RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVIII n.
260 - Testo della trasmissione di giovedì 16 settembre 2004
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO
L’appello del cardinale
Roberto Tucci a fermare la diaspora dei cristiani dai Paesi islamici
CHIESA E SOCIETA’:
Cerimonia funebre ieri al Cairo per il Patriarca di
Alessandria e di tutta l’Africa Petros VII
Maoisti assaltano scuola cattolica.
Presentato ieri negli Stati Uniti il rapporto annuale
sulla libertà religiosa nel mondo
Il governo argentino ha lanciato “Encuento”, il
piano di alfabetizzazione nazionale.
In Iraq rapiti a Baghdad tre stranieri, probabilmente un inglese e due americani. Secondo Annan fu illegale l’invasione dell’Iraq nel 2003.
16 settembre 2004
RICEVUTI DAL PAPA 118 NUOVI VESCOVI, A ROMA PER UN
CORSO DI FORMAZIONE:
“SIATE MAESTRI DI SANTITA’ E DIFENSORI DELLA FEDE
PER TUTTA LA VOSTRA VITA”
- Servizio di Alessandro De Carolis -
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Modelli di vita per il popolo
cristiano affidato alla loro cura pastorale, guardiani zelanti della fede e
dell’unità della Chiesa, servitori del Vangelo che guidano i fedeli alla
santità. Tre indicazioni per scolpire il ruolo del vescovo all’interno di una
comunità. Giovanni Paolo II ne ha parlato questa mattina, a Castel Gandolfo,
nel ricevere i 118 nuovi presuli - provenienti soprattutto da Asia, Africa e
Americhe - che in questi giorni partecipano a Roma al Corso di formazione
promosso dalla Congregazione per l’Evangelizzazione dei popoli.
Io
“gioisco per la vitalità delle vostre Chiese”, ha subito notato il Papa,
nell’invitare i vescovi a manifestare, in tutte le culture, “la comunione
dell’unica Chiesa in Cristo nella fedeltà al magistero” del Pontefice. Passando
poi al loro ministero, Giovanni Paolo II ha ricordato quanto affermò
nell’esortazione post-sinodale Pastores gregis, al punto in cui i
vescovi vengono esortati “a promuovere
instancabilmente una vera e propria pastorale e pedagogia della santità”. Fatelo, ha detto loro il Papa, attraverso “una vita
sacramentale intensa” e la “formazione permanente”, così da trovare la forza
necessaria per essere “modelli per il popolo cristiano”, “servitori del
Vangelo” e maestri di santità. Per guidare i credenti verso questa meta, ha
osservato il Pontefice, i loro vescovi dovranno far propria l’ardore di San
Paolo”: “Non è per me un vanto predicare il Vangelo; è un dovere per me: guai a
me se non predicassi il Vangelo!”
Infine,
attraverso i presuli ricevuti stamattina, Giovanni Paolo II ha rivolto un
saluto particolare alle loro comunità di provenienza. “Portate loro – ha detto
- la sicurezza della preghiera e la prossimità affettuosa del Papa alle loro
intenzioni. Dite ai pastori che la Chiesa conta su di loro perché siano dei
testimoni della Parola per tutta la vita”.
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LA QUESTIONE DEL MALE NELLA
STORIA
AFFRONTATA IERI DAL PAPA ALL’UDIENZA GENERALE
- Intervista con mons. Gianfranco Ravasi -
La storia è affidata alla libertà umana che genera bene e male. Ma Dio è
il Signore della storia e attraverso misteriosi disegni la conduce verso la
meta finale: il suo Regno di gioia e di amore. Queste le parole del Papa ieri
all’udienza generale in Piazza San Pietro. La questione del “male” è da sempre
una delle grandi domande dell’umanità. Un mistero legato all’amore, che esige
libertà di scelta: Dio permette alla sua creatura perfino di negarlo. Tuttavia
il male è all’origine di quel grido dell’uomo contro Dio che trova nella protesta
di Giobbe, l’innocente che soffre ingiustamente, uno dei punti più alti ed
emblematici. Ne abbiamo parlato con un teologo, mons. Gianfranco Ravasi,
intervistato da Sergio Centofanti.
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R. – Dobbiamo dire che da un
lato è legittimo per l’uomo, che non vede ancora in pienezza il senso della
storia, è legittima questa domanda a Dio, è legittimo il grido, è legittima la
protesta. Noi sappiamo che Giobbe, con buona pace di quanti credono che sia
l’emblema della pazienza, continuamente urla contro Dio, gli grida anche il suo
sdegno, perché Dio rimane indifferente, ai suoi occhi, di fronte alla
sofferenza e alla violenza, che viene perpetrata nella storia. E’ legittima
quindi la domanda che i salmisti rivolgono continuamente a Dio: “Perché
Signore? Fino a quando, Signore”. Questa è la nostra supplica, la nostra
domanda, il nostro mistero, il nostro essere un po’ spersi. Questa non è una crisi
di fede, rappresenta un momento stesso della fede, che comprende anche
l’oscurità. Dall’altra parte, però, bisogna cercare di chiedere a Dio che Egli,
come accade a Giobbe, ci sveli la sua strada. Alla fine noi sappiamo che il
percorso di Dio non è un percorso per la morte, ma per la vita. E questo è
proprio il cammino della fede: riuscire ad entrare progressivamente nella mente
di Dio, nel disegno di Dio, che si svela a noi e che svela alla fine l’ultima
sua parola, come dice il libro dell’Apocalisse, che è stato commentato dal
Papa: “non ci sarà la morte come ultimo sigillo della storia, ma ci sarà invece
una rinascita, quella a Gerusalemme, nella quale Dio passa a cancellare le
lacrime dell’uomo. Questa è la speranza che regge colui che crede, la speranza
in un Dio non di morte ma di vita e soprattutto l’impegno per far sì che questa
speranza sia costruita anche con le nostre mani.
D. – C’è chi non crede in Dio o
si allontana da Dio proprio per l’esistenza del male e del dolore….
