RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLIX n. 119 - Testo della trasmissione di venerdì 29 aprile 2005

 

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:                                                                             

Benedetto XVI il 29 maggio prossimo si recherà a Bari per la conclusione del Congresso Eucaristico nazionale. Sarà la sua prima visita apostolica in Italia: con noi l’arcivescovo di Bari Francesco Cacucci

 

Benedetto XVI questa mattina di nuovo in visita nel suo vecchio appartamento in Piazza della Città Leonina. Poi in Vaticano riceve in udienza i cardinali Giovanni Battista Re e Alfonso Lopez Trujillo e l’arcivescovo Angelo Amato

 

Il presidente della Repubblica italiana Carlo Azeglio Ciampi, insieme alla moglie Franca si è recato questa mattina a pregare sulla tomba di Giovanni Paolo II nelle Grotte Vaticane

 

Il Papa del dialogo che si fa misericordia nella verità: l’anima e l’azione di Benedetto XVI in un ritratto di mons. Bruno Forte: intervista con il presule.

 

IN PRIMO PIANO:

Escalation di violenza in Iraq, all’indomani della formazione del nuovo governo: almeno 20 morti in una serie di attentati. Ai nostri microfoni l’arcivescovo di Kirkuk Louis Sako

 

Il Togo sull’orlo della guerra civile: ce ne parla il nunzio apostolico mons. Nguyen Van Tot

 

Oggi la Chiesa celebra la festa di Santa Caterina da Siena, patrona d’Italia ed Europa: il commento della prof.ssa Palmira Ponsella.

 

60 anni fa la liberazione del campo di concentramento di Dachau:  con noi il prof. Brunello Mantelli

 

Domani sera nella Chiesa di Sant’Ignazio a Roma sarà eseguita la Messa da Requiem in memoria di Nicola Calipari: intervista con Hans-Albert Courtial

 

CHIESA E SOCIETA’:

Preoccupazione della Chiesa srilankese per il documento anti-conversioni presto all’esame del Parlamento

 

“La falsa soluzione di un problema reale”: è il titolo del documento pubblicato oggi dai vescovi svizzeri sul referendum relativo al riconoscimento giuridico delle coppie omosessuali

 

Conclusione della 89.ma Assemblea plenaria della Conferenza episcopale cilena

 

Al varo, nelle Filippine, una legge sul controllo delle nascite

 

Una serie di volumi su Giovanni Paolo II ripresentati al pubblico per iniziativa dell’Opera Romana Pellegrinaggi

 

Grande festa, ieri, nelle comunità cattoliche del Pacifico per ricordare San Pietro Chanel, primo martire e patrono della Chiesa in Oceania

 

Coro di proteste in Pakistan contro la decisione governativa di reinserire la voce “religione” sui passaporti

 

24 ORE NEL MONDO:

La Russia in prima linea per la pace in Medio Oriente: è l’impegno preso dal presidente russo, Putin, che stamani ha incontrato il presidente palestinese Abu Mazen, in Cisgiordania.

 

Storico incontro a Pechino tra il presidente cinese Hu Jintao e il leader del principale partito di opposizione di Taiwan, Lien Chan.

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

29 aprile 2005

 

 

BENEDETTO XVI SI RECHERA’ IL 29 MAGGIO PROSSIMO A BARI

PER LA CONCLUSIONE DEL CONGRESSO EUCARISTICO NAZIONALE.

SARA’ LA SUA PRIMA VISITA APOSTOLICA IN ITALIA

- Intervista con l’arcivescovo di Bari Francesco Cacucci -

 

Stamane è arrivata una notizia molto attesa: Benedetto XVI si recherà a Bari nella mattina del 29 maggio, Solennità del Corpus Domini, per  la conclusione del 24° Congresso Eucaristico nazionale. Lo ha annunciato il direttore della Sala Stampa vaticana Joaquin Navarro-Valls. Il Congresso, che si aprirà sabato 21 maggio, si svolge sul tema “Senza la domenica non possiamo vivere”. Il Papa compirà dunque nella città pugliese il suo primo viaggio apostolico in Italia. Grande la gioia della Chiesa italiana e in particolare dell’arcivescovo di Bari-Bitonto, mons. Francesco Cacucci. Il presule è stato intervistato da Lucia Carbone Sarinelli:

 

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R. – E’ una grandissima gioia, perché sono risuonate le parole del Pontefice Benedetto XVI, quando il giorno dopo la sua elezione, nella celebrazione della Messa per la Chiesa universale, ha sottolineato come quest’anno il Corpus Domini deve essere celebrato in tutta la Chiesa con particolare solennità.

 

D. – Il 24.mo Congresso Eucaristico nazionale ha come tema centrale “Senza la domenica non possiamo vivere”, una frase dei martiri di Abitene… 

 

R. – “Senza la domenica non possiamo vivere”, perché furono scoperti a celebrare l’Eucaristia nel giorno di domenica presso la casa di un laico, di un certo Emerito. Allora vengono fatti prigionieri, condotti a Cartagine, l’attuale Tunisi, e lì interrogati dal giudice Anolino rispondono che loro portano la Sacra Scrittura nel cuore e che l’identità del cristiano è segnata dalla celebrazione domenicale, perché celebrazione di Gesù morto e risorto.

 

D. – Qual è il valore della domenica per il cristiano?

 

R. - Il valore di annuncio. Noi facciamo riferimento ad un evento del passato che è accaduto una volta per tutte, ma noi celebriamo oggi quell’evento attraverso il Sacramento dell’Eucaristia e guardiamo alla domenica senza tramonto.

 

D. – Giovanni Paolo II e l’Eucaristia, un rapporto molto intenso…

 

R. – Per Giovanni Paolo II l’Eucaristia è stato il culmine di tutto il suo cammino magisteriale. Ma vorrei ancora sottolineare che questo culmine del magistero di Giovanni Paolo II trova una continuità in quelle parole che Benedetto XVI ha rivolto proprio il 20 aprile scorso. L’Eucaristia resta il centro della vita del cristiano, ma diventa anche la fonte dell’unità dei cristiani.

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BENEDETTO XVI QUESTA MATTINA DI NUOVO IN VISITA

NEL SUO VECCHIO APPARTAMENTO IN PIAZZA DELLA CITTA’ LEONINA.

