RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLIX n.
120 - Testo della trasmissione di sabato 30 aprile 2005
IL PAPA E LA SANTA SEDE:
IN PRIMO PIANO:
Domani, gli ortodossi celebrano la Santa Pasqua: intervista con l’archimandrita Ignazio Sotiriadis
Il Vangelo di domani: il commento di padre Marko Ivan Rupnik.
CHIESA E SOCIETA’:
Domani,
primo maggio, festa del lavoro
Aperta oggi, a Firenze, la mostra dedicata
all’architetto ticinese Mario Botta
Messaggio dei vescovi etiopici in vista delle elezioni
presidenziali del prossimo 15 maggio
Ancora violenze e attentati in Iraq
30 anni fa finiva la guerra del Vietnam.
30 aprile 2005
IL PAPA APPROVA
L’ELEZIONE DEL CARDINALE ANGELO SODANO A DECANO DEL
COLLEGIO CARDINALIZIO.
IL CARDINALE ROGER ETCHEGARAY DIVENTA VICE-DECANO
Il Santo Padre ha approvato
l'elezione - fatta dai cardinali dell'Ordine dei Vescovi - del Decano del
Collegio Cardinalizio, nella persona del cardinale Angelo Sodano, del titolo
della Chiesa suburbicaria di Albano, segretario di Stato.
Parimenti il Papa ha approvato
l'elezione del Vice-Decano del medesimo Collegio, nella persona del cardinale
Roger Etchegaray, del titolo della Chiesa suburbicaria di Porto-Santa Rufina,
presidente emerito del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace e del
Pontificio Consiglio "Cor Unum".
L’ufficio di Decano era vacante
in quanto, come è noto, era ricoperto dal cardinale Ratzinger. Vice-Decano era
il cardinale Sodano. Secondo il Codice di Diritto Canonico, il Decano presiede
il Collegio dei Cardinali e, se impedito, ne fa le veci il Vice-Decano; il Decano
non ha nessuna potestà di governo sugli altri cardinali, ma è considerato
primus inter pares.
UDIENZE
Stamane Benedetto XVI ha
ricevuto in successive udienze nello Studio dell’Aula Paolo VI in Vaticano il
cardinale Crescenzio Sepe, prefetto della Congregazione per l'Evangelizzazione
dei Popoli, il cardinale Bernard Francis Law, arciprete della Patriarcale
Basilica Liberiana di Santa Maria Maggiore, e l’arcivescovo Nikola
Eterović, segretario generale del Sinodo dei Vescovi.
OGGI POMERIGGIO, BENEDETTO XVI
PRENDERA’ POSSESSO DELL’APPARTAMENTO
NEL PALAZZO APOSTOLICO. DOMANI, PER LA PRIMA VOLTA, IL PAPA SI AFFACCERA’
ALLA FINESTRA DEL SUO STUDIO IN OCCASIONE DELLA RECITA DEL REGINA
COELI
L’attività del Papa vivrà nel pomeriggio di oggi un
momento particolare: la presa di possesso del suo appartamento nel Palazzo
Apostolico. Domani, poi, Benedetto XVI si affaccerà per la prima volta dallo
studio pontificio per la recita del Regina Coeli. Il servizio di
Alessandro Gisotti:
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Un momento
significativo oggi pomeriggio per Benedetto XVI, in questa fase di inizio
Pontificato: intorno alle 16, il Papa prenderà possesso del suo appartamento
nel Palazzo apostolico. Fin ad oggi, il Santo Padre ha alloggiato nella Casa di
Santa Marta in Vaticano, lo stesso edificio dove i cardinali hanno abitato
durante il Conclave. In questi giorni, il Pontefice ha più volte visitato la
sua vecchia abitazione in piazza della Città Leonina, sua residenza quando era
cardinale prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede.
Domani, dunque,
si attende un altro evento particolarmente emozionante per il Papa e i fedeli:
per la prima volta, infatti, Benedetto XVI si affaccerà dalla finestra del suo
studio per recitare il Regina Coeli con i pellegrini raccolti in piazza
San Pietro. L’evento cade, peraltro, nella solennità di San Giuseppe
lavoratore, nella festa internazionale del lavoro, e coincide con la
celebrazione della Pasqua da parte delle Chiese ortodosse, che seguono il
calendario giuliano. Tra i fedeli in piazza ci saranno anche le Acli,
Associazioni cristiane dei lavoratori italiani, che festeggeranno il loro 60.mo
anniversario di fondazione.
Se, dunque,
domani a mezzogiorno gli occhi dei fedeli saranno puntati sul terzo piano del
Palazzo Apostolico, molti tra loro torneranno con la memoria agli Angelus
e Regina Coeli domenicali, ai quali Giovanni Paolo II non è mai voluto
mancare nei suoi quasi 27 anni di Pontificato. L’ultima volta che Papa Wojtyla
si è affacciato dalla finestra dello studio pontificio è stato il 30 marzo
scorso. Un mercoledì, giorno dedicato tradizionalmente all’udienza generale.
Pur provato dalla sofferenza – il Santo Padre ci avrebbe lasciato il 2 aprile –
volle benedire un folto gruppo di giovani fedeli giunti dalla diocesi di
Milano.
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IL PRESIDENTE ITALIANO
CIAMPI IN VISITA UFFICIALE DA BENEDETTO XVI
IL PROSSIMO 3 MAGGIO. IN QUELL’OCCASIONE INVITERA’
IL PAPA AL QUIRINALE
Il presidente della Repubblica
italiana Carlo Azeglio Ciampi “compirà una visita ufficiale al Santo Padre
Benedetto XVI martedì 3 maggio”. E’ quanto ha reso noto stamane il direttore
della Sala Stampa vaticana Joaquín Navarro-Valls.
Ciampi sarà così il primo capo
di Stato a recarsi in visita ufficiale da Benedetto XVI, a parte il saluto reso
domenica scorsa da quanti hanno preso parte al rito per l'inizio del
Pontificato.
Il Quirinale, da parte sua, ha
comunicato che la visita si svolgerà alle 11.00. In quella occasione -
sottolinea la nota - il presidente della Repubblica rivolgerà a Benedetto XVI
l’invito a compiere una visita al Quirinale. Proprio ieri il capo di Stato si
era recato, con la moglie Franca, a pregare sulla tomba di Giovanni Paolo II
nelle Grotte Vaticane. Una data non casuale: ieri, infatti, 29 aprile e festa
di santa Caterina da Siena, Patrona d’Italia, era in programma la visita al
Quirinale di Papa Wojtyla, invitato dal presidente il 16 febbraio scorso, a
pochi giorni dalla conclusione del suo primo ricovero al Gemelli di quest’anno.