R. – Prima di cominciare a
lanciare e a scagliare su di Dio il peso del male, non dobbiamo dimenticare
proprio questa responsabilità dell’uomo. E’ facile dire, per esempio: perché
Dio rimane indifferente alla morte del bambino che avviene per fame? Perché Dio
non interviene e qual è la sua responsabilità nei confronti del terrorismo, di
tutte queste stragi immense nei confronti della guerra? Noi sappiamo che tutte
queste cose, in ultima analisi, nascono dall’uomo: la terra avrebbe la possibilità
di mantenere l’umanità solo che il costo di un aereo militare, che porta guerra,
sangue e morte, è decisamente superiore alla possibilità di mantenere un numero
consistente di bambini. Ecco, c’è una buona parte del male e della sofferenza
del mondo che viene da riportare al gioco della libertà che Dio ha dato
all’uomo, facendo sì che l’uomo non fosse un sasso ma fosse un interlocutore
libero ed indipendente. Dall’altra parte però – e questo è vero – esiste anche
un mistero e dobbiamo dire che esiste una risposta, esistono tante risposte ma
non esiste la soluzione definitiva. Alla fine il cristianesimo dichiara che Dio
stesso entra nel dolore, nella sofferenza per cercare di trasfigurarla: quel
limite che è anche proprio della creatura umana finita, debole, caduca.
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UDIENZE E NOMINE
Giovanni Paolo II ha ricevuto
questa mattina in udienza quattro presuli della Conferenza episcopale del
Pacifico, in visita ad Limina.
Il Papa
ha nominato consiglieri della Penitenzieria Apostolica i sacerdoti don Guido
Gatti, Salesiano, e padre Giovanni Colombo, degli Oblati di Maria Immacolata.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
L'Iraq
apre la prima pagina. Nel Paese è stato scritto un altro capitolo dell'odiosa
strategia dei rapimenti: sequestrati a Baghdad due civili statunitensi ed uno
britannico.
Nelle
vaticane, il discorso di Giovanni Paolo II ai Vescovi partecipanti al Seminario
promosso dalla Congregazione perl'Evangelizzazione dei Popoli: Assicurate le vostre
comunità della preghiera e della vicinanza affettuosa del Papa.
L'indirizzo
d'omaggio del Cardinale Crescenzio Sepe.
Nelle
estere, Nepal: assalto di ribelli maoisti ad una scuola cattolica.
Nazioni
Unite: alla 59 Assemblea Generale diffusi drammatici dati sulla maternità non tutelata.
Nella
pagina culturale, un articolo di Armando Genovese dal titolo "Nuovi aggiornati
studi sulle origini del Cristianesimo": nel volume collettaneo a cura di
Romano Penna.
Nelle
pagine italiane, in primo piano la drammatica vicenda delle due volontarie
rapite in Iraq: il Governo blocca eventuali iniziative parallele per evitare
interferenze.
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16 settembre 2004
IN AUMENTO L’EMIGRAZIONE DEI CRISTIANI DAI PAESI
ISLAMICI
- Intervista con il cardinale Roberto Tucci -
La difficile situazione delle
minoranze cristiane nei Paesi islamici è stata sollevata oggi dal cardinale
Roberto Tucci nella consueta intervista che rilascia ogni giovedì mattina alla
nostra emittente sui principali avvenimenti della settimana. Il porporato ha
parlato in particolare del fenomeno della diaspora che vede costretti un numero
sempre maggiore di cristiani a lasciare il Paese in cui abitano per cercare
condizioni migliori di vita. Ma ascoltiamo un brano dell’intervista del
cardinale Tucci, raccolta da Rosario Tronnolone:
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R. – Vorrei
sollevare il problema della situazione dei cristiani nei Paesi a maggioranza islamica,
e non parlo dei “peggiori”. Vediamo anche quello che succede, per esempio nel
Libano, questo esodo dei cristiani. Perché? Perché praticamente sono cittadini
non perseguitati, ma certamente non trattati equamente, nonostante siano un
gruppo molto consistente. I cristiani in Libano non sono più il 50 per cento,
ma sono ancora un gruppo molto forte. La stessa cosa in Iraq, dove la piccola
comunità cristiana ammonta a circa 800 mila persone e piano piano si sta
riducendo per la paura. I nostri bravi islamici in Italia, e soprattutto i loro
Imam, i loro capi religiosi, dovrebbero riflettere su questo. Da noi vengono
accolti e hanno diritti paritari con la popolazione del Paese che li ospita -
Francia, Italia, Spagna, Germania … Cosa succede invece nei Paesi a maggioranza
islamica? Non sempre sono perseguitati, non sempre è vietato un minimo di
libertà religiosa, ma sempre sono considerati cittadini di secondo ordine,
quando non peggio.
D. – A proposito invece della
presenza delle comunità cristiane in Israele, si rileva come ormai la comunità
cristiana rappresenti soltanto il 2 per cento della popolazione e ci sia un
fenomeno di emigrazione costante, che non sembra assolutamente terminare …
R. – Sì, per le Chiese cristiane
è preoccupante il fenomeno dell’emigrazione. Il cardinal Tauran ha detto
recentemente: “Per noi i santuari sono e debbono essere immersi in comunità
viventi, con le proprie scuole, ospedali, artigianato etc. Se a seguito di un
lento, ma continuo esodo, le comunità cristiane dovessero scomparire,
Gerusalemme diventerebbe un po’ come il Colosseo a Roma”. Non vorrei che trattando
con tanta resistenza i problemi di questa piccola minoranza cristiana, in modo
particolare cattolica, in Israele, si finisca poi per dire che anche gli
israeliani creano difficoltà alla libertà religiosa della Chiesa e delle Chiese
cristiane. Sarebbe ingiusto e non è vero, ma sarebbe pericoloso che si creasse
quest’impressione nell’opinione pubblica.
