RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLIX n.
104 - Testo della trasmissione di giovedì 14 aprile 2005
IL PAPA E LA SANTA SEDE:
IN PRIMO PIANO:
Unità per il popolo cristiano: l’impegno instancabile di Giovanni Paolo II sulla via dell’ecumenismo
CHIESA E SOCIETA’:
Una nuova radio in Terra Santa, nata dalla collaborazione tra israeliani e palestinesi.
In Iraq, almeno
15 morti per un duplice attentato a Baghdad rivendicato dal gruppo di Al
Zarqawi
In Libano, il premier
designato Karame rinuncia a formare il nuovo governo. Ricordato ieri il 30.mo
anniversario della guerra in Libano
Sempre più difficili i
rapporti tra Cina e Giappone: Tokyo accusa Pechino di non aver fatto il
necessario per evitare le violente manifestazioni antinipponiche dei giorni
scorsi in Cina.
14 aprile 2005
ALLA DECIMA CONGREGAZIONE
GENERALE IN VATICANO,
LA MEDITAZIONE DI PADRE RANIERO CANTALAMESSA AL
COLLEGIO CARDINALIZIO.
NUOVO CONFRONTO SULLA SITUAZIONE DELLA CHIESA E
DEL MONDO
- A cura di Alessandro De Carolis -
Una meditazione sui problemi della
Chiesa e sulla “scelta illuminata del nuovo Pontefice”: è la riflessione che ha
occupato parte della decima Congregazione generale di questa mattina, nell’Aula
nuova del Sinodo, alla quale hanno partecipato 142 cardinali. A tenere la
meditazione, una delle due istituzionali previste dalla Costituzione apostolica
Universi Dominici Gregis prima
dell’inizio del Conclave, è stato padre Raniero Cantalamessa, dal 1980
predicatore della Casa pontificia.
Al termine
della meditazione e dopo alcuni momenti di silenzio e di preghiera
– informa una nota della Sala stampa vaticana – i porporati “hanno ripreso lo scambio di idee sulla situazione
della Chiesa e del mondo”. L’attenzione dei porporati si è soffermata ancora
sul chiarimento di alcune interpretazioni legate alla Costituzione apostolica
che regola il periodo di Sede vacante. Inoltre, i cardinali hanno proceduto al sorteggio delle camere che occuperanno
nella Domus Sanctae Marthae, durante il Conclave.
La nota della Sala stampa
vaticana informa, infine, della nuova composizione della cosiddetta
Congregazione particolare: ne fanno parte da oggi il cardinale Giovanni Battista
Re, per l'Ordine dei vescovi; il cardinale
Oscar Andrés Rodríguez Maradiaga, per l'Ordine dei presbiteri; il cardinale
Crescenzio Sepe, per l'Ordine dei diaconi. Ricordiamo che vengono sorteggiati
volta per volta tre cardinali per tale Congregazione particolare che si distingue
da quella generale perché pensata per il disbrigo delle questioni ordinarie.
LA
PREZIOSA EREDITA’ DI GIOVANNI PAOLO II ALLA CHIESA E AL MONDO:
TEMA CENTRALE DELL’OMELIA DI
MONS. LEONARDO SANDRI, NELLA CELEBRAZIONE
DEL VI NOVENDIALE IN SUFFRAGIO
DEL PAPA.
OGGI POMERIGGIO IL SETTIMO NOVENDIALE
CELEBRATO DALLE CHIESE ORIENTALI
La
Curia Romana si è riunita ieri nella Basilica vaticana per celebrare il Sesto Novendiale
in suffragio di Giovanni Paolo II. Mons. Leonardo Sandri, sostituto della
Segreteria di Stato e arcivescovo titolare di Cittanova, che ha presieduto la
celebrazione, ha lanciato un invito a riflettere sulla preziosa eredità
lasciata da Giovanni Paolo II e sul compito della Chiesa di farla fruttificare.
Tra i concelebranti anche il segretario di Karol Wojtyla, mons. Stanislao
Dziwisz. Il servizio è di Stefano Leszczynski:
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Raccolti in preghiera nella
Basilica di San Pietro, per celebrare questa sesta messa esequiale in suffragio
del Papa, i membri della Curia Romana, cioè i più diretti collaboratori di
Giovanni Paolo II che, come ha sottolineato l’arcivescovo Leonardo Sandri,
hanno avuto il compito e il privilegio di condividerne la sollecitudine
pastorale per tutta la Chiesa.
“A noi, innanzitutto, spetta il compito di custodire e di far
fruttificare ciò che questo Papa straordinario ha consegnato nel corso della
vita e nel momento della morte alla Chiesa e al mondo intero”.
Mons. Sandri ha ripercorso
nell’omelia alcuni punti fondamentali del Magistero di Giovanni Paolo II: la
Lettera apostolica Novo millennio ineunte,
con cui ha tracciato le linee guida del terzo millennio cristiano indicando nel
Concilio Ecumenico Vaticano II la sicura bussola per il cammino della Chiesa e
indicando ad ogni battezzato l’impegno primario per la santità. La devozione
alla Vergine Maria con l’indizione dell’Anno del Rosario e il corrente Anno
dell’Eucaristia con l’indizione del quale ha ribadito la centralità del Mistero
eucaristico:
“Da oltre mezzo secolo - scriveva il Papa - ogni giorno i miei occhi sono
raccolti sull’ostia e sul calice”.
Come non vedere – ha aggiunto
mons. Sandri - nella morte del Papa, coincisa proprio con la Pasqua dell’Anno
dell’Eucaristia, un misterioso richiamo all’intensità con cui Giovanni Paolo II
ha partecipato al sacrificio di Cristo ogni giorno della sua vita, facendo dono
della propria persona, attraverso il dolore e la sofferenza, alla Chiesa e al
mondo.
