RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLVIII n. 334 - Testo della trasmissione di lunedì 29 novembre 2004

 

Sommario

 

                                         

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

“Per dare autentico amore ai fratelli è necessario attingerlo in Dio”: è quanto ha detto Giovanni Paolo II all’Associazione Papa Giovanni XXIII, fondata 30 anni fa da don Oreste Benzi: intervista col sacerdote romagnolo

 

In udienza dal Papa gli ex ostaggi italiani in Iraq Agliana, Stefio e Cupertino

 

Sono le donne a maggior rischio di contagio da Aids: in un messaggio per la prossima Giornata mondiale dedicata alla lotta al virus, la solidarietà della Chiesa ai malati e l’invito ad una prevenzione di tipo etico oltre che fisico

 

Si è conclusa la plenaria del Pontificio Consiglio dei Laici sul tema: “Riscoprire il vero volto della parrocchia”. Con noi il cardinale Salvatore De Giorgi

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Crisi in Ucraina: all’esame della corte suprema di Kiev il ricorso dell’opposizione contro la vittoria presidenziale di Yanukovich: ce ne parla Fabrizio Dragosei

 

La Svizzera in un referendum dice sì alla ricerca delle cellule staminali embrionali: il commento di Olimpia Tarzia

 

Inculturazione ed eurocentrsimo della vita religiosa: due aspetti sui quali riflettere per ridefinire l’esperienza dei consacrati nel mondo: con noi padre José Maria Arnaiz

 

CHIESA E SOCIETA’:

In vigore da ieri in Italia i cambiamenti nel rito del matrimonio, approvati lo scorso 29 aprile dalla Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti

 

Appello dei vescovi del Senegal alla solidarietà verso i contadini e gli anziani

 

Ancora drammatici incidenti minierari in Cina. Fonti ufficiali riferiscono che “non c’è’ speranza” per i 141 minatori intrappolati nei cunicoli dello Shaanxi

 

Al via oggi in Kenya la Conferenza internazionale sulle mine antiuomo

 

Una nuova versione della Bibbia in coreano

 

24 ORE NEL MONDO:

Crisi in Ucraina: all’esame della Corte suprema il ricorso dell’opposizione contro la vittoria presidenziale di Yanukovich

 

Nel Myanmar, ex Birmania, prolungati di un anno gli arresti domiciliari della leader dell’opposizione e premio Nobel per la pace Aung San Suu Kyi

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

29 novembre 2004

 

 

“PER DARE AUTENTICO AMORE AI FRATELLI E’ NECESSARIO ATTINGERLO IN DIO”:

E’ QUANTO HA DETTO GIOVANNI PAOLO II ALL’ASSOCIAZIONE PAPA GIOVANNI XXIII,

FONDATA 30 ANNI FA DA DON ORESTE BENZI

- Intervista col sacerdote romagnolo -

 

“L’azione caritativa verso i fratelli assume il suo pieno valore quando si fonda sul primato dell’amore di Dio”. E’ quanto ha detto il Papa ricevendo stamane i rappresentanti  dell’Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII, fondata da don Oreste Benzi 30 anni fa e che opera in tutto il mondo a favore degli emarginati, in particolare dei bambini di strada, dei tossicodipendenti e delle donne costrette alla prostituzione. Il servizio di Sergio Centofanti.

 

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(Musica)

 

Grande festa oggi nell’Aula Paolo VI per l’incontro di Giovanni Paolo II con l’Associazione Papa Giovanni XXIII. Presenti numerosi cardinali e vescovi. Don Benzi così ha salutato il Pontefice:

 

“Santità, un grazie grande per il dono inestimabile di questa udienza. Sa cosa le vogliamo dire? Che le vogliamo bene. Le vogliamo tanto tanto bene! (Applausi) I membri delle comunità rigenerano nelle case-famiglia, nell’amore, i figli di nessuno. Molti di questi sono disabili. Alcuni, come lei vede, sono veri angeli crocifissi, ma sono i grandi evangelizzatori e ci salvano. Nelle case-famiglia abbiamo il dono dei nostri vescovi dell’Eucaristia nella cappellina. Constatiamo sempre più che per stare in piedi bisogna stare in ginocchio. Grazie di questo dono”.

 

Il Papa ha elogiato la comunità fondata da don Oreste Benzi per “l’importante opera” che svolge, ricordando le sue origini, quando il sacerdote romagnolo aprì 30 anni or sono la prima casa-famiglia,  fino al recente riconoscimento  della comunità come  Associazione internazionale privata di fedeli di diritto pontificio. Giovanni Paolo II ha sottolineato che questa associazione “si è distinta per un peculiare servizio agli ultimi e per uno stile di autentica condivisione, tesa a rigenerare nell’amore coloro che, per vari motivi, sono senza famiglia”. Costantemente incoraggiata dai vescovi l’associazione continua ad intrattenere rapporti di cordiale sintonia con le diocesi e le parrocchie in cui si trova ad operare. Un’ attività che cerca  di inserirsi nel territorio aprendosi  alla collaborazione delle strutture sociali pubbliche e private, senza però venir meno – ha notato il Pontefice -  alla sua  ispirazione cristiana che sempre la orienta e la anima.

 

“Voi siete ben consapevoli – ha detto il Papa -  che l’azione caritativa verso i fratelli assume il suo pieno valore quando si fonda sul primato dell’amore di Dio. Per dare autentico amore ai fratelli è necessario attingerlo in Dio. Per questo opportunamente voi dedicate soste prolungate alla preghiera, all’ascolto della Parola di Dio, e fondate tutta la vostra esistenza su Cristo”.

 

Giovanni Paolo II ha dunque esortato la comunità di don Benzi a continuare a curare la formazione spirituale e l’assidua frequenza ai Sacramenti.

 

“Fate, in particolare, dell’Eucaristia - ha detto -  il cuore delle case-famiglia e di ogni altra attività sociale ed educativa. In questo anno dedicato al Sacramento dell’altare, ravvivate l’ardore contemplativo e l’amore per il divin Redentore, che nell’Eucaristia si fa per noi cibo di vita immortale. Attingete da Lui l’energia spirituale per essere infaticabili operai del suo Vangelo, testimoniandone la tenerezza a quanti vivono in condizioni di disagio e di abbandono”.

        

Infine Giovanni Paolo II ricordando che inizia proprio oggi la novena dell’Immacolata. ha affidato i membri della Comunità alla Vergine Madre di Dio, perché possano essere “sempre seminatori di speranza, di amore e di pace”.

