RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLVIII n. 260 - Testo della trasmissione di giovedì 16 settembre 2004

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Siate maestri di santità e difensori della fede per tutta la vostra vita: così il Papa a 118 nuovi vescovi, giunti a Roma da tutti i continenti per un corso di formazione

 

La questione dell’esistenza del male nella storia dell’uomo e la fede in Dio che realizzerà il suo Regno di pace e di amore: queste le parole del Santo Padre ieri all’udienza generale. Il commento di mons. Gianfranco Ravasi.

 

OGGI IN PRIMO PIANO

L’appello del cardinale Roberto Tucci a fermare la diaspora dei cristiani dai Paesi islamici

 

Oggi si celebra la Giornata internazionale per la protezione della fascia di ozono: ce ne parla Antonio Ballarin Denti

 

Le politiche di denatalità non hanno ridotto la povertà nel mondo: nuove emergenze si profilano nel rapporto 2004 sulla popolazione, presentato ieri dall’ONU: con noi Antonio Golini

 

Riconfermato il superiore generale degli Oblati di Maria Immacolata, padre Wilhelm Steckling: ai nostri microfoni il religioso.

 

CHIESA E SOCIETA’:

Cerimonia funebre ieri al Cairo per il Patriarca di Alessandria e di tutta l’Africa Petros VII

 

Verrà il giorno in cui questo nostro sogno prenderà finalmente corpo: così il cardinale Husar in una lettera pastorale sullo status patriarcale della Chiesa greco-cattolica ucraina

 

Maoisti assaltano scuola cattolica.

 

La Bulgaria celebra oggi il 308.mo anniversario della fondazione della prima scuola laica di Chiprovtsi

 

Presentato ieri negli Stati Uniti il rapporto annuale sulla libertà religiosa nel mondo

 

Il governo argentino ha lanciato “Encuento”, il piano di alfabetizzazione nazionale.

 

24 ORE NEL MONDO:

In Iraq rapiti a Baghdad tre stranieri, probabilmente un inglese e due americani. Secondo Annan fu illegale l’invasione dell’Iraq nel 2003.

 

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

16 settembre 2004

 

RICEVUTI DAL PAPA 118 NUOVI VESCOVI, A ROMA PER UN CORSO DI FORMAZIONE:

“SIATE MAESTRI DI SANTITA’ E DIFENSORI DELLA FEDE PER TUTTA LA VOSTRA VITA”

- Servizio di Alessandro De Carolis -

 

**********

Modelli di vita per il popolo cristiano affidato alla loro cura pastorale, guardiani zelanti della fede e dell’unità della Chiesa, servitori del Vangelo che guidano i fedeli alla santità. Tre indicazioni per scolpire il ruolo del vescovo all’interno di una comunità. Giovanni Paolo II ne ha parlato questa mattina, a Castel Gandolfo, nel ricevere i 118 nuovi presuli - provenienti soprattutto da Asia, Africa e Americhe - che in questi giorni partecipano a Roma al Corso di formazione promosso dalla Congregazione per l’Evangelizzazione dei popoli.

 

Io “gioisco per la vitalità delle vostre Chiese”, ha subito notato il Papa, nell’invitare i vescovi a manifestare, in tutte le culture, “la comunione dell’unica Chiesa in Cristo nella fedeltà al magistero” del Pontefice. Passando poi al loro ministero, Giovanni Paolo II ha ricordato quanto affermò nell’esortazione post-sinodale Pastores gregis, al punto in cui i vescovi vengono esortati “a promuovere instancabilmente una vera e propria pastorale e pedagogia della santità”. Fatelo, ha detto loro il Papa, attraverso “una vita sacramentale intensa” e la “formazione permanente”, così da trovare la forza necessaria per essere “modelli per il popolo cristiano”, “servitori del Vangelo” e maestri di santità. Per guidare i credenti verso questa meta, ha osservato il Pontefice, i loro vescovi dovranno far propria l’ardore di San Paolo”: “Non è per me un vanto predicare il Vangelo; è un dovere per me: guai a me se non predicassi il Vangelo!”

 

Infine, attraverso i presuli ricevuti stamattina, Giovanni Paolo II ha rivolto un saluto particolare alle loro comunità di provenienza. “Portate loro – ha detto - la sicurezza della preghiera e la prossimità affettuosa del Papa alle loro intenzioni. Dite ai pastori che la Chiesa conta su di loro perché siano dei testimoni della Parola per tutta la vita”.

**********

 

 

LA QUESTIONE DEL MALE NELLA STORIA

AFFRONTATA IERI DAL PAPA ALL’UDIENZA GENERALE

- Intervista con mons. Gianfranco Ravasi -

 

La storia è affidata alla libertà umana che genera bene e male. Ma Dio è il Signore della storia e attraverso misteriosi disegni la conduce verso la meta finale: il suo Regno di gioia e di amore. Queste le parole del Papa ieri all’udienza generale in Piazza San Pietro. La questione del “male” è da sempre una delle grandi domande dell’umanità. Un mistero legato all’amore, che esige libertà di scelta: Dio permette alla sua creatura perfino di negarlo. Tuttavia il male è all’origine di quel grido dell’uomo contro Dio che trova nella protesta di Giobbe, l’innocente che soffre ingiustamente, uno dei punti più alti ed emblematici. Ne abbiamo parlato con un teologo, mons. Gianfranco Ravasi, intervistato da Sergio Centofanti.

