RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLIX n.
119 - Testo della trasmissione di venerdì 29 aprile 2005
IL PAPA E LA SANTA SEDE:
IN PRIMO PIANO:
Il Togo sull’orlo della guerra civile: ce ne parla il
nunzio apostolico mons. Nguyen Van Tot
60
anni fa la liberazione del campo di concentramento di Dachau: con noi il prof. Brunello Mantelli
CHIESA E SOCIETA’:
Conclusione della 89.ma Assemblea plenaria della
Conferenza episcopale cilena
Al
varo, nelle Filippine, una legge sul controllo delle nascite
La Russia in
prima linea per la pace in Medio Oriente: è l’impegno preso dal presidente
russo, Putin, che stamani ha incontrato il presidente palestinese Abu Mazen, in
Cisgiordania.
Storico
incontro a Pechino tra il presidente cinese Hu Jintao e il leader del
principale partito di opposizione di Taiwan, Lien Chan.
29
aprile 2005
BENEDETTO XVI SI RECHERA’ IL 29 MAGGIO PROSSIMO A
BARI
PER LA CONCLUSIONE DEL CONGRESSO EUCARISTICO NAZIONALE.
SARA’ LA SUA PRIMA VISITA APOSTOLICA IN ITALIA
- Intervista con l’arcivescovo di Bari Francesco
Cacucci -
Stamane è
arrivata una notizia molto attesa: Benedetto XVI si recherà a Bari nella
mattina del 29 maggio, Solennità del Corpus Domini, per la conclusione del 24° Congresso Eucaristico
nazionale. Lo ha annunciato il direttore della Sala Stampa vaticana Joaquin
Navarro-Valls. Il Congresso, che si aprirà sabato 21 maggio, si svolge sul tema
“Senza la domenica non possiamo vivere”. Il Papa compirà dunque nella città
pugliese il suo primo viaggio apostolico in Italia. Grande la gioia della
Chiesa italiana e in particolare dell’arcivescovo di Bari-Bitonto, mons.
Francesco Cacucci. Il presule è stato intervistato da Lucia Carbone Sarinelli:
**********
R. – E’
una grandissima gioia, perché sono risuonate le parole del Pontefice Benedetto
XVI, quando il giorno dopo la sua elezione, nella celebrazione della Messa per
la Chiesa universale, ha sottolineato come quest’anno il Corpus Domini deve
essere celebrato in tutta la Chiesa con particolare solennità.
D. – Il 24.mo Congresso
Eucaristico nazionale ha come tema centrale “Senza la domenica non possiamo
vivere”, una frase dei martiri di Abitene…
R. – “Senza la domenica non
possiamo vivere”, perché furono scoperti a celebrare l’Eucaristia nel giorno di
domenica presso la casa di un laico, di un certo Emerito. Allora vengono fatti
prigionieri, condotti a Cartagine, l’attuale Tunisi, e lì interrogati dal
giudice Anolino rispondono che loro portano la Sacra Scrittura nel cuore e che
l’identità del cristiano è segnata dalla celebrazione domenicale, perché celebrazione
di Gesù morto e risorto.
D. – Qual è il valore della
domenica per il cristiano?
R. - Il valore di annuncio. Noi
facciamo riferimento ad un evento del passato che è accaduto una volta per
tutte, ma noi celebriamo oggi quell’evento attraverso il Sacramento
dell’Eucaristia e guardiamo alla domenica senza tramonto.
D. – Giovanni Paolo II e
l’Eucaristia, un rapporto molto intenso…
R. – Per Giovanni Paolo II
l’Eucaristia è stato il culmine di tutto il suo cammino magisteriale. Ma vorrei
ancora sottolineare che questo culmine del magistero di Giovanni Paolo II trova
una continuità in quelle parole che Benedetto XVI ha rivolto proprio il 20
aprile scorso. L’Eucaristia resta il centro della vita del cristiano, ma
diventa anche la fonte dell’unità dei cristiani.
**********
BENEDETTO XVI QUESTA MATTINA DI NUOVO IN VISITA
NEL SUO VECCHIO APPARTAMENTO IN PIAZZA DELLA
CITTA’ LEONINA.
POI RIVECE
IN UDIENZA I CARDINALI GIOVANNI BATTISTA RE
E ALFONSO LOPEZ TRUJILLO E L’ARCIVESCOVO ANGELO
AMATO
Benedetto XVI questa mattina,
intorno alle 7.30, si è recato nuovamente in visita nel suo vecchio
appartamento di piazza della Città Leonina, appena fuori dal Vaticano, dove
alloggiava quando era cardinale. Poi a partire dalle 11.00 ha ricevuto in udienza nello Studio
dell’Aula Paolo VI in Vaticano il cardinale Giovanni Battista Re, prefetto
della Congregazione per i Vescovi, il cardinale Alfonso López Trujillo, presidente
del Pontificio Consiglio per la Famiglia e l’arcivescovo Angelo Amato,
segretario della Congregazione per la Dottrina della Fede.
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA ITALIANA CARLO
AZEGLIO CIAMPI,
INSIEME ALLA MOGLIE FRANCA SI E' RECATO QUESTA
MATTINA A PREGARE
SULLA TOMBA DI GIOVANNI PAOLO II NELLE GROTTE
VATICANE
- Servizio di Sergio Centofanti -
**********
Il presidente Ciampi e la moglie
Franca sono stati accolti dall'arciprete della Basilica di San Pietro il cardinale Francesco Marchisano e dall’arcivescovo
Angelo Comastri, vicario generale del Papa per la Città del Vaticano. La data odierna non è casuale: l’omaggio del
presidente italiano ha avuto luogo
infatti nel giorno in cui era prevista la visita di Giovanni Paolo II al Quirinale. Papa Wojtyla, a pochi giorni
dalla conclusione del suo primo ricovero al Gemelli di quest’anno, aveva
ricevuto il 16 febbraio l’invito di Ciampi a recarsi al Quirinale il 29 aprile,
festa di Santa Caterina da Siena, Patrona d’Italia. Due giorni dopo la Sala
Stampa vaticana rendeva noto che il Santo Padre accoglieva “volentieri il
cortese invito” del capo dello Stato. Giovanni Paolo II aveva incontrato già 11
volte Ciampi in varie circostanze, ma mai al Quirinale: qui era già stato tre
volte, accolto il 2 giugno 1984 da
Sandro Pertini, il 18 gennaio 1986 da Francesco Cossiga e il 20 ottobre 1998 da
Oscar Luigi Scalfaro.