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E’ nel 1974, insieme con un gruppetto di giovani e con alcuni altri sacerdoti, che don Oreste Benzi dà vita all’Associazione Papa Giovanni XXIII. Da  trent’anni, quindi, con diverse e variegate iniziative, opera nel vasto mondo dell’emarginazione in Italia e all’estero. E’ presente, infatti, anche in Zambia, Tanzania, Kenya, Sierra Leone, Brasile, Cile, Bolivia, Russia, Bangladesh, Croazia, Messico e Kosovo. Don Oreste Benzi nasce il 7 settembre 1925 a San Clemente, paesino nell’entroterra collinare romagnolo a 20 Km da Rimini, da una povera famiglia di operai, settimo di 9 figli. All’età di 12 anni entra in seminario a Rimini e viene ordinato sacerdote il 29 giugno 1949. Ma quale è il carisma proprio dell’Associazione Papa Giovanni XXIII? Barbara Castelli lo ha chiesto allo stesso fondatore, don Oreste Benzi:

 

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R. – Il carisma consiste, in primo luogo, nel conformare la vita a Gesù nel suo essere povero, nel suo essere servo, nel suo essere vittima di espiazione dei peccati del mondo. Poi, secondo, nel condividere direttamente la vita degli ultimi, cioè: l’io e il tu diventano un “noi” effettivo, il mio e il tuo diventano un “nostro” effettivo. Infine, portiamo avanti questi principi nella fraternità: “amatevi come io vi ho amato” ...

 

D. – Da oltre 30 anni operate nel mondo dell’emarginazione. Quali sono, in concreto, gli ambiti entro i quali vi muovete e dove?

 

R. – Abbiamo iniziato con gli adolescenti, perché sono “terra di nessuno”. Ci siamo accorti, infatti, che dopo la cresima i teen agers non praticano più. Noi, invece, vogliamo che i giovani abbiano un incontro simpatico con Cristo. Questo lavoro fra gli adolescenti lo svolgiamo ovunque noi siamo, quindi: in America Latina, in Africa e in Asia… Poi portiamo avanti la condivisione diretta con gli handicappati, in particolare, ma anche con coloro che sono senza famiglia. Praticamente, il nostro impegno è dare una famiglia a chi non ce l’ha. Le “case-famiglia” sono in tutti i posti dove noi siamo, ce ne sono 263 in tutto, con circa duemila accolti. Poi, abbiamo la condivisione diretta con la vita dei tossicodipendenti. Condividiamo anche direttamente la vita con tutti i ragazzi di strada: abbiamo un lavoro molto vasto in questo ambito. Oltre a questo, ci occupiamo dei barboni: andiamo nelle stazioni e li portiamo nelle nostre “capanne di Betlemme”, così chiamate perché nessuno li vuole come Gesù, Giuseppe e Maria. Da quando abbiamo iniziato, sono circa 20 mila le presenze avute con queste creature: stanno qualche giorno con noi, si riprendono e poi ritornano sulla strada, ma hanno un punto di riferimento nei nostri cuori, prima ancora che nella casa. Nel ’90 abbiamo iniziato ad occuparci anche delle ragazze costrette a prostituirsi; da allora sono venute via dalla strada circa 5 mila ragazze. Abbiamo poi un altro lavoro molto importante, quello tra i carcerati.

 

D. – Progetti per il futuro?

 

R. – Abbiamo queste mete per il futuro: stabilire dei cartelli con tutte le associazioni, gruppi eccetera che vogliano aderire. Abbiamo un cartello, ad esempio, per la lotta contro l’aborto. Nell’aborto abbiamo due feriti: uno, mortalmente, ed è il bambino, l’altro perennemente, ed è la madre. Noi vogliamo salvare l’uno e l’altra. Spesso andiamo a pregare davanti agli ospedali: anche se ci prendono in giro abbiamo visto che la potenza della preghiera è realmente provvidenza di Dio. Poi, gli zingari. Abbiamo come proposta una legge di iniziativa popolare in cui gli zingari vengano riconosciuti come minoranza etnica.

 

D. – Qual è il suo ricordo più bello pensando al cammino compiuto fino ad oggi?

 

R. – Nei ricordi, le cose più simpatiche sono gli incontri in discoteca. Io vado sempre dove i vescovi mi chiamano: senza i vescovi non facciamo nulla. Noi siamo nella Chiesa, ci appelliamo sempre ai nostri vescovi. Mi ricordo, in particolare, di un incontro nella discoteca ‘L’altro mondo’, quando ho parlato a tutti i presenti ricordando che la vita è la professione di un amore infinito, ho detto: “Dio è in gamba! Facciamo un applauso al Signore!”. E alle due e mezza di notte mille giovani hanno applaudito il Signore. Uno di quei giovani poi mi ha fermato e mi ha detto: “Grazie, padre, che sei venuto!” Ed ha aggiunto: “Non lasciateci soli!”.

 

D. – Come l’esempio di Giovanni Paolo II ha guidato i passi dell’“Associazione Giovanni XIII”?

 

R. – Il Papa per noi è tutto. Tutta la sua vita è basata su Cristo, sull’amore a Cristo, e per noi Cristo è l’uomo nuovo, è lui che ha scelto di morire fuori dalle mura, maledetto fra i maledetti ... E il Papa è un innamorato di Cristo.

 

D. – Cosa ha ricevuto “in cambio” di tutti questi anni spesi a restituire un volto alla speranza?

 

R. – Che tantissimi giovani hanno scelto di dare la vita a Gesù e di vivere per Lui, mettendo la vita con la vita degli ultimi. Ecco, una cosa grande è questa, che i nostri piccoli, i nostri poveri sono dei bulldozer per l’evangelizzazione. La vita di condivisione diretta non suscita contrasti, mentre, invece, crea riflessione, pensosità e grande simpatia, anche, verso la Chiesa.

 

D. – Il consiglio di don Benzi per quanti vogliono incontrare il mondo del volontariato ...

 

R. – Prendere sempre più coscienza che Cristo è venuto a formare un popolo, cioè la tua vita diventa vita nella misura in cui tu offri questa vita a tutti… e questo crea la luce, il sole nello sguardo della gente.

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IN UDIENZA DA GIOVANNI PAOLO II, AGLIANA, STEFIO E CUPERTINO,

GLI ITALIANI PRESI IN OSTAGGIO IN IRAQ INSIEME A FABRIZIO QUATTROCCHI,

UCCISO PRIMA DELLA LORO LIBERAZIONE

 

Giovanni Paolo II ha ricevuto questa mattina in udienza Maurizio Agliana, Salvatore Stefio e Umberto Cupertino, i tre italiani rapiti in Iraq lo scorso aprile e liberati due mesi dopo. L’incontro è durato alcuni minuti e si è svolto in un clima di cordialità. I tre italiani sono stati accompagnati dal commissario straordinario della Croce Rossa, Maurizio Scelli.

 

Il Papa aveva invocato più volte la loro liberazione durante il periodo del sequestro, durato dal 13 aprile all’8 giugno scorsi. Lo scorso 29 aprile, l’arcivescovo Giovanni Lajolo, segretario per i Rapporti con gli Stati, aveva letto un appello del Pontefice ai rapitori in una Piazza San Pietro affollata da cinquemila persone, radunatesi per una manifestazione di solidarietà con le famiglie dei rapiti.

