RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLIX n. 116 - Testo della trasmissione di martedì 26 aprile 2005

 

 

Sommario

IL PAPA E LA SANTA SEDE:                                                                             

Vigilia della prima udienza generale di Benedetto XVI, che ieri, nella celebrazione a San Paolo fuori le mura, ha auspicato che il suo Pontificato sia nel mondo un segno di fervore apostolico: con noi Gennadios Zervos, Muhammad Nour Dachan, padre Francesco Compagnoni

 

Secoli di storie, leggende e tradizioni religiose bavaresi nello stemma pontificio di Benedetto XVI

 

IN PRIMO PIANO:

Ufficialmente concluso il ritiro delle truppe siriane dal Libano dove il premier ha presentato il nuovo programma di governo: ai nostri microfoni mons. Béchara Raï

 

“Avanti uniti”, con la guida di Benedetto XVI: l’impegno in Italia del movimento “Rinnovamento nello Spirito”, dopo l’assise nazionale: Ce ne parla Salvatore Martinez

 

CHIESA E SOCIETA’:

Nota dei vescovi spagnoli in occasione del decimo anniversario dell’Evangelium Vitae

 

Il Burundi verso la pace. Il capo dell’ultimo gruppo ribelle si è impegnato al negoziato con governo di Bujumbura

 

Nel mondo le bambine soldato sono circa 120 mila

 

L’Etiopia in festa: completata ieri la restituzione della Stele di Axum

 

Il Parlamento della Tanzania ha ratificato la Convenzione sulla protezione dei materiali radioattivi

 

Pubblicate dalla Libreria Editrice Vaticana le meditazioni tenute del vescovo di Novara, mons. Renato Corti, a Giovanni Paolo II e alla Curia romana per gli esercizi spirituali della scorsa Quaresima, in Vaticano.

 

24 ORE NEL MONDO:

 Fonti militari statunitensi anticipano il rapporto del Pentagono sulla morte di Calipari: i soldati americani che hanno ucciso l’agente italiano non sono colpevoli

 

In Togo Faure Gnassingbe, candidato del partito al potere nel Paese africano, ha vinto le presidenziali con oltre il 60 per cento dei voti

 

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

26 aprile 2005

 

 

VIGILIA DELLA PRIMA UDIENZA GENERALE DI BENEDETTO XVI,

CHE IERI, NELLA CELEBRAZIONE A SAN PAOLO FUORI LE MURA, HA AUSPICATO

CHE IL SUO PONTIFICATO SIA NEL MONDO UN SEGNO DI FERVORE APOSTOLICO

- Servizio di Giada Aquilino -

 

A una settimana esatta dalla sua elezione, per Benedetto XVI è arrivato il tempo delle prime udienze private e pubbliche, in Vaticano. Dopo quella concessa ieri all’arcivescovo Angelo Amato, segretario della Congregazione per la Dottrina della Fede, questa mattina il Papa ha ricevuto i cardinali Nasrallah Pierre Sfeir, Patriarca di Antiochia dei Maroniti, in Libano, Stephen Kim Sou-hwan, arcivescovo emerito di Seul, e Rosalio Castillo Lara, presidente emerito della Pontificia Commissione per lo Stato della Città del Vaticano. Ma tra i tanti “primi” impegni di Benedetto XVI, un evento è certamente quello in programma per domani mattina, quando sul sagrato della Basilica di San Pietro, alle 10.30, il nuovo Papa presiederà la prima udienza generale del suo Pontificato. La nostra emittente la seguirà in radiocronaca diretta a partire dalle 10.15, con commento in italiano sull’onda media di 585 kHz, l’onda corta di 5.885 kHz e la modulazione di frequenza di 105 MHz.

 

Dal prevedibile, nuovo bagno di folla di domani, ritorniamo per qualche istante a quello di ieri pomeriggio, quando Benedetto XVI è stato accolto da 20 mila persone nella Basilica di San Paolo fuori le Mura, durante la prima uscita ufficiale del Pontefice dal Vaticano. Per noi c’era Giada Aquilino:

 

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(musica e canti)

 

Una rinnovata fioritura della Chiesa, alimentata dall’impegno di un Papa che non avrà pace di fronte alle urgenze di annunciare il Vangelo al mondo del terzo millennio. È il messaggio lanciato da Benedetto XVI, in visita ieri alla Basilica romana di San Paolo fuori le Mura. Arrivato attorno alle 18.20, il Santo Padre ha fatto in processione il suo ingresso in Basilica, preceduto dai benedettini della locale comunità monastica, dal cardinale segretario di Stato, Angelo Sodano, e dal cardinale vicario, Camillo Ruini.

 

(applausi)

 

Acclamato da una folla di romani accorsi a salutare il loro vescovo e di pellegrini provenienti da tutto il mondo – tra loro ovviamente anche i connazionali tedeschi – il Papa ha compiuto, ha detto, un “gesto di fede”, espressione non soltanto del legame inseparabile della Chiesa di Roma con l’Apostolo Paolo ma di un pellegrinaggio “tanto desiderato” che lo ha portato “alle radici della missione”. Quella stessa missione che Cristo risorto affidò a Pietro, agli Apostoli e, in modo singolare, a Paolo, spingendolo ad annunciare il Vangelo alle genti, anche pagane, fino a giungere a Roma. Sulla via Ostiense, dove c’è la tomba di Paolo, il Papa si è soffermato in preghiera, a venerare il “Trofeo” del Santo, cioè il segno del suo martirio per la fede. Non a caso, Benedetto XVI ha voluto ricordare che il secolo ventesimo, appena trascorso, “è stato un tempo di martirio”, mai dimenticato da Giovanni Paolo II, l’amato e venerato predecessore che - ha aggiunto il Pontefice - ha chiesto alla Chiesa di aggiornare il Martirologio e ha canonizzato e beatificato numerosi martiri della storia recente:

 

“Se dunque il sangue dei martiri è seme di nuovi cristiani, all’inizio del terzo millennio è lecito attendersi una rinnovata fioritura della Chiesa, specialmente là dove essa ha maggiormente sofferto per la fede e per la testimonianza del Vangelo”.

