltura”. Questi saranno, dunque, i
primi a subire, o a beneficiare, le conseguenze delle decisioni di Hong Kong. I
vescovi irlandesi, infine, lodano gli aiuti alimentari di emergenza.
Nello stesso tempo però avvertono che i produttori locali sono spesso
danneggiati dai prodotti a basso prezzo immessi nel mercato. Alla luce di
questa realtà, conclude la Commissione, occorre quindi
“un'attenta valutazione per escludere impatti negativi a lungo termine sullo
sviluppo delle popolazioni indigene”. (E. B.)
A due mesi dal sisma in Pakistan la caritas stanzia
un piano di aiuti
per oltre 5,7 milioni di euro a beneficio di oltre 5
mila famiglie
ISLAMABAD. = 75.000 morti solo in
Pakistan, 1.400 in India; quasi altrettanti i feriti nelle province
dell’estremo nord ovest pakistano e del Kashmir indiano; oltre 3 milioni i
senza tetto. E’ il triste bilancio del terremoto che lo scorso 8 ottobre
ha devastato la regione dell’Asia. A due mesi dal sisma, Caritas
Pakistan, con il sostegno della rete internazionale, ha avviato un piano di aiuti per oltre 5,7 milioni di euro, mentre Caritas India ha elaborato un programma per più di 4,5 milioni di euro. Finora,
in Pakistan la Caritas ha distribuito migliaia di
tende, oltre 12 mila coperte più di 500 kit con beni
di prima necessità non alimentari. Sono stati vaccinati, inoltre, più di 15.000
bambini contro il tetano, la poliomielite ed il morbillo. Il sostegno è stato
destinato a 79 villaggi delle province di Abbottabad, Mansehra e Battagram, raggiungendo circa 3.500 famiglie. Si stima,
però, che circa 200.mila persone vivono ancora
isolate nei villaggi di montagna, senza ripari dal rigido inverno e con
scarsissime scorte alimentari. Il lavoro della Caritas
continua, dunque, con la distribuzione dei generi di prima necessità,
nonostante le abbondanti nevicate e le continue scosse di assestamento
causino frane che bloccano le strade. Lo staff Caritas si sta concentrando in questa fase sui distretti di
Boi e Dilola, dai quali
partono i team di soccorso per i villaggi lungo le valli. In molti casi i
volontari si muovono con mezzi di fortuna, con carovane di muli o asini, con
mezzi fuoristrada messi a disposizione dalla popolazione e, quando possibile,
con camion ed elicotteri. Intanto si sta già progettando la fase di riabilitazione,
con un articolato programma per circa 5 mila famiglie. Molteplici gli interventi
previsti: dal riavvio delle attività produttive compromesse (agricoltura, artigianato,
piccolo commercio), alla fornitura di assistenza
sanitaria di lungo periodo, alla ricostruzione delle abitazioni. (E. B.)
“Libera la pace che è in te”. è il titolo della
campagna,
Partita ieri da Napoli, per togliere le
armi-giocattolo
dalle mani dei bambini
al fine di promuovere una cultura di pace e legalità
NAPOLI. Anche quest’anno don
Silvio Mantelli, sacerdote salesiano, in vista del Natale, invita i bambini
d’Italia a consegnare le proprie armi-giocattolo, con
la promessa di non farne più uso e di vivere in pace con giochi sani e
creativi. Ogni bimbo che deporrà le proprie armi-giocattolo, o affermerà di non
averne mai fatto uso, riceverà dal “Mago Sales” –
nome d’arte di don Silvio - un attestato e una bacchetta magica. Il quartiere
napoletano di Scampia, al centro della cronaca italiana
per fatti violenti, è stato il punto di partenza del tour di spettacoli e di raccolta
di armi-giocattolo che toccherà diverse scuole della
città di Napoli e della provincia. Con l’obiettivo di promuovere una cultura di
pace e legalità, il tour farà anche tappa in varie
città d’Italia fino ad arrivare, il prossimo 21 marzo, a Torino. Recentemente
il Mago Sales è stato nel Nord dell’Uganda, dove da
anni si consuma una guerra atroce che coinvolge molti bambini, rapiti e
obbligati a combattere. La Fondazione Mago Sales
propone di legare il disarmo dei bambini ad una raccolta di fondi per la
liberazione dei bambini soldato in Uganda. (E. B.)
