RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLIX n. 120 - Testo della trasmissione di sabato 30 aprile 2005

 

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:                                                                             

Il Papa approva l’elezione del cardinale Angelo Sodano a decano del Collegio cardinalizio. Il cardinale Roger Etchegaray diventa vice-Decano

 

Oggi pomeriggio, Benedetto XVI prenderà possesso dell’appartamento nel Palazzo Apostolico. Domani il suo primo Regina Coeli dalla finestra del suo studio

 

Il presidente italiano Ciampi in visita ufficiale da Benedetto XVI il prossimo 3 maggio. In quell’occasione inviterà il Papa al Quirinale

 

Attese oltre 300 mila persone a Bari il 29 maggio per la Messa presieduta da Benedetto XVI a conclusione del Congresso Eucaristico nazionale.

 

IN PRIMO PIANO:

Domani, gli ortodossi celebrano la Santa Pasqua: intervista con l’archimandrita Ignazio Sotiriadis

 

Domani, in coincidenza con l’inizio del  mese mariano, si svolge a Pompei il XIX Meeting dei giovani: ce ne parla mons. Carlo Liberati

 

La Francia verso il referendum sulla Costituzione Europea: il Paese diviso a metà. Con noi Andrea Bonanni.

 

Da ieri nei cinema italiani il film “La caduta” sugli ultimi giorni di vita di Hitler: ce ne parla Alessia Ratzenberger

 

Il Vangelo di domani: il commento di padre Marko Ivan Rupnik.

 

CHIESA E SOCIETA’:

Assegnato dall’Alto Commissariato dell’ONU per i rifugiati il Premio Nansen all’operatrice umanitaria, Margherite Barankitse, nota come l’angelo del Burundi

 

Domani, primo maggio, festa del lavoro

 

Aperta oggi, a Firenze, la mostra dedicata all’architetto ticinese Mario Botta

 

Messaggio dei vescovi etiopici in vista delle elezioni presidenziali del prossimo 15 maggio

 

Una serata festosa dedicata al cinema italiano ha inaugurato ieri sera la rinnovata sede dell’Auditorio di Via della Conciliazione.

 

24 ORE NEL MONDO:

 Ancora violenze e attentati in Iraq

 

30 anni fa finiva la guerra del Vietnam.

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

30 aprile 2005

 

 

IL PAPA APPROVA L’ELEZIONE DEL CARDINALE ANGELO SODANO A DECANO DEL

COLLEGIO CARDINALIZIO. IL CARDINALE ROGER ETCHEGARAY DIVENTA VICE-DECANO

 

Il Santo Padre ha approvato l'elezione - fatta dai cardinali dell'Ordine dei Vescovi - del Decano del Collegio Cardinalizio, nella persona del cardinale Angelo Sodano, del titolo della Chiesa suburbicaria di Albano, segretario di Stato.

 

Parimenti il Papa ha approvato l'elezione del Vice-Decano del medesimo Collegio, nella persona del cardinale Roger Etchegaray, del titolo della Chiesa suburbicaria di Porto-Santa Rufina, presidente emerito del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace e del Pontificio Consiglio "Cor Unum".

 

L’ufficio di Decano era vacante in quanto, come è noto, era ricoperto dal cardinale Ratzinger. Vice-Decano era il cardinale Sodano. Secondo il Codice di Diritto Canonico, il Decano presiede il Collegio dei Cardinali e, se impedito, ne fa le veci il Vice-Decano; il Decano non ha nessuna potestà di governo sugli altri cardinali, ma è considerato primus inter pares.

 

 

UDIENZE

 

Stamane Benedetto XVI ha ricevuto in successive udienze nello Studio dell’Aula Paolo VI in Vaticano il cardinale Crescenzio Sepe, prefetto della Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli, il cardinale Bernard Francis Law, arciprete della Patriarcale Basilica Liberiana di Santa Maria Maggiore, e l’arcivescovo Nikola Eterović, segretario generale del Sinodo dei Vescovi.

 

 

OGGI POMERIGGIO, BENEDETTO XVI PRENDERA’ POSSESSO DELL’APPARTAMENTO

NEL PALAZZO APOSTOLICO. DOMANI, PER LA PRIMA VOLTA, IL PAPA SI AFFACCERA’

ALLA FINESTRA DEL SUO STUDIO IN OCCASIONE DELLA RECITA DEL REGINA COELI

 

L’attività del Papa vivrà nel pomeriggio di oggi un momento particolare: la presa di possesso del suo appartamento nel Palazzo Apostolico. Domani, poi, Benedetto XVI si affaccerà per la prima volta dallo studio pontificio per la recita del Regina Coeli. Il servizio di Alessandro Gisotti:

 

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Un momento significativo oggi pomeriggio per Benedetto XVI, in questa fase di inizio Pontificato: intorno alle 16, il Papa prenderà possesso del suo appartamento nel Palazzo apostolico. Fin ad oggi, il Santo Padre ha alloggiato nella Casa di Santa Marta in Vaticano, lo stesso edificio dove i cardinali hanno abitato durante il Conclave. In questi giorni, il Pontefice ha più volte visitato la sua vecchia abitazione in piazza della Città Leonina, sua residenza quando era cardinale prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede.

 

Domani, dunque, si attende un altro evento particolarmente emozionante per il Papa e i fedeli: per la prima volta, infatti, Benedetto XVI si affaccerà dalla finestra del suo studio per recitare il Regina Coeli con i pellegrini raccolti in piazza San Pietro. L’evento cade, peraltro, nella solennità di San Giuseppe lavoratore, nella festa internazionale del lavoro, e coincide con la celebrazione della Pasqua da parte delle Chiese ortodosse, che seguono il calendario giuliano. Tra i fedeli in piazza ci saranno anche le Acli, Associazioni cristiane dei lavoratori italiani, che festeggeranno il loro 60.mo anniversario di fondazione.

 

Se, dunque, domani a mezzogiorno gli occhi dei fedeli saranno puntati sul terzo piano del Palazzo Apostolico, molti tra loro torneranno con la memoria agli Angelus e Regina Coeli domenicali, ai quali Giovanni Paolo II non è mai voluto mancare nei suoi quasi 27 anni di Pontificato. L’ultima volta che Papa Wojtyla si è affacciato dalla finestra dello studio pontificio è stato il 30 marzo scorso. Un mercoledì, giorno dedicato tradizionalmente all’udienza generale. Pur provato dalla sofferenza – il Santo Padre ci avrebbe lasciato il 2 aprile – volle benedire un folto gruppo di giovani fedeli giunti dalla diocesi di Milano.

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IL PRESIDENTE ITALIANO CIAMPI IN VISITA UFFICIALE DA BENEDETTO XVI

IL PROSSIMO 3 MAGGIO. IN QUELL’OCCASIONE INVITERA’ IL PAPA AL QUIRINALE

 

Il presidente della Repubblica italiana Carlo Azeglio Ciampi “compirà una visita ufficiale al Santo Padre Benedetto XVI martedì 3 maggio”. E’ quanto ha reso noto stamane il direttore della Sala Stampa vaticana Joaquín Navarro-Valls.