 

D’altra parte, “la Chiesa è per sua natura missionaria” e suo compito primario - ha continuato Benedetto XVI - “è l’evangelizzazione”: oggi la Chiesa sente “con rinnovata vivezza che il mandato missionario di Cristo è più che mai attuale”. Il Concilio Vaticano II - annunciato al mondo nel gennaio del ’59 da Giovanni XXIII proprio a San Paolo fuori le Mura - ha dedicato all’attività missionaria il Decreto Ad Gentes del ’65, ricordando che è compito dei successori degli Apostoli dare continuità alla predicazione “della verità”. Ecco perché il Papa ha spiegato che - come successore di Pietro, ma anche sull’esempio di San Benedetto a cui ha voluto consacrare il proprio Pontificato - è giunto a San Paolo per ravvivare nella fede la “grazia dell’apostolato”, quella grazia che per mezzo di Cristo abbiamo ricevuto “per ottenere l’obbedienza alla fede da parte di tutte le genti”: sono parole di San Paolo tratte dalla Lettera ai Romani, proclamate ieri in Basilica e fatte proprie dal Papa il quale, secondo un’altra espressione dell’Apostolo delle Genti, ha ricordato come Dio gli abbia affidato “la sollecitudine per tutte le Chiese”. In tal senso, “inimitabile” - ha precisato ancora il Santo Padre - rimane l’esempio di Giovanni Paolo II, che “con i suoi oltre 100 viaggi apostolici” al di là dei confini d’Italia è stato davvero “un Papa missionario”, spinto da quello stesso amore di Cristo che trasformò l’esistenza di San Paolo:

 

“Voglia il Signore alimentare anche in me un simile amore, perché non mi dia pace di fronte alle urgenze dell’annuncio evangelico nel mondo di oggi”.

 

Un amore che a San Paolo fuori le Mura il Pontefice ha voluto manifestare, baciando simbolicamente uno dei tanti bambini accorsi a salutarlo.

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E sulla visita di ieri di Benedetto XVI alla Basilica di San Paolo fuori le Mura, in particolare sui contenuti della sua omelia, Gabriella Ceraso ha raccolto i pareri di alcuni presenti:

 

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R. – Il Santo Padre riesce a coniugare una forte proposta della vita cristiana con una grande ansia missionaria. Questo ci spiega anche il segreto dell’ansia missionaria: cioè, una fede chiara, nitida. Quindi le due cose sono perfettamente una conseguente all’altra.

 

R. – Ha chiesto un rifiorire della Chiesa, soprattutto nei punti più martoriati.

 

R. – Sì, c’è bisogno sicuramente – come diceva anche Giovanni Paolo II – di una nuova Pentecoste che deve iniziare soprattutto dall’interno, per essere efficace fuori.

 

D. – Cosa le è rimasto più impresso delle parole del Papa?

 

R. – La continuità con il suo predecessore e con Pietro, e anche quel sentimento di ottimismo per il futuro.

 

D. – Il Papa ha parlato della Chiesa missionaria...

 

R. – Sì, credo anche che nella storia, proprio oggi la Chiesa esprima a tutto il mondo la propria bellezza, il proprio essere di Cristo, e quindi credo che tutto questo porterà tanti a Cristo e alla salvezza.

 

R. – Mi è piaciuto molto di sentirlo non come il “professore”; come una persona: il “pastore”. Il Papa pastore delle genti...

 

R. – Torno nella mia parrocchia, in Francia, e porto nel cuore una grande gioia: quella di sentire il Santo Padre veramente prossimo a noi, sacerdoti e parrocchie, per portare il Vangelo nel mondo.

 

R. – Penso che non possa essere mai dissociabile il suo ruolo di Pontefice con la missione: Dio chiama per inviare.

 

D. – Si è parlato molto anche dell’apostolo Paolo, di questa vicinanza ad un Papa che sia viaggiatore, predicatore, anche coraggioso. Che ne pensate?

 

R. – Indubbiamente, oggi un Papa è inutile che rimanga nella sua sede petrina: oggi bisogna evangelizzare, cercare – più che altro – anche di portare la pace nel mondo; una voce autorevole, insomma...

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Diventare assieme artefici di pace: è l’esortazione espressa ieri mattina da Benedetto XVI ai delegati delle Chiese cristiane, comunità ecclesiali e altre tradizioni religiose. Il Papa ha ribadito l’impegno della Chiesa cattolica a lavorare per l’Unità dei Cristiani. All’udienza, era presente tra gli altri il Metropolita greco-ortodosso per l’Italia, l’arcivescovo Gennadios Zervos. Paolo Ondarza lo ha intervistato:

 

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R. – Per noi l’elezione di Sua Santità, il Papa di Roma, Benedetto XVI, è veramente una grande cosa ed una gioia veramente profonda. E’ una personalità ricca di spiritualità, di umanità, di teologia, di capacità. Per noi è veramente un’esultanza spirituale.

 

D. – Eminenza, c’è un augurio in particolare che lei vuole rivolgere a Benedetto XVI?

 

R. – Che si possa, tutti insieme, lavorare, collaborare, pregare perché diventi realtà la volontà di Dio, cioè che tutti siano una cosa sola. La sua dichiarazione, che lui lavorerà per l’unità dell’Oriente e dell’Occidente, per noi è una gioia immensa. Questo è il nostro sogno, il nostro sacro desiderio.

