RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLVIII n. 332 - Testo della trasmissione di sabato 27 novembre 2004

 

Sommario

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Non mi stancherò mai di cercare l’unità dei cristiani: così il Papa, stamani, alla cerimonia ecumenica nella Basilica di San Pietro per la consegna al Patriarca ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo I delle reliquie dei Santi Gregorio Nazianzeno e Giovanni Crisostomo: intervista con il Patriarca ed il cardinale Walter Kasper

 

La passione per Cristo e per le anime devono alimentare l’impegno di santità e di evangelizzazione: è la raccomandazione di Giovanni Paolo II ai religiosi nel messaggio per il Congresso mondiale sulla vita consacrata

 

Celebrato nella nunziatura di Ankara il 25.mo della visita del Papa in Turchia

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Il ruolo della Turchia in Europa al centro di un convegno a Roma: con noi Gianfranco Lizza, Huseyin Bagci ed Alberto Negri

 

Un appello per la Costa d’Avorio chiude il decimo Summit dei Paesi francofoni: ce ne parla Laura Boldrini

 

Dalla FOCSIV, l’iniziativa “Abbiamo riso per una cosa seria” contro la fame nel mondo: ai nostri microfoni, Romina Pagnotti

 

Inaugurata a Torino la mostra “Gli impressionisti e la neve. La Francia e l’Europa”: il commento di Marco Goldin

 

Il Vangelo di domani: la riflessione di padre Marko Ivan Rupnik

 

CHIESA E SOCIETA’:

I cittadini elvetici domani alle urne per il referendum sulla legge che autorizza la ricerca sulle cellule staminali embrionali. No dei vescovi locali.

 

Un’indagine promossa dal Centro internazionale studi famiglia denuncia la carenza di servizi e assistenza ai disabili quando viene meno il supporto della famiglia di origine

 

Sciopero di 237 giornalisti e collaboratori della televisione pubblica ucraina per denunciare la manipolazione delle informazioni sulle recenti elezioni

 

75 anni fa Papa Pio XI fondava il Pontificio collegio russo di Roma

 

Centomila volontari oggi in 4 mila supermercati italiani per raccogliere generi alimentari da distribuire ai poveri per la Giornata della colletta

 

24 ORE NEL MONDO:

In Ucraina, il Parlamento dichiara non valido il ballottaggio tra i due leader rivali

 

Il leader di Al Fatah in Cisgiordania, Marwan Barghuti, ha annunciato che non si candiderà alle presidenziali palestinesi

 

Doppio appuntamento elettorale domani in Romania: si vota per eleggere il nuovo presidente e rinnovare il Parlamento

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

27 novembre 2004

 

NON MI STANCHERO’ MAI DI CERCARE L’UNITA’ DEI CRISTIANI:

 COSI’ IL PAPA, STAMANI, ALLA CERIMONIA ECUMENICA NELLA BASILICA DI SAN PIETRO PER LA CONSEGNA AL PATRIARCA DI COSTANTINOPOLI BARTOLOMEO I DELLE RELIQUIE DEI SANTI GREGORIO NAZIANZENO E GIOVANNI CRISOSTOMO

- Con noi, il Patriarca Ecumenico di Costantinopoli, Bartolomeo I

e il cardinale Walter Kasper -

 

Un momento storico sulla via dell’ecumenismo: nella Basilica Vaticana, si è svolta stamani una solenne celebrazione, durante la quale Giovanni Paolo II ha consegnato al Patriarca Ecumenico di Costantinopoli, Bartolomeo I, le reliquie dei Santi Gregorio Nazianzeno, detto il Teologo, e Giovanni Crisostomo, da secoli venerate nella Basilica di San Pietro. La cerimonia - particolarmente suggestiva - ha rappresentato, nelle parole del Papa, il segno della “volontà di camminare insieme verso quella piena e visibile unità che Cristo vuole per i suoi discepoli”. Il servizio di Alessandro Gisotti:

 

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(canti)

 

“Camminare insieme, affinché il mondo creda in Cristo, nostro unico Salvatore”: Giovanni Paolo II ha sintetizzato così lo straordinario valore della celebrazione ecumenica nella Basilica di San Pietro. Ancora una volta, il Papa ha ribadito che non si stancherà mai “di cercare fermamente e risolutamente questa comunione fra i discepoli di Cristo”, perché è suo desiderio, “in risposta alla volontà del Signore”, “di essere servo della comunione nella verità e nell’amore”. Con affetto fraterno si è rivolto al Patriarca Ecumenico di Costantinopoli, Bartolomeo I:

 

“Oggi il Signore ci concede di ritrovarci insieme nel nome di Cristo e nella gioia dello Spirito Santo per vivere un momento significativo di preghiera, di scambio di doni e di comunione fraterna”.

 

Ha così messo l’accento sul ruolo dei Santi Gregorio Nazianzeno e Giovanni Crisostomo, “ardenti intercessori del dono dell’unità visibile per le nostre Chiese”. Due santi, vissuti nel IV secolo dopo Cristo, che si dedicarono alla cura pastorale del popolo loro affidato, alla difesa dell’ortodossia e dell’unità della Chiesa, favorendo la comunione tra la Chiesa d’Oriente e la Chiesa di Roma.

 

(cori)

 

Canti latini e cori greci si sono alternati nell’accompagnare la processione con le reliquie dei due Santi, Padri e Dottori della Chiesa, custodite in preziose urne di alabastro. Il momento cruciale della celebrazione, la consegna delle reliquie a Bartolomeo I, è stato preceduto dalla lettura di una lettera indirizzata dal Pontefice al Patriarca di Costantinopoli.