ATTESE OLTRE 300 MILA PERSONE A BARI IL 29 MAGGIO
PER LA MESSA PRESIEDUTA DA BENEDETTO XVI A
CONCLUSIONE
DEL CONGRESSO EUCARISTICO NAZIONALE
Bari si sta preparando a
ricevere il Papa. Ieri è stata confermata ufficialmente la presenza di
Benedetto XVI per la conclusione del Congresso Eucaristico Nazionale, la
mattina del 29 maggio prossimo, solennità del Corpus Domini. All’appuntamento
sono attese oltre 300 mila persone. Sarà la prima visita apostolica di
Benedetto XVI in Italia. In questi primi giorni di Pontificato, Papa Ratzinger
ha già messo più volte l’accento sulla centralità dell’Eucaristia. Ce ne parla
in questo servizio Sergio Centofanti:
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“In maniera quanto mai
significativa – ha detto il Papa nel messaggio letto il 20 aprile scorso al
termine della Messa per la fine del Conclave - il mio Pontificato inizia mentre
la Chiesa sta vivendo lo speciale Anno dedicato all’Eucaristia”.
Benedetto XVI afferma di voler
“cogliere in questa provvidenziale coincidenza un elemento che deve
caratterizzare il ministero” al quale è stato chiamato. “L’Eucaristia – aggiunge
– è il “cuore della vita cristiana e sorgente della missione evangelizzatrice
della Chiesa” e “non può non costituire il centro permanente e la fonte” del
suo servizio Petrino.
“L’Eucaristia – ha proseguito -
rende costantemente presente il Cristo risorto, che a noi continua a donarsi,
chiamandoci a partecipare alla mensa del suo Corpo e del suo Sangue. Dalla
piena comunione con Lui scaturisce ogni altro elemento della vita della Chiesa,
in primo luogo la comunione tra tutti i fedeli, l’impegno di annuncio e di
testimonianza del Vangelo, l’ardore della carità verso tutti, specialmente
verso i poveri e i piccoli”.
“In questo anno, pertanto – ha
detto Benedetto XVI - dovrà essere celebrata con particolare rilievo la
Solennità del Corpus Domini. L’Eucaristia sarà poi al centro, in agosto,
della Giornata Mondiale della Gioventù a Colonia e, in ottobre, dell’Assemblea
Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, che si svolgerà sul tema: L’Eucaristia
fonte e culmine della vita e della missione della Chiesa”.
A tutti il Papa chiede “di
intensificare nei prossimi mesi l’amore e la devozione a Gesù Eucaristia e di
esprimere in modo coraggioso e chiaro la fede nella presenza reale del Signore,
soprattutto mediante la solennità e la correttezza delle celebrazioni”.
Benedetto XVI nella sua prima
udienza generale, mercoledì scorso, ha invitato i cristiani a “tenere ferma la
centralità di Cristo” perché il Signore “sia sempre al primo posto nei nostri
pensieri e in ogni nostra attività”. E, sulla scia di Giovanni Paolo II, ha esortato
le comunità cristiane a “diventare autentiche scuole di preghiera, dove
l’incontro con Cristo non si esprima soltanto in implorazione di aiuto, ma
anche in rendimento di grazie, lode, adorazione, contemplazione”.
Gesù è il Buon Pastore che offre
la sua vita per le pecore – ha detto Benedetto XVI nell’omelia di inizio
Pontificato domenica scorsa. Anzi “è divenuto lui stesso agnello, si è messo
dalla parte degli agnelli, di coloro che sono calpestati e uccisi”.
“Non è il potere che redime, ma
l’amore! – ha esclamato il Pontefice - Questo è il segno di Dio”: questa è
l’Eucaristia. “Il Dio, che è divenuto agnello, ci dice che il mondo viene
salvato dal Crocifisso e non dai crocifissori”.
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OGGI
SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Apre
la prima pagina un articolo di padre Czeslaw Drazek dal titolo "Consapevolezza
della Chiesa; Concilio Vaticano II; Viaggi apostolici": un mese fa, nella
luce del Mistero Pasquale, il Signore chiamava a sé Giovanni Paolo II.
Nelle
vaticane, vari contributi in occasione del trigesimo della morte di Giovanni
Paolo II.
Una
pagina sul tema "Il mese di Maggio con Maria".
Nelle
estere, Iraq: scoperta una fossa comune a Nord di Baghdad.
Nella
pagina culturale, per la rubrica "Incontri" Philippe Entremont
intervistato da Antonio Braga.
Nelle
pagine italiane, in primo piano un articolo dal titolo "Due verità
sull'uccisione di Nicola Calipari. L'Italia non firma il rapporto Usa";
non condivise le conclusioni che scagionano i soldati americani.
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30
aprile 2005
DOMANI, GLI ORTODOSSI
CELEBRANO LA SANTA PASQUA
- Intervista con l’archimandrita Ignazio
Sotiriadis -
La
Chiese ortodosse che seguono il calendario giuliano celebrano domani, domenica
primo maggio, la Santa Pasqua. Un’occasione per parlare dei rapporti tra
cattolici ed ortodossi assieme all’archimandrita della Chiesa ortodossa di
Grecia, Ignazio Sotiriadis, che, intervistato da Giovanni Peduto, si sofferma
sullo spirito con cui gli ortodossi si apprestano a celebrare la Risurrezione
di Gesù:
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R. – I
cristiani ortodossi vivono la Pasqua con la Chiesa e nella Chiesa. Frequentano
le loro chiese, seguono le loro tradizioni, pregano, digiunano e cercano di
sentire e vivere tutto il senso di questa grande festa della cristianità.
D. – Qual è l’accento
particolare della spiritualità orientale sulla Pasqua?
R. – In tanti punti ci troviamo
davanti alle stesse tradizioni ecclesiali: le funzioni, le preghiere… Viene
però accentuata di più la spiritualità come modo di vita, cioè un modo più
accentuato di vivere la propria fede. In Oriente, nell’Oriente cristiano, la
cosa più importante, la cosa che purtroppo si sta perdendo in Occidente, o non
è così bene accentuata, è il digiuno. Da noi il digiuno rimane ancora una forte
pedagogia nella nostra vita, che ci guida a rinunciare a noi stessi, per essere
liberati e poter seguire Cristo.
D. – L’iconografia pasquale è
molto ricca nel mondo ortodosso. Ci vuole dire qualcosa in proposito?
R. – C’è una ricchissima
iconografia nel mondo orientale, che appartiene certamente alla civiltà
bizantina, cioè all’Impero Romano d’Oriente, e che poi è stata anche l’arte di
Roma per tanti secoli. Ci sono tanti esempi ed io sceglierei l’immagine del
Cristo sposo della Chiesa: Cristo abbandonato, legato, con la corona di spine,
in cui si vede la maestà di un Dio fattosi uomo per amore. Soprattutto, poi, ci
sta a cuore l’immagine della Risurrezione dove si vede proprio la discesa di
Cristo agli Inferi, per salvare l’umanità, tirando con le sue mani Adamo ed Eva
come i primi uomini, le prime creature, e dietro a loro tutti quegli uomini di
buona volontà che hanno seguito l’esempio di Cristo, che hanno sentito la predicazione
di Cristo secondo la tradizione della Chiesa, in quei tre giorni della discesa
agli Inferi. Allora Cristo risorge spaccando le porte degli Inferi e
nell’uscire ha come scettro di trionfo la Santissima Croce.