Ciampi sarà così il primo capo di Stato a recarsi in visita ufficiale da Benedetto XVI, a parte il saluto reso domenica scorsa da quanti hanno preso parte al rito per l'inizio del Pontificato.

 

Il Quirinale, da parte sua, ha comunicato che la visita si svolgerà alle 11.00. In quella occasione - sottolinea la nota - il presidente della Repubblica rivolgerà a Benedetto XVI l’invito a compiere una visita al Quirinale. Proprio ieri il capo di Stato si era recato, con la moglie Franca, a pregare sulla tomba di Giovanni Paolo II nelle Grotte Vaticane. Una data non casuale: ieri, infatti, 29 aprile e festa di santa Caterina da Siena, Patrona d’Italia, era in programma la visita al Quirinale di Papa Wojtyla, invitato dal presidente il 16 febbraio scorso, a pochi giorni dalla conclusione del suo primo ricovero al Gemelli di quest’anno.

 

 

ATTESE OLTRE 300 MILA PERSONE A BARI IL 29 MAGGIO

PER LA MESSA PRESIEDUTA DA BENEDETTO XVI A CONCLUSIONE

DEL CONGRESSO EUCARISTICO NAZIONALE

 

Bari si sta preparando a ricevere il Papa. Ieri è stata confermata ufficialmente la presenza di Benedetto XVI per la conclusione del Congresso Eucaristico Nazionale, la mattina del 29 maggio prossimo, solennità del Corpus Domini. All’appuntamento sono attese oltre 300 mila persone. Sarà la prima visita apostolica di Benedetto XVI in Italia. In questi primi giorni di Pontificato, Papa Ratzinger ha già messo più volte l’accento sulla centralità dell’Eucaristia. Ce ne parla in questo servizio Sergio Centofanti:

 

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“In maniera quanto mai significativa – ha detto il Papa nel messaggio letto il 20 aprile scorso al termine della Messa per la fine del Conclave - il mio Pontificato inizia mentre la Chiesa sta vivendo lo speciale Anno dedicato all’Eucaristia”.

 

Benedetto XVI afferma di voler “cogliere in questa provvidenziale coincidenza un elemento che deve caratterizzare il ministero” al quale è stato chiamato. “L’Eucaristia – aggiunge – è il “cuore della vita cristiana e sorgente della missione evangelizzatrice della Chiesa” e “non può non costituire il centro permanente e la fonte” del suo servizio Petrino.

 

“L’Eucaristia – ha proseguito - rende costantemente presente il Cristo risorto, che a noi continua a donarsi, chiamandoci a partecipare alla mensa del suo Corpo e del suo Sangue. Dalla piena comunione con Lui scaturisce ogni altro elemento della vita della Chiesa, in primo luogo la comunione tra tutti i fedeli, l’impegno di annuncio e di testimonianza del Vangelo, l’ardore della carità verso tutti, specialmente verso i poveri e i piccoli”.

 

“In questo anno, pertanto – ha detto Benedetto XVI - dovrà essere celebrata con particolare rilievo la Solennità del Corpus Domini. L’Eucaristia sarà poi al centro, in agosto, della Giornata Mondiale della Gioventù a Colonia e, in ottobre, dell’Assemblea Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, che si svolgerà sul tema: L’Eucaristia fonte e culmine della vita e della missione della Chiesa”.

A tutti il Papa chiede “di intensificare nei prossimi mesi l’amore e la devozione a Gesù Eucaristia e di esprimere in modo coraggioso e chiaro la fede nella presenza reale del Signore, soprattutto mediante la solennità e la correttezza delle celebrazioni”.

 

Benedetto XVI nella sua prima udienza generale, mercoledì scorso, ha invitato i cristiani a “tenere ferma la centralità di Cristo” perché il Signore “sia sempre al primo posto nei nostri pensieri e in ogni nostra attività”. E, sulla scia di Giovanni Paolo II, ha esortato le comunità cristiane a “diventare autentiche scuole di preghiera, dove l’incontro con Cristo non si esprima soltanto in implorazione di aiuto, ma anche in rendimento di grazie, lode, adorazione, contemplazione”.

 

Gesù è il Buon Pastore che offre la sua vita per le pecore – ha detto Benedetto XVI nell’omelia di inizio Pontificato domenica scorsa. Anzi “è divenuto lui stesso agnello, si è messo dalla parte degli agnelli, di coloro che sono calpestati e uccisi”.

 

“Non è il potere che redime, ma l’amore! – ha esclamato il Pontefice - Questo è il segno di Dio”: questa è l’Eucaristia. “Il Dio, che è divenuto agnello, ci dice che il mondo viene salvato dal Crocifisso e non dai crocifissori”.

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

Apre la prima pagina un articolo di padre Czeslaw Drazek dal titolo "Consapevolezza della Chiesa; Concilio Vaticano II; Viaggi apostolici": un mese fa, nella luce del Mistero Pasquale, il Signore chiamava a sé Giovanni Paolo II.

 

Nelle vaticane, vari contributi in occasione del trigesimo della morte di Giovanni Paolo II.

Una pagina sul tema "Il mese di Maggio con Maria".

 

Nelle estere, Iraq: scoperta una fossa comune a Nord di Baghdad.

 

Nella pagina culturale, per la rubrica "Incontri" Philippe Entremont intervistato da Antonio Braga.

 

Nelle pagine italiane, in primo piano un articolo dal titolo "Due verità sull'uccisione di Nicola Calipari. L'Italia non firma il rapporto Usa"; non condivise le conclusioni che scagionano i soldati americani.

 

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

30 aprile 2005

 

 

DOMANI, GLI ORTODOSSI CELEBRANO LA SANTA PASQUA

- Intervista con l’archimandrita Ignazio Sotiriadis -

 

La Chiese ortodosse che seguono il calendario giuliano celebrano domani, domenica primo maggio, la Santa Pasqua. Un’occasione per parlare dei rapporti tra cattolici ed ortodossi assieme all’archimandrita della Chiesa ortodossa di Grecia, Ignazio Sotiriadis, che, intervistato da Giovanni Peduto, si sofferma sullo spirito con cui gli ortodossi si apprestano a celebrare la Risurrezione di Gesù:

 

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R. – I cristiani ortodossi vivono la Pasqua con la Chiesa e nella Chiesa. Frequentano le loro chiese, seguono le loro tradizioni, pregano, digiunano e cercano di sentire e vivere tutto il senso di questa grande festa della cristianità.

 

D. – Qual è l’accento particolare della spiritualità orientale sulla Pasqua?

 

R. – In tanti punti ci troviamo davanti alle stesse tradizioni ecclesiali: le funzioni, le preghiere… Viene però accentuata di più la spiritualità come modo di vita, cioè un modo più accentuato di vivere la propria fede. In Oriente, nell’Oriente cristiano, la cosa più importante, la cosa che purtroppo si sta perdendo in Occidente, o non è così bene accentuata, è il digiuno. Da noi il digiuno rimane ancora una forte pedagogia nella nostra vita, che ci guida a rinunciare a noi stessi, per essere liberati e poter seguire Cristo.