 POI RIVECE IN UDIENZA I CARDINALI GIOVANNI BATTISTA RE

E ALFONSO LOPEZ TRUJILLO E L’ARCIVESCOVO ANGELO AMATO

 

Benedetto XVI questa mattina, intorno alle 7.30, si è recato nuovamente in visita nel suo vecchio appartamento di piazza della Città Leonina, appena fuori dal Vaticano, dove alloggiava quando era cardinale. Poi a partire dalle 11.00  ha ricevuto in udienza nello Studio dell’Aula Paolo VI in Vaticano il cardinale Giovanni Battista Re, prefetto della Congregazione per i Vescovi, il cardinale Alfonso López Trujillo, presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia e l’arcivescovo Angelo Amato, segretario della Congregazione per la Dottrina della Fede.

 

   

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA ITALIANA CARLO AZEGLIO CIAMPI,

INSIEME ALLA MOGLIE FRANCA SI E' RECATO QUESTA MATTINA A PREGARE

SULLA TOMBA DI GIOVANNI PAOLO II NELLE GROTTE VATICANE

- Servizio di Sergio Centofanti -

 

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Il presidente Ciampi e la moglie Franca sono stati accolti dall'arciprete della Basilica  di San Pietro il cardinale  Francesco Marchisano e dall’arcivescovo Angelo Comastri, vicario generale del Papa per la Città del Vaticano.  La data odierna non è casuale: l’omaggio del presidente italiano ha  avuto luogo infatti nel giorno in cui era prevista la visita di Giovanni Paolo II  al Quirinale. Papa Wojtyla, a pochi giorni dalla conclusione del suo primo ricovero al Gemelli di quest’anno, aveva ricevuto il 16 febbraio l’invito di Ciampi a recarsi al Quirinale il 29 aprile, festa di Santa Caterina da Siena, Patrona d’Italia. Due giorni dopo la Sala Stampa vaticana rendeva noto che il Santo Padre accoglieva “volentieri il cortese invito” del capo dello Stato. Giovanni Paolo II aveva incontrato già 11 volte Ciampi in varie circostanze, ma mai al Quirinale: qui era già stato tre volte, accolto il 2 giugno 1984 da Sandro Pertini, il 18 gennaio 1986 da Francesco Cossiga e il 20 ottobre 1998 da Oscar Luigi Scalfaro.

 

In quest’ultima occasione il Papa ebbe a ricordare quando giovane sacerdote era a Roma per perfezionare gli studi accademici e abitava presso il Collegio Belga situato proprio in via del Quirinale al numero 26.  Erano gli anni tra il 1946 e il 1948. Poi il Signore – aveva detto nel suo discorso – “mi chiamò a diventare Successore di Pietro, legando per sempre con disegno misterioso la mia vita all’Italia”. L’ultimo incontro tra Giovanni Paolo II e Ciampi, uniti non solo dalla fede e da una cordiale amicizia, ma anche dall’anno di nascita, il 1920, è avvenuto il 16 gennaio di quest’anno, quando il Presidente italiano, accompagnato dalla moglie Franca, ha pranzato in Vaticano con il Papa.

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IL PAPA DEL DIALOGO CHE SI FA MISERICORDIA NELLA VERITA’:

L’ANIMA E L’AZIONE DI BENEDETTO XVI IN UN RITRATTO DI MONS. BRUNO FORTE

- Intervista con il presule -

 

“Uomo di fede profonda, Benedetto XVI è un uomo di frontiera, che sulla verità è pronto a incontrarsi con chiunque ne sia cercatore sincero e attento”. E’ una delle affermazioni che compongono l’affettuoso e ammirato ritratto del nuovo Pontefice fatto, in un suo scritto, dall’arcivescovo di Chieti-Vasto, Bruno Forte. Alessandro De Carolis ha chiesto al presule cosa lo colpisca di Benedetto XVI anzitutto come “servitore della verità”:

 

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R. – La convinzione profonda e forte che la verità non è un possesso dell’uomo, qualcosa di cui non possiamo disporre arbitrariamente, ma ci sovrasta, ci supera. Ad essa bisogna corrispondere con l’ascolto, l’obbedienza del cuore e la diaconia della verità come dice anche la Fides et Ratio. Credo che questo sia il punto chiave perché è il vero no al relativismo di chi pensa che la verità sia un prodotto a misura di ciascuno, quasi che ognuno possa costruirsi la sua verità. In realtà il relativismo è la sorgente di tutte le solitudini, di tutte le incomunicabilità. C’è invece una verità che ci trascende tutti e alla quale tutti siamo chiamati a corrispondere con ascolto ed obbedienza d’amore. Allora anche la nostra solitudine è vinta, la nostra comunione diventa possibile.

 

D. – Eppure l’affermazione di Benedetto XVI di una dittatura del relativismo in via di affermazione nel mondo ha suscitato molti commenti, anche critici. Come mai, secondo lei?

 

R. – Molti non hanno capito il no forte che l’attuale Papa ha detto – non da oggi – al relativismo. Non hanno capito perché c’è il malinteso che la tolleranza, il rispetto delle posizioni debba significare ammissione di un pluralismo di verità. In realtà chi ritiene così non aiuta l’uomo ad uscire dalle sue fragilità, dalla sua solitudine. Chi veramente ama gli altri non può non cercare di annunciare loro e di servire – come ha fatto appunto Joseph Ratzinger – la verità.

 

D. – Lei ha scritto: “Chi separasse in Ratzinger la verità dall’amore non avrebbe capito nulla di quest’uomo, della sua finezza intellettuale, della passione della sua vita, della misericordia e dell’attenzione agli altri di cui è dotato”. Questo ci porta a Benedetto XVI come al Papa della misericordia…

 

R. – Certo, e questo per due motivi fondamentali, uno oggettivo e uno soggettivo. Sul piano oggettivo: se la verità è riconosciuta in Gesù Cristo e Gesù Cristo è la rivelazione dell’infinito amore di Dio per gli uomini, allora è chiaro che servire la verità è servire l’amore, significa testimoniare la misericordia. E questo il teologo della profondità, della vastità di orizzonti e di cultura, che è Joseph Ratzinger, lo sa bene. Accanto a questo motivo oggettivo, c’è una esperienza soggettiva. Non dobbiamo dimenticare che Joseph Ratzinger ha attraversato gran parte del secolo da poco concluso. Ha conosciuto la tragedia della guerra, le sofferenze anche di un giovane che veniva forzatamente arruolato nell’esercito tedesco. Ha conosciuto le privazioni del dopo guerra. E’ stato il testimone della primavera del Concilio. E’ stato anche il teologo che ha vissuto le sofferenze del post Concilio, lì dove alcuni fraintendendo il messaggio conciliare tendevano a strumentalizzarlo in un senso riduttivo rispetto alla trascendenza e la sovranità della verità. Tutto questo ha portato sempre di più il testimone Joseph Ratzinger a ritrovare come centro e cuore del suo impegno per gli altri la misericordia e l’amore. In altre parole, Ratzinger non serve la verità contro qualcuno, egli la serve per amore degli uomini.