Semplicità e umiltà nella vita,
servizio fedele e disinteressato nella vigna del Signore, costante
disponibilità e docile adesione alla volontà di Dio, ecco – esorta mons. Sandri
– l’esempio che Giovanni Paolo II lascia alla Curia Romana, cuore della
cattolicità.
“Caro e amato Santo Padre, Giovanni Paolo II, grazie per l’esempio che ci
lascia. Come chicco di grano buono e fecondo, unito alla morte di Cristo, ella
veramente ha portato frutti abbondanti che Dio conserverà per la vita eterna”.
(canto)
**********
E oggi pomeriggio, alle ore
17.00, nella Basilica di San Pietro, si terrà il settimo Novendiale, celebrato
dalle Chiese Orientali. La liturgia in Rito
orientale sarà presieduta da Sua Beatitudine Pierre Sfeir Nasrallah, Patriarca di Antiochia dei Maroniti.
La cerimonia sarà trasmessa in radiocronaca diretta dalla nostra emittente
a partire dalla stessa ora, con commenti in italiano per la zona di Roma, sulle
frequenze in onda media di 585 kHz e in modulazione di frequenza di 105 MHz, in
spagnolo solo per il satellite e in inglese per il collegamento ISDN.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Prima
pagina: il titolo è “Il silenzio e la preghiera dei cardinali”: prosegue il pellegrinaggio
del popolo di Dio presso la tomba del Santo Padre Giovanni Paolo II.
L’omelia
dell’arcivescovo Leonardo Sandri durante la concelebrazione eucaristica per la
Curia romana nel VI giorno dei Novendiali.
Decima
Congregazione generale: attività del Collegio cardinalizio.
Sei
pagine dedicate alla biografia di Giovanni Paolo II.
Una
pagina con articoli sulla figura di Giovanni Paolo II il Grande.
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14 aprile 2005
UNITA’ PER IL POPOLO CRISTIANO: L’IMPEGNO
INSTANCABILE
DI GIOVANNI PAOLO II SULLA VIA DELL’ECUMENISMO
“Il Vescovo di Roma deve assicurare la comunione di tutte
le Chiese. A questo titolo, egli è il primo tra i servitori dell'unità dei
cristiani”. E’ uno dei passaggi fondamentali dell’enciclica di Giovanni Paolo
II Ut Unum Sint. Un impegno, quello ecumenico, che il Santo Padre ha
perseguito instancabilmente lungo tutto il suo Pontificato. Il servizio di Alessandro
Gisotti:
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(musica)
Unità, unità
per il popolo cristiano. Fin dai primi passi del suo Pontificato, Giovanni
Paolo II sente il bisogno di spendere ogni energia per la piena comunione delle
chiese cristiane. Ad un solo un anno dall’elezione alla Cattedra di Pietro, il
Papa vola ad Instanbul per incontrare il Patriarca ecumenico di Costantinopoli,
Dimitrios I. Un viaggio apostolico - spiegherà Papa Wojtyla - volto a
“testimoniare” la “ferma volontà di andare avanti sulla strada che conduce alla
piena unità di tutti i cristiani”. Tre anni dopo, evento senza precedenti, è in
Gran Bretagna per incontrare il primate
anglicano Robert Runcie. E’ il 29 maggio del 1982 quando Giovanni Paolo II e
l’arcivescovo di Canterbury firmano una dichiarazione comune.
Il Pontefice guarda con viva speranza alle
Chiese ortodosse orientali, “Chiese sorelle” nel cuore del Papa polacco. Nel
1985, dedica ai Santi Cirillo e Metodio, evangelizzatori dei popoli slavi,
l’enciclica Slavorum Apostoli. L’oriente e l’occidente dell’Europa, avverte
profeticamente, sono i “due polmoni” con i quali la Chiesa e il Vecchio
Continente devono riprendere a respirare. Caduto il Muro di Berlino, il Papa
convoca un sinodo speciale per l’Europa ed invita delegati fraterni delle altre
Chiese a parteciparvi. Solo il Patriarcato di Costantinopoli risponde
all’appello.
Il Santo Padre, tuttavia, non si scoraggia. Nel
1995 ad Olomuc, nella Repubblica Ceca, chiede perdono, a nome di tutti i
cattolici, per i torti inflitti ai fratelli cristiani. In quell’anno firma
anche la lettera apostolica Orientale Lumen, quasi un atto d’amore del
Papa slavo per l’eredità culturale e liturgica della cristianità orientale. Ma
il 1995 è soprattutto l’anno dell’enciclica Ut Unum Sint. In questo
documento, Giovanni Paolo II arriva a chiedere ai cristiani ortodossi e riformati
un aiuto nella riflessione su una nuova modalità di esercizio del primato
petrino. E nel dicembre dell’anno seguente accoglie come un fratello il
Catholicos di tutti gli Armeni, Karekin I:
“Oggi, pertanto, io accolgo un fratello che
ritrovo nella carità e nella gioia. Guidati dalla profonda comunione che già ci
unisce, il Catholicos Karekin ed io nutriamo la speranza che gli incontri e gli
scambi di questi giorni favoriranno ulteriori passi verso la piena unità”.
Solo una settimana prima, il Papa aveva
ricevuto in Vaticano l’arcivescovo di Canterbury, George Carey. Quello di
Giovanni Paolo II è uno sforzo contrassegnato da gesti e parole coraggiose,
nella convinzione che il cammino ecumenico debba basarsi innanzitutto sulla
“conversione del cuore” e la “purificazione della memoria”. Una strada -
ricorda il Pontefice - tracciata dal Concilio Vaticano II su cui la Chiesa deve
camminare sicura:
“Per grazia
dello Spirito Santo, con il Concilio Vaticano II la Chiesa cattolica si è impegnata
in modo irreversibile a percorrere la via della ricerca ecumenica”.