 

 

SONO LE DONNE A MAGGIOR RISCHIO DI CONTAGIO DA AIDS:

IN UN MESSAGGIO PER LA PROSSIMA GIORNATA MONDIALE

DEDICATA ALLA LOTTA AL VIRUS,

LA SOLIDARIETA’ DELLA CHIESA AI MALATI E L’INVITO AD UNA PREVENZIONE

DI TIPO ETICO OLTRE CHE FISICO

- Servizio di Alessandro De Carolis -

 

E’ dedicata alle donne e alle ragazze la prossima Giornata mondiale sull’Aids, che sarà celebrata, come ormai consuetudine, il prossimo primo dicembre. Una malattia che continua ad assumere forme epidemiche sempre più vaste e che, solo lo scorso anno, ha fatto tre milioni di morti. Per l’occasione, il presidente del Pontificio Consiglio per la Salute, il cardinale Javier Lozano Barragan, ha pubblicato un messaggio che esprime la solidarietà della Chiesa ai malati.

 

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Le donne sono a rischio di contagio da Aids due volte e mezzo più degli uomini. La freddezza della statistica non sminuisce però l’impatto umano che si cela dietro questo dato. La maggiore vulnerabilità delle donne e delle ragazze al virus dell’Hiv ha delle ricadute sociali a vari livelli. Oltre a peggiorare la situazione già difficile di discriminazione formativa, sanitaria e professionale, con la quale le donne devono oggi convivere in molte parti del mondo, il loro contagio equivale a minare alla base lo sviluppo della società. Il cardinale Barragan, nel suo messaggio, si sofferma su questo scenario con una considerazione esplicita: “Più l’infezione progredisce fra le donne, che sono il pilastro delle famiglie e delle comunità, più aumenta il rischio di crollo sociale”.

 

La tutela della dignità femminile, in particolare tra i malati di Aids, è uno degli aspetti drammatici di quella che il cardinale, fornendo le ultime cifre, definisce “una delle più devastanti epidemie dei nostri tempi”. Anche qui i numeri, nella loro immediatezza, sono agghiaccianti. Da quando la malattia è comparsa, all’inizio degli Anni ’80, ci sono stati nel mondo 22 milioni di morti. Solo lo scorso anno, i morti sono stati tre milioni e quasi cinque i contagiati, i quali, sul pianeta, sono oggi 42 milioni. E il quadro, se possibile, peggiora se si passa ai bambini. L’ultimo Rapporto UNICEF afferma che tra il 2001 e il 2003, i bambini rimasti orfani nel mondo a causa della pandemia sono passati da 11 milioni e mezzo a 15 milioni. E la crescita esponenziale di quest’ultima cifra, ha notato il cardinale Barragan, sta cambiando, soprattutto in Africa, il sistema tradizionale “di accoglienza degli orfani nelle famiglie poiché queste, già povere, hanno difficoltà a farsi carico di questi bambini”.  

 

L’Africa, dunque, è l’epicentro di questo sisma virulento – Botswana, Swaziland, Zimbabwe a capeggiare questa tragica graduatoria. Ma anche Paesi ad altissima densità demografica come Cina e India stanno conoscendo in tempi più recenti l’aggressione della malattia. La previsione, nel 2025, parla di 31 milioni di morti in India e 18 nella Repubblica popolare cinese. A questo punto, il presidente del dicastero vaticano ricorda la posizione e il ruolo attivo di solidarietà assunti dalla Chiesa nei confronti dell’Aids. Davanti a quella che si presenta prima di tutto come una “patologia dello spirito” – secondo le parole del Papa nel Messaggio per la Giornata mondiale del malato 2005 – ciò che occorre è “accrescere la prevenzione mediante l’educazione al rispetto del valore sacro della vita e la formazione alla pratica corretta della sessualità”, compresa l’osservanza della castità. Nel ricordare quindi che, oggi, oltre il 27% dei centri per la cura dell’Hiv/AIDS nel mondo “sono cattolici”, il cardinale Barragàn termina enunciando alcune delle linee d’azione da lui stesso indicate all’ONU nel 2001, tra cui incrementare l’educazione scolare e la catechesi, produrre un’adeguata informazione, coinvolgere maggiormente governi e società civile nella lotta al virus, diminuire i prezzi per la cura di chi ne è affetto.

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SI E’ CONCLUSA LA PLENARIA DEL PONTIFICIO CONSIGLIO

PER I LAICI SUL TEMA: “RISCOPRIRE IL VERO VOLTO DELLA PARROCCHIA”

- Intervista con il cardinale Salvatore De Giorgi -

 

Si è conclusa sabato scorso la  XXI Assemblea plenaria del Pontificio Consiglio per i Laici che si è svolta sul tema: “Riscoprire il vero volto della parrocchia”. Il Papa, ricevendo i partecipanti la settimana scorsa, ha sottolineato che  “la parrocchia è la cellula vitale nella quale trova naturale collocazione la partecipazione dei laici all’edificazione e alla missione della Chiesa  nel mondo”.  Giovanni Paolo II ha poi manifestato apprezzamento per la promozione di una “nuova stagione aggregativa” dei laici. Ma oggi la parrocchia risponde ai bisogni attuali? Giovanni Peduto lo ha chiesto al cardinale arcivescovo di Palermo, Salvatore De Giorgi, che ha partecipato ai lavori della plenaria:

 

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R. – Indubbiamente, la parrocchia da tanti secoli ha risposto alle esigenze dei tempi. Oggi i tempi sono cambiati. Il modulo deve anche adattarsi, come il Santo Padre ha ricordato nella “Christifideles Laici”, per rispondere alle sfide dei nostri tempi, però i principi fondativi della parrocchia come cellula della diocesi credo che debbano restare sempre in piedi.

 

D. – Quali sono le questioni cruciali del laicato ai giorni nostri?

 

R. – Io credo che il laicato dopo il Concilio Vaticano II e dopo l’impulso dato da Giovanni Paolo II, ha preso sempre più coscienza della propria identità e quindi del ruolo nella Chiesa e nella società. Credo che i laici, oggi, nella Chiesa debbano sentirsi sempre più responsabili, corresponsabili insieme con il clero della vita e della missione della Chiesa. Però, la loro funzione primaria è quella di animare cristianamente le realtà temporali, portare Cristo nel cuore del mondo.

 

D. – Nella storia della Chiesa, sono state talvolta grandi figure di laici ad imprimere le svolte radicali di salvezza, vedi Benedetto da Norcia, Francesco d’Assisi ... e oggi?

 

R. – E oggi, vi sono gruppi, movimenti, associazioni che lo Spirito Santo suscita come ha suscitato in passato Congregazioni e Ordini religiosi. E’ certamente una meravigliosa primavera, come il Papa l’ha descritto, l’associazionismo cattolico, ma è necessario che viva nella unione e comunione fraterna, oggi più che mai, perché l’unità crea la forza, la divisione crea dei problemi. Noto che anche in Italia, grazie a Dio, c’è sempre questa convergenza maggiore di gruppi, movimenti e associazioni perché tutti hanno preso coscienza che nell’unità dell’azione è possibile rispondere più facilmente alle sfide del nostro tempo.