 

D. – L’iconografia pasquale è molto ricca nel mondo ortodosso. Ci vuole dire qualcosa in proposito?

 

R. – C’è una ricchissima iconografia nel mondo orientale, che appartiene certamente alla civiltà bizantina, cioè all’Impero Romano d’Oriente, e che poi è stata anche l’arte di Roma per tanti secoli. Ci sono tanti esempi ed io sceglierei l’immagine del Cristo sposo della Chiesa: Cristo abbandonato, legato, con la corona di spine, in cui si vede la maestà di un Dio fattosi uomo per amore. Soprattutto, poi, ci sta a cuore l’immagine della Risurrezione dove si vede proprio la discesa di Cristo agli Inferi, per salvare l’umanità, tirando con le sue mani Adamo ed Eva come i primi uomini, le prime creature, e dietro a loro tutti quegli uomini di buona volontà che hanno seguito l’esempio di Cristo, che hanno sentito la predicazione di Cristo secondo la tradizione della Chiesa, in quei tre giorni della discesa agli Inferi. Allora Cristo risorge spaccando le porte degli Inferi e nell’uscire ha come scettro di trionfo la Santissima Croce.

 

D. – Quale messaggio viene al mondo di oggi dalla Pasqua?

 

R. – Che la salvezza è possibile, che la felicità non è lontana e che Dio ci ama veramente.

 

D. – Benedetto XVI ha iniziato il suo Pontificato con un forte appello all’unità dei cristiani. Qual è stata la reazione tra gli ortodossi?

 

R. – All’inizio si è avuta, come anche qui in Occidente, a Roma, un po’ di paura, perché si parlava di un cardinale Ratzinger “inquisitore”. Devo dire, però, che subito dopo c’è stato entusiasmo, perché tutti si sono ricordati che si tratta veramente di un uomo pieno di saggezza, di dignità, di classe, di livello, di fede e di sorriso. Allora, le Chiese ortodosse, i nostri capi e i nostri fedeli, aspettano dei gesti maggiori verso un’unità per cui preghiamo e per cui lavoriamo con molto ardore.

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“SIAMO VENUTI AD ADORARLO”.

E’ IL TEMA CHE ACCOMPAGNERA’ IL XIX MEETING DEI GIOVANI, DOMANI A POMPEI.

L’INCONTRO, IN PREPARAZIONE ALLA GMG DI COLONIA,

SI PROPONE DI LANCIARE UN MESSAGGIO DI PACE E DI SPERANZA AI GIOVANI

- Intervista con mons. Carlo Liberati -

 

Si svolgerà domani a Pompei il XIX Meeting dei Giovani, promosso dal Santuario mariano vesuviano, sul tema “Siamo venuti per adorarlo”. L’annuale appuntamento, in coincidenza con l’inizio del mese mariano di maggio, riprende nella scelta tematica quella della prossima Giornata Mondiale della Gioventù di Colonia, in Germania, di cui costituisce una significativa tappa di preparazione. Tre i momenti principali della riflessione, collegati ad altrettante parole-chiave del messaggio di Giovanni Paolo II per la prossima GMG: la Ricerca (“Dov’è il Re dei Giudei che è nato?”; la Contemplazione (“...E prostratisi lo adorarono”); il Viaggio (“...Tornarono per un’altra strada”). Al termine della mattinata avrà luogo una Concelebrazione Eucaristica, presieduta da mons. Carlo Liberati, delegato Pontificio e vescovo di Pompei. Nel corso della liturgia e in altri momenti del Meeting verrà particolarmente ricordato Papa Wojtyla, per la sua filiale devozione alla Vergine del Rosario di Pompei e per il suo amore verso tutti i giovani del mondo. Ma quale messaggio vuole lanciare Pompei con questo incontro? Giovanni Peduto ha girato la domanda a mons. Carlo Liberati.

 

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R. – Vogliamo ricordare a tutti che la pace è possibile, la pace è doverosa e, quindi, è necessaria. Oggi sono tante, troppe le guerre che si combattono in silenzio in diverse parti sfortunate del mondo. Noi sappiamo benissimo che i Paesi ricchi producono armi e con queste armi fanno fare la guerra ai poveri tra loro, non solo corrompendoli e sfruttandoli dal punto di vista economico e dal punto di vista morale, ma anche investendo i loro capitali sulla pelle, sul sangue dei poveri. Questo mondo non può continuare a vivere così! Se vogliamo un futuro migliore, non solo dobbiamo educare questi popoli, per esempio azzerando il debito pubblico, perché altrimenti non ne verranno mai fuori, ma educandoli alla pace. E non c’è pace senza giustizia sociale, non c’è pace senza sviluppo, come diceva Papa Paolo VI. “Lo sviluppo è il nuovo nome della pace”, ma per realizzare questo sviluppo ci vogliono altri criteri, di carattere etico, morale, economico e finanziario. Noi vogliamo inculcare nei giovani questa necessità, perché loro desiderano la pace!

 

D. – I giovani spesso vengono definiti indifferenti, privi di ideali, ripiegati su se stessi e preda del consumismo. Lei, eccellenza, come vede i giovani di oggi?

 

R. – Prima di tutto, io contesto questa definizione sui giovani: è una definizione della “società-bene”, del ceto dominante della società di oggi, il quale inquadra i giovani pur non conoscendoli. Quella definizione è l’immagine degli interessi, non sempre puliti del potere dominante. Non dobbiamo dare una definizione dei giovani: dobbiamo scendere per la strada e vedere come sono fatti, e sono fatti a nostra immagine e somiglianza poiché la scuola, la famiglia, la società, qualche volta anche la parrocchia, non riescono più, almeno non in maniera compiuta, a trasmettere loro i valori. Allora noi, con frasi mutuate da sociologi più o meno lungimiranti o più o meno aggiornati – perché i sociologi spesso fanno diagnosi che non corrispondono alla realtà concreta – noi diamo dei giovani questa definizione, che è assolutamente sbagliata. I giovani sono altro. Bisogna andare in mezzo a loro, vivere con loro, sentirli, ascoltarli, soprattutto amarli e servirli nei loro valori. Non si fa questo servizio senza proporre ideali. Il problema drammatico di oggi è che non siamo più in grado, noi società adulta, di interpretare i giovani, di proporre ideali che durino, valori perenni. Questo bisogna dirlo. Io spero che anche Benedetto XVI aiuti veramente i giovani a camminare sulla strada della verità assoluta. I giovani hanno capito che il segreto del successo sta nelle verità difficili che la Chiesa propone, ma che sono le migliori per la storia dell’umanità.