In
quest’ultima occasione il Papa ebbe a ricordare quando giovane sacerdote era a
Roma per perfezionare gli studi accademici e abitava presso il Collegio Belga
situato proprio in via del Quirinale al numero 26. Erano gli anni tra il 1946 e il 1948. Poi il Signore – aveva
detto nel suo discorso – “mi chiamò a diventare Successore di Pietro, legando
per sempre con disegno misterioso la mia vita all’Italia”. L’ultimo incontro
tra Giovanni Paolo II e Ciampi, uniti non solo dalla fede e da una cordiale
amicizia, ma anche dall’anno di nascita, il 1920, è avvenuto il 16 gennaio di
quest’anno, quando il Presidente italiano, accompagnato dalla moglie Franca, ha
pranzato in Vaticano con il Papa.
**********
IL PAPA DEL DIALOGO CHE
SI FA MISERICORDIA NELLA VERITA’:
L’ANIMA E L’AZIONE DI BENEDETTO XVI IN UN RITRATTO
DI MONS. BRUNO FORTE
- Intervista con il presule -
“Uomo di fede profonda, Benedetto
XVI è un uomo di frontiera, che sulla verità è pronto a incontrarsi con
chiunque ne sia cercatore sincero e attento”. E’ una delle affermazioni che
compongono l’affettuoso e ammirato ritratto del nuovo Pontefice fatto, in un
suo scritto, dall’arcivescovo di Chieti-Vasto, Bruno Forte. Alessandro De
Carolis ha chiesto al presule cosa lo colpisca di Benedetto XVI anzitutto come
“servitore della verità”:
*********
R. – La
convinzione profonda e forte che la verità non è un possesso dell’uomo,
qualcosa di cui non possiamo disporre arbitrariamente, ma ci sovrasta, ci
supera. Ad essa bisogna corrispondere con l’ascolto, l’obbedienza del cuore e
la diaconia della verità come dice anche la Fides et Ratio. Credo che questo
sia il punto chiave perché è il vero no al relativismo di chi pensa che la
verità sia un prodotto a misura di ciascuno, quasi che ognuno possa costruirsi
la sua verità. In realtà il relativismo è la sorgente di tutte le solitudini,
di tutte le incomunicabilità. C’è invece una verità che ci trascende tutti e
alla quale tutti siamo chiamati a corrispondere con ascolto ed obbedienza
d’amore. Allora anche la nostra solitudine è vinta, la nostra comunione diventa
possibile.
D. – Eppure
l’affermazione di Benedetto XVI di una dittatura del relativismo in via di
affermazione nel mondo ha suscitato molti commenti, anche critici. Come mai, secondo
lei?
R. – Molti non
hanno capito il no forte che l’attuale Papa ha detto – non da oggi – al
relativismo. Non hanno capito perché c’è il malinteso che la tolleranza, il
rispetto delle posizioni debba significare ammissione di un pluralismo di
verità. In realtà chi ritiene così non aiuta l’uomo ad uscire dalle sue
fragilità, dalla sua solitudine. Chi veramente ama gli altri non può non
cercare di annunciare loro e di servire – come ha fatto appunto Joseph
Ratzinger – la verità.
D. – Lei ha
scritto: “Chi separasse in Ratzinger la verità dall’amore non avrebbe capito
nulla di quest’uomo, della sua finezza intellettuale, della passione della sua
vita, della misericordia e dell’attenzione agli altri di cui è dotato”. Questo
ci porta a Benedetto XVI come al Papa della misericordia…
R. – Certo, e
questo per due motivi fondamentali, uno oggettivo e uno soggettivo. Sul piano
oggettivo: se la verità è riconosciuta in Gesù Cristo e Gesù Cristo è la
rivelazione dell’infinito amore di Dio per gli uomini, allora è chiaro che
servire la verità è servire l’amore, significa testimoniare la misericordia. E
questo il teologo della profondità, della vastità di orizzonti e di cultura, che
è Joseph Ratzinger, lo sa bene. Accanto a questo motivo oggettivo, c’è una
esperienza soggettiva. Non dobbiamo dimenticare che Joseph Ratzinger ha attraversato
gran parte del secolo da poco concluso. Ha conosciuto la tragedia della guerra,
le sofferenze anche di un giovane che veniva forzatamente arruolato
nell’esercito tedesco. Ha conosciuto le privazioni del dopo guerra. E’ stato il
testimone della primavera del Concilio. E’ stato anche il teologo che ha
vissuto le sofferenze del post Concilio, lì dove alcuni fraintendendo il
messaggio conciliare tendevano a strumentalizzarlo in un senso riduttivo
rispetto alla trascendenza e la sovranità della verità. Tutto questo ha portato
sempre di più il testimone Joseph Ratzinger a ritrovare come centro e cuore del
suo impegno per gli altri la misericordia e l’amore. In altre parole, Ratzinger
non serve la verità contro qualcuno, egli la serve per amore degli uomini.
D. – Possiamo
dire quindi,in un momento in cui tanti parlano di stemmi e di motti papali, che
“fare la verità nella carità” sia una linea d’azione di questo Pontificato…
R. –
Direi proprio di sì. Direi che quel cooperatores
veritatis, motto episcopale di Jospeh Ratzinger, è inseparabile dell’essere
cooperatores charitatis. D’altra
parte lo ha sintetizzato in una formula potente proprio nello straordinario
discorso della Messa d’inaugurazione del suo ministero, quando ha detto: “Chi
crede non è mai solo, in vita come in morte”. Questa è la buona novella che
Gesù è venuto ad annunciarci. Il successore di Pietro, Benedetto XVI, nella
sequela di Gesù che lo ha chiamato dicendo “tu, seguimi”, sarà testimone della
verità nell’amore.
**********
=======ooo=======
OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Apre la prima pagina l'Iraq con
un articolo dal titolo "Il cammino verso la democrazia segnato dalle
violenze": ondata di attacchi all'indomani della formazione del nuovo Governo.
Nelle vaticane, la Chiesa in
preghiera per Benedetto XVI.
Nelle estere, l'intervento
della Delegazione della Santa Sede circa il progetto di Convenzione sulla
promozione della diversità dei contenuti culturali e delle espressioni
artistiche, in occasione dell'Assemblea plenaria del Consiglio esecutivo
dell'Unesco.
