RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVIII n.
246 - Testo della trasmissione di giovedì 2 settembre 2004
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO
CHIESA E SOCIETA’:
Al cardinale Angelo
Sodano l’edizione 2004 del Path to Peace Award
L’esecutivo di Brasilia
ha cancellato il 95 per cento del debito del Mozambico con il Brasile
Tutta
la Russia è sotto attacco terroristico: così Putin, assicurando che la salvezza
degli ostaggi nella scuola di Beslan rappresenta la priorità
Uccisi in Iraq tre ostaggi turchi mentre non c’è notizia dei due giornalisti francesi. 20 morti a Falluja in un raid aereo americano.
2 settembre 2004
PROSEGUIRE LA LOTTA ALLA
CORRUZIONE E ALLA POVERTÀ E RICONCILIARE
I CITTADINI, DOPO GLI ANNI BUI DEL CONFLITTO
CIVILE: L’INCORAGGIAMENTO
DEL PAPA AL NUOVO AMBASCIATORE DEL GUATEMALA PRESSO LA SANTA SEDE
I problemi umani e sociali del Guatemala, al centro del discorso rivolto
stamane dal Papa al nuovo ambasciatore del Paese latinoamericano presso la
Santa Sede, Juan Gavarrete Soberon, che ha presentato le sue Lettere
credenziali. Avvocato e notaio, 62 anni, sposato, con tre figli, cavaliere
dell’Ordine equestre di San Silvestro Papa, il neo ambasciatore guatemalteco è
al suo primo incarico diplomatico. Il servizio di Roberta Gisotti:
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“Terra di eterna primavera”, abitata da “un popolo nobile”, con
una fede profondamente radicata nella sua cultura: così Giovanni Paolo II ha
tratteggiato il Guatemala, ricordando di averlo visitato tre volte, nel ’83 e
nel ’96, in anni ancora afflitti da un doloroso conflitto armato interno al
Paese e poi nel 2002, dopo gli accordi di pace, che hanno restituito la
speranza a questa nazione. Il Guatemala oggi “non può ignorare la violenza che
ha perseguitato molte persone”, e causato tante vittime. Lo ha detto il Papa
ricordato il vescovo Juan Gerardi, assassinato nel ‘98, il cui caso non è stato
del tutto chiarito, e così altri sacerdoti e catechisti. “Non si devono
risparmiare sforzi – ha detto Giovanni Paolo II – per raggiungere la pace
sociale e la riconciliazione tra tutti i cittadini”.
Altro problema da affrontare per
il governo del Guatemala è la povertà, specie delle popolazioni indigene ed
anche dei contadini, colpiti dai mutamenti
economici internazionali e dalla discesa dei prezzi delle loro
produzioni agricole. Giovanni Paolo II ha quindi lodato i propositi governativi
di combattere la corruzione in tutte le sue forme e di ridurre le disuguaglianze,
unendo gli sforzi per costruire una nazione migliore. “La trasparenza e
l’onestà nella gestione pubblica – ha
detto – favoriscono un clima di credibilità e di fiducia dei cittadini nelle
autorità pubbliche e sono le basi per uno sviluppo conveniente e giusto”. In
questo settore – ha aggiunto Giovanni Paolo II – la Chiesa offrirà collaborazione
adeguata per far crescere la responsabilità e la partecipazione di tutti i
cittadini, e così anche per promuovere lo sviluppo dei più poveri. In
particolare il Papa si è congratulato per la difesa della vita umana, dal
concepimento alla morte naturale, riconosciuta costituzionalmente in Guatemala,
“un marchio d’onore”, per questo Paese. “In questo come in altri campi – ha
osservato – quando la legislazione civile assume i principi del diritto
naturale, si cammina verso la pace ed il progresso dei popoli”.
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DOPO
LA TRAGEDIA DELL’11 SETTEMBRE,
IL
MONDO HA BISOGNO DI UNA CULTURA DI SOLIDARIETA’ GLOBALE:
COSI’
IL PAPA AD UN GRUPPO DI VESCOVI AMERICANI, RICEVUTI A CASTEL GANDOLFO AL
TERMINE DELLA VISITA AD LIMINA.
IL
SANTO PADRE HA INCORAGGIATO LA CHIESA AMERICANA A TESTIMONIARE
CON
FORZA IL VANGELO, DOPO LE VICENDE DEGLI ABUSI SESSUALI,
CHE
HANNO GETTATO UN’OMBRA SUL SUO MINISTERO
-
Servizio di Alessandro Gisotti -
Dopo i
tragici eventi dell’11 settembre, “la testimonianza, l’esempio e la cooperazione
dei credenti ha un ruolo unico da giocare” per la promozione della pace: è
quanto sottolineato dal Papa ricevendo stamani a Castel Gandolfo un gruppo di
vescovi americani in visita ad Limina. Nel suo discorso, il Pontefice
non ha mancato di esortare la Chiesa degli Stati Uniti a testimoniare
pienamente il Vangelo, in particolare dopo la vicende degli scandali sessuali.
Il servizio di Alessandro Gisotti:
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“Incoraggiate
i fedeli, sacerdoti, religiosi e laici, a perseverare nella loro testimonianza
di fede e speranza, così che la luce di Cristo continui ad illuminare la vita
della Chiesa e del suo ministero. Sono parole di viva esortazione quelle
rivolte da Giovanni Paolo II ai vescovi americani di Boston ed Hartford in
visita ad limina. Incoraggiamento particolarmente necessario, perché –
ha avvertito il Papa – molti sono gli sforzi compiuti dalla Chiesa americana
per “comprendere e affrontare il problema degli abusi sessuali”, che negli ultimi
due anni “hanno gettato un’ombra sulla sua vita e il suo ministero”. E qui il Papa
ha chiesto ai presuli di “sostenere con forza” i sacerdoti, “molti dei quali
hanno sofferto profondamente per la grande pubblicità sugli errori di alcuni
ministri della Chiesa”. D’altro canto - ha aggiunto - il “rinnovamento della
Chiesa è proprio legato al rinnovamento del clero”.
Ha poi lodato l’impegno dei vescovi americani
in “difesa dei fondamentali diritti umani e della dignità della persona”, in
aiuto dei poveri e dei malati. Ancora, i continui sforzi per promuovere il
dialogo ecumenico ed interreligioso. Questo - ha evidenziato - non “aiuta solo
a superare le incomprensioni tra i credenti, ma anche a rafforzare un senso di
comune responsabilità per la costruzione di un futuro di pace”. Come la
tragedia dell’11 settembre ha dimostrato, “un cultura globale di solidarietà e
rispetto della dignità umana è uno degli obiettivi morali più urgenti che
l’umanità ha oggi davanti a sé”.