 

D. – Quale la realtà a tal riguardo della sua Chiesa di Palermo, e un po’ della Sicilia intera?

 

R. – Devo ringraziare il Signore, innanzitutto, perché c’è un laicato molto vivo; si è tenuto anche ultimamente un’assemblea, un congresso, proprio sul laicato nella Chiesa, non identificando il laicato come un ambito a sé stante, ma invece come una componente essenziale – come dicevo prima – della vita e della missione della Chiesa. Per quanto riguarda Palermo, devo dire che è un laicato molto preparato sia per la presenza della Facoltà teologica siciliana seguita da moltissimi laici, e sia poi anche per la Scuola teologica di base che fino ad ora ha sfornato ben 4 mila laici. Gli iscritti quest’anno sono 1.100, quindi è una risorsa notevole perché la formazione è fondamentale per un’azione che sia coerente, incisiva e feconda. Abbiamo celebrato proprio ora il Congresso eucaristico diocesano – il primo del nuovo millennio – e la Giornata del laicato ha dato veramente l’impressione di una Chiesa unita: gruppi, movimenti e associazioni nel pomeriggio si sono ritrovati distinti secondo i propri carismi, poi tutti sono confluiti in cattedrale dove, nell’unità della celebrazione, hanno anche gustato la fecondità della presenza e della missione. Sono certo che il discorso deve continuare, e deve continuare con fiducia in Dio, anzitutto, perché è Lui che suscita ogni dono, anche con la consapevolezza che ai doni di Dio si risponde con la generosità del proprio impegno e della propria responsabilità.

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ALTRE UDIENZE E NOMINE

 

Giovanni Paolo II ha ricevuto nel corso della mattinata tre vescovi della Conferenza episcopale degli Stati Uniti d' America (Regione V), in Visita ad Limina.

 

In Giappone, il Papa ha nominato ausiliare dell’Arcidiocesi di Tokyo il sacerdote James Kazuo Koda, direttore della Pastorale dell’arcidiocesi della capitale. Il nuovo presule, 49 anni, è l'unico cristiano della sua famiglia d’origine, ha ricevuto il Battessimo nel 1976, a 21 anni. Prima di entrare in seminario, si è laureato in diritto civile presso l'Università Gakushu-In (Tsukuba). Ha studiato in patria. Dopo l’ordinazione sacerdotale, ha svolto il ministero parrocchiale ed ha ricoperto, tra gli altri, gli incarichi di consultore diocesano e di capo del Comitato per la riorganizzazione dell'Arcidiocesi.

 

L'Arcidiocesi di Tokyo, costituita nel 1891, ha una superficie di 7.316 kmq. E conta 18 milioni e 300 mila abitanti, dei quali circa 90 mila sono cattolici. Le parrocchie sono 77, 397 sacerdoti, tra diocesani, e religiosi, e circa 1.500 le religiose.

 

 

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

Apre la prima pagina la situazione in Ucraina: la Corte Suprema chiamata a pronunciarsi sulla richiesta di ripetizione del ballottaggio.

 

Nelle vaticane, Angelus: "Fervida contemplazione del volto di Cristo"; l'invito del Papa rivolto alla Comunità ecclesiale d'Italia affinché si prepari con grande cura all'appuntamento spirituale del XXIV Congresso Eucaristico Nazionale, in programma a Bari dal 21 al 29 maggio 2005.

Il Messaggio di Giovanni Paolo II al Congresso internazionale sulla vita consacrata svoltosi nei giorni scorsi a Roma. Nell'occasione il Papa sottolinea che ogni giorno occorre intraprendere la via stretta al seguito del Maestro per attingere l'energia necessaria alla sorgente da cui zampilla l'acqua della vita che non muore.

Nel discorso all'Associazione "Comunità Papa Giovanni XXIII", il Santo Padre ha esortato a fare dell'Eucaristia il cuore delle case-famiglia.

La visita del cardinale Crescenzio Sepe in Thailandia.

 

Nelle estere, Iraq: sanguinoso attentato dinamitardo a Ramadi. Il terrorista Al Zarqawi rivendica l'uccisione di 17 membri della Guardia nazionale irachena.

 

Nella pagina culturale, un articolo di Mario Spinelli in merito alla mostra - al Vittoriano - sul tema "Dalle leggi antiebraiche alla Shoah".

Il titolo dell'articolo di Mario Spinelli è "Una tragica cronaca degli anni delle tenebre". 

 

Nelle pagine italiane, in primo piano il tema della camorra.

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

29 novembre 2004

 

 

 

 

CRISI IN UCRAINA:

ALL’ESAME DELLA CORTE SUPREMA DI KIEV IL RICORSO DELL’OPPOSIZIONE

CONTRO LA VITTORIA PRESIDENZIALE DI YANUKOVICH

- Intervista con Fabrizio Dragosei -

 

Potrebbero trascorrere parecchi giorni prima di conoscere il pronunciamento della Corte Suprema di Kiev riguardo al contestato ballottaggio presidenziale del 21 novembre scorso in Ucraina: i risultati avevano riconosciuto la vittoria al premier filorusso Viktor Yanukovich, impugnata dal leader dell'opposizione Viktor Yushenko. Il servizio di Giada Aquilino:

 

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Sono tornati a radunarsi in massa nel centro di Kiev i sostenitori di Yushenko, mobilitatisi ancora una volta per manifestare il loro malcontento sull’esito delle presidenziali. Si sono diretti verso la Corte Suprema di Kiev, da oggi chiamata ad esaminare i brogli elettorali denunciati dall’opposizione, dopo che sabato scorso il Parlamento ucraino - pur non avendo formalmente il potere di farlo - aveva invalidato il ballottaggio di due domeniche fa. Intanto anche i fedelissimi di Yanukovich sono al lavoro. Mentre il governatore della Banca centrale di Kiev ha annunciato le proprie dimissioni per schierarsi al fianco di Yanukovich, lo stesso premier filorusso si è riunito stamani con il presidente uscente Kuchma e i governatori delle regioni russofone dell’est dell’Ucraina, che minacciano un referendum di autodeterminazione, così come già fatto dalla regione di Donetsk - nella parte orientale del Paese - che ha chiamato alle urne i propri cittadini il prossimo 5 dicembre. Proprio Kuchma, comunque, ha dichiarato che a tutt’oggi appare “inaccettabile” una divisione dell’Ucraina in due tronconi. Un appello a scongiurare la secessione è pure arrivato dalla Commissione europea, così come dall'alto rappresentante per la politica estera e di difesa dell’UE, Javier Solana, e dal segretario generale della Nato, Jaap de Hoop Scheffer.

