RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLIX n.
115- Testo della trasmissione di lunedì 25 aprile 2005
IL PAPA E LA SANTA SEDE:
Festoso incontro in Aula Paolo VI tra il
Pontefice e i pellegrini tedeschi
IN PRIMO PIANO:
Dopo trent’anni, le truppe siriane lasciano il Libano: ai nostri
microfoni Camille Eid
Oggi in Italia la festa della Liberazione dal
nazi-fascismo compie 60 anni: con noi Tina Anselmi
CHIESA E SOCIETA’:
Si è chiusa
questa mattina a Rimini la 28.ma Convocazione nazionale del Rinnovamento nello
Spirito
In
Afghanistan si allungano le ombre delle barbare esecuzioni dei talebani
Riflettori accesi sulla Giornata africana della
malaria 2005
Tragedia
in Giappone: un treno deraglia e si schianta contro un condominio di 9 piani.
Almeno 50 i morti ed oltre 300 i feriti
Oggi
pomeriggio, in Lussemburgo, la firma del trattato di adesione di Romania e
Bulgaria all’Unione Europea.
25
aprile 2005
INSIEME, ARTEFICI DELLA PACE: COSI’ BENEDETTO XVI
AI RAPPRESENTANTI
DELLE
RELIGIONI DEL MONDO, RICEVUTI IN SALA CLEMENTINA.
E ALLE
DELEGAZIONI DELLE CHIESE CRISTIANE, IL PAPA RIBADISCE
L’IRREVERSIBILE
IMPEGNO ECUMENICO PRESO DAL CONCILIO VATICANO II
-
Servizio di Alessandro Gisotti -
Diventiamo
assieme artefici di pace: è l’invito di Benedetto XVI ai delegati delle Chiese
cristiane, comunità ecclesiali e altre tradizioni religiose, ricevuti stamani
in Sala Clementina. Il Pontefice ha ribadito con forza l’impegno della Chiesa
cattolica a lavorare per l’unità dei Cristiani. Quindi, ha ringraziato i
rappresentanti delle religioni che hanno voluto essere presenti alla Messa di
inizio Pontificato, così come nei momenti di congedo dal compianto predecessore
Giovanni Paolo II. Sull’udienza interreligiosa di Benedetto XVI, il servizio di
Alessandro Gisotti:
**********
Sulle
orme dei miei predecessori, in particolare Paolo VI e Giovanni Paolo II sento
il bisogno di riaffermare con forza l’impegno irreversibile preso dal Concilio
Vaticano II a percorrere la strada verso l’unità dei Cristiani. E’ quanto
sottolineato da Benedetto XVI, che ha ribadito come “il cammino verso la piena
comunione voluta da Gesù per i suoi discepoli” comporti “una docilità concreta
perché lo Spirito dia alle Chiese coraggio, dolcezza, fermezza e speranza per
conquistare questo traguardo”. D’altro canto, comporta anche una continua
preghiera per ottenere dal Buon Pastore il dono dell’unità del suo popolo:
“Nel salutarvi vorrei rendere grazie al Signore che
ci ha benedetto con la sua misericordia ed ha infuso in noi una sincera
disposizione a fare nostra la sua preghiera: ut unum sint. Egli ci ha reso così
sempre più consapevoli dell'importanza di camminare verso la piena comunione”.
“Con fraterna amicizia – ha proseguito – possiamo scambiarci i
doni ricevuti dallo Spirito e ci sentiamo spinti a incoraggiarci a vicenda perché
annunciamo Cristo ed il suo messaggio al mondo, che oggi appare spesso turbato
e inquieto, inconsapevole e indifferente”. Molto cammino è stato fatto durante
gli anni del Pontificato di Giovanni Paolo II, ha evidenziato Benedetto XVI,
aggiungendo che la partecipazione al lutto della Chiesa per la scomparsa del
suo Pastore ha mostrato “quanto vera e grande sia la comune passione per
l’unità”.
(NOTRE RENCONTRE DE CE JOUR…)
Il nostro incontro, ha aggiunto
in francese, è particolarmente significativo. La vostra presenza, “al di là di
ciò che ci divide e che getta delle ombre sulla nostra comunione piena e
visibile” è un segno di aiuto per il vescovo di Roma.
(I TURN NOW TO YOU, DEAR FRIENDS…)
Quindi, parlando in inglese, si
è rivolto ai rappresentanti delle altre tradizioni religiose. Un ringraziamento
particolare lo ha dedicato alla comunità musulmana. Benedetto XVI si è
felicitato per “la crescita del dialogo tra musulmani e cristiani, a livello
locale e internazionale”. Ha così assicurato che la Chiesa “vuole continuare a
costruire ponti di amicizia fra i seguaci di ogni religione”. La promozione
della pace, ha detto ancora, è un impegno imprescindibile per tutti i credenti:
All’inizio del mio Pontificato rivolgo a voi e a
tutti i credenti delle tradizioni religiose che rappresentate, come pure a
quanti ricercano con cuore sincero la Verità, un forte invito a diventare
assieme artefici di pace, in un reciproco impegno di comprensione, di rispetto
e di amore.
Il mondo in cui viviamo, ha
constatato il Papa, è spesso “segnato da conflitti, violenza e guerra ma vuole
ardentemente la pace, una pace che è soprattutto un dono di Dio, pace per la
quale dobbiamo pregare senza sosta”. La pace, è stato il suo richiamo, è un
“dovere a cui tutte le persone sono chiamate, ma soprattutto quanti professano
un credo religioso”. I nostri sforzi per “alimentare il dialogo – ha concluso –
sono un valido contributo a costruire la pace su solide fondamenta”. E’ allora
necessario “impegnarsi in un autentico e sincero dialogo, costruito sul
rispetto della dignità di ogni essere umano”, creato ad immagine e somiglianza
di Dio.