Quindi,
il Santo Padre ha messo l’accento sull’importanza “dell’evangelizzazione della
cultura” in un’epoca segnata dalla mondializzazione Sono convinto, ha detto,
che la Chiesa degli Stati Uniti “può svolgere un ruolo fondamentale nel
rispondere alle sfide di una realtà, la globalizzazione, frutto dell’Occidente
ed in particolare dell’esperienza e degli ideali americani. Quindi,
soffermandosi sul contributo unico della missione ad gentes nei nostri
tempi, ha spiegato che i “cattolici di ogni età devono essere aiutati ad
apprezzare pienamente il messaggio cristiano e la sua capacità di soddisfare le
più profonde aspirazioni del cuore umano”.
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ALBERTO MARVELLI, MODELLO PER I
GIOVANI DI OGGI
- Intervista con mons. Fausto Lanfranchi -
In attesa della
beatificazione, domenica prossima, presieduta dal Papa a Loreto, cerchiamo di
approfondire la figura di Alberto Marvelli. Il giovane legato all’Azione
Cattolica, nasce a Ferrara il 21 marzo 1918 e muore a Rimini il 5 ottobre 1946,
a soli 28 anni, in un incidente stradale. Nella Rimini martoriata e distrutta
dai bombardamenti e nel primo dopoguerra è stato esempio non solo per
l’integrità di vita ma anche per l’impegno sociale e politico. Ha vissuto da
protagonista i grandi avvenimenti storici dell’epoca, anticipando
profeticamente il ruolo e la vocazione del laico cristiano, proposti poi dal
Concilio Vaticano II. Ascoltiamo, nell’intervista di Giovanni Peduto, il
ricordo che ne ha mons. Fausto Lanfranchi, che oggi è il vice postulatore della
causa di beatificazione:
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R. – Io sono entrato in
seminario all’età di 30 anni. Prima ero stato presidente diocesano dell’Azione
Cattolica. Con Alberto Marvelli ho lavorato in Azione Cattolica e poi anche in
altri ambiti, specialmente nell’ambito politico. C’è stata con lui una profonda
amicizia, anche se io sono di qualche anno più giovane di lui. L’episodio più
bello che ricordo di lui è quello del settembre 1944, quando l’Italia viveva la
funesta tragedia della guerra civile. A causa dei bombardamenti la mia famiglia
era sfollata a Vergiano, a 5 chilometri da Rimini, dove si trovava anche la
famiglia Marvelli, sulla collina, in un vecchio palazzo settecentesco,
fatiscente, ma ancora abitabile. Io avevo 17 anni. Uscì il bando di chiamata
alle armi della Repubblica di Salò, per il primo semestre del 1926, la mia
classe. Assieme ad altri giovani decidemmo di non rispondere alla chiamata e di
darci alla macchia, per non essere coinvolti poi nella guerra civile accanto ai
tedeschi. Fuggimmo nei campi alti di granoturco, poco lontano da casa.
Sentivamo crepitare i mitra dei tedeschi che ci cercavano. In quella drammatica
situazione Alberto Marvelli mi accolse in casa sua e mi tenne nascosto nel
vecchio palazzo per 20 giorni, salvandomi così la vita, a rischio della sua e
di quella della sua famiglia.
D. – Poi lei è divenuto
sacerdote e ha svolto il ministero di parroco e vari altri incarichi. Può
descriverci Alberto Marvelli con poche pennellate?
R. – Alberto è stato un giovane,
amico dei giovani, innamorato della vita, degli uomini e di Dio. Sempre
presente tra i ragazzi, i poveri e i sofferenti. Altruista negli oratori, intrepido
nello sport, impegnato nella scuola. Il suo battagliero impegno in politica lo
intendeva come servizio. Ha dedicato la vita all’instancabile e dinamica
ricerca della verità e dell’amore. Il suo prezioso diario è per noi una limpida
testimonianza della sua vita interiore, del suo profondo rapporto con Dio, del
suo cammino di santità, del suo programma di vita.
D. – Quale messaggio ha lasciato
Alberto Marvelli?
R. – Potremmo sintetizzarlo
così: i giovani di oggi possono trovare nella vita di Alberto Marvelli
un’indicazione significativa per vivere la propria vocazione nella spiritualità
laicale, nella spiritualità dell’incarnazione, della condivisione, della testimonianza
di un amore che Dio ci ha donato, un amore che rinnova la mente e il cuore
delle persone e vuole rinnovare la storia.
Il 5 ottobre 1974, la salma di
Alberto Marvelli venne traslata nella Chiesa di Sant’Agostino a Rimini. Il 22
marzo 1986 è stato emanato il decreto sulla eroicità delle sue virtù e
proclamato Venerabile. Avendo la Congregazione per le Cause dei Santi riconosciuto,
il 7 luglio 2003, un miracolo attribuito alla sua intercessione, Giovanni Paolo
II ha firmato il decreto di beatificazione, così la Chiesa il prossimo 5
settembre a Loreto lo propone come modello di santità nel quotidiano per i
cristiani del terzo millennio.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
L'apertura
della prima pagina è dedicata alla drammatica vicenda delle 354 persone sequestrate
nella scuola a Beslan, in Ossezia del Nord. Il titolo al servizio è
"Spietato ricatto".
Nelle
vaticane, nel discorso ai vescovi statunitensi Giovanni Paolo II sottolinea che
l'edificazione di una cultura globale di solidarietà e di rispetto per la
dignità della persona è uno dei grandi compiti morali che l'umanità deve svolgere.
Nel
discorso al nuovo ambasciatore del Guatemala, il Papa evidenzia che è motivo
d'onore per il Paese il riconoscimento costituzionale della difesa della vita
umana dal concepimento fino alla morte naturale.
Nelle
estere, in rilievo l'articolo del vescovo Elio Sgreccia, vice presidente della
Pontificia Accademia per la Vita, dal titolo "L'eutanasia in Olanda: anche
per i bambini!".
Nella
pagina culturale, un articolo di M. Antonietta De Angelis in merito ad una
recente mostra - al Palazzo Arnone di Cosenza - dedicata al pittore Gregorio Preti.
Nelle
pagine italiane, l'articolo dell'inviato Gaetano Vallini sulla
festa-pellegrinaggio dell'Azione Cattolica a Loreto.
Il
titolo dell'articolo è: "Parte dai luoghi di sofferenza ma anche di
speranza un cammino per rinascere e rinnovarsi".