L'intervento della Santa Sede
durante l' XI Congresso delle Nazioni Unite sulla prevenzione dei crimini e la
giustizia penale.
Nella pagina culturale, in
merito al film televisivo su Alcide De Gasperi un articolo di Franco Patruno
dal titolo "La coscienza di una speranza non vana".
Nelle pagine italiane, in primo
piano la legge elettorale.
In rilievo il tema delle
carceri.
=======ooo=======
29 aprile 2005
ESCALATION DI VIOLENZA IN IRAQ,
ALL’INDOMANI DELLA FORMAZIONE
DEL NUOVO GOVERNO: ALMENO 20
MORTI E DECINE DI FERITI
IN UNA SERIE DI ATTENTATI A BAGHDAD
E MADAEN.
IL TERRORISTA AL ZARQAWI TORNA A
MINACCIARE GLI STATI UNITI
- Ai nostri microfoni
l’arcivescovo Louis Sako -
Speranza e paura si alternano in Iraq: ieri, con una maggioranza schiacciante,
l’Assemblea nazionale ha votato la fiducia al nuovo governo iracheno, ma nella
lista di 37 ministri presentata dal premier Ibrahim Jaafari alcuni incarichi
sono ancora da assegnare. Una parte della minoranza sunnita ha infatti deciso all’ultimo momento di
chiamarsi fuori. La giornata di oggi è invece segnata da una drammatica
escalation di violenza: sette autobomba sono esplose stamattina a Baghdad e
nella vicina Madaen, uccidendo in totale almeno 20 persone e ferendone una
settantina, secondo un bilancio fornito da fonti della sicurezza irachene.
Intanto, il luogotenente di Al Qaida in Iraq, al Zarqawi - in un messaggio
audio pubblicato oggi su internet - ha dichiarato che continueranno gli
attacchi suicidi contro le forze americane in Iraq e che il presidente Bush
“non avrà pace” in Iraq. Sulla formazione del nuovo governo iracheno e il
perseverare delle violenze nel Paese, ascoltiamo il commento di mons. Louis
Sako, arcivescovo di Kirkuk, raggiunto telefonicamente nel nord dell’Iraq da
Alessandro Gisotti:
**********
R. – Noi tutti abbiamo aspettato
con tanta pazienza la formazione del governo. Abbiamo seguito tutta la
discussione: una discussione democratica. Anche due deputati cristiani
all’Assemblea nazionale hanno parlato, hanno detto che noi cristiani abbiamo
soltanto un ministro, mentre abbiamo diritto ad averne due! Veramente, siamo in
una fase democratica che l’Iraq non ha mai conosciuto! C’è un miglioramento;
bisogna anche preparare la gente ad accettare questo ‘fenomeno’, ad abituarsi
al nuovo ... La settimana scorsa, noi tutti vescovi cattolici abbiamo
incontrato il presidente della Repubblica che è stato molto, molto contento.
Finora, nell’antica Costituzione, i cristiani erano tollerati; adesso,
questo termine non c’è più: siamo concittadini a pari titolo!
D. – Mons. Sako, da una parte
c’è la formazione del governo che induce alla speranza, però ci sono ancora
molti atti di violenza in alcune zone dell’Iraq, quindi c’è ancora un problema
di sicurezza?
R. – Questo è certo! Comunque,
adesso ci sono più soldati, poliziotti ... ci sono tutti questi terroristi
entrati in Iraq dai Paesi limitrofi, fondamentalisti musulmani e membri del
partito Baath, che disturbano. Ma non si può paragonare alla situazione di tre,
quattro mesi fa ...
D. – In questa fase della storia
dell’Iraq, una storia piena di sofferenze, come si pongono i cristiani, come
vivono questo momento?
R. – Anche durante la riunione
della Conferenza episcopale cattolica a Baghdad, abbiamo parlato della presenza
cristiana. Adesso bisogna preparare una lista unica per le prossime elezioni,
dialogare con tutti i partiti, iniziare un dialogo con il governo. Tutto è
aperto, ma tocca alla Chiesa, all’episcopato essere realista e preparare con
calma e con coraggio il futuro.
**********
IL
TOGO SULL’ORLO DELLA GUERRA CIVILE:
DIFFICILE
UNA SOLUZIONE DELLA CRISI,
SENZA
L’AIUTO DEI PAESI VICINI
- Con
noi il nunzio apostolico, mons. Pierre
Nguyên Van Tot -
Dopo
un’altra notte di violenze – che ha visto il saccheggio del Goethe Institut a
Lomè – il Togo vede ancora lontana la soluzione della crisi. L’opposizione ha
chiesto l’annullamento del voto di domenica, ed il suo candidato, Akitani Bob,
si è già autoproclamato presidente. Il rischio di guerra civile, dunque, non è
ancora scongiurato, e migliaia di civili continuano a fuggire nel vicino Benin.
Al microfono di Andrea Sarubbi, il nunzio apostolico, l’arcivescovo Pierre
Nguyên Van Tot, conferma la drammaticità della situazione:
**********
R. – I Paesi dell’Africa
dell’Ovest avevano mandato 150 osservatori e hanno dichiarato che le elezioni
sono state pacifiche e giuste, ma non so se le cose sono andate così realmente.
Quindi, adesso solo la Nigeria preme un po’ per la concordia, ma non vedo cosa
facciano altri Paesi. Vorrei che questa Organizzazione dell’Africa dell’Ovest
faccia qualcosa perché le due parti si mettano d’accordo.
D. – Eccellenza, si dice che
anche la Chiesa cattolica sia finita nel mirino del governo ...
R. – C’è un po’ di contrasto,
sì. Nell’insieme, il governo non apprezza molto alcuni ecclesiastici, penso li
considerino parte dell’opposizione. Non sono stati uccisi né malmenati, ma
penso che subiscano molte minacce.
**********
OGGI LA CHIESA CELEBRA LA FESTA DI SANTA CATERINA
DA SIENA
PATRONA D’ITALIA E D’EUROPA
- Intervista con la prof.ssa Palmira Ponsella -
Oggi,
29 aprile, la Chiesa celebra la festa di Santa Caterina da Siena, vergine e
dottore della Chiesa, compatrona d’Italia e d’Europa. Una donna straordinaria
vissuta nel 1300, analfabeta per quasi tutta la vita, ma che sapeva richiamare
con forza Papi e sovrani a seguire con fedeltà Cristo. E’ anche grazie a lei
che i Pontefici lasceranno la città francese di Avignone per tornare a Roma.