 

***********

R. – Dobbiamo dire che da un lato è legittimo per l’uomo, che non vede ancora in pienezza il senso della storia, è legittima questa domanda a Dio, è legittimo il grido, è legittima la protesta. Noi sappiamo che Giobbe, con buona pace di quanti credono che sia l’emblema della pazienza, continuamente urla contro Dio, gli grida anche il suo sdegno, perché Dio rimane indifferente, ai suoi occhi, di fronte alla sofferenza e alla violenza, che viene perpetrata nella storia. E’ legittima quindi la domanda che i salmisti rivolgono continuamente a Dio: “Perché Signore? Fino a quando, Signore”. Questa è la nostra supplica, la nostra domanda, il nostro mistero, il nostro essere un po’ spersi. Questa non è una crisi di fede, rappresenta un momento stesso della fede, che comprende anche l’oscurità. Dall’altra parte, però, bisogna cercare di chiedere a Dio che Egli, come accade a Giobbe, ci sveli la sua strada. Alla fine noi sappiamo che il percorso di Dio non è un percorso per la morte, ma per la vita. E questo è proprio il cammino della fede: riuscire ad entrare progressivamente nella mente di Dio, nel disegno di Dio, che si svela a noi e che svela alla fine l’ultima sua parola, come dice il libro dell’Apocalisse, che è stato commentato dal Papa: “non ci sarà la morte come ultimo sigillo della storia, ma ci sarà invece una rinascita, quella a Gerusalemme, nella quale Dio passa a cancellare le lacrime dell’uomo. Questa è la speranza che regge colui che crede, la speranza in un Dio non di morte ma di vita e soprattutto l’impegno per far sì che questa speranza sia costruita anche con le nostre mani.

 

D. – C’è chi non crede in Dio o si allontana da Dio proprio per l’esistenza del male e del dolore….

 

R. – Prima di cominciare a lanciare e a scagliare su di Dio il peso del male, non dobbiamo dimenticare proprio questa responsabilità dell’uomo. E’ facile dire, per esempio: perché Dio rimane indifferente alla morte del bambino che avviene per fame? Perché Dio non interviene e qual è la sua responsabilità nei confronti del terrorismo, di tutte queste stragi immense nei confronti della guerra? Noi sappiamo che tutte queste cose, in ultima analisi, nascono dall’uomo: la terra avrebbe la possibilità di mantenere l’umanità solo che il costo di un aereo militare, che porta guerra, sangue e morte, è decisamente superiore alla possibilità di mantenere un numero consistente di bambini. Ecco, c’è una buona parte del male e della sofferenza del mondo che viene da riportare al gioco della libertà che Dio ha dato all’uomo, facendo sì che l’uomo non fosse un sasso ma fosse un interlocutore libero ed indipendente. Dall’altra parte però – e questo è vero – esiste anche un mistero e dobbiamo dire che esiste una risposta, esistono tante risposte ma non esiste la soluzione definitiva. Alla fine il cristianesimo dichiara che Dio stesso entra nel dolore, nella sofferenza per cercare di trasfigurarla: quel limite che è anche proprio della creatura umana finita, debole, caduca.

**********

 

 

UDIENZE E NOMINE

 

Giovanni Paolo II ha ricevuto questa mattina in udienza quattro presuli della Conferenza episcopale del Pacifico, in visita ad Limina.

 

Il Papa ha nominato consiglieri della Penitenzieria Apostolica i sacerdoti don Guido Gatti, Salesiano, e padre Giovanni Colombo, degli Oblati di Maria Immacolata.

 

 

=======ooo=======

 

 

OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

L'Iraq apre la prima pagina. Nel Paese è stato scritto un altro capitolo dell'odiosa strategia dei rapimenti: sequestrati a Baghdad due civili statunitensi ed uno britannico.

 

Nelle vaticane, il discorso di Giovanni Paolo II ai Vescovi partecipanti al Seminario promosso dalla Congregazione perl'Evangelizzazione dei Popoli: Assicurate le vostre comunità della preghiera e della vicinanza affettuosa del Papa.

L'indirizzo d'omaggio del Cardinale Crescenzio Sepe.

 

Nelle estere, Nepal: assalto di ribelli maoisti ad una scuola cattolica.

Nazioni Unite: alla 59 Assemblea Generale diffusi drammatici dati sulla maternità non tutelata.

 

Nella pagina culturale, un articolo di Armando Genovese dal titolo "Nuovi aggiornati studi sulle origini del Cristianesimo": nel volume collettaneo a cura di Romano Penna.

 

Nelle pagine italiane, in primo piano la drammatica vicenda delle due volontarie rapite in Iraq: il Governo blocca eventuali iniziative parallele per evitare interferenze.

 

 

 

=======ooo=======

 

OGGI IN PRIMO PIANO

16 settembre 2004

 

 

IN AUMENTO L’EMIGRAZIONE DEI CRISTIANI DAI PAESI ISLAMICI

- Intervista con il cardinale Roberto Tucci -

 

 

La difficile situazione delle minoranze cristiane nei Paesi islamici è stata sollevata oggi dal cardinale Roberto Tucci nella consueta intervista che rilascia ogni giovedì mattina alla nostra emittente sui principali avvenimenti della settimana. Il porporato ha parlato in particolare del fenomeno della diaspora che vede costretti un numero sempre maggiore di cristiani a lasciare il Paese in cui abitano per cercare condizioni migliori di vita. Ma ascoltiamo un brano dell’intervista del cardinale Tucci, raccolta da Rosario Tronnolone:

 

********** 

R. – Vorrei sollevare il problema della situazione dei cristiani nei Paesi a maggioranza islamica, e non parlo dei “peggiori”. Vediamo anche quello che succede, per esempio nel Libano, questo esodo dei cristiani. Perché? Perché praticamente sono cittadini non perseguitati, ma certamente non trattati equamente, nonostante siano un gruppo molto consistente. I cristiani in Libano non sono più il 50 per cento, ma sono ancora un gruppo molto forte. La stessa cosa in Iraq, dove la piccola comunità cristiana ammonta a circa 800 mila persone e piano piano si sta riducendo per la paura. I nostri bravi islamici in Italia, e soprattutto i loro Imam, i loro capi religiosi, dovrebbero riflettere su questo. Da noi vengono accolti e hanno diritti paritari con la popolazione del Paese che li ospita - Francia, Italia, Spagna, Germania … Cosa succede invece nei Paesi a maggioranza islamica? Non sempre sono perseguitati, non sempre è vietato un minimo di libertà religiosa, ma sempre sono considerati cittadini di secondo ordine, quando non peggio.