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2 settembre 2004
LOTTARE PER UN’ECONOMIA
SOLIDALE: È LA SFIDA DI “SBILANCIAMOCI”,
CARTELLO DI CIRCA 50 REALTÀ IN CERCA DI NUOVI
MODELLI DI SVILUPPO
- Intervista con Giulio Marcon -
Lottare
per un’economia solidale: è la sfida lanciata da Sbilanciamoci, cartello
di circa 50 realtà tra cui Beati costruttori di pace, Pax Christi, Rete
Lilliput. Da oggi, per quattro giorni, prima a Bologna e poi a Parma, apriranno
tavoli di confronto sui modelli di sviluppo sostenibile, i diritti del lavoro,
l’uso della leva fiscale per la solidarietà. L’obiettivo è quello di elaborare
una serie di proposte concrete e alternative applicabili fin da subito al
sistema Italia. Centrale è il rafforzamento dell’economia sociale, il commercio
equo e solidale e la finanza etica. Massimiliano Menichetti ha raccolto il
commento di Giulio Marcon portavoce della campagna “Sbilanciamoci”:
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R. – Il Welfare è centrale per
un’economia di qualità e quindi anche per uno sviluppo sostenibile. Noi abbiamo
la spesa sociale più bassa della media europea ed è quindi necessario investire
in istruzione, in sanità, in servizi sociali. In questo modo anche la qualità
dell’economia cresce e crediamo che un attento uso della leva fiscale possa
essere importante per promuovere un Welfare adeguato a queste esigenze. Siamo
contrari, quindi, a quelle proposte di riduzione indiscriminate e che in realtà
si tramutano in meno servizi e quindi in meno diritti. Crediamo anche che
l’impresa debba prendere la strada delle responsabilità sociali.
D. – Bologna e Parma: è un caso
che vi incontrate anche nella città della Parmalat?
R. – Quest’anno è il secondo
forum. La prima edizione è stata fatta a Bagnoli, lo scorso anno. Bagnoli é
stato per tanti anni la sede dell’Ilva, uno dei maggiori impianti siderurgici
del nostro Paese. Quell’impianto non c’è più e Bagnoli ha rappresentato il fallimento
di un modello di politica industriale e di cui si possono vedere conseguenze in
quell’area. Quest’anno abbiamo scelto Parma proprio perché c’è stato il caso
Parmalat, che è stato un esempio negativo di commistione tra impresa e mercati
finanziari che ha rischiato di distruggere un’impresa come quella della
Parmalat che creato tanti posti di lavori e che ha avuto successo in Italia e
nel mondo. Siamo a Parma proprio per questo motivo.
D. – La critica va bene, ma in questi giorni cosa
presenterete in concreto?
R. – Ci
saranno le botteghe del commercio equo, la finanza etica con Banca Etica, il
terzo settore: tutte quelle forme, cioè, di economia diversa e che oggi
coinvolgono tanti. Sono oltre 300 mila le persone che lavorano nel terzo
settore; il fatturato del commercio equo è di 32 milioni di euro; 15 mila i
correntisti con Banca Etica. C’è tutto un mondo che cerca strade diverse da
quelle tradizionali a dimostrazione che un’economia diversa è veramente
possibile.
D. – Nella Banca Etica non si è soltanto correntisti ma si
è anche coinvolti nelle scelte dell’Istituto…
R. – La
Banca Etica, ad esempio, non finanzia e non dà credito ad imprese che
fabbricano armi, che hanno produzioni ecologicamente dannose. Cerca di
valorizzare la dimensione etica e sociale dei vari progetti. E’ una Banca per
il terzo settore, nel senso che il 95 per cento delle operazioni che la Banca
Etica fa, le fa con associazioni del mondo no-profit e quindi finanzia cooperative
sociali, organizzazioni di volontariato, associazioni, gruppi che hanno come
finalità la promozione dell’utilità sociale.
D. – Ma il terzo settore può
accedere al finanziamento degli altri istituti di credito, cosiddetti,
tradizionali?
R. – Purtroppo le associazioni e
il mondo del terzo settore non ha accesso al credito tradizionale, perché
ovviamente si chiedono garanzie e si chiedono una serie di condizioni che
spesso le organizzazioni di terzo settore, non essendo società di capitali, non
possono avere.
D. – Ecco, voi ribadite anche la
necessità di sviluppare il commercio equo e solidale?
R. – Il commercio equo riconosce
un prezzo superiore ai produttori del Terzo mondo. Si tratta ovviamente di
tutti prodotti che arrivano dai Paesi in via di sviluppo: prodotti alimentari,
di artigianato e di abbigliamento. Riconosce quindi un prezzo superiore e riconosce
anche delle indennità ai produttori dei Paesi in via di sviluppo quando, per
qualche motivo, non è possibile per questi produttori produrre allo stesso
livello. Vengono quindi applicate tutta una serie di condizioni di equità ed
anche di solidarietà verso i produttori del Terzo mondo che garantiscono loro
sia la sopravvivenza, sia la possibilità di sviluppare la loro attività.
D. – Di fatto attuate già dei
cambiamenti e proponete una rivoluzione nel mondo dell’imprenditoria attuale.
Quindi per voi chi sono gli imprenditori?
R. – Imprenditori che devono
avere un ruolo sociale e non essere semplicemente degli affaristi, che guardano
al tornaconto immediato e che rischiano poi di rappresentare una visione miope,
che non fa bene nemmeno all’impresa.
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PROSEGUE IL CONGRESSO INTERNAZIONALE DELL’AZIONE
CATTOLICA A ROMA,
MENTRE PRENDE IL VIA LA MARATONA DI SOLIDARIETÀ
PER UNIRE IDEALMENTE LORETO A BETLEMME E A BAGHDAD
- Intervista con Paolo Bustaffa e con Edio
Costantini -
Mentre continua a Roma il Congresso internazionale
dell’Azione Cattolica, ha preso il via ieri il pellegrinaggio dal tema “Sei tu
la dimora di Dio”, che sarà concluso domenica prossima a Loreto dal Papa con la
beatificazione di tre “figli” dell’associazione. Durante il pellegrinaggio, si
svolgerà una maratona di solidarietà per unire idealmente Loreto a Betlemme e a
Baghdad e verranno raccolti fondi per la costruzione di una casa d’accoglienza
per i minori in difficoltà in Iraq. L’Azione Cattolica è a Loreto per fare
esercizio di laicità: è quanto ha affermato la presidente, Paola Bignardi. Di
questo proposito Fabio Colagrande ha parlato con Paolo Bustaffa, presidente
diocesano dell’associazione:
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R. – La laicità sta nel modo,
nello stile, nell’attenzione specifica di donne, uomini, bambini, giovani ed
anziani insieme, a condividere questo nostro tempo. Questa condivisione si
fonda sulla scelta religiosa, quindi questo tema è legato alla fede, ma poi si
esprime in maniera molto concreta nella vita di tutti i giorni.
D. – Un nuovo Statuto ed un
nuovo progetto formativo. Perché l’Azione Cattolica dopo 135 anni ha sentito
questo bisogno di rinnovamento?
R. – Lo Statuto
in sostanza mantiene i 10 primi articoli che segnano il saldarsi della storia
dell’Azione Cattolica di oggi con quella di più di 130 anni fa. L’esigenza
nasce dal desiderio, dalla volontà precisa dell’associazione di rispondere con
il suo pensiero, la sua preghiera, la sua testimonianza concreta e quotidiana
alle domande di oggi, sia a livello di territorio, quindi nelle nostre realtà
cittadine, sia a livello mondiale. Questo pellegrinaggio di Loreto ha una
dimensione internazionale che forse poco si conosceva e che invece l’Azione
Cattolica vive da moltissimi anni insieme con una scelta di solidarietà sul
territorio.