 

D. – Possiamo dire quindi,in un momento in cui tanti parlano di stemmi e di motti papali, che “fare la verità nella carità” sia una linea d’azione di questo Pontificato…

 

R. – Direi proprio di sì. Direi che quel cooperatores veritatis, motto episcopale di Jospeh Ratzinger, è inseparabile dell’essere cooperatores charitatis. D’altra parte lo ha sintetizzato in una formula potente proprio nello straordinario discorso della Messa d’inaugurazione del suo ministero, quando ha detto: “Chi crede non è mai solo, in vita come in morte”. Questa è la buona novella che Gesù è venuto ad annunciarci. Il successore di Pietro, Benedetto XVI, nella sequela di Gesù che lo ha chiamato dicendo “tu, seguimi”, sarà testimone della verità nell’amore.

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

Apre la prima pagina l'Iraq con un articolo dal titolo "Il cammino verso la democrazia segnato dalle violenze": ondata di attacchi all'indomani della formazione del nuovo Governo.

 

Nelle vaticane, la Chiesa in preghiera per Benedetto XVI.

 

Nelle estere, l'intervento della Delegazione della Santa Sede circa il progetto di Convenzione sulla promozione della diversità dei contenuti culturali e delle espressioni artistiche, in occasione dell'Assemblea plenaria del Consiglio esecutivo dell'Unesco.

L'intervento della Santa Sede durante l' XI Congresso delle Nazioni Unite sulla prevenzione dei crimini e la giustizia penale.

 

Nella pagina culturale, in merito al film televisivo su Alcide De Gasperi un articolo di Franco Patruno dal titolo "La coscienza di una speranza non vana".

 

Nelle pagine italiane, in primo piano la legge elettorale.

In rilievo il tema delle carceri.

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

29 aprile 2005

 

ESCALATION DI VIOLENZA IN IRAQ, ALL’INDOMANI DELLA FORMAZIONE

DEL NUOVO GOVERNO: ALMENO 20 MORTI E DECINE DI FERITI

IN UNA SERIE DI ATTENTATI A BAGHDAD E MADAEN.

IL TERRORISTA AL ZARQAWI TORNA A MINACCIARE GLI STATI UNITI

- Ai nostri microfoni l’arcivescovo Louis Sako -

 

Speranza e paura si alternano in Iraq: ieri, con una maggioranza schiacciante, l’Assemblea nazionale ha votato la fiducia al nuovo governo iracheno, ma nella lista di 37 ministri presentata dal premier Ibrahim Jaafari alcuni incarichi sono ancora da assegnare. Una parte della minoranza sunnita  ha infatti deciso all’ultimo momento di chiamarsi fuori. La giornata di oggi è invece segnata da una drammatica escalation di violenza: sette autobomba sono esplose stamattina a Baghdad e nella vicina Madaen, uccidendo in totale almeno 20 persone e ferendone una settantina, secondo un bilancio fornito da fonti della sicurezza irachene. Intanto, il luogotenente di Al Qaida in Iraq, al Zarqawi - in un messaggio audio pubblicato oggi su internet - ha dichiarato che continueranno gli attacchi suicidi contro le forze americane in Iraq e che il presidente Bush “non avrà pace” in Iraq. Sulla formazione del nuovo governo iracheno e il perseverare delle violenze nel Paese, ascoltiamo il commento di mons. Louis Sako, arcivescovo di Kirkuk, raggiunto telefonicamente nel nord dell’Iraq da Alessandro Gisotti:

 

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R. – Noi tutti abbiamo aspettato con tanta pazienza la formazione del governo. Abbiamo seguito tutta la discussione: una discussione democratica. Anche due deputati cristiani all’Assemblea nazionale hanno parlato, hanno detto che noi cristiani abbiamo soltanto un ministro, mentre abbiamo diritto ad averne due! Veramente, siamo in una fase democratica che l’Iraq non ha mai conosciuto! C’è un miglioramento; bisogna anche preparare la gente ad accettare questo ‘fenomeno’, ad abituarsi al nuovo ... La settimana scorsa, noi tutti vescovi cattolici abbiamo incontrato il presidente della Repubblica che è stato molto, molto contento. Finora, nell’antica Costituzione, i cristiani erano tollerati; adesso, questo termine non c’è più: siamo concittadini a pari titolo!

 

D. – Mons. Sako, da una parte c’è la formazione del governo che induce alla speranza, però ci sono ancora molti atti di violenza in alcune zone dell’Iraq, quindi c’è ancora un problema di sicurezza?

 

R. – Questo è certo! Comunque, adesso ci sono più soldati, poliziotti ... ci sono tutti questi terroristi entrati in Iraq dai Paesi limitrofi, fondamentalisti musulmani e membri del partito Baath, che disturbano. Ma non si può paragonare alla situazione di tre, quattro mesi fa ...

 

D. – In questa fase della storia dell’Iraq, una storia piena di sofferenze, come si pongono i cristiani, come vivono questo momento?

 

R. – Anche durante la riunione della Conferenza episcopale cattolica a Baghdad, abbiamo parlato della presenza cristiana. Adesso bisogna preparare una lista unica per le prossime elezioni, dialogare con tutti i partiti, iniziare un dialogo con il governo. Tutto è aperto, ma tocca alla Chiesa, all’episcopato essere realista e preparare con calma e con coraggio il futuro.

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IL TOGO SULL’ORLO DELLA GUERRA CIVILE:

DIFFICILE UNA SOLUZIONE DELLA CRISI,

SENZA L’AIUTO DEI PAESI VICINI

- Con noi il nunzio apostolico, mons. Pierre Nguyên Van Tot -

 

Dopo un’altra notte di violenze – che ha visto il saccheggio del Goethe Institut a Lomè – il Togo vede ancora lontana la soluzione della crisi. L’opposizione ha chiesto l’annullamento del voto di domenica, ed il suo candidato, Akitani Bob, si è già autoproclamato presidente. Il rischio di guerra civile, dunque, non è ancora scongiurato, e migliaia di civili continuano a fuggire nel vicino Benin. Al microfono di Andrea Sarubbi, il nunzio apostolico, l’arcivescovo Pierre Nguyên Van Tot, conferma la drammaticità della situazione:

 

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R. – I Paesi dell’Africa dell’Ovest avevano mandato 150 osservatori e hanno dichiarato che le elezioni sono state pacifiche e giuste, ma non so se le cose sono andate così realmente. Quindi, adesso solo la Nigeria preme un po’ per la concordia, ma non vedo cosa facciano altri Paesi. Vorrei che questa Organizzazione dell’Africa dell’Ovest faccia qualcosa perché le due parti si mettano d’accordo.