 

D. – A proposito invece della presenza delle comunità cristiane in Israele, si rileva come ormai la comunità cristiana rappresenti soltanto il 2 per cento della popolazione e ci sia un fenomeno di emigrazione costante, che non sembra assolutamente terminare …

 

R. – Sì, per le Chiese cristiane è preoccupante il fenomeno dell’emigrazione. Il cardinal Tauran ha detto recentemente: “Per noi i santuari sono e debbono essere immersi in comunità viventi, con le proprie scuole, ospedali, artigianato etc. Se a seguito di un lento, ma continuo esodo, le comunità cristiane dovessero scomparire, Gerusalemme diventerebbe un po’ come il Colosseo a Roma”. Non vorrei che trattando con tanta resistenza i problemi di questa piccola minoranza cristiana, in modo particolare cattolica, in Israele, si finisca poi per dire che anche gli israeliani creano difficoltà alla libertà religiosa della Chiesa e delle Chiese cristiane. Sarebbe ingiusto e non è vero, ma sarebbe pericoloso che si creasse quest’impressione nell’opinione pubblica.

**********  

 

 

OGGI LA GIORNATA INTERNAZIONALE PER LA PROTEZIONE DELLA FASCIA DI OZONO

- Intervista con il prof. Antonio Ballarin Denti -

 

 

Un “successo dell’eco-diplomazia”, il Protocollo di Montréal, firmato da 184 Paesi il 16 settembre del 1987 per limitare l’emissione di sostanze nocive per l’ozonosfera, la sottile fascia di stratosfera che protegge la terra dai raggi ultravioletti, dannosi per l’uomo e l’ambiente. Oggi, come ogni anno nell’anniversario di questa data, si celebra la Giornata internazionale per la protezione della fascia di ozono, proclamata dalle Nazioni Unite nel 1994. Ma a che punto siamo con gli obiettivi fissati a Montréal? Roberta Moretti lo ha chiesto al professor Antonio Ballarin Denti, docente di Fisica dell’ambiente all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano:

 

**********

R. – Sono stati fatti dei progressi considerevoli. Anzi, è importante sottolineare il fatto che è uno dei pochi protocolli che realmente producono un beneficio concreto e quindi rappresentano un intervento riuscito di politica ambientale. Attualmente la situazione, per quanto non uniforme lungo la superficie del pianeta, è comunque in miglioramento. Ma ci vorranno sicuramente molti anni, probabilmente qualche decennio, per ritornare alla situazione di sicurezza che c’era nella prima metà del secolo scorso.

 

D. – Quali sono le sostanze più dannose per lo strato di ozono?

 

R. – Sono essenzialmente il gruppo dei clorofluorocarburi, in sigla CFC. Sono sostanze che erano state industrialmente prodotte in grande quantità a partire dalla prima metà del secolo scorso, in quanto utili industrialmente come gas criogenici per i frigoriferi, e poi anche per altri usi importanti. Sono queste le sostanze che adesso gradualmente i Paesi industrializzati stanno eliminando dalle proprie linee di produzione. C’è però il problema dei Paesi poveri che non sono in grado, subito, di sostituire queste sostanze. I Paesi più ricchi, quindi, hanno l’obbligo morale, politico e scientifico di aiutare i Paesi in via di sviluppo a dotarsi di tecnologie, di capitali utili per poter contrastare i problemi ambientali più pericolosi.

 

D. – Quali danni comporta a livello ambientale l’impoverimento dell’ozonosfera?

 

R. – L’impoverimento dell’ozono stratosferico incrementa in modo proporzionale la radiazione ultravioletta che raggiunge la superficie terreste, ed è una radiazione pericolosa per gli organismi viventi. Introduce delle mutazioni negli organismi inferiori e distrugge i tessuti degli organismi superiori: piante, animali ed uomo. E’ sorgente di alcune malattie specifiche molto gravi: alcune forme tumorali della pelle o la cataratta. Quindi, può produrre un incremento della mortalità per queste malattie oltre a dei danni gravi all’ecosistema. D’altro canto è anche difficile, data la non uniforme distribuzione dell’ozono nella stratosfera, individuare le aree critiche del pianeta, in quanto queste sono soggette a variazioni. Nell’Europa occidentale si è notato negli ultimi anni un incremento della radiazione ultravioletta che raggiunge il suolo, come pure in altre aree del pianeta. Queste aree subiscono delle modifiche nel corso del tempo e quindi è importante, in ogni caso, fare una cura globale sul problema dell’ozono stratosferico.

**********

 

 

LE POLITICHE DI DENATALITA’ NON HANNO RIDOTTO LA POVERTA’ NEL MONDO:

NUOVE EMERGENZE SI PROFILANO NEL RAPPORTO 2004 SULLA POPOLAZIONE,

PRESENTATO IERI DALL’ONU, E SI RIAPRONO LE POLEMICHE INSORTE 10 ANNI FA

NELLA CONFERENZA DELLE NAZIONI UNITE SU POPOLAZIONE E SVILUPPO

SVOLTASI AL CAIRO, IN EGITTO

- Servizio di Roberta Gisotti -

 

 

**********

L’equazione meno nascite uguale più sviluppo e ricchezza non ha funzionato. 10 anni dopo la Conferenza mondiale su popolazione e sviluppo i conti non tornano, basti dire che tra il ’94 e il 2004 il tasso di fertilità in Africa è sceso da 6,6 figli a 4,9 ma non è cresciuto il tasso della ricchezza, anzi la povertà è salita del 43 per cento. Rimonta dunque la polemica tra chi al Cairo ha sostenuto la priorità dei programmi di salute riproduttiva per le donne, di educazione sessuale per gli adolescenti e di pianificazione familiare e chi come la Santa Sede ha sempre raccomandato la priorità dei programmi di sviluppo per combattere la povertà. Si sgonfia l’allarme sul boom demografico, ma restano alti i numeri: oggi siamo poco meno di 6 miliardi e mezzo e saremo poco meno di 9 miliardi nel 2050 e si profilano nuove emergenze per gli equilibri demografici l’invecchiamento della popolazione e il numero di adolescenti, mai stato cosi alto, e il dilagare  dell’Aids, che sta decimando soprattutto i Paesi Africani. Ma come valutare questo Rapporto? Lo chiediamo al prof. Antonio Golini, demografo dell’Università “La Sapienza” di Roma, che ha partecipato ai lavori del Cairo:

 

R. – Le ‘luci’ sono rappresentate dai grandi progressi fatti riguardo a tutto il problema della popolazione e soprattutto nella condizione femminile, che al Cairo fu presa come chiave di volta per lo sviluppo futuro. Effettivamente questo è stato un approccio positivo, perché la donna e la coppia sono al centro del sistema riproduttivo e quindi è giusto che fosse richiamata la loro responsabilità. Mi pare, però, che alcune ‘ombre’ possano essere rintracciabili nel fatto che nel Rapporto si dica esplicitamente che i numeri ed i tassi di variazione della popolazione contano ormai poco o nulla, e cioè che conti solo il comportamento della donna e della coppia. Questo non può certo essere vero, perché ci deve essere una combinazione fra spinte individuali e politiche collettive.