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OGGI LA GIORNATA INTERNAZIONALE PER LA PROTEZIONE
DELLA FASCIA DI OZONO
- Intervista con il prof. Antonio Ballarin Denti -
Un “successo
dell’eco-diplomazia”, il Protocollo di Montréal, firmato da 184 Paesi il 16 settembre
del 1987 per limitare l’emissione di sostanze nocive per l’ozonosfera, la
sottile fascia di stratosfera che protegge la terra dai raggi ultravioletti,
dannosi per l’uomo e l’ambiente. Oggi, come ogni anno nell’anniversario di
questa data, si celebra la Giornata internazionale per la protezione della
fascia di ozono, proclamata dalle Nazioni Unite nel 1994. Ma a che punto siamo
con gli obiettivi fissati a Montréal? Roberta Moretti lo ha chiesto al
professor Antonio Ballarin Denti, docente di Fisica dell’ambiente
all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano:
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R. –
Sono stati fatti dei progressi considerevoli. Anzi, è importante sottolineare
il fatto che è uno dei pochi protocolli che realmente producono un beneficio
concreto e quindi rappresentano un intervento riuscito di politica ambientale.
Attualmente la situazione, per quanto non uniforme lungo la superficie del
pianeta, è comunque in miglioramento. Ma ci vorranno sicuramente molti anni,
probabilmente qualche decennio, per ritornare alla situazione di sicurezza che
c’era nella prima metà del secolo scorso.
D. –
Quali sono le sostanze più dannose per lo strato di ozono?
R. –
Sono essenzialmente il gruppo dei clorofluorocarburi, in sigla CFC. Sono sostanze
che erano state industrialmente prodotte in grande quantità a partire dalla
prima metà del secolo scorso, in quanto utili industrialmente come gas
criogenici per i frigoriferi, e poi anche per altri usi importanti. Sono queste
le sostanze che adesso gradualmente i Paesi industrializzati stanno eliminando
dalle proprie linee di produzione. C’è però il problema dei Paesi poveri che
non sono in grado, subito, di sostituire queste sostanze. I Paesi più ricchi,
quindi, hanno l’obbligo morale, politico e scientifico di aiutare i Paesi in
via di sviluppo a dotarsi di tecnologie, di capitali utili per poter
contrastare i problemi ambientali più pericolosi.
D. –
Quali danni comporta a livello ambientale l’impoverimento dell’ozonosfera?
R. –
L’impoverimento dell’ozono stratosferico incrementa in modo proporzionale la
radiazione ultravioletta che raggiunge la superficie terreste, ed è una
radiazione pericolosa per gli organismi viventi. Introduce delle mutazioni
negli organismi inferiori e distrugge i tessuti degli organismi superiori:
piante, animali ed uomo. E’ sorgente di alcune malattie specifiche molto gravi:
alcune forme tumorali della pelle o la cataratta. Quindi, può produrre un incremento
della mortalità per queste malattie oltre a dei danni gravi all’ecosistema.
D’altro canto è anche difficile, data la non uniforme distribuzione dell’ozono
nella stratosfera, individuare le aree critiche del pianeta, in quanto queste
sono soggette a variazioni. Nell’Europa occidentale si è notato negli ultimi
anni un incremento della radiazione ultravioletta che raggiunge il suolo, come
pure in altre aree del pianeta. Queste aree subiscono delle modifiche nel corso
del tempo e quindi è importante, in ogni caso, fare una cura globale sul
problema dell’ozono stratosferico.
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LE POLITICHE DI DENATALITA’ NON HANNO RIDOTTO LA POVERTA’ NEL MONDO:
NUOVE EMERGENZE SI
PROFILANO NEL RAPPORTO 2004 SULLA POPOLAZIONE,
PRESENTATO IERI DALL’ONU,
E SI RIAPRONO LE POLEMICHE INSORTE 10 ANNI FA
NELLA CONFERENZA DELLE
NAZIONI UNITE SU POPOLAZIONE E SVILUPPO
SVOLTASI AL CAIRO, IN
EGITTO
- Servizio di Roberta
Gisotti -
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L’equazione meno nascite uguale più sviluppo e ricchezza non ha
funzionato. 10 anni dopo la Conferenza mondiale su popolazione e sviluppo i
conti non tornano, basti dire che tra il ’94 e il 2004 il tasso di fertilità in
Africa è sceso da 6,6 figli a 4,9 ma non è cresciuto il tasso della ricchezza,
anzi la povertà è salita del 43 per cento. Rimonta dunque la polemica tra chi
al Cairo ha sostenuto la priorità dei programmi di salute riproduttiva per le
donne, di educazione sessuale per gli adolescenti e di pianificazione familiare
e chi come la Santa Sede ha sempre raccomandato la priorità dei programmi di
sviluppo per combattere la povertà. Si sgonfia l’allarme sul boom demografico,
ma restano alti i numeri: oggi siamo poco meno di 6 miliardi e mezzo e saremo
poco meno di 9 miliardi nel 2050 e si profilano nuove emergenze per gli
equilibri demografici l’invecchiamento della popolazione e il numero di
adolescenti, mai stato cosi alto, e il dilagare dell’Aids, che sta decimando soprattutto i Paesi Africani. Ma
come valutare questo Rapporto? Lo chiediamo al prof. Antonio Golini, demografo
dell’Università “La Sapienza” di Roma, che ha partecipato ai lavori del Cairo:
R. – Le
‘luci’ sono rappresentate dai grandi progressi fatti riguardo a tutto il
problema della popolazione e soprattutto nella condizione femminile, che al Cairo
fu presa come chiave di volta per lo sviluppo futuro. Effettivamente questo è
stato un approccio positivo, perché la donna e la coppia sono al centro del
sistema riproduttivo e quindi è giusto che fosse richiamata la loro
responsabilità. Mi pare, però, che alcune ‘ombre’ possano essere rintracciabili
nel fatto che nel Rapporto si dica esplicitamente che i numeri ed i tassi di
variazione della popolazione contano ormai poco o nulla, e cioè che conti solo
il comportamento della donna e della coppia. Questo non può certo essere vero,
perché ci deve essere una combinazione fra spinte individuali e politiche collettive.
D. – Quindi un calo di
attenzione alle politiche demografiche in quanto tali?