 

D. – Eccellenza, si dice che anche la Chiesa cattolica sia finita nel mirino del governo ...

 

R. – C’è un po’ di contrasto, sì. Nell’insieme, il governo non apprezza molto alcuni ecclesiastici, penso li considerino parte dell’opposizione. Non sono stati uccisi né malmenati, ma penso che subiscano molte minacce.

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OGGI LA CHIESA CELEBRA LA FESTA DI SANTA CATERINA DA SIENA

PATRONA D’ITALIA E D’EUROPA

- Intervista con la prof.ssa Palmira Ponsella -

 

Oggi, 29 aprile, la Chiesa celebra la festa di Santa Caterina da Siena, vergine e dottore della Chiesa, compatrona d’Italia e d’Europa. Una donna straordinaria vissuta nel 1300, analfabeta per quasi tutta la vita, ma che sapeva richiamare con forza Papi e sovrani a seguire con fedeltà Cristo. E’ anche grazie a lei che i Pontefici lasceranno la città francese di Avignone per tornare a Roma. Caterina  definiva  il Papa come il “dolce Cristo in terra”.  Sulla figura di Caterina da Siena Giovanni Peduto ha sentito la professoressa Palmira Ponsella, delle Missionarie della scuola, una Congregazione domenicana fondata nel 1917 dalla serva di Dio Luigia Tincani e particolarmente legata a questa santa, per cui ha fondato il Centro nazionale di studi cateriniani:

 

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R. –  Caterina era una figlia di Siena. Nasce infatti nel popoloso quartiere di Frontebranda, il 25 marzo del 1347, penultima di 25 figli. Una figlia d’Italia, che desiderava vedere pacificata e ben governata da buoni “rettori” della cosa pubblica. Insegnava ai suoi discepoli: “Se sarete quello che dovete essere, metterete fuoco in tutta Italia”. E, ancora, una figlia della Chiesa, terziaria domenicana. Per la santità e unità della Chiesa ha faticato ed offerto la propria vita. Nella Roma di Pietro, il “dolce Cristo in terra”, dove ha riportato il suo successore Gregorio XI, Caterina muore il 29 aprile 1380.

 

D. – Qual è stata la sua santità?

 

R. – La sua santità consiste nella scoperta del suo essere creatura di fronte al creatore o niente di fronte al tutto di Dio amore. Si esprime nell’adorazione e nella carità appassionata per Dio e per i fratelli. Dio – come la Santa scrive nel dialogo – le chiede: “Figliola, questo voglio che cerchi: di piacere a me, Verità, nella fame della salute delle anime con ogni sollecitudine”. Santa Caterina ha una speciale spiritualità, luminosa e semplice, ma ardente e feconda che affascinava e trasformava le persone che avvicinava.

 

D. – Per quasi tutta la vita è stata analfabeta. Come mai è stata proclamata dottore della Chiesa?

 

R. – Quasi analfabeta sì, è vero, ma Caterina è ricca di eccezionali doti di natura e di straordinari doni di grazia. Lo dimostrano i suoi scritti che rivelano una sapienza sovrannaturale ricevuta direttamente da Dio e acquisita dalla predicazione domenicana, da lei assiduamente frequentata. Accenno soltanto al Dialogo, frutto della piena maturità spirituale e dottrinale di Caterina, che è in qualche modo la summa del suo pensiero teologico.

 

D. – Inviava lettere di fuoco a Papi e sovrani: Santa Caterina era una donna fuori dal comune per quei tempi…

 

R. – Certamente, Caterina fu una donna eccezionale nelle sue scelte e nella sua capacità di relazionarsi anche con persone di livello sociale superiore al suo: si pensi ai Papi Gregorio XI e Urbano VI, a Giovanna, Regina di Napoli, al Re di Francia, Carlo V. Il dono profetico ricevuto dallo Spirito e la schiettezza del suo carattere la muovono a prendere iniziative sorprendenti, al fine di trasmettere la volontà di Dio a chiunque e in ogni situazione. Il bisogno di comunicare la verità di Dio si esprime con il suo imperativo: “Io voglio”.

 

D. – Cosa viene a dire a noi cristiani, oggi, Santa Caterina?

 

R. – Caterina è di un’attualità straordinaria e ha un grande messaggio per noi oggi. Ci insegna che è possibile essere anime adoratrici pur lavorando nel mondo. Anche noi possiamo imparare ad abitare nella “cella del cuore” - come si esprimeva - unite intimamente a Dio, senza estraniarci dai problemi del mondo.

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60 ANNI FA, AVVENIVA LA LIBERAZIONE DEL CAMPO DI CONCENTRAMENTO DI DACHAU

- Intervista con il prof. Brunello Mantelli -

 

Si ricorda oggi il 60.mo anniversario della liberazione del campo di concentramento di Dachau, per opera dei soldati americani. Il campo, situato a poche decine di chilometri da Monaco di Baviera, venne istituito il 21 marzo del 1933 per accogliere, inizialmente, gli oppositori politici del regime. Dachau fu il primo campo nato ufficialmente dall’iniziativa delle autorità pubbliche dello Stato nazista e servì a formare i primi esperti di gestione dei prigionieri che successivamente operarono presso gli altri campi. Nei 12 anni della sua esistenza, furono oltre 200mila i detenuti registrati e circa 45mila i decessi. Furono vittime del terrore delle SS, morirono di fame, di freddo, di incidenti avvenuti durante il lavoro forzato, di malattie o di epidemie. Il 29 aprile 1945 gli americani contarono oltre 30mila persone, più altre 35mila presenti nei distaccamenti. Ma per inquadrare le caratteristiche di quel contesto ascoltiamo il prof. Brunello Mantelli, docente di Storia contemporanea presso l’Università di Torino, al microfono di Eugenio Bonanata:

 

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R. – Siamo in una fase, dal 1933 al 1936, in cui i campi di concentramento erano destinati unicamente agli oppositori politici, ed erano campi da cui si poteva anche uscire, magari dopo un certo periodo, sempre sotto sorveglianza. Dal ’36, poi, il campo cambia natura, nel senso che oltre all’oppositore politico viene trasportato in campo anche – diciamo – il deviante sociale, il marginale, il disoccupato, la persona senza fissa dimora, la prostituta ... quindi, soggetti che sono considerati socialmente, non politicamente, devianti. Poi, con il ’39, nel sistema dei campi vanno persone provenienti da tutti i Paesi occupati dell’Europa.