**********
LA GIOIA E LA FIDUCIA
DEL PAPA NELLA “CHIESA GIOVANE”
CHE SI RADUNERA’ A COLONIA: NELL’UDIENZA AI
PELLEGRINI TEDESCHI,
LE CONFIDENZE DI BENEDETTO XVI SULLA SUA ELEZIONE:
NON HO FATTO NULLA PER ESSERE ELETTO, HO DETTO IL
MIO SI’
- Servizio di Alessandro De Carolis -
Un Papa scelto dalla volontà di
Dio, che non ha chiesto né sperato nell’elezione, cosciente della propria
inadeguatezza. Un Pontefice “adottato” da Roma, ma sempre profondamente legato
alle sue origini tedesche e bavaresi. Un Papa fiducioso nell’integrità di una
Chiesa che considera viva e giovane, non macchiata dal materialismo e dalle
ingiustizie, il cui specchio è nella coscienza di quei ragazzi che tra meno di
quattro mesi saranno alla GMG di Colonia. Tra applausi, qualche battuta di
spirito e molti sorrisi si è svolta questa mattina, in Aula Paolo VI, l’udienza
di Benedetto XVI ai pellegrini tedeschi, giunti a Roma per la sua Messa di
inizio Pontificato. Il servizio di Alessandro De Carolis:
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Un’udienza vissuta dando voce al
cuore, alla rievocazione personale. Dopo la cerimonia di inizio Pontificato di
ieri mattina – in cui il senso collettivo della festa era inserito nella
cornice di un rituale solenne e scandito da gesti di alto valore simbolico -
per Benedetto XVI è arrivato questa mattina il momento dei sentimenti e del
racconto privato, nel contesto più libero e familiare dell’incontro con i
pellegrini tedeschi. In sei-settemila, si sono stretti con affetto attorno al
Papa, che non ha lesinato loro confidenze sulla sua elezione, chiedendo
sostegno e comprensione.
(applausi - musica organo)
Già al momento dell’ingresso del
Pontefice in Aula Paolo VI sulle note di un organo, si è percepito il clima di
un entusiasmo, per così dire, più “intimo”. Benedetto XVI, sorridente, ha
stretto dozzine di mani, passando nello stretto corridoio creato tra i fedeli,
ed ha raggiunto il suo posto, scusandosi scherzosamente per aver fatto
aspettare i presenti. La battuta ha sciolto ulteriormente l’atmosfera in una
platea dalla quale spuntavano, tra le altre, delle bandiere della Baviera,
terra d’origine del nuovo Papa. Osservandole, Benedetto XVI ha detto di essere
rimasto un bavarese anche da vescovo di Roma, nonostante si trovi nella
capitale da 23 anni. Tra queste due distinte zone geografiche, ha osservato
Benedetto XVI, si è verificato uno scambio fruttuoso, durante i secoli. La Baviera
e Roma, ha proseguito, hanno sempre avuto buoni rapporti e da Roma alla Baviera
è venuto il Vangelo. Poi, nel 18.mo secolo, anche dalla Baviera è giunto un
dono alla Chiesa, attraverso il Santo cappuccino bavarese Corrado, ma anche
attraverso padre Rupert Mayer, il gesuita che sfidò Hitler.
L’ascolto dei pellegrini si è
fatto meno rumoroso e più attento quando Benedetto XVI ha raccontato qualcosa
della sua elezione, pur senza violare il segreto, come ha tenuto a specificare.
Il Papa ha rivelato di non aver mai pensato di essere eletto, né di essersi
speso perché ciò avvenisse, aggiungendo di aver ricordato – quando ormai
l’elezione si profilava come certa – le parole contenute nella lettera
consegnatagli da un cardinale. Questi gli ricordava che se il Signore avesse
rivolto a lui il suo ‘seguimi’, allora egli avrebbe dovuto ricordare quanto
detto ai funerali di Giovanni Paolo II e non negarsi alla chiamata. Le strade
del Signore non sono comode, ha quindi aggiunto Benedetto XVI, ma noi non siamo
fatti per essere comodi e quindi non ho potuto fare altro che dire sì. Proprio
nei giorni della morte di Giovanni Paolo II, ha affermato il Papa, è apparso
chiaro a tutti che lui era percepito come un padre, e quindi la Chiesa non era
chiusa in se stessa, ma è di tutti: la Chiesa – ha ripetuto nuovamente tra gli
applausi - non è vecchia, ma è giovane, ribadendo di guardare con gioia
all’appuntamento di Colonia, dove i giovani e il mondo s’incontreranno con
Gesù.
Prima di concludere il suo
saluto, Benedetto XVI si è rivolto direttamente al cuore dei suoi connazionali,
chiedendo loro di camminare insieme e di confidare nel loro aiuto, chiedendo
nel contempo comprensione per gli eventuali errori, dai quali non è esente
nessun uomo, e fiducia. Un grande applauso ha suggellato queste parole, con
tutta l’assemblea che si alzava in piedi per manifestare il proprio
apprezzamento. Il Papa ha concluso intonando il Padre Nostro e l’Ave Maria,
attorniato da due cardinali tedeschi, Meisner di Colonia, e Wetter di Monaco,
suo successore nella diocesi tedesca, il quale ha donato al Pontefice una croce
pettorale d’oro finemente lavorata.
(applausi)
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IL PAPA SI RECA OGGI
ALLE 18.30 A SAN PAOLO FUORI LE MURA
PER L’OMAGGIO AL SAPOLCRO DI SAN PAOLO,
APOSTOLO DELLE GENTI.
E’ LA SUA PRIMA USCITA UFFICIALE DAL VATICANO
- Intervista con Edmund Power -
Una visita “per esprimere il legame inseparabile
della Chiesa di Roma con l’Apostolo delle genti”. Sta in questo il senso della
prima uscita ufficiale dal Vaticano di Benedetto XVI, che questa sera, alle
18.30, si recherà nella Basilica di San Paolo fuori le Mura, per venerare la
tomba dell’Apostolo. Una visita resa ancor più significativa dalla presenza,
nella Basilica, dell’Ordine dei padri Benedettini, al cui fondatore il nome del
nuovo Pontefice si riferisce esplicitamente. La nostra emittente
seguirà l’evento in radiocronaca diretta con commento in italiano sulle
frequenze di 585 kHz per l’onda media e di 105 MHz per la modulazione di
frequenza. Alla vigilia di questa visita, Marco Cardinali ha intervistato padre
Edmund Power, priore amministratore del Monastero di S. Paolo:
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R. - Siamo
molti onorati dal fatto che il Santo Padre abbia deciso di prendere il nome di
Benedetto, patriarca del monachesimo occidentale ed anche patrono d’Europa.