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Ma qual
è il significato dell maratona che unisce Loreto a due aree drammaticamente e
giornalmente colpite dalla violenza? Giancarlo La Vella lo ha chiesto ad Edio Costantini,
presidente del Centro Sportivo Italiano che ha organizzato l’iniziativa:
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R. - Noi crediamo che la pace
sia un valore non solo da urlare, da ripetere e da sbandierare, ma un valore
che si fa passare attraverso le fatiche. Ecco allora lo sport. La fatica nel
fare sport, il sudare, aiuta ancora di più a capire che la pace va conquistata
attimo dopo attimo, tutti insieme. Questo è
il significato di questo pellegrinaggio dell’Azione Cattolica. Anche il
Csi vuole aiutare con lo sport a costruire la pace, quella vera.
D. – Mai come questa volta
questo grido di pace viene dalla base. Avete reclutato 45 mila maratoneti ...
R. – L’adesione è stata grande,
dai sindaci alle personalità di cultura dello sport, ma anche dalla gente
semplice ai ragazzi. Tutte le categorie si sono mobilitate. Lo sforzo organizzativo
è enorme: partono 720 persone ogni giorno, per tutta la notte, per 60 ore.
Questo per dire che la pace con ostinazione la si può raggiungere se ognuno fa
la sua parte.
D. – Un grande evento sportivo
si è da poco concluso: le Olimpiadi. Il discorso della pace nel mondo può
cominciare proprio da quella immagine della cerimonia conclusiva di Atene 2004,
con atleti di 200 Paesi, quindi più del numero dei Paesi aderenti all’Onu, che
si sono abbracciati nella cerimonia finale…
R. – Lo sport ha avuto sempre
questa grande caratteristica da quando le Olimpiadi sono state inventate.
Quest’anno si è sentita forte questa voglia di voler rilanciare il significato
della convivenza tra i popoli, dell’integrazione dei popoli. Lo sport è un
elemento essenziale, lo è a livello internazionale, ma lo è anche nelle nostre
realtà territoriali.
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65
ANNI FA L’INVASIONE DELLA POLONIA DA PARTE DELLA GERMANIA NAZISTA
-
Intervista con Gianni Bisiach -
Nell’udienza
generale di ieri, il Papa ha espresso dolore e preoccupazione per gli ultimi attacchi
terroristici in Israele e Russia. Ha così rivolto un appello affinché cessi ovunque
il ricorso alla violenza, ricordando il 65.mo anniversario dell’invasione
nazista della Polonia e dell’inizio della Seconda Guerra Mondiale. “Ripensando
a quei giorni – ha detto Giovanni Paolo II – in questo momento di gravi e
diffuse tensioni, invochiamo da Dio il dono prezioso della pace”. Torniamo
dunque a quei tragici momenti dell’intervento militare tedesco in Polonia con
il servizio di Amedeo Lomonaco:
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Il
primo settembre del 1939 la Germania di Adolf Hitler con l’attacco contro la Polonia
scatenò la seconda guerra mondiale, il più sanguinoso conflitto di tutti i
tempi. I primi colpi di artiglieria furono sparati contro una base militare polacca
nei pressi di Danzica e successivamente gli aerei tedeschi bombardarono gli
aeroporti e le principali vie di comunicazione del Paese. Riapriamo questa
drammatica pagina con il giornalista Rai Gianni Bisiach, che ha curato diverse
rubriche di storia:
R. –
Nel 1939 avevo 12 anni. La mia era una famiglia antifascista e ricordo che si
parlava della follia di Hitler e poi di Mussolini che lo avrebbe seguito.
Quello fu soprattutto un momento terribile per il mondo con il quale i tedeschi
attuarono questa loro azione: cominciarono ad invadere la Polonia, iniziarono i
bombardamenti aerei delle città e furono mitragliate le donne ed i bambini che
fuggivano lungo le strade. L’occupazione della Polonia, da parte dei tedeschi,
provocò immediatamente l’entrata in guerra dell’Inghilterra e della Francia e
quindi il coinvolgimento del mondo civile.
Nonostante
le alleanze stipulate prima della guerra dal governo di Varsavia con Francia e
Gran Bretagna, nessun aiuto arrivò in Polonia dopo il primo settembre del 1939.
Perché? Ascoltiamo ancora Bisiach:
R. – La
prima guerra mondiale è stata così terribile che si era deciso, alla fine di
quella guerra, di non armarsi più ed infatti il mondo era disarmato. Hitler e
la Germania nazista, però, si armarono segretamente ed in quel momento erano
potentissimi. Gli inglesi ed i francesi avrebbero sicuramente voluto intervenire
ma non erano ancora sufficientemente preparati per un’azione di quel tipo. Per
fortuna, negli anni successivi, l’Inghilterra completò il proprio processo di
riarmo e, anche con l’intervento dell’America, Hitler venne piegato.
D. – Ma
non furono solo i tedeschi ad invadere il territorio polacco: due settimane dopo
le regioni dell’Est del Paese furono invase dall’armata rossa di Stalin che
aveva appena firmato un accordo con Hitler …
R. – Su
questa vicenda storica ci sono due ipotesi. Una che questo accordo tra Hitler e
Stalin fosse una perfida manovra per distruggere i polacchi: Russia e Germania,
hanno sempre cercato, infatti, di portare il loro dominio in Polonia. C’è poi
anche da dire che la Russia di Stalin non era ancora in grado di reagire e
quindi questa alleanza fra Stalin ed Hitler, consentì alla Russia di prendere
tempo e armarsi.
D. - In
un mondo oggi minacciato dal terrorismo e segnato da conflitti spesso dimenticati,
quali insegnamenti possiamo trarre dalla seconda guerra mondiale?
R. –
Credo che la follia di Hitler ci richiama in qualche modo alla follia del
terrorismo. Il terrorismo è una forza internazionale, che cerca di opporsi
all’Europa, all’America e al mondo occidentale. Secondo me, ci sono oggi delle
situazioni che si possono paragonare all’inizio della seconda guerra mondiale.
L’invasione
della Polonia portò dunque ad uno scontro tra due mondi lontani: la più moderna
tecnologia militare dell’epoca fu affrontata dalla tradizionale cavalleria
polacca. Ed anche oggi, nel mondo globalizzato, viviamo altri contrasti: le
avanzate società occidentali stridono, ad esempio, con le difficili realtà di
tanti Paesi. Come sempre, di fronte a semi di odio e di violenza, la speranza è
affidata agli uomini di buona volontà e ai costruttori di pace.