R. – Certo, il fatto che nel
2004 per paura che si riaprissero i temi più ‘caldi’ del Cairo ed in
particolare quello dell’aborto, della salute riproduttiva e dell’emigrazione
internazionale, e per paura che i Paesi in via di sviluppo richiedessero o
presentassero il conto economico ai Paesi del nord del mondo, che avevano
promesso loro aiuti finanziari molto più consistenti di quelli che ci sono
stati, non è stato fatto niente per celebrare e ricordare a 10 anni del Cairo i
problemi di popolazione.
D. – Ma le polemiche del Cairo
sono davvero scemate o sono state in qualche modo occultate in questo momento?
R. – No, ha ragione lei: sono
state occultate, sono sotterranee. E questo nel senso che ancora oggi
sull’aborto, sulle migrazioni internazionali e sulla privacy da assicurare agli
adolescenti nei confronti della loro vita sessuale ci sono contrapposizioni
molto forti. Il Nord Europa la pensa in una maniera che è largamente diversa da
quella dei Paesi islamici o di alcuni Paesi latinoamericani. Ho l’impressione
che noi occidentali dovremmo avere un po’ meno di arroganza culturale e
rispettare anche il punto di vista degli altri.
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DAL SUD AL NORD DEL MONDO, TRA I
POVERI E GLI EMARGINATI,
A “TESTIMONIARE LA SPERANZA” CON
IL CORAGGIO DEI PRIMI APOSTOLI:
LE PROSSIME SFIDE DEI MISSIONARI
OBLATI DI MARIA IMMACOLATA,
CHE HANNO RICONFERMATO SUPERIORE
GENERALE, PADRE WILHELM STECKLING
- Intervista con il religioso -
Un grande crocifisso infilato
nella cintura dell’abito, e il pianeta da incrociare ad ogni latitudine per
testimoniare ciò che quel simbolo rappresenta. E’ una delle immagini caratteristiche
degli Oblati di Maria Immacolata, una Congregazione missionaria che conta oggi
4 mila membri, sparsi in 70 nazioni, e che da ieri ha visto riconfermato alla
sua guida, in veste di superiore generale, il 57.enne tedesco padre Wilhelm
Steckling. Fondati nei primi decenni dell’Ottocento dal francese Sant’Eugenio
de Mazenod, i missionari Oblati sin dall’inizio della loro opera hanno scelto
di servire i poveri e le fasce emarginate dei Paesi in cui approdavano. Durante
il 34.mo Capitolo generale, i lavori centrati sul tema “Testimoniare la
speranza” hanno prodotto le prime indicazioni per le future sfide missionarie
dell’istituto. Alessandro De Carolis ne ha parlato lo stesso superiore
generale, padre Steckling:
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R. – Le indicazioni emerse fin
qui dal Capitolo generale sono interessanti. A partire dalla formazione dei giovani, ad esempio.
Fino ad ora, siamo rimasti in ambito nazionale per quanto riguarda la
formazione. Adesso vorremmo un’apertura più grande, multiculturale, che dia una
testimonianza di unità, di comprensione tra le diverse culture. Un’altra indicazione
riguarda il rinnovo della missione stessa. Abbiamo parlato abbastanza del mondo
secolarizzato. Si è cominciato con un progetto pilota in Inghilterra, con un
gruppo di giovani Oblati impegnati in questo ambito, esiste già in Francia e
forse nel futuro si estenderà altrove.
D. – Gli Oblati di Maria
Immacolata sono gli “specialisti delle missioni difficili”. Siete presenti in
tutti i continenti. Quali sono le frontiere del vostro apostolato in questo
inizio di secolo?
R. – Fu Papa Pio XI a definirci
“specialisti delle missioni difficili”. Siamo stati noti in passato per la
nostra presenza nel Canada del Nord, dove continuiamo a stare tra la gente di
quelle zone. Oggi, una nuova frontiera, forse la più difficile, è quella del
dialogo interreligioso: fare missione in Paesi musulmani, quindi, a volte in
Paesi caratterizzati da conflitti armati, come il sud delle Filippine. Un’altra
frontiera poi è quella dell’est europeo. Alcune nuove fondazioni sono nate in
Bielorussia, in Romania e nel resto del mondo ex comunista e ancora comunista.
Credo che le frontiere della missione siano sempre esigenti. C’è tanto da fare.
E io dico sempre: un missionario non resterà mai senza lavoro.
D. – Il prossimo anno,
celebrerete il decimo anniversario della canonizzazione del vostro fondatore,
Sant’Eugenio de Mazenod. In che modo, soprattutto tra le miserie che incontrate
nelle vostre missioni, riuscite a tenere acceso il suo motto: “Mi hai mandato
ad evangelizzare i poveri, i poveri sono stati evangelizzati”?
R. – Sant’Eugenio de Mazenod,
che fu vescovo di Marsiglia, guardò per primo ai giovani. Quindi, c’è una nuova
spinta per la pastorale giovanile, per il servizio alle povertà che si
incontrano tra di loro. Ma, ad esempio, si lavora anche con i malati in Africa
del Sud. Anche questo è evangelizzare i poveri. Vogliamo prepararci a celebrare
il prossimo anno l’anniversario della canonizzazione con questo desiderio: di
ravvivare ancor più lo spirito di questo grande missionario, Sant’Eugenio de
Mazenod.
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16
settembre 2004
CERIMONIA
FUNEBRE IERI AL CAIRO PER PETROS VII.
IL PATRIARCA GRECO-ORTODOSSO
DI ALESSANDRIA E DI TUTTA L’AFRICA
E’
MORTO SABATO SCORSO IN UN INCIDENTE DI ELICOTTERO
IL CAIRO. = Si è svolta ieri
nella chiesa di Mar Guirguis, nel quartiere della Vecchia Cairo, la cerimonia
funebre in ricordo di Petros VII, patriarca greco-ortodosso di Alessandria e di
tutta l’Africa, morto sabato scorso in un incidente di elicottero. Al rito
hanno partecipato il presidente greco, Constantinos Stefanopoulos, il Patriarca
copto ortodosso egiziano, Chenuda III, Patriarchi di altre chiese ortodosse e
rappresentanti della Chiesa cattolica, tra cui il cardinale Walter Kasper,
presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unita’ dei Cristiani.