 

Nella missiva, letta dall’arcivescovo Leonardo Sandri, sostituto della Segreteria di Stato, il Papa sottolinea come la “traslazione” delle sante reliquie rappresenti “un’occasione benedetta per purificare le nostre memorie ferite, per rinsaldare il nostro cammino di riconciliazione, per confermare che la fede di questi nostri Santi” è “la fede delle Chiese d'Oriente e d'Occidente”. E’ questo il “momento favorevole” – è la sua esortazione – “per unire alla loro intercessione la nostra preghiera, affinché il Signore affretti l’ora in cui potremo insieme, nella celebrazione della Santa Eucaristia, vivere la piena comunione, e contribuire così in modo più efficace a far sì che il mondo creda che Gesù Cristo è il Signore”. Parole, a cui ha fatto eco il Patriarca Ecumenico, Bartolomeo I:

 

“Questo fraterno gesto della Chiesa dell’Antica Roma conferma che non esistono nella Chiesa di Cristo problemi insormontabili, quando l’amore, la giustizia e la pace si incontrano nella sacra diaconia della riconciliazione e dell’unità”.

 

Il Patriarca si è quindi detto convinto che il Papa “desideri fortemente il miglioramento delle relazioni interecclesiali”. Ogni atto “che rimargina vecchie ferite e ne previene di nuove – ha sottolineato Bartolomeo I – contribuisce alla creazione dei presupposti necessari per continuare il dialogo della verità nell’amore tra le nostre Chiese, così che, obbedendo alla volontà divina del nostro Santo Dio nell’adorata Trinità, possiamo incontrarci di nuovo al più presto nella fede comune della Chiesa d’un tempo, unica base per il  ristabilimento della piena comunione tra le nostre Chiese”.

 

(Benedizione in greco)

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A margine della solenne celebrazione di stamani, il direttore della Sala Stampa della Santa Sede, Navarro-Valls, ha tenuto a precisare che il gesto di Giovanni Paolo II, “gesto di grande importanza ecclesiale ed espressione della comunicatio in sacris esistente tra l'Oriente e l'Occidente cristiani”, non rappresenta una “riparazione” ed un “modo per il Papa di chiedere perdono da parte della Chiesa cattolica per la sottrazione delle reliquie al Patriarcato ecumenico durante la crociata del XIII secolo”, come erroneamente riportato da alcuni media. “Una tale interpretazione - ha spiegato il portavoce vaticano - è storicamente inesatta, poiché tra l’altro le spoglie mortali di San Gregorio di Nazianzo giunsero a Roma nell'VIII secolo, all’epoca della persecuzione iconoclasta, per metterle in salvo”. “Senza negare i tragici eventi del XIII secolo, il ritorno, non la restituzione, a Costantinopoli delle reliquie dei due Santi – si legge ancora nella nota – intende riproporre, al di là delle polemiche e delle difficoltà del passato, il loro esempio edificante, e suscitare una corale preghiera dei cattolici e degli ortodossi per la loro piena comunione”.

 

La cerimonia ecumenica di stamani rappresenta, dunque, un nuovo fondamentale gesto per la promozione dell’unità dei cristiani. Lo sottolinea con forza proprio il Patriarca Ecumenico di Costantinopoli, Bartolomeo I, in questa intervista di Giovanni Peduto:

 

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D. – I Santi Padri e dottori della Chiesa Giovanni Crisostomo e Gregorio Nazianzeno hanno preceduto Sua Santità sul trono di Costantinopoli. Ora Lei riceve le reliquie di questi due grandi Santi dalle mani del Papa. Quali sono i suoi sentimenti?

 

R. – Sono molto commosso e molto molto lieto. Non solo io personalmente, ma anche tutta la Chiesa di Costantinopoli e, posso dire senza riserve, tutta l’ortodossia, tutto l’Oriente cristiano. E’ veramente un avvenimento storico dovuto alla buona volontà di Sua Santità il Papa, che ha voluto accettare la mia richiesta a lui presentata nel giugno scorso. Nel frattempo è stato confermato che le reliquie si trovano nella Basilica di San Pietro e lo scorso ottobre ho ricevuto la risposta ufficiale di Sua Santità, scritta in greco, con la quale mi annunciava la sua decisione di restituirci queste reliquie. E’ un passo molto importante verso la piena unità tra le nostre Chiese sorelle, che è molto apprezzato dal Patriarcato ecumenico e da tutta l’ortodossia. Io considero questo fatto come il più importante del mio servizio patriarcale di questi ultimi 13 anni. Siamo grati a Sua Santità.

 

D. – Può anticiparci, Santità, dove verranno collocate le reliquie?

 

R. – Nella cattedrale patriarcale di San Giorgio. Da una parte abbiamo già le reliquie di tre sante. Dall’altra parte, nella nostra cattedrale di San Giorgio, saranno collocate per sempre le reliquie di questi due grandi dottori.

 

D. – Dopo la cerimonia della consegna delle reliquie, Sua Santità ospita nel suo aereo di ritorno a Costantinopoli la delegazione della Santa Sede che ogni anno si reca al Fanar per la festa di Sant’Andrea. Dopo questi scambi di cortesia così grandi, così importanti, cosa ci si può aspettare nello sviluppo del dialogo ecumenico?

 

R. – Possiamo aspettarci altri passi in avanti. Non possiamo prevedere quali saranno questi passi, ma saranno sempre positivi, sempre dei passi fraterni che promuoveranno buone, fraterne relazioni fra di noi. Ciascuno di questi passi sarà una pietra nella costruzione dell’edificio della piena unità.

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E sempre nel segno dell’ecumenismo, oggi pomeriggio una delegazione della Santa Sede si recherà ad Istanbul – assieme a Bartolomeo I – per la festa di Sant’Andrea, Patrono del Patriarcato di Costantinopoli, che ricorre il 30 novembre. A guidare la delegazione vaticana è il cardinale Walter Kasper, presidente del Pontificio Consiglio per l’Unità dei Cristiani, che – al microfono di Giovanni Peduto – spiega l’importanza del ritorno a Costantinopoli delle reliquie dei due Santi:

 

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R. – Si tratta di due Padri della Chiesa molto importanti, sono venerati e stimati in Occidente e in Oriente, formano una specie di ponte tra i due lati della cristianità. La consegna delle reliquie è un primo segno dei nostri rapporti molto migliorati con le Chiese ortodosse. In secondo luogo, sono segno di un’eredità comune fin dai primi secoli della cristianità: la stessa fede in Gesù Cristo, vero Uomo, vero Dio. La stessa fede nella Santa Trinità e molte altre cose. Adesso si è aggiunta anche una sorta di comunicatio in sacris, per le reliquie: non si tratta infatti di ossa morte, per gli ortodossi – neanche per noi! – ma sono parti dei Santi che sono nella gloria dei Cieli, una sorta di contatto con la realtà celeste, e noi partecipiamo insieme a questa realtà. Perciò questo gesto ha un significato molto, molto profondo. E questo fa un grande effetto. E’, in definitiva, un atto di riconciliazione tra Occidente e Oriente, e quindi un passo molto importante per il futuro ecumenico.