 

D. – Nell’omelia di domenica scorsa, il Papa ha commentato la massiccia presenza delle varie confessioni cristiane alle esequie di Giovanni Paolo II, come segno tangibile di quanto vera e grande sia la comune passione per l’unità…

 

R. – Questo reciproco rispetto, questo reciproco amore… Due grandi personalità del mondo cristiano che ci spingono veramente ad arrivare alla volontà di Dio.

 

D. – Unità dei cristiani auspicata da Benedetto XVI come premessa per una riscoperta efficace delle radici cristiane dell’Europa…

 

R. – Il Papa, ma anche i nostri Patriarchi, insieme, uniti, possono cambiare questa Europa, che ha bisogno di questo fondamento della sua civiltà e della sua speranza.

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E ricevendo i rappresentanti delle Chiese e comunità cristiane e di altre religioni convenuti a Roma per l’elezione del Papa, Benedetto XVI ha dedicato parole anche al rapporto tra cristianesimo e islam, felicitandosi per la crescita del dialogo a livello locale ed internazionale. “La promozione della pace - ha detto – è un impegno imprescindibile per tutti i credenti”. Ascoltiamo, al microfono di Paolo Ondarza, Muhammad Nour Dachan, presidente dell’Unione delle Comunità ed Organizzazioni islamiche in Italia.

 

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R. – Noi abbiamo interpretato l’elezione di Benedetto XVI nel segno della continuità: per 20 anni, infatti, lui ha lavorato con Giovanni Paolo II.

 

D. – In qualità di presidente dell’Unione delle Comunità e Organizzazioni islamiche in Italia, c’è un augurio che vuole rivolgere al Papa?

 

R. – Buon lavoro e soprattutto buon impegno nella dottrina, nella pratica, perché la gente torni alla propria fede.

 

D. – Il Papa si è felicitato per la crescita del dialogo tra islam e cristiani, a livello locale ed internazionale…

 

R. – Questo era un nostro augurio a lui, personalmente, di continuare questo dialogo.

 

D. – Il Papa ha anche detto che la promozione della pace è un impegno imprescindibile per tutti i credenti, di qualsiasi religione…

 

R. – Questo è vero, perché non c’è una religione che inviti alla guerra o una che inviti alla pace. Tutti invitano alla pace, bisogna vedere i punti di contatto, i punti visibili per portarli avanti.

 

D. – Dal suo punto di vista, c’è un interlocutore privilegiato con cui può confrontarsi Benedetto XVI nei confronti della religione islamica?

 

R. - Io direi che ci sono molti punti di contatto. C’è anche la Commissione del dialogo interreligioso islamo-cristiana. Noi auspichiamo che si realizzi quell’invito e quella proposta che abbiamo fatto di creare la Giornata islamo-cristiana del dialogo, scegliendo il 29 novembre, giorno in cui il Santo Padre aveva invitato i cristiani a digiunare con i musulmani.

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Nella visita alla Basilica di San Paolo, Benedetto XVI ha messo l’accento sulla natura missionaria della Chiesa. Un aspetto particolarmente significativo, dopo il Pontificato di Giovanni Paolo II, sul quale si sofferma padre Francesco Compagnoni, rettore dell’Angelicum, intervistato da Alessandro Gisotti:

 

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R. – Innanzitutto è chiaro che il fatto di andare come prima uscita presso la tomba dell’Apostolo delle Genti è molto significativo. Poi, sulla missionarietà mi sembra che sia importante rilevare questo: una Chiesa che ha una forte identità è anche una Chiesa missionaria e viceversa. Nella missionarietà la Chiesa aumenta la propria identità e questa mi sembra sia stata una priorità anche di Giovanni Paolo II.

 

D. – Il secolo XX ha detto Benedetto XVI nella Basilica di San Paolo è stato “un tempo di martirio”. Se, dunque, il sangue dei martiri è “seme dei nuovi cristiani” – ha aggiunto il Pontefice – “è lecito attendersi una rinnovata fioritura della Chiesa”. E’ un’affermazione che induce alla speranza?

 

R. – Certamente i martiri di questo secolo non sono stati pochi. Anche attualmente ci sono persecuzioni. In questo senso, mi pare che il Papa riceva informazioni, ma reagisca anche con una forma di ottimismo che è quello della fede.

 

D. – Ad una settimana dall’elezione sta emergendo tutta l’umanità del Papa. Molti si sono sorpresi, ma forse la sorpresa è solo di chi non conosceva la personalità dell’uomo Joseph Ratzinger…

 

R. – Lui è sempre stato conosciuto, prima di diventare un cardinale di Curia, come un professore. I professori si manifestano sempre attraverso le loro opere scritte. In quel senso, non c’è dubbio che la sua accademicità poteva coprire la sua umanità, ma in questi giorni mi sembra che questa sia diventata evidente per tutti. Emerge una persona semplice, diretta, molto meno complicata di quanto ci si potrebbe aspettare.

 

D. – Al soglio di Pietro è salito un insigne teologo, un uomo di grande cultura. Lei che è rettore di un Pontificio Ateneo come valuta questo aspetto di Benedetto XVI?

 

R. - Lui è ancora un teologo! E’ stato un insigne professore. Ho insegnato anche in ambito tedesco, nella Svizzera tedesca, e Ratzinger era famoso perché a 32 anni era già professore ordinario. Davvero un teologo molto in vista e molto dotato. 