Anche con i luterani, nel Pontificato di Papa Wojtyla,
vengono compiuti passi importanti verso l’unità. E’ il 31 ottobre del 1999: ad
Augsburg viene firmata la Dichiarazione congiunta tra la Chiesa cattolica e la
Federazione Luterana Mondiale sulla dottrina della giustificazione della fede. Questo documento - spiega il Papa - è un “contributo
prezioso alla purificazione della memoria storica ed alla testimonianza
comune”. Nell’ultimo secolo - evidenzia il Papa in un altro frangente - si sono
compiuti passi incoraggianti sulla via dell’ecumenismo:
“Il nostro
secolo ha visto poi germogliare e crescere il seme del movimento ecumenico nel
quale lo Spirito Santo ha convogliato i membri delle diverse chiese e comunità
ecclesiali a ricercare le vie del dialogo per il ristabilimento della piena unità”.
Nel maggio 1999
è in Romania per lo storico abbraccio con il Patriarca Teoctist. Pochi mesi
dopo, nell’Anno del Grande Giubileo, Giovanni Paolo II scrive una delle pagine
più luminose del suo Pontificato. E’ il 18 gennaio, il Papa stanco e indebolito
apre la Porta Santa della Basilica di San Paolo Fuori le Mura. Con lui, il
metropolita Athanasios e l’arcivescovo di Canterbury, Carey. Nell’omelia, Papa
Wojtyla invoca, dal profondo dell’animo, l’unità dei cristiani:
“Unitate,
unitate”: questo grido che ho sentito in Bucarest durante la mia visita mi
ritorna con forte eco. “Unitate,
unitate”, chiama il popolo raccolto durante la celebrazione eucaristica. Tutti
i cristiani, cattolici, ortodossi, protestanti, evangelici, tutti chiamano
insieme: “Unitate, unitate”! Grazie per questa voce consolante dei nostri
fratelli e sorelle”.
Tra i rimpianti di Giovanni Paolo II, instancabile promotore dell’unità
dei cristiani, c’è la mancata visita in Russia. Caduto il veto dell’Unione
Sovietica, il Papa troverà l’opposizione del Patriarcato ortodosso di Mosca. Ma
anche in questo contesto, il Santo Padre non mancherà di compiere gesti di
riconciliazione: il 28 agosto del 2004 viene consegnata ad Alessio II l’icona
della Madre di Dio di Kazan, venerata con particolare devozione dagli ortodossi.
Fino agli ultimi momenti del suo Pontificato, Giovanni Paolo II si impegna e
chiede impegno per la comunione dei fedeli in Cristo:
“Invito le comunità cristiane a vivere intensamente questo annuale appuntamento
spirituale, che ci fa pregustare, in un certo modo, la gioia della piena comunione”.
Quando
il Pontefice pronuncia queste parole è il 23 gennaio del 2005, inizio
della Settimana per l’Unità dei cristiani. “Si fa sempre più chiara – afferma
in quell’occasione Giovanni Paolo II – la consapevolezza che l’unità è in primo
luogo un dono di Dio da implorare senza stancarsi nell’umiltà e nella verità”.
E ancora una volta, il Papa del Totus Tuus invoca Maria, Madre della
Chiesa, per superare ogni ostacolo ed ottenere quanto prima il dono dell’unità
dei cristiani.
(musica)
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L’IMPEGNO DELLE COSIDDETTE “PAPALINE”,
LE RELIGIOSE CHE SI OCCUPANO DI BIANCHERIA
NELL’APPARTAMENTO DEL PAPA
- Intervista con suor Raffaella Funari, Suor
Adelaide e Suor Maria Elvira -
Intorno ai pontefici lavorano
silenziosamente e lontane dai riflettori diverse religiose, tra queste anche
quelle addette alla biancheria. Alcune di loro, durante i conclavi, restano vicine
ai cardinali per lavare e stirare le loro vesti liturgiche. Il servizio di
Tiziana Campisi:
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Dal
XVII secolo si prendono cura della biancheria da tavola e da letto dei pontefici,
lavano e stirano casule, paramenti e arredi sacri e durante i Conclavi, insieme
con i Frati Agostiniani che lavorano nella Sacrestia pontificia, provvedono al
necessario per la liturgia.
Le Suore Agostiniane Oblate del
Bambin Gesù adesso si preparano ad offrire il loro servizio ai cardinali che si
riuniranno per l’elezione del nuovo papa. Madre Raffaella Funari, superiora
generale della congregazione:
R. – Le Suore Oblate del Bambino
Gesù hanno iniziato questo lavoro così importante e delicato nel 1688; era Papa
Innocenzo XI ...
D. – Ha ricordi particolari a
proposito di questo servizio svolto dalle sue consorelle?
R. – Nell’ultimo Conclave, due
suore hanno preparato camici con diverse misure, perché non si sa mai il Papa
che sarà eletto se è alto o basso ... e quando è uscito Giovanni Paolo II, la
suora che teneva in mano il camice e che glielo doveva misurare era piuttosto
bassina: e allora lei voleva prendere il banchettino per arrivare a misurare il
camice. E lui, invece, ha detto: “No, no, no: voglio vedere proprio come se la
cava!”. E quindi, una grande risata ... e già lui con queste battute aveva
conquistato i cuori.
D. – Ma ascoltiamo proprio Suor
Rita che ha vissuto diversi conclavi, a lei abbiamo chiesto quanti pontefici ha
conosciuto:
R. – Pio XII, poi ho conosciuto
Papa Giovanni, poi ho conosciuto Paolo VI, poi Giovanni Paolo I e poi Giovanni
Paolo II.