Il feretro, avvolto nelle bandiere di Grecia ed Egitto, è stato portato in
processione dentro il tempio, mentre alcuni boy scout greci hanno accompagnato
il suo passaggio con il ritmo lento dei loro tamburi. Petros VII, 55 anni, si
stava recando sabato scorso al monte Athos, quando l’elicottero sul quale
viaggiava insieme con altre 16 persone è precipitato nel mare Egeo, nei pressi
della penisola calcidica. Il Patriarca greco-ortodosso era concretamente
impegnato nel dialogo ecumenico per l’unità tra Oriente e Occidente cristiano e
nella soluzione dei drammi che affliggono il continente africano. (B.C.)
VERRA’ IL GIORNO IN CUI QUESTO NOSTRO SOGNO
PRENDERA’ FINALMENTE CORPO:
COSI’ IL CARDINALE HUSAR IN UNA LETTERA PASTORALE SULLO STATUS PATRIARCALE
DELLA CHIESA GRECO-CATTOLICA UCRAINA. IL PORPORATO
INVITA TUTTI
ALLA PAZIENZA, ALLA “PRUDENZA” E ALLA “NECESSARIA
UMILTA’”
- A cura di Barbara Castelli -
LVIV. = La speranza non è
svanita, occorre solo predisporsi in un atteggiamento di pazienza, “prudenza” e
“necessaria umiltà”. In una lettera pastorale, il cardinale Lubomyr Husar,
arcivescovo maggiore di Lviv degli Ucraini, è tornato a parlare dello status
patriarcale della Chiesa greco-cattolica ucraina (CGCU). Nell’introduzione
della lunga e densa missiva, il porporato ricorda l’udienza concessa da
Giovanni Paolo II, lo scorso 3 giugno, al Sinodo permanente dei vescovi della
CGUC. “Qualcuno ha capito erroneamente – spiega - che le parole del Papa
fossero un fallimento di tutta la causa del Patriarcato. Invece, il Santo Padre
ha riaffermato la legittimità di una tale necessità e ha elevato l’idea del
Patriarcato sopra le mere aspettative umane”. “Condivido la vostra aspirazione
– disse, infatti, il Papa in quell’occasione – ben fondata anche nella
disciplina canonica e conciliare, ad avere una piena configurazione
giuridico-ecclesiale. La condivido nella preghiera e anche nella sofferenza,
attendendo il giorno stabilito da Dio nel quale potrò confermare il frutto
maturo del vostro sviluppo ecclesiale”. Compiendo un passo indietro, il
cardinale Husar ripercorre la storia della Chiesa ucraina, illustrando,
inoltre, il significato di ‘Patriarcato’. “L’ultimo secolo – scrive il porporato
– è stato per noi una pagina terrificante della storia”. Pensiamo, ad esempio,
alle “due guerre mondiali”, al “susseguirsi delle occupazioni straniere”, alla
“persecuzione dei fedeli della nostra Chiesa”, all’“holodomor, che ha
devastato quasi un quarto della popolazione del nostro Paese”, nonché alle
“numerose repressioni bolsceviche”. Allo stesso tempo, tuttavia, il XX secolo
ha posto sul cammino dell’Ucraina “due grandi finalità”: l’indipendenza,
raggiunta nel 1991, e lo “sviluppo totale della Chiesa attraverso la creazione
del Patriarcato”, un “sogno” che prima o poi si “realizzerà appieno”. “Tra le
istituzioni proprie delle Chiese orientali – spiega il cardinale Husar nella
lettera pastorale – emergono le Chiese patriarcali”, la cui “particolare
dignità è data dal fatto che esse, quasi matrici di fede”, “Chiese sui iuris”,
“hanno generato altre Chiese, le quali sono come loro figlie”. Il progetto
della creazione del Patriarcato della CGCU, che “rafforzerebbe i legami
reciproci tra la Chiesa-madre e le Chiese-figlie della diaspora”,
riorganizzando e normalizzando la “vita spirituale dei fedeli per il loro bene
comune e per il bene della Chiesa”, ha, tuttavia, suscitato “un’ondata di
proteste”. In primo luogo – secondo queste accuse - prosegue il cardinale
Husar, “la creazione del Patriarcato della CGCU diventerebbe un ostacolo per la
riunificazione dei cristiani dell’Ucraina”, “provocando il crollo del dialogo
ecumenico e il congelamento dei rapporti tra la Chiesa Cattolica e il complesso
dell’Ortodossia”; e significherebbe, inoltre, “obliare i diritti del Patriarcato
di Mosca che considera l’Ucraina proprio territorio canonico”. “Non vogliamo –
insiste il porporato che la creazione del Patriarcato della CGCU provochi
sofferenze agli altri. Nella nostra situazione complicata bisogna difendere i
propri diritti tranquillamente e prudentemente, rispettando altresì i legittimi
diritti altrui”. Tra le pagine del documento, tuttavia, l’arcivescovo maggiore
di Lviv degli Ucraini non manca di esprimere dispiacere per la “reazione delle
Chiese Ortodosse”, che, scrive, “non conoscendo la nostra storia e la nostra
situazione odierna, né i nostri bisogni spirituali, hanno preso una chiara
posizione aggressiva”. Invitato tutti a percorrere i viali della pazienza,
della prudenza e dell’umiltà per raggiungere la meta, il cardinale Husar
conclude la lettera con toni positivi. “Il Santo Padre – scrive – sicuramente
benedirà il Patriarcato di Kiev-Halyc. Il momento quando questo avverrà dovrà
essere un ‘frutto maturo’, coltivato nelle anime sotto l’azione dello Spirito
Santo”; sarà allora “una festa dell’intera comunità cristiana”.
MAOISTI ASSALTANO SCUOLA CATTOLICA IN NEPAL.