Tutti questi aspetti hanno senz’altro influenzato il Santo Padre nella sua
decisione di venire qui a San Paolo, che è anche un monastero benedettino da
1300 anni, per pregare in modo molto più semplice e sereno. Entrerà in
processione con i monaci e poi pregheremo insieme. Il Papa starà davanti al
santuario dell’Apostolo, pregherà, proclamerà una brano delle Sacre Scritture,
che sarà tratto dalla Lettera di San Paolo ai Romani. Poi ci sarà una breve
omelia e la benedizione. Sarà una cosa molto semplice concentrata soltanto
sulla parola di Dio, sulla preghiera profonda in questo contesto monastico.
D. – In qualche
modo questa visita potremmo leggerla anche nel bisogno di preghiera, di
silenzio, di riflessione che ha già espresso Benedetto XVI nei suoi primi
discorsi, per poter poi portare frutto nel ministero come successore
dell’Apostolo Pietro?
R.- Noi abbiamo un’antica
tradizione monastica, la Lectio Divina, cioè la meditazione e la preghiera
sulla base delle Sacre Scritture e questo come fondamento di qualsiasi azione
cristiana. Sono sicuro che il Santo Padre si rende conto fortemente di questa
realtà della vita, non soltanto della vita monastica, ma anche della vita
cristiana come la base di qualsiasi azione. Si possono fare tante cose per la
gente pastoralmente, ma se questa azione non è radicata nella meditazione
profonda della parola di Dio non è veramente cristiana. Vediamo che il
cardinale Ratzinger, prima di essere eletto Papa, ha avuto dei contatti molto
buoni con i benedettini. Noi ci sentiamo molto onorati dal fatto che un Papa
così influenzato dallo spirito monastico benedettino sia adesso sul trono di
Pietro. Noi crediamo che senz’altro egli vorrà sottolineare questo aspetto
contemplativo e scritturale del suo ministero.
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UNA CHIESA VIVA E GIOVANE CHE CERCA L’UMANITA’ SPERDUTA NEI DESERTI
DELLA POVERTA’ E
DELL’AMORE DISTRUTTO: IL COMMENTO DEL NOSTRO DIRETTORE, PADRE PASQUALE
BORGOMEO, ALL’OMELIA DI BENEDETTO XVI
IERI PER LA MESSA
D’INIZIO PONTIFICATO
La Chiesa è viva e giovane, e
nel nome del Cristo Risorto deve andare in cerca degli uomini sperduti nel
deserto della povertà, dell’abbandono, della solitudine, dell’amore distrutto,
per condurli “verso l’amicizia con il Figlio di Dio” che dona “la vita in pienezza”. Con queste parole
Benedetto XVI, durante l’omelia della solenne Messa di ieri in San Pietro, ha inaugurato il suo Pontificato. Il Papa,
che ha di nuovo chiesto ai fedeli di pregare per lui, ha parlato della gioia
dell’uomo che incontra Dio. E ha riecheggiato le parole di Giovanni Paolo II:
“Non abbiate paura di Cristo!... Aprite, spalancate le porte a Cristo e
troverete la vera vita”. Sulla giornata di ieri ascoltiamo la riflessione del
direttore generale della Radio Vaticana padre Pasquale Borgomeo:
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Il primo incontro del nuovo
Pastore della Chiesa con il popolo che il Signore gli ha affidato è stata la
luminosa, consolante rivelazione che molti si attendevano. E’ stata una
stupenda meditazione sul mistero di Cristo e dell’uomo, della Chiesa e del
ministero di Pietro. Meditazione proposta con una catechesi semplice e
profonda, ancorata ai testi e ai gesti della liturgia, di solido spessore
dottrinale ma vibrante di una passione appena contenuta.
La limpidezza dell’omelia era
quella dell’antico professore, ma il calore e la forza persuasiva di ogni
parola rivelavano il cuore del Pastore diventato Maestro nella fede,
l’innamorato di Cristo che fa di se stesso, con umiltà autentica, dono
incondizionato alla Chiesa e al mondo. Il suo saluto è andato, ben al di là
della Chiesa Cattolica, alle Chiese sorelle, con le quali il comune battesimo è
pegno di sospirata unità, ai fratelli maggiori della casa d’Israele per i quali
la promessa di Dio è irrevocabile, ai credenti di altre religioni, ai non
credenti. E’, in questo abbraccio universale, il respiro di una Chiesa viva, di
una Chiesa giovane, come Benedetto XVI ha affermato con serena certezza.
Il nuovo Papa non ha inteso
esporre il suo programma di governo. Ma ha di fatto iniziato a governare da
Pastore il suo gregge, dicendosi pronto ad ascoltare, per attuarla, la volontà
di Dio, ad ascoltare le aspirazioni profonde dell’uomo, che non è prodotto di
un capriccio del caso, ma frutto del pensiero di Dio, ciascuno singolarmente
voluto e amato da Dio. Ha affermato con convinzione che compito del Pastore è
mettersi al servizio della gioia del gregge; ha ricordato che quello che redime
non è il potere ma l’amore, ha portato come testimonianza la sua personale
esperienza per ribadire che far entrare Cristo nella propria vita non toglie
niente a nessuno, ma piuttosto apporta libertà, gioia e bellezza.
“Aprite le porte a Cristo”:
Benedetto XVI ha concluso la sua omelia con le stesse parole con le quali
l’amato Papa Giovanni Paolo II iniziò il suo Pontificato. In mutate condizioni
storiche, ma in continuità con il suo grande Predecessore, Benedetto XVI ha
ripreso il “Non abbiate paura”, rivolgendolo ancora una volta ai Grandi della
terra, ma anche a ciascuno di noi e anche a se stesso. “Abbiamo tutti paura che
Cristo ci porti via qualche cosa”. Là il Pastore va umilmente e coraggiosamente
a toccare il segreto travaglio di ogni autentica esperienza di fede. Pastore e
Padre, Pastore e fratello. E ci chiede di pregare per lui perché impari ad
amare tutti, perché non fugga davanti ai lupi. E ci ricorda che è il Signore
colui che porta la Chiesa, e che perciò nella Chiesa dobbiamo portarci l’un l’altro, tutti compreso il Papa.