 

D. – I giovani, oggi, sanno trovare un posto per la Madonna nella loro vita?

 

R. – Io credo di sì. I giovani hanno capito che la Madonna, la Madre del Signore e nostra, la Madre della Chiesa, dalla prima risposta all’angelo Gabriele che la chiamava, fino poi al suo atteggiamento di amore sotto alla Croce, è la donna del ‘sì’, è la donna del ‘fiat’, è la donna dell’abbandono, è colei che ricerca di fare la volontà di Dio e ad essa si adegua, anche se questa volontà è difficile. I giovani di oggi vedono, quindi, nella Madonna la risposta a Dio che ci chiama, una risposta di abbandono, piena di tenerezza e piena di serietà. I giovani vogliono ideali ardui, difficili: non è vero che si accontentano del poco. Noi li abbiamo corrotti, facendoli accontentare del poco, ma loro intuiscono la verità. Per esempio: perché sono andati a cercare questo Papa moribondo, e lo hanno onorato a milioni e milioni, e hanno sfilato per otto, nove, dieci, dodici ore, non hanno dormito, non hanno mangiato, qualche volta non hanno nemmeno bevuto ... Perché? Chi è stato per loro questo Papa? Era un riferimento, era l’uomo dei valori, era quello che aveva insegnato loro a vivere, a desiderare, a sperare, a sognare, a progettare e poi, alla fine, aveva insegnato loro anche a morire. I giovani sanno riconoscere le persone che li amano, e la società di oggi non ama i giovani.

 

D. – Pompei è il santuario del Rosario. Inizia il mese di maggio. Un appello, eccellenza, per pregare bene il Rosario, per imparare ad amare questa preghiera...

 

R. – C’è ancora in giro la mentalità o l’opinione che il Rosario sia una preghiera noiosa. Noi la recitiamo tutte le sere in un’ora che è a metà di adorazione eucaristica e a metà di contemplazione dei misteri di Cristo e della redenzione attraverso Maria Santissima, secondo la formula di San Luigi Maria Grignion De Montfort, splendida almeno da tre secoli nella Chiesa: “Andiamo a Cristo, per mezzo di Maria”, “Ad Iesum per Mariam”. La nostra non è una preghiera noiosa perché riempiamo la Basilica. E non sono solo vecchietti o vecchiette o pensionati, ma ci sono tantissimi giovani e ragazzi, che vengono a parlare con Cristo, presente nell’Eucaristia e parlano a Lui attraverso le parole della mamma, attraverso l’Ave Maria. Diciamo piuttosto che spesso i nostri rosari non sono preparati, non sono ben condotti, non sono cantati, non sono preghiere di contemplazione, ma sono preghiere statiche. Allora è chiaro che il Rosario diventa una preghiera noiosa, ma io le assicuro, come diceva il Santo Padre Giovanni Paolo II, che è una preghiera splendida, meravigliosa, in cui ci è consentito l’abbandono tenero nelle mani di Cristo, nel mistero trinitario, attraverso Maria. Dunque, è una preghiera tipicamente giovanile, se però interpretata in un altro modo. Venite a Pompei e vedete come noi recitiamo il Rosario. Noi abbiamo stampato negli ultimi tempi la Via Lucis, la Via Crucis, abbiamo stampato i 20 Misteri del Rosario proprio perché stanno avendo una grande diffusione in tutte le librerie, perché le diocesi, le parrocchie ce li richiedono proprio per rinnovare la preghiera del Rosario.

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DOPO 23 SONDAGGI CHE FOTOGRAFAVANO UNA FRANCIA CONTRARIA

ALLA COSTITUZIONE EUROPEA, PER LA PRIMA VOLTA EMERGE UN SONDAGGIO

IN CUI I FRANCESI A FAVORE SONO LA MAGGIORANZA

MA CON UNA PERCENTUALE CHE RAPPRESENTA UN PAESE DIVISO A META’

- Intervista con Andrea Bonanni -

 

Per la prima volta da metà marzo un sondaggio dà vincente il ‘sì’ al referendum sulla Costituzione europea in programma il 29 maggio in Francia. Il sondaggio attribuisce al ‘sì’ il 52 per cento. Finora, in ben 23 sondaggi diversi era sempre prevalso il ‘no’. In ogni caso, il margine di scarto la dice lunga sull’intensità del dibattito in uno dei Paesi fondatori della realtà europea e anche del rischio che la Francia sia la prima a dire no. Finora la Costituzione europea, firmata il 29 ottobre scorso a Roma, è stata ratificata da Lituania, Ungheria, Slovenia e Italia con iter parlamentare e da Spagna e Grecia per via referendaria. Ma quali sono i punti centrali del dibattito in Francia? Fausta Speranza lo ha chiesto a Andrea Bonanni, analista per le questioni europee del quotidiano “La Repubblica”:

 

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R. – Molto curiosamente, il dibattito in Francia in questo momento sulla Costituzione sembra vertere più su questioni che in realtà non sono di competenza della Costituzione e, cioè, se l’insieme delle leggi europee sia abbastanza ‘sociale’, come si dice in Francia, o sia invece di ispirazione troppo liberale per i gusti di una larga parte della sinistra francese. Il che fa abbastanza sorridere se non fosse preoccupante, per il fatto che in realtà una Costituzione non deve – a parte quella sovietica – definire quale sia la forma sociale prescelta. La Costituzione europea non entra, se non di striscio, in questo tipo di definizioni. La Costituzione stabilisce le regole del gioco, poi quali siano i risultati del gioco, dipende, appunto, dal libero gioco della democrazia. Quindi, non dà né indicazioni per una forte difesa sociale né indicazioni per uno Stato fortemente capitalista: è neutra, come devono essere le Costituzioni.

 

D. – Guardando ad un Paese con tradizione euro-scettica come la Gran Bretagna, si trovano ovviamente ragioni e sostenitori del ‘no’. Ma sembra interessante che i punti di partenza delle critiche sono diversi da quelli che hanno trovato terreno fertile in Francia… non è così?

 

R. – Sì, assolutamente. Bisogna dire che il dibattito sulla Costituzione in Gran Bretagna non è ancora veramente decollato: in questo momento, stanno discutendo soprattutto delle prossime elezioni nazionali e il referendum è previsto tra circa un anno. Quindi, c’è ancora un margine di tempo. Però, almeno dalle prime ‘voci’ che si levano sull’argomento, si vede che i temi sono completamente diversi e sono principalmente due filoni: uno che dice, al contrario dei francesi, che questa è una Costituzione troppo sociale e poco liberale che, appunto, fa il paio con l’equivoco francese; un altro, che secondo me, è più serio e va preso più seriamente in considerazione, è quello che dice: “Se accettiamo questa Costituzione, finiamo per dare ancora più potere all’Europa”. Il merito di questa affermazione è giusto fino ad un certo punto, però è un’affermazione all’interno di un dibattito sul nocciolo della questione. Adesso, io non voglio entrare ora nell’argomento, se questa sia una Costituzione che rafforza i poteri di Bruxelles o se, invece, come molti dicono, restituisce una parte di poteri agli Stati membri, soprattutto agli Stati membri più grandi, come l’Italia, la Gran Bretagna e la Francia, sotto forma di un maggiore potere di voto. Però, certamente questo è un punto centrale che può essere utile per valutare se dire ‘sì’ o ‘no’ alla Costituzione.

 

D. – Andrea Bonanni, analista di Repubblica a Bruxelles: come si vive a Bruxelles questa attesa per il referendum in Francia?