RUBATO UN COMPUTER E CAUSATI DANNI
PER UN MILIONE DI EURO
KATHMANDU.
= “L’intera nazione è ancora sotto shock per l’attacco sferrato dai ribelli
maoisti contro la scuola cattolica di St. Joseph a Gorkha”. Così oggi il prefetto
apostolico del Nepal, monsignor Anthony Francis Sharma, ai microfoni
dell’agenzia Misna. L’attacco risale a domenica scorsa, ma la notizia è stata
resa nota solo nelle ultime ore. Gli aggressori, sette individui di età
compresa fra i 17 e i 25 anni, si sono impadroniti del migliore computer
dell’Istituto, quindi sono fuggiti, dopo aver fatto esplodere una bomba che ha
distrutto completatamente gli uffici e metà dei locali destinati
all’insegnamento. I ribelli hanno spiegato ai due religiosi di nazionalità
indiana che l’azione era diretta contro New Delhi, che di recente ha fatto
arrestare a Parna un gruppo di insorti nepalesi. Dal 1994 la scuola di Gorkha è
stata presa di mira dalla guerriglia per tre volte. L’istituto, che accoglie
persone di ogni casta, ha dai 450 ai 500 studenti e copre dal primo al nono
anno di istruzione. Cinquantatre allievi sono esentati dalla retta scolastica,
che è di soli 3 dollari al mese. Ai media locali, mons. Sharma ha ribadito che
la scuola è stata messa in piedi esclusivamente con soldi locali ed è a tutti
gli effetti nepalese, fatta eccezione della nazionalità indiana dei due sacerdoti.
(B.C.)
LA BULGARIA CELEBRA OGGI IL 308.ESIMO ANNIVERSARIO DELLA FONDAZIONE
DELLA PRIMA SCUOLA LAICA DI CHIPROVTSI.
RICONOSCIUTO DALLO STESSO PRESIDENTE BULGARO L’IMPEGNO PROFUSO DAI VESCOVI
CATTOLICI NELLA STORIA DEL PAESE
- A cura
di Ila Mihalova -
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CHIPROVTSI.
= Il cattolicesimo ha un posto importante per la storia bulgara. Sotto questo
slogan si è svolta la Conferenza per il 308.esimo anniversario dalla fondazione
della prima scuola laica bulgara, ad opera del vescovo cattolico di Sofia Ilia
Marinov, nella città di Chiprovtsi, nel lontano 1641. Alle celebrazioni ha
assistito anche il presidente della Repubblica, Georgi Parvanov. Proprio
quest’ultimo ha sottolineato l’importanza dell’azione dei vescovi cattolici di
quel tempo, tra i quali gli eroi nazionali Peter Parsevic, Peter Bogdan e
Philip Stanislavov. Il presidente li ha chiamati “missionari importantissimi
per la storia bulgara”, che “tenevano acceso il fuoco della coscienza nazionale
nei giorni difficili del giogo turco”. L’evento è un fatto significativo,
perché durante il comunismo questi personaggi storici si commemoravano come
promotori della libertà bulgara, omettendo il fatto che erano anche vescovi
cattolici. “E’ un giorno molto importante per i cattolici bulgari – ha detto il
vicario della diocesi di Sofia-Plovdiv, padre Mario Polzyn – prima perché viene riconosciuta l’opera e il sacrificio
dei cattolici nella storia bulgara e poi perché l’eroismo dei vescovi del
passato ci insegna che con fede possiamo superare tutti gli ostacoli”. Erano
presenti anche alcuni rappresentanti ortodossi, tra i quali il metropolita di
Vidin, Dometian, e il metropolita di Klissura, Artemy.
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PRESENTATO
IERI NEGLI STATI UNITI IL RAPPORTO ANNUALE
SULLA LIBERTA'
RELIGIOSA NEL MONDO.
L’ARABIA
SAUDITA FINITA A SORPRESA SULLA LISTA NERA
WASHINGTON. = Gli Stati Uniti
hanno presentato ieri il rapporto annuale sulla libertà di religione nel mondo,
inserendo a sorpresa nella “lista nera” l’Arabia Saudita e cancellando l’Iraq
post-Saddam. Il rapporto annuale del Dipartimento di Stato, giunto alla sesta
edizione, elenca otto Paesi in tutto: ai cinque già presenti lo scorso anno
(Birmania, Cina, Iran, Iraq e Corea del Nord), sono stati aggiunti l’Arabia
Saudita, il Vietnam e l’Eritrea. “I governi esistono per proteggere i diritti
umani, non per limitarli – ha detto il segretario di Stato americano, Colin
Powell, presentando il rapporto – troppe persone nel mondo si vedono ancora
negate il diritto basilare della libertà di religione”. “Alcuni soffrono sotto
regimi totalitari – ha aggiunto Powell – altri sotto governi che
deliberatamente non proteggono le minoranze religiose dalla discriminazione e
dalla violenza”. Tra gli esempi positivi il segretario di Stato americano ha
indicato la Georgia e la Turchia, che hanno adottato misure per migliorare la
tolleranza religiosa. L’Iraq, che fino allo scorso anno era additato “per
l’oppressione religiosa praticata dal regime di Saddam Hussein, particolarmente
contro i musulmani sciiti”, è stato cancellato dalla lista nera, ha spiegato un
funzionario del Dipartimento, perché “il nuovo governo provvisorio si sta
adoperando concretamente nel tutelare il diritto alla libertà religiosa”.
Sorpresa, invece, ha destato l’inserimento dell’Arabia Saudita, un Paese alleato
e fornitore di petrolio. Il documento afferma che “la libertà di religione non
esiste” in Arabia Saudita e deplora che “le libertà religiose di base siano negate
a tutti tranne a coloro che aderiscono alla versione dell’Islam sunnita, avallata
dallo Stato”. Funzionari del Dipartimento di Stato americano, tuttavia, hanno
sottolineato che gli Stati Uniti intendono solo “far giungere un segnale” ai regnanti
sauditi circa la preoccupazione di Washington per la situazione. Al momento,
quindi, è esclusa l’ipotesi di sanzioni contro Riad. (B.C.)