 

D. – Quindi un calo di attenzione alle politiche demografiche in quanto tali?

 

R. – Certo, il fatto che nel 2004 per paura che si riaprissero i temi più ‘caldi’ del Cairo ed in particolare quello dell’aborto, della salute riproduttiva e dell’emigrazione internazionale, e per paura che i Paesi in via di sviluppo richiedessero o presentassero il conto economico ai Paesi del nord del mondo, che avevano promesso loro aiuti finanziari molto più consistenti di quelli che ci sono stati, non è stato fatto niente per celebrare e ricordare a 10 anni del Cairo i problemi di popolazione.

 

D. – Ma le polemiche del Cairo sono davvero scemate o sono state in qualche modo occultate in questo momento?

 

R. – No, ha ragione lei: sono state occultate, sono sotterranee. E questo nel senso che ancora oggi sull’aborto, sulle migrazioni internazionali e sulla privacy da assicurare agli adolescenti nei confronti della loro vita sessuale ci sono contrapposizioni molto forti. Il Nord Europa la pensa in una maniera che è largamente diversa da quella dei Paesi islamici o di alcuni Paesi latinoamericani. Ho l’impressione che noi occidentali dovremmo avere un po’ meno di arroganza culturale e rispettare anche il punto di vista degli altri.

**********

 

 

DAL SUD AL NORD DEL MONDO, TRA I POVERI E GLI EMARGINATI,

A “TESTIMONIARE LA SPERANZA” CON IL CORAGGIO DEI PRIMI APOSTOLI:

LE PROSSIME SFIDE DEI MISSIONARI OBLATI DI MARIA IMMACOLATA,

CHE HANNO RICONFERMATO SUPERIORE GENERALE, PADRE WILHELM STECKLING

- Intervista con il religioso -

 

 

Un grande crocifisso infilato nella cintura dell’abito, e il pianeta da incrociare ad ogni latitudine per testimoniare ciò che quel simbolo rappresenta. E’ una delle immagini caratteristiche degli Oblati di Maria Immacolata, una Congregazione missionaria che conta oggi 4 mila membri, sparsi in 70 nazioni, e che da ieri ha visto riconfermato alla sua guida, in veste di superiore generale, il 57.enne tedesco padre Wilhelm Steckling. Fondati nei primi decenni dell’Ottocento dal francese Sant’Eugenio de Mazenod, i missionari Oblati sin dall’inizio della loro opera hanno scelto di servire i poveri e le fasce emarginate dei Paesi in cui approdavano. Durante il 34.mo Capitolo generale, i lavori centrati sul tema “Testimoniare la speranza” hanno prodotto le prime indicazioni per le future sfide missionarie dell’istituto. Alessandro De Carolis ne ha parlato lo stesso superiore generale, padre Steckling:

 

**********

R. – Le indicazioni emerse fin qui dal Capitolo generale sono interessanti. A partire  dalla formazione dei giovani, ad esempio. Fino ad ora, siamo rimasti in ambito nazionale per quanto riguarda la formazione. Adesso vorremmo un’apertura più grande, multiculturale, che dia una testimonianza di unità, di comprensione tra le diverse culture. Un’altra indicazione riguarda il rinnovo della missione stessa. Abbiamo parlato abbastanza del mondo secolarizzato. Si è cominciato con un progetto pilota in Inghilterra, con un gruppo di giovani Oblati impegnati in questo ambito, esiste già in Francia e forse nel futuro si estenderà altrove.

 

D. – Gli Oblati di Maria Immacolata sono gli “specialisti delle missioni difficili”. Siete presenti in tutti i continenti. Quali sono le frontiere del vostro apostolato in questo inizio di secolo?

 

R. – Fu Papa Pio XI a definirci “specialisti delle missioni difficili”. Siamo stati noti in passato per la nostra presenza nel Canada del Nord, dove continuiamo a stare tra la gente di quelle zone. Oggi, una nuova frontiera, forse la più difficile, è quella del dialogo interreligioso: fare missione in Paesi musulmani, quindi, a volte in Paesi caratterizzati da conflitti armati, come il sud delle Filippine. Un’altra frontiera poi è quella dell’est europeo. Alcune nuove fondazioni sono nate in Bielorussia, in Romania e nel resto del mondo ex comunista e ancora comunista. Credo che le frontiere della missione siano sempre esigenti. C’è tanto da fare. E io dico sempre: un missionario non resterà mai senza lavoro.

 

D. – Il prossimo anno, celebrerete il decimo anniversario della canonizzazione del vostro fondatore, Sant’Eugenio de Mazenod. In che modo, soprattutto tra le miserie che incontrate nelle vostre missioni, riuscite a tenere acceso il suo motto: “Mi hai mandato ad evangelizzare i poveri, i poveri sono stati evangelizzati”?

 

R. – Sant’Eugenio de Mazenod, che fu vescovo di Marsiglia, guardò per primo ai giovani. Quindi, c’è una nuova spinta per la pastorale giovanile, per il servizio alle povertà che si incontrano tra di loro. Ma, ad esempio, si lavora anche con i malati in Africa del Sud. Anche questo è evangelizzare i poveri. Vogliamo prepararci a celebrare il prossimo anno l’anniversario della canonizzazione con questo desiderio: di ravvivare ancor più lo spirito di questo grande missionario, Sant’Eugenio de Mazenod.