 

D. – Cosa trovarono in quel campo gli americani, al momento del loro arrivo?

 

R. – Bè, il problema appunto è: cos’era diventato Dachau. Con l’andare del tempo, il numero dei campi aumenta in modo esponenziale: dal ’41, ’42 in avanti i campi diventano un’importante riserva di mano d’opera legato all’andamento dell’economia di guerra, e quindi nel momento in cui – in questo caso gli americani, per quanto riguarda Dachau – arrivano, trovano un campo sovraffollato nel quale ci sono ancora un numero di tedeschi o austriaci antinazisti, trovano stranieri, trovano anche ebrei che sono stati spostati a Dachau dagli altri campi oppure che arrivano dall’Ungheria ...

 

D. – Dal processo di Norimberga, le diverse testimonianze rese dai sopravvissuti. Ma qual è il valore di questi documenti in relazione al revisionismo storico che, invece, tende a rimetterli in qualche modo in discussione?

 

R. – Se il punto di vista è quello dei “negazionisti”, sono quelli che negano l’esistenza dei fatti, cioè sono quelli che dicono: “Non è vero che sono morti sei milioni di ebrei”: questi semplicemente mentono sapendo di mentire. Non abbiamo solo le testimonianze, abbiamo anche un’enorme documentazione scritta, insomma. Abbiamo i processi ufficiali, non solo Norimberga, ma anche quelli che ci sono stati dopo. Altro discorso può essere quello di chi in qualche modo tende a fare un discorso più complesso dicendo che i campi di concentramento non l’ha inventati il Terzo Reich: questo è assolutamente vero! I campi di concentramento, purtroppo, sono esistiti prima del Terzo Reich in regimi diversi. D’altro canto, è vero che è opportuna una comparazione: quello che fa la differenza è l’esistenza di campi adibiti allo sterminio puro e semplice. Nel senso che la camera a gas di Auschwitz, di Treblinka, di Bergen-Belsen, di Chelmno è ciò che distingue il sistema concentrazionale staliniano da quello nazista. Cioè: la comparazione si deve fare! Per rimarcare, sì, le somiglianze, ma anche le differenze! Se facciamo questa operazione qui, stiamo dentro alla ricerca storica.

 

D. – Qual è allora il significato del commemorare una data?

 

R. – Il problema della commemorazione ha a che fare con la memoria pubblica. Ciò detto, io credo che sia ragionevole la commemorazione: siamo in un difficile crinale, siamo in un momento in cui purtroppo – ma per ovvi motivi biologici – il numero dei testimoni sta diminuendo in modo esponenziale. E poi, io credo che sia importante come elemento di comprensione della qualità specifica della Seconda Guerra mondiale, che non fu una guerra come altre, in quanto l’obiettivo non era soltanto quello di occupare e conquistare territori, ma era anche quello di stravolgere – diciamo – la “qualità umana”, il tessuto demografico umano e sociale dei territori occupati da parte delle potenze dell’Asse!

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DOMANI SERA NELLA CHIESA DI SANT’IGNAZIO A ROMA SARA’ ESEGUITA

LA MESSA DA REQUIEM DI VERDI IN MEMORIA DI NICOLA CALIPARI

- Intervista con Hans-Albert Courtial -

 

In memoria di Nicola Calipari sarà eseguita domani sera alle ore 21, con ingresso libero, la “Messa da Requiem” di Giuseppe Verdi nella Chiesa di Sant’Ignazio a Roma. Heiko Mathias Förster dirige l’Orchestra Sinfonica Slovacca di Bratislava e il Coro Lirico Sinfonico Romano. Il servizio è di Luca Pellegrini:

 

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(musica)

 

Più che il rumore delle nostre parole, è la musica sacra che riesce ad esprimere i nostri sentimenti di pietà e di condivisione del dolore. E’ la musica a farsi interprete della nostra speranza, omaggio per un gesto nobile e generoso, preghiera di suffragio, accorata invocazione. La Fondazione Pro Musica e Arte Sacra dedica la poderosa “Messa da Requiem” di Giuseppe Verdi alla memoria di un valoroso italiano dei nostri tempi, Nicola Calipari, che nell’insanguinata terra dell’Iraq ha terminato i suoi giorni nel generoso servizio allo Stato e all’umanità. Per queste ragioni nella Chiesa romana di Sant’Ignazio saranno presenti le istituzioni civili, le autorità militari, colleghi ed amici, per ricordare un uomo e la sua vita con il silenzioso ascolto della Messa verdiana, la quale racchiude in sé il giudizio, la misericordia e la beatitudine. Il dott. Hans-Albert Courtial, Presidente della Fondazione, spiega ai nostri microfoni come nasce l’idea di offrire alla cittadinanza romana il capolavoro sacro di Verdi dedicandolo a Nicola Calipari.

 

“L’idea nasce per dimostrare la nostra gratitudine da parte della nostra Fondazione per quest’uomo, ringraziandolo con questo concerto per lo straordinario contributo che ha dato alla nostra Patria”.

 

Musica per lenire il dolore, musica per nutrire lo spirito. Sono anche queste le finalità della serata?

 

“Tramite la musica, e soprattutto tramite la musica sacra, vogliamo portare questa musica nelle basiliche e nelle chiese di Roma e dare un contributo perché la gente trovi un momento di meditazione e spiritualità e apra i suoi cuori e le sue menti al Signore”.