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SECOLI DI STORIE, LEGGENDE E TRADIZIONI RELIGIOSE BAVARESI

NELLO STEMMA PONTIFICIO DI BENEDETTO XVI

- Servizio di Alessandro De Carolis -

 

Uno scudo tripartito, con tre simboli che condensano in un’immagine secoli di storie e di leggende religiose della Baviera. Lo stemma pontificio di Benedetto XVI, del quale l’arcidiocesi di Frisinga ha offerto una nota dettagliata, accoglie tutti gli elementi che caratterizzavano il suo stemma episcopale come arcivescovo di Monaco e Frisinga (Muenchen und Freising), e poi come prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede. La descrizione dello stemma nel servizio di Alessandro De Carolis.

 

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(musica)

 

Sormontato da una mitra, il copricapo papale di forma triangolare, e non da una tiara come nei precedenti stemmi pontifici - e ornato inoltre con il pallio metropolita - lo stemma di Benedetto XVI – del quale i colori sono ancora allo studio - presenta nel primo simbolo in alto a sinistra l’effigie del “moro di Frisinga”. Si tratta di una testa di moro coronata e rivolta verso sinistra già presente nello stemma dell’antica Diocesi-principato di Frisinga nel 1316, ai tempi del vescovo Corrado III, e da quel momento in poi adottata da tutti gli arcivescovi succedutisi a capo di quella sede. L’immagine a destra del moro raffigura un orso con il basto, il cosiddetto “orso di Corbiniano”. Costui – racconta una leggenda – fu l’evangelizzatore della Baviera dell’ottavo secolo dopo Cristo. Durante un viaggio verso Roma, un orso divorò la sua bestia da soma. San Corbiniano comandò alla belva di portare essa stessa fino a Roma il suo bagaglio, lasciandola poi libera di ritornare nei boschi della sua patria. “Il significato è chiaro – spiega la nota dell’arcidiocesi di Frisinga - Il cristianesimo ammansì e addomesticò il selvaggio paganesimo e pose così nell’antica Baviera i fondamenti di una grande cultura”. Inoltre, come “portatore di Dio”, l’orso di Corbiniano simboleggia l’onere del ministero episcopale.

 

C’è poi la conchiglia, il terzo simbolo in basso, al centro dello stemma. Essa si riferisce anzitutto a una famosa leggenda che riguarda Sant’Agostino. Durante una passeggiata in riva del mare, meditando sull’imperscrutabile mistero della Trinità di Dio, il Santo incontrò un fanciullo che con una conchiglia versava l’acqua del mare in una piccola buca. Quando Agostino gli chiese che cosa facesse, il bambino rispose: “Io verso il mare in questa buca”. Un’allegoria ambivalente, che rivela la conchiglia sia come mezzo per immergersi nel mare sconfinato della divinità, sia come simbolo del Ratzinger accademico il quale, nel 1953, conseguì il Dottorato in teologia proprio con una dissertazione su “Il popolo e la casa di Dio nell’insegnamento di Agostino sulla Chiesa”. Ancora, come “conchiglia del pellegrino”, la valenza simbolica si estende a un concetto centrale del Concilio Vaticano II, cioè il “popolo di Dio pellegrinante”, di cui l’arcivescovo Ratzinger e ora Benedetto XVI si riconosce pastore. “Come arcivescovo – prosegue la nota - egli aveva inserito intenzionalmente questo simbolo nel suo stemma anche come ‘conchiglia di San Giacomo’”: immagine situata nello stemma del Convento degli Scozzesi a Ratisbona”, nella cui università l’allora prof. Ratzinger insegnò Dogmatica e Storia del dogma dal ’69 al ’77.

 

(musica)

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

Apre la prima pagina il titolo "Voglia il Signore che non mi dia pace di fronte alle urgenze dell'annuncio evangelico nel mondo di oggi": il pellegrinaggio "tanto desiderato" di Benedetto XVI nella Basilica ostiense per venerare il sepolcro dell'Apostolo Paolo.

 

Nelle vaticane, una pagina dedica alla preghiera della Chiesa per Benedetto XVI.

 

Nelle estere, Medio Oriente: il Presidente russo Putin in missione nella regione per rilanciare il ruolo del Cremlino nei negoziati di pace; previsti incontri ad alto livello in Egitto, in Israele e nei Territori autonomi palestinesi.   

 

Nella pagina culturale, un articolo di Paolo Miccoli dal titolo "Il perentorio 'no' di Kant al suicidio": le riflessioni pubblicate nel testo di un Anonimo del '700.

Nell' "Osservatore libri" un articolo di Marco Testi dal titolo "Dall'impero di Giustiniano alla conquista degli ottomani": una nuova edizione di "Bisanzio nella sua letteratura" a cura di Albini e Maltese.

 

Nelle pagine italiane, in primo piano la situazione nel nuovo Governo.

 

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

26 aprile 2005

 

 

UFFICIALMENTE CONCLUSO IL RITIRO DELLE TRUPPE SIRIANE DAL LIBANO, DOVE OGGI

IL PREMIER MIQATI HA ANCHE PRESENTATO IL PROGRAMMA DEL NUOVO GOVERNO

- Intervista con mons. Béchara Raï -

 

Giornata storica in Libano: dopo 29 anni si è ufficialmente conclusa la presenza delle truppe siriane nel Paese dei Cedri. L’ultimo contingente della Siria ha lasciato stamani il Libano, dopo una cerimonia di commiato tenutasi nella base militare di Rafiq. Sul versante politico, si deve poi rimarcare che il premier libanese, Miqati, ha presentato il programma del nuovo governo. Il voto di fiducia del Parlamento è previsto per domani. In Libano, dove restano comunque in sospeso le questioni del disarmo degli Hezbollah e il futuro rapporto di Te Aviv con Beirut, anche la Chiesa locale ha espresso grande soddisfazione per il ritiro siriano. Ascoltiamo la testimonianza, raccolta da Andrea Sarubbi, del vescovo di Jbeil dei Maroniti, mons. Béchara Raï:

 

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R. – La Chiesa e la popolazione libanese, sia cristiana sia musulmana, sono soddisfatte e contente perché la presenza dei siriani in Libano aveva paralizzato non solo la vita politica, ma anche l’economia: i siriani hanno sfruttato le risorse libanesi, hanno invaso il mercato per quanto riguarda i prodotti agricoli e industriali. Molte fabbriche libanesi hanno dovuto chiudere. Ecco perché adesso i libanesi si sentono non solo liberati politicamente ma anche economicamente.