Caterina definiva il Papa come il “dolce Cristo in
terra”. Sulla figura di Caterina da
Siena Giovanni Peduto ha sentito la professoressa Palmira Ponsella, delle
Missionarie della scuola, una Congregazione domenicana fondata nel 1917 dalla
serva di Dio Luigia Tincani e particolarmente legata a questa santa, per cui ha
fondato il Centro nazionale di studi cateriniani:
**********
R.
– Caterina era una figlia di Siena.
Nasce infatti nel popoloso quartiere di Frontebranda, il 25 marzo del 1347,
penultima di 25 figli. Una figlia d’Italia, che desiderava vedere pacificata e
ben governata da buoni “rettori” della cosa pubblica. Insegnava ai suoi discepoli:
“Se sarete quello che dovete essere, metterete fuoco in tutta Italia”. E,
ancora, una figlia della Chiesa, terziaria domenicana. Per la santità e unità
della Chiesa ha faticato ed offerto la propria vita. Nella Roma di Pietro, il
“dolce Cristo in terra”, dove ha riportato il suo successore Gregorio XI,
Caterina muore il 29 aprile 1380.
D. –
Qual è stata la sua santità?
R. – La
sua santità consiste nella scoperta del suo essere creatura di fronte al
creatore o niente di fronte al tutto di Dio amore. Si esprime nell’adorazione e
nella carità appassionata per Dio e per i fratelli. Dio – come la Santa scrive
nel dialogo – le chiede: “Figliola, questo voglio che cerchi: di piacere a me,
Verità, nella fame della salute delle anime con ogni sollecitudine”. Santa
Caterina ha una speciale spiritualità, luminosa e semplice, ma ardente e
feconda che affascinava e trasformava le persone che avvicinava.
D. –
Per quasi tutta la vita è stata analfabeta. Come mai è stata proclamata dottore
della Chiesa?
R. – Quasi
analfabeta sì, è vero, ma Caterina è ricca di eccezionali doti di natura e di
straordinari doni di grazia. Lo dimostrano i suoi scritti che rivelano una
sapienza sovrannaturale ricevuta direttamente da Dio e acquisita dalla
predicazione domenicana, da lei assiduamente frequentata. Accenno soltanto al Dialogo,
frutto della piena maturità spirituale e dottrinale di Caterina, che è in
qualche modo la summa del suo pensiero teologico.
D. –
Inviava lettere di fuoco a Papi e sovrani: Santa Caterina era una donna fuori
dal comune per quei tempi…
R. –
Certamente, Caterina fu una donna eccezionale nelle sue scelte e nella sua
capacità di relazionarsi anche con persone di livello sociale superiore al suo:
si pensi ai Papi Gregorio XI e Urbano VI, a Giovanna, Regina di Napoli, al Re
di Francia, Carlo V. Il dono profetico ricevuto dallo Spirito e la schiettezza
del suo carattere la muovono a prendere iniziative sorprendenti, al fine di
trasmettere la volontà di Dio a chiunque e in ogni situazione. Il bisogno di comunicare
la verità di Dio si esprime con il suo imperativo: “Io voglio”.
D. –
Cosa viene a dire a noi cristiani, oggi, Santa Caterina?
R. –
Caterina è di un’attualità straordinaria e ha un grande messaggio per noi oggi.
Ci insegna che è possibile essere anime adoratrici pur lavorando nel mondo.
Anche noi possiamo imparare ad abitare nella “cella del cuore” - come si
esprimeva - unite intimamente a Dio, senza estraniarci dai problemi del mondo.
**********
60 ANNI FA, AVVENIVA LA LIBERAZIONE DEL CAMPO DI
CONCENTRAMENTO DI DACHAU
- Intervista con il prof. Brunello Mantelli -
Si
ricorda oggi il 60.mo anniversario della liberazione del campo di
concentramento di Dachau, per opera dei soldati americani. Il campo, situato a
poche decine di chilometri da Monaco di Baviera, venne istituito il 21 marzo
del 1933 per accogliere, inizialmente, gli oppositori politici del regime.
Dachau fu il primo campo nato ufficialmente dall’iniziativa delle autorità
pubbliche dello Stato nazista e servì a formare i primi esperti di gestione dei
prigionieri che successivamente operarono presso gli altri campi. Nei 12 anni
della sua esistenza, furono oltre 200mila i detenuti registrati e circa 45mila
i decessi. Furono vittime del terrore delle SS, morirono di fame, di freddo, di
incidenti avvenuti durante il lavoro forzato, di malattie o di epidemie. Il 29
aprile 1945 gli americani contarono oltre 30mila persone, più altre 35mila
presenti nei distaccamenti. Ma per inquadrare le caratteristiche di quel
contesto ascoltiamo il prof. Brunello Mantelli, docente di Storia contemporanea
presso l’Università di Torino, al microfono di Eugenio Bonanata:
**********
R. – Siamo in una fase, dal 1933
al 1936, in cui i campi di concentramento erano destinati unicamente agli
oppositori politici, ed erano campi da cui si poteva anche uscire, magari dopo
un certo periodo, sempre sotto sorveglianza. Dal ’36, poi, il campo cambia
natura, nel senso che oltre all’oppositore politico viene trasportato in campo
anche – diciamo – il deviante sociale, il marginale, il disoccupato, la persona
senza fissa dimora, la prostituta ... quindi, soggetti che sono considerati
socialmente, non politicamente, devianti. Poi, con il ’39, nel sistema dei
campi vanno persone provenienti da tutti i Paesi occupati dell’Europa.
D. – Cosa trovarono in quel
campo gli americani, al momento del loro arrivo?
R. – Bè, il problema appunto è:
cos’era diventato Dachau. Con l’andare del tempo, il numero dei campi aumenta
in modo esponenziale: dal ’41, ’42 in avanti i campi diventano un’importante
riserva di mano d’opera legato all’andamento dell’economia di guerra, e quindi
nel momento in cui – in questo caso gli americani, per quanto riguarda Dachau –
arrivano, trovano un campo sovraffollato nel quale ci sono ancora un numero di
tedeschi o austriaci antinazisti, trovano stranieri, trovano anche ebrei che
sono stati spostati a Dachau dagli altri campi oppure che arrivano
dall’Ungheria ...