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CON LE PRIME DUE PELLICOLE IN CONCORSO, PRESENTATE
OGGI, SI ENTRA
NEL VIVO DEI TEMI E DELLE EMOZIONI DEL FESTIVAL
CINEMATOGRAFICO DI VENEZIA
- Servizio di Luca Pellegrini -
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“Delivery”, la prima delle 22
pellicole in concorso del regista greco Nikos Panayotopoulos, non ci fa vedere
l’Atene del Partenone e degli stadi olimpici ma un ragazzo senza nome e forse senza patria che arriva in un
imprecisato sobborgo della capitale e costruisce una serie di vincoli con il
solo scopo della sopravvivenza. Non sembra capace di prendere in mano il
proprio destino, se non al momento del tragico epilogo condito da una spruzzata
di surrealismo. Il suo peregrinare come fattorino di una pizzeria diventa
ritratto molto tragico e livido di una città che esclude emarginati e profughi
di tutti i Paesi e tutte le culture. Ma questo dark movie sociologico
non freme mai del battito vuoi di una denuncia, vuoi di una crudezza d’autore.
Mentre palpita di sofferenza e
di crudezze l’intenso film di Francoise Ozon “5x2”, ossia cinque scene di un
matrimonio alla deriva, vissute però a ritroso nel tempo: divorzio ed ultimi
sussulti di desiderio, cena con racconto piccante di tradimenti, nascita
drammatica del primo figlio, matrimonio già segnato dalla vulnerabilità e
dall’apatia, il primo approccio dei due protagonisti su di una spiaggia, dove
lei è un’intensa Valeria Bruni Tedeschi, e primo bagno insieme nuotando verso
un sole che tramonta, segno tanto romantico quanto emblematico dei nostri
tempi. Il tutto nel coso di una vacanza rabberciata. Analogo, terribile
tramonto della morale della sicurezza sociale nel nuovo film, fuori concorso,
di Johnatan Demme con Denzel Washington, “The Manchurian Candidate”, remake
noir e personalizzato della versione di Frankeheimer del 1962:
fantapolitica americana di spietata denuncia in cui l’apice della malvagità è
incarnato da una perfida senatrice, Meryl Streep. E’ un nuovo campanello
d’allarme sulle tentazioni e sui pericoli del potere? Molti di questi temi
saranno affrontati dalla giuria del Premio cattolico Signis, che viene presentato
oggi al Patriarca di Venezia, il cardinale Angelo Scola. Ascoltiamo un commento
di don Dario Viganò, presidente dell’Ente dello Spettacolo:
“Come
ogni anno anche quest’anno la giuria cattolica internazionale del Signis, l’ex
giuria Ocic, si incontrerà con il Patriarca, il pastore maestro di questa
Chiesa di Venezia che ospita la kermesse lagunare d’arte cinematografica.
Insieme alla giuria dell’Ocic sono invitati anche i presidenti nazionali
dell’Associazione di Cultura Cinematografica, uno dei quali è anche membro
della giuria, Carlo Tagliabue, e presidente del Centro Studi Cinematografici
che, insieme con Marina Sanna, capo redattore della rivista “Il cinematografo”,
rappresentano l’Italia in questa giuria internazionale. E’ un incontro di
reciproca conoscenza, di informazione sulle mille attività che le associazioni
culturali cinematografiche svolgono in tutto il territorio nazionale e poi di
preghiera, perché appunto noi sappiamo che per noi credenti il senso della
presenza nella cultura è testimoniare la relazione tra Gesù e il Padre. Quindi,
noi vogliamo continuare questa tradizione. Siamo molto felici di questa
accoglienza che, come sempre, il Patriarca ci riserva con attenzione e con
cuore di pastore”.
Da Venezia, Luca Pellegrini, per la Radio
Vaticana.
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2
settembre 2004
IL PREFETTO APOSTOLICO DEL NEPAL, MONS. ANTHONY FRANCIS SHARMA,
ESPRIME DOLORE E TRISTEZZA PER QUANTO ACCADUTO NEL REGNO
HIMALAYANO ALL’INDOMANI DELL’UCCISIONE DI 12 OSTAGGI NEPALESI IN IRAQ
KATHMANDU. = Ciò che è accaduto è una triste novità
per il Nepal, Paese dove la convivenza tra le religioni è sempre stata
rispettata. Questo grave episodio ci riempie di tristezza ma confidiamo che tutto ritorni presto come prima: sono queste le parole del prefetto apostolico del Nepal, mons. Anthony Francis Sharma, che racconta all’Agenzia Misna le proprie impressioni su quanto
accaduto nelle ultime 48 ore a Kathmandu. Nella capitale del piccolo regno
himalayano si è scatenata la rabbia della popolazione indù per l’esecuzione in
Iraq di 12 connazionali da parte di un gruppo estremista islamico. Due moschee
della città sono state attaccate da gruppi di giovani. “I nepalesi di religione
islamica – ha detto mons. Sharma - non
avevano mai subito una cosa del genere e sono cittadini ben inseriti nella
società”. Analoga stima circonda la comunità cristiana “in particolare per il
lavoro condotto dalle associazioni e organizzazioni non governative nel campo
dell’educazione e dell’assistenza ai poveri”, aggiunge il prefetto apostolico.
Monsignor Sharma ha anche precisato che non è stato condotto nessun attacco
contro i cristiani: queste presunte aggressioni - ha detto - sono solo delle
voci che si inseriscono in una situazione di tensione dove, a causa del
coprifuoco, circolano poche informazioni certe su quanto veramente sia
accaduto. Nel Paese la situazione resta tesa. Il ministero degli Interni ha
reso noto che, ieri, due persone sono rimaste uccise durante scontri con la polizia.
In modo particolare l’ira dei dimostranti si è scatenata contro gli uffici
delle agenzie di collocamento che reclutano lavoratori per l’estero senza
garantire loro un’adeguata sicurezza. I cattolici in Nepal sono meno di 7600,
mentre la popolazione islamica, secondo un censimento del 1995, costituisce
circa il 4 per cento. (A.L.)
AL CARDINALE ANGELO SODANO L’EDIZIONE
2004 DEL PATH TO PEACE AWARD:
LA CERIMONIA DI CONSEGNA DEL RICONOSCIMENTO IL 20
SETTEMBRE A NEW YORK.
ALLA
MEMORIA DELL’ARCIVESCOVO MICHAEL COURTNEY,
NUNZIO
APOSTOLICO UCCISO IN BURUNDI, IL PREMIO “SERVITOR PACIS”
NEW
YORK.= Un riconoscimento all’impegno costante della Santa Sede per la pace nel
mondo e il dialogo tra i popoli. Il 20 settembre prossimo, il cardinale segretario
di Stato, Angelo Sodano, sarà a New York per ricevere l’edizione 2004 del Path
to Peace Award, prestigioso riconoscimento della Path to Peace Foundation.