D. – Quale messaggio viene al
mondo di oggi dalla Pasqua?
R. – Che la salvezza è
possibile, che la felicità non è lontana e che Dio ci ama veramente.
D. – Benedetto XVI ha iniziato
il suo Pontificato con un forte appello all’unità dei cristiani. Qual è stata
la reazione tra gli ortodossi?
R. – All’inizio si è avuta, come
anche qui in Occidente, a Roma, un po’ di paura, perché si parlava di un
cardinale Ratzinger “inquisitore”. Devo dire, però, che subito dopo c’è stato
entusiasmo, perché tutti si sono ricordati che si tratta veramente di un uomo
pieno di saggezza, di dignità, di classe, di livello, di fede e di sorriso.
Allora, le Chiese ortodosse, i nostri capi e i nostri fedeli, aspettano dei
gesti maggiori verso un’unità per cui preghiamo e per cui lavoriamo con molto
ardore.
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E’ IL TEMA CHE ACCOMPAGNERA’ IL XIX MEETING DEI
GIOVANI, DOMANI A POMPEI.
L’INCONTRO, IN PREPARAZIONE ALLA GMG DI COLONIA,
SI PROPONE DI LANCIARE UN MESSAGGIO DI PACE E DI
SPERANZA AI GIOVANI
- Intervista con mons. Carlo Liberati -
Si svolgerà domani a Pompei il
XIX Meeting dei Giovani, promosso dal Santuario mariano vesuviano, sul tema
“Siamo venuti per adorarlo”. L’annuale appuntamento, in coincidenza con
l’inizio del mese mariano di maggio, riprende nella scelta tematica quella
della prossima Giornata Mondiale della Gioventù di Colonia, in Germania, di cui
costituisce una significativa tappa di preparazione. Tre i momenti principali
della riflessione, collegati ad altrettante parole-chiave del messaggio di
Giovanni Paolo II per la prossima GMG: la Ricerca (“Dov’è il Re dei Giudei che
è nato?”; la Contemplazione (“...E prostratisi lo adorarono”); il Viaggio
(“...Tornarono per un’altra strada”). Al termine della mattinata avrà luogo una
Concelebrazione Eucaristica, presieduta da mons. Carlo Liberati, delegato
Pontificio e vescovo di Pompei. Nel corso della liturgia e in altri momenti del
Meeting verrà particolarmente ricordato Papa Wojtyla, per la sua filiale
devozione alla Vergine del Rosario di Pompei e per il suo amore verso tutti i
giovani del mondo. Ma quale messaggio vuole lanciare Pompei con questo
incontro? Giovanni Peduto ha girato la domanda a mons. Carlo Liberati.
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R. – Vogliamo ricordare a tutti
che la pace è possibile, la pace è doverosa e, quindi, è necessaria. Oggi sono
tante, troppe le guerre che si combattono in silenzio in diverse parti
sfortunate del mondo. Noi sappiamo benissimo che i Paesi ricchi producono armi
e con queste armi fanno fare la guerra ai poveri tra loro, non solo
corrompendoli e sfruttandoli dal punto di vista economico e dal punto di vista morale,
ma anche investendo i loro capitali sulla pelle, sul sangue dei poveri. Questo
mondo non può continuare a vivere così! Se vogliamo un futuro migliore, non
solo dobbiamo educare questi popoli, per esempio azzerando il debito pubblico,
perché altrimenti non ne verranno mai fuori, ma educandoli alla pace. E non c’è
pace senza giustizia sociale, non c’è pace senza sviluppo, come diceva Papa
Paolo VI. “Lo sviluppo è il nuovo nome della pace”, ma per realizzare questo
sviluppo ci vogliono altri criteri, di carattere etico, morale, economico e
finanziario. Noi vogliamo inculcare nei giovani questa necessità, perché loro
desiderano la pace!
D. – I giovani spesso vengono
definiti indifferenti, privi di ideali, ripiegati su se stessi e preda del
consumismo. Lei, eccellenza, come vede i giovani di oggi?
R. – Prima di tutto, io contesto
questa definizione sui giovani: è una definizione della “società-bene”, del
ceto dominante della società di oggi, il quale inquadra i giovani pur non
conoscendoli. Quella definizione è l’immagine degli interessi, non sempre
puliti del potere dominante. Non dobbiamo dare una definizione dei giovani:
dobbiamo scendere per la strada e vedere come sono fatti, e sono fatti a nostra
immagine e somiglianza poiché la scuola, la famiglia, la società, qualche volta
anche la parrocchia, non riescono più, almeno non in maniera compiuta, a
trasmettere loro i valori. Allora noi, con frasi mutuate da sociologi più o
meno lungimiranti o più o meno aggiornati – perché i sociologi spesso fanno
diagnosi che non corrispondono alla realtà concreta – noi diamo dei giovani
questa definizione, che è assolutamente sbagliata. I giovani sono altro.
Bisogna andare in mezzo a loro, vivere con loro, sentirli, ascoltarli,
soprattutto amarli e servirli nei loro valori. Non si fa questo servizio senza
proporre ideali. Il problema drammatico di oggi è che non siamo più in grado,
noi società adulta, di interpretare i giovani, di proporre ideali che durino,
valori perenni. Questo bisogna dirlo. Io spero che anche Benedetto XVI aiuti
veramente i giovani a camminare sulla strada della verità assoluta. I giovani
hanno capito che il segreto del successo sta nelle verità difficili che la
Chiesa propone, ma che sono le migliori per la storia dell’umanità.
D. – I giovani, oggi, sanno
trovare un posto per la Madonna nella loro vita?
R. – Io credo di sì. I giovani
hanno capito che la Madonna, la Madre del Signore e nostra, la Madre della
Chiesa, dalla prima risposta all’angelo Gabriele che la chiamava, fino poi al
suo atteggiamento di amore sotto alla Croce, è la donna del ‘sì’, è la donna
del ‘fiat’, è la donna dell’abbandono, è colei che ricerca di fare la volontà
di Dio e ad essa si adegua, anche se questa volontà è difficile. I giovani di
oggi vedono, quindi, nella Madonna la risposta a Dio che ci chiama, una
risposta di abbandono, piena di tenerezza e piena di serietà. I giovani
vogliono ideali ardui, difficili: non è vero che si accontentano del poco. Noi
li abbiamo corrotti, facendoli accontentare del poco, ma loro intuiscono la
verità. Per esempio: perché sono andati a cercare questo Papa moribondo, e lo
hanno onorato a milioni e milioni, e hanno sfilato per otto, nove, dieci,
dodici ore, non hanno dormito, non hanno mangiato, qualche volta non hanno
nemmeno bevuto ... Perché? Chi è stato per loro questo Papa? Era un
riferimento, era l’uomo dei valori, era quello che aveva insegnato loro a
vivere, a desiderare, a sperare, a sognare, a progettare e poi, alla fine,
aveva insegnato loro anche a morire. I giovani sanno riconoscere le persone che
li amano, e la società di oggi non ama i giovani.