 

D. – Al termine della cerimonia, la delegazione vaticana che, come di consueto, ogni anno per la festa di Sant’Andrea si reca a Costantinopoli, quest’anno viaggerà con lo stesso aereo del Patriarca. Eminenza, cosa possiamo aspettarci da tutti questi fatti?

 

R. – E’ un fatto straordinario il fatto di viaggiare insieme con il Patriarca che ci ha invitati. Avremo come di consueto conversazioni al Fanar, e questa volta vogliamo convocare ancora la Commissione teologica internazionale e anche questo sarà un passo molto importante. A Costantinopoli sono radunati anche molti rappresentanti di altre Chiese ortodosse: sarà una grande festa, una grande celebrazione. Ci saranno anche molti vescovi dei Focolari, al Fanar, e questa volta, la celebrazione della festa di Sant’Andrea sarà straordinaria!

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LA PASSIONE PER CRISTO E PER LE ANIME E LA SETE DELL’AMORE DIVINO

DEVONO ALIMENTARE IL VOSTRO IMPEGNO DI CONVERSIONE PERSONALE, DI SANTITA’

E DI EVANGELIZZAZIONE: E’ LA RACCOMANDAZIONE CHE IL PAPA HA RIVOLTO

AI RELIGIOSI NEL MESSAGGIO PER IL CONGRESSO INTERNAZIONALE

SULLA VITA CONSACRATA

 

Testimoniate la speranza cristiana e la logica del dono disinteressato, continuate a spendervi per il mondo, consapevoli che l’unica misura dell’amore è amare senza riserve. Così Giovanni Paolo II si è rivolto ai partecipanti al congresso internazionale della vita consacrata in corso in questi giorni a Roma. I religiosi e le religiose, scrive il Papa nel messaggio, “sono chiamati ad offrire all’umanità disorientata, logorata e priva di memoria, testimonianze credibili della speranza cristiana, ‘rendendo visibile l’amore di Dio, che non abbandona nessuno’ e offrendo ‘all’uomo smarrito ragioni vere per continuare a sperare’”.

 

La vita religiosa, prosegue il Pontefice, “deve farsi custode di un patrimonio di vita e di bellezza capace di ristorare ogni sete, fasciare ogni piaga, essere balsamo per ogni ferita, colmando ogni desiderio di gioia e di amore, di libertà e di pace”. Occorre aprire il cuore al soffio vitale dello Spirito, scrive ancora il Papa, “gareggiare a vicenda nell’amore fraterno e nel servizio, aprire le porte a chi è debole, solo e rifiutato. La testimonianza della vostra vita casta, povera e obbediente diverrà così, in quest’alba del terzo millennio cristiano, trasparenza del volto amorevole di Cristo”. Siate sempre obbedienti in Cristo, ha raccomandato Giovanni Paolo II ai religiosi, “le vostre siano comunità responsabili in cui gli incarichi di alcuni non siano motivo di disimpegno per gli altri; comunità in cui tutti esercitano il discernimento, la carità che edifica, la correzione fraterna. Mostrate al mondo come la rinuncia al proprio volere, ai propri progetti, sia fonte di felicità e apra la via alla piena realizzazione di sé”.

 

 

RINUNCIA

 

In Germania, Giovanni Paolo II ha accettato la rinuncia all’ufficio di ausiliare della diocesi di Erfurt presentata per raggiunti limiti di età dal vescovo Reinhard Koch.

 

 

25 ANNI FA LA VISITA DI GIOVANI PAOLO II IN TURCHIA:

L’EVENTO STORICO E’ STATO CELEBRATO CON UNA SPECIALE CERIMONIA

NELLA NUNZIATURA DI ANKARA

- A cura di Roberta Gisotti -

 

Cade domani il 25.mo anniversario della visita pastorale di Giovanni Paolo II in Turchia: tre giorni dal 28 al 30 novembre 1979, trascorsi dal Papa ad Ankara, Istanbul, Smirne ed Efeso.

 

Un evento commemorato questa settimana nella capitale turca, con una speciale celebrazione che ha avuto luogo nella sede della Nunziatura. Alla cerimonia, svoltasi giovedì sera, ha partecipato il cardinale Roger Etchegaray, giunto appositamente da Roma, insieme al patriarca ecumenico Bartolomeo I, al metropolita Irinaios Ioannidis, al nunzio mons. Edmond Farhat, all’arcivescovo di Izmir, Ruggero Franceschini e a numerose personalità del mondo politico. Tra queste, oltre a diversi ministri in carica e al corpo diplomatico, l’ex presidente della Repubblica turca, Suleyman Demire, che ha tenuto una conferenza su “L’eredità della visita”, elogiando l’impegno di Giovanni Paolo II per la pace nel mondo e il dialogo tra le religioni.

 

Tra i presenti, anche l’ambasciatore dei Paesi Bassi, che in quanto presidente di turno dell’Unione Europea, ha preso la parola sottolineando come l’azione del Santo Padre non si sia limitata solo alla sfera religiosa o unicamente alla Chiesa cattolica, ma sia rivolta a tutti gli uomini di buona volontà per trasmettere la speranza, sconfiggere la violenza ed affermare l’amore tra i popoli.

 

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

 

“Amato Fratello, non mi stancherò mai di essere servo della comunione”.

Apre la prima pagina la celebrazione ecumenica presieduta dal Santo Padre insieme con il Patriarca Ecumenico di Costantinopoli per la consegna delle reliquie dei Santi Gregorio di Nazianzo e Giovanni Crisostomo.

 

Nelle vaticane, due pagine dedicate, rispettivamente, all’ingresso in diocesi del vescovo di Ferrara e del vescovo di Albano.