Questo è il mistero della Chiesa
pellegrinante nella storia verso il suo Signore.Chiesa che oggi ringrazia il
Signore Gesù, per averle dato un Pastore umile e sorridente che inizia il suo
ministero avviandola con amore sui sentieri della speranza.
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Il Santo Padre ha ricevuto oggi in udienza l’arcivescovo
Angelo Amato, segretario della Congregazione per la Dottrina della Fede.
Il Papa ha promosso all'ordine dei vescovi il cardinale
Francis Arinze, assegnandogli la sede suburbicaria di Velletri-Segni.
Il Santo Padre ha quindi
confermato i membri dei Dicasteri della Curia Romana, fino al termine del
quinquennio per il quale sono stati nominati dal compianto Sommo Pontefice
Giovanni Paolo II.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Apre la
prima pagina il titolo "Sento fortemente il bisogno di affermare l'impegno
irreversibile verso la piena comunione voluta da Gesù": l'udienza di
Benedetto XVI ai delegati delle altre Chiese e Comunità ecclesiali e di altre
Tradizioni religiose convenuti a Roma per l'Elezione.
Nelle
vaticane, il discorso di Benedetto XVI ai pellegrini convenuti dalla Germania
in occasione dell'Elezione.
Nelle
estere, Contributo della Santa Sede alla XIII sessione della Commissione per lo
sviluppo sostenibile dell'ONU: promuovere il principio di sussidarietà come
strumento di ricostruzione della solidarietà e del tessuto sociale che unisce
le persone di ciascuna comunità.
Nella
pagina culturale, un articolo di Luciana Frapiselli su una recente mostra per
il primo centenario della fondazione del Museo di Piazza di Spagna dedicato al
poeta inglese John Keats.
Nelle
pagine italiane, in primo piano il sessantesimo anniversario della Liberazione.
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25
aprile 2005
DOPO TRENT’ANNI, LE TRUPPE
SIRIANE LASCIANO IL LIBANO:
AL RIMPATRIO DELL’ESERCITO DI
DAMASCO SONO ANCHE SEGUITE LE DIMISSIONI
DEL CAPO DEI SERVIZI SEGRETI
SIRIANI
- Intervista con Camille Eid -
Il Libano sta
vivendo in queste ore un momento atteso da trent’anni: nella notte gran parte
delle truppe siriane si sono ritirate dalle ultime postazioni nella valle della
Beqaa dove si trovano ancora solo pochi soldati di Damasco. Il capo
dell’intelligence militare siriana in Libano ha dichiarato che il ritiro sarà
ultimato nelle prossime ore. L’esercito di Damasco occupava il territorio
libanese dal 1976, quando era intervenuto per sedare la guerra che fino al 1990
ha insanguinato il Libano. Il servizio di Francesca Fraccaroli:
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Ieri, oltre 100 mezzi militari di Damasco hanno lasciato
la Valle della Bekaa e oramai solo poche centinaia di militari siriani restano
nel Paese dei cedri. Il presidente Bashar al-Assad ha ultimato il ridispiegamento
prima del 30 aprile, data che aveva annunciato in accoglimento della
risoluzione dell’ONU 1559, approvata lo scorso settembre. Le pressioni su
Damasco non sono però destinate a cessare. Oggi è attesa a Beirut una prima
parte della Commissione di inchiesta delle Nazioni Unite che dovrà indagare
sull’assassinio dell’ex premier, Rafik Hariri, che l’opposizione libanese attribuisce
proprio ai servizi segreti siriani. E’ di ieri, intanto, la notizia che Saad
Hariri, uno dei figli dell’ex primo ministro, si candiderà alle elezioni politiche
che dovrebbero tenersi il mese prossimo. Il giovane Hariri ha detto in
un’intervista alla rete americana CNN di voler seguire la strada del padre e si
è detto certo che prima o poi verrà fatta piena luce sull’attentato del 14 febbraio.
Per la Radio Vaticana, Francesca
Fraccaroli.
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Al ritiro delle truppe di Damasco hanno fatto seguito,
questa mattina, le dimissioni del capo dei servizi segreti filosiriani. Per il
Paese, dunque, si prospetta davvero una svolta. Andrea Sarubbi ne ha parlato
con il giornalista libanese Camille Eid, collaboratore di “Avvenire”:
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R. - Per molti libanesi il ritiro militare siriano è un
evento storico. Molti erano sicuri che un giorno la Siria si sarebbe ritirata
dal Libano. Altri, invece, ritenevano poco probabile un rimpatrio completo.
Nell’accordo di Tajif, che regolava il rapporto tra i due Paesi, era comunque
previsto il dispiegamento di un contingente siriano nella Valle della Bekaa. Il
ritiro deciso da Damasco è invece completo. Comprende anche i membri dei
servizi segreti che dettavano ai responsabili della polizia libanese gli orientamenti
politici ed economici. Quello che avviene oggi in Libano dovrebbe dunque costituire
una svolta per il Paese. Ci sono già alcuni segnali di un cambiamento. Tra
questi, si deve registrare la prossima scarcerazione del leader delle forze
libanesi Samir Geàgeà, in carcere da 11 anni. Sarà fondamentale capire cosa
significherà questo ritiro a livello politico. Lo capiremo in modo evidente
grazie alle elezioni che dovrebbero tenersi il 29 o il 31 maggio.
D. – Israele ha detto: “Dopo il ritiro siriano si può
ricominciare a parlare di pace tra noi e il Libano”. E’ uno scenario possibile?
R. – Sarà possibile ma non subito. Il Libano sostiene di
voler essere l’ultimo Paese arabo a sottoscrivere un accordo di pace con Israele.
Ci sono ancora delle questioni sospese: ci sono alcuni detenuti libanesi nelle
carceri israeliane e soprattutto c’è un legame di solidarietà con la Siria. Il
Libano, per tranquillizzare Damasco, ha detto che mai avrebbe intavolato dei
negoziati con Israele prima del recupero da parte della Siria delle Alture del
Golan. Siamo in una fase delicata: il popolo libanese ha bisogno di recuperare
fiducia nell’avvenire. Abbiamo altri nodi che adesso vengono al pettine dopo il
ritiro siriano. Il più importante è quello del disarmo degli Hezbollah e delle
milizie palestinesi. E’ importante, comunque, non acuire tensioni che potrebbero
portare ad una spaccatura interna libanese.