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9 dicembre 2005
- A cura
di Amedeo Lomonaco e Antonella Ratti -
In
Turchia, quattro soldati sono rimasti uccisi durante scontri tra forze
governative e ribelli curdi nel sud est del Paese.
Questa nuova ondata di violenze costituisce una grave minaccia per la precaria
stabilità del Kurdistan. Il nostro servizio:
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Gli scontri – rivelano
fonti locali – sono scoppiati tra soldati e militanti del PKK, il
partito dei lavoratori del Kurdistan, nella provincia di Sirnak
vicino al confine con Iraq e Siria. Aerei militari hanno bombardato l’area e i
soldati hanno condotto operazioni per scovare militanti curdi.
Il conflitto in Kurdistan, ormai trentennale, ha causato la morte di oltre 30
mila persone. I curdi, più di 25
milioni sparsi in un’area che comprende Turchia, Siria, Iraq, Iran e Armenia,
rivendicano l’indipendenza. Le speranze per la nascita di uno Stato curdo, frustrate dai Trattati di Sevres nel
1920 e di Losanna nel 1923, hanno prodotto un clima di insoddisfazione. In questo contesto
è nato il Partito dei lavoratori curdi fondato nel 1973 su forte
ispirazione marxista. Dopo l’arresto del leader del
PKK, Abdullah Ocalan, avvenuto nel 1999, i
ribelli avevano scelto di interrompere la lotta armata per ottenere, attraverso
l’impegno politico, il riconoscimento dei diritti civili e una maggiore autonomia.
Ma la situazione di questa area è tornata ad essere
instabile dopo l’annuncio nel 2004, da parte del PKK, della fine di un periodo
di tregua unilaterale.
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In Iraq
torna in primo piano il dramma dei sequestri dopo l’annuncio ieri, da parte del
sedicente ‘Esercito islamico’, dell’uccisione
dell’ostaggio Ronald Schulz,
consulente americano per la sicurezza. La notizia, diffusa su un sito Internet estremista
e al momento non verificabile, non è stata confermata dalla Casa Bianca. Nel
Paese arabo cresce, inoltre, l’ansia per la sorte degli altri stranieri rapiti
dai ribelli. Gli occidentali, attualmente tenuti in
ostaggio, sono l’archeologa tedesca sequestrata lo scorso 25 novembre a Ninive con il suo autista, i quattro operatori umanitari –
due britannici , un canadese e uno statunitense - di una organizzazione
cristiana rapiti da un gruppo di guerriglieri e l’ingegnere francese prelevato
da uomini armati davanti alla sua casa a Baghdad. Il segretario generale delle
Nazioni Unite, Kofi Annan, si
è detto “costernato” da questa ondata di sequestri e
ha lanciato un nuovo appello per la liberazione di tutti gli ostaggi iracheni e
stranieri. Le autorità militari statunitensi hanno approntato, intanto, piani
che prevedono l’immediato rimpatrio di oltre 3500 soldati dall’Iraq e
dall’Afghanistan. Il segretario alla Difesa americano, Donald
Rumsfeld, ha dichiarato, inoltre, che dopo le elezioni irachene del prossimo 15 dicembre, gli Stati Uniti
potrebbero ritirare dall’Iraq 30 mila uomini, 10 mila
in più del previsto.
Cresce la pressione della giustizia internazionale sui principali
accusati per crimini di guerra nella ex Jugoslavia.
Con l’arresto di ieri in Spagna del generale croato Ante Gotovina,
ricercato dal Tribunale Penale Internazionale dell’Aja,
si infittiscono le indagini sugli altri due latitanti
eccellenti: Ratko Mladic,
ex capo delle forze militari serbo-bosniache, e Radovan
Karadzic, che durante le guerre jugoslave era la
guida politica dei serbi di Bosnia. Ma l’arresto di Gotovina
può dare il via libera dell’Unione europea a Zagabria,
visto che Bruxelles aveva condizionato l’ingresso alla cattura dell’ex generale?