L’annuncio è stato dato dall’arcivescovo Celestino Migliore, osservatore
permanente della Santa Sede presso l’ONU e presidente della Fondazione Path
to Peace. Durante la stessa cerimonia, che si terrà allo University Club di
New York, verrà assegnato il Path to
Peace Servitor Pacis alla memoria
di mons. Michael A. Courtney, nunzio apostolico in Burundi, ucciso il 29
dicembre del 2003 in un agguato, mentre viaggiava nella sua auto nei pressi
della capitale burundese Bujumbura. Per il segretario di Stato vaticano, oltre
al Path to Peace Award, il 21 settembre verrà conferito il titolo honoris causa dalla St. John’s
University. (A.G.)
MESSAGGIO
DEI VESCOVI PERUVIANI
IN
OCCASIONE DELLA GIORNATA MONDIALE
DEL
MIGRANTE DI DOMENICA PROSSIMA
LIMA. =
I vescovi del Perù hanno inviato un messaggio “di coraggio e speranza” in occasione
della Giornata mondiale del migrante, che si celebra domenica prossima. I temi
previsti per la Giornata sono l’aumento delle migrazioni femminili e l’incremento
del numero delle donne peruviane costrette a lasciare il Paese per trovare
all’estero nuove prospettive e speranze di vita. Nel testo redatto dai presuli
si sottolinea la preoccupazione per i rischi corsi dalle donne migranti, “che
possono essere le prime vittime delle reti di prostituzione e del traffico
degli esseri umani”. Queste donne “cadono nelle grinfie delle mafie pensando di
trovare un lavoro sicuro e ben pagato in un altro Paese”, si legge nel
documento. I vescovi hanno avvertito che la migrazione femminile all’estero
riguarda ormai il 51 per cento del numero complessivo di persone che lascia il
Perú. “Ci preoccupano - concludono i presuli - le madri costrette a vivere
lontane dai loro figli”. (A.L.)
L’ESECUTIVO DI BRASILIA HA
CANCELLATO IL 95 PER CENTO
DEL DEBITO
DEL MOZAMBICO CON IL BRASILE.
LA SOMMA CONDONATA E’ DI 315 MILIONI DI DOLLARI
BRASILIA
.= Il governo brasiliano ha annunciato di aver condonato il 95 per cento del
debito contratto dal Mozambico. Lo ha detto il presidente della Repubblica
brasiliana, Luis Inácio Lula da Silva, dopo aver incontrato a Brasilia il suo
omologo del Paese africano, Joaquim Chissano. Il presidente del Mozambico si è
recato nella capitale sudamericana per ricambiare il viaggio del capo di Stato
brasiliano dello scorso novembre. L’accordo, giunto al termine di tre anni di
negoziati, prevede la cancellazione di 315 dei 331,6 milioni di dollari di
debito contratti dal Mozambico con il Brasile. La visita di Chissano in Brasile
è stata anche l’occasione per sottoscrivere accordi di cooperazione bilaterale
per la formazione di personale nei settori della sicurezza e della vigilanza
degli istituti carcerari del Mozambico, oltre che per sviluppare la lotta al
razzismo e le tecnologie delle imprese pubbliche radio-televisive del Paese
africano.(A.L.)
L’IMPATTO DELLE MODERNE TECNOLOGIE SULLA VITA DEI LAVORATORI:
UNO STUDIO
CONDOTTO DALL’UNIVERSITA’ DEL SURREY, IN GRAN BRETAGNA,
HA SCOPERTO UNA STRANA ‘PATOLOGIA’, CAUSATA DAI
TELEFONI CELLULARI
- A cura di Roberta Gisotti -
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LONDRA. = L’hanno chiamata sindrome di SAD, perché
ci rende stressati, arrabbiati, distratti e, infine, depressi. Tutto per colpa del telefonino,
che squilla in ogni momento e in ogni luogo, e che ha cambiato le nostre
abitudini di comunicazione in casa, per strada, in ufficio. Cercarsi
continuamente, fare domande, offrire risposte, ricevere messaggi di ogni tipo,
privati, professionali o commerciali, notizie da parenti, amici e conoscenti
dietro l’angolo o dal mondo intero. Tutto ciò è davvero troppo. Ma è in ambito
lavorativo che la SAD colpisce con più virulenza. I ricercatori inglesi hanno
monitorato 600 dipendenti di diverse aziende: le ripetute interruzioni non
prevedibili causate dai telefoni cellulari si assommano allo stress lavorativo
ordinario. La richiesta continua e costante di comunicazione istantanea provoca
ansia e irritazione. “I dipendenti – si legge nella ricerca - si sentono
frustrati e disturbati quando non riescono a raggiungere coloro che cercano”
e nello stesso tempo soffrono le comunicazioni intrusive del telefonino “nel
rapporto con i colleghi e con le loro mansioni lavorative''. “La nostra società
pretende tutto subito e non siamo più preparati ad attendere”, ha commentato
uno degli intervistati. Soluzioni per il momento non ce ne sono, se non – aggiungiamo
noi – una riflessione ‘a telefono spento’ per ripensare l’uso dei nuovi media a
maggior beneficio per la nostra vita.
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“POSTGLOBAL: NUOVE SFIDE ALLA
DEMOCRAZIA”:
TEMA DELL’INCONTRO NAZIONALE
DI STUDI DELLE ACLI AD ORVIETO E A ROMA DAL 10 AL
12 SETTEMBRE
ROMA. =
Si svolgerà ad Orvieto ed a Roma dal 10 al 12 settembre, l’annuale incontro di
studi organizzato dalle Acli. Col supporto di ospiti illustri ed autorevoli,
l’Associazione dibatterà intorno al tema “Postglobal: religioni, generi,
generazioni. Nuove sfide alla democrazia”. Un’occasione importante anche per
elaborare il contributo delle Acli in vista delle prossime settimane dei
cattolici, in programma il mese successivo e dedicate proprio ai nuovi scenari
della democrazia. I lavori verranno aperti ad Orvieto la mattina di venerdì 10
settembre, presso il Palazzo del Popolo, dagli interventi di Mario Deaglio,
economista dell’Università di Torino, e Mario Monti, commissario dell’Unione
Europea. Seguirà il confronto sulla prima sfida alla democrazia, quella
costituita dalle nuove generazioni e dal loro bisogno di rappresentatività
all’interno dei sistemi democratici. Si dibatterà sull’allargamento del
suffragio universale ai minori esaminando, in particolare, la proposta delle
Acli “Un bimbo, un voto”. La mattina del sabato, 11 settembre, si svolgerà la
seconda sessione del Convegno, dedicata alla “sfida delle religioni alla
democrazia”. Pluralismo religioso e laicità dello Stato saranno al centro delle
riflessioni di personalità del mondo politico, culturale ed ecclesiale. Il
terzo giorno, domenica 12 settembre, i partecipanti al Convegno si
trasferiranno a Roma, presso il nuovo Auditorium della capitale, per
festeggiare, insieme con altri esponenti della società civile (tra i quali
Legambiente, il Movimento dei Focolari, la Comunità di Sant’Egidio) la seconda
“Giornata dell’Interdipendenza, da un’idea di Banjamin Barber, professore
dell’Università del Maryland già consigliere di Bill Clinton. L’incontro vuole
sottolineare l’idea positiva della necessità di una politica che tenga in
considerazione tutti i popoli e le loro nazioni. Per questa giornata è prevista
la presenza, tra gli altri, di Kofi Annan in videoconferenza. (R.G.)