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GLI
ARMENI HANNO RICORDATO IL 90° ANNIVERSARIO DEI MASSACRI COMPIUTI DALL’IMPERO
OTTOMANO CONTRO IL LORO POPOLO
-
Intervista con padre Mikael Mouradian -
Milioni
di armeni in tutto il mondo hanno ricordato ieri il 90.mo anniversario dei
massacri compiuti da parte dell’esercito ottomano contro il loro popolo, piccola
minoranza cristiana dell’Impero. Una eliminazione sistematica degli armeni che
ebbe il suo picco fra il 1915 e il 1916, proseguendo fino al 1923, quando all’Impero
Ottomano subentrò la Repubblica turca. Secondo le stime degli storici, morirono
un milione e mezzo di persone. La Turchia, erede di quell’Impero, nega però che
vi fosse la volontà di sterminare un popolo.
Ma a che punto si trova attualmente il processo di riconoscimento del
genocidio degli armeni a livello internazionale? Eugenio Bonanata lo ha chiesto
a padre Mikael Mouradian, rettore del Pontificio Collegio Armeno:
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R. -
Purtroppo, fin dal primo momento, le grandi potenze non hanno accettato questo
genocidio, non l’hanno riconosciuto fino a tal punto che quando Hitler decise
di fare lo sterminio del popolo giudeo disse: “Ma chi si ricorda mai del
genocidio degli armeni!?”. Perciò, il non riconoscere il genocidio armeno ha
dato luogo ad altri massacri nel XX secolo. Ma grazie a Dio, pian piano tante
nazioni hanno accettato l’esistenza storica di questa tragedia che ha vissuto
il popolo armeno. Recentemente è stata la Polonia a riconoscere che storicamente
è avvenuto il genocidio armeno … anni fa la Francia … qui in Italia ci sono
comuni che hanno accettato, altri che stanno studiano la cosa.
D. – Fra i diversi Paesi la
Turchia non accetta la denominazione di sterminio e parla, piuttosto, di
centinaia di migliaia di armeni uccisi in una rivolta civile durante la prima
guerra mondiale …
R. – Io penso che un popolo che
non accetta la sua storia non può andare avanti, non può costruire il futuro su
una strada buona e giusta. Io penso che è arrivato il tempo di ridare giustizia
agli armeni, di accettare la verità storica che è accaduta in Turchia nel 1915,
e di entrare in Europa in maniera corretta.
D. - In questi giorni il premier
turco Erdogan ha invitato gli storici ad esaminare gli archivi per stabilire la
verità ...
R. – Questi documenti sono già
conosciuti in tutti gli archivi del mondo e non penso ci sia bisogno di
ritornare a documenti per dare ragione dell’esistenza di questo genocidio.
D. – Quali sono le richieste dei
sopravvissuti e, soprattutto, del popolo armeno?
R. – Questo genocidio è come una
spada nel cuore di ogni armeno. Basterebbe dare ragione alla verità, perché se
non accettiamo tutti i torti che sono stati fatti nella storia, non andiamo
avanti, e il più grande esempio di questo è stato Sua Santità Giovanni Paolo II
quando ha chiesto perdono, a nome della Chiesa e dei cristiani, di tutti i
torti che i cristiani avevano fatto a chiunque. Perciò, prego il Signore
affinché apra la mente di tutti i responsabili del mondo, affinché riconoscano
questa verità, non soltanto per dare diritto agli armeni, ma perché non succeda
più qualcosa del genere nel mondo.
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IN ITALIA OGGI LE CELEBRAZIONI PER IL 25 APRILE,
60.MO ANNIVERSARIO DELLA LIBERAZIONE DAL
NAZI-FASCISMO,
APERTE DAL PRESIDENTE CIAMPI AL QUIRINALE
- A.V. ha incontrato l’On. Tina Anselmi,
partigiana durante la Resistenza,
poi parlamentare e ministro della Repubblica
italiana -
Questa mattina dal Quirinale a
Roma il Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi ha aperto le
celebrazioni per il 60esimo anniversario della Liberazione in Italia dal
nazi-fascismo. ''Lo spirito della Resistenza vive nel testo della Costituzione
Repubblicana'': questo il passaggio più applaudito del suo discorso, in cui ha
ammonito sul “dovere della memoria”. ''Il ricordo di quei giorni - ha detto il
Capo dello Stato - ci fa guardare con fiducia al nostro futuro. Ci fa sentire
il dovere di essere uniti tutti nell'amore per la Patria italiana ed europea,
uniti nell'orgoglio delle nostre grandi tradizioni di civiltà, uniti
nell'impegno a contribuire al progresso e alla pace di tutti i popoli''.
Festeggiamenti oggi in tutta
Italia, capofila Milano con la presenza dei rappresentanti dei partiti politici
e sindacali, atteso lo stesso Ciampi mentre è polemica per l’assenza del Capo
del Governo Berlusconi, di Alleanza Nazionale e Lega. Sul significato storico e
sull’attualità del 25 aprile, A.V. ha intervistato l’On. Tina Anselmi,
che fu staffetta partigiana durante la Resistenza, prima di partecipare alla
vita della Repubblica italiana come parlamentare e prima donna ministro.
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R. - In
passato abbiamo rischiato che si trasformasse in un fatto rituale. Invece,
quest’anno, soprattutto per merito della scuola, c’è stata una ripresa di attenzione,
un dialogo fra i giovani e gli adulti. C’è un messaggio che io trasmetto sempre
ai giovani: “Tenete la vita, e la vita del vostro Paese, nelle vostre mani. Non
rinunciate a partecipare, perché se ciascuno di noi non assolve il suo compito
non ci sarà un grande uomo che risolverà tutto per tutti”.
D. – Oggi, però, si parla anche
di “pacificare la storia”. E’ possibile riunire le parti che furono
contrapposte, o devono essere mantenute delle differenze?