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Ma il referendum del 5 dicembre nella regione di Donetsk può segnare realmente una scissione dell’Ucraina? Roberto Piermarini lo ha chiesto all’inviato del ‘Corriere della Sera’ a Kiev, Fabrizio Dragosei:

 

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R. – E’ un referendum che per ora parla solamente di autonomia regionale, una cosa peraltro non prevista dalla Costituzione ucraina, ma che certamente è una spada di Damocle sospesa sulla testa del Paese perché potrebbe portare ad una scissione definitiva. Il rischio è concreto perché il Paese è veramente diviso in due anime: l’anima occidentale, in gran parte cattolica e in parte ortodossa ma ribelle a Mosca, e l’anima orientale, nella quale si parla russo, nella quale si guarda a Mosca, nella quale la religione è l’ortodossia che fa capo al Patriarca Alessio II. Il rischio c’è: effettivamente c’è, ed è concreto.

 

D. – Nella sua decisione sull’annullamento del voto, la Corte Suprema ucraina può subire condizionamenti, visto che i tempi si sono allungati?

 

R. – Si è aperto un lungo dibattito di fronte alla Corte Suprema con gli avvocati dello Stato e gli avvocati della parte che ha fatto ricorso, per cui il timore è che le cose vadano abbastanza per le lunghe. In quel caso, certamente le pressioni sui giudici saranno veramente forti. Nel frattempo, però, non dimentichiamoci che c’è un altro elemento molto importante, che è l’ultimatum dato ieri dai sostenitori di Yushenko al presidente Kuchma perché entro questa sera compia una serie di atti volti ad avviare il Paese verso una svolta decisiva.

 

D. – E’ ancora viva la protesta dei sostenitori di Yushenko, oppure si è un po’ affievolita con il passare dei giorni?

 

R. – No. Direi che è molto viva. Oggi sono tornati in massa davanti alla Corte Suprema e circondano anche il Palazzo presidenziale e il Palazzo del governo. Ieri la Timoshenko, braccio destro e stratega di Yushenko, a nome della coalizione ha detto che entro oggi il presidente Kuchma deve mandare a casa il primo ministro Yanukovich, deve destituire i governatori delle regioni ribelli, deve fare avviare dal procuratore generale un’azione penale contro questi governatori. Io non credo, francamente, che il presidente Kuchma farà questo. A questo punto dovremo vedere quale sarà la risposta degli Arancioni, perché la Timoshenko ha detto che se entro 24 ore il presidente non avesse risposto a questo ultimatum, gli avrebbero impedito fisicamente di muoversi e quindi avrebbero portato ad un’escalation notevole della rivolta.

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LA SVIZZERA HA DETTO “SI’” IN UN REFERENDUM ALLA RICERCA

SULLE CELLULE STAMINALI EMBRIONALI

- Intervista con Olimpia Tarzia -

 

La Svizzera ha approvato ieri la ricerca sulle cellule staminali embrionali. Con un referendum gli svizzeri hanno definitivamente detto “sì” alla legge in materia: favorevole si è detto il 66,4 per cento. Si possono dunque prelevare staminali da embrioni soprannumerari – cioè nati dalla fecondazione in vitro e rimasti inutilizzati – ma non oltre il settimo giorno. Vietata la clonazione e la creazione di embrioni per la ricerca. Il referendum era stato promosso dai comitati svizzeri per il “Sì alla vita”, dall’“Aiuto svizzero per la madre e il bambino” e dai movimenti contro l’ingegneria genetica che contestano l’uso di embrioni per le staminali. Anche l’Associazione Medici cristiani e la Conferenza episcopale svizzera avevano espresso il loro “no” alla legge. Per un commento, Debora Donnini ha sentito Olimpia Tarzia, segretario generale del movimento per la vita in Italia e responsabile nazionale famiglia UDC:

 

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R. – Io credo che, fermo restando positivo, naturalmente, il divieto alla clonazione e alla creazione apposita di embrioni al fine di prelievo di cellule staminali, resta un dato estremamente negativo, che è un varco che si è aperto molto pericoloso nel consentire l’utilizzo di embrioni soprannumerari, cosiddetti, cioè quelli che non sono stati utilizzati per fecondazioni artificiali precedenti, per poterne estrarre cellule staminali. E’ chiaro che questi vanno incontro a distruzione! Ora, partendo dal dato di fondo della tutela dell’embrione umano, quindi dell’essere umano nel suo stato embrionale, questo tipo di imperativo non può ammettere deroghe. Cioè, non è che siccome quell’embrione è “avanzato”, allora possiamo manipolarlo e distruggerlo! Il dato di fondo è che di fronte ad un essere umano non è possibile un intervento offensivo della sua dignità, ancora di più se è uccisivo. E quindi, aprire appunto una possibilità che seppure sembrerebbe giustificata, di fatto di fronte a quello che stiamo per fare, cioè di fronte ad un essere umano che è intangibile, risulta assolutamente inaccettabile.

 

D. – Ma ai fini della ricerca, è così fondamentale l’uso di staminali da embrioni o ci sono anche risultati da cellule staminali adulte?

 

R. – Io direi che oggettivamente, dai dati che si hanno, non risultano efficaci terapie da cellule staminali embrionali mentre abbiamo un’ampia documentazione di utilizzo di cellule staminali adulte, quindi da cordone ombelicale o da midollo osseo, da tessuto adulto, che stanno dando ottimi risultati. Quindi, credo che si debba investire in questo senso, applicare tutte le risorse possibili per una ricerca che sia rispettosa dell’uomo, quindi nella vera ottica di un progresso scientifico che tutela tutta la comunità ma anche il singolo uomo.

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INCULTURAZIONE ED EUROCENTRSIMO DELLA VITA RELIGIOSA:

DUE ASPETTI SUI QUALI RIFLETTERE PER RIDEFINIRE

L’ESPERIENZA DEI CONSACRATI NEL MONDO

- Intervista con padre José Maria Arnaiz -

 

Il recente Congresso mondiale della vita consacrata, che si è concluso sabato scorso, ha posto all’attenzione dei rappresentanti maschili e femminili degli Istituti religiosi alcune questioni cruciali per rilanciare il ruolo e la missione dei consacrati nel mondo. Tra i vari aspetti, quello dell’inculturazione e dell’eurocentrismo della vita religiosa sono emersi come delle priorità da tenere in conto per meglio ridefinire la dinamica dell’azione dei consacrati. Lo conferma padre José Maria Arnaiz, segretario generale dell’USGI, l’Unione dei superiori generali, al microfono di Jean-Baptiste Sourou:

 

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R. – Si è parlato dell’inculturazione non soltanto in Africa, ma anche in Europa. Là dove noi siamo, c’è un dinamismo tra cultura e realtà personale di ciascuno di noi. Come è stato detto, è un po’ come in una partita di tennis: la cultura da una parte e noi religiosi dall’altra parte. Mandiamo la pallina dall’altra parte e ce la rinviano. Non riusciamo a metterci d’accordo, ma comunque giochiamo. Ed è un’inculturazione che è necessaria anche in Europa. Gli europei che la attuano devono inculturare la vita religiosa degli africani o degli asiatici, ma penso che questi ultimi si chiedano: “E voi europei? Cosa fate? Perché davanti a questa cultura postmoderna non è positiva l’inculturazione che voi avete fatto. Voi stessi non siete soddisfatti”. Io penso che l’Europa sia sempre un luogo giusto per la vita religiosa. La vita religiosa europea deve ascoltare, ma deve anche continuare a parlare alla vita religiosa degli altri continenti. Certamente, non con una voce unica, ma con una voce che si unisca alla voce di tanti altri.