D. – Pompei è il santuario del
Rosario. Inizia il mese di maggio. Un appello, eccellenza, per pregare bene il
Rosario, per imparare ad amare questa preghiera...
R. – C’è ancora in giro la
mentalità o l’opinione che il Rosario sia una preghiera noiosa. Noi la
recitiamo tutte le sere in un’ora che è a metà di adorazione eucaristica e a
metà di contemplazione dei misteri di Cristo e della redenzione attraverso
Maria Santissima, secondo la formula di San Luigi Maria Grignion De Montfort,
splendida almeno da tre secoli nella Chiesa: “Andiamo a Cristo, per mezzo di
Maria”, “Ad Iesum per Mariam”. La nostra non è una preghiera noiosa perché
riempiamo la Basilica. E non sono solo vecchietti o vecchiette o pensionati, ma
ci sono tantissimi giovani e ragazzi, che vengono a parlare con Cristo,
presente nell’Eucaristia e parlano a Lui attraverso le parole della mamma,
attraverso l’Ave Maria. Diciamo piuttosto che spesso i nostri rosari non sono
preparati, non sono ben condotti, non sono cantati, non sono preghiere di contemplazione,
ma sono preghiere statiche. Allora è chiaro che il Rosario diventa una
preghiera noiosa, ma io le assicuro, come diceva il Santo Padre Giovanni Paolo
II, che è una preghiera splendida, meravigliosa, in cui ci è consentito
l’abbandono tenero nelle mani di Cristo, nel mistero trinitario, attraverso
Maria. Dunque, è una preghiera tipicamente giovanile, se però interpretata in
un altro modo. Venite a Pompei e vedete come noi recitiamo il Rosario. Noi abbiamo
stampato negli ultimi tempi la Via Lucis, la Via Crucis, abbiamo stampato i 20
Misteri del Rosario proprio perché stanno avendo una grande diffusione in tutte
le librerie, perché le diocesi, le parrocchie ce li richiedono proprio per
rinnovare la preghiera del Rosario.
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DOPO 23 SONDAGGI CHE
FOTOGRAFAVANO UNA FRANCIA CONTRARIA
ALLA COSTITUZIONE EUROPEA, PER LA PRIMA VOLTA
EMERGE UN SONDAGGIO
IN CUI I FRANCESI A FAVORE SONO LA MAGGIORANZA
MA CON UNA PERCENTUALE CHE RAPPRESENTA UN PAESE
DIVISO A META’
- Intervista con Andrea Bonanni -
Per la prima volta da metà marzo un sondaggio dà vincente il ‘sì’ al
referendum sulla Costituzione europea in programma il 29 maggio in Francia. Il
sondaggio attribuisce al ‘sì’ il 52 per cento. Finora, in ben 23 sondaggi
diversi era sempre prevalso il ‘no’. In ogni caso, il margine di scarto la dice
lunga sull’intensità del dibattito in uno dei Paesi fondatori della realtà
europea e anche del rischio che la Francia sia la prima a dire no. Finora la Costituzione
europea, firmata il 29 ottobre scorso a Roma, è stata ratificata da Lituania,
Ungheria, Slovenia e Italia con iter parlamentare e da Spagna e Grecia per via
referendaria. Ma quali sono i punti centrali del dibattito in Francia? Fausta
Speranza lo ha chiesto a Andrea Bonanni, analista per le questioni europee del
quotidiano “La Repubblica”:
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R. – Molto curiosamente, il
dibattito in Francia in questo momento sulla Costituzione sembra vertere più su
questioni che in realtà non sono di competenza della Costituzione e, cioè, se
l’insieme delle leggi europee sia abbastanza ‘sociale’, come si dice in
Francia, o sia invece di ispirazione troppo liberale per i gusti di una larga
parte della sinistra francese. Il che fa abbastanza sorridere se non fosse
preoccupante, per il fatto che in realtà una Costituzione non deve – a parte
quella sovietica – definire quale sia la forma sociale prescelta. La
Costituzione europea non entra, se non di striscio, in questo tipo di
definizioni. La Costituzione stabilisce le regole del gioco, poi quali siano i
risultati del gioco, dipende, appunto, dal libero gioco della democrazia.
Quindi, non dà né indicazioni per una forte difesa sociale né indicazioni per
uno Stato fortemente capitalista: è neutra, come devono essere le Costituzioni.
D. – Guardando ad un Paese con
tradizione euro-scettica come la Gran Bretagna, si trovano ovviamente ragioni e
sostenitori del ‘no’. Ma sembra interessante che i punti di partenza delle
critiche sono diversi da quelli che hanno trovato terreno fertile in Francia…
non è così?
R. – Sì, assolutamente. Bisogna
dire che il dibattito sulla Costituzione in Gran Bretagna non è ancora
veramente decollato: in questo momento, stanno discutendo soprattutto delle
prossime elezioni nazionali e il referendum è previsto tra circa un anno.
Quindi, c’è ancora un margine di tempo. Però, almeno dalle prime ‘voci’ che si
levano sull’argomento, si vede che i temi sono completamente diversi e sono
principalmente due filoni: uno che dice, al contrario dei francesi, che questa
è una Costituzione troppo sociale e poco liberale che, appunto, fa il paio con
l’equivoco francese; un altro, che secondo me, è più serio e va preso più
seriamente in considerazione, è quello che dice: “Se accettiamo questa
Costituzione, finiamo per dare ancora più potere all’Europa”. Il merito di
questa affermazione è giusto fino ad un certo punto, però è un’affermazione
all’interno di un dibattito sul nocciolo della questione. Adesso, io non voglio
entrare ora nell’argomento, se questa sia una Costituzione che rafforza i
poteri di Bruxelles o se, invece, come molti dicono, restituisce una parte di
poteri agli Stati membri, soprattutto agli Stati membri più grandi, come
l’Italia, la Gran Bretagna e la Francia, sotto forma di un maggiore potere di
voto. Però, certamente questo è un punto centrale che può essere utile per
valutare se dire ‘sì’ o ‘no’ alla Costituzione.
D. – Andrea Bonanni, analista di
Repubblica a Bruxelles: come si vive a Bruxelles questa attesa per il referendum
in Francia?
R. – C’è sicuramente
preoccupazione e c’è sicuramente preoccupazione per motivi se non altro
geografici, ma non solo geografici: anche storici e politici. La Francia è un
tassello cruciale nel puzzle europeo. Se la Francia dovesse dire di no,
diventerebbe molto difficile pretendere che il processo possa andare avanti.
Però, direi che si vive anche forse con più serenità di quanto stia accadendo
in Francia. C’è sempre stato forse un po’ meno pessimismo di quello che si è
visto nei media francesi di fronte ai sondaggi che davano come ormai scontata
la vittoria del ‘no’. Detto questo, è evidente che la preoccupazione c’è
perché, se un Paese come la Francia dice ‘no’ alla Costituzione, tutto diventa
enormemente più difficile.