R. – Ma le differenze erano
nelle cose, erano nelle situazioni. Quando io sono stata obbligata, insieme ai
miei compagni di scuola, ad andare a vedere i partigiani impiccati, non c’erano
disquisizioni che potessero farci ignorare che quei ragazzi impiccati fossero i
nostri amici, i nostri fratelli. Dobbiamo domandarci perché il Fascismo ha
messo piede nel nostro Paese, perché ci sono state tante uccisioni, tanti
delitti, tanta sofferenza … Quando le leggi, come in questo caso, non rispettano
alcuni valori, non è che questi valori si cancellino o si introducano perché è
comodo politicamente ... La politica non può essere convenienza, deve essere fedeltà
ai valori che si vivono.
D. – Quanto conta la politica e
quanto contano anche le decisioni individuali?
R. – Si intrecciano, perché la
politica esige assunzione di responsabilità, e queste responsabilità me le devo
assumere con gli altri, con quanti vivono come me in questa comunità; è dalla
somma di questo impegno che deriva una società più giusta. Quindi, sempre la
storia può e deve essere riletta, ma non deve essere deformata, non deve essere
una storia fatta su misura, ma una storia rispettosa della verità. E in questa
verità ognuno porta la sua parte, il suo impegno, il suo senso dello Stato, la
sua comprensione di quello che la guerra è stata come tragedia, e della
rinuncia che noi dobbiamo fare all’uso della forza e della violenza, sempre!
Perché, per quella strada, quella della violenza, quella della rinuncia
all’impegno, noi rischiamo di trovarci nuovamente a pagare un prezzo molto alto
anche per la nostra società.
D. – Alla base della nostra
Costituzione italiana, proprio quei valori proclamati dalla Resistenza …
R. – Diceva Giorgio La Pira:
“Nessun valore, di quelli in cui crediamo noi cattolici, è stato nella
Costituzione tradito”. Leggete la Costituzione, e troverete quanti valori, quante
idee, quante indicazioni ci vengono date che possono aiutarci a capire anche il
presente e a costruire un presente più ricco di significato. Io do un giudizio
positivo sulla nostra Costituzione. Dico che il Paese cambia, che la società
cambia, che quindi questo vestito può essere anche modificato, ma altro è
modificare la Costituzione, altro è tradirla nei suoi valori essenziali.
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25 aprile 2005
SI E’ CHIUSO QUESTA MATTINA A
RIMINI LA 28.ESIMA CONVOCAZIONE NAZIONALE
DEL RINNOVAMENTO NELLO SPIRITO SANTO
- A cura di Luciano Castro -
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RIMINI.
= “Benedetto XVI dice il vero: la Chiesa è viva!”. Così il coordinatore nazionale
del Rinnovamento nello Spirito, Salvatore Martinez, ha concluso stamani la
28.esima Convocazione del Movimento. Queste parole del Papa, pronunciate ieri
dal sagrato di San Pietro, sono state accolte dal grande applauso dei quasi 25
mila presenti a Rimini. Martinez ha sottolineato che il Rinnovamento “non si
stancherà mai di gridare con il Papa che la Chiesa è viva, perché – ha detto –
abitata dal Vivente Gesù Cristo e animata dallo Spirito Santo”. “Continueremo a
moltiplicare gli sforzi – ha aggiunto Martinez – perché la spiritualità
carismatica che il Rinnovamento porta sia di tutti, perché i nostri gruppi e comunità
siano sempre più garanzia di fedeltà alla Chiesa, al suo Magistero, alle sue
aspettative”. Dopo aver annunciato un seminario di Vita Nuova per sacerdoti e
religiosi – che si terrà a Loreto a metà giugno – Martinez ha anche ricordato i
temi del “Meeting sulla Vita”, svoltosi ieri sera a Rimini, in vista del
referendum abrogativo della legge 40 sulla fecondazione medicalmente assistita.
“In piena adesione alla campagna astensionistica promossa dalla Chiesa italiana
– ha detto – il 12 giugno non andremo a votare. Organizzeremo, invece, incontri
di preghiera e pellegrinaggi”. Guardando poi al prossimo agosto, Martinez ha
confermato la presenza numerosa dei giovani del Rinnovamento alla Giornata
Mondiale della Gioventù a Colonia.
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IN AFGHANISTAN, SI ALLUNGANO LE OMBRE DELLE BARBARE ESECUZIONI
DEI
TALEBANI. LAPIDATA UNA GIOVANE DONNA 29.ENNE, ACCUSATA DI ADULTERIO
FAIZABAD.
= L’Afghanistan ripiomba nell’orrore. Una donna di 29 anni, sposata, è stata
uccisa a sassate in pubblico per adulterio. Il suo amante è stato frustato e
poi liberato. E’ la prima volta che si verifica un episodio così inquietante,
dopo la caduta del regime dei Talebani e l’ascesa del nuovo Afghanistan di
Hamid Karzai. La polizia ha specificato che la “condanna alla lapidazione” è
stata eseguita giovedì scorso, nel distretto di Argo, a ovest di Faizabad,
capoluogo della provincia di Badakhshan, sulla scorta di una sentenza di una
Corte distrettuale. Sul caso è stata aperta un’inchiesta. Secondo quanto ha
riferito un testimone, la giovane, Amina, è stata trascinata fuori dalla casa
dei genitori da funzionari locali, mentre il marito l’ha uccisa a sassate. La
Commissione indipendente afghana dei diritti dell’uomo, invece, ha riferito che
la donna non è stata lapidata, ma uccisa dalla famiglia del marito. Ieri,
reporter locali hanno dichiarato che si tratta della seconda e non della prima
lapidazione di una donna dalla sconfitta del regime. Negli anni ’90, nella remota
provincia del Badakhshan, vari uomini e donne sono stati puniti con la lapidazione.