 

D. – Si è parlato anche di andare oltre questo “eurocentrismo” della vita consacrata …

 

R. – E’ vero. La vita religiosa del passato era eurocentrista e monoculturale, in generale. Si è parlato di questo ed è necessario farlo. Sono tante le conseguenze che vengono da questo aspetto. Certamente, fino a questo momento è mancata una politica chiara per arrivare a questa diversità culturale o a questa mondialità della cultura religiosa, all’interculturalità della vita religiosa.

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CHIESA E SOCIETA’

29 novembre 2004

 

 

DA IERI IN VIGORE IN ITALIA  I CAMBIAMENTI NEL RITO DEL MATRIMONIO, A COMINCIARE DALLA FORMULA PRONUNCIATA DAGLI SPOSI.

 

- A cura di Ignazio Ingrao -

 

CITTA’ DEL VATICANO. = Non più: “Io prendo te”, ma “Io accolgo te”. Questa la nuova formula che gli sposi pronunceranno in occasione delle nozze. E’ quanto prevedono le modifiche al rito del matrimonio, in vigore da ieri, prima Domenica di Avvento. La Congregazione per il Culto divino e la Disciplina dei sacramenti ha  approvato lo scorso 29 aprile la traduzione italiana dell’edizione latina del rito del matrimonio. Ma non si tratta di una semplice traduzione del testo originale latino, bensì di un suo adattamento alla realtà italiana, tenendo conto delle diverse situazioni di coloro che chiedono di celebrare il matrimonio cattolico. “L’inserimento del verbo ‘accogliere’ nella nuova formula per lo scambio del consenso tra gli sposi vuole sottolineare la dimensione del dono”: ha sottolineato il direttore dell’Ufficio catechistico, don Walter Ruspi. E’ stato aggiunto, inoltre, un esplicito riferimento alla grazia di Cristo ed è stato arricchito il lezionario per la scelta delle letture nella celebrazione. Tra le altre novità, la possibilità di collocare la benedizione degli sposi dopo lo scambio degli anelli e una nuova formula di benedizione sugli sposi, che accentua il riferimento alla Santissima Trinità, “affinché – dice la nuova formula – gli sposi, segnati con il fuoco dello Spirito, diventino Vangelo vivo tra gli uomini”. E’ previsto anche un rito particolare nel caso in cui uno dei contraenti non sia battezzato. “Il nuovo testo liturgico per il rito delle nozze – ha spiegato il segretario generale della Conferenza Episcopale Italiana, mons. Giuseppe Betori – non si esaurisce nella celebrazione, ma offre contenuti e percorsi di riflessione anche per la preparazione al matrimonio”.

 

 

APPELLO DEI VESCOVI DEL SENEGAL ALLA SOLIDARIETA’ VERSO I CONTADINI

E GLI ANZIANI. IL MONITO ALLA FINE DELLA PRIMA SESSIONE

ORDINARIA DELL’ANNO PASTORALE 2004-2005

 

DAKAR. = Occorre esprimere “generosità” e “solidarietà” nei confronti dei contadini, che nel corso dell’anno hanno subito ingenti perdite a causa di una terribile invasione di cavallette, e verso gli anziani. Questo, in sintesi, il monito della Conferenza episcopale del Senegal (CES), alla fine della sua prima sessione ordinaria dell’anno pastorale 2004-2005. “Chiamiamo i nostri fedeli cristiani e i nostri concittadini – ha detto il presidente della CES, mons. Théodore-Adrien Sarr, arcivescovo di Dakar – ad una solidarietà effettiva con il mondo rurale, in particolare con le zone in cui i raccolti sono stati insufficienti”. La Conferenza episcopale del Senegal, che raggruppa i vescovi di Capo Verde, Guinea Bissau, Mauritania e Senegal, ha annunciato che si adopererà per studiare una strategia che favorisca la decelerazione delle cause della povertà crescente nelle zone rurali. Mons. Sarr - riferisce l’agenzia MISNA - ha, infine, chiesto ai fedeli “una meditazione e una preghiera per le persone della terza età” ed ha incoraggiato “gli sforzi per la pace in Casamance, nel sud del Paese, e in Guinea Bissau”. (B.C.)

 

 

ANCORA DRAMMATICI INCIDENTI IN MINIERE IN CINA. FONTI UFFICIALI

RIFERISCONO CHE “NON C’E’ SPERANZA” PER I 141 MINATORI

INTRAPPOLATI NEI CUNICOLI DELLO SHAANXI. NELL’ESPLOSIONE

DI IERI HANNO PERSO LA VITA 25 PERSONE

 

PECHINO. = Continua la vicenda della miniera di carbone dello Shaanxi, nel nord della Cina, dove da ieri, in seguito ad una esplosione di gas, 141 operai restano intrappolati nei cunicoli. Al momento dell’incidente erano al lavoro 293 minatori. Fonti ufficiali riportano un bilancio di 25 morti accertati e riferiscono che “non c'è alcuna speranza di trovare ancora in vita qualcuno dei minatori intrappolati nella miniera”. La densità nell’aria del monossido di carbonio, arrivata ad un livello 5 volte superiore alla soglia di mortalità, ostacola le operazioni di recupero. Gli abitanti delle baracche all’interno della miniera riferiscono di aver avvertito già due giorni prima i direttori dell’impianto della presenza di alti livelli di gas nelle gallerie, ma che ciononostante si è continuato a scavare. Fra i supersiti, 84 minatori che si trovavano nei pressi dell’entrata della miniera come supporto tecnico. E sempre nelle miniere, questa volta nell’est della Cina, è scoppiato un incendio stamattina e 7 dei 19 minatori presenti al momento dell’incidente hanno perso la vita. Solo oggi, poi,  è stata diffusa la notizia di una esplosione di gas in una terza miniera, avvenuta sabato, che ha causato 4 feriti. La Cina detiene al momento il primato mondiale per la produzione di carbone, ma anche del numero di morti in miniera: più di 7200 ogni anno per esplosioni, allagamenti dei cunicoli e crolli delle gallerie, una cifra che secondo i gruppi per i diritti dei lavoratori arriva a 20 mila. (S.C.)

 

 

AL VIA OGGI IN KENYA LA CONFERENZA INTERNAZIONALE SULLE MINE ANTIUMO.

ANCORA 200 MILIONI GLI ORDIGNI PRESENTI NEGLI ARSENALI DI DIVERSI PAESI.