Roberto Piermarini lo ha chiesto a
Ingrid Badurina,
corrispondente dai Balcani per il quotidiano La
Stampa:
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R. –
Credo che, risolto questo problema, la situazione sarà molto più semplice, con
una minore tensione nei rapporti tra le due parti. Ora
incomincia un processo normale e regolare in cui la Croazia dovrà portare
avanti tutto il discorso su tutti gli altri standard
da soddisfare per entrare nell’Unione.
D. – Quale prezzo politico dovrà
pagare il premier Sanader,
visto che molti croati considerano Gotovina un eroe
nazionale?
R. – Credo che Sanader abbia superato, negli ultimi
anni, parecchie situazioni critiche. Una delle più difficili si è avuta
a marzo di quest’anno, quando l’Unione Europea aveva respinto la Croazia. Successivamente, l’Unione Europea ha dimostrato di voler
prendere in considerazione il piano per un’adesione della Croazia all’Europa. Quindi, credo che Sanader sia un premier
capace di affrontare questo tipo di situazioni. Alcuni partiti politici
dell’opposizione hanno sollevato la questione di Gotovina
definendo la giornata di ieri un giorno di lutto per la Croazia. Però credo che
l’opinione pubblica croata, nonostante qualcuno consideri l’ex
generale un eroe, si sia comunque un po’ stancata di tutta questa
situazione. Il fatto che il caso ‘Gotovina’ abbia
impedito alla Croazia di essere pienamente accolta nella Comunità
internazionale, è stato un elemento che ha un po’ logorato questo
appoggio al generale. Credo che effettivamente oggi ci sia più
indifferenza di quello che potrebbe apparire.
D. – Ecco, dalla Croazia al
fronte bosniaco, ora restano i latitanti eccellenti Karadzic
e Mladic. Ma come mai non si
riesce a catturarli?
R.
–Credo che questo sia, sicuramente, un problema della Serbia. Ma è anche un problema della Comunità internazionale. Non si
devono dimenticare, infatti, tutti i vari tentativi falliti di catturare Karadzic in Bosnia. Non si capisce come non sia ancora stato arrestato. Io credo che, un po’ da tutte le
parti, verrà esercitata adesso maggiore pressione su
Belgrado. Forse anche le istituzioni internazionali si daranno più da fare per
arrestare Karadzic e Mladic.
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In Thailandia,
sale a 14 il numero dei decessi per influenza aviaria. La
conferma arriva dal ministero della Salute tailandese, che ha annunciato stamani
la morte, avvenuta lo scorso 7 dicembre, di un bambino di 5 anni che aveva
contratto il virus H5N1. Il nostro servizio:
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Al momento, non sono ancora note
le cause di questo nuovo contagio: nessuna morte sospetta di volatili era stata infatti segnalata nell’area in cui la vittima risiedeva, la
provincia centrale di Nakhon Nayok.
La Thailandia, grande esportatrice di pollame, da due
anni ha adottato forti misure di contenimento per evitare la propagazione del
morbo. Il Paese parteciperà la prossima settimana ad un summit
che riunirà a Kuala Lumpur,
capitale della Malaysia, gli Stati più colpiti dall’influenza aviaria.
L’obiettivo di questo vertice sarà quello di fissare una strategia comune di
lotta del virus, che nel Sud-est asiatico ha ucciso finora più di 60 persone.
Un nuovo caso di contagio è stato registrato ieri in Cina. Nel nord-est del
Paese una donna di 31 anni si sarebbe ammalata, dopo essere entrata in contatto
con degli uccelli morti. Quest’anno, in Cina, sono stati segnalati in undici
province almeno 30 focolai di influenza aviaria, dei
quali 9 nella sola regione autonoma dello Xinjiang,
nel nord-ovest. Intanto, anche in Zimbabwe crescono le preoccupazioni per una
diffusione del morbo. Le autorità sanitarie hanno individuato
infatti, nel sud del Paese, due focolai del virus H5N2. Si tratta di una variante diversa da quella
che ha colpito Asia ed Europa. Il virus H5N2 è apparso per la prima volta nel
continente africano nel marzo 2004, colpendo alcuni allevamenti in Sud-Africa.
