RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVIII n.
329 - Testo della trasmissione di mercoledì 24 novembre 2004
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO:
La guerra nel Darfur non risparmia le organizzazioni umanitarie: con noi Filippo Ungaro
Prosegue a Roma il Congresso Mondiale della Vita Consacrata: ce ne parla padre José Maria Arnaiz
CHIESA E SOCIETA’:
“Il popolo sia ascoltato”: è l’esortazione
del cardinale ucraino Husar.
Prosegue il viaggio apostolico
in Asia del cardinale Crescenzio Sepe
Inaugurata
oggi a Milano la Casa della Carità
In
Ucraina continua la protesta di migliaia di persone contro i risultati delle
elezioni presidenziali
Per il presidente della Commissione europea Barroso non è utile la
revisione del patto di stabilità
Ciampi concede la grazia a Mesina, Orrù e Pellè. Il presidente pensa
anche a Bompressi: ma il ministro
Castelli dice no
Oggi lo sciopero dei magistrati italiani contro la riforma della
giustizia
24 novembre 2004
IL PAPA ALL’UDIENZA GENERALE PREGA PER L’UCRAINA
IN QUESTO DIFFICILE MOMENTO POLITICO E TORNA AD INVITARE I
CRISTIANI AD OFFRIRE UNA TESTIMONIANZA SEMPRE PIU’ FORTE DEI VALORI CRISTIANI
NELLA SOCIETA’.
NELLA CATECHESI RICORDA: IL VOLTO DI DIO, CREATORE
DELL’UNIVERSO,
E’ DIVENTATO ACCESSIBILE IN CRISTO
Il Papa durante l’udienza
generale di stamane ha pregato per l’Ucraina in questo difficile momento
politico. Quindi ha lanciato un nuovo invito ai cristiani perché offrano una testimonianza
sempre più forte del Vangelo e dei valori cristiani nella società per costruire
un mondo di giustizia e di pace. Giovanni Paolo II ha poi proseguito la sua catechesi
sulla liturgia dei vespri prendendo spunto dal grande inno cristologico con cui
si apre la Lettera ai Colossesi e ha sottolineato che il volto di Dio, diventa
accessibile in Cristo. Il servizio di Sergio Centofanti:
**********
Il Papa si rivolge ai pellegrini
giunti dall’Ucraina, guardando al difficile momento politico che sta vivendo
questo Paese:
“Carissimi assicuro voi e tutto il popolo ucraino che in questi giorni
prego
in modo particolare per la vostra amata Patria”.
L’udienza generale oggi si è
svolta prima nella Basilica vaticana, dove il Papa ha accolto giovani e
studenti convenuti da varie regioni italiane, e poi nell’Aula Paolo VI.
Giovanni Paolo II ha esortato i giovani:
“Gesù sia sempre al centro
della vostra vita!”
“Sia Lui – ha proseguito – la
luce e la guida di ogni vostra scelta; partecipate generosamente con la vostra
testimonianza alla costruzione del suo Regno di giustizia e di pace”. I
cristiani – ha detto – offrano “una sempre maggiore testimonianza del Vangelo e
dei valori del cristianesimo nella famiglia e nella società”. Nella catechesi
il Papa ha parlato del grande inno cristologico della Lettera ai Colossesi, in cui campeggia la figura gloriosa di Cristo, cuore della
liturgia e centro di tutta la vita ecclesiale.
“In questo canto – ha spiegato –
è rintracciabile il respiro di fede e di preghiera dell’antica comunità
cristiana” che sin dall’inizio ha venerato Cristo come primogenito di ogni
creatura e di coloro che risuscitano dai morti. La sua eternità “trascende
spazio e tempo”: Cristo è dunque l’‘immagine’, l’‘icona’ visibile di quel Dio
che rimane invisibile nel suo mistero. Era stata questa l’esperienza di Mosè –
nota il Papa – che, nel suo ardente desiderio di gettare uno sguardo sulla
realtà personale di Dio, si era sentito rispondere: ‘Tu non potrai vedere il
mio volto, perché nessun uomo può vedermi e restare vivo’.
“Invece – ha rilevato Giovanni
Paolo II – il volto del Padre Creatore dell’universo diventa accessibile in
Cristo, artefice della realtà creata”. “Cristo dunque, da un lato, è superiore
alle realtà create, ma dall’altro, è coinvolto nella loro creazione. Per questo
può essere da noi visto come ‘immagine di Dio invisibile’, reso a noi vicino
attraverso l’atto creativo”.
“Con la sua ‘pienezza’ divina,
ma anche col suo sangue sparso sulla croce – ha proseguito il Pontefice –
Cristo ‘riconcilia’ e ‘rappacifica’ tutte le realtà, celesti e terrestri. Egli
le riporta così alla loro situazione originaria, ricreando l’armonia
primigenia, voluta da Dio secondo il suo progetto d’amore e di vita. Creazione
e redenzione sono, quindi, connesse tra loro come tappe di una stessa vicenda
di salvezza”. E rivolgendosi ai malati li ha esortati a comprendere il valore
redentivo della sofferenza vissuta in unione con Cristo che ha fatto della
Croce un trono regale.
Infine, Giovanni Paolo II ha
ricordato che tra pochi giorni inizierà l’Avvento. “Nell’Anno dell’Eucaristia –
ha concluso – sia questo un tempo di particolare vigilanza, di preghiera e di
adorazione di Cristo. Benedico di cuore coloro che attendono il Salvatore”.
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UN PROFONDO INCORAGGIAMENTO A PERCORRERE LA VIA
DELL’UNITA’:
COSI’, IL PONTIFICIO CONSIGLIO PER LA PROMOZIONE
DELL’UNITA’ DEI CRISTIANI
SULLA VISITA A ROMA DEL PATRIARCA ECUMENICO DI
COSTANTINOPOLI,
BARTOLOMEO I, PER LA
SOLENNE CERIMONIA
DI CONSEGNA DELLE RELIQUIE DEI DUE SANTI
PATRIARCHI DI COSTANTINOPOLI
- A cura di Alessandro Gisotti -
Negli
insegnamenti dei Santi patriarchi Giovanni Crisostomo e Gregorio di Nazianzeno,
Dottori della Chiesa, che “con tanta sapienza hanno parlato dalla Cattedra” di
Costantinopoli, risplende il “comune patrimonio di fede che, anche se in
maniera non ancora perfetta, ci unisce”. Sono le parole di Giovanni Paolo II al
Patriarca ecumenico di Costantinopoli, Bartolomeo I, in una lettera che conferma
la restituzione delle reliquie dei due Santi. Della missiva dà conto oggi un
comunicato del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani.
Questo,
dunque, un passaggio chiave che ha portato ad una nuova tappa significativa
sulla via dell’ecumenismo: la solenne cerimonia di consegna delle reliquie, che
avverrà sabato prossimo alle ore 11 nella Basilica di San Pietro. Questo
evento, si legge nella nota del dicastero vaticano, “costituisce un profondo incoraggiamento
a percorrere la via dell’unità: le spoglie mortali dei due Santi Patriarchi di
Costantinopoli, che si adoperarono a salvaguardare l’unità tra Oriente ed
Occidente”. Le reliquie conservate e onorate per secoli dalla Chiesa di Roma,
“si incamminano di nuovo verso Oriente, grazie ad un gesto di condivisione
spirituale, che nutre e fortifica la comunione tra le Sedi di Roma e di Costantinopoli”.
Alla solenne celebrazione, che sarà trasmessa in diretta in Grecia e negli
Stati Uniti, prenderanno parte anche il Metropolita d’Italia ed Esarca per
l’Europa orientale, Gennadios, il nuovo rettore della Comunità greca ortodossa
di Roma, l’Archimandrita Epifanios Dimitríou, oltre all’arcivescovo greco
ortodosso d’America, Demetrios, che giungerà a Roma per l’occasione.
Nel pomeriggio di sabato 27 novembre, Bartolomeo lascerà Roma alla volta
di Istanbul. Con lui viaggerà anche la delegazione della Santa Sede presente
ogni anno a Costantinopoli per la Festa del Patrono del Patriarcato ecumenico,
Sant’Andrea, il giorno 30 novembre. La delegazione vaticana, guidata dal
cardinale Walter Kasper, avrà delle conversazioni con la Commissione sinodale
per le Relazioni con la Chiesa cattolica. Inoltre, incontrerà la comunità
cattolica di Istanbul e celebrerà la Santa Messa per la prima Domenica
d’Avvento nella Cattedrale dello Spirito Santo.
UNA RINNOVATA DIFFUSIONE DELLA DOTTRINA SOCIALE
CATTOLICA
POTRA’ AIUTARE CUBA A RISOLVERE
LA PROPRIA CRISI POLITICO-ECONOMICA.
LO AFFERMA IL CARDINALE SODANO IN UNA LETTERA A
NOME DEL PAPA,
PER LA CONCLUSIONE DELLA NONA SETTIMANA SOCIALE
CATTOLICA DI CUBA
- A cura di Alessandro De Carolis -
Porre in atto un “rinnovato e
profondo impegno per studiare, far propria e mettere in pratica” la Dottrina
sociale della Chiesa nella realtà di Cuba. Il cardinale segretario di Stato,
Angelo Sodano, ha scritto e inviato, a nome del Papa, una lettera alla comunità
ecclesiale dell’isola caraibica, a conclusione della Settimana sociale
cattolica. L’appuntamento, giunto alla nona edizione, si svolto nella città
cubana di Camagüey ed ha centrato la propria attenzione sui fondamenti
dell’Enciclica di Giovanni XXIII Pacem in
terris: la verità, la giustizia, l’amore e la libertà”.
Ogni realtà in cui vivono dei
cristiani è chiamata a incarnare, in maniera “continua e perseverante” gli
insegnamenti di questo della Dottrina sociale della Chiesa, ha detto il cardinale
Sodano. “Si deve favorire – ha precisato – una presentazione del pensiero sociale
cristiano in sintonia con i tratti fondamentali dell’identità del popolo
cubano, che possa essere comunicato in un linguaggio comprensibile ai suoi
cittadini e illuminare l’esistenza umana e la realtà sociale”. Riflettendo poi
sull’immutata attualità della Pacem in
terris, il segretario di Stato vaticano ne ha interpretato il messaggio
alla luce della non facile situazione cubana. “E’ un dovere e un diritto delle
autorità e di ogni cittadino, ha affermato, sforzarsi di risolvere la crisi
politica e socio-economica nel segno “della giustizia e della pace, del dialogo
e della riconciliazione”.
L’IMPORTANTE
RUOLO DELL’ONU PER UN BUON GOVERNO INTERNAZIONALE
CHE
SUPPORTI LE NAZIONI PER RAGGIUNGERE GLI OBIETTIVI DI SVILUPPO
SOTTOSCRITTI
NEL SUMMIT DEL MILLENNIO:
INTERVENTO DELL’ARCIVESCOVO MIGLIORE ALLE NAZIONI
UNITE
Gli obiettivi di sviluppo del
Millennio (MDGs), fissati nel Summit delle Nazioni Unite nell’anno 2000: ne ha
parlato l’arcivescovo Celestino Migliore, osservatore permanente della Santa
Sede presso l’ONU, intervenendo ai lavori dell’Assemblea generale, in corso nel
Palazzo di Vetro a New York. Il servizio di Roberta Gisotti:
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Nell’ultimo anno, l’aiuto totale
allo sviluppo è stato di 68,5 miliardi di dollari, pari a poco più dello 0.2
per cento del prodotto nazionale lordo dei Paesi donatori, quindi ancora molto
lontano dall’obiettivo dello 0,7 per cento, fissato proprio nel Summit del
Millennio. Lo ha sottolineato l’arcivescovo Migliore, osservando che attualmente
molto dell’aiuto “non è mirato alle necessità fondamentali dei Paesi più poveri”
e denunciando che “l’abilità delle Nazioni più svantaggiate - in massima parte
in Africa - per ottenere esportazioni ed entrate fiscali è vanificata dai
sussidi alle esportazioni dei Paesi ricchi e dalle tariffe imposte sulle
esportazioni africane, talvolta dieci volte più alte di quelle imposte sui beni
commerciati tra i Paesi industrializzati dell’Ocse.”
“Per cui – ha aggiunto
l’osservatore della Santa Sede – il successo degli sforzi globali verso la pace
e lo sviluppo … è inevitabilmente correlato alla precisa visione del ruolo delle
Nazioni Unite e alla responsabilità ultima dei governi.” L’ONU realizza infatti
“un importante parte della sua missione” quando offre sostegno ai Paesi
rendendoli capaci di realizzare gli impegni presi nei forum internazionali.
Questo suppone che i leader nazionali re-interpretino “l’idea di sovranità con
una visione di nuova responsabilità globale”. “Tale sovranità comprenderà il
concetto che i Paesi in via di sviluppo possano sempre partecipare pienamente
alle decisioni prese circa i progetti destinati ai loro rispettivi territori”.
“In altre parole il buon governo nazionale deve essere spalleggiato e
supportato da un buon governo internazionale”.
“Quando 171 Governi del Nord e del Sud firmarono la Dichiarazione del Millennio
all’Assemblea generale nel settembre del 2000 – ha ricordato l’arcivescovo
Celestino Migliore – c’era un sentimento di urgenza nell’aria”. E la Santa Sede
si alleò con quegli obiettivi recepiti nelle sfide del Giubileo.
Conseguentemente, il movimento fu lanciato nel mondo con programmi, scadenze,
campagne, obiettivi mirati e impegni presi in diverse successive conferenze, e
il prossimo anno si farà una valutazione di questo cammino. “Nondimeno questi
summit promuoveranno la causa della pace – ha concluso il presule – solo se gli
impegni presi in quelle sedi saranno veramente onorati”.
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APRE OGGI LA 21.MA ASSEMBLEA PLENARIA
DEL PONTIFICIO CONSIGLIO PER I LACI,
DEDICATA AL MONDO PARROCCHIALE E AL SUO RILANCIO.
PUBBLICATO A CURA DEL DICASTERO, UN VOLUME SULLE
ASSOCIAZIONI LAICALI
APPROVATE DALLA SANTA SEDE
- A cura di Alessandro De Carolis -
La parrocchia “non è
principalmente una struttura, un territorio, un edificio; è piuttosto ‘la
famiglia di Dio”, all’interno della quale è presente e opera il “mistero stesso
della Chiesa”. Questa affermazione di Giovanni Paolo II contenuta
nell’esortazione apostolica Christifideles laici offre lo spunto di partenza alla riflessione della 21.ma Assemblea
plenaria del Pontificio Consiglio per i Laici, che inizia oggi presso il Centro
Congressi di “Villa Aurelia”, a Roma, e si concluderà domenica prossima. I
lavori si svilupperanno lungo tre sessioni, che approfondiranno, tra l’altro,
la situazione attuale del laicato, l’evoluzione della parrocchia in rapporto
alla società attuale, la parrocchia come comunione di ministeri e di servizi.
Nei
giorni scorsi, in vista della plenaria, il dicastero vaticano dei laici ha
pubblicato il “Repertorio delle Associazioni internazionali di fedeli”, un
volume concepito per offrire una panoramica aggiornata del fenomeno aggregativo
laicale, all’interno del vasto e variegato mondo dell’associazionismo cattolico
contemporaneo. Nelle 306 pagine del volume, pubblicato dalla Editrice Vaticana,
vengono presentate - attraverso singole schede anagrafiche - 123 associazioni,
tra le quali non figurano quelle che dipendono giuridicamente da altri
dicasteri della Curia romana e le aggregazioni che operano esclusivamente in
ambito diocesano o nazionale. Prossimamente, oltre all’edizione italiana, il
Repertorio sarà disponibile anche in inglese, spagnolo e francese e sarà
sottoposto ad aggiornamenti periodici.
ALTRE UDIENZE E NOMINE
Nel
corso della mattinata, Giovanni Paolo II ha ricevuto in udienza il
cardinale Jean-Marie Lustiger, arcivescovo di Parigi.
Il Papa
ha nominato promotore di giustizia sostituto presso il Supremo Tribunale della
Segnatura Apostolica mons. Gianpaolo Montini, finora difensore del vincolo
sostituto del medesimo Tribunale.
Giovanni Paolo II ha nominato
difensore del vincolo sostituto presso il Supremo Tribunale della Segnatura
Apostolica il reverendo Nikolaus Schöch, dell’Ordine dei Francescani Minori.
Il Papa ha nominato prelato
uditore del Tribunale della Rota Romana mons. Abdou Yaacoub, finora promotore
di giustizia aggiunto presso il Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Il Santo Padre prega per
l’Ucraina.
All’udienza
generale Giovanni Paolo II esprime la propria vicinanza alla popolazione in
queste drammatiche ore che potrebbero segnare il futuro del Paese. A Kiev si
tenta la via del dialogo per evitare l’acuirsi della crisi tra le parti in
conflitto, dopo le gravi irregolarità emerse nel ballottaggio per le
presidenziali.
Sempre in prima, l’Iraq: si
teme l’intensificarsi delle violenze in vista delle elezioni generali del 30
gennaio.
Nelle
vaticane, la catechesi e la cronaca dell’udienza generale.
Thailandia:
il conferimento dell’“Honorary Degree of Doctor of Laws” al cardinale Crescenzio
Sepe.
Una
pagina nel sessantesimo anniversario dell’assassinio di don Turci, parroco di
Madonna dell’Albero (Ravenna): il prete che voleva salvare i suoi ragazzi venne
ucciso come “sabotatore” da militari della Wehrmacht.
Nelle
estere, Aids: secondo il rapporto annuale dell’Onu, quasi quaranta milioni di
persone sono contagiate dal virus; la diffusione della malattia è in inquietante
crescita.
Nella
pagina culturale, edita da “Contrasto” la più completa antologia fotografica
della rivista “Life” mai pubblicata. In merito, un articolo di Giuseppe Costa
dal titolo “In un semplice ‘click’ l’intera storia di un’epoca”.
Nelle
pagine italiane, in rilievo i temi del fisco, della giustizia e della camorra.
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24
novembre 2004
LA GUERRA DEL DARFUR NON
RISPARMIA LE ORGANIZZAZIONI UMANITARIE
- Intervista con Filippo Ungaro -
Le autorità del Sudan hanno proclamato lo stato di
emergenza nel nord del Darfur. La decisione – ha spiegato il governatore locale
– è stata determinata dalla “grave escalation militare dei ribelli”, che non ha
risparmiato neppure le organizzazioni umanitarie: domenica scorsa, i
bombardamenti hanno sfiorato anche gli operatori di Save the Children.
Andrea Sarubbi ha intervistato Filippo Ungaro, portavoce di Save the Children
Italia:
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R. – E’ successo che domenica
scorsa ci sono stati degli scontri nella città di Tawill, che sta nel nord
Darfur. Una delle principali milizie ribelli del Sudan Liberation Movement
si è scontrata con un’altra milizia non bene identificata. In seguito a questi
scontri sono intervenute le milizie governative che hanno sganciato quattro
bombe, di cui una è andata molto vicina ad un centro di nutrizione di Save
the Children. E’ stata sostanzialmente una rottura del cessate il fuoco. In
seguito a questi scontri lo staff di Save the Children è stato
costretto ad abbandonare la città e sono stati evacuati dagli aerei dell’Unione
Africana circa 30 operatori di Save the Children.
D. – Quali sono in particolare i
progetti che Save the Children sta seguendo in Darfur in questo momento?
R. – Save the Children è
una delle maggiori organizzazioni che opera nel Darfur. Noi siamo presenti
nella zona dal 1989: 15 anni di attività. Operiamo a favore dei bambini. Sono
migliaia i bambini e le famiglie che beneficiano dei nostri progetti. In
particolare, siamo attivi in 15 campi di sfollati e nelle aree circostanti.
Distribuiamo cibo, rifugi, coperte, sapone, acqua potabile, cure mediche.
Abbiamo creato delle cliniche mobili e fisse per curare le principali malattie.
Cerchiamo di costruire pozzi per la fornitura di acqua potabile. Siamo attivi
nel ricongiungimento dei bambini che vengono separati dalle loro famiglie a
causa degli sfollamenti e forniamo educazione di emergenza. Cerchiamo di
ricreare un ambiente, per quanto possibile, “normale” per i bambini.
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PROSEGUE A ROMA IL PRIMO CONGRESSO MONDIALE DELLA
VITA CONSACRATA
- Intervista con
padre José Maria Arniaz -
Le
Congregazioni religiose sono “chiamate a dialogare” con i movimenti sociali.
Invece dentro la Chiesa devono dialogare con le “nuove forme” –associazioni e
movimenti – che stanno prendendo piede. Questo il pensiero di padre Joao
Batista Libanio, gesuita brasiliano, stamani a Roma, nella sua ampia relazione
alla seconda giornata dei lavori del primo Congresso Mondiale della Vita
Consacrata, sul tema: “Passione per Cristo, passione Per l’umanità”. Eugenio Bonanata:
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Occorre “uscire dal piccolo
mondo delle opere della stessa congregazione” ed affrontare “le sfide dei nuovi
movimenti sociali sia a livello regionale che a livello mondiale”. Così padre
Joao Batista Libanio, definisce la sfida contemporanea delle Congregazioni
religiose, tracciando un percorso specifico nel confronto con i nuovi temi
sociali. “Quale sarà – chiede il gesuita brasiliano – la partecipazione della
Vita Consacrata al movimento ecologico, pacifista e antiarmamenti?” E ancora:
quale sarà l’atteggiamento verso “la difesa dei diritti umani, dei senza terra,
dei senza casa e così verso una gamma innumerevole di movimenti?”. L’obiettivo
di rilanciare la vita consacrata passa anche attraverso il confronto con
diversi movimenti e associazioni interni alla Chiesa stessa, che a volte
sembrano fare “concorrenza” alle Congregazioni religiose. Per padre Joao
Batista Libanio, invece, “le nuove forme hanno molto da imparare dalla storia
della Vita Consacrata e la forma classica si sente sfidata a specchiarsi in se
stessa vedendo le sue rughe e i suoi difetti”. Pertanto, secondo il religioso,
“si rende necessaria una collaborazione concreta e quotidiana al triplice
livello: dell’esperienza di Dio, della vita comunitaria e della missione
apostolica”. Dunque, se dalla realtà del mondo postmoderno emerge una nuova
generazione con le proprie esigenze, non manca la possibilità di configurare
una nuova forma di Vita Consacrata. Ma quali sono oggi le nuove sfide per la
vita religiosa? Jean-Baptiste Sourou lo ha chiesto a padre Josè Maria Arnaiz,
segretario dell’Unione Internazionale dei Superiori generali:
R. – Prima di tutto, certamente,
il fatto di vivere una vita religiosa con più passione, più intensità; una
persona che abbia il coraggio di fare delle cose, che è presente nel mondo, che
agisce, che è creativa, che ha una fecondità e una ricchezza. Questo da una
parte. Dall’altra parte, è una vera e profonda dimensione teologale: essere uomini
e donne di Dio, con una passione per il Signore. Anche questo esce
spontaneamente dal cuore e si vede nelle parole, nei gesti, nelle azioni, nelle
attività. Nell’individuo è presente il messaggio. Io trovo una vita religiosa
molto più intensa e vera nel continente asiatico, che non nella realtà europea.
D. – Quando parla di umanità ed
“umanizzazione” di questa vita religiosa, cosa intende concretamente?
R. – Mettere in pratica i valori
veri della persona umana: la verità, la giustizia, la libertà e l’amore. Questi
sono i valori che si ritrovano nel Vangelo, ma alle volte nella vita religiosa
non si sono trovati nel posto giusto. Noi abbiamo dato per scontato che essere
religiosi fosse già come essere persone umane piene. Invece penso si debba
puntare alla formazione, al lavoro nella vita quotidiana, a vivere in
profondità questi valori, i valori della persona.
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PRESENTATI, ALLA PRESENZA DEL CARDINALE POUPARD E DI MONS. FOLEY,
I VINCITORI DEL PREMIO INTERNAZIONALE
SANT’