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2 settembre 2004
- A cura di Barbara Castelli -
Trattative a oltranza e nessun blitz, almeno per
ora. E’ l’impegno dei servizi segreti russi sul dramma del maxi-sequestro di
Beslan, la cittadina della regione autonoma dell’Ossezia del Nord, anche se
poco fa sono stati uditi due colpi isolati di arma da fuoco nella scuola teatro
della presa degli ostaggi. Lo stessa linea è stata confermata dal presidente,
Vladimir Putin, che, ricevendo al Cremlino il re di Giordania, ha denunciato un
attacco terroristico su vasta scala contro l’intera Russia. Il ‘ministro degli
esteri’ dell’autoproclamato governo indipendentista ceceno, Ilias Akhmadov,
intanto, ha ribadito oggi che “il presidente Aslan Maskhadov non c’entra con il
sequestro di ostaggi e anzi condanna ogni azione terroristica”. Ci riferisce
Giuseppe d’Amato:
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“Questo è un atto non contro
cittadini russi, ma contro tutta la Russia intera”: così Vladimir Putin ha
commentato il sequestro in Ossezia del Nord, al margine di un incontro con il
Re di Giordania Abdullah. "Questa è un’azione – ha proseguito il capo del
Cremlino – che mira a far esplodere gli equilibri interreligiosi ed
interetnici. La cosa essenziale adesso è salvare la vita agli ostaggi. Un
grazie ai capi di Stato e all’Onu che ci hanno espresso solidarietà”. Col
passare delle ore il quadro della situazione a
Beslan emerge nella sua drammaticità. Secondo i calcoli di fonte
ossetina, sono 354 le persone sequestrate, fra loro 132 bambini; per il canale
Ntv si supera le 400 unità. Nell’assalto sono state uccise 12 persone, mentre
il numero dei feriti è imprecisato. Alcuni potrebbero essere all’interno della
scuola che è stata minata. Il commando è composto da 17 terroristi con 4 donne
kamikaze. Alcuni sono stati identificati: non sono solo ceceni, ma anche ingusci
e gente che in passato si è ribellata al potere di Mosca. I genitori ed i
parenti degli ostaggi rimangono in strada e sono assistiti da medici e
psicologi. Le notizie restano nel complesso confuse e non verificabili. Le
trattative sarebbero condotte dal dottor Leonid Roshal, già famoso per aver
mediato nel Teatro della Dubrovka nel 2002. Secondo alcune fonti, il comando
non avrebbe accettato cibo ed acqua; mentre secondo altre, sì.
Da Mosca, per la Radio Vaticana,
Giuseppe D’Amato.
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Ore difficili per la Russia.
Nove militari delle forze federali sono stati uccisi ieri dall’esplosione di
due mine a sud di Grozny, capitale della Cecenia. Lo ha riferito il ministero
dell’Interno ceceno, citato dall’agenzia Ria Novosti.
Nuove pagine di sangue in Iraq.
Ha avuto un tragico epilogo il rapimento di tre turchi, uccisi questa mattina
dalla guerriglia, mentre non si hanno ancora notizie dei due giornalisti
francesi sequestrati. Il servizio di Barbara Castelli:
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La violenza in Iraq resta
tristemente all’ordine del giorno. Secondo quanto ha riferito la tv del Qatar
Al Jazeera, tre ostaggi turchi sono stati uccisi oggi dal gruppo “Al Tawhuid Al
Jihad”. I corpi dei sequestrati sono stati rinvenuti nei pressi di Samara, a
nord di Baghdad. La Francia, intanto, resta con il fiato sospeso per la sorte
dei due giornalisti in mano alla guerriglia irachena. I numerosi appelli giunti
da più parti non hanno sortito effetto: i rapitori sono barricati nel silenzio,
mentre una delegazione del Consiglio francese del culto musulmano ha incontrato
oggi a Baghdad i dirigenti del Comitato degli Ulema per chiedere loro di
intervenire a favore di Christian Chesnot e Georges Malbrunot. A rendere ancora
più rovente la situazione il temuto e atteso rientro degli studenti francesi
tra i banchi. Entra in vigore oggi, infatti, la legge sulla laicità, che
proibisce l’ostentazione di simboli religiosi, tra cui il velo, nelle scuole
pubbliche. Venti persone sono state uccise nella notte nel raid aereo compiuto
dalle forze statunitensi su Falluja, nel triangolo sunnita. L’attacco, costato
la vita anche a diversi bambini, aveva come obiettivo due case in cui si
nascondevano uomini di Abu Musab al-Zarqawi, considerato il responsabile di
Al-Qaeda in Iraq. L’automobile usata dall’ambasciatore ceco in Iraq poi è stata
raggiunta ieri da alcuni colpi d’arma da fuoco sparati da un commando a
Baghdad. Le due guardie del corpo, a bordo della vettura, sono fortunatamente
rimaste illese. Un poliziotto iracheno, invece, è morto e altre diciotto persone
sono rimaste ferite in seguito a un attacco a colpi di mortaio contro la sede
del governatorato della provincia settentrionale irachena di Niniveh, situata
nel centro di Mosul.
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In Nepal oggi è giornata
di lutto nazionale per l’eccidio di 12 lavoratori nepalesi sequestrati in Iraq.
A Kathmandu, intanto, all’indomani dei tumulti di protesta in cui sono morte
due persone, resta in vigore il coprifuoco. Attualmente sono 200.000 i
cittadini nepalesi che lavorano nei Paesi del Golfo. Alcuni sono impiegati e
immigrati regolari, molti sono clandestini, sfruttati, sottopagati e indotti ai
compiti più rischiosi.
I terroristi lanciano nuove
minacce via Internet. Il “Movimento dei martiri della nazione” ha invitato i
musulmani a lasciare America e Europa “nel più breve tempo” possibile, perché
si legge nel comunicato “le nostre brigate condurranno una guerra senza
precedenti, di nuovo tipo”. “Con questa guerra – conclude il messaggio –
ricorderemo l’era della diffusione islamica: vendicheremo ovunque i nostri
fratelli”.