D. – Che cosa ricorda di
Giovanni Paolo II?
R. – Era affettuoso ... ci
riconosceva sempre ... bravo!
Ed ecco gli aneddoti e i
racconti di altre “papaline”, cioè religiose addette alla lavanderia dei
Pontefici, Suor Adelaide e Suor Maria Elvira:
R. – E’ un’esperienza molto
bella ... molto lavoro, si dà tutto! Quando si lavora si fa con il cuore, si fa
con impegno, si gusta la preghiera, il lavoro, tutto ...
D. – Quali sono i vostri compiti
specifici?
R. – Preparare la biancheria per
la concelebrazione: camice e tutto quello che serve. Dopo la concelebrazione
rimettere a posto per il giorno seguente.
R. – Io ho servito Paolo VI,
Giovanni Paolo I, Giovanni Paolo II: sono stati anni bellissimi! L’impressione
che m’ha fatto Giovanni Paolo II la prima volta che siamo andate su,
all’appartamento, è stata forte: abbiamo visto che lui stava in ginocchio
davanti all’altare, proprio sulla nuda terra, non si muoveva, non faceva una
piega, niente!
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PRESENTATO ALLA PONTIFICIA UNIVERSITA’ LATERANENSE
IL FILM PER LA TV
“KAROL, UN UOMO DIVENTATO PAPA”
- Intervista con Gianfranco Svidercoschi e Giacomo
Battiato -
Si è appena conclusa alla Pontificia Università
Lateranense la presentazione del film per la tv “Karol, un uomo diventato Papa”,
che Canale5 manderà in onda lunedì e martedì prossimi in prima serata. Ce ne
parla Antonella Palermo:
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Un cast importante, un attore polacco, Piotr Adamczyk, di 33 anni, che interpreta Karol, una
lavorazione complicata e costosa, la colonna sonora firmata da Ennio Morricone,
oltre 12 mila le comparse, e già si pensa al seguito. Gianfranco Svidercoschi,
autore del libro “Storia di Karol”, da cui è stato tratto il film, ci spiega i
meriti di questa fiction:
R. – Soprattutto mostrare tutto il periodo polacco
della giovinezza, il periodo del lavoro, dell’esperienza artistica del teatro,
della formazione sacerdotale e spirituale, poi il periodo dell’insegnamento,
del ministero episcopale, che poi è lo stesso periodo dei due totalitarismi del
XX secolo, cioè prima il nazismo e poi il comunismo. Fa emergere le radici di
questo Papa. A parer mio, le verità profonde di questo Pontificato non si
possono capire se non risalendo alle radici di questo itinerario umano e
spirituale.
Quando proposero a lei, Giacomo Battiato, di fare il
regista del film, in un primo momento si è rifiutato ...
R. – Si trattava comunque di parlare della vita di
uno dei giganti del ‘900, ancora in vita. Temevo che il mezzo fosse inadeguato
o banale o celebrativo. In più, le biografie, dal punto di vista narrativo,
sono molto pericolose, perché una vita non è un romanzo. La mia preoccupazione
era proprio il Vaticano. Ma ho incontrato le persone che poi mi hanno seguito e
ho trovato un atteggiamento che mi ha lasciato così felicemente sorpreso e che
non posso dimenticare. Loro mi hanno detto: “Il Santo Padre è una persona
pubblica, lei è un autore, e il Santo Padre non è così presuntuoso da dirle
quello che lei deve fare. Lei lo faccia in assoluta libertà, poi noi possiamo –
se vuole – darle dei consigli”. E questo è stato, con una intelligenza e una
discrezione straordinari.
D. – E poi cosa l’ha convinta?
R. – Mi sono messo a studiare, partendo dal bel
libro molto diretto, molto chiaro, di Gianfranco Svidercoschi. A macchia d’olio
sono andato a leggermi soprattutto le cose scritte da Wojtyla, le sue prime
piece teatrali e le poesie. Per me è stata una duplice scoperta: quella del
personaggio e poi quella di un Paese, la Polonia.
D. – Il fascino di quest’uomo, Karol Wojtyla, dove
sta per lei?
R. – Nella grande forza, nella semplicità e
nell’intelligenza. Un uomo di grandissima cultura, che però aveva anche una
predisposizione all’azione, data anche dal suo carattere sportivo. Un uomo che
stava con gli operai e stava bene in un alto Simposio di professori di
filosofia, con lo stesso spirito libero.
D. – Ci riveli alcuni aneddoti sul set…
R. – Da
Cracovia c’è stato un vero esodo, che noi abbiamo rappresentato. Un giorno
c’erano quasi mille persone. C’era un diluvio spaventoso. Ho parlato con questa
gente e questa gente mi ha detto: “Lei non si deve preoccupare. Noi vogliamo
fare questo film più di lei. Andiamo. Quasi tutti noi, la nostra famiglia,
abbiamo avuto qualcuno che ha fatto questo, che l’ha vissuto. E noi siamo
onorati di ripeterlo”.
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A ROMA
FINO AL 19 GIUGNO PROSSIMO, UNA MOSTRA DEDICATA A CANALETTO,
VEDUTISTA
VENEZIANO DEL PIENO SETTECENTO
- Con
noi, la dott.ssa Bolsena Anna Kowalczyk -
L’arte di Canaletto in mostra a
Roma. Si intitola “Il trionfo della veduta” l’antologica del pittore veneziano
del pieno settecento, in corso a Palazzo Giustiniani fino al 19 giugno
prossimo. Oltre 60 vedute di Roma e Venezia, tra dipinti e disegni, provenienti
dai maggiori musei e collezioni private del mondo, per raccontare gli anni
splendidi della maturità fino al 1743, all’apice del successo. Roberta Moretti
ha intervistato la curatrice, la dott.ssa Bolsena Anna Kowalczyk:
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R. - La
mostra presenta nella prima sala i caratteri principali della giovinezza di Cataletto:
nel 1718 fino al 1720, Canaletto arriva a Roma come scenografo e poi disegna i
monumenti romani creando un repertorio che sarà una base per tutta la sua
carriera. Poi il ventennio della sua attività fino al 1743 circa è esposto alla
mostra attraverso le opere più significative, che presentano lo svolgimento del
suo stile dalla concezione barocca scenografica degli inizi fino ad una
concezione razionale dello spazio e della luce.