IL GOVERNO ARGENTINO HA LANCIATO “ENCUENTO”,
IL PIANO DI ALFABETIZZAZIONE NAZIONALE.
700 MILA IN TUTTO LE PERSONE DEL PAESE
LATINOAMERICANO CHE NON HANNO AVUTO ACCESSO
ALL’ISTRUZIONE DI BASE
BUENOS
AIRES.= Ufficialmente inaugurato in Argentina il Piano nazionale di alfabtezzazione,
denominato “Encuento”. Si tratta di un’iniziativa pilota destinata a circa 100
mila adulti e adolescenti, su un totale di 700 mila argentini analfabeti
registrati dal censimento nazionale del 2001, che riguarderà 15 province e
durerà fino al marzo 2005. Alla presentazione del programma, riferisce
l’agenzia MiSNA, hanno partecipato anche i registi cinematografici Eduardo
Mignona e Claudio Echeverry, che hanno realizzato 40 cortometraggi in cui
emerge il disagio e il senso di inadeguatezza di persone che hanno vissuto in
maniera anche dolorosa il mancato accesso all’istruzione di base. I video
saranno trasmessi dalle principali televisioni nazionali per promuovere
l’adesione al programma educativo e utilizzati come materiali didattico. Gli
educatori saranno oltre un centinaio, designati dal presidente Néstor Kirchner
e scelti tra studenti universitari, professionisti, ex-maestri di scuola
elementare e pensionati con una valida preparazione culturale. (B.C.)
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16
settembre 2004
- A cura di Amedeo Lomonaco -
In Iraq una
violenta esplosione ha devastato, stamani, Baghdad provocando la morte di una
persona ed almeno 14 feriti. Nella capitale sono stati rapiti, inoltre, tre occidentali nel quartiere di Al Mansour,
una delle aree più eleganti della città che ospita gran parte degli stranieri
non residenti nella super protetta “zona verde”. Il nostro servizio:
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Come nel caso
delle due italiane Simona Torretta, Simona Pari e di due collaboratori iracheni
dell’associazione “Un ponte per”, altri tre stranieri sono stati prelevati
questa mattina dalla loro abitazione. Il ministro dell’Interno del governo
provvisorio iracheno ha dichiarato che si tratta di un
inglese e di due americani. Ma nessuna conferma è arrivata, finora, da Londra e
da Washington. Le modalità del sequestro sembrano simili,
secondo le prime ricostruzioni, al rapimento delle due volontarie
italiane. Non ci sono state sparatorie e sul luogo del rapimento non risultano
segni di colluttazione.
E sulla
vicenda delle due ragazze rapite in Iraq, il ministro degli Esteri italiano,
Franco Frattini, ha informato il Parlamento dei risultati della sua recente
missione nel Golfo. Obiettivo “di fondo” del governo – ha detto - è la liberazione piena, rapida e sicura delle due italiane.
Frattini ha chiesto riserbo assoluto e ha sottolineato l’urgenza di adottare una linea comune nelle trattative.
“Vanno evitate – ha spiegato - azioni o iniziative parallele” a quelle del
governo. Sulla difficile situazione del Paese arabo, Frattini ha anche rimarcato
una priorità: “La vita dei civili iracheni – ha
detto - deve essere risparmiata”. “Questo –
ha aggiunto - è un problema che abbiamo sottoposto agli Stati Uniti”.
Sull’Iraq ha
rilasciato importanti dichiarazioni anche Kofi Annan. Il segretario generale
delle Nazioni Unite ha affermato in un’intervista rilasciata alla Bbc che la
decisione degli Stati Uniti di invadere, nel 2003, l’Iraq è stata “illegale”
perché non è
avvenuta in conformità con la Carta delle Nazioni Unite. “Credo – ha aggiunto Annan – che ci sarebbe dovuta prima essere
una seconda Risoluzione del Consiglio di Sicurezza per dare il via all’intervento
militare”. Replicando ad Annan, il ministro dell’Industria britannico, Patricia
Hewitt, ha detto che la guerra “non solo è stata legale ma anche necessaria”. E
sulle conseguenze del conflitto, l’intelligence americana ha stilato per la
Casa Bianca un rapporto che prevede, nel Paese arabo, diversi possibili
scenari, tra i quali anche la guerra civile.
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Tre
stranieri, dunque, sono stati presi in ostaggio in Iraq. Ma questi sequestri ed
il recente rapimento delle due operatrici umanitarie italiane, fanno parte di
una nuova strategia adottata dai terroristi? Roberto Piermarini lo ha chiesto a
Guido Olimpio, esperto di terrorismo del Corriere della Sera:
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R. – Ritengo che i sequestratori abbiano difficoltà a rapire cittadini
stranieri per strada. Quindi, l’unico modo per catturarli è prelevarli dalle
loro case. La stessa azione adottata per le due italiane, è stata utilizzata
questa mattina con l’inglese e i due americani. Quindi i terroristi, come
sempre accade, adattano la loro strategia alla situazione sul campo.
D. – Quindi si è passato dai
sequestri occasionali a dei rapimenti mirati?
R. – Per fare un sequestro
mirato è necessario conoscere l’indirizzo e sapere chi siano le vittime. E’
chiaro che è un sequestro studiato: per le due italiane avevano i nomi e sembra
addirittura le fotografie. La gran parte dei sequestri prima venivano fatti a
caso. Ho l’impressione che ora siamo ad un livello superiore. Dopo il sequestro
dei 4 volontari di ‘Un ponte per’, il presunto rapimento di due australiani e
l’azione di oggi, potremmo trovarci di fronte ad un ricatto multiplo, rivolto a
tutti i Paesi.
D. – Secondo te, c’è un filo
conduttore su questi sequestri delle ultime settimane?