OLTRE 20.000, SECONDO LE STIME, IL NUMERO DELLE VITTIME ANNUALI

 

NAIROBI. = “Sono ancora oltre 200 milioni le mine anti-uomo presenti negli arsenali di vari Paesi. Chiedo a questi Stati di firmare la convenzione e distruggere queste scorte”: così il presidente del Kenya, Mwai Kibaki, aprendo oggi a Nairobi la conferenza internazionale sulle mine antiuomo. L’appuntamento intende fare il punto sullo stato dell’uso delle mine, a cinque anni dell’entrata in vigore del Trattato di Ottawa che vieta l’uso delle mine, la produzione, il trasferimento e lo stoccaggio. L’appello del capo di Stato è diretto soprattutto a Cina, Russia e Stati Uniti, nei cui arsenali si trovano ancora circa 180 milioni di ordigni. Fino ad oggi oltre 35 milioni di mine sono state distrutte ed eliminate dagli arsenali dei Paesi firmatari della convenzione, mentre 4 milioni sono state quelle bonificate direttamente dal terreno. Secondo le stime di associazioni e istituzioni, che vengono a conoscenza di solo una parte degli incidenti, ogni anno il numero delle vittime delle mine anti-uomo si aggira intorno alle 20.000 persone. (B.C.)

 

 

UNA NUOVA VERSIONE DELLA BIBBIA IN COREANO. IL TESTO,

CURATO DALLA COMMISSIONE BIBLICA DELLA CONFERENZA EPISCOPALE,

SARA’ ANALIZZATO NEL CORSO DELLA PROSSIMA ASSEMBLEA PLENARIA

 

SEOUL. = Alla loro prossima assemblea plenaria, nel marzo 2005, i vescovi coreani dovrebbero dare il via libera alla pubblicazione di una nuova traduzione coreana della Bibbia. A curarla è stata la Commissione Biblica della Conferenza episcopale che vi ha lavorato dal 1989 al 2002. Essa sostituirà quella cattolico-protestante in uso in Corea dal 1977. Il testo è stato presentato nei giorni scorsi a un simposio a Seoul, cui hanno partecipato un centinaio di vescovi, sacerdoti, religiosi e laici. I responsabili della commissione episcopale hanno spiegato i motivi che hanno reso necessaria la nuova traduzione e i criteri adottati. E’ più fedele al testo originale greco ed ebraico, mentre la precedente traduzione presentava alcune imprecisioni, e usa in modo più corretto il lessico e la grammatica coreana. Al simposio non sono mancati rilievi critici alla nuova versione, giudicata da alcuni dei partecipanti più ostica della precedente. Alcune delle obiezioni saranno sottoposte alla plenaria dei vescovi. Il primo tentativo di tradurre la Bibbia in coreano risale nel 1790, agli albori dell’evangelizzazione del Paese. Nel 1910 un sacerdote ha tradotto i Vangeli dal latino e nel 1963 un altro sacerdote ha tradotto dall’ebraico l’Antico Testamento. (L.Z.)

 

 

PRESENTATO STAMANE A ROMA, IN CAMPIDOGLIO, IL PREMIO DI SAGGISTICA

RIVOLTO AI GIOVANI, INTITOLATO ALLO SCRITTORE E GIORNALISTA CATTOLICO

“GENNARO MANNA”

 

- Servizio di Roberta Gisotti -

 

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         “Vogliamo offrire un amo ai giovani”: cosi l’on Maria Pia Garavaglia, vicesindaco di Roma, presidente della Giuria del Premio, promosso dal Comune capitolino, in collaborazione con l’associazione “Gennaro Manna”. Prestigiosa la Giuria composta da Giuseppe De Rita, Sergio Zavoli, Francesco Paolo Casavola, Paolo Prodi, Walter Montini, Elisa ed Anna Manna, figlie dello scrittore e giornalista cattolico, scomparso nel 1990, lasciando in eredità una ricca produzione letteraria, contraddistinta da una ricerca appassionata e sofferta sul senso ultimo della vita, alla luce dei valori fondamentali introiettati sulle vicende umane. Cinque le sezioni del Premio “Gennaro Manna”: sociologia, economia, studi giuridici, critica letteraria, oltre una speciale menzione per uno studio dedicato ai problemi del territorio romano. Possono partecipare tutti i giovani dai 20 ai 40 anni e i vincitori saranno premiati in primavera con una dote di 1500 euro. Al centro di questo Premio, dunque, i giovani “che sono di gran lunga migliori della fama che hanno”, ha detto Sergio Zavoli, denunciando la fine delle grandi ‘agenzie’ educative. Purtroppo – ha aggiunto - “è rimasta solo la Televisione ma questo ruolo va sbugiardato: oggi solo il 7 per cento della produzione televisiva ha contenuti culturali, una tragedia! E se non ci possiamo più fidare neanche delle istituzioni deputate a fare cultura – ha concluso Zavoli – allora è il momento di liberalizzare questo settore e ben vengano queste iniziative grandi o piccole come il Premio Manna, per sprigionare nuove energie intellettuali. E per fare ciò – ha osservato Giuseppe De Rita, presidente del Censis – occorre anzitutto la capacità di farsi ispirare per ispirare gli altri, cosi come Gennaro Manna seppe fare nei sui libri, carichi di umanità.

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24 ORE NEL MONDO

29 novembre 2004

 

 

- A cura di Fausta Speranza -

 

 

Ancora violenze in Iraq. Un'autobomba guidata da un kamikaze è esplosa nei pressi di una stazione di polizia a Ramadi, a ovest di Baghdad, provocando la morte di 12 iracheni ed il ferimento di altri 10. Ieri sera, un altro ordigno aveva interrotto il flusso di petrolio di un oleodotto nella parte meridionale del Paese, nei pressi di Bassora. 

 

●Dopo la morte del presidente palestinese Yasser Arafat, segnali significativi sembrano riavviare il dialogo politico tra israeliani e palestinesi. Il servizio di Eugenio Bonanata:

 

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“In interviste separate e parallele ad un settimanale statunitense, il premier israeliano Ariel Sharon e il nuovo presidente dell'Olp, Abu Mazen, si sono detti pronti ad incontrarsi. Abu Mazen ha sottolineato come il periodo offra buone opportunità di rilanciare il processo di pace, affermando che se si dovesse “sciupare l’occasione di arrivare ad un accordo con gli israeliani, potremmo solo biasimare noi stessi”. Secondo il leader palestinese, Israele potrebbe facilitare molto il compito della dirigenza palestinese se cesserà la costruzione della controversa barriera di sicurezza in Cisgiordania e se scarcererà i palestinesi detenuti nello Stato ebraico. Sharon, dal suo canto, ha assicurato che Israele farà tutto il possibile perché le elezioni palestinesi si svolgano senza interferenze, ''riaprendo strade (in Cisgiordania) e ritirando le nostre forze dalle città palestinesi''.