D. – Nella mostra il percorso
dei dipinti è completato da quello dei disegni del Canaletto. Perché?
R. – Il disegno è essenziale per
comprendere Canaletto. Sia i disegni che l’artista preparava per le sue opere
di cui esponiamo i vari stadi della preparazione, dagli schizzi alle
composizioni, ma anche schizzi parziali ripresi con la camera oscura, o opere
da collezione a tratteggio o rifiniti con acquerello.
D. – Queste vedute così
dettagliate di Venezia, di Roma, riproducono fedelmente la realtà topografica
dell’epoca o no?
R. – E’ noto che appena appariva
una variazione nella topografia, si
aggiungeva una finestra, un balconcino o crollava una torre, Canaletto era il
primo a interessarsi alla situazione nuova, come nel caso del campanile colpito
dal fulmine che Canaletto ritrae proprio nel momento in cui viene riparato. Esiste
questa esattezza, ma la composizione non corrisponde alla situazione reale dei
luoghi.
D. – Cosa rappresentano la luce
ed il colore nell’opera del Canaletto?
R. – Sono quei mezzi che servono a Canaletto per costruire lo spazio e la
prospettiva, per cui il colore viene usato con precisi criteri e la luce
certamente non è naturale. E’ una luce della ragione che imprime un suo
significato illuministico alle opere della maturità di Canaletto.
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14 aprile 2005
IN SEGNO DI OMAGGIO A GIOVANNI PAOLO II, IL
GOVERNO DEL GUATEMALA
HA
PROPOSTO DI ABOLIRE LA PENA DI MORTE NEL PAESE:
LA DECISIONE
ORA SPETTA AL PARLAMENTO
CITTA’ DEL GUATEMALA. = Il governo
guatemalteco ha proposto, su iniziativa del suo presidente, Oscar Berger, del
partito Gran Alianza Nacional (GANA), di abolire la pena di morte nel
Paese “come tributo” a Giovanni Paolo II. I partiti di sinistra hanno
appoggiato l’iniziativa, che verrà presentata al Parlamento e avrà bisogno del
sostegno della maggioranza assoluta della Camera. “Credo che il Guatemala possa
combattere la criminalità sradicando la povertà, che colpisce 8 persone su 10,
dando più opportunità e favorendo la solidarietà”, ha affermato Berger.
Intanto, la sua proposta ha diviso i politici del Paese. Il deputato
dell’opposizione Jorge Soto, dell’Alianza Nueva Nación (ANN), ha dichiarato
che la pena capitale deve essere abolita perché il Guatemala non resti indietro
in materia di diritti umani. D’altra parte, il leader del Partido Patriota
(PP), il generale in pensione, Otto Pérez, ritiene che la pena capitale, quando
applicata, possa dissuadere i delinquenti. In Guatemala sono attualmente
condannate a morte per iniezione letale 36 persone, la maggior parte per
omicidi e sequestri. Una volta trasmessa al Parlamento, l’abolizione della pena
capitale dovrà essere approvata almeno da 80 dei 158 deputati complessivi.
(R.M.)
“MIGLIORARE I RAPPORTI DI
SCAMBIO TRA I PAESI PIÙ RICCHI E QUELLI PIÙ POVERI”.
È IL TEMA DELL’INCONTRO DELL’ASSOCIAZIONE DEI
MEMBRI DELLE CONFERENZE
EPISCOPALI DELL’AFRICA ORIENTALE, CONCLUSOSI OGGI
A NAIROBI, IN KENYA
NAIROBI. = Si
chiude oggi a Nairobi, in Kenya, l’incontro dell’Associazione dei membri delle
Conferenze Episcopali dell’Africa Orientale (AMECEA), sul tema: “Migliorare i
rapporti di scambio tra i Paesi più ricchi e quelli più poveri”. L’incontro si
inserisce nell’ambito dell’iniziativa “Global week of action on trade justice”,
promossa da associazioni religiose e umanitarie provenienti da 15 paesi
africani. Il messaggio che unisce i partecipanti alla campagna è: “No ai ricchi
e ai potenti che impongono ai poveri ingiusti accordi commerciali,
liberalizzazione e privatizzazioni indiscriminate; sì ai diritti di ognuno al
cibo, alla vita, all’acqua, alla salute e all’educazione”. In tutti i Paesi
partecipanti sono in corso iniziative in relazione alla riunione di Nairobi.
Quella più popolare è l’incontro di calcio tra la squadra di prima categoria
Mumias Football Club e quella di Korogocho, la baraccopoli della capitale
keniana, prevista per oggi. L’Africa, che ospita il 12 per cento della popolazione
mondiale, negli ultimi due decenni ha visto ridurre il reddito e la qualità
della vita della maggioranza della sua popolazione. Secondo le Nazioni Unite,
37 dei 50 Paesi meno sviluppati del mondo sono africani. L’incremento del
numero dei poveri è coinciso con il crollo della percentuale africana nel commercio
mondiale, da circa il 6 per cento nel 1980 al 2 per cento nel 2002. (R.M.)