 

(musica)

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CHIESA E SOCIETA’

29 aprile 2005

 

 

PREOCCUPAZIONE DELLA CHIESA SRILANKESE PER IL DOCUMENTO ANTI-CONVERSIONI  PRESTO ALL’ESAME DEL PARLAMENTO: “E’ A RISCHIO LA LIBERTA’ DI COSCIENZA”

 

COLOMBO. = Le diverse comunità cristiane in Sri Lanka, e fra loro la Chiesa cattolica, sono seriamente preoccupate per il documento anti-conversioni all’esame del Parlamento nazionale nei prossimi giorni. Il provvedimento, se approvato, modificherà radicalmente il comportamento e i rapporti fra le comunità religiose nel Paese, minacciando la libertà di coscienza e di religione e i diritti umani, come spiega all’agenzia di stampa vaticana “Fides” una fonte nella Chiesa locale.
In pratica, la legge rende illegale la conversione personale da una religione all’altra in ogni circostanza considerata “non etica” e illegale e prevede pene pesanti come la multa di 500 mila rupie, ovvero, 5 mila dollari e il carcere fino a 7 anni. La discrezionalità viene lasciata a un magistrato che dovrebbe decidere se il cambio di religione sia avvenuto attraverso l’inganno e il proselitismo. E proprio questo concetto di proselitismo preoccupa molto la Chiesa locale: così infatti viene definita anche la pura attività di carità o di solidarietà svolta da sacerdoti, religiosi, fedeli laici, istituti cattolici e organizzazioni non governative d’ispirazione cristiana. Il provvedimento era stato proposto lo scorso anno da 9 monaci buddisti del partito fondamentalista “Jathika Hela Urumaya” e respinto dalla Corte Suprema dello Sri Lanka, perché definito “incostituzionale” in alcune sue parti. Tuttavia, ripresentato ultimamente in Parlamento senza modifiche sostanziali, il governo del Paese e la sua presidente, Chandrika Kumaratunga, hanno lasciato la libertà di coscienza nel voto. Secondo gli osservatori, la presidente non ha voluto inimicarsi i partiti buddisti per opportunità politica, ma ciò significa che, con molta probabilità, il provvedimento verrà approvato, dato che l’80 per cento dei parlamentari professa la religione buddista. (R.M.)

 

 

LA FALSA SOLUZIONE DI UN PROBLEMA REALE”: È IL TITOLO DEL DOCUMENTO

PUBBLICATO OGGI DALLA CONFERENZA EPISCOPALE SVIZZERA SUL REFERENDUM

DEL 5 GIUGNO PROSSIMO RELATIVO AL RICONOSCIMENTO GIURIDICO

DELLE COPPIE OMOSESSUALI NEL PAESE DEL 5 GIUGNO PROSSIMO

 

FRIBURGO. = La posizione della Conferenza episcopale svizzera sul referendum del 5 giugno prossimo, relativo al riconoscimento giuridico delle coppie omosessuali nel Paese, è molto chiara: qualsiasi discriminazione deve essere abolita, ma, allo stesso tempo, non è possibile ammettere la parità delle unioni omosessuali con quelle matrimoniali. In un documento pubblicato oggi, dal titolo “La falsa soluzione di un problema reale”, i vescovi sottolineano come il progetto di legge non protegga abbastanza l’istituzione del matrimonio e sia molto problematico dal punto di vista sociale: “esso privilegia infatti, senza una ragione evidente, un gruppo di persone rispetto a un altro, poiché il modello di unione registrato, pur avendo alcune disposizioni restrittive, ricalca da vicino l’istituzione del matrimonio”. Le unioni omosessuali “non hanno inoltre la stessa funzione sociale della coppia e della famiglia”, che “garantiscono la sopravvivenza dello Stato, dando vita a nuove generazioni” e che, pertanto, “devono essere sostenute e privilegiate dalla legge”. (R.M.)

 

 

“IN CILE, L’EQUITA’ E LA GLOBALIZZAZIONE DELLA SOLIDARIETÀ CONTINUANO

AD ATTENDERE RISPOSTE”: COSI’, LA CONFERENZA EPISCOPALE DEL PAESE

AL TERMINE DELLA SUA 89.MA ASSEMBLEA PLENARIA

 

SANTIAGO DEL CILE. = La Conferenza episcopale cilena, a conclusione della sua 89.ma Assemblea plenaria, svoltasi nei giorni scorsi a Punta di Tralca, ha stilato una dichiarazione intitolata “Abbiamo visto il Signore”, ispirandosi al racconto evangelico dei Discepoli di Emmaus. Il documento, che raccoglie riflessioni, preoccupazioni e speranze per il popolo cileno, è articolato in 3 capitoli: “Tempo di Pasqua”; “Mentre parlavano, Gesù stesso si avvicinò e proseguì con loro”; “Resta con noi Signore”. I vescovi sottolineano, da una parte, alcuni segni vigorosi di vita nella realtà del popolo cileno, ovvero, maggiore accesso alla giustizia, accordi che sembravano impossibili, crescita economica e sviluppo strutturale, più equità nell’educazione. D’altra parte, però, rammentando la voce profetica di Giovanni Paolo II, c’è “preoccupazione per i fratelli e le sorelle che soffrono l’ingiustizia di un salario o di una pensione insufficienti, gli effetti di una povertà persistente”. “Nel nostro Paese – proseguono – le differenze sociali, rese evidenti dalla qualità delle case, dall’accesso ai beni di consumo, dalla sanità, dall’educazione, dagli stipendi, raggiungono livelli scandalosi, mentre l’equità e la globalizzazione della solidarietà continuano ad essere una sfida che ancora attende risposte urgenti”. I vescovi sollecitano poi a incentivare i programmi orientati a superare la povertà e a instaurare percorsi di maggiore equità.  Ed è proprio l’Eucaristia, celebrata nella comunità, che sprona verso un impegno attivo nell’edificazione di una società più equa e fraterna. (R.M.)

 

 

AL VARO, NELLE FILIPPINE, UNA LEGGE SUL CONTROLLO DELLE NASCITE

 

MANILA. = Il censimento degli abitanti “a rischio” fertilità, incentivi statali alle coppie che decidono di non avere più di 2 figli, sussidi a quelle che hanno già 2 figli purché non incrementino la prole, pene pecuniarie e carcere per chi si oppone alle misure di controllo demografico: sono alcune delle azioni previste dal “Decreto per la paternità responsabile e il controllo della popolazione”, noto come “legge sui 2 figli” o “Lingtas Buntis”, approvato in via preliminare da una Commissione parlamentare nelle Filippine. La legge, che potrebbe entrare in vigore entro pochi mesi, propone “cure per la salute riproduttiva” in termini di  “disponibilità e accesso a una completa gamma di metodi, tecniche e servizi che contribuiscono alla salute sessuale e riproduttiva, inclusi informazione e servizi sulla pianificazione familiare”. Agenzie ONU e gruppi a favore dell’aborto affermano che in questi termini sia incluso anche l’aborto, mentre la nuova legge ribadisce che questa pratica “continuerà a essere penalizzata” dallo Stato. La proposta prevede inoltre l’educazione sessuale obbligatoria nelle scuole elementari e medie, in tema di “salute riproduttiva, diritti sessuali e ruoli dei sessi”. La Chiesa cattolica secondo il progetto di legge non è esclusa da quest’obbligo e neanche da quello, richiesto a tutti i datori di lavoro, di fornire in modo gratuito “servizi per la salute riproduttiva per i lavoratori”, tra cui anche la sterilizzazione volontaria. Chi “limiterà o rifiuterà” di fornire i servizi descritti rischia fino a 6 mesi di carcere. (R.M.)