R. – Potrebbe anche essere così.
Visto che il semplice sequestro è ormai diffuso, potrebbe essere una tattica per
alzare il prezzo, per aprire una trattativa multipla. E’ chiaro che i
terroristi stanno cercando di fare di tutto per colpire con orrore attraverso
decapitazioni ed uccisioni. Ma queste barbare uccisioni, purtroppo divenute
consuete, non sembrano più avere lo stesso forte impatto. Probabilmente i
rapitori stanno tentando di trovare altre strade per catturare l’attenzione.
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I governi di Madrid e di Parigi
creeranno una squadra congiunta di investigatori per indagare sulla possibile
presenza in Spagna di una rete di finanziamento del terrorismo internazionale
legata ad Al Qaida.
In Afghanistan, un missile ha colpito
l’area dove stava per atterrare l’elicottero con a bordo il presidente Ahmid
Karzai. L’esplosione non ha causato feriti. Lo riferiscono fonti militari
americane precisando che la destinazione del capo di Stato afghano era una scuola
della città di Gardez.
Da ieri sera, per gli ebrei è iniziato un nuovo anno: il
5765. Ma in Israele i festeggiamenti si sono svolti in un clima dominato dalla
paura di nuovi attentati e nuove operazioni militari dell’esercito israeliano a
Nablus e a Jenin, in Cisgiordania, hanno provocato la morte di 10 persone.
“Le atrocità alle quali abbiamo assistito a Beslan, ci danno il
pieno diritto morale ad insistere nel considerare gli oppositori della Russia
come parte dell’internazionale terroristica”. Lo ha detto il presidente russo,
Vladimir Putin, in un discorso pronunciato ad Astana nel quale ha anche escluso
la possibilità di un negoziato tra Mosca e gli indipendentisti ceceni.
La recente strage di innocenti avvenuta
a Beslan, nell’Ossezia del nord, ha lacerato le coscienze di tutto il mondo. Ma
anche l’Ossezia del sud, che appartiene alla Georgia, è afflitta da una
drammatica realtà: quella di migliaia di profughi alla ricerca di un rifugio sicuro.
La regione è teatro, infatti, di sanguinosi scontri tra l’esercito regolare e
le forze separatiste che vorrebbero ricongiungersi alla restante parte
dell’Ossezia del nord appartenente alla Russia. Su questa emergenza umanitaria,
ascoltiamo Laura Stoppani, operatrice nell’area internazionale della Caritas
italiana, al microfono di Marina Tomarro:
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R. – La situazione attuale è
quella di un gran movimento di truppe, sia da parte della Repubblica della Georgia,
in quanto i guerriglieri del sud dell’Ossezia avevano ripreso i combattimenti
contro le forze governative e, da notizie pervenute anche dalla Georgia stessa,
di movimenti dalla vicina Cecenia per rendere ancora più instabile la
situazione. Nonostante la tregua raggiunta tra le forze governative e le forze
dei ribelli, continuano quindi i combattimenti e la gente scappa.
D. – A questo proposito qual è
la situazione umanitaria?
R. – La gente vive male, è
praticamente priva dei generi di prima necessità. Le donne ed i bambini sono
coloro che soffrono di più di questa situazione. Per il momento si registrano
circa 1.500 profughi nelle zone confinanti.
D. – Il direttore della Caritas
nazionale della Georgia ha chiesto aiuto, ma di cosa hanno bisogno
maggiormente?
R. – In questo momento c’è
bisogno di tutto. Il direttore della Caritas nazionale e il nunzio apostolico,
mons. Gugerotti, hanno evidenziato l’urgenza di comprare di tutto: dalla pasta
al grano, al riso. Sono necessari generi alimentari e tutto quello che può
servire ad una famiglia: dalle lenzuola alle coperte, ai materassi, etc. Naturalmente
è molto difficile poterli comprare qui e trasportarli. L’ideale sarebbe poter inviare
del denaro. Si sono già organizzati gruppi di volontari per poter distribuire
questi aiuti alle diverse famiglie che sono dislocate in diversi alberghi e in
situazioni, diciamo pure, di fortuna.
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Si è aperto oggi a Pechino il primo dei quattro giorni di
lavori del Partito Comunista Cinese. I 189 membri del comitato centrale
decideranno se il capo dell’esercito, Jiang Zemin, lascerà il suo incarico.
Jiang Zemin, 78 anni, negli ultimi due anni ha ceduto le cariche di presidente
della Repubblica e di segretario del partito comunista.
Il progetto della nuova Costituzione
del Burundi, che dovrebbe entrare in vigore il prossimo primo novembre, sarà
sottoposto a referendum il prossimo 20 ottobre. La notizia è stata diffusa
dalla presidenza burundese a conclusione della riunione del Consiglio del Paese
africano convocato ieri in sessione straordinaria per l’occasione dal capo
dello Stato africano, Ndayizeye.
In Italia “il Parlamento si compone della Camera dei deputati e del
Senato federale della Repubblica”. L’aula di Montecitorio ha approvato
l’articolo 1 del disegno di legge sulle riforme istituzionali. A favore hanno votato i deputati
della maggioranza, la maggior parte dell'opposizione si è astenuta mentre
contro si sono espressi l’Udeur ed alcuni esponenti del centrosinistra. Il
lavoro dell’aula sugli emendamenti alla riforma federalista della seconda parte
della Costituzione approvata in prima lettura dal Senato riprenderà martedì
prossimo.
In Gran Bretagna la Camera dei Comuni ha approvato, ieri, il divieto
della caccia alla volpe. I voti favorevoli al bando sono stati 356 mentre
quelli contrari 166. Mentre era ancora in corso il dibattito sulla legge,
violenti tafferugli sono scoppiati davanti al Parlamento tra forze di polizia e
manifestanti favorevoli alla tradizionale caccia. Almeno 5 persone hanno fatto irruzione
in aula, interrompendo la seduta per qualche minuto.
Continua a destare preoccupazione
il corso dell’uragano Ivan, che ieri si è abbattuto su alcune località della
Florida provocando almeno due vittime a Panama City Beach. Ivan, ribattezzato
“il terribile” è ora diretto verso l’Alabama, dove migliaia di abitazioni sono
già prive di luce.
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