IL GOVERNO DELLA TURCHIA HA PROPOSTO ALLE AUTORITA’ DELL’ARMENIA
L’ISTITUZIONE DI UNA COMMISSIONE MISTA PER FARE LUCE
SUI
MASSACRI DEGLI ARMENI NEI PRIMI DEL NOVECENTO
ANKARA. = Il premier turco, Tayyip
Erdogan, ha inviato nei giorni scorsi una lettera al suo omologo armeno, Robert
Kotcharian, proponendo l’istituzione di una commissione mista per giungere a
conclusioni comuni sui massacri degli armeni da parte degli ultimi governi
ottomani negli anni 1915-16, che gli armeni definiscono un “genocidio”. Lo ha reso
noto ieri in Parlamento il ministro degli Esteri turco, Abdullah Gul, aggiungendo
che la commissione costituirebbe “un primo passo verso la normalizzazione delle
relazioni tra i due Paesi”, come chiesto ad Ankara dall’Unione Europea in vista
dell’avvio, il 3 ottobre prossimo, del negoziato di adesione. Gul ha però già
anticipato chiaramente che Ankara non è disposta a confermare che “quei
massacri possano essere equiparati ad un ‘genocidio’”. Secondo Ankara, essi avvennero senza una volontà di
sterminio sistematico e massiccio, ma per effetto e a ridosso della decisione
di guerra di alcuni governanti ottomani di deportare centinaia di migliaia di
armeni dalla loro regione di residenza fino ai limiti del deserto della Siria,
allora provincia ottomana. Furono oltre 1,2 milioni, secondo Erevan, i morti in
quell’esodo forzato a causa degli stenti e delle malattie, ma anche di attacchi
da parte della cavalleria curda. Ankara sostiene invece che le persone
coinvolte sarebbero “circa 300 mila”. Il governo turco sostiene anche che
quella decisione fu “giustificata” dal fatto che molti dei capi armeni e delle
loro popolazioni parteggiavano per il nemico numero uno dell’Impero ottomano,
la Russia zarista, favorendone l’occupazione delle zone orientali del Paese.
Gli armeni, peraltro, si erano scontrati con i soldati ottomani, uccidendone migliaia.
La frontiera tra Turchia e Armenia è chiusa dal 1993, sia per la polemica sul
“genocidio”, sia per la guerra armeno-azerbaigiana in Nagorno Karabakh. Tra le
rispettive capitali non esistono relazioni diplomatiche e i collegamenti sono
limitati ad un solo volo la settimana. (R.M.)
IL FUTURO DI 3 MILIONI DI
ETIOPI E’ A RISCHIO, CON TASSI DI MALNUTRIZIONE
CRESCENTI E IL FORTE CALO DEI FONDI PER LE
OPERAZIONI UMANITARIE NEL PAESE.
E’ L’ALLARME LANCIATO DAL PAM,
IL PROGRAMMA ALIMENTARE MONDIALE DELLE NAZIONI UNITE
ROMA. =
Il Programma Alimentare Mondiale delle Nazioni Unite (PAM) ha lanciato
l’allarme: il futuro di 3 milioni di etiopi, che hanno bisogno di aiuto
alimentare, è a rischio, con tassi di malnutrizione crescenti e fondi per le
operazioni umanitarie nel Paese, in forte calo. E’ stato garantito infatti solo
il 58 per cento dei 212 milioni di dollari in cibo, equivalenti a 250 mila
tonnellate, richiesti per il 2005, mentre è stato assicurato solo il 20 per
cento di quanto sarebbe necessario per sanità, strumenti di cucina, acqua,
servizi igienici e agricoltura. Nel sud del Paese, colpito dalla siccità e
senza raccolto, ben 6 mila bambini hanno già lasciato la scuola perché le
famiglie li mandano a cercare cibo o lavoro. I prodotti alimentari, in
particolare cereali e legumi, potrebbero essere acquistati sul mercato locale
se ci saranno donazioni in denaro. Il PAM ha sottolineato l’importanza di contributi
urgenti, in modo che il cibo possa essere portato in loco prima della stagione
delle piogge, da luglio a settembre, quando molte zone del Paese saranno inaccessibili.
Il Programma Alimentare Mondiale è l’agenzia umanitaria più grande del mondo.
Ogni anno fornisce aiuto alimentare a una media di 90 milioni di persone, inclusi
56 milioni di bambini affamati, in 80 Paesi. (R.M.)
“IL RUOLO DELLA PERSONA DISABILE NEL SUO PROCESSO DI
RIABILITAZIONE
E INTEGRAZIONE”: E’ QUESTO IL TEMA DELL’INCONTRO
INTERNAZIONALE
PROMOSSO DALL’“ASSOCIAZIONE ITALIANA AMICI DI RAOUL
FOLLEREAU”
IN COLLABORAZIONE CON IL DIAPARTIMENTO DI
DISABILITA’ E RIABILITAZIONE DELL’ORGANIZZAZIONE MONDIALE DELLA SANITA’
ROMA. = Si è concluso nei giorni scorsi a Roma un
incontro internazionale che ha permesso di riflettere sul ruolo delle persone
disabili nella società odierna e sul processo di integrazione e di
riabilitazione. L’evento, che segna la prima tappa di un progetto che intende
coinvolgere tanti Paesi, è stato organizzato dall’“Asso-ciazione Italiana Amici
di Raoul Follereau” (AIFO), in collaborazione con il Dipartimento di Disabilità
e Riabilitazione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS). Secondo l’OMS
i servizi sanitari rispondono generalmente ai bisogni acuti dei pazienti,
mentre sono poco attenti a quelli cronici. Rendendosi conto della gravità di
questa situazione, l’Organizzazione ha deciso di sposare la causa animatrice
del progetto, cui hanno aderito già 23 Paesi. L’AIFO è un organismo non
governativo di cooperazione internazionale in ambito socio-sanitario riconosciuto
idoneo a svolgere attività di sostegno allo sviluppo dal ministero degli Esteri
italiano. (M.V.S.)