 

D. – A sentire la Siria, si tratta addirittura di un ritiro in anticipo sulle scadenze. Per i libanesi, in realtà, è un ritiro molto atteso…

 

R. – Le truppe siriane hanno tardato a ritirarsi dal Libano: avrebbero dovuto farlo già prima. Ci sono risoluzioni del Consiglio di Sicurezza in merito che risalgono agli anni Ottanta.

 

D. – Mons. Rai, proprio in queste ore si sta discutendo a Beirut del nuovo governo. Cosa si aspetta da questo nuovo corso politico libanese?

 

R. – La vita politica si normalizzerà, la vita democratica riprenderà. Il popolo libanese potrà, d’ora in poi, esercitare il suo diritto democratico per quanto riguarda le elezioni, sia dal punto di vista della presentazione delle candidature, sia dal punto di vista di elezioni libere. E noi tutti sappiamo bene che quando la vita politica è stabile, anche la vita economica lo è.

 

D. – Dopo trent’anni di occupazione, lei che genere di relazioni si aspetta ora tra Libano e Siria, tra Beirut e Damasco?

 

R. – Noi speriamo che con il ritiro dei sirani, il Libano e la Siria possano avere rapporti migliori fondati sul diritto internazionale. Auspichiamo che Beirut e Damasco possano avere rapporti diplomatici, che attualmente non esistono.

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“AVANTI UNITI”, CON LA GUIDA DI BENEDETTO XVI: L’IMPEGNO IN ITALIA

DEL MOVIMENTO “RINNOVAMENTO NELLO SPIRITO”, IN VISTA DI IMPORTANTI

 APPUNTAMENTI, COME IL CONGRESSO EUCARISTICO NAZIONALE, LA GIORNATA

MONDIALE DELLA GIOVENTU’ ED IL REFERENDUM SULLA PROCREAZIONE ASSISTITA

- Intervista con Salvatore Martinez -

 

“Andiamo avanti uniti!”. Con rinnovato entusiasmo in omaggio a Giovanni Paolo II e raccogliendo l’appello del nuovo Papa Benedetto XVI, si sono conclusi ieri i lavori del grande Raduno nazionale del movimento “Rinnovamento dello Spirito”, cui hanno partecipato, a Rimini, circa 25 mila persone, adulti, giovani famiglie, bambini. Ma quale clima si è respirato in questa assise, alla luce dei giorni straordinari che ha vissuto la Chiesa universale ed il mondo intero, nel passaggio da un pontificato ad un altro? Roberta Gisotti lo ha chiesto al dott. Salvatore Martinez, coordinatore in Italia del “Rinnovamento nello Spirito”:

 

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R. – Un clima di profondo stupore e gratitudine intanto all’indirizzo di Benedetto XVI, che amabilmente ha voluto inviarci per il tramite del cardinale segretario di Stato, Sodano, una lettera autografa nella quale sottolineava l’importanza del dono dei movimenti e dei nuovi carismi e la sua intenzione di proseguire nel cammino che il suo predecessore Giovanni Paolo II ha iniziato. A ben vedere, le giornate di Rimini hanno respirato di questo clima pentecostale. Il Santo Padre ha affermato irreversibile il cammino ecumenico e irrinunciabile lo slancio missionario. Queste parole noi riteniamo siano parole che lo Spirito sta fortemente pronunciando in questo nostro tempo. La Chiesa è viva – ha detto  Benedetto XVI - quando gioiosamente professa di essere di Cristo e di un Cristo vivo.

 

D. – Due importanti appuntamenti attendono i movimenti cattolici: il congresso nazionale eucaristico, in maggio a Bari, e la Giornata mondiale della gioventù in agosto a Colonia. Quale contributo offrirà il Rinnovamento nello Spirito?

 

R. – Riteniamo correlati i due eventi. Bisogna riportare gli uomini dinanzi a Dio. Bisogna riportarli in ginocchio, noi diciamo. L’adorazione, in fondo, è questo: tacere per riascoltare le ragioni di Dio, farle proprie e attraverso lo Spirito testimoniarle senza vergogna. I giovani, in modo particolare, hanno bisogno di tutto questo. Li condurremo in questo pellegrinaggio e faremo loro vivere alla vigilia un festival internazionale, dove sperimenteranno la bellezza dell’unità intorno a Cristo. L’Eucaristia ci fa vedere in trasparenza le sofferenze di questo nostro tempo, ma ci fa vedere anche le gioie, la Resurrezione di Dio. Gesù è vivo. E’ vivo in mezzo a noi e noi abbiamo il dovere di farlo vedere anche nella gioia che i giovani sono capaci di esprimere.

 

D. – Sul piano dell’impegno civico dei cattolici c’è, invece, l’appuntamento con il referendum sulla legge 40 sulla procreazione assistita. Lei pensa che la grande adesione popolare che si è riscontrata in questo ultimo mese intorno alla Chiesa e ai suoi pastori, possa influenzare il risultato di questa consultazione?