 

 

UNA SERIE DI VOLUMI SU GIOVANNI PAOLO II RIPRESENTATI AL PUBBLICO

PER INIZIATIVA DELL’OPERA ROMANA PELLEGRINAGGI

- A cura di Giovanni Peduto -

 

ROMA.  = L’Opera Romana Pellegrinaggi apre una serie di incontri sulle più recenti opere letterarie dedicate al Santo Padre Giovanni Paolo II e ai problemi della Chiesa dai giornalisti vaticanisti italiani. Il ciclo inizia lunedì 2 maggio con il volume di Fabio Zavattaro “I Santi e Karol”. Nel giorno delle sue esequie, la folla lo ha più volte acclamato “santo”. Da più parti si sono elevati appelli e testimonianze affinché vengano riconosciute le virtù eroiche di Giovanni Paolo II. Ma quale era il pensiero di Karol Wojtyla nei confronti delle beatificazioni e delle canonizzazioni? Quali le novità introdotte nel corso del suo Pontificato su questo tema così discusso e delicato? A queste e ad altre domande cercheranno di rispondere lunedì 2 maggio il cardinale José Saraiva Martins, prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, il vescovo Renato Boccardo, segretario generale dello Stato della Città del Vaticano, e il professor Augusto D’Angelo, dell’Università La Sapienza di Roma, nel corso della presentazione del nuovo libro del vaticanista RAI, Fabio Zavattaro, “I Santi e Karol. Il nuovo volto della santità”. Nel libro, delle Edizioni Ancora, l’autore affronta la peculiarità del Pontificato di Giovanni Paolo II, caratterizzato dalla proclamazione di 1338 beati e 482 santi. Una decisa accelerazione dei processi di beatificazione e canonizzazione, che ha rappresentato uno degli aspetti più significativi del lungo Pontificato di Wojtyla. Il dibattito, moderato da Giuseppe De Carli, volto noto della RAI per le dirette televisive dal Vaticano, si terrà a partire dalle ore 18.30 presso la sede dell’Opera Romana Pellegrinaggi in via della Pigna. Nei prossimi mesi saranno ospitati, tra gli altri, il giornalista RAI, Giuseppe De Carli e la vaticanista dell’ANSA, Elisa Pinna.

 

 

GRANDE FESTA, IERI, NELLE COMUNITA’ CATTOLICHE DEL PACIFICO

PER RICORDARE SAN PIETRO CHANEL,

PRIMO MARTIRE E PATRONO DELLA CHIESA IN OCEANIA

 

WELLINGTON. = Ieri, la chiesa neozelandese e tutte le comunità cattoliche dell’Oceania hanno celebrato San Pietro Chanel, religioso francese dei missionari Maristi, martirizzato in Oceania nel 1841 e considerato uno dei padri della Chiesa nell’area del Pacifico. Per ricordarlo, in Nuova Zelanda i Maristi hanno lanciato diverse iniziative nelle scuole, missioni e istituti che oggi gestiscono. Per far conoscere la storia della sua vita è stata anche lanciata una nuova sezione sul sito Internet dell’Istituto, consultabile al www.maristpacific.org/peterchanel. Chanel partì alla volta dell’Oceania nel 1837, senza un’idea ben chiara di dove stabilirsi: il mandato che aveva ricevuto era quello di individuare un luogo idoneo dove fondare una missione. Il giovane Pietro si stabilì nell’isola di Futura, a Nord delle Figji, imparò la lingua, conobbe i costumi locali, fece amicizia con la popolazione locale, cominciò ad annunciare il Vangelo. Ma i capi delle tribù locali non vedevano di buon occhio la sua attività perché pensavano che la nuova religione potesse sconvolgere le loro tradizioni. Quando il figlio del re dell’isola chiese di essere battezzato, il re, per vendetta, fece uccidere il missionario. Dopo la sua morte, in pochissimo tempo tutta la popolazione dell’isola si convertì al cristianesimo. Pietro Chanel fu proclamato beato nel 1889 e santo, da Papa Pio XII, nel 1954. E’ riconosciuto come protomartire dell’Oceania e Santo Patrono di questa regione. Oggi i religiosi Maristi, nel ramo maschile e femminile, continuano la loro missione nel Pacifico, in tre province: Australia, Nuova Zelanda, Isole. Agli inizi degli anni ‘50 un gruppo di missionari si è spostato dall’Australia in Giappone per assistere la popolazione nella ricostruzione post bellica, fondando una missione nel Paese. (R.M.)

 

 

CORO DI PROTESTE IN PAKISTAN CONTRO LA DECISIONE GOVERNATIVA

DI REINSERIRE LA VOCE “RELIGIONE” SUI PASSAPORTI

 

FAISALABAD.= Ha suscitato molte polemiche in Pakistan la decisione governativa di reinserire la voce “religione” sui passaporti. Lo scorso 25 aprile, nella diocesi di Faisalabad, il Centro per lo sviluppo umano (HDC) e l’Alleanza delle minoranze pakistane (APMA) hanno affermato, in una conferenza stampa congiunta: “Le minoranze religiose del Pakistan rigettano con forza la decisione governativa sui passaporti”. Secondo il direttore dell’HDC, la presenza della voce “religione” è ingiusta e conduce soltanto verso il settarismo sociale: il passaporto dovrebbe essere invece un documento uguale per tutti. Dello stesso parere è anche Shahbaz Batti, presidente dell’APMA, secondo il quale il reinserimento della dicitura avrebbe creato “un forte senso di insicurezza e di sconforto” nella popolazione. “Questa è una decisione infelice e contraria a ogni logica, ragione o norma civile – afferma – che mostra solamente come il governo abbia ceduto, ancora una volta, alle pressioni degli estremisti religiosi”. L’HDC e l’APMA hanno annunciato infine il lancio di una campagna di protesta che “verrà presentata a tutti i membri del Parlamento nazionale e in tutte le Assemblee provinciali del Pakistan”. (M.V.S.)