 

R. – C’è sicuramente preoccupazione e c’è sicuramente preoccupazione per motivi se non altro geografici, ma non solo geografici: anche storici e politici. La Francia è un tassello cruciale nel puzzle europeo. Se la Francia dovesse dire di no, diventerebbe molto difficile pretendere che il processo possa andare avanti. Però, direi che si vive anche forse con più serenità di quanto stia accadendo in Francia. C’è sempre stato forse un po’ meno pessimismo di quello che si è visto nei media francesi di fronte ai sondaggi che davano come ormai scontata la vittoria del ‘no’. Detto questo, è evidente che la preoccupazione c’è perché, se un Paese come la Francia dice ‘no’ alla Costituzione, tutto diventa enormemente più difficile.

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NELLE SALE CINEMATOGRAFICHE ITALIANE IL FILM TEDESCO “LA CADUTA”,

CHE RIPERCORRE GLI ULTIMI GIORNI DI VITA E FOLLIA DI HITLER NELL’APRILE DEL’45

 

Gli ultimi dodici giorni di vita e di follia di Adolf Hitler sono raccontati nel film tedesco “La caduta” sugli schermi italiani. Con un senso di angoscia e di inquietudine si ripercorrono attraverso le immagini ed i dialoghi, ambientati nel famoso bunker, i tragici eventi che chiusero uno dei capitoli più terrificanti e dolorosi della storia. Il servizio è di Luca Pellegrini:

 

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(Musica)

 

I giorni dell’abisso, i giorni dell’orrore e della sua fine. Aprile 1945. Una Berlino sconvolta e in agonia cela e nasconde nel suo cuore di terra e sangue gli ultimi giorni di Adolf Hitler, recluso nel famoso bunker, un bozzolo nel quale consumare la tragedia finale, una liturgia della morte – con l’esplicita negazione della vita e della sua dignità – che rimane marchio indelebile delle molte follie della storia. Il nazismo è al suo tragico epilogo: il dittatore ed i suoi più fedeli collaboratori accolgono pavidamente le notizie provenienti dalla superficie, quelle che descrivono l’arrivo dell’esercito russo, il massacro di quello dei bambini tedeschi, l’agonia dei civili inermi e disperati. Un film rigoroso, più che spietato, quello di Oliver Hirschbiegel, che si è avvalso della consulenza storica di Joachim Fest, grande studioso del Terzo Reich e massimo biografo del dittatore. Ciò che succede laggiù, nell’anticamera di un inferno ove non regnano pietà e ragione, viene raccontato attraverso l’esperienza vera di Traudl Junge, che fu segretaria e testimone della “caduta”. A dare spessore ad un personaggio così difficile e scomodo come Hitler è il bravissimo Bruno Ganz, gentile ed attento con le donne nel bunker, folle e maniacale nei confronti dei generali per lui tutti traditori e del popolo che, a suo dire, non merita nulla di meglio dell’annientamento. Naturalmente grandi discussioni hanno accompagnato l’uscita, in Germania, di questo intenso documento storico. Dopo “Rosentrasse” di Margarethe von Trotta e “Sophie Scholl – Gli ultimi giorni” di Marc Rothemund – dedicato alla resistenza dei giovani del movimento antinazista della “Rosa bianca” nel 1943 –, si completa un’ideale trilogia dedicata alla follia nazista. Ad Alessia Ratzenberger, direttrice del Festival del cinema tedesco a Roma, abbiamo chiesto che cosa significhino per la cultura tedesca queste prime e coraggiose riflessioni cinematografiche sul loro più tragico e recente passato:

 

“Innanzitutto si tratta di film che chiamerei impegnati e che derivano dal gruppo di impegno politico degli anni ’70 come idea cinematografica. In realtà è anche un momento storico molto importante perché quest’anno, il 9 maggio, è il 60.mo della capitolazione della Germania e dunque, automaticamente, c’è stato un richiamo all’attenzione su questo importantissimo problema. D’altronde, anche seppure in grandissime difficoltà, la coscienza del popolo tedesco sempre di più si pone il grosso problema di che cosa ha potuto portare al gravissimo olocausto e tutto ciò che è successo nella seconda guerra mondiale, considerando che parliamo di una Nazione di antica cristianità, di una nazione con un importantissimo livello culturale, musicale, filosofico. In Germania era considerato un argomento talmente doloroso che era considerato un argomento tabù. Adesso, a distanza di 60 anni, si sente la necessità di rivederlo e di rivisitarlo e, dunque, si rivisita anche con il cinema questa complessa questione. 

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IL VANGELO DI DOMANI

 

 

Domani, 1° maggio, VI Domenica di Pasqua, la liturgia ci presenta il Vangelo in cui Gesù dice ai suoi discepoli:

 

 “Se mi amate, osserverete i miei comandamenti…Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi mi ama. Chi mi ama sarà amato dal Padre mio e anch'io lo amerò e mi manifesterò a lui”.  

 

Su queste parole del Signore ascoltiamo il commento del teologo gesuita, padre Marko Ivan Rupnik:

 

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Accogliere i Comandamenti e osservarli vuol dire amare il Signore, vuol dire che Lui è il primo del nostro cuore. Il Comandamento custodisce il rapporto con Lui e fa sì che in mezzo alla quotidianità si dia la precedenza a Lui. Niente può diventare più importante di Lui; nessun argomento è più convincente del Comandamento del Signore. Solo l’amore riesce a concentrare il nostro cuore su un volto così radicalmente, che niente può distoglierlo da esso. Nessuna ascesi porta frutti se non quella che nasce dall’amore: un amore che esige una relazione integra che coinvolge tutta la persona. Osservare i Comandamenti può non bastare per giungere alla contemplazione del volto del Signore. E’ l’essere toccati dal suo amore che ci muove verso una vita conforme alla sua Parola. La Pasqua è la rivelazione di quanto Lui ci ami. Lui si è consegnato nelle nostre mani affinché noi ci affidassimo nelle Sue e questo è il nostro amore per Lui.