 

Nelle estere, Ucraina: annunciata un’intesa per ripetere il ballottaggio tra Yushenko e Yanukovic.

Iraq: la commissione competente esclude ogni rinvio delle elezioni generali, che rimangono confermate per il 30 gennaio.  

 

Nella pagina culturale, un elzeviro di Mario Gabriele Giordano dal titolo “Noterelle sparse su Alfonso Gatto”.

 

Nelle pagine italiane, in primo piano il tema del fisco.

In rilievo il tema della camorra.

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

27 novembre 2004

 

IL FUTURO RUOLO DI ANKARA IN EUROPA

AL CENTRO DI UN CONVEGNO A ROMA, INTITOLATO “TURCHIA ED UNIONE EUROPEA”

- Servizio di Giada Aquilino -

 

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La Turchia, cerniera, bastione e filtro tra Europa, Medio Oriente e Caucaso meridionale. Alla vigilia del Consiglio europeo del 17 dicembre, in occasione del quale i 25 dovranno decidere se e quando avviare i negoziati per l’ingresso di Ankara nell’Unione Europea, al Convegno si è discusso del possibile ruolo della Turchia nell’assetto geopolitico europeo. Sentiamo il professor Gianfranco Lizza, docente di Geografia politica ed economica a “La Sapienza”:

 

“La Turchia è sicuramente molto importante per l’Europa, perché con il suo   ingresso l’Unione Europea potrà escludere eventuali problemi con l’islam”.

 

La Commissione europea, ad ottobre, si era detta favorevole all’apertura del negoziato, ma aveva raccomandato ad Ankara il rispetto dei diritti umani, una chiara presa di posizione nei confronti della tortura, la garanzia della libertà religiosa. Ed Ankara ha risposto avviando tali riforme. Ce lo conferma il politologo turco Huseyin Bagci:

 

(parole in turco)

“Si tratta di riforme politiche, riforme che ha chiesto l’Unione Europea e che hanno innalzato il livello di democrazia della Turchia. Quale altro Paese musulmano ha attuato tali riforme? Non c’è nessun altro esempio. Entro il 17 dicembre, Ankara approverà ancora otto articoli di riforma: a partire dai diritti umani fino ai criteri economici e politici. La Turchia sta dunque ancora lavorando”.

 

Ma quali sono le prospettive per il Consiglio europeo di dicembre? Risponde Alberto Negri, inviato speciale de “Il Sole 24 Ore”:

 

“Sarà un esito ancora interlocutorio, nel senso che all’interno della stessa Unione Europea c’è una forte opposizione all’ingresso della Turchia, come se Ankara dovesse entrare nel giro di pochi giorni. Ma l’ingresso della Turchia va collocato in un orizzonte di dieci-dodici anni. I turchi chiedono negoziati nei primi sei mesi dell’anno prossimo: in realtà, probabilmente, si arriverà all’apertura dei negoziati tra la fine del 2005 e l’inizio del 2006”.

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CONCLUSO IL DECIMO VERTICE DEI PAESI FRANCOFONI.

APPELLO PER LA CRISI IN COSTA D’AVORIO, DOVE MIGLIAIA DI PERSONE

FUGGONO VERSO LA LIBERIA PER SCAMPARE AL CONFLITTO

- Intervista con Laura Boldrini -

 

Il conflitto in Costa d’Avorio è al centro del decimo summit della francofonia, che si conclude oggi a Ouagadougou. Nella bozza di risoluzione finale, le 36 delegazioni presenti denunciano il rischio che questa crisi comporta “per tutta l’Africa occidentale”, esigono la “stretta applicazione” degli accordi di Marcoussis e chiedono al governo ivoriano di “porre fine alle incitazioni all’odio”. Sul terreno, intanto, prosegue l’esodo dei civili dalle città occidentali di Guiglo e Danane, dove la presenza delle truppe Onu non scongiura il rischio di ulteriori violenze. Lo conferma Laura Boldrini, portavoce per l’Italia dell’Alto Commissariato Onu per i rifugiati, intervistata da Andrea Sarubbi:

 

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R. – La situazione desta serissima preoccupazione, perché - nonostante ci sia stata una diminuzione negli ultimi giorni – gli arrivi di ivoriani in Liberia riguardano già migliaia di persone. Le agenzie umanitarie faticano moltissimo a portare loro aiuti, perché nel Paese le infrastrutture sono di fatto inesistenti. Le strade ed i ponti sono spesso distrutti, anche perché la Liberia ha vissuto 14 anni di guerra civile, e così vengono usati gli elicotteri della UNMIL, la missione dell’ONU che porta gli aiuti in Liberia. Ma c’è anche il problema dell’acqua, che è molto più difficile da trasportare. Sull’intera zona esiste, inoltre, un problema di sicurezza. È dunque in mezzo a mille difficoltà che stiamo tentando di portare i soccorsi necessari per queste 15 mila persone.

 

D. – Tra l’altro, le agenzie di stampa riferiscono di un’ulteriore difficoltà: non esiste un vero e proprio punto di ingresso per i rifugiati, che arrivano da più parti...

 

R. – Il punto di ingresso non esiste, perché ci sono circa 12 punti di entrata e le persone arrivano sulle canoe. Tenendo presente che ci sono circa 45 chilometri di frontiera, è molto difficile riuscire a registrare questa gente, e la registrazione è fondamentale per potere avere accesso agli aiuti. Ora si stanno allestendo due centri in cui alloggiare le persone, ma la maggior parte di loro vive presso le famiglie, e già lì c’è un problema di risorse. Suddividere quello che c’è diventa veramente molto difficile.

 

D. – Secondo voi, questa è una crisi circoscritta o può allargarsi?

 

R. – È una crisi estremamente delicata. Potrebbe anche avere un effetto-domino, perché la regione è in bilico: la Liberia stessa, ripeto, esce da 14 anni di guerra, e noi dell’Alto Commissariato ONU per i rifugiati abbiamo appena avviato un massiccio rimpatrio per riportare a casa 340 mila liberiani, che oggi si trovano nei Paesi limitrofi.