UNA NUOVA RADIO IN TERRA SANTA,
NATA DALLA COLLABORAZIONE TRA ISRAELIANI
E PALESTINESI. L’OBIETTIVO E’ PORTARE UN MESSAGGIO DI PACE
E DI RICONCILIAZIONE, SOPRATTUTTO TRA I GIOVANI,
IN UN TERRITORIO PROFONDAMENTE SEGNATO DA DIVISIONI E CONTRASTI
GERUSALEMME.
= Si chiama “Voce della Pace” la nuova radio nata nei giorni scorsi in
Terrasanta. L’emittente, che nasce dalla collaborazione tra israeliani e
palestinesi, diffonde attualmente i suoi messaggi in tre lingue: ebraico, arabo
e inglese. L’intento è quello di portare uno spiraglio di pace e di speranza,
soprattutto tra i giovani, in un territorio profondamente segnato da contrasti
e lotte interne. La radio, che ha sede a Quds, in territorio israeliano, si
propone di diffondere principalmente notizie positive, sempre nel nome della
pace, ma anche programmi musicali, culturali e di altro genere, per avvicinare
le coscienze dei due popoli, che vivono in conflitto da tanti anni. I
sostenitori dell’iniziativa sono gruppi impegnati nella difesa dei diritti
umani, centri culturali e associazioni ebraiche ed arabe. (M.V.S.)
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A cura di Amedeo Lomonaco -
In Iraq
le sedi dell’amministrazione, delle forze di polizia irachene e delle basi
militari americane continuano ad essere colpite dalle azioni della guerriglia.
Due attentati, rivendicati dal gruppo guidato dal terrorista giordano Al
Zarqawi, sono stati condotti a Baghdad, dove è stato anche assassinato un
ufficiale dei servizi segreti iracheni. Altri due attacchi sono stati compiuti
a Kirkuk e a Tikrit. Il nostro servizio:
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Mentre
in Parlamento si cerca un difficile accordo per far convergere nel governo le
diverse anime dell’Iraq, la guerriglia intensifica le sue azioni verso
obiettivi strategici. Due
kamikaze si sono fatti saltare in aria, quasi simultaneamente, nei pressi del
ministero dell’Interno. I morti sono almeno 15 e tra le vittime, quasi tutti
poliziotti, ci sono anche bambini. Un attacco contro un commissariato di
polizia a Kirkuk ha poi provocato la morte di altri quattro agenti iracheni.
Violenze anche a Tikrit, dove una bomba esplosa nei pressi di una base militare
statunitense ha provocato il ferimento di 20 civili. La televisione araba Al
Jazeera ha mostrato, inoltre, un video con le immagini di un cittadino
americano, rapito lunedì scorso, che esorta gli Stati Uniti ad aprire un
dialogo con la guerriglia. Continua a delinearsi, intanto, il calendario del
ritiro delle forze della coalizione dall’Iraq: dopo il recente annuncio
dell’esecutivo polacco del rimpatrio del proprio contingente entro la fine del
2005, il governo britannico ha reso noto che comincerà a ritirare le sue truppe
a partire dal prossimo anno. La televisione americana NBC anticipa, infine, che
il rapporto preliminare della commissione mista Italia-USA, formata per
indagare sulla morte dell’agente del SISMI Nicola Calipari, sembra assolvere i
soldati statunitensi. I militari – si legge nel testo - hanno sparato contro
l’auto sulla quale viaggiavano l’agente italiano e la giornalista del
Manifesto, Giuliana Sgrena, dopo aver rispettato tutte le regole di ingaggio.
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Il
primo ministro israeliano, Ariel Sharon, ha smentito l’ipotesi di azione
unilaterale contro l’Iran. “Meglio una coalizione internazionale – ha detto
ieri Sharon in un’intervista rilasciata alla CNN – che impedisca al governo di
Teheran di avanzare nei propri piani nucleari”. Il presidente palestinese, Abu
MAzen, ha respinto intanto le critiche di passività rivolte da Sharon
all’Autorità nazionale palestinese, facendo invece ricadere su Israele le
accuse di ritardo nell’applicazione della Road-Map.
Dopo
oltre sette anni di negoziazioni, le Nazioni Unite hanno adottato ieri una
Convenzione Internazionale contro il terrorismo nucleare, completando così il
bagaglio legale della comunità internazionale contro il terrorismo.
La
Corea del Nord “aumenterà il suo potenziale nucleare” in risposta alle
“politiche ostili degli Stati Uniti”. Lo ha avvertito oggi Kim Young Nam,
presidente del parlamento di Pyongyang. Secondo le autorità nordcoreane, il
governo di Washington non ha tenuto un atteggiamento costruttivo nei negoziati
incentrati sul programma atomico lanciato da Pyongyang.
Il presidente libanese Lahoud
avvierà domani le consultazioni con i diversi gruppi parlamentari per la
designazione di un nuovo premier incaricato. Ieri ha definitivamente rinunciato
all’incarico di primo ministro il dimissionario Karame, proprio nel giorno in
cui tutto il Libano stava ricordando il trentesimo anniversario della guerra,
durata quasi 16 anni, che provocò nel Paese dei Cedri più di 120 mila morti.
Ancor oggi il Libano vive un clima carico di tensione ulteriormente
surriscaldato, due mesi fa, dall’uccisione dell’ex premier Hariri. Ma cosa realmente
provocò quel conflitto di cui ancora oggi i libanesi pagano le conseguenze?