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CHIESA E SOCIETA’

30 aprile 2005

 

 

ASSEGNATO DALL’ALTO COMMISSARIATO DELL’ONU PER I RIFUGIATI IL PREMIO NANSEN ALL’OPERATRICE UMANITARIA, MARGHERITE BARANKITSE, NOTA COME L’ANGELO DEL BURUNDI PER AVERE ASSISTITO NEGLI ULTIMI 12 ANNI

OLTRE 10 MILA BAMBINI COINVOLTI IN GUERRE E CONFLITTI ETNICI

 

GINEVRA. = E’ andato a Margherite Barankitse, il Premio Nansen assegnato ogni anno dall’Alto commissariato dell’ONU per i rifugiati (UNHCR). Nota come l’“An-gelo del Burundi”, la signora Barankitse da dodici anni opera in aiuto di migliaia di bambini, che sono stati coinvolti dalla guerra civile nel Paese africano e da altri conflitti nella regione. La scelta – spiega una nota dell’UNHCR – è caduta sul-l’operatrice umanitaria burundese, direttrice dell’Organizzazione non governativa ‘Maison Shalom’, quale riconoscimento “per il suo instancabile impegno a favore dei bambini non accompagnati le cui vite sono state devastate dalla guerra e dall’AIDS”. Il Premio Nansen per i Rifugiati viene conferito a persone od organizzazioni che si sono distinte per il proprio impegno in favore dei rifugiati. Insegnante, durante uno dei massacri nel suo Paese nel 1993, ‘Maggie’ Barankitse ha salvato la vita a 25 bambini. E subito dopo l’esplosione della guerra, nell’ottobre di quell’anno, ha fondato ‘Maison Shalom’ nella provincia di Ruyigi, una delle più povere del Paese. L’organizzazione fornisce alloggio, assistenza medica e istruzione a bambini senza casa e non accompagnati, tra i quali rifugiati e rimpatriati. Da allora, la signora Barankitse ha fondato altre tre Case per bambini e aiutato oltre diecimila bambini di diversi gruppi etnici e nazionalità. Nonostante le minacce alla sua stessa incolumità, la signora Barankitse ha continuato il proprio lavoro per promuovere pace e riconciliazione. Istituito nel 1954 il Premio Nansen ha premiato tra gli altri Eleanor Roosevelt, Re Juan Carlos I di Spagna, la Regina Giuliana d’Olanda, l’organizzazione Medici Senza Frontiere, l’ex presidente tanzaniano Mwalimu Julius Nyerere e Luciano Pavarotti. Lo scorso anno, il Premio è andato al Memorial Human Rights Centre, un’organizzazione non governativa russa, che ha aiutato decine di migliaia di rifugiati e sfollati nella Federazione Russa. Il riconoscimento prevede l’assegnazione di centomila dollari da utilizzare in un progetto a favore dei rifugiati a scelta del vincitore. (R.G.)

 

 

DOMANI, PRIMO MAGGIO, FESTA DEL LAVORO: TANTE LE CELEBRAZIONI RELIGIOSE

E LE MANIFESTAZIONI CIVILI IN ITALIA, IN OMAGGIO A QUESTA RICORRENZA

SU UNA DIMENSIONE FONDAMENTALE NELLA VITA DELL’UOMO

- A cura di Mariavittoria Savini -

 

ROMA. = Primo maggio: festa dei lavoratori. Tante sono le iniziative già intraprese o in programma per celebrare questa giornata dedicata al lavoro. Domani a Roma, le Associazioni cristiane dei lavoratori italiani, ACLI, si riuniranno in piazza San Pietro per partecipare alla recita del Regina Coeli insieme al Papa Benedetto XVI. Prima della preghiera mariana, alle 11, nella chiesa di S. Spirito in Sassia, il segretario generale della CEI, mons. Giuseppe Betori, presiederà una Santa Messa, per la Festa di San Giuseppe Lavoratore. In tutto il suo Pontificato, Papa Giovanni Paolo II ha sottolineato l’importanza del lavoro, “dimensione fondamentale della vita dell’uomo”, quando è esercitato nell’onestà e nel rispetto della dignità dell’individuo. Molto importante però è anche la necessità dell’equilibrio tra lavoro e riposo. Tra le molte iniziative religiose, ieri sera, nella chiesa di S. Maria di Lourdes di Mestre, si è svolta una Veglia alla presenza del Patriarca di Venezia, il cardinale Angelo Scola, sul tema “Il lavoro, forma di realizzazione del divino nell’umano”. Il lavoro è una componente fondamentale della vita di ogni uomo e luogo autentico dell’incontro con Dio. Richiamando questo principio, l’arcivescovo di Torino, il cardinale Severino Poletto, ha ricordato il 50° anniversario della dedicazione del Primo maggio a San Giuseppe Lavoratore, sottolineando l’importanza dell’equilibrio tra lavoro e riposo, momento in cui ad ogni lavoratore è concesso di partecipare alle celebrazioni delle festività cristiane. Come è tradizione, questa sera a partire dalle 20.30, il cardinale arcivescovo di Milano, Dionigi Tettamanzi, guiderà una Veglia dedicata ai lavoratori. Intorno al tema “Lavoro ed Eucarestia si svolgerà il cammino di preghiera, che si terrà a Missaglia, vicino Lecco, presso il Santuario dell’Assunta e si concluderà presso la parrocchia di San Vittore.” Accanto alle iniziative spirituali,nelle città di tutta Italia si susseguiranno domani diverse manifestazioni. I sindacati Cgil, Cisl e Uil, si ritroveranno a Scampia, nella periferia di Napoli, per celebrare la giornata del 1° maggio incentrata sul tema di “Sviluppo e legalità”. Il corteo partirà alle ore 10 da piazza Libertà, per confluire nella Villa comunale di Scampia, dove parleranno i segretari generali Epifani, Pezzotta e Angeletti. A Roma invece, per moltissimi giovani l’appuntamento è a piazza San Giovanni per il tradizionale concerto. In occasione di questa giornata di festa, su proposta del Ministero dei beni culturali, in diverse città, saranno aperti circa 200 musei che si potranno visitare pagando soltanto 1 euro.” Ma dove affonda le sue radici la festa del Primo maggio? Per capirlo dobbiamo fare un passo indietro, al secolo scorso, e tornare alle battaglie intraprese dal movimento operaio. Il Primo maggio del 1886 infatti, negli Stati Uniti, la Federation Trade and Labor Unions, proclamò i primi scioperi per chiedere di sancire contrattualmente la riduzione dell’orario lavorativo ad 8 ore. La decisione di organizzare una manifestazione in una data fissa però, arrivò solo il 14 luglio 1889, quando fu approvata una mozione presentata dai delegati francese e statunitense al Congresso della Seconda Internazionale.

 

 

“QUALE FORMA DARE ALLE PREGHIERE”: E’ IL TITOLO DELLA MOSTRA APERTA OGGI

A FIRENZE, DEDICATA ALL’ARCHITETTO TICINESE MARIO BOTTA,

PER UNA RIFLESSIONE SULL’ARTE SACRA NELLA SOCIETA’ CONTEMPORANEA

- A cura di Laura Sposato -

 

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FIRENZE. = “Mario Botta: architettura del sacro, preghiere di pietra”. Un’occasione rara per riflettere sul bisogno di spiritualità insito nell’uomo e insieme un restauro importante del luogo che ospita la Mostra: la gipsoteca dell’Istituto d’Arte, una delle più importanti raccolte europee di modelli di sculture celebri. Fra le forme imponenti del passato, su tutto un maestoso gesso del David di Michelangelo, 12 progetti, plastici, disegni e foto, di edifici sacri e realizzati dal maestro ticinese Mario Botta in Italia e all’estero, soprattutto Svizzera e Nord Italia. 11 monumenti per il culto cristiano ed uno ebraico a Tel Aviv. La Mostra, realizzata dall’Ente Cassa di Risparmio di Firenze, non è semplicemente una personale su uno dei massimi architetti dedicati alla riflessione del sacro, è molto di più, è un contributo, è anche una provocazione del dibattito, un po’ trascurato, sull’architettura religiosa in rapporto alle città di oggi. La risposta di Mario Botta è chiara nei lavori esposti. Una sfida che fa diventare luce le pietre, preghiera gli spazi. Un linguaggio architettonico netto e preciso che non ammette dubbi: forme primarie, volumi puri, geometrie elementari, materie forti per misurare infinito con l’infinito. Le sue diverse chiese sono baluardi e fortezze. Per lui è questo il bisogno dell’uomo di oggi. Vale la pena di rifletterci visitando la Mostra, ad ingresso gratuito, aperta fino al 30 luglio, a Firenze.