**********

 

 

=======ooo=======

 

 

 

CHIESA E SOCIETA’

16 settembre 2004

 

 

CERIMONIA FUNEBRE IERI AL CAIRO PER PETROS VII.

 IL PATRIARCA GRECO-ORTODOSSO DI ALESSANDRIA E DI TUTTA L’AFRICA

E’ MORTO SABATO SCORSO IN UN INCIDENTE DI ELICOTTERO

 

IL CAIRO. = Si è svolta ieri nella chiesa di Mar Guirguis, nel quartiere della Vecchia Cairo, la cerimonia funebre in ricordo di Petros VII, patriarca greco-ortodosso di Alessandria e di tutta l’Africa, morto sabato scorso in un incidente di elicottero. Al rito hanno partecipato il presidente greco, Constantinos Stefanopoulos, il Patriarca copto ortodosso egiziano, Chenuda III, Patriarchi di altre chiese ortodosse e rappresentanti della Chiesa cattolica, tra cui il cardinale Walter Kasper, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unita’ dei Cristiani. Il feretro, avvolto nelle bandiere di Grecia ed Egitto, è stato portato in processione dentro il tempio, mentre alcuni boy scout greci hanno accompagnato il suo passaggio con il ritmo lento dei loro tamburi. Petros VII, 55 anni, si stava recando sabato scorso al monte Athos, quando l’elicottero sul quale viaggiava insieme con altre 16 persone è precipitato nel mare Egeo, nei pressi della penisola calcidica. Il Patriarca greco-ortodosso era concretamente impegnato nel dialogo ecumenico per l’unità tra Oriente e Occidente cristiano e nella soluzione dei drammi che affliggono il continente africano. (B.C.)

 

 

VERRA’ IL GIORNO IN CUI QUESTO NOSTRO SOGNO PRENDERA’ FINALMENTE CORPO:

COSI’ IL CARDINALE HUSAR IN UNA LETTERA PASTORALE SULLO STATUS PATRIARCALE

DELLA CHIESA GRECO-CATTOLICA UCRAINA. IL PORPORATO INVITA TUTTI

ALLA PAZIENZA, ALLA “PRUDENZA” E ALLA “NECESSARIA UMILTA’”

- A cura di Barbara Castelli -

 

LVIV. = La speranza non è svanita, occorre solo predisporsi in un atteggiamento di pazienza, “prudenza” e “necessaria umiltà”. In una lettera pastorale, il cardinale Lubomyr Husar, arcivescovo maggiore di Lviv degli Ucraini, è tornato a parlare dello status patriarcale della Chiesa greco-cattolica ucraina (CGCU). Nell’introduzione della lunga e densa missiva, il porporato ricorda l’udienza concessa da Giovanni Paolo II, lo scorso 3 giugno, al Sinodo permanente dei vescovi della CGUC. “Qualcuno ha capito erroneamente – spiega - che le parole del Papa fossero un fallimento di tutta la causa del Patriarcato. Invece, il Santo Padre ha riaffermato la legittimità di una tale necessità e ha elevato l’idea del Patriarcato sopra le mere aspettative umane”. “Condivido la vostra aspirazione – disse, infatti, il Papa in quell’occasione – ben fondata anche nella disciplina canonica e conciliare, ad avere una piena configurazione giuridico-ecclesiale. La condivido nella preghiera e anche nella sofferenza, attendendo il giorno stabilito da Dio nel quale potrò confermare il frutto maturo del vostro sviluppo ecclesiale”. Compiendo un passo indietro, il cardinale Husar ripercorre la storia della Chiesa ucraina, illustrando, inoltre, il significato di ‘Patriarcato’. “L’ultimo secolo – scrive il porporato – è stato per noi una pagina terrificante della storia”. Pensiamo, ad esempio, alle “due guerre mondiali”, al “susseguirsi delle occupazioni straniere”, alla “persecuzione dei fedeli della nostra Chiesa”, all’“holodomor, che ha devastato quasi un quarto della popolazione del nostro Paese”, nonché alle “numerose repressioni bolsceviche”. Allo stesso tempo, tuttavia, il XX secolo ha posto sul cammino dell’Ucraina “due grandi finalità”: l’indipendenza, raggiunta nel 1991, e lo “sviluppo totale della Chiesa attraverso la creazione del Patriarcato”, un “sogno” che prima o poi si “realizzerà appieno”. “Tra le istituzioni proprie delle Chiese orientali – spiega il cardinale Husar nella lettera pastorale – emergono le Chiese patriarcali”, la cui “particolare dignità è data dal fatto che esse, quasi matrici di fede”, “Chiese sui iuris”, “hanno generato altre Chiese, le quali sono come loro figlie”. Il progetto della creazione del Patriarcato della CGCU, che “rafforzerebbe i legami reciproci tra la Chiesa-madre e le Chiese-figlie della diaspora”, riorganizzando e normalizzando la “vita spirituale dei fedeli per il loro bene comune e per il bene della Chiesa”, ha, tuttavia, suscitato “un’ondata di proteste”. In primo luogo – secondo queste accuse - prosegue il cardinale Husar, “la creazione del Patriarcato della CGCU diventerebbe un ostacolo per la riunificazione dei cristiani dell’Ucraina”, “provocando il crollo del dialogo ecumenico e il congelamento dei rapporti tra la Chiesa Cattolica e il complesso dell’Ortodossia”; e significherebbe, inoltre, “obliare i diritti del Patriarcato di Mosca che considera l’Ucraina proprio territorio canonico”. “Non vogliamo – insiste il porporato che la creazione del Patriarcato della CGCU provochi sofferenze agli altri. Nella nostra situazione complicata bisogna difendere i propri diritti tranquillamente e prudentemente, rispettando altresì i legittimi diritti altrui”. Tra le pagine del documento, tuttavia, l’arcivescovo maggiore di Lviv degli Ucraini non manca di esprimere dispiacere per la “reazione delle Chiese Ortodosse”, che, scrive, “non conoscendo la nostra storia e la nostra situazione odierna, né i nostri bisogni spirituali, hanno preso una chiara posizione aggressiva”. Invitato tutti a percorrere i viali della pazienza, della prudenza e dell’umiltà per raggiungere la meta, il cardinale Husar conclude la lettera con toni positivi. “Il Santo Padre – scrive – sicuramente benedirà il Patriarcato di Kiev-Halyc. Il momento quando questo avverrà dovrà essere un ‘frutto maturo’, coltivato nelle anime sotto l’azione dello Spirito Santo”; sarà allora “una festa dell’intera comunità cristiana”.