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I VOLONTARI DELLA FOCSIV LANCIANO LA SECONDA EDIZIONE

DELL’INIZIATIVA “ABBIAMO RISO PER UNA COSA SERIA”,

DEDICATA ALLA LOTTA CONTRO LA FAME NEL MONDO

- Servizio di Massimiliano Menichetti -

 

“Abbiamo riso per una cosa seria”: così la FOCSIV, la Federazione organismi cristiani servizio internazionale volontario, lancia la sfida alla povertà del pianeta. Da venerdì 26 a Roma, per due giorni, “I volontari nel mondo” daranno il via ad una raccolta fondi ed alla campagna informativa sull’attività della Federazione, incentrata sulla cooperazione internazionale. Il servizio è di Massimiliano Menichetti.

 

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Il riso è il cereale più consumato sul pianeta, alimento base di circa un terzo della popolazione mondiale. E proprio per questo i volontari della FOCSIV hanno deciso di dare vita alla seconda edizione della manifestazione solidale contro la fame, intitolata “Abbiamo riso per una cosa seria”. Secondo le stime della FOCSIV, oggi circa 800 milioni di persone muoiono di fame. Romina Pagnotti, responsabile del progetto:

 

“Lo scopo principale della nostra iniziativa è quello di sostenere i progetti di cooperazione nel sud del mondo. Attualmente, abbiamo 641 progetti di sviluppo, che vedono impegnati 817 volontari in 86 Paesi del mondo: Asia, Africa, America Latina, Oceania ed Europa. Per noi la lotta alla fame e alla povertà, e soprattutto la lotta alle cause strutturali della povertà, è l’obiettivo principale, che muove tutto il nostro lavoro, sia nel sud del mondo che in Italia, attraverso le nostre campagne di sensibilizzazione, di lobby, di pressione e di educazione allo sviluppo”.

 

Oggi e domani, “Abbiamo riso per una cosa seria” entrerà nel vivo e partirà la campagna di raccolta dei fondi:

 

“Abbiamo allestito nelle principali piazze di Roma e nelle sedi CONAD dei banchetti di solidarietà, dai quali distribuiremo al pubblico confezioni di riso, chiedendo un piccolo contributo e facendo conoscere quello che è il ventaglio delle attività FOCSIV”.

 

La FOCSIV, da oltre 30 anni, lotta perché una necessità elementare e primaria come il cibo sia garantita a tutti. Ma lavora soprattutto per dare a chi ne ha bisogno gli strumenti per rendersi autonomo. Ancora Pagnotti:

 

“Diciamo che la scelta della FOCSIV è quella di intervenire con progetti di sviluppo, che diano alle popolazioni le strutture e gli strumenti per uscire fuori con le loro forze dal problema della fame e della povertà. Almeno ci proviamo. Per questo motivo, abbiamo progetti multisettoriali che spaziano dall’educazione, all’assistenza sanitaria, alla costruzione di infrastrutture. Sicuramente il nostro obiettivo è quello non di fare assistenza, ma di fornire gli ‘strumenti per’”.

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INAUGURATA A TORINO LA MOSTRA “GLI IMPRESSIONISTI E LA NEVE.

LA FRANCIA E L’EUROPA”. LA RASSEGNA, UN OMAGGIO PER LE OLIMPIADI

INVERNALI 2006, RIMARRA’ APERTA FINO AL PROSSIMO 25 APRILE

- Servizio di Barbara Castelli -

 

“Gli impressionisti e la neve. La Francia e l’Europa”. E’ il titolo che accompagna la singolare rassegna sbarcata oggi a Torino, in vista delle Olimpiadi invernali del 2006. La mostra, organizzata congiuntamente da Linea d’Ombra, la città di Torino, la regione Piemonte, il Toroc e la Fondazione Torino Musei, sarà aperta fino al prossimo 25 aprile. Il servizio di Barbara Castelli:

 

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(musica)

 

Un lungo e affascinante viaggio attraverso uno dei temi più luminosi e fiabeschi, con i quali si sia misurata la grande pittura di paesaggio del XIX secolo: l’inverno e la neve. Sono in tutto 150 i preziosi dipinti, da Claude Monet, a Paul Gauguin e Vincent Van Gogh, che animano la rassegna “Gli impressionisti e la neve. La Francia e l’Europa”, allestita nelle sale della Promotrice di Belle Arti a Torino. Il percorso espositivo, in un’atmosfera quasi irreale attraverso le variegate sfumature del bianco, si sviluppa attraverso due sezioni. La prima ha come tema la pittura di neve in Europa, al di fuori della Francia. Circa cento opere, suddivise per aree geografiche, delineano così l’ampia storia tematica della pittura del secondo Ottocento, con autori più o meno noti, fino ai paesaggi di neve dipinti da Edvard Munch. Con la seconda sezione, invece, si entra in territorio francese, per accostare l’altro nucleo della mostra.

 

Ma cosa rappresenta per il movimento dell’Impressionismo il tema della neve e dell’inverno? Ci risponde Marco Goldin, curatore della mostra:

 

R. – Quello della neve è un tema che ha affascinato a lungo i pittori impres-sionisti, Monet in modo particolare. La neve serve a modificare radicalmente il tono della pittura. Il dato atmosferico della pittura ci si propone in primissimo piano e l’idea del racconto esce – per così dire – dai dipinti. Questa è un po’ la differenza rispetto agli altri grandi Paesi europei: il racconto, la necessità di collocare delle storie nel paesaggio, in questo caso sulla coltre della neve, per gli impressionisti non conta più.

 

D. – Dalle tele traspira in qualche modo anche un po’ della condizione umana dell’epoca?

 

R. – Diciamo che soprattutto l’ambito est-europeo e magari, parzialmente, della Scandinavia ci mostra anche la condizione umana di quel tempo, che a volte è molto difficile. La Francia ci mostra, invece, qualcosa di diverso e che ha a che fare con la conquista dell’aspetto luminoso, del colore, per quanto si parli di bianco. Sarà, infatti, molto bello ed interessante vedere come tanti colori si appoggino e siano impastati al bianco.

 

(musica)

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IL VANGELO DI DOMANI

 

 

Domani, 28 novembre, prima Domenica d’Avvento e del nuovo anno liturgico, il Vangelo ci propone il brano in cui Gesù, parlando con i discepoli, ricorda il diluvio ai tempi di Noè e li invita a vegliare perché non si sa in quale giorno il Signore verrà: 

 

Se il padrone di casa sapesse in quale ora della notte viene il ladro, veglierebbe e non si lascerebbe scassinare la casa. Perciò anche voi state pronti, perché nell'ora che non immaginate, il Figlio dell'uomo verrà”.

 

Su queste parole ascoltiamo il commento del teologo gesuita, padre Marko Ivan Rupnik:

 

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Ogni volta che si parla della venuta del Signore o del suo giorno, della sua ora, Cristo insiste che bisogna essere pronti, essere svegli, vegliare, essere preparati perché non si sa né il giorno né l’ora della sua venuta e la sua venuta ha anche un aspetto terribile. Sarà come nei giorni di Noé, una tragedia. La morte attraverserà il mondo ma, per chi sarà pronto, sarà una liberazione: il tempo dell’amore, il tempo in cui tutto mi parlerà dell’amato. La sua presenza si fa fitta perciò chi ama riesce a riconoscerla e gioirne. Tutto diventa un ricordo dell’amato. L’amore ci fa contemplativi e pronti. Ecco l’Avvento, il tempo di un’attesa contemplativa. Si va verso l’incontro con il Signore, altrimenti non ci si accorge di niente, si vive nella miopia del quotidiano. Ma perdere l’appuntamento con il Signore infatti significa perdere la vita ed essere inghiottiti come nei giorni di Noé.

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CHIESA E SOCIETA’

27 novembre 2004

 

 

I CITTADINI ELVETICI SONO CHIAMATI DOMANI ALLE URNE PER IL REFERENDUM

SULLA LEGGE CHE AUTORIZZA LA RICERCA SULLE CELLULE STAMINALI EMBRIONALI.

LA CONFERENZA EPISCOPALE HA DIFFUSO UNA NOTA

PER RIBADIRE IL NO AL PROVVEDIMENTO

- A cura di Ignazio Ingrao -

 

GINEVRA. = Approvata dal Parlamento svizzero nel dicembre 2003 a larga maggioranza, la nuova legge autorizza la ricerca sulle cellule staminali embrionali. Il provvedimento consente ai ricercatori di ricavare cellule staminali dagli embrioni soprannumerari, cioè nati dalla fecondazione in vitro ma rimasti inutilizzati. Non sarà invece possibile creare embrioni a scopo di ricerca o per fabbricare un clone. Il referendum contro la legge è stato promosso dai Comitati per il “Sì alla vita”, dall' “Aiuto svizzero per madre e bambino” e dal “Basler Appell gegen Gentechnologie” che raggruppa i movimenti contro l’ingegneria genetica. I promotori contestano l'uso di embrioni per la produzione di cellule staminali poiché, ricordano, l’embrione è una persona umana e non può essere considerato un semplice “materiale” da usare per la sperimentazione. La Conferenza episcopale svizzera ha diffuso una nota per ribadire il no alla legge e un’analoga posizione è stata espressa dall’associazione dei Medici cristiani. Al voto sono chiamati quattro milioni e 700 mila cittadini: l’esito della consultazione appare incerto anche se nei sondaggi il sì alla legge risulta in leggero vantaggio.

 

 

un’indagine promossa dal centro internazionale studi famiglia denuncia

la carenza di servizi e assistenza ai disabili quando viene meno il supporto della famiglia di origine. i risultati sono stati discussi nel corso di un convegno internazionale che si e’ svolto ieri a milano

- A cura di Fabio Brenna -

 

MILANO. = L’assistenza alle persone adulte disabili che rimangono prive di genitori è oggi una vera e propria emergenza sociale. Secondo i dati della ricerca curata dal Cisf – Centro internazionale di studi sulla famiglia - presentati nel convegno internazionale a Milano “Dopo di noi, insieme a noi”, sono circa 700.000 i disabili gravi che vivono in famiglia e che dovranno pertanto affrontare il problema dell’invecchiamento e della perdita dei genitori, appunto il “dopo di noi” che ha dato il titolo alla ricerca e al convegno. Le risposte tradizionali che prevedevano il ricovero in istituto non vengono più percepite come soddisfacenti, in quanto incapaci di offrire quelle relazioni calde e quella qualità familiare della cura così tenacemente e faticosamente offerta da tante famiglie. La ricerca evidenzia poi come nei genitori anziani si ingeneri un crescente senso di angoscia e di paura nella prospettiva di non poter più provvedere in prima persona al proprio figlio disabile e di non avere una soluzione concreta al problema del “dopo di noi”. Attraverso un confronto con esperienze europee, ma anche della Nuova Zelanda, si è visto come la sfida sia quella di leggere come unica e originale la situazione di ogni persona disabile e costruire così una collaborazione reale tra famiglia e risorse esterne - servizi pubblici, associazionismo e  privato-sociale. Una realtà questa già avanzata in molte realtà straniere, mentre in Italia sono più numerose le famiglie che a tutti i costi resistono ad occuparsi dei disabili in prima persona, acuendo così il problema del “dopo”. Molto interessante il decalogo in cui vengono descritti dal Cisf i dieci punti irrinunciabili del “dopo di noi”, in cui si punta ad esempio a creare “famiglie integrative”, che si assumano cioè l’impegno di prendersi cura del disabile quando questi perda i genitori, realizzando così quella che è stata chiamata “eredità del cuore”.

 

 

237 GIORNALISTI E COLLABORATORI DELLA TELEVISIONE PUBBLICA UCRAINA

HANNO SCIOPERATO PER DENUNCIARE LA MANIPOLAZIONE DELLE INFORMAZIONI

SULLE RECENTI ELEZIONI E HANNO RICEVUTO LA SOLIDARIETA’

DELL’ORGANIZZAZIONE “REPORTER SENZA FRONTIERE”

 

KIEV. = E’ stata corale l’adesione allo sciopero proclamato il 25 novembre dai giornalisti e collaboratori dell’emittente televisiva pubblica ucraina UT-1 per denunciare pressioni e censure sull’informazione relativa ai risultati delle recenti elezioni e alle proteste che ne sono seguite. Anche i giornalisti e dipendenti delle emittenti televisive private filogovernative 1+1 e Inter hanno ufficialmente protestato contro la censura in atto. I giornalisti di UT-1 hanno diffuso una dichiarazione per denunciare “la copertura informativa unilaterale” degli avvenimenti in corso che “priva i cittadini ucraini di informazioni importanti”, e hanno chiesto di poter diffondere immagini in diretta dalla piazza centrale di Kiev “dove si sta scrivendo la storia del nostro Paese”. Hanno lamentato inoltre l’uso sistematico di “temnyks”, le istruzioni segrete impartite dall’amministrazione presidenziale alle redazioni per indicare la maniera in cui deve essere data la copertura informativa delle notizie. I giornalisti hanno quindi sollecitato la direzione dell’emittente televisiva pubblica affinché esprima ufficialmente il sostegno alle televisioni private di opposizione Kanal 5 ed Era, accusate dall’attuale presidente della repubblica, Leonid Koutchma, di “preparare un colpo di Stato” e minacciate di chiusura. “Reporter senza frontiere” ha manifestato appoggio ai colleghi ucraini: “Siamo solidali con i giornalisti che lottano contro la censura di cui sono sistematicamente oggetto”, ha dichiarato l’organizzazione internazionale per la libertà di stampa ed ha esortato le autorità ucraine a “non chiudere Kanal 5, l’unica rete nazionale dell’opposizione, perché una decisione in questo senso avrebbe gravi conseguenze nell’escalation repressiva contro i media non asserviti al potere”. La protesta sembra aver già prodotto qualche risultato positivo, perché le emittenti ucraine hanno cominciato a diffondere le immagini delle manifestazioni organizzate dai sostenitori delle opposizioni. (I.I.)

 

 

75 ANNI FA PAPA PIO XI FONDAVA IL PONTIFICIO COLLEGIO RUSSO DI ROMA. L’ANNIVERSARIO E’ STATO RICORDATO OGGI CON UNA CELEBRAZIONE

ALLA PRESENZA DELL’ESARCA DI SOFIA E DEL PREFETTO

DELLA CONGREGAZIONE PER LE CHIESE ORIENTALI

 

ROMA. = Con la Costituzione apostolica “Quam Cura”, il 15 agosto del 1929 Papa Pio XI fondava il Pontificio Seminario Russo e lo affidava alla Compagnia di Gesù. La Costituzione apostolica stabiliva che scopo del Seminario doveva essere quello di accogliere anzitutto “i giovani appartenenti alla Russia e di rito slavo-bizantino”, curando la loro formazione al sacerdozio affinché divenissero capaci di esercitare il loro ministero a servizio dei fedeli della Russia gravemente provati dal regime comunista. “Prima di tutto sarà necessaria l’istruzione, l’educazione per questi futuri annunciatori del Vangelo, formati ad una solida pietà e scienza, avendo cura che siano animati da uno zelo apostolico per procurare e lavorare per l’unità cattolica, e siano muniti di qualità e di mezzi atti a questo scopo: la conoscenza della storia e dei costumi della regione a cui appartengono questi popoli, imparare le cerimonie del rito slavo bizantino, confutare intelligentemente gli errori di quella regione”, scriveva Pio XI nella Costituzione apostolica. Tra i sacerdoti e gli ex alunni del “Russicum” si annovera anche il vescovo martire Theodor Romza, proclamato beato nel giugno del 2001, e tra i docenti il poeta Viaceslav Ivanov, che coniò l’immagine dell’Europa chiamata a respirare con due polmoni, l’Oriente e l’Occidente. Per ricordare questo anniversario, questa mattina l’Esarca di Sofia in Bulgaria, mons. Christo Proykov, ha celebrato una divina liturgia alla presenza del prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali, cardinale Ignace I Moussa Daoud. Nel pomeriggio, un incontro a più voci ripercorrerà la vita del Collegio, dalla nascita ad oggi. Interverranno tra gli altri, il segretario della Congregazione per le Chiese Orientali, mons. Antonio Maria Vegliò, e il preposito generale dei Gesuiti, Peter Hans Kolvenbach. (I.I.)

 

 

CENTOmila volontari oggi sono davanti a 4 mila supermercati italiani

per raccogliere generi alimentari da distribuire ai poveri attraverso

i 6.800 enti che fanno capo al banco alimentare

 

MILANO. = E' possibile nella giornata di oggi aiutare concretamente i poveri che vivono in Italia, che, secondo alcune recenti rilevazioni, raggiungono quasi il 12% della popolazione. Si sta svolgendo infatti in tutto il Paese l’annuale Giornata nazionale della colletta alimentare. Tra i volontari ci sono anche il conduttore televisivo Paolo Brosio e il pilota Giancarlo Fisichella. A quanti si recano a fare la spesa al supermercato i volontari chiedono di donare alimenti - preferibilmente olio, omogeneizzati ed alimenti per l'infanzia, tonno e carne in scatola, pelati e legumi - che saranno distribuiti a più di un milione di indigenti attraverso gli oltre 6.800 enti convenzionati con il Banco Alimentare (mense per i poveri, comunità per minori, centri di solidarietà). Nella giornata del 2003, gli italiani hanno donato 5.701 tonnellate di cibo pari a 19 milioni di euro. La Giornata nazionale della colletta alimentare è organizzata dalla Fondazione Banco Alimentare Onlus e dalla Federazione dell'Impresa Sociale Compagnia delle Opere, in collaborazione con l'Associazione Nazionale Alpini e la Società San Vincenzo De Paoli. All’iniziativa hanno contribuito gratuitamente anche diverse agenzie e concessionarie pubblicitarie.                                

 

 

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24 ORE NEL MONDO

27 novembre 2004

- A cura di Amedeo Lomonaco -

 

In Ucraina i due candidati alla presidenza, il primo ministro Yanukovic e il leader dell’opposizione Yushenko hanno espresso il loro assenso per la ripetizione del ballottaggio. La prospettiva di una nuova consultazione è stata annunciata durante l’odierna riunione straordinaria del parlamento ucraino, che ha dichiarato non valido il risultato del ballottaggio di domenica scorsa. Il nostro servizio:

 

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I due rivali per la presidenza dell’Ucraina “non sono contrari alla prospettiva di risolvere la loro disputa con un nuovo ballottaggio”. Lo ha indicato il leader socialista ucraino Moroz, alleato di Yushenko, intervenendo alla sessione straordinaria della Rada, il parlamento ucraino. Il portavoce di Yanukovic ha sottolineato come l’esito della consultazione debba essere considerato nullo. L’accordo tra i due candidati per la ripetizione del voto è stato auspicato anche dall’UE. La Rada, infatti, può censurare l’operato delle autorità preposte a vigilare sulla regolarità della consultazione, il cui esito è stato congelato dalla Corte Suprema, chiamata ad esaminare lunedì prossimo le denunce per brogli. La strada dei negoziati, coronata dalla proposta di un nuovo appuntamento elettorale, è stata aperta ieri con l’annuncio di un vertice a quattro tra il presidente uscente Kuchma, i due candidati e il presidente del parlamento Litvin. La decisione di avviare i colloqui tra le parti è stata presa dopo l’incontro con i mediatori: i presidenti di Polonia e Lituania, il responsabile della politica estera dell’UE, il segretario dell’OSCE ed il presidente della Duma di Mosca. In questa occasione il candidato filo occidentale Yushenko aveva ribadito la necessità di indire nuove elezioni indicando la data del prossimo 12 dicembre. Un’urgenza riconosciuta nell’odierna riunione della Rada anche dal candidato filo russo Yanukovic.

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Al momento i disaccordi tra il primo ministro Yanukovic e il candidato dell’opposizione Yushenko sembrano dunque essere stati messi da parte. Ma cosa rischierebbe l’Ucraina se le proteste di piazza riprendessero a oltranza? Risponde Pierantonio Lacqua, responsabile della sede ANSA di Mosca:

 

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Il Paese si sta riprendendo dopo la crisi economica del 1998. E’ un Paese ancora fragile e molto più povero anche della Russia, che problemi grossi ne ha. Il rischio più grande di questi giorni è che se lo scontro tra il filo-occidentale Yushenko e il filo-russo Yanukovic continuasse si potrebbe addirittura arrivare alla spaccatura del Paese, cioè ad una guerra civile alla fine della quale le regioni ‘russificate’ dell’est si staccherebbero da quelle ‘occidentalizzate’ dell’ovest. Quindi l’Ucraina, che ha una identità nazionale molto fragile e complessa, in questi giorni rischia veramente la sopravvivenza.

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Una strada affollata di Baghdad, una bomba collocata sul bordo di un marciapiede nei pressi della banca centrale e una potente esplosione: è la tragica sequenza dell’ennesimo attentato, compiuto in Iraq dalla guerriglia, che ha provocato la morte di due civili ed il ferimento di altre quindici persone. Un soldato americano è rimasto ucciso, inoltre, per la deflagrazione di un ordigno avvenuta a nord della capitale. Violenze anche a Baquba dove due guardie del corpo del governatore di Diala sono state uccise per errore da militari statunitensi. Sul versante politico, il presidente della Commissione elettorale ha escluso oggi un possibile rinvio delle elezioni, previste il prossimo 30 gennaio. E’ stata così respinta la richiesta, avanzata ieri dai rappresentanti di diversi partiti moderati, di posticipare la consultazione.

 

Restiamo in Medio Oriente, dove il leader di Al Fatah in Cisgiordania, Marwan Barghuti, ha annunciato che non si candiderà alle presidenziali palestinesi previste il prossimo 9 gennaio. Barghuti, che sta scontando 5 ergastoli in un carcere israeliano, ha anche invitato i propri sostenitori a votare per il candidato ufficiale di Al Fatah, l’ex premier Abu Mazen. E’ stata così scongiurata una pericolosa spaccatura all’interno del partito fondato da Arafat.

 

L’Iran ha smentito di aver raggiunto un accordo con l’Europa in merito alla risoluzione sul nucleare, che Francia, Germania e Gran Bretagna intendono sottoporre al Consiglio dei Governatori dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea). Il ministro degli Esteri di Teheran, Kamal Kharrazi, ha anche negato che il suo Paese abbia rinunciato alla richiesta di mantenere in funzione 20 centrifughe per “attività di ricerca”.

 

In Birmania sono stati rilasciati ieri sera oltre 9.000 prigionieri, che la giunta militare aveva recentemente promesso di scarcerare. Tra i detenuti liberati, ci sono anche una quarantina di dissidenti. Il principale partito dell’opposizione, la ‘Lega Nazionale per la Democrazia’ del Premio Nobel per la Pace, Aung San Suu Kyi, sperava invece nel rilascio di circa quattrocento attivisti.

 

Doppio appuntamento elettorale domani in Romania. Diciotto milioni di cittadini andranno alle urne per eleggere il nuovo capo dello Stato al posto dell’uscente Iliescu e per rinnovare il Parlamento di Bucarest. Si tratta di consultazioni dall’esito molto incerto, come ci riferisce Emiliano Bos:

 

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Dopo 15 anni ininterrotti al potere e tre mandati consecutivi, il presidente Jon Iliescu non potrà ricandidarsi perché glielo impedisce la Costituzione. A contendersi la sua poltrona saranno in 12, ma soltanto due candidati hanno reali possibilità di arrivare al ballottaggio. Adrian Nastase, attuale primo ministro e presidente del partito socialdemocratico, e Traian Basescu, sindaco di Bucarest e leader dell’alleanza di opposizione “Giustizia e Verità”, che riunisce liberali e democratici. Per la prima volta dalla caduta di Ceausescu nel 1989, appare difficile prevedere la vittoria di uno dei due schieramenti, che i sondaggi indicano in sostanziale parità. Difficile, comunque, che possa superare il primo turno l’ultranazionalista Vadim Tudor, capo del partito “Romania grande”. Gli ex-comunisti di Iliescu si presentano come riformisti, autori della crescita economica e garanti dell’ingresso nell’Unione Europea nel 2007, mentre l’opposizione denuncia corruzione e debolezza del sistema sociale.

 

Per la Radio Vaticana, Emiliano Bos.

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