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NELLE SALE CINEMATOGRAFICHE ITALIANE IL FILM
TEDESCO “LA CADUTA”,
CHE RIPERCORRE GLI ULTIMI GIORNI DI VITA E FOLLIA
DI HITLER NELL’APRILE DEL’45
Gli
ultimi dodici giorni di vita e di follia di Adolf Hitler sono raccontati nel
film tedesco “La caduta” sugli schermi italiani. Con un senso di angoscia e di
inquietudine si ripercorrono attraverso le immagini ed i dialoghi, ambientati
nel famoso bunker, i tragici eventi che chiusero uno dei capitoli più terrificanti
e dolorosi della storia. Il servizio è di Luca Pellegrini:
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(Musica)
I
giorni dell’abisso, i giorni dell’orrore e della sua fine. Aprile 1945. Una
Berlino sconvolta e in agonia cela e nasconde nel suo cuore di terra e sangue
gli ultimi giorni di Adolf Hitler, recluso nel famoso bunker, un bozzolo nel
quale consumare la tragedia finale, una liturgia della morte – con l’esplicita
negazione della vita e della sua dignità – che rimane marchio indelebile delle
molte follie della storia. Il nazismo è al suo tragico epilogo: il dittatore ed
i suoi più fedeli collaboratori accolgono pavidamente le notizie provenienti
dalla superficie, quelle che descrivono l’arrivo dell’esercito russo, il
massacro di quello dei bambini tedeschi, l’agonia dei civili inermi e
disperati. Un film rigoroso, più che spietato, quello di Oliver Hirschbiegel,
che si è avvalso della consulenza storica di Joachim Fest, grande studioso del
Terzo Reich e massimo biografo del dittatore. Ciò che succede laggiù,
nell’anticamera di un inferno ove non regnano pietà e ragione, viene raccontato
attraverso l’esperienza vera di Traudl Junge, che fu segretaria e testimone
della “caduta”. A dare spessore ad un personaggio così difficile e scomodo come
Hitler è il bravissimo Bruno Ganz, gentile ed attento con le donne nel bunker,
folle e maniacale nei confronti dei generali per lui tutti traditori e del
popolo che, a suo dire, non merita nulla di meglio dell’annientamento.
Naturalmente grandi discussioni hanno accompagnato l’uscita, in Germania, di
questo intenso documento storico. Dopo “Rosentrasse” di Margarethe von Trotta e
“Sophie Scholl – Gli ultimi giorni” di Marc Rothemund – dedicato alla
resistenza dei giovani del movimento antinazista della “Rosa bianca” nel 1943
–, si completa un’ideale trilogia dedicata alla follia nazista. Ad Alessia
Ratzenberger, direttrice del Festival del cinema tedesco a Roma, abbiamo
chiesto che cosa significhino per la cultura tedesca queste prime e coraggiose
riflessioni cinematografiche sul loro più tragico e recente passato:
“Innanzitutto
si tratta di film che chiamerei impegnati e che derivano dal gruppo di impegno
politico degli anni ’70 come idea cinematografica. In realtà è anche un momento
storico molto importante perché quest’anno, il 9 maggio, è il 60.mo della
capitolazione della Germania e dunque, automaticamente, c’è stato un richiamo
all’attenzione su questo importantissimo problema. D’altronde, anche seppure in
grandissime difficoltà, la coscienza del popolo tedesco sempre di più si pone
il grosso problema di che cosa ha potuto portare al gravissimo olocausto e
tutto ciò che è successo nella seconda guerra mondiale, considerando che
parliamo di una Nazione di antica cristianità, di una nazione con un
importantissimo livello culturale, musicale, filosofico. In Germania era
considerato un argomento talmente doloroso che era considerato un argomento
tabù. Adesso, a distanza di 60 anni, si sente la necessità di rivederlo e di
rivisitarlo e, dunque, si rivisita anche con il cinema questa complessa
questione.
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Domani,
1° maggio, VI Domenica di Pasqua, la liturgia ci presenta il Vangelo in cui
Gesù dice ai suoi discepoli:
“Se mi amate, osserverete i
miei comandamenti…Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi mi ama.
Chi mi ama sarà amato dal Padre mio e anch'io lo amerò e mi manifesterò a lui”.
Su queste parole del Signore
ascoltiamo il commento del teologo gesuita, padre Marko Ivan Rupnik:
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Accogliere i Comandamenti e osservarli vuol dire
amare il Signore, vuol dire che Lui è il primo del nostro cuore. Il
Comandamento custodisce il rapporto con Lui e fa sì che in mezzo alla
quotidianità si dia la precedenza a Lui. Niente può diventare più importante di
Lui; nessun argomento è più convincente del Comandamento del Signore. Solo
l’amore riesce a concentrare il nostro cuore su un volto così radicalmente, che
niente può distoglierlo da esso. Nessuna ascesi porta frutti se non quella che
nasce dall’amore: un amore che esige una relazione integra che coinvolge tutta
la persona. Osservare i Comandamenti può non bastare per giungere alla
contemplazione del volto del Signore. E’ l’essere toccati dal suo amore che ci
muove verso una vita conforme alla sua Parola. La Pasqua è la rivelazione di
quanto Lui ci ami. Lui si è consegnato nelle nostre mani affinché noi ci affidassimo
nelle Sue e questo è il nostro amore per Lui.
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30
aprile 2005
ASSEGNATO
DALL’ALTO COMMISSARIATO DELL’ONU PER I RIFUGIATI IL PREMIO NANSEN
ALL’OPERATRICE UMANITARIA, MARGHERITE BARANKITSE, NOTA COME L’ANGELO DEL
BURUNDI PER AVERE ASSISTITO NEGLI ULTIMI 12 ANNI
OLTRE
10 MILA BAMBINI COINVOLTI IN GUERRE E CONFLITTI ETNICI
GINEVRA. = E’ andato a
Margherite Barankitse, il Premio Nansen assegnato ogni anno dall’Alto commissariato
dell’ONU per i rifugiati (UNHCR). Nota come l’“An-gelo del Burundi”, la signora
Barankitse da dodici anni opera in aiuto di migliaia di bambini, che sono stati
coinvolti dalla guerra civile nel Paese africano e da altri conflitti nella
regione. La scelta – spiega una nota dell’UNHCR – è caduta sul-l’operatrice
umanitaria burundese, direttrice dell’Organizzazione non governativa ‘Maison
Shalom’, quale riconoscimento “per il suo instancabile impegno a favore dei
bambini non accompagnati le cui vite sono state devastate dalla guerra e
dall’AIDS”. Il Premio Nansen per i Rifugiati viene conferito a persone od
organizzazioni che si sono distinte per il proprio impegno in favore dei
rifugiati. Insegnante, durante uno dei massacri nel suo Paese nel 1993,
‘Maggie’ Barankitse ha salvato la vita a 25 bambini. E subito dopo l’esplosione
della guerra, nell’ottobre di quell’anno, ha fondato ‘Maison Shalom’ nella
provincia di Ruyigi, una delle più povere del Paese. L’organizzazione fornisce
alloggio, assistenza medica e istruzione a bambini senza casa e non
accompagnati, tra i quali rifugiati e rimpatriati. Da allora, la signora
Barankitse ha fondato altre tre Case per bambini e aiutato oltre diecimila
bambini di diversi gruppi etnici e nazionalità. Nonostante le minacce alla sua
stessa incolumità, la signora Barankitse ha continuato il proprio lavoro per
promuovere pace e riconciliazione. Istituito nel 1954 il Premio Nansen ha
premiato tra gli altri Eleanor Roosevelt, Re Juan Carlos I di Spagna, la Regina
Giuliana d’Olanda, l’organizzazione Medici Senza Frontiere, l’ex presidente
tanzaniano Mwalimu Julius Nyerere e Luciano Pavarotti. Lo scorso anno, il
Premio è andato al Memorial Human Rights Centre, un’organizzazione non
governativa russa, che ha aiutato decine di migliaia di rifugiati e sfollati
nella Federazione Russa. Il riconoscimento prevede l’assegnazione di centomila
dollari da utilizzare in un progetto a favore dei rifugiati a scelta del
vincitore. (R.G.)