D. – Dal processo di Norimberga,
le diverse testimonianze rese dai sopravvissuti. Ma qual è il valore di questi
documenti in relazione al revisionismo storico che, invece, tende a rimetterli
in qualche modo in discussione?
R. – Se il punto di vista è
quello dei “negazionisti”, sono quelli che negano l’esistenza dei fatti, cioè
sono quelli che dicono: “Non è vero che sono morti sei milioni di ebrei”:
questi semplicemente mentono sapendo di mentire. Non abbiamo solo le
testimonianze, abbiamo anche un’enorme documentazione scritta, insomma. Abbiamo
i processi ufficiali, non solo Norimberga, ma anche quelli che ci sono stati
dopo. Altro discorso può essere quello di chi in qualche modo tende a fare un
discorso più complesso dicendo che i campi di concentramento non l’ha inventati
il Terzo Reich: questo è assolutamente vero! I campi di concentramento, purtroppo,
sono esistiti prima del Terzo Reich in regimi diversi. D’altro canto, è vero
che è opportuna una comparazione: quello che fa la differenza è l’esistenza di
campi adibiti allo sterminio puro e semplice. Nel senso che la camera a gas di
Auschwitz, di Treblinka, di Bergen-Belsen, di Chelmno è ciò che distingue il
sistema concentrazionale staliniano da quello nazista. Cioè: la comparazione si
deve fare! Per rimarcare, sì, le somiglianze, ma anche le differenze! Se
facciamo questa operazione qui, stiamo dentro alla ricerca storica.
D. – Qual è allora il
significato del commemorare una data?
R. – Il problema della
commemorazione ha a che fare con la memoria pubblica. Ciò detto, io credo che
sia ragionevole la commemorazione: siamo in un difficile crinale, siamo in un
momento in cui purtroppo – ma per ovvi motivi biologici – il numero dei testimoni
sta diminuendo in modo esponenziale. E poi, io credo che sia importante come
elemento di comprensione della qualità specifica della Seconda Guerra mondiale,
che non fu una guerra come altre, in quanto l’obiettivo non era soltanto quello
di occupare e conquistare territori, ma era anche quello di stravolgere –
diciamo – la “qualità umana”, il tessuto demografico umano e sociale dei
territori occupati da parte delle potenze dell’Asse!
**********
DOMANI SERA NELLA CHIESA DI SANT’IGNAZIO A ROMA
SARA’ ESEGUITA
LA MESSA DA REQUIEM DI VERDI IN MEMORIA DI NICOLA
CALIPARI
- Intervista con Hans-Albert Courtial -
In
memoria di Nicola Calipari sarà eseguita domani sera alle ore 21, con ingresso
libero, la “Messa da Requiem” di Giuseppe Verdi nella Chiesa di Sant’Ignazio a
Roma. Heiko Mathias Förster dirige l’Orchestra Sinfonica Slovacca di Bratislava
e il Coro Lirico Sinfonico Romano. Il servizio è di Luca Pellegrini:
**********
(musica)
Più che il rumore delle nostre
parole, è la musica sacra che riesce ad esprimere i nostri sentimenti di pietà
e di condivisione del dolore. E’ la musica a farsi interprete della nostra
speranza, omaggio per un gesto nobile e generoso, preghiera di suffragio,
accorata invocazione. La Fondazione Pro Musica e Arte Sacra dedica la poderosa
“Messa da Requiem” di Giuseppe Verdi alla memoria di un valoroso italiano dei
nostri tempi, Nicola Calipari, che nell’insanguinata terra dell’Iraq ha terminato
i suoi giorni nel generoso servizio allo Stato e all’umanità. Per queste
ragioni nella Chiesa romana di Sant’Ignazio saranno presenti le istituzioni
civili, le autorità militari, colleghi ed amici, per ricordare un uomo e la sua
vita con il silenzioso ascolto della Messa verdiana, la quale racchiude in sé
il giudizio, la misericordia e la beatitudine. Il dott. Hans-Albert Courtial,
Presidente della Fondazione, spiega ai nostri microfoni come nasce l’idea di
offrire alla cittadinanza romana il capolavoro sacro di Verdi dedicandolo a
Nicola Calipari.
“L’idea nasce per dimostrare la nostra gratitudine da parte della nostra
Fondazione per quest’uomo, ringraziandolo con questo concerto per lo
straordinario contributo che ha dato alla nostra Patria”.
Musica per lenire il dolore,
musica per nutrire lo spirito. Sono anche queste le finalità della serata?
“Tramite la musica, e soprattutto tramite la musica sacra, vogliamo
portare questa musica nelle basiliche e nelle chiese di Roma e dare un contributo
perché la gente trovi un momento di meditazione e spiritualità e apra i suoi
cuori e le sue menti al Signore”.
(musica)
**********
=======ooo=======
29
aprile 2005
PREOCCUPAZIONE DELLA CHIESA SRILANKESE PER IL
DOCUMENTO ANTI-CONVERSIONI PRESTO
ALL’ESAME DEL PARLAMENTO: “E’ A RISCHIO LA LIBERTA’ DI COSCIENZA”
COLOMBO.
= Le diverse comunità cristiane in Sri Lanka, e fra loro la Chiesa cattolica, sono
seriamente preoccupate per il documento anti-conversioni all’esame del
Parlamento nazionale nei prossimi giorni. Il provvedimento, se approvato,
modificherà radicalmente il comportamento e i rapporti fra le comunità
religiose nel Paese, minacciando la libertà di coscienza e di religione e i
diritti umani, come spiega all’agenzia di stampa vaticana “Fides” una fonte
nella Chiesa locale.