 

 

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24 ORE NEL MONDO

29 aprile 2005

 

 

- A cura di Eugenio Bonanata ed Alessandro Gisotti -

 

La Russia in prima linea per la pace in Medio Oriente: è l’impegno preso dal presidente russo, Vladimir Putin, che stamani ha incontrato in Cisgiordania il presidente palestinese Abu Mazen. Il capo del Cremlino ha assicurato aiuti per ricostruire le infrastrutture e mantenere l’ordine a Gaza, dopo il ritiro israeliano. Da Ramallah, Francesca Fraccaroli:

        

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I palestinesi sono impegnati a raggiungere una pace definitiva con lo Stato d’Israele e guardano con favore ad una conferenza di pace internazionale, come proposto dalla Russia. Lo ha affermato il presidente palestinese, Abu Mazen, al termine dell’incontro avuto con Vladimir Putin, nel suo ufficio di Ramallah, in Cisgiordania. Il leader dell’Autorità nazionale ha aggiunto che è pronto a coordinarsi con Israele sul ritiro da Gaza, in modo da far rientrare il piano unilaterale di Ariel Sharon nella road map. Da parte sua Putin ha ribadito i rapporti stretti fra Russia e palestinesi, ma ha sottolineato che bisogna lavorare per creare condizioni di fiducia reciproca fra le due parti. Non è chiaro se Mosca fornirà, come aveva promesso, mezzi blindati ed elicotteri ai palestinesi. Il presidente russo è stato molto cauto durante l’incontro con i giornalisti e vago sulla convocazione della conferenza internazionale, già bocciata da Israele e Stati Uniti. Il leader russo, intenzionato a ritagliarsi un ruolo da protagonista in Medio Oriente, ha dovuto prendere atto della complessità di un conflitto, in cui, peraltro, gli Stati Uniti vogliono rimanere gli unici mediatori.

 

Da Ramallah, per la Radio Vaticana, Francesca Fraccaroli.

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Ancora in Medio Oriente: è giunta ieri in Libano la missione dell’Onu che dovrà accertare l’avvenuto ritiro delle truppe siriane dal Paese, dopo 29 anni di occupazione. Intanto, a Beirut, un altro team dell’Onu ha incontrato i funzionari dei ministeri degli Esteri e della Giustizia per istruire l’inchiesta sull’uccisione dell’ex premier libanese, Rafiq Hariri, avvenuta lo scorso 14 febbraio. Dal canto suo, la stampa libanese riferisce che mercoledì prossimo il presidente siriano Bashar al-Assad riceverà a Damasco il nuovo premier libanese Najib Miqati, con il quale discuterà delle modalità  per “correggere le relazioni libano-siriano”.

 

Washington e Mosca concordano sull’urgenza della questione nucleare iraniana. Ne è convinto George W. Bush, secondo cui, nonostante la Russia abbia contribuito allo sviluppo del programma atomico di Teheran, anche Vladimir Putin considera inaffidabile un regime degli ayatollah dotato di armi nucleari. Tuttavia, il capo del Cremlino ha ribadito che la Russia continuerà a costruire il primo reattore nucleare iraniano, nonostante l’opposizione di Washington e di Israele.

 

Storico incontro oggi a Pechino tra il presidente cinese Hu Jintao e il leader nazionalista di Taiwan, Lien Chan. E’ la prima volta, dopo oltre mezzo secolo, che si svolge un incontro a questi livelli, dopo la lunga guerra civile tra i nazionalisti di Ciang Kai-Shek e i comunisti di Mao. Ma l’evento odierno potrebbe rendere ancora più difficoltosi i rapporti tra Pechino e Taipei, come ci spiega Bernardo Cervellera:

 

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L’incontro è avvenuto nella grande Sala del Popolo, in un’atmosfera di grande ufficialità. Ma lo storico incontro rischia di dividere ancora di più Pechino e Taipei. In marzo, Hu Jintao ha varato la legge antisecessione che approva l’uso della forza militare contro Taiwan se dichiarerà l’indipendenza. Il risalto dato alla visita dai media cinesi mostra più l’interesse di Pechino ad indebolire la leadership del presidente Chen Shui-Bian più vicino ai movimenti indipendentisti. Per Lien, la visita è un tentativo di risalire la china degli insuccessi elettorali degli ultimi anni: regalando a Hu Jintao delle cassette di frutta, spera di migliorare l’esportazione di prodotti agricoli taiwanesi in Cina e guadagnare i voti degli agricoltori. Nei mesi scorsi Europa, Stati Uniti e Giappone hanno espresso preoccupazione per la tensione nello Stretto, provocando le ire di Pechino che considera la questione Taiwan un problema interno. La visita inaugura un nuovo modo di trattare il problema Taiwan, come un rapporto tra partiti e non tra governi, e lo riduce ancora una volta ad un problema locale.

 

Per la Radio Vaticana, Bernardo Cervellera.

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Continuano le manifestazioni di piazza in Nicaragua, innescate dall’aumento delle tariffe dei trasporti pubblici. Ieri alcuni scontri tra studenti e polizia si sono registrati nella capitale Managua. Intanto, il presidente, Enrique Bolanos, ha accettato di aprire un dialogo con i settori  sociali che da giorni paralizzano la città.

 

Sarà raddoppiato il contingente di pace in Darfur, la regione del Sudan occidentale in preda a una sanguinosa guerra civile. E’ la decisione presa ieri dall’Unione Africana che ha deciso di raddoppiare da 3 mila a oltre 7 mila le unità presenti nel Paese. Intanto, ieri, il segretario generale della Nato, Jaap de Hoop Scheffer, ha escluso un invio di truppe in Darfur, prevedendo unicamente la  possibilità di un appoggio “logistico”.

 

Permangono dubbi nell’inchiesta sull’uccisione in Iraq del funzionario del Sismi, Nicola Calipari. Ieri, il presidente del Consiglio italiano, Silvio Berlusconi, ha dichiarato che non saranno firmate “cose che non convincono”.  “Il Pentagono - ha evidenziato il premier - ha certe posizioni e l’Amministrazione americana vorrebbe che queste posizioni potessero essere più flessibili”. Tuttavia, il portavoce del Dipartimento di Stato ha sottolineato che il lavoro procede “in pieno accordo con il Pentagono”.

 

Trema ancora la terra nel Sudest asiatico: una scossa di magnitudo 6,3 della scala Richter è stata registrata ieri sera al largo della provincia indonesiana di Aceh, dell’isola di Sumatra. Per ora non si segnalano danni a persone o cose.

 

 

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