DOMANI, PRIMO MAGGIO, FESTA DEL LAVORO: TANTE LE
CELEBRAZIONI RELIGIOSE
E LE MANIFESTAZIONI CIVILI IN ITALIA, IN OMAGGIO A
QUESTA RICORRENZA
SU UNA DIMENSIONE FONDAMENTALE NELLA VITA
DELL’UOMO
- A cura di Mariavittoria Savini -
ROMA. =
Primo maggio: festa dei lavoratori. Tante sono le iniziative già intraprese o
in programma per celebrare questa giornata dedicata al lavoro. Domani a Roma,
le Associazioni cristiane dei lavoratori italiani, ACLI, si riuniranno in
piazza San Pietro per partecipare alla recita del Regina Coeli insieme al Papa
Benedetto XVI. Prima della preghiera mariana, alle 11, nella chiesa di S.
Spirito in Sassia, il segretario generale della CEI, mons. Giuseppe Betori,
presiederà una Santa Messa, per la Festa di San Giuseppe Lavoratore. In tutto
il suo Pontificato, Papa Giovanni Paolo II ha sottolineato l’importanza del
lavoro, “dimensione fondamentale della vita dell’uomo”, quando è esercitato
nell’onestà e nel rispetto della dignità dell’individuo. Molto importante però
è anche la necessità dell’equilibrio tra lavoro e riposo. Tra le molte
iniziative religiose, ieri sera, nella chiesa di S. Maria di Lourdes di Mestre,
si è svolta una Veglia alla presenza del Patriarca di Venezia, il cardinale
Angelo Scola, sul tema “Il lavoro, forma di realizzazione del divino
nell’umano”. Il lavoro è una componente fondamentale della vita di ogni uomo e
luogo autentico dell’incontro con Dio. Richiamando questo principio,
l’arcivescovo di Torino, il cardinale Severino Poletto, ha ricordato il 50°
anniversario della dedicazione del Primo maggio a San Giuseppe Lavoratore,
sottolineando l’importanza dell’equilibrio tra lavoro e riposo, momento in cui
ad ogni lavoratore è concesso di partecipare alle celebrazioni delle festività
cristiane. Come è tradizione, questa sera a partire dalle 20.30, il cardinale
arcivescovo di Milano, Dionigi Tettamanzi, guiderà una Veglia dedicata ai
lavoratori. Intorno al tema “Lavoro ed Eucarestia si svolgerà il cammino di
preghiera, che si terrà a Missaglia, vicino Lecco, presso il Santuario
dell’Assunta e si concluderà presso la parrocchia di San Vittore.” Accanto alle
iniziative spirituali,nelle città di tutta Italia si susseguiranno domani
diverse manifestazioni. I sindacati Cgil, Cisl e Uil, si ritroveranno a
Scampia, nella periferia di Napoli, per celebrare la giornata del 1° maggio
incentrata sul tema di “Sviluppo e legalità”. Il corteo partirà alle ore 10 da
piazza Libertà, per confluire nella Villa comunale di Scampia, dove parleranno
i segretari generali Epifani, Pezzotta e Angeletti. A Roma invece, per
moltissimi giovani l’appuntamento è a piazza San Giovanni per il tradizionale
concerto. In occasione di questa giornata di festa, su proposta del Ministero
dei beni culturali, in diverse città, saranno aperti circa 200 musei che si
potranno visitare pagando soltanto 1 euro.” Ma dove affonda le sue radici la
festa del Primo maggio? Per capirlo dobbiamo fare un passo indietro, al secolo
scorso, e tornare alle battaglie intraprese dal movimento operaio. Il Primo
maggio del 1886 infatti, negli Stati Uniti, la Federation Trade and Labor
Unions, proclamò i primi scioperi per chiedere di sancire contrattualmente la
riduzione dell’orario lavorativo ad 8 ore. La decisione di organizzare una
manifestazione in una data fissa però, arrivò solo il 14 luglio 1889, quando fu
approvata una mozione presentata dai delegati francese e statunitense al
Congresso della Seconda Internazionale.
“QUALE FORMA DARE ALLE
PREGHIERE”: E’ IL TITOLO DELLA MOSTRA APERTA OGGI
A FIRENZE, DEDICATA
ALL’ARCHITETTO TICINESE MARIO BOTTA,
PER UNA RIFLESSIONE SULL’ARTE
SACRA NELLA SOCIETA’ CONTEMPORANEA
- A cura di Laura Sposato -
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FIRENZE. = “Mario Botta: architettura del sacro,
preghiere di pietra”. Un’occasione rara per riflettere sul bisogno di
spiritualità insito nell’uomo e insieme un restauro importante del luogo che
ospita la Mostra: la gipsoteca dell’Istituto d’Arte, una delle più importanti
raccolte europee di modelli di sculture celebri. Fra le forme imponenti del
passato, su tutto un maestoso gesso del David di Michelangelo, 12 progetti,
plastici, disegni e foto, di edifici sacri e realizzati dal maestro ticinese
Mario Botta in Italia e all’estero, soprattutto Svizzera e Nord Italia. 11
monumenti per il culto cristiano ed uno ebraico a Tel Aviv. La Mostra,
realizzata dall’Ente Cassa di Risparmio di Firenze, non è semplicemente una personale
su uno dei massimi architetti dedicati alla riflessione del sacro, è molto di
più, è un contributo, è anche una provocazione del dibattito, un po’
trascurato, sull’architettura religiosa in rapporto alle città di oggi. La
risposta di Mario Botta è chiara nei lavori esposti. Una sfida che fa diventare
luce le pietre, preghiera gli spazi. Un linguaggio architettonico netto e
preciso che non ammette dubbi: forme primarie, volumi puri, geometrie elementari,
materie forti per misurare infinito con l’infinito. Le sue diverse chiese sono
baluardi e fortezze. Per lui è questo il bisogno dell’uomo di oggi. Vale la
pena di rifletterci visitando la Mostra, ad ingresso gratuito, aperta fino al
30 luglio, a Firenze.