Militari israeliani hanno aperto il fuoco oggi durante
un’incursione a Deir Al-Balah, cittadina nel centro della Striscia di Gaza, e
ucciso un diciannovenne palestinese. Ieri, invece, un elicottero israeliano ha
sparato missili contro il campo profughi di Khan Yunis a Gaza. Secondo fonti
mediche, cinque palestinesi sono stati feriti. Il premier israeliano, Ariel Sharon,
intanto, secondo quanto ha riferito stamani la radio di Stato, ha attribuito
alla Siria la diretta responsabilità per gli attentati attuati da Hamas a
Beersheva e costati la vita a 16 persone. Il ministro siriano per gli Affari
Esteri, Farouk al-Chareh, invece, ha rifiutato la responsabilità di Damasco
nelle azioni terroristiche di martedì. E mentre è stato interrotto lo sciopero
della fame di alcune migliaia di palestinesi nelle carceri israeliane, 14
deputati del Consiglio legislativo palestinese, hanno firmato una petizione
indirizzata al presidente dell’Autorità nazionale palestinese, Yasser Arafat,
per chiedergli di licenziare il governo del premier Abu Ala.
Il presidente americano, George Bush, ha raggiunto New
York, dove questa notte terrà il discorso di accettazione della candidatura
alla presidenza degli Stati Uniti, nel corso della Convention repubblicana che
ieri ha visto l’intervento del suo vice, Dick Cheney. Si andrà al voto per la
Casa Bianca a novembre. Nel suo discorso Cheney ha sottolineato le differenze
tra Bush e il suo sfidante democratico, per dimostrare che John Kerry non
garantisce un’adeguata protezione del Paese nella guerra al terrorismo. Paolo Mastrolilli:
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La Convention Repubblicana entra nel vivo in queste ore, con il discorso
di accettazione della nomination del vice presidente Cheney, che anticipa
quello di domani del capo della Casa Bianca, George Bush. Dopo le prime due
giornate dedicate al ricordo dell’11 settembre e alla proiezione di un’immagine
moderata del partito, tramite personaggi come Arnold Schwarzenegger, l’ex
sindaco Giuliani e la first lady Laura, Cheney ha promesso di attaccare
direttamente il rivale democratico Kerry, dicendo di voler sottolineare la confusione
delle sue convinzioni. Il vice presidente riporta al centro della Convention i
temi più conservatori dei repubblicani, che finora sono stati messi da parte
per raggiungere gli elettori di centro ancora indecisi. Oggi anche Bush arriva
a New York, in vista del suo discorso di accettazione. Come prima cosa il
presidente ha in programma la visita ad una stazione dei pompieri del Queens,
per ricordare il loro sacrificio durante i soccorsi dopo gli attacchi dell’11
settembre. Nelle stesse ore però continuano anche le proteste che hanno segnato
la Convention prima ancora del suo inizio e finora hanno portato all’arresto di
circa 1500 persone. La manifestazione consiste in una catena umana da Wall
Street, simbolo dell’economia americana, al Madison Square Garden, sede del Congresso
repubblicano, per protestare contro la disoccupazione e la perdita di posti di
lavoro, avvenuta durante l’amministrazione Bush.
Da New York, per la Radio
Vaticana, Paolo Mastrolilli.
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Allarme terrorismo in Malaysia:
l’ambasciata americana a Kuala Lumpur è stata chiusa oggi in seguito al
ritrovamento di una busta contenente una polvere sospetta simile all’antrace.
Lo ha reso noto un funzionario della rappresentanza, Frank Whitaker, precisando
che dopo il ritrovamento del pacco sospetto è stata allertata la polizia e a
tutti gli impiegati e ai visitatori è stato ordinato di lasciare l’edificio.
Gli Stati Uniti si sono detti
preoccupati per l’annunciata intenzione dell’Iran di procedere ad una ripresa
del processo di arricchimento dell’uranio ed hanno chiesto che del problema sia
investito il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. Luci e ombre sul
programma nucleare iraniano, intanto, emergono da un rapporto dell’Agenzia
Internazionale per l’Energia Atomica. Nel documento, il sesto del genere, si
afferma da un lato che Teheran si appresta a riprendere la produzione su vasta
scala del materiale di base per il processo dell’arricchimento dell'uranio;
dall’altro si riconosce che non sono state riscontrate prove certe di alcun
tipo circa le effettive intenzioni del regime degli ayatollah di sfruttare tale
materiale a scopi militari.
Grazie alla mediazione dell’Unione africana, il governo
del Sudan e le forze ribelli sono giunte, ieri sera, ad un accordo sulla
protezione umanitaria di più di un milione di profughi della regione del
Darfur. Il segretario generale delle Nazioni Unite, Kofi Annan, intanto, ha
accusato l’esecutivo di Khartoum di non aver tenuto fede alle promesse sul
Darfur ed ha chiesto il rinforzo della presenza internazionale all’interno
della provincia, al fine di ristabilirne la sicurezza.
Il capo di Stato centroafricano,
François Bozizé, ha dimesso con un decreto il governo del primo ministro,
Célestin-Leroy Gaombalet. Lo ha annunciato oggi la radio nazionale a Bangui.
L’emittente, tuttavia, non ha specificato né le cause della decisione, né il
nome del nuovo premier.
Lotta alla corruzione, referendum sul Canale di Panama e
relazioni diplomatiche con Cuba e Venezuela: sono le linee guida del nuovo
presidente di Panama, Martín Torrijos. Il socialdemocratico si è insediato ieri
a Città di Panama, alla presenza di capi di Stato e ministri provenienti da
tutto il mondo.
L'ex presidente jugoslavo Slobodan Milosevic ha protestato
contro la decisione del Tribunale Penale Internazionale di imporgli un avvocato
d’ufficio preannunciando di voler fare appello. Senza un avvocato d’ufficio, ha
sostenuto la Corte esiste il pericolo che il processo si prolunghi in tempi non
ragionevoli o, peggio ancora, non si concluda affatto. Milosevic aveva espresso
la volontà di procedere personalmente alla sua difesa. L’alto responsabile
politico serbo, Radoslav Brdjanin, intanto, è stato condannato ieri a 32 anni
di reclusione dal Tribunale penale per i crimini nell’ex Jugoslavia, per il
ruolo svolto negli episodi di pulizia etnica in Bosnia tra il 1992 ed il ‘95.
Brdjanin è stato, invece, prosciolto dall’accusa di genocidio.
Un progetto di risoluzione
presentato da Stati Uniti e Francia sulla sovranità del Libano è stato
depositato ieri sera al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite per essere
votato oggi. Lo ha annunciato l’ambasciatore americano all’Onu, John Danforth,
specificando che nella bozza si chiede anche il ritiro della forze siriane
attualmente dislocate nel Paese mediorientale.
Il governatore della Florida,
Jeb Bush, ha proclamato l’emergenza in tutto lo Stato in vista dell’arrivo di
‘Frances’, il nuovo uragano che sta minacciando la parte sud-orientale degli
Stati Uniti. Circa 500 mila persone hanno già ricevuto l’ordine di evacuazione.
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