 

 

MAOISTI ASSALTANO SCUOLA CATTOLICA IN NEPAL.

RUBATO UN COMPUTER E CAUSATI DANNI PER UN MILIONE DI EURO

 

KATHMANDU. = “L’intera nazione è ancora sotto shock per l’attacco sferrato dai ribelli maoisti contro la scuola cattolica di St. Joseph a Gorkha”. Così oggi il prefetto apostolico del Nepal, monsignor Anthony Francis Sharma, ai microfoni dell’agenzia Misna. L’attacco risale a domenica scorsa, ma la notizia è stata resa nota solo nelle ultime ore. Gli aggressori, sette individui di età compresa fra i 17 e i 25 anni, si sono impadroniti del migliore computer dell’Istituto, quindi sono fuggiti, dopo aver fatto esplodere una bomba che ha distrutto completatamente gli uffici e metà dei locali destinati all’insegnamento. I ribelli hanno spiegato ai due religiosi di nazionalità indiana che l’azione era diretta contro New Delhi, che di recente ha fatto arrestare a Parna un gruppo di insorti nepalesi. Dal 1994 la scuola di Gorkha è stata presa di mira dalla guerriglia per tre volte. L’istituto, che accoglie persone di ogni casta, ha dai 450 ai 500 studenti e copre dal primo al nono anno di istruzione. Cinquantatre allievi sono esentati dalla retta scolastica, che è di soli 3 dollari al mese. Ai media locali, mons. Sharma ha ribadito che la scuola è stata messa in piedi esclusivamente con soldi locali ed è a tutti gli effetti nepalese, fatta eccezione della nazionalità indiana dei due sacerdoti. (B.C.)

 

 

LA BULGARIA CELEBRA OGGI IL 308.ESIMO ANNIVERSARIO DELLA FONDAZIONE

DELLA PRIMA SCUOLA LAICA DI CHIPROVTSI. RICONOSCIUTO DALLO STESSO PRESIDENTE BULGARO L’IMPEGNO PROFUSO DAI VESCOVI CATTOLICI NELLA STORIA DEL PAESE

- A cura di Ila Mihalova -

 

**********

CHIPROVTSI. = Il cattolicesimo ha un posto importante per la storia bulgara. Sotto questo slogan si è svolta la Conferenza per il 308.esimo anniversario dalla fondazione della prima scuola laica bulgara, ad opera del vescovo cattolico di Sofia Ilia Marinov, nella città di Chiprovtsi, nel lontano 1641. Alle celebrazioni ha assistito anche il presidente della Repubblica, Georgi Parvanov. Proprio quest’ultimo ha sottolineato l’importanza dell’azione dei vescovi cattolici di quel tempo, tra i quali gli eroi nazionali Peter Parsevic, Peter Bogdan e Philip Stanislavov. Il presidente li ha chiamati “missionari importantissimi per la storia bulgara”, che “tenevano acceso il fuoco della coscienza nazionale nei giorni difficili del giogo turco”. L’evento è un fatto significativo, perché durante il comunismo questi personaggi storici si commemoravano come promotori della libertà bulgara, omettendo il fatto che erano anche vescovi cattolici. “E’ un giorno molto importante per i cattolici bulgari – ha detto il vicario della diocesi di Sofia-Plovdiv, padre Mario Polzyn – prima perché viene riconosciuta l’opera e il sacrificio dei cattolici nella storia bulgara e poi perché l’eroismo dei vescovi del passato ci insegna che con fede possiamo superare tutti gli ostacoli”. Erano presenti anche alcuni rappresentanti ortodossi, tra i quali il metropolita di Vidin, Dometian, e il metropolita di Klissura, Artemy.

********** 

 

 

PRESENTATO IERI NEGLI STATI UNITI IL RAPPORTO ANNUALE

 SULLA LIBERTA' RELIGIOSA NEL MONDO.

L’ARABIA SAUDITA FINITA A SORPRESA SULLA LISTA NERA

 

WASHINGTON. = Gli Stati Uniti hanno presentato ieri il rapporto annuale sulla libertà di religione nel mondo, inserendo a sorpresa nella “lista nera” l’Arabia Saudita e cancellando l’Iraq post-Saddam. Il rapporto annuale del Dipartimento di Stato, giunto alla sesta edizione, elenca otto Paesi in tutto: ai cinque già presenti lo scorso anno (Birmania, Cina, Iran, Iraq e Corea del Nord), sono stati aggiunti l’Arabia Saudita, il Vietnam e l’Eritrea. “I governi esistono per proteggere i diritti umani, non per limitarli – ha detto il segretario di Stato americano, Colin Powell, presentando il rapporto – troppe persone nel mondo si vedono ancora negate il diritto basilare della libertà di religione”. “Alcuni soffrono sotto regimi totalitari – ha aggiunto Powell – altri sotto governi che deliberatamente non proteggono le minoranze religiose dalla discriminazione e dalla violenza”. Tra gli esempi positivi il segretario di Stato americano ha indicato la Georgia e la Turchia, che hanno adottato misure per migliorare la tolleranza religiosa. L’Iraq, che fino allo scorso anno era additato “per l’oppressione religiosa praticata dal regime di Saddam Hussein, particolarmente contro i musulmani sciiti”, è stato cancellato dalla lista nera, ha spiegato un funzionario del Dipartimento, perché “il nuovo governo provvisorio si sta adoperando concretamente nel tutelare il diritto alla libertà religiosa”. Sorpresa, invece, ha destato l’inserimento dell’Arabia Saudita, un Paese alleato e fornitore di petrolio. Il documento afferma che “la libertà di religione non esiste” in Arabia Saudita e deplora che “le libertà religiose di base siano negate a tutti tranne a coloro che aderiscono alla versione dell’Islam sunnita, avallata dallo Stato”. Funzionari del Dipartimento di Stato americano, tuttavia, hanno sottolineato che gli Stati Uniti intendono solo “far giungere un segnale” ai regnanti sauditi circa la preoccupazione di Washington per la situazione. Al momento, quindi, è esclusa l’ipotesi di sanzioni contro Riad. (B.C.)