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In Cina, migliaia di poliziotti sono stati dispiegati nei dintorni
di un villaggio della provincia meridionale di Guandong, teatro nei giorni scorsi di diverse
manifestazioni organizzate per denunciare il basso compenso ricevuto dai
contadini per l’esproprio delle loro terre. La polizia antisommossa – riferiscono fonti locali – avrebbe sparato sui dimostrati
provocando la morte di almeno 10 persone. Le terre espropriate serviranno per
consentire la costruzione di una centrale elettrica.
In Russia, inaugurati i lavori
di costruzione di un maxi-gasdotto russo-tedesco. La cerimonia di apertura si è tenuta a Babaïevo,
450 km a nord dalla capitale moscovita, alla presenza del capo del governo
russo, Mikhaïl Fradkov, e
del ministro tedesco dell’Economia e delle Tecnologie, Michael
Glos. Il gasdotto, lungo circa 1.200 km, collegherà
la città di Vyborg, a nord di San Pietroburgo, con
quella di Greifswald, sulla costa orientale tedesca,
passando sotto il Mar Baltico. L’ambizioso progetto, frutto di un accordo
firmato a Berlino lo scorso settembre dall’ex-cancelliere tedesco, Gerhard Schröder, e dal leader
del Cremino, Vladimir Putin, è visto tuttavia con timore dalla Polonia e dalle tre Repubbliche baltiche. L’ex
presidente della Lituania, Vytautas Landsbergis, ha dichiarato infatti
che la Russia potrà così imporre un regime di monopolio nella determinazione
dei prezzi energetici e avere un’influenza sulla politica degli Stati
limitrofi.
Operazione anti-terrorismo in
Spagna: sette persone sospettate di finanziare le attività terroristiche degli
integralisti islamici sono state arrestate, stamani, in diverse località della
Costa del Sol, nel sud del Paese. E’ ancora ignota la nazionalità degli
indagati, 6 uomini e una donna, al momento trattenuti
dalle forze di sicurezza locali. La Spagna è stata teatro l‘11 marzo 2004, di
una serie di drammatici attacchi contro le stazioni di Madrid costati la vita a 191 persone.
In
Venezuela, un gruppo di parlamentari capeggiati dal presidente dell’Assemblea
nazionale, Nicolas Maduro, ha affermato che il
governo ha smascherato un complotto della CIA contro il presidente Hugo Chavez. Secondo i deputati
venezuelani, il piano era finalizzato a promuovere disordini e a far fallire il
processo democratico nel Paese sudamericano. I servizi segreti statunitensi hanno
definito “assurde” tali accuse.
In
Sudan, l’esercito ha reso noto che i ribelli hanno
ucciso, nei giorni scorsi, sei soldati nella martoriata regione del Darfur. Il generale Abdul Rahman ha precisato che i guerriglieri hanno bloccato una
strada e hanno teso un’imboscata ai militari che stavano bonificando l’area
circostante dalle mine. La guerra in Darfur ha provocato, a partire dal
2003, oltre 180 mila morti e più di due milioni di sfollati. L’ultima serie di
negoziati di ad Abuja, in Nigeria,
si è conclusa questa settimana. Ma in oltre un anno di
colloqui non si è riusciti ancora a raggiungere un accordo definitivo per la
regione, dove secondo le Nazioni Unite è in corso la più grave crisi umanitaria
mondiale.
Il presidente della Repubblica italiana, Carlo Azeglio Ciampi, festeggia oggi il suo 85.mo
compleanno. Nato a Livorno il 9 dicembre del 1920, Ciampi è stato nominato governatore della Banca d’Italia
nel 1979. Nel 1994 è
stato nominato presidente del Consiglio
e ha guidato un governo di transizione. Il 13 maggio del 1999 è stato eletto presidente della Repubblica. La sua elezione al Quirinale è da record:
al primo scrutinio ha ottenuto 707
voti, 33 in più del quorum. Ciampi ha già
anticipato che al termine del suo mandato, a maggio, penserà a fare il nonno.
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