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MESSAGGIO DEI VESCOVI ETIOPICI IN VISTA DELLE ELEZIONI PRESIDENZIALI

DEL PROSSIMO 15 MAGGIO. I PRESULI ESORTANO I FEDELI A VOTARE CON COSCIENZA RETTA, AVENDO IN MENTE IN PRIMO LUOGO IL BENE COMUNE E L’UNITA’

DELLA NAZIONE, TUTELANDO LIBERTA’ FONDAMENTALI E DIRITTI UMANI

 

ADDIS ABEBA. = Libertà coscienza e libertà di religione, rispetto della vita e rispetto dei diritti umani. Sono i criteri indicati dai vescovi cattolici dell’Etiopia in un messaggio agli elettori in vista delle elezioni presidenziali, che si terranno nel Paese africano il prossimo 15 maggio. Nella nota i presuli ricordano che “Gesù Cristo ha affidato alla Chiesa la missione di portare la Buona Novella all’umanità. Ma gli esseri umani non sono solo spirituali e le loro preoccupazioni includono aspetti sociali ed economici che non possono essere separati della loro natura spirituale.” “La Chiesa non può essere identificata con nessun partito o sistema politico”, prosegue il messaggio dei vescovi etiopici. “D’altra parte, la Chiesa ha a cuore il bene comune e non può rimare silenziosa e disinteressata in questo importante momento.” Da qui l’incoraggiamento a tutti i fedeli e alle donne e agli uomini di buona volontà “ad adempiere il loro dovere civico nelle prossime elezioni”. Nel documento si ricorda anche che “il sistema democratico” “assicura la partecipazione dei cittadini alla definizione delle scelte politiche, garantisce alla popolazione la possibilità di eleggere e di chiedere conto dell’operato di coloro che la governano e di sostituirli pacificamente quando è necessario”. “Così”, prosegue il messaggio, “astenersi dal voto significa non adempiere a uno dei doveri di cittadino. Alcune persone potrebbero essere tentate di adottare un tale atteggiamento perché non sono fiduciose dell’utilità del loro singolo voto. Ma se un voto dà un contributo minimo al progresso del Paese, l’astensione offre un contributo ancora inferiore e se l’astensione è generalizzata, le conseguenze potrebbero compromettere seriamente il risultato finale”. Dopo aver esortato di evitare pressioni economiche in cambio del voto, i vescovi etiopici concludono esortando “i fedeli ad esercitare il loro dovere politico con coscienza retta, avendo in mente in primo luogo il bene comune e l’unità del Paese”. (L.M.)

 

 

UNA SERATA FESTOSA DEDICATA AL CINEMA ITALIANO HA INAUGURATO IERI SERA

LA RINNOVATA SEDE DELL’AUDITORIO DI VIA DELLA CONCILIAZIONE. PER IL FUTURO, INCERTI I PROGRAMMI CHE DOVREBBERO SPAZIARE

 NELLE VARIE FORME DI SPETTACOLO

- A cura di Luca Pellegrini -

 

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ROMA. = E’ stato il cinema italiano, radunato a festa per la consegna dei prestigiosi David di Donatello, ad inaugurare ieri sera, dopo dieci mesi di restauri, la rinnovata sala dell’Auditorium Conciliazione (ex-Auditorio Pio), situata nell’omonima via che porta a Piazza San Pietro. Una struttura, lo ricordiamo, che per quarantacinque anni è stata la storica sede dei concerti dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia. La musica classica ha, dunque, ceduto il monopolio concedendo d’ora in poi a tutte le arti di far capolino per assecondare – come affermano i nuovi gestori, tra i quali la Provincia di Roma – la crescente richiesta culturale della popolazione romana e dei numerosi turisti e pellegrini che transitano nella Città Eterna. Le operazioni di ristrutturazione non hanno intaccato la facciata disegnata nel 1950 da Marcello Piacentini (era l’Anno Santo e la sala era stata inizialmente progettata per accogliere le Udienze papali) né hanno manipolato, per fortuna, la bella platea capace di ospitare quasi 2.000 spettatori. I lavori si sono, invece, concentrati sull’allargamento del palcoscenico e l’adeguamento dell’intera struttura alle norme di sicurezza. Si è installato poi, proprio in vista degli appuntamenti cinematografici che si stanno programmando – tra i quali, a fine giugno, le Giornate professionali di cinema –, un avanzato sistema di proiezione e di illuminazione computerizzata. Sostanzialmente inalterato, invece, il foyer, ove si è installato un nuovo punto vendita e sono stati disseminati 25 piccoli schermi. Quanto alla futura programmazione artistica, che si spera di alto livello e, naturalmente, in linea con le esigenze culturali ed artistiche della Santa Sede, essa si concentrerà su alcune proposte che, vagliate da un apposito comitato di esperti in varie discipline (dei quali, però, non si conoscono ancora i nomi), spazieranno dalla musica sinfonica a quella leggera, dal teatro di prosa all’audiovisivo, dai seminari alle mostre d’arte. Quanto alla premiazione di ieri sera, ospitata su di un palcoscenico segnato da interventi di scenografia di dubbio gusto e con una regia piuttosto approssimativa, ha visto l’inaspettato trionfo del bel film di Paolo Sorrentino “Le conseguenze dell’amore”, cui sono stati assegnati cinque David nelle categorie più prestigiose. Meritatissimi, infine, i premi consegnati all’attrice Barbora Bobulova, protagonista di “Cuore sacro”, e al novantenne regista Mario Monicelli, per nulla spaventato dall’età e dal futuro ancora vigorosamente legato alla sua più viscerale passione: il cinema.

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24 ORE NEL MONDO

30 aprile 2005

 

- A cura di Fausta Speranza ed Eugenio Bonanata -

 

Due persone sono morte e altre sei sono rimaste uccise in un attentato suicida con autobomba perpetrato oggi a Baghdad contro un convoglio  americano-iracheno. L'attentato è avvenuto a Zayuna, un quartiere della parte est della capitale teatro ieri di due attentati sempre con autobombe, a pochi minuti uno dall'altro, con un bilancio di un morto e otto feriti, di cui quattro poliziotti. E proprio in un clima di violenza, tra vittime e attentati, prosegue in Iraq l’attività del nuovo governo, mentre il terrorista giordano Al Zarqawi torna a farsi vivo, esortando la guerriglia irachena a nuovi attacchi contro obiettivi americani. Intanto, niente intesa tra Stati Uniti e Italia sull’inchiesta relativa alla morte del dirigente dei servizi segreti, Nicola Calipari, ucciso due mesi fa in Iraq. Ieri il ministero degli Esteri di Roma e il Dipartimento di Stato di Washington hanno reso noto un comunicato in cui dichiarano chiusa l’indagine, ma con conclusioni divergenti. Lunedì prossimo in Italia, si riunirà la Conferenza dei capigruppo alla Camera per decidere la data dell'intervento del governo in Parlamento. 