 

R. – Bisogna che si dia particolare ascolto in questo momento alla scelta coraggiosa che i nostri vescovi italiani hanno fatto. Hanno riconosciuto la legittimità e la validità della scelta di non partecipare al voto referendario. La questione antropologica, noi lo sappiamo, è una sfida decisiva. Quale uomo vogliamo servire e di quale uomo stiamo parlando? I diritti dell’uomo vanno difesi soprattutto nel momento più debole della propria esistenza, quindi sin dal concepimento. Noi questo lo vogliamo riaffermare e ci siamo impegnati qui da Rimini a sostenere una causa che riteniamo decisiva, cioè quella di formare ed informare la gente che talvolta sembra essere disorientata. Noi riteniamo che non si possa mettere la vita ai voti, ma è anche vero che il mondo cattolico sta registrando intorno a questo tema una unità nuova, un’amicizia nuova e questo fa ben sperare.

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CHIESA E SOCIETA’

26 aprile 2005

 

 

“LA VITA UMANA E’ SACRA PERCHE’ FIN DAL SUO INIZIO COMPORTA L’AZIONE

CREATRICE DI DIO E RIMANE SEMPRE IN UNA SPECIALE RELAZIONE CON IL CREATORE”:COSI’ I VESCOVI SPAGNOLI, IN UN DOCUMENTO PUBBLICATO IN OCCASIONE DEL DECIMO ANNIVERSARIO DELL’ENCICLICA “EVANGELIUM VITAE”

 

MADRID. = “La vita umana, dono prezioso di Dio”: è il titolo del documento pubblicato recentemente dalla sottocommissione per la Famiglia e la Difesa della Vita della Conferenza episcopale spagnola, in occasione del decimo anniversario dell’enciclica “Evangelium Vitae”. Nel documento, diviso in otto capitoli, i vescovi ricordano come “tutte le culture abbiano riconosciuto il valore e la dignità della vita umana” come fondamento per la convivenza. Sottolineando poi come Dio sia il solo signore della vita e come nessuno possa attribuirsi il diritto di uccidere, i presuli ribadiscono che “dal momento della fecondazione c’è vita umana e, pertanto, dignità personale” e di conseguenza “l’essere umano deve essere rispettato e trattato come persona dall’istante del suo concepimento”. I grandi progressi della scienza, dunque, rappresentano “potenti mezzi a servizio dell’uomo, tenendo conto dei principi etici”. I vescovi spagnoli ricordano, quindi, l’importanza della famiglia come santuario, dove la persona è “concepita degnamente”, “accolta con gioia” e “celebrata nella vita quotidiana”: essa, aggiungono, è “l’ambito dove i figli imparano il significato della sessualità al servizio dell’amore e della vita”. Nel documento, infine, viene lanciato un appello agli scienziati, ai professionisti della sanità, ai professionisti cattolici dell’informazione e alle associazioni affinché si adoperino per difendere attivamente la famiglia, denunciando ogni pratica che attenti all’integrità o alla vita delle persone e proclamando con coraggio il valore sacro della vita umana. (B.C.)

 

 

IL BURUNDI VERSO LA PACE. IL CAPO DELL’ULTIMO GRUPPO RIBELLE SI E’

IMPEGNATO AL NEGOZIATO CON IL GOVERNO DI BUJUMBURA

 

BUJUMBURA. = Ulteriore passo in Burundi sul cammino di pace. Per la prima volta Aghaton Rwasa, leader dell’ultimo gruppo ribelle del Paese africano, le Forze di liberazione nazionale (FNL), si è impegnato a negoziare la pace con il governo di Bujumbura. In un incontro con il presidente della Tanzania, Benjamin Mkapa, infatti, Rwasa ha confermato l’intesa firmata due settimane fa dal suo movimento: colloqui diretti con le autorità del Burundi e disarmo dei ribelli per mettere fine a un conflitto che dal 1993 ha provocato oltre 300.000 vittime. La disponibilità al dialogo delle FNL conferma, dunque, il processo di pace in Burundi, anche se non mancano le difficoltà. Secondo quanto riferisce l’agenzia Misna, infatti, ieri tutti i ministri del partito CNDD-FDD, composto dagli ex-ribelli delle Forze per la difesa della democrazia, che alla fine del 2003 hanno deposto le armi entrando nel governo, non hanno partecipato alla riunione dell’esecutivo. Alla base dell’assenza, ci sarebbero i contrasti con il presidente burundese, Domitien Ndayzeiye. (B.C.)

 

 

NEL MONDO LE BAMBINE SOLDATO SONO CIRCA 120 MILA. LA DRAMMATICA REALTA’

DI QUESTA INFANZIA RUBATA NELL’ULTIMO RAPPORTO DI SAVE THE CHILDREN

 

LONDRA. = Nel mondo un esercito di 120 mila bambine lavora o combatte al fianco di vari gruppi armati. E’ la drammatica realtà che emerge dall’ultimo rapporto dell’organizzazione non governativa britannica “Save The Children”. In Paesi come Uganda, Congo e Sierra Leone, bambine dagli otto anni in su vengono sottratte alle loro famiglie e costrette a lavorare per i gruppi armati, alcune come combattenti, altre come cuoche ed assistenti. Quasi tutte poi subiscono violenze sessuali. Nel rapporto, intitolato “Forgotten Casualties of War: Girls in Armed Conflict” (“Le vittime dimenticate della guerra: le ragazzine nei conflitti armati), l’organizzazione umanitaria sottolinea che dei circa 300 mila bambini arruolati dai gruppi armati, circa il 40 per cento è composto da femmine. Al termine dei conflitti, si evince ancora dal rapporto, il ritorno a casa per queste bambine è spesso doloroso quanto la partenza. Le loro famiglie e la comunità, infatti, le ostracizzano per via delle loro esperienze sessuali e belliche, considerate immorali. Secondo “Save The Children”, i programmi di “disarmo, smobilitazione e reintegrazione” (DDR) messi in atto dopo un conflitto dalle Nazioni Unite e dalla Banca Mondiale, non sono stati progettati in modo da affrontare i problemi che affliggono queste bambine. Invece di distribuire “pacchetti assistenziali” volti a fornire cibo, soldi e finanziamenti per l’istruzione dei bambini coinvolti in conflitti armati, conclude il rapporto, è necessario che la comunità internazionale metta in atto un lavoro di mediazione tra le ragazzine e le loro comunità, offrendo loro la possibilità di reinserirsi nel tessuto sociale. (B.C.)