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MESSAGGIO DEI VESCOVI ETIOPICI
IN VISTA DELLE ELEZIONI PRESIDENZIALI
DEL PROSSIMO 15 MAGGIO. I PRESULI ESORTANO I
FEDELI A VOTARE CON COSCIENZA RETTA, AVENDO IN MENTE IN PRIMO LUOGO IL BENE COMUNE
E L’UNITA’
DELLA NAZIONE, TUTELANDO LIBERTA’ FONDAMENTALI E
DIRITTI UMANI
ADDIS
ABEBA. = Libertà coscienza e libertà di religione, rispetto della vita e rispetto
dei diritti umani. Sono i criteri indicati dai vescovi cattolici dell’Etiopia
in un messaggio agli elettori in vista delle elezioni presidenziali, che si
terranno nel Paese africano il prossimo 15 maggio. Nella nota i presuli
ricordano che “Gesù Cristo ha affidato alla Chiesa la missione di portare la
Buona Novella all’umanità. Ma gli esseri umani non sono solo spirituali e le
loro preoccupazioni includono aspetti sociali ed economici che non possono
essere separati della loro natura spirituale.” “La Chiesa non può essere
identificata con nessun partito o sistema politico”, prosegue il messaggio dei
vescovi etiopici. “D’altra parte, la Chiesa ha a cuore il bene comune e non può
rimare silenziosa e disinteressata in questo importante momento.” Da qui
l’incoraggiamento a tutti i fedeli e alle donne e agli uomini di buona volontà
“ad adempiere il loro dovere civico nelle prossime elezioni”. Nel documento si
ricorda anche che “il sistema democratico” “assicura la partecipazione dei
cittadini alla definizione delle scelte politiche, garantisce alla popolazione
la possibilità di eleggere e di chiedere conto dell’operato di coloro che la
governano e di sostituirli pacificamente quando è necessario”. “Così”, prosegue
il messaggio, “astenersi dal voto significa non adempiere a uno dei doveri di
cittadino. Alcune persone potrebbero essere tentate di adottare un tale atteggiamento
perché non sono fiduciose dell’utilità del loro singolo voto. Ma se un voto dà
un contributo minimo al progresso del Paese, l’astensione offre un contributo
ancora inferiore e se l’astensione è generalizzata, le conseguenze potrebbero
compromettere seriamente il risultato finale”. Dopo aver esortato di evitare
pressioni economiche in cambio del voto, i vescovi etiopici concludono
esortando “i fedeli ad esercitare il loro dovere politico con coscienza retta,
avendo in mente in primo luogo il bene comune e l’unità del Paese”. (L.M.)
UNA SERATA FESTOSA DEDICATA AL CINEMA ITALIANO HA
INAUGURATO IERI SERA
LA RINNOVATA SEDE DELL’AUDITORIO DI VIA DELLA
CONCILIAZIONE. PER IL FUTURO, INCERTI I PROGRAMMI CHE DOVREBBERO SPAZIARE
NELLE
VARIE FORME DI SPETTACOLO
- A cura di Luca Pellegrini -
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ROMA. = E’ stato il cinema
italiano, radunato a festa per la consegna dei prestigiosi David di Donatello,
ad inaugurare ieri sera, dopo dieci mesi di restauri, la rinnovata sala
dell’Auditorium Conciliazione (ex-Auditorio Pio), situata nell’omonima via che
porta a Piazza San Pietro. Una struttura, lo ricordiamo, che per quarantacinque
anni è stata la storica sede dei concerti dell’Accademia Nazionale di Santa
Cecilia. La musica classica ha, dunque, ceduto il monopolio concedendo d’ora in
poi a tutte le arti di far capolino per assecondare – come affermano i nuovi
gestori, tra i quali la Provincia di Roma – la crescente richiesta culturale
della popolazione romana e dei numerosi turisti e pellegrini che transitano
nella Città Eterna. Le operazioni di ristrutturazione non hanno intaccato la
facciata disegnata nel 1950 da Marcello Piacentini (era l’Anno Santo e la sala
era stata inizialmente progettata per accogliere le Udienze papali) né hanno
manipolato, per fortuna, la bella platea capace di ospitare quasi 2.000
spettatori. I lavori si sono, invece, concentrati sull’allargamento del
palcoscenico e l’adeguamento dell’intera struttura alle norme di sicurezza. Si
è installato poi, proprio in vista degli appuntamenti cinematografici che si
stanno programmando – tra i quali, a fine giugno, le Giornate professionali di
cinema –, un avanzato sistema di proiezione e di illuminazione computerizzata.
Sostanzialmente inalterato, invece, il foyer, ove si è installato un nuovo
punto vendita e sono stati disseminati 25 piccoli schermi. Quanto alla futura
programmazione artistica, che si spera di alto livello e, naturalmente, in
linea con le esigenze culturali ed artistiche della Santa Sede, essa si
concentrerà su alcune proposte che, vagliate da un apposito comitato di esperti
in varie discipline (dei quali, però, non si conoscono ancora i nomi),
spazieranno dalla musica sinfonica a quella leggera, dal teatro di prosa
all’audiovisivo, dai seminari alle mostre d’arte. Quanto alla premiazione di
ieri sera, ospitata su di un palcoscenico segnato da interventi di scenografia
di dubbio gusto e con una regia piuttosto approssimativa, ha visto
l’inaspettato trionfo del bel film di Paolo Sorrentino “Le conseguenze
dell’amore”, cui sono stati assegnati cinque David nelle categorie più
prestigiose. Meritatissimi, infine, i premi consegnati all’attrice Barbora
Bobulova, protagonista di “Cuore sacro”, e al novantenne regista Mario
Monicelli, per nulla spaventato dall’età e dal futuro ancora vigorosamente
legato alla sua più viscerale passione: il cinema.
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30
aprile 2005
- A cura
di Fausta Speranza ed Eugenio Bonanata -
Due persone sono morte e altre
sei sono rimaste uccise in un attentato suicida con autobomba perpetrato oggi a
Baghdad contro un convoglio
americano-iracheno. L'attentato è avvenuto a Zayuna, un quartiere della
parte est della capitale teatro ieri di due attentati sempre con autobombe, a
pochi minuti uno dall'altro, con un bilancio di un morto e otto feriti, di cui
quattro poliziotti. E proprio in un clima di violenza, tra vittime e attentati,
prosegue in Iraq l’attività del nuovo governo, mentre il terrorista giordano Al
Zarqawi torna a farsi vivo, esortando la guerriglia irachena a nuovi attacchi
contro obiettivi americani. Intanto, niente intesa tra Stati Uniti e Italia
sull’inchiesta relativa alla morte del dirigente dei servizi segreti, Nicola
Calipari, ucciso due mesi fa in Iraq. Ieri il ministero degli Esteri di Roma e
il Dipartimento di Stato di Washington hanno reso noto un comunicato in cui
dichiarano chiusa l’indagine, ma con conclusioni divergenti. Lunedì prossimo in
Italia, si riunirà la Conferenza dei capigruppo alla Camera per decidere la
data dell'intervento del governo in Parlamento.