 

Il primo ministro somalo, Ali Mohamed Gedi, incontra oggi a Mogadiscio i vari capi delle fazioni militari, politiche e religiose. L’obiettivo è negoziare una situazione di sicurezza in città per consentire il ritorno del governo transitorio, attualmente risiedente a Nairobi. In programma anche un incontro con i ministri e i parlamentari dissidenti rimasti a Mogadiscio.

 

Spiragli di pacificazione in Togo, il Paese in preda ad una violenta crisi scaturita dalle elezioni presidenziali, vinte da Faurè Gnassingbè, figlio dell’ex dittatore defunto del Paese africano, Gnassingbè Eyademà. L’Unione delle Forze per il Cambiamento, principale movimento d’opposizione che accusa di brogli la presidenza, propone ora il dialogo con la mediazione dell’Onu e di altri organismi internazionali.

 

Torna la calma in Nicaragua, dopo giorni di scioperi e proteste di piazza per l’aumento del prezzo del petrolio. Le autorità hanno concordato il congelamento dei prezzi dei trasporti per tre mesi. Le associazioni sindacali hanno sospeso il pesante sciopero dei mezzi pubblici che ha paralizzato le attività nella capitale Managua.

 

Inizia il conto alla rovescia per le elezioni in Gran Bretagna fissate per il 5 maggio. Secondo gli ultimi sondaggi, il partito Laburista si attesterebbe al 36%  delle preferenze, con un vantaggio di quattro punti sui conservatori e 12 sui liberali democratici.

 

Il re del Nepal Gyanendra ha posto fine allo stato di emergenza che aveva decretato il primo  febbraio scorso quando aveva allontanato il governo del premier Sher Bahadur Deuba assumendo i pieni poteri. E’ quanto ha riferito la  radio ufficiale nepalese. In ogni caso, l'annuncio improvviso non riduce i poteri straordinari assunti dal sovrano. Deuba, 59 anni, destituito assieme al suo governo di coalizione, aveva annunciato che non avrebbe risposto alla convocazione di una  commissione anticorruzione istituita di recente dal re con l'incarico di esaminare presunte irregolarità in un contratto per la fornitura d'acqua potabile.  Nei giorni precedenti, la polizia aveva già arrestato Prakash Man Singh, ministro del Lavoro nel governo esautorato da Guynendra, portandolo davanti alla Commissione reale, che ha gli stessi poteri della magistratura nepalese e che Deuba accusa di volersi vendicare degli oppositori al re.

 

Un litigio tra esercito afghano e polizia municipale ad Herat è degenerato oggi in una vera e propria battaglia, che ha lasciato sul terreno sei morti, secondo fonti ospedaliere e della sicurezza locali. Causa scatenante è stata l'azione di un soldato che ha sparato ad una donna uccidendola, perchè la sospettava di nascondere una bomba. La polizia locale ha arrestato il militare  e ciò ha provocato la reazione violenta dei suoi commilitoni. All'ospedale, al termine degli scontri, sono giunti i cadaveri di tre uomini in divisa e di tre civili.

 

Il segretario generale delle Nazioni Unite, Kofi Annan, ha notificato al primo ministro della Cambogia, Hun Sen, che il tribunale internazionale che dovrà giudicare i superstiti capi dei Khmer Rossi, accusati di genocidio, potrà essere istituito. Da parte sua, il governo cambogiano ha espresso soddisfazione auspicando che il processo si tenga “prima possibile”. Per il finanziamento del Tribunale, la Commissione europea si è impegnata a contribuire con un milione di euro. Dei necessari 56 milioni di dollari, circa 40 ne verranno da 13 Paesi, di cui metà dal solo Giappone, e altri 13 dovrebbero arrivare dalla stessa Cambogia. Se tutti i finanziamenti si concretizzeranno, il Tribunale potrebbe essere costituito entro l’anno.

 

Il regime ultramaoista dei Khmer rossi ha provocato la morte di circa due milioni di persone tra aprile 1975 e gennaio 1979, ed è su questo periodo del terrore che saranno giudicati gli accusati. Il capo dei Khmer rossi, Pol Pot, è morto nel 1998. A finire sul banco degli imputati, per genocidio e crimini contro  l'umanità, sarà un piccolo gruppo di suoi luogotenenti.

 

I più alti dirigenti dello Stato e del Partito comunista vietnamita si sono riuniti nella città di Ho Chi Minh, la capitale economica del sud, per celebrare la caduta del regime filo-americano di Saigon. Oggi ricorre, infatti, il 30.mo anniversario della fine della  guerra del Vietnam, una guerra che uccise 3 milioni di vietnamiti e 58 mila militari statunitensi. “Il Vietnam deve chiudere con il passato e guardare verso il futuro” insieme con suoi ex nemici. Questo è il commento del primo ministro vietnamita, Phan Van Khai. Il servizio di Eugenio Bonanata:

 

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Con celebrazioni lungo le stesse strade che hanno visto i carri armati di Hanoi dirigersi verso il palazzo presidenziale di Saigon, attuale Ho Ci Minh city, il Vietnam ha celebrato il 30.mo anniversario della vittoria del regime comunista del nord sul governo del sud, che era appoggiato dagli Stati Uniti. E’ la fine della guerra, definita la “guerra americana”, ma soprattutto la fine di oltre tre decenni di conflitti in un Paese che, per la  prima volta da generazioni, finalmente stava assaporando la pace. Oggi il Vietnam che  ricorda è un Vietnam diverso, più aperto e pragmatico. La guerra, solo fino a poco tempo fa  presente e celebrata ovunque, ora è uno sfondo più sfumato. Trent'anni fa, il Paese si liberava dal controllo straniero e ritrovava una sua unità, ma la lunga separazione e la guerra avevano esacerbato le differenze tra nord e sud. Ieri, il primo ministro vietnamita Khai ha dichiarato: “Chiudiamo col passato e guardiamo al futuro nei confronti delle persone che erano dall’altra parte, siano esse all’interno o all’esterno del Paese”. Così il premier ha invitato il Paese a superare le divisioni. “La  guerra - ha detto - è finita 30 anni fa. Bisogna che in ciascun cittadino vietnamita prevalga uno spirito di riconciliazione nazionale che contribuisca allo sviluppo del Paese”. Oggi, a testimoniare la memoria di un conflitto che ha segnato le passate generazioni e la storia della presenza statunitense nel sud-est asiatico, erano poche le personalità straniere. I dirigenti vietnamiti hanno probabilmente voluto tenere basso il tono dei festeggiamenti, per evitare frizioni con gli Stati Uniti, divenuti ormai un partner economico strategico.

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