 

L’ETIOPIA IN FESTA: COMPLETATA IERI LA RESTITUZIONE DELLA STELE DI AXUM

 

ADDIS ABEBA. = “Non è solo un pezzo di pietra, ma il simbolo di un’identità: la nostra e della nostra gente, che ha molto rispetto per questo monumento”. Così ieri il primo ministro etiope, Meles Zenawi, all’arrivo del terzo e ultimo troncone dell’obelisco di Axum, restituito al Paese africano dall’Italia, a 68 anni distanza da quando le truppe fasciste lo sottrassero per portarlo a Roma. “È la fine di un brutto capitolo”: ha aggiunto il premier. La stele, un monumento funebre di granito e pietra basaltica, è alto 24 metri e pesa 160 tonnellate. Malgrado un accordo di pace del 1947, l’Italia ha impiegato quasi 60 anni per restituire il monumento, che venne sottratto dalle truppe di occupazione coloniale nel 1937, per celebrare il XV anniversario della marcia su Roma. Le fasi della restituzione dell’obelisco, riferisce l’agenzia Misna, sono state molto seguite in Etiopia: ieri la televisione di Stato ha trasmesso in diretta l’arrivo dell’ultimo frammento, accolto con canti tradizionali e balli da una folla festosa. Le autorità etiopi hanno reso noto che l’antico manufatto verrà posizionato laddove si trovava, in un’area accanto ad altri monumenti funebri, in collaborazione con l’UNESCO, che ha dichiarato Axum “patrimonio dell’umanità”. (B.C.)

 

 

PASSO AVANTI NELLA TUTELA AMBIENTALE DEL PIANETA:

IL PARLAMENTO DELLA TANZANIA HA RATIFICATO LA CONVENZIONE

SULLA PROTEZIONE DEI MATERIALI RADIOATTIVI,

AGGIUNGENDOSI ALL’OTTANTINA DI PAESI CHE GIA’ VI HANNO ADERITO

 

DAR ES SALAAM. = A 15 anni dalla firma, l’Assemblea nazionale tanzaniana, riunita in sessione ordinaria a Dodoma, ha ratificato, nei gironi scorsi, la Convenzione sulla protezione fisica dei materiali radioattivi, aggiungendosi all’ottantina di Paesi che hanno già compiuto questo passo, alcuni dei quali africani (in particolare, Sud Africa, Zimbabwe, Kenya). “È importante che il Paese controlli e aumenti la protezione dei materiali nucleari, così da impedire ai criminali di usarli contro civili innocenti”: ha dichiarato il ministro della Scienza tanzaniano, Pius Ng’wandu, accogliendo con favore il provvedimento. Ratificando la Convenzione, Dar Es Salaam si impegna ad attenersi strettamente ai protocolli dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica (AIEA) per la protezione delle fonti e il trasporto in sicurezza dei materiali nucleari, compresi quelli esausti. (R.G.)

 

 

PUBBLICATA PER CONTO DELLA LIBRERIA EDITRICE VATICANA LA RACCOLTA

DELLE MEDITAZIONI CHE IL VESCOVO DI NOVARA, MONS. RENATO CORTI,

HA TENUTO AL PAPA E ALLA CURIA ROMANA NEL CORSO DEGLI ESERCIZI SPIRITUALI,

IN VATICANO LA SCORSA QUARESIMA

- A cura di Giovanni Peduto -

 

CITTA’ DEL VATICANO. = “La Chiesa a servizio della nuova ed eterna alleanza”: è stato il tema, la scorsa Quaresima, degli Esercizi spirituali predicati in Vaticano, a Papa Giovanni Paolo II e alla Curia Romana, dal vescovo di Novara, mons. Renato Corti. Ed è pure il titolo del volume che ne raccoglie tutte le meditazioni. L’opera, appena uscita, a cura della Libreria Editrice Vaticana in una elegante veste tipografica, si apre con la Lettera autografa del defunto Pontefice che ringraziava il presule, sottolineando come gli esercizi erano stati per lui occasione provvidenziale di prolungato raccoglimento.

 

 

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24 ORE NEL MONDO

26 aprile 2005

 

 

- A cura di Amedeo Lomonaco e Maria Vittoria Savini -

 

In Iraq cresce l’attesa per l’annuncio del nuovo governo, previsto nella giornata di oggi. La formazione dell’esecutivo continua, però, ad essere ostacolata da divergenze tra la maggioranza sciita e la coalizione curda sull’assegnazione di alcuni ministeri. Fonti militari americane hanno rivelato, intanto, che il terrorista giordano, Al Zarqawi, è recentemente sfuggito alla cattura da parte delle truppe statunitensi. Altre fonti dell’esercito statunitense hanno anticipato, intanto, le conclusioni dell’inchiesta del Pentagono sull’uccisione di Nicola Calipari: “I soldati americani che hanno ucciso l’agente italiano – si leggerebbe nel testo – non sono colpevoli”. Nel pomeriggio è atteso a Palazzo Chigi l’ambasciatore degli Stati Uniti, Mel Sembler, per riferire sul caso ‘Calipari’. Intanto, è trapelata solo oggi la notizia di un attentato della guerriglia contro la Commissione di inchiesta incaricata di far luce sull’omicidio di Calipari. La bomba a mano, lanciata nei primi giorni di lavoro della Commissione, non ha fortunatamente provocato vittime. Sul rapporto del Pentagono, Paolo Mastrolilli:

 

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Il Rapporto finale non è ancora stato pubblicato ma è pronto: c’è un profondo rimorso, ha detto la fonte militare per quanto è accaduto, aggiungendo che i soldati al posto di blocco hanno seguito le procedure di ingaggio e non sono colpevoli. Il rappresentante del Pentagono ha anche precisato che gli Stati Uniti sono pronti a rendere pubbliche le loro conclusioni, ma finora non l’hanno fatto perché l’Italia vuole ancora chiarire dei punti. Gli elementi di disaccordo tra Washington e Roma riguardano in particolare la velocità con cui procedeva la macchina. Gli americani ribadiscono che l’auto viaggiava ad alta velocità mentre gli italiani sostengono il contrario. L’altro delicato nodo da sciogliere riguarda le comunicazioni tra le parti: Roma sostiene che Calipari aveva informato i colleghi degli Stati Uniti del suo arrivo imminente all’aeroporto di Baghdad. Secondo Washington, invece, tali informazioni non sono mai state fornite. Il portavoce dell’ambasciata americana a Roma ha detto di sperare ancora in un rapporto congiunto. Ma il governo italiano non sembra disposto ad accettare le conclusioni dell’inchiesta del Pentagono sulla morte di Calipari.

 

Da New York, per la Radio Vaticana, Paolo Mastrolilli.

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Sarà garantita la sicurezza nei Territori occupati. Lo ha annunciato ieri il leader dell’Autorità nazionale palestinese, Abu Mazen,  in una conferenza stampa nell’ambito della riorganizzazione del vertice dei Servizi segreti palestinesi. Abu Mazen ha anche posto l’accento sulla necessità di disarmare tutti i movimenti fondamentalisti dopo il ritiro dell’esercito israeliano dalla Striscia di Gaza, previsto per questa estate. Alle dichiarazioni del presidente palestinese, è subito seguita la replica di Hamas: il portavoce del movimento, Mushir al-Masri, ha reso noto che l’ingresso nel Parlamento palestinese “non significa automaticamente la trasformazione di Hamas  in un partito politico”.

 

Il bilancio provvisorio del grave incidente ferroviario avvenuto ieri in Giappone è salito a 73 morti e almeno 440 feriti. La sciagura, avvenuta ad Amagasaki, è la più grave nel Paese negli ultimi 40 anni. Nella notte, tre persone sono state estratte ancora in vita dalle lamiere. Altre 10 sono tuttora intrappolate nella prima carrozza. Il capotreno del convoglio, sopravvissuto all’impatto, ha confermato intanto che il treno viaggiava ad un’eccessiva velocità. Un nuovo incidente è avvenuto stamani nel Paese asiatico: un espresso si è scontrato frontalmente con un camion bloccato ad un passaggio al livello vicino alla stazione di Hatori. Nella collisione è rimasto leggermente ferito una persona.

 

La Russia ritirerà le proprie truppe e smantellerà le sue basi in Georgia entro il primo gennaio del 2008. Lo ha annunciato il ministro degli Esteri georgiano, Salome Zurabishvili, dopo l’incontro a Mosca con il collega russo, Serghiei Lavrov. In Georgia sono attualmente dislocati circa 3000 militari russi nelle basi di Batumi e Akhalkalaki.

 

Romania e Bulgaria hanno firmato ieri, in Lussemburgo, i trattati di adesione all’Unione Europea. L’ingresso dei due Paesi è previsto per il primo gennaio del 2007. L’adesione di Romania e Bulgaria potrebbe però slittare fino al 2008 se i governi di Bucarest e Sofia non si conformeranno alle normative comunitarie. Dopo la cerimonia della firma, svoltasi nell’abbazia di Neumünster, i ministri degli Esteri dei 25 hanno espresso perplessità sulla posizione della Turchia, che non ha ancora fatto registrare progressi sul fronte dei diritti umani.

 

In Italia, dopo la crisi di governo seguita alla sconfitta della Casa delle Libertà alle elezioni regionali del 3 e del 4 aprile, il premier Berlusconi chiede oggi la fiducia alla Camera dei deputati. La seduta si aprirà alle 18. Il capitolo più atteso del discorso del presidente del Consiglio sarà quello delle misure da prendere per sostenere lo sviluppo, le imprese, il Mezzogiorno e per aumentare il potere di acquisto dei cittadini.

 

In Togo, Faure Gnassingbè, il candidato del partito al potere, ha vinto le elezioni presidenziali con il 60,22 per cento dei voti. Il candidato dell’opposizione, Emmanuel Akitani Bob, ha ottenuto il 38,19 per cento delle preferenze. Lo ha annunciato la Commissione elettorale nazionale. Il capo di Stato nigeriano Obasanjo, presidente dell’Unione africana, ha annunciato intanto che il Togo si avvia ad un governo di unità nazionale.

 

In Ecuador, il nuovo presidente, Alfredo Palacio, ha annunciato che non si terranno elezioni anticipate. Nominato la scorsa settimana, dopo che il Congresso aveva sfiduciato l’ex capo di Stato, Lucio Gutierrez, Palacio ha annunciato che porterà a termine gli ultimi due anni del mandato del suo predecessore, rifugiatosi nell’ambasciata brasiliana. L’Organizzazione degli Stati americani ha inviato una delegazione per approfondire la legalità del cambio al vertice.

 

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