Giancarlo La Vella lo ha chiesto ad Antonio Ferrari, inviato speciale del
Corriere della Sera che, all’epoca, seguì il conflitto libanese:
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R. - Forse si sbaglia, a volte,
a pensare che la guerra sia cominciata a causa di uno scontro durissimo tra
cristiani e musulmani. Il motivo fu dovuto ad un evento internazionale, sia
pure all’interno del mondo arabo: a Beirut erano arrivati, dopo la cacciata
dalla Giordania, i palestinesi che avevano creato, di fatto, uno Stato nello
Stato. Quindi i palestinesi furono protagonisti e vittime di questa prima parte
del conflitto. Successivamente, ci sono state varie fasi. Non dimentichiamo le
stragi di Sabra e Chatila
nell’82. Il conflitto libanese è stato, in fondo, la guerra degli altri, dove i
libanesi più che i protagonisti erano i complici dell’una o dell’altra parte.
D. – Ferrari, che cosa rimane,
oggi, al Libano di quella drammatica esperienza?
R. – Sembra difficile che il
Libano possa ridiventare il paradiso che era fino al 1974-75. Oggi si spera che
non si ripeta più quell’esperienza. Uno slogan esposto ieri che può
sintetizzare lo stato d’animo della gente è: ‘Mai più una guerra’. E’
necessario cercare di fare in modo che non si riproducano quelle ferite.
D. - Il fatto che forse, per la
prima volta, si stia ricordando con manifestazioni questo trentennale, cosa
indica secondo te?
R. – Indica, appunto, che quanto
accaduto due mesi fa, cioè l’assassinio dell’ex premier Hariri e le
rivendicazioni dell’opposizione che ha cominciato a far valere i propri
diritti, può determinare altre divisioni. Non si deve però cadere in quella
trappola già scattata 30 anni fa.
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Il Parlamento Europeo ha detto sì
all’entrata di Romania e Bulgaria nell’Unione Europea, aprendo la strada alla
fase finale del processo di adesione dei due Paesi con la firma del trattato
prevista il prossimo 25 aprile.
Nella Repubblica Ceca i tre
partiti di centro sinistra che compongono la coalizione di governo hanno
raggiunto l’accordo per formare un nuovo esecutivo. Lo ha reso noto il primo
ministro Gross che, travolto nelle scorse settimane da uno scandalo finanziario,
potrà ora essere sostituito. Il nuovo premier sarà probabilmente l’ambasciatore
ceco presso l’Unione Europea, Jan Kohout.
Una vasta operazione anti-terrorismo
è stata lanciata in queste ore in tutta la Germania. La polizia tedesca indaga,
infatti, sulle reti di integralisti islamici esistenti nel Paese e negli Stati
limitrofi. L’operazione riguarda anche il riciclaggio di denaro sporco e
presunti casi di evasione fiscale.
Europa
e Giappone frenano l’economia mondiale, trainata invece da Stati Uniti e Cina.
Questo il risultato del bilancio del Fondo Monetario Internazionale che, per
l’anno in corso, prevede un aumento del Prodotto interno lordo mondiale pari al
4,3 per cento.
Si aggrava la crisi tra Cina e
Giappone. Nei prossimi giorni è atteso a Pechino il ministro degli Esteri
nipponico, Machimura, ma la missione non si annuncia facile: proprio questa
notte, il governo di Tokyo ha accusato il governo cinese di “atteggiamento
irresponsabile” nei confronti delle violenze dei giorni scorsi. Il servizio di
Chiaretta Zucconi:
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E’
stato un incontro intenso quello tenutosi a Pechino tra funzionari ad alto
livello ministeriale cinesi e giapponesi in preparazione della prossima visita
del ministro degli Esteri nipponico, Nobutaka
Machimura. Il vertice si è svolto sull’onda delle violente
manifestazioni contro il Giappone che si sono tenute in molte province cinesi
nel week-end. Proteste che hanno visto oltre 40 mila cinesi scendere in piazza
contro il revisionismo storico del Sol Levante e contro la candidatura di Tokyo
per il seggio permanente nel Consiglio di Sicurezza dell’ONU. Proteste massicce
dietro le quali, secondo il governo nipponico, ci sarebbe il tacito consenso
del governo cinese. Due i temi dominanti dell’incontro: le esplorazioni
petrolifere nel Mar Cinese Orientale, in un braccio di mare conteso dal
Giappone e dalla Cina, e l’approvazione da parte di Tokyo di un libro di testo
scolastico in cui si minimizzano le brutalità commesse dall’esercito imperiale
del Sol Levante in Asia negli anni ’30 e ’40. Il Giappone non ha ancora
presentato scuse formali. La Cina ha assicurato il Giappone che proteggerà il ministro
Machimura durante la sua prossima visita. La situazione è estremamente tesa
anche perché ieri un gruppo di attivisti che si battono per il ricono-scimento
delle isole Senkaku come cinesi,
ha annunciato di voler ancora scendere in piazza contro il Giappone. Gli
attivisti intendono anche pubblicare su Internet date e luoghi delle prossime
manifestazioni: la prima è prevista sabato mattina a Pechino.
Da
Tokyo, per Radio Vaticana, Chiaretta Zucconi.
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L’Organizzazione mondiale della Sanità ha lanciato ieri
appelli ai circa 4.000 laboratori di ricerca sparsi nel mondo che, per errore,
hanno ricevuto dagli Stati Uniti campioni del virus responsabile dell’influenza
‘asiatica’, malattia che negli anni ‘50 provocò milioni di vittime.
In
Italia si è tenuto stamani a Roma il vertice dei leader della Casa delle
Libertà per discutere il rilancio del centro destra ed il nuovo assetto
dell’esecutivo, all’indomani della sconfitta elettorale alle regionali del 3 e
del 4 aprile.
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