In pratica, la legge rende illegale la conversione personale da una religione
all’altra in ogni circostanza considerata “non etica” e illegale e prevede pene
pesanti come la multa di 500 mila rupie, ovvero, 5 mila dollari e il carcere
fino a 7 anni. La discrezionalità viene lasciata a un magistrato che dovrebbe
decidere se il cambio di religione sia avvenuto attraverso l’inganno e il
proselitismo. E proprio questo concetto di proselitismo preoccupa molto la
Chiesa locale: così infatti viene definita anche la pura attività di carità o
di solidarietà svolta da sacerdoti, religiosi, fedeli laici, istituti cattolici
e organizzazioni non governative d’ispirazione cristiana. Il provvedimento era
stato proposto lo scorso anno da 9 monaci buddisti del partito fondamentalista
“Jathika Hela Urumaya” e respinto dalla Corte Suprema dello Sri Lanka, perché
definito “incostituzionale” in alcune sue parti. Tuttavia, ripresentato
ultimamente in Parlamento senza modifiche sostanziali, il governo del Paese e
la sua presidente, Chandrika Kumaratunga, hanno lasciato la libertà di
coscienza nel voto. Secondo gli osservatori, la presidente non ha voluto inimicarsi
i partiti buddisti per opportunità politica, ma ciò significa che, con molta
probabilità, il provvedimento verrà approvato, dato che l’80 per cento dei parlamentari
professa la religione buddista. (R.M.)
“LA FALSA SOLUZIONE DI UN PROBLEMA REALE”: È IL TITOLO DEL
DOCUMENTO
PUBBLICATO OGGI DALLA CONFERENZA
EPISCOPALE SVIZZERA SUL REFERENDUM
DEL 5 GIUGNO PROSSIMO RELATIVO AL
RICONOSCIMENTO GIURIDICO
DELLE COPPIE OMOSESSUALI NEL PAESE DEL
5 GIUGNO PROSSIMO
FRIBURGO. = La posizione della Conferenza episcopale svizzera sul
referendum del 5 giugno prossimo, relativo al riconoscimento giuridico delle coppie
omosessuali nel Paese, è molto chiara: qualsiasi discriminazione deve essere
abolita, ma, allo stesso tempo, non è possibile ammettere la parità delle
unioni omosessuali con quelle matrimoniali. In un documento pubblicato oggi,
dal titolo “La falsa soluzione di un problema reale”, i vescovi sottolineano
come il progetto di legge non protegga abbastanza l’istituzione del matrimonio
e sia molto problematico dal punto di vista sociale: “esso privilegia infatti,
senza una ragione evidente, un gruppo di persone rispetto a un altro, poiché il
modello di unione registrato, pur avendo alcune disposizioni restrittive,
ricalca da vicino l’istituzione del matrimonio”. Le unioni omosessuali “non
hanno inoltre la stessa funzione sociale della coppia e della famiglia”, che
“garantiscono la sopravvivenza dello Stato, dando vita a nuove generazioni” e
che, pertanto, “devono essere sostenute e privilegiate dalla legge”. (R.M.)
“IN CILE, L’EQUITA’ E LA GLOBALIZZAZIONE DELLA
SOLIDARIETÀ CONTINUANO
AD ATTENDERE RISPOSTE”: COSI’, LA CONFERENZA
EPISCOPALE DEL PAESE
AL TERMINE DELLA SUA 89.MA ASSEMBLEA PLENARIA
SANTIAGO
DEL CILE. = La Conferenza episcopale cilena, a conclusione della sua 89.ma
Assemblea plenaria, svoltasi nei giorni scorsi a Punta di Tralca, ha stilato
una dichiarazione intitolata “Abbiamo visto il Signore”, ispirandosi al
racconto evangelico dei Discepoli di Emmaus. Il documento, che raccoglie
riflessioni, preoccupazioni e speranze per il popolo cileno, è articolato in 3
capitoli: “Tempo di Pasqua”; “Mentre parlavano, Gesù stesso si avvicinò e
proseguì con loro”; “Resta con noi Signore”. I vescovi sottolineano, da una
parte, alcuni segni vigorosi di vita nella realtà del popolo cileno, ovvero,
maggiore accesso alla giustizia, accordi che sembravano impossibili, crescita
economica e sviluppo strutturale, più equità nell’educazione. D’altra parte,
però, rammentando la voce profetica di Giovanni Paolo II, c’è “preoccupazione
per i fratelli e le sorelle che soffrono l’ingiustizia di un salario o di una
pensione insufficienti, gli effetti di una povertà persistente”. “Nel nostro
Paese – proseguono – le differenze sociali, rese evidenti dalla qualità delle
case, dall’accesso ai beni di consumo, dalla sanità, dall’educazione, dagli
stipendi, raggiungono livelli scandalosi, mentre l’equità e la globalizzazione
della solidarietà continuano ad essere una sfida che ancora attende risposte
urgenti”. I vescovi sollecitano poi a incentivare i programmi orientati a
superare la povertà e a instaurare percorsi di maggiore equità. Ed è proprio l’Eucaristia, celebrata nella
comunità, che sprona verso un impegno attivo nell’edificazione di una società
più equa e fraterna. (R.M.)
AL VARO, NELLE
FILIPPINE, UNA LEGGE SUL CONTROLLO DELLE NASCITE
MANILA. = Il censimento degli abitanti
“a rischio” fertilità, incentivi statali alle coppie che decidono di non avere
più di 2 figli, sussidi a quelle che hanno già 2 figli purché non incrementino
la prole, pene pecuniarie e carcere per chi si oppone alle misure di controllo
demografico: sono alcune delle azioni previste dal “Decreto per la paternità
responsabile e il controllo della popolazione”, noto come “legge sui 2 figli” o
“Lingtas Buntis”, approvato in
via preliminare da una Commissione parlamentare nelle Filippine. La legge, che
potrebbe entrare in vigore entro pochi mesi, propone “cure per la salute
riproduttiva” in termini di “disponibilità e accesso a una completa gamma
di metodi, tecniche e servizi che contribuiscono alla salute sessuale e
riproduttiva, inclusi informazione e servizi sulla pianificazione familiare”.
Agenzie ONU e gruppi a favore dell’aborto affermano che in questi termini sia
incluso anche l’aborto, mentre la nuova legge ribadisce che questa pratica
“continuerà a essere penalizzata” dallo Stato. La proposta prevede inoltre
l’educazione sessuale obbligatoria nelle scuole elementari e medie, in tema di
“salute riproduttiva, diritti sessuali e ruoli dei sessi”. La Chiesa cattolica
secondo il progetto di legge non è esclusa da quest’obbligo e neanche da
quello, richiesto a tutti i datori di lavoro, di fornire in modo gratuito
“servizi per la salute riproduttiva per i lavoratori”, tra cui anche la
sterilizzazione volontaria. Chi “limiterà o rifiuterà” di fornire i servizi
descritti rischia fino a 6 mesi di carcere. (R.M.)