Alcuni di questi misfatti sono stati menzionati dall’Associazione delle donne
afghane Rawa. La pratica divenne comune con il regime ultra-fondamentalista dei
Talebani, cacciati dal Paese appunto alla fine del 2001. Una delle tante regole
emanate dai Taleban, per restringere la libertà femminile, prevedeva – oltre al
divieto di ridere, di apparire sul balcone di casa e così via – la lapidazione
pubblica per le donne accusate di aver relazioni sessuali al di fuori del
matrimonio. Molte esecuzioni pubbliche di donne avevano luogo in stadi
sportivi. Nella nuova Costituzione sottoscritta il 4 gennaio 2003, agli uomini
e alle donne vengono attribuiti gli stessi diritti, mentre uno dei punti
fondamentali è la protezione dei diritti umani. (B.C.)
ARRESTATI 40 CRISTIANI IN ARABIA SAUDITA. I FEDELI
STAVANO PARTECIPANDO
AD UNA
MESSA CELEBRATA IN UN’ABITAZIONE PRIVATA
RIAD. = La polizia saudita ha
tratto in arresto sabato quaranta pakistani di religione cristiana, che
assistevano ad una messa celebrata in un’abitazione privata. In Arabia Saudita,
è vietata la pratica di qualsiasi fede che non sia l’Islam. La polizia ha fatto
irruzione in una casa della capitale Riad, dove il gruppo di fedeli, uomini, donne
e bambini, assisteva alla celebrazione eucaristica. Non è tutt’ora chiaro quali
iniziative saranno prese contro le persone fermate. Gravi violazioni della
libertà di culto in Arabia Saudita erano state denunciate lo scorso anno anche
dagli Stati Uniti, in un rapporto annuale redatto dal Pentagono. (B.C.)
RIFLETTORI
ACCESI SULLA GIORNATA AFRICANA DELLA MALARIA 2005.
IL TERRIBILE MALE CAUSA DUE MILIONI DI VITTIME
OGNI ANNO
GINEVRA. = Si celebra oggi la
“Giornata africana della malaria 2005”, promossa dall’Organizzazione Mondiale
della Sanità (OMS), sul tema “Uniti contro la malaria” e con lo slogan “Insieme
possiamo vincere la malaria”. Il terribile male, infatti, uccide nel continente
africano un bambino ogni 30 secondi e quasi due milioni di persone in tutto
ogni anno. Sebbene manchi ancora un vaccino capace di immunizzare l’organismo
contro i protozoi parassiti trasmessi dalle zanzare anofele, le terapie
combinate a base di Artemisia (ACT) hanno già riscosso grandi successi. In
proposito, l’OMS ha fatto delle ACT il cardine del proprio programma internazionale
di lotta “Roll back malaria”, raccogliendo la risposta positiva di 50 sistemi
sanitari nazionali. Prevedere l’uso delle ACT, tuttavia, non significa poterne
disporre. In proposito, denunciano con forza diverse organizzazioni non governative,
i farmaci efficaci contro la malaria continuano in realtà a mancare proprio
dove sono più necessari. La Giornata di oggi, dunque, sarà un’occasione per riflettere
sulle cause profonde che hanno prodotto fin qui il fallimento delle campagne
internazionali. (B.C.)
GLI OBLATI DI MARIA IMMACOLATA HANNO
FESTEGGIATO A LORETO IL DECENNALE
DELLA
CANONIZZAZIONE DEL LORO FONDATORE, SANT’EUGENIO DE MAZENOD
LORETO. = Si sono concluse ieri a
Loreto le celebrazioni per il decennale della canonizzazione di Sant’Eugenio De
Mazenod, fondatore dei Missionari Oblati di Maria Immacolata (OMI). Giovanni
Paolo II ha proclamato santo il vescovo di Marsiglia e fondatore dei missionari
OMI il 3 dicembre 1995. “Eugenio de Mazenod – disse Papa Wojtyla in
quell’occasione – è stato uno di quegli apostoli che hanno preparato i tempi
moderni, il nostro tempo. Aveva, in effetti, profondamente sentito
l’universalità della missione della Chiesa”. Le iniziative si sono svolte
presso il Centro Giovanni Paolo II, affidato da alcuni anni ai missionari OMI.
Nella serata di ieri, inoltre, si è svolta una veglia di preghiera nel
Santuario, con la partecipazione di un gruppo di pellegrini della Germania e di
padre Vincent Gruber, oblato francese che ha presentato sette quadri sulla vita
di Eugenio De Mazenod. I Missionari Oblati di Maria Immacolata oggi sono 4.400,
presenti in 70 nazioni di tutti i continenti. (B.C.)
“LA VITA DI MARIA NELL’ARTE DAL ‘300 AL ’400”. DAL
28 APRILE ALL’11 MAGGIO
PROSSIMI,
A ROMA, UNA MOSTRA PER RIPERCORRERE LA VITA DELLA VERGINE,
TRA DIPINTI
E ANTICHE PREGHIERE
ROMA. =
Dal 28 aprile all’11 maggio prossimi, si svolgerà a Roma, presso il Centro Culturale
Giovanni Paolo II, una mostra dedicata alla vita della Vergine, dall’Immacolata
Concezione all’Assunzione ed Incoronazione in cielo. La rassegna, intitolata
“Vita di Maria nell’arte dal ‘300 al ‘400”, si svolgerà con il patrocinio del
Servizio diocesano per la Pastorale giovanile di Roma, dell’Assessorato alla
cultura del Comune di Roma e dell’ANCO, l’Associazione nazionale commercianti.
L’iniziativa è curata e realizzata da Paola e Gabriella Bruni. Il loro intento
è quello di trasmettere, attraverso un mezzo raffinato e sempre vivo come
l’arte, le tappe fondamentali della vita della Vergine Maria, mostrandone i
suoi colori e le intense sfumature. L’arte diviene, quindi, uno strumento
educativo ed insieme di contemplazione religiosa, il tutto immerso
nell’incantevole cornice della Basilica dei Santi Ambrogio e Carlo. Nelle sale
sotterranee della chiesa, sarà possibile ammirare 29 pannelli raffiguranti le
opere di artisti come Giotto, Paolo Uccello, Piero della Francesca, Masaccio e
Beato Angelico, che ritraggono episodi della vita della Madonna. Inoltre,
queste pitture saranno intervallate da alcune antiche preghiere dedicate a
Maria, in un periodo compreso tra il XIV e XV secolo. I visitatori potranno
anche ammirare, accanto alle tombe monumentali, tra cui quella del cardinale
Federico Borromeo, la cripta della Basilica, aperta al pubblico per la prima
volta dopo un lungo periodo di restauro. (M.V.S.)