 

                   Sul fronte interno il nuovo leader palestinese, Abu Mazen, si avvia a superare gli ostacoli politici per il suo cammino verso la presidenza. Ieri ha ottenuto il sostegno del presidente egiziano, Hosni Mubarak, e la conferma della disponibilità dell'Onu, comprovata dall'inviato per il Medio Oriente, Terje Roed Larsen. E anche i militanti del movimento islamico Hamas e delle brigate di Al Aqsa, il braccio armato di al Fatha, hanno annunciato il proprio appoggio. Intanto un medico palestinese, é stato ucciso oggi nella sua abitazione da un colpo d’arma da fuoco sparato da soldati israeliani e due razzi artigianali, lanciati dalla Striscia di Gaza, sono caduti sul territorio israeliano, senza fare vittime. Invece, dinamiche interne al parlamento israeliano mettono a dura prova la già minoritaria coalizione di governo guidata da Sharon. La Knesset, il Parlamento israeliano, voterà nel pomeriggio su tre mozioni di sfiducia presentate da tre partiti dell'opposizione”.

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●Il nome del nuovo presidente della Romania sarà deciso dal ballottaggio del 12 dicembre prossimo, poiche' al primo turno delle elezioni parlamentari e  presidenziali svoltesi oggi in tutta la Romania e vinte, secondo gli exit polls, dai socialdemocratici al governo, nessuno dei 12  candidati ha ottenuto la necessaria maggioranza assoluta. L'opposizione romena, però, ha denunciato irregolarità. Il nostro servizio:

 

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   Al secondo, turno passano l'attuale premier Nastase per i social-democratici (Psd) e il sindaco di Bucarest,  Basescu, candidato dall'Alleanza di opposizione Giustizia e  Verità.  Inoltre, nessun partito in gara alle quinte elezioni nella Romania post-comunista è riuscito a vincere il 50% più un voto  che dà il diritto di nominare il primo-ministro e formare da solo il futuro governo romeno. Di conseguenza, anche il premier sarà annunciato dopo il ballottaggio, quando il nuovo  presidente potrà nominare il primo ministro, che a sua volta si sceglierà i ministri. Ma intanto, l’opposizione ha chiesto all'ufficio elettorale centrale di aprire un'inchiesta. ''Irregolarita', in parte sanzionate dal codice penale, sono state segnalate in quasi tutti i dipartimenti'', ha detto un responsabile dell'alleanza di centrodestra ''Giustizia e verita'', Ioan Onisei. A suo parere, l'irregolarità più grave sta nel fatto che il partito socialdemocratico (Pds) abbia portato in pulmann elettori ''che hanno votato in almeno due seggi diversi''.  ''Abbiamo già investito della questione la polizia e la procura di diverse città ed attendiamo che l'ufficio elettorale esamini le nostre denunce'', ha detto il portavoce.

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●Nicolas Sarkozy ha consegnato al primo ministro, Jean-Pierre Raffarin, le sue dimissioni da ministro dell'Economia e delle Finanze. Sarkozy, che ha lasciato il superdicastero per prendere la guida dell'UMP, il principale partito della maggioranza, ha augurato “buona fortuna” al suo successore, Hervè Gaymard.

 

●È comparso oggi a Madrid, davanti alla Commissione parlamentare per gli attentati dell'11 marzo, l’ex premier spagnolo Aznar. Davanti all’opposizione, Aznar ha assicurato che il proprio governo ''adempì ai suoi obblighi'' e ''informò con la massima trasparenza'' sulle stragi che causarono  191 vittime. Tra le questioni da chiarire, c’è anche quella del perché gli attentati vennero immediatamente attribuiti ai separatisti baschi dell'Eta.

 

●Agenzie umanitarie nel mirino del governo sudanese. Le autorità di Khartoum hanno espulso il capo della missione dell'Agenzia britannica Save the children in Darfur, accusandola di aver violato le leggi sudanesi. Un'altra agenzia umanitaria britannica ha fatto sapere di aver ricevuto una lettera di avvertimento dalle autorità di Khartoum e di aspettare da un momento all'altro l'espulsione dal Paese.

 

●La giunta militare al  potere nel Myanmar, ex Birmania, ha prolungato di un anno gli  arresti domiciliari di Aung San Suu Kyi, la leader della Lega  nazionale per la democrazia (Lnd). Lo hanno detto oggi fonti della Lega. La signora Suu Kyi, premio Nobel per la Pace, fu arrestata nel maggio 2003 dopo una sanguinosa imboscata tesa al suo convoglio, mentre era impegnata in un giro di propaganda politica  nel nord del Paese. Il prolungamento degli arresti domiciliari per Suu Kyi è  stato deciso mentre la giunta con una decisione inaspettata sta scarcerando circa 9.000 detenuti, fra cui alcune decine di prigionieri politici.  Suu Kyi è stata già agli arresti domiciliari dal luglio 1989 al luglio 1995 e per altri 19 mesi fra il 2000 e il 2002.

●Il Pakistan ha compiuto oggi un test di lancio del missile nucleare di corta gittata Ghaznavi. Lo ha annunciato l'esercito pakistano. Si tratta del terzo test del missile Ghaznavi o Hatf-III, che  ha una gittata di 290 chilometri.

 

●Dal  6 al 17 dicembre, Buenos Aires ospiterà la 10.ma Conferenza delle Parti firmatarie della Convenzione di lotta al cambiamento climatico. Un'edizione che vale oro, questa del 2004, con all'attivo il Protocollo di  Kyoto, che entrerà in vigore il prossimo 16 febbraio dopo il  sì fondamentale della Russia. Nella riunione si discuterà tra l'altro di rafforzamento delle risorse della Convenzione, di incrementare il trasferimento del know-how tecnologico antigas serra, ma anche di fare il punto sullo sfruttamento del territorio e l'impatto sul clima, la riforestazione e l'incentivazione di sistemi di assorbimento della Co2, principale dei gas climalteranti.

 

●Ventimila morti e 100.000 persone ancora affette da malattie croniche: è il bilancio stilato da Amnesty International in un rapporto a venti anni dalla fuga di gas dall'impianto di pesticidi di Bhopal, in India. ''Dopo 20 anni, l'industria di Bhopal distrugge la vita della comunità che le viveva intorno'', è scritto nel rapporto di Amnesty intitolato: ''Bhopal: una catastrofe in termini di diritti umani''.   ''Curiosamente - si legge nel rapporto - nessuno è stato ritenuto responsabile della fuga di gas tossico e delle sue drammatiche conseguenze''. Il 3 dicembre 1984, verso mezzanotte e mezza, circa 40 tonnellate di gas tossico fuoriuscirono dall'industria di pesticidi di Bhopal dell'americana Union Carbide (UCC), acquisita in seguito dalla societa' Dow Chemical. Nel rapporto, Amnesty sottolinea che le imprese responsabili del sito ''rifiutano di comparire davanti al tribunale indiano'' e che la ''UCC fu responsabile di una serie di incidenti prima dlla fuga di gas''. Conclude poi che le autorità indiane ''non hanno adottato le giuste misure per proteggere la popolazione prima e dopo la catastrofe''.

 

 

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