UNA SERIE DI VOLUMI SU GIOVANNI PAOLO II
RIPRESENTATI AL PUBBLICO
PER INIZIATIVA DELL’OPERA ROMANA PELLEGRINAGGI
- A cura di Giovanni Peduto -
ROMA. = L’Opera Romana Pellegrinaggi apre una serie di incontri sulle
più recenti opere letterarie dedicate al Santo Padre Giovanni Paolo II e ai
problemi della Chiesa dai giornalisti vaticanisti italiani. Il ciclo inizia
lunedì 2 maggio con il volume di Fabio Zavattaro “I Santi e Karol”. Nel giorno
delle sue esequie, la folla lo ha più volte acclamato “santo”. Da più parti si
sono elevati appelli e testimonianze affinché vengano riconosciute le virtù eroiche
di Giovanni Paolo II. Ma quale era il pensiero di Karol Wojtyla nei confronti
delle beatificazioni e delle canonizzazioni? Quali le novità introdotte nel
corso del suo Pontificato su questo tema così discusso e delicato? A queste e
ad altre domande cercheranno di rispondere lunedì 2 maggio il cardinale José
Saraiva Martins, prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, il vescovo
Renato Boccardo, segretario generale dello Stato della Città del Vaticano, e il
professor Augusto D’Angelo, dell’Università La Sapienza di Roma, nel corso
della presentazione del nuovo libro del vaticanista RAI, Fabio Zavattaro, “I
Santi e Karol. Il nuovo volto della santità”. Nel libro, delle Edizioni Ancora,
l’autore affronta la peculiarità del Pontificato di Giovanni Paolo II,
caratterizzato dalla proclamazione di 1338 beati e 482 santi. Una decisa accelerazione
dei processi di beatificazione e canonizzazione, che ha rappresentato uno degli
aspetti più significativi del lungo Pontificato di Wojtyla. Il dibattito, moderato
da Giuseppe De Carli, volto noto della RAI per le dirette televisive dal Vaticano,
si terrà a partire dalle ore 18.30 presso la sede dell’Opera Romana Pellegrinaggi
in via della Pigna. Nei prossimi mesi saranno ospitati, tra gli altri, il giornalista
RAI, Giuseppe De Carli e la vaticanista dell’ANSA, Elisa Pinna.
GRANDE FESTA, IERI, NELLE COMUNITA’ CATTOLICHE DEL
PACIFICO
PER RICORDARE SAN PIETRO CHANEL,
PRIMO MARTIRE E PATRONO DELLA CHIESA IN OCEANIA
WELLINGTON.
= Ieri, la chiesa neozelandese e tutte le comunità cattoliche dell’Oceania
hanno celebrato San Pietro Chanel, religioso francese dei missionari Maristi,
martirizzato in Oceania nel 1841 e considerato uno dei padri della Chiesa
nell’area del Pacifico. Per ricordarlo, in Nuova Zelanda i Maristi hanno
lanciato diverse iniziative nelle scuole, missioni e istituti che oggi
gestiscono. Per far conoscere la storia della sua vita è stata anche lanciata
una nuova sezione sul sito Internet dell’Istituto, consultabile al www.maristpacific.org/peterchanel.
Chanel partì alla volta dell’Oceania nel 1837, senza un’idea ben chiara di dove
stabilirsi: il mandato che aveva ricevuto era quello di individuare un luogo
idoneo dove fondare una missione. Il giovane Pietro si stabilì nell’isola di
Futura, a Nord delle Figji, imparò la lingua, conobbe i costumi locali, fece
amicizia con la popolazione locale, cominciò ad annunciare il Vangelo. Ma i
capi delle tribù locali non vedevano di buon occhio la sua attività perché
pensavano che la nuova religione potesse sconvolgere le loro tradizioni. Quando
il figlio del re dell’isola chiese di essere battezzato, il re, per vendetta,
fece uccidere il missionario. Dopo la sua morte, in pochissimo tempo tutta la
popolazione dell’isola si convertì al cristianesimo. Pietro Chanel fu
proclamato beato nel 1889 e santo, da Papa Pio XII, nel 1954. E’ riconosciuto
come protomartire dell’Oceania e Santo Patrono di questa regione. Oggi i
religiosi Maristi, nel ramo maschile e femminile, continuano la loro missione
nel Pacifico, in tre province: Australia, Nuova Zelanda, Isole. Agli inizi
degli anni ‘50 un gruppo di missionari si è spostato dall’Australia in Giappone
per assistere la popolazione nella ricostruzione post bellica, fondando una
missione nel Paese. (R.M.)
CORO DI PROTESTE IN PAKISTAN CONTRO LA DECISIONE
GOVERNATIVA
DI REINSERIRE LA VOCE “RELIGIONE” SUI PASSAPORTI
FAISALABAD.=
Ha suscitato molte polemiche in Pakistan la decisione governativa di reinserire
la voce “religione” sui passaporti. Lo scorso 25 aprile, nella diocesi di
Faisalabad, il Centro per lo sviluppo umano (HDC) e l’Alleanza delle minoranze
pakistane (APMA) hanno affermato, in una conferenza stampa congiunta: “Le
minoranze religiose del Pakistan rigettano con forza la decisione governativa
sui passaporti”. Secondo il direttore dell’HDC, la presenza della voce
“religione” è ingiusta e conduce soltanto verso il settarismo sociale: il
passaporto dovrebbe essere invece un documento uguale per tutti. Dello stesso
parere è anche Shahbaz Batti, presidente dell’APMA, secondo il quale il reinserimento
della dicitura avrebbe creato “un forte senso di insicurezza e di sconforto”
nella popolazione. “Questa è una decisione infelice e contraria a ogni logica,
ragione o norma civile – afferma – che mostra solamente come il governo abbia
ceduto, ancora una volta, alle pressioni degli estremisti religiosi”. L’HDC e
l’APMA hanno annunciato infine il lancio di una campagna di protesta che “verrà
presentata a tutti i membri del Parlamento nazionale e in tutte le Assemblee
provinciali del Pakistan”. (M.V.S.)