Il primo ministro somalo, Ali
Mohamed Gedi, incontra oggi a Mogadiscio i vari capi delle fazioni militari,
politiche e religiose. L’obiettivo è negoziare una situazione di sicurezza in
città per consentire il ritorno del governo transitorio, attualmente risiedente
a Nairobi. In programma anche un incontro con i ministri e i parlamentari
dissidenti rimasti a Mogadiscio.
Spiragli
di pacificazione in Togo, il Paese in preda ad una violenta crisi scaturita
dalle elezioni presidenziali, vinte da Faurè Gnassingbè, figlio dell’ex
dittatore defunto del Paese africano, Gnassingbè Eyademà. L’Unione delle Forze
per il Cambiamento, principale movimento d’opposizione che accusa di brogli la
presidenza, propone ora il dialogo con la mediazione dell’Onu e di altri
organismi internazionali.
Torna la
calma in Nicaragua, dopo giorni di scioperi e proteste di piazza per l’aumento
del prezzo del petrolio. Le autorità hanno concordato il congelamento dei
prezzi dei trasporti per tre mesi. Le associazioni sindacali hanno sospeso il
pesante sciopero dei mezzi pubblici che ha paralizzato le attività nella capitale
Managua.
Inizia
il conto alla rovescia per le elezioni in Gran Bretagna fissate per il 5
maggio. Secondo gli ultimi sondaggi, il partito Laburista si attesterebbe al
36% delle preferenze, con un vantaggio
di quattro punti sui conservatori e 12 sui liberali democratici.
Il re
del Nepal Gyanendra ha posto fine allo stato di emergenza che aveva decretato
il primo febbraio scorso quando aveva
allontanato il governo del premier Sher Bahadur Deuba assumendo i pieni poteri.
E’ quanto ha riferito la radio
ufficiale nepalese. In ogni caso, l'annuncio improvviso non riduce i poteri
straordinari assunti dal sovrano. Deuba, 59 anni,
destituito assieme al suo governo di coalizione, aveva annunciato che non
avrebbe risposto alla convocazione di una
commissione anticorruzione istituita di recente dal re con l'incarico di
esaminare presunte irregolarità in un contratto per la fornitura d'acqua
potabile. Nei giorni precedenti, la
polizia aveva già arrestato Prakash Man Singh, ministro del Lavoro nel governo
esautorato da Guynendra, portandolo davanti alla Commissione reale, che ha gli
stessi poteri della magistratura nepalese e che Deuba accusa di volersi
vendicare degli oppositori al re.
Un litigio
tra esercito afghano e polizia municipale ad Herat è degenerato oggi in una
vera e propria battaglia, che ha lasciato sul terreno sei morti, secondo fonti
ospedaliere e della sicurezza locali. Causa scatenante è stata l'azione di un
soldato che ha sparato ad una donna uccidendola, perchè la sospettava di
nascondere una bomba. La polizia locale ha arrestato il militare e ciò ha provocato la reazione violenta dei
suoi commilitoni. All'ospedale, al termine degli scontri, sono giunti i
cadaveri di tre uomini in divisa e di tre civili.
Il
segretario generale delle Nazioni Unite, Kofi Annan, ha notificato al primo
ministro della Cambogia, Hun Sen, che il tribunale internazionale che dovrà
giudicare i superstiti capi dei Khmer Rossi, accusati di genocidio, potrà
essere istituito. Da parte sua, il governo cambogiano ha espresso soddisfazione
auspicando che il processo si tenga “prima possibile”. Per il finanziamento del
Tribunale, la Commissione europea si è impegnata a contribuire con un milione
di euro. Dei necessari 56 milioni di dollari, circa 40 ne verranno da 13 Paesi,
di cui metà dal solo Giappone, e altri 13 dovrebbero arrivare dalla stessa
Cambogia. Se tutti i finanziamenti si concretizzeranno, il Tribunale potrebbe
essere costituito entro l’anno.
Il
regime ultramaoista dei Khmer rossi ha provocato la morte di circa due milioni
di persone tra aprile 1975 e gennaio 1979, ed è su questo periodo del terrore
che saranno giudicati gli accusati. Il capo dei Khmer rossi, Pol Pot, è morto
nel 1998. A finire sul banco degli imputati, per genocidio e crimini
contro l'umanità, sarà un piccolo
gruppo di suoi luogotenenti.
I più alti dirigenti dello Stato
e del Partito comunista vietnamita si sono riuniti nella città di Ho Chi Minh,
la capitale economica del sud, per celebrare la caduta del regime
filo-americano di Saigon. Oggi ricorre, infatti, il 30.mo anniversario della
fine della guerra del Vietnam, una
guerra che uccise 3 milioni di vietnamiti e 58 mila militari statunitensi. “Il
Vietnam deve chiudere con il passato e guardare verso il futuro” insieme con
suoi ex nemici. Questo è il commento del primo ministro vietnamita, Phan Van
Khai. Il servizio di Eugenio Bonanata:
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Con celebrazioni lungo le
stesse strade che hanno visto i carri armati di Hanoi dirigersi verso il
palazzo presidenziale di Saigon, attuale Ho Ci Minh city, il Vietnam ha
celebrato il 30.mo anniversario della vittoria del regime comunista del nord
sul governo del sud, che era appoggiato dagli Stati Uniti. E’ la fine della
guerra, definita la “guerra americana”, ma soprattutto la fine di oltre tre
decenni di conflitti in un Paese che, per la
prima volta da generazioni, finalmente stava assaporando la pace. Oggi
il Vietnam che ricorda è un Vietnam
diverso, più aperto e pragmatico. La guerra, solo fino a poco tempo fa presente e celebrata ovunque, ora è uno
sfondo più sfumato. Trent'anni fa, il Paese si liberava dal controllo straniero
e ritrovava una sua unità, ma la lunga separazione e la guerra avevano
esacerbato le differenze tra nord e sud. Ieri, il primo ministro vietnamita
Khai ha dichiarato: “Chiudiamo col passato e guardiamo al futuro nei confronti
delle persone che erano dall’altra parte, siano esse all’interno o all’esterno
del Paese”. Così il premier ha invitato il Paese a superare le divisioni.
“La guerra - ha detto - è finita 30
anni fa. Bisogna che in ciascun cittadino vietnamita prevalga uno spirito di
riconciliazione nazionale che contribuisca allo sviluppo del Paese”. Oggi, a testimoniare
la memoria di un conflitto che ha segnato le passate generazioni e la storia
della presenza statunitense nel sud-est asiatico, erano poche le personalità
straniere. I dirigenti vietnamiti hanno probabilmente voluto tenere basso il
tono dei festeggiamenti, per evitare frizioni con gli Stati Uniti, divenuti
ormai un partner economico strategico.
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