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25
aprile 2005
- A cura
di Amedeo Lomonaco -
Si aggrava il bilancio della
sciagura avvenuta stamani nella città di Amagasaki, in Giappone: i morti sono
almeno 50 ed i feriti oltre 300. Un convoglio è deragliato ed è andato a
schiantarsi contro un condominio di 9 piani. E’ il più grave incidente
ferroviario verificatosi in Giappone negli ultimi 40 anni. La polizia sospetta
che la tragedia sia stata provocata dall’eccesso di velocità. Il capotreno
aveva segnalato poco prima che il convoglio viaggiava con un ritardo di un
minuto e mezzo. Nelle ore di punta i treni interurbani viaggiano in rapida
successione con intervalli di circa tre minuti l’uno dall’altro. Ogni piccolo
ritardo provoca, quindi, scompensi generalizzati sull’intera linea.
Il rafforzamento della
democrazia è l’obiettivo principale del Cremlino. Nel suo discorso annuale alla
nazione, Vladimir Putin si è impegnato a far fronte alle critiche della
comunità internazionale sui temi della tutela dei diritti umani e dello stato
di diritto: “Il principale compito ideologico e politico”, ha detto il
presidente di fronte al parlamento in seduta congiunta e in diretta televisiva,
è lo sviluppo della Russia nelle direzioni della libertà e della democrazia.
In Iraq, a quasi tre mesi dalle
elezioni generali dello scorso 30 gennaio, è atteso in giornata l’annuncio del
nuovo governo transitorio iracheno. Lo ha riferito Jawad Maliki, numero due del
‘Dawa’, lo stesso partito del primo ministro designato Ibrahim al-Jaafari.
Fonti coinvolte nei negoziati hanno dichiarato che l’ex premier ad interim,
Iyyad Allawi, non sarà coinvolto nel nuovo esecutivo.
Strage evitata in Afghanistan:
la polizia ha sventato un attentato dinamitardo che avrebbe potuto avere
conseguenze spaventose a Herat, capoluogo dell’omonima provincia occidentale.
E’ stata intercettata e subito neutralizzata un’auto-bomba imbottita con circa
mezza tonnellata di esplosivi.
Resta alta la tensione in
Israele dopo l’inizio della Pasqua ebraica che si concluderà il prossimo primo
maggio. Tre attivisti palestinesi sono stati arrestati dall’esercito israeliano
perché accusati di pianificare un attentato durante i riti delle celebrazioni.
Nella Repubblica Ceca si è
dimesso il primo ministro Stanislav Gross, al centro di uno scandalo
sull’origine del suo patrimonio personale. L’incarico di premier dovrebbe
essere ora conferito al vice presidente dei socialdemocratici, Jiri Paroubek,
ministro uscente per lo Sviluppo Locale.
In Lussemburgo, nella
suggestiva cornice dell’abbazia di Neumünster, si terrà oggi pomeriggio, alle
17, la cerimonia per la firma del Trattato di adesione di Romania e Bulgaria
all’Unione Europea. Alla cerimonia parteciperanno i capi di Stato e di governo,
o i loro rappresentanti, dei 25 Stati membri dell’UE. Dopo la firma dei
documenti di adesione, sono previsti inoltre i discorsi del primo ministro
della Repubblica di Bulgaria, Simeone di Sassonia-Coburgo e del presidente
della Romania, Traian Basescu. Il nostro servizio:
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La data di adesione è fissata per il primo gennaio
del 2007. Fino ad allora i due Paesi candidati dovranno proseguire sulla via
delle riforme per rispondere pienamente ai criteri di Copenaghen. Romania e
Bulgaria dovranno recuperare velocemente terreno in alcuni settori
chiave, a partire da quelli della giustizia, della concorrenza e della pubblica
amministrazione se non vorranno incorrere in uno slittamento dell’ingresso
nell’UE. I 25, infatti, potranno ritardare l’adesione fino al 2008 se i due
Paesi non si conformeranno alle normative comunitarie. Nel mese di novembre
Bruxelles dovrà pubblicare i rapporti di valutazione sui risultati ottenuti dai
governi di Bucarest e Sofia: a quel punto si saprà con maggiore certezza se la
data del primo gennaio del 2007 potrà essere rispettata. L’Unione Europea ha
più volte insistito sulla necessità di intensificare la lotta alla corruzione
in Romania e sull’urgenza di ammodernare il sistema giudiziario in Bulgaria. I
due Paesi, con un prodotto interno lordo che nel 2004 non superava il 30 per
cento della media comunitaria, saranno i primi beneficiari dei fondi per la
coesione territoriale. Ma questi finanziamenti - fanno notare a Bruxelles -
dovranno trovare terreno fertile perché possano dare effettivamente buoni
frutti.
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In un clima di grande tensione, il Togo ha votato
ieri per eleggere il successore del presidente Gnassingbé Eyadéma, morto a
febbraio dopo 38 anni di potere assoluto. Dopo la chiusura dei seggi, almeno
tre persone sono morte e 13 sono rimaste ferite nella notte a Lomè, capitale
togolese, durante scontri scoppiati tra opposte fazioni. Il delicato momento dello Stato africano
viene sottolineato anche in un messaggio inviato all’Agenzia Ansa dai padri
comboniani di Lomè. “Ci sono tutte le condizioni – si legge nel testo – perché
si verifichi un nuovo drammatico caso Ruanda”.
E’ arrivata stamani in
Etiopia la terza ed ultima parte della stele di Axum. Si è completata così la
complessa operazione con cui lo Stato italiano ha restituito al Paese africano
l’obelisco portato a Roma nel 1937 dalle truppe di Mussolini.
Si è conclusa con un completo
successo la missione spaziale ‘Eneide’: sono rientrati nella notte con la
navetta ‘Soyuz’ gli astronauti Roberto Vittori, Salizhan Sharipov e Leroy
Chiao. I tre uomini dell’equipaggio stanno bene e adesso stanno affrontando i
controlli medici nel centro di addestramento di Città delle Stelle, nei pressi
di Mosca, dove sono arrivati questa mattina dal Kazakhstan.
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