=======ooo=======
29
aprile 2005
- A cura
di Eugenio Bonanata ed Alessandro
Gisotti -
La Russia in prima
linea per la pace in Medio Oriente: è l’impegno preso dal presidente russo,
Vladimir Putin, che stamani ha incontrato in Cisgiordania il presidente
palestinese Abu Mazen. Il capo del Cremlino ha assicurato aiuti per ricostruire
le infrastrutture e mantenere l’ordine a Gaza, dopo il ritiro israeliano. Da
Ramallah, Francesca Fraccaroli:
**********
I palestinesi sono
impegnati a raggiungere una pace definitiva con lo Stato d’Israele e guardano
con favore ad una conferenza di pace internazionale, come proposto dalla
Russia. Lo ha affermato il presidente palestinese, Abu Mazen, al termine
dell’incontro avuto con Vladimir Putin, nel suo ufficio di Ramallah, in
Cisgiordania. Il leader dell’Autorità nazionale ha aggiunto che è pronto a
coordinarsi con Israele sul ritiro da Gaza, in modo da far rientrare il piano
unilaterale di Ariel Sharon nella road map. Da parte sua Putin ha
ribadito i rapporti stretti fra Russia e palestinesi, ma ha sottolineato che
bisogna lavorare per creare condizioni di fiducia reciproca fra le due parti.
Non è chiaro se Mosca fornirà, come aveva promesso, mezzi blindati ed
elicotteri ai palestinesi. Il presidente russo è stato molto cauto durante
l’incontro con i giornalisti e vago sulla convocazione della conferenza
internazionale, già bocciata da Israele e Stati Uniti. Il leader russo,
intenzionato a ritagliarsi un ruolo da protagonista in Medio Oriente, ha dovuto
prendere atto della complessità di un conflitto, in cui, peraltro, gli Stati
Uniti vogliono rimanere gli unici mediatori.
Da Ramallah, per la Radio Vaticana,
Francesca Fraccaroli.
**********
Ancora in Medio
Oriente: è giunta ieri in Libano la missione dell’Onu che dovrà accertare
l’avvenuto ritiro delle truppe siriane dal Paese, dopo 29 anni di occupazione.
Intanto, a Beirut, un altro team dell’Onu ha incontrato i funzionari dei
ministeri degli Esteri e della Giustizia per istruire l’inchiesta
sull’uccisione dell’ex premier libanese, Rafiq Hariri, avvenuta lo scorso 14
febbraio. Dal canto suo, la stampa libanese riferisce che mercoledì prossimo il
presidente siriano Bashar al-Assad riceverà a Damasco il nuovo premier libanese
Najib Miqati, con il quale discuterà delle modalità per “correggere le relazioni libano-siriano”.
Washington e Mosca
concordano sull’urgenza della questione nucleare iraniana. Ne è convinto George
W. Bush, secondo cui, nonostante la Russia abbia contribuito allo sviluppo del
programma atomico di Teheran, anche Vladimir Putin considera inaffidabile un
regime degli ayatollah dotato di armi nucleari. Tuttavia, il capo del Cremlino
ha ribadito che la Russia continuerà a costruire il primo reattore nucleare
iraniano, nonostante l’opposizione di Washington e di Israele.
Storico incontro oggi
a Pechino tra il presidente cinese Hu Jintao e il leader nazionalista di
Taiwan, Lien Chan. E’ la prima volta, dopo oltre mezzo secolo, che si svolge un
incontro a questi livelli, dopo la lunga guerra civile tra i nazionalisti di
Ciang Kai-Shek e i comunisti di Mao. Ma l’evento odierno potrebbe rendere
ancora più difficoltosi i rapporti tra Pechino e Taipei, come ci spiega
Bernardo Cervellera:
**********
L’incontro è
avvenuto nella grande Sala del Popolo, in un’atmosfera di grande ufficialità.
Ma lo storico incontro rischia di dividere ancora di più Pechino e Taipei. In
marzo, Hu Jintao ha varato la legge antisecessione che approva l’uso della
forza militare contro Taiwan se dichiarerà l’indipendenza. Il risalto dato alla
visita dai media cinesi mostra più l’interesse di Pechino ad indebolire la
leadership del presidente Chen Shui-Bian più vicino ai movimenti
indipendentisti. Per Lien, la visita è un tentativo di risalire la china degli
insuccessi elettorali degli ultimi anni: regalando a Hu Jintao delle cassette
di frutta, spera di migliorare l’esportazione di prodotti agricoli taiwanesi in
Cina e guadagnare i voti degli agricoltori. Nei mesi scorsi Europa, Stati Uniti
e Giappone hanno espresso preoccupazione per la tensione nello Stretto,
provocando le ire di Pechino che considera la questione Taiwan un problema
interno. La visita inaugura un nuovo modo di trattare il problema Taiwan, come
un rapporto tra partiti e non tra governi, e lo riduce ancora una volta ad un
problema locale.
Per la Radio
Vaticana, Bernardo Cervellera.
**********
Continuano
le manifestazioni di piazza in Nicaragua, innescate dall’aumento delle tariffe
dei trasporti pubblici. Ieri alcuni scontri tra studenti e polizia si sono
registrati nella capitale Managua. Intanto, il presidente, Enrique Bolanos, ha
accettato di aprire un dialogo con i settori
sociali che da giorni paralizzano la città.
Sarà raddoppiato il
contingente di pace in Darfur, la regione del Sudan occidentale in preda a una
sanguinosa guerra civile. E’ la decisione presa ieri dall’Unione Africana che
ha deciso di raddoppiare da 3 mila a oltre 7 mila le unità presenti nel Paese.
Intanto, ieri, il segretario generale della Nato, Jaap de Hoop Scheffer, ha
escluso un invio di truppe in Darfur, prevedendo unicamente la possibilità di un appoggio “logistico”.
Permangono dubbi nell’inchiesta sull’uccisione
in Iraq del funzionario del Sismi, Nicola Calipari. Ieri, il presidente del
Consiglio italiano, Silvio Berlusconi, ha dichiarato che non saranno firmate
“cose che non convincono”. “Il Pentagono - ha evidenziato il premier - ha
certe posizioni e l’Amministrazione americana vorrebbe che queste posizioni
potessero essere più flessibili”. Tuttavia, il portavoce del Dipartimento di
Stato ha sottolineato che il lavoro procede “in pieno accordo con il
Pentagono”.
Trema
ancora la terra nel Sudest asiatico: una scossa di magnitudo 6,3 della scala
Richter è stata registrata ieri sera al largo della provincia indonesiana di
Aceh, dell’isola di Sumatra. Per ora non si segnalano danni a persone o cose.
=======ooo=======