 

 

IL GOVERNO ARGENTINO HA LANCIATO “ENCUENTO”,

IL PIANO DI ALFABETIZZAZIONE NAZIONALE.

700 MILA IN TUTTO LE PERSONE DEL PAESE LATINOAMERICANO CHE NON HANNO AVUTO ACCESSO ALL’ISTRUZIONE DI BASE

 

BUENOS AIRES.= Ufficialmente inaugurato in Argentina il Piano nazionale di alfabtezzazione, denominato “Encuento”. Si tratta di un’iniziativa pilota destinata a circa 100 mila adulti e adolescenti, su un totale di 700 mila argentini analfabeti registrati dal censimento nazionale del 2001, che riguarderà 15 province e durerà fino al marzo 2005. Alla presentazione del programma, riferisce l’agenzia MiSNA, hanno partecipato anche i registi cinematografici Eduardo Mignona e Claudio Echeverry, che hanno realizzato 40 cortometraggi in cui emerge il disagio e il senso di inadeguatezza di persone che hanno vissuto in maniera anche dolorosa il mancato accesso all’istruzione di base. I video saranno trasmessi dalle principali televisioni nazionali per promuovere l’adesione al programma educativo e utilizzati come materiali didattico. Gli educatori saranno oltre un centinaio, designati dal presidente Néstor Kirchner e scelti tra studenti universitari, professionisti, ex-maestri di scuola elementare e pensionati con una valida preparazione culturale. (B.C.)

 

 

 

=======ooo=======

 

 

 

24 ORE NEL MONDO

16 settembre 2004

 

- A cura di Amedeo Lomonaco -

 

In Iraq una violenta esplosione ha devastato, stamani, Baghdad provocando la morte di una persona ed almeno 14 feriti. Nella capitale sono stati rapiti, inoltre, tre occidentali nel quartiere di Al Mansour, una delle aree più eleganti della città che ospita gran parte degli stranieri non residenti nella super protetta “zona verde”. Il nostro servizio:

 

**********

Come nel caso delle due italiane Simona Torretta, Simona Pari e di due collaboratori iracheni dell’associazione “Un ponte per”, altri tre stranieri sono stati prelevati questa mattina dalla loro abitazione. Il ministro dell’Interno del governo provvisorio iracheno ha dichiarato che si tratta di un inglese e di due americani. Ma nessuna conferma è arrivata, finora, da Londra e da Washington. Le modalità del sequestro sembrano simili, secondo le prime ricostruzioni, al rapimento delle due volontarie italiane. Non ci sono state sparatorie e sul luogo del rapimento non risultano segni di colluttazione.

 

E sulla vicenda delle due ragazze rapite in Iraq, il ministro degli Esteri italiano, Franco Frattini, ha informato il Parlamento dei risultati della sua recente missione nel Golfo. Obiettivo “di fondo” del governo – ha detto - è la liberazione piena, rapida e sicura delle due italiane. Frattini ha chiesto riserbo assoluto e ha sottolineato l’urgenza di adottare una linea comune nelle trattative. “Vanno evitate – ha spiegato - azioni o iniziative parallele” a quelle del governo. Sulla difficile situazione del Paese arabo, Frattini ha anche rimarcato una priorità: “La vita dei civili iracheni – ha detto - deve essere risparmiata”. “Questo – ha aggiunto - è un problema che abbiamo sottoposto agli Stati Uniti”.

 

Sull’Iraq ha rilasciato importanti dichiarazioni anche Kofi Annan. Il segretario generale delle Nazioni Unite ha affermato in un’intervista rilasciata alla Bbc che la decisione degli Stati Uniti di invadere, nel 2003, l’Iraq è stata “illegale” perché non è avvenuta in conformità con la Carta delle Nazioni Unite. “Credo – ha aggiunto Annan – che ci sarebbe dovuta prima essere una seconda Risoluzione del Consiglio di Sicurezza per dare il via all’intervento militare”. Replicando ad Annan, il ministro dell’Industria britannico, Patricia Hewitt, ha detto che la guerra “non solo è stata legale ma anche necessaria”. E sulle conseguenze del conflitto, l’intelligence americana ha stilato per la Casa Bianca un rapporto che prevede, nel Paese arabo, diversi possibili scenari, tra i quali anche la guerra civile.

**********

 

Tre stranieri, dunque, sono stati presi in ostaggio in Iraq. Ma questi sequestri ed il recente rapimento delle due operatrici umanitarie italiane, fanno parte di una nuova strategia adottata dai terroristi? Roberto Piermarini lo ha chiesto a Guido Olimpio, esperto di terrorismo del Corriere della Sera:

 

**********

R. – Ritengo che i sequestratori abbiano difficoltà a rapire cittadini stranieri per strada. Quindi, l’unico modo per catturarli è prelevarli dalle loro case. La stessa azione adottata per le due italiane, è stata utilizzata questa mattina con l’inglese e i due americani. Quindi i terroristi, come sempre accade, adattano la loro strategia alla situazione sul campo.

 

D. – Quindi si è passato dai sequestri occasionali a dei rapimenti mirati?

 

R. – Per fare un sequestro mirato è necessario conoscere l’indirizzo e sapere chi siano le vittime. E’ chiaro che è un sequestro studiato: per le due italiane avevano i nomi e sembra addirittura le fotografie. La gran parte dei sequestri prima venivano fatti a caso. Ho l’impressione che ora siamo ad un livello superiore. Dopo il sequestro dei 4 volontari di ‘Un ponte per’, il presunto rapimento di due australiani e l’azione di oggi, potremmo trovarci di fronte ad un ricatto multiplo, rivolto a tutti i Paesi.

 

D. – Secondo te, c’è un filo conduttore su questi sequestri delle ultime settimane?

 

R. – Potrebbe anche essere così. Visto che il semplice sequestro è ormai diffuso, potrebbe essere una tattica per alzare il prezzo, per aprire una trattativa multipla. E’ chiaro che i terroristi stanno cercando di fare di tutto per colpire con orrore attraverso decapitazioni ed uccisioni. Ma queste barbare uccisioni, purtroppo divenute consuete, non sembrano più avere lo stesso forte impatto. Probabilmente i rapitori stanno tentando di trovare altre strade per catturare l’attenzione.

**********

 

I governi di Madrid e di Parigi creeranno una squadra congiunta di investigatori per indagare sulla possibile presenza in Spagna di una rete di finanziamento del terrorismo internazionale legata ad Al Qaida.

 

In Afghanistan, un missile ha colpito l’area dove stava per atterrare l’elicottero con a bordo il presidente Ahmid Karzai. L’esplosione non ha causato feriti. Lo riferiscono fonti militari americane precisando che la destinazione del capo di Stato afghano era una scuola della città di Gardez.

 

Da ieri sera, per gli ebrei è iniziato un nuovo anno: il 5765. Ma in Israele i festeggiamenti si sono svolti in un clima dominato dalla paura di nuovi attentati e nuove operazioni militari dell’esercito israeliano a Nablus e a Jenin, in Cisgiordania, hanno provocato la morte di 10 persone.

 

 “Le atrocità alle quali abbiamo assistito a Beslan, ci danno il pieno diritto morale ad insistere nel considerare gli oppositori della Russia come parte dell’internazionale terroristica”. Lo ha detto il presidente russo, Vladimir Putin, in un discorso pronunciato ad Astana nel quale ha anche escluso la possibilità di un negoziato tra Mosca e gli indipendentisti ceceni.

 

La recente strage di innocenti avvenuta a Beslan, nell’Ossezia del nord, ha lacerato le coscienze di tutto il mondo. Ma anche l’Ossezia del sud, che appartiene alla Georgia, è afflitta da una drammatica realtà: quella di migliaia di profughi alla ricerca di un rifugio sicuro. La regione è teatro, infatti, di sanguinosi scontri tra l’esercito regolare e le forze separatiste che vorrebbero ricongiungersi alla restante parte dell’Ossezia del nord appartenente alla Russia. Su questa emergenza umanitaria, ascoltiamo Laura Stoppani, operatrice nell’area internazionale della Caritas italiana, al microfono di Marina Tomarro:

 

**********

R. – La situazione attuale è quella di un gran movimento di truppe, sia da parte della Repubblica della Georgia, in quanto i guerriglieri del sud dell’Ossezia avevano ripreso i combattimenti contro le forze governative e, da notizie pervenute anche dalla Georgia stessa, di movimenti dalla vicina Cecenia per rendere ancora più instabile la situazione. Nonostante la tregua raggiunta tra le forze governative e le forze dei ribelli, continuano quindi i combattimenti e la gente scappa.

 

D. – A questo proposito qual è la situazione umanitaria?

 

R. – La gente vive male, è praticamente priva dei generi di prima necessità. Le donne ed i bambini sono coloro che soffrono di più di questa situazione. Per il momento si registrano circa 1.500 profughi nelle zone confinanti.

 

D. – Il direttore della Caritas nazionale della Georgia ha chiesto aiuto, ma di cosa hanno bisogno maggiormente?

 

R. – In questo momento c’è bisogno di tutto. Il direttore della Caritas nazionale e il nunzio apostolico, mons. Gugerotti, hanno evidenziato l’urgenza di comprare di tutto: dalla pasta al grano, al riso. Sono necessari generi alimentari e tutto quello che può servire ad una famiglia: dalle lenzuola alle coperte, ai materassi, etc. Naturalmente è molto difficile poterli comprare qui e trasportarli. L’ideale sarebbe poter inviare del denaro. Si sono già organizzati gruppi di volontari per poter distribuire questi aiuti alle diverse famiglie che sono dislocate in diversi alberghi e in situazioni, diciamo pure, di fortuna.

**********

 

Si è aperto oggi a Pechino il primo dei quattro giorni di lavori del Partito Comunista Cinese. I 189 membri del comitato centrale decideranno se il capo dell’esercito, Jiang Zemin, lascerà il suo incarico. Jiang Zemin, 78 anni, negli ultimi due anni ha ceduto le cariche di presidente della Repubblica e di segretario del partito comunista.

 

Il progetto della nuova Costituzione del Burundi, che dovrebbe entrare in vigore il prossimo primo novembre, sarà sottoposto a referendum il prossimo 20 ottobre. La notizia è stata diffusa dalla presidenza burundese a conclusione della riunione del Consiglio del Paese africano convocato ieri in sessione straordinaria per l’occasione dal capo dello Stato africano, Ndayizeye.

 

In Italia “il Parlamento si compone della Camera dei deputati e del Senato federale della Repubblica”. L’aula di Montecitorio ha approvato l’articolo 1 del disegno di legge sulle riforme istituzionali. A favore hanno votato i deputati della maggioranza, la maggior parte dell'opposizione si è astenuta mentre contro si sono espressi l’Udeur ed alcuni esponenti del centrosinistra. Il lavoro dell’aula sugli emendamenti alla riforma federalista della seconda parte della Costituzione approvata in prima lettura dal Senato riprenderà martedì prossimo.

 

In Gran Bretagna la Camera dei Comuni ha approvato, ieri, il divieto della caccia alla volpe. I voti favorevoli al bando sono stati 356 mentre quelli contrari 166. Mentre era ancora in corso il dibattito sulla legge, violenti tafferugli sono scoppiati davanti al Parlamento tra forze di polizia e manifestanti favorevoli alla tradizionale caccia. Almeno 5 persone hanno fatto irruzione in aula, interrompendo la seduta per qualche minuto.

 

Continua a destare preoccupazione il corso dell’uragano Ivan, che ieri si è abbattuto su alcune località della Florida provocando almeno due vittime a Panama City Beach. Ivan, ribattezzato “il terribile” è ora diretto verso l’Alabama, dove migliaia di abitazioni sono già prive di luce.

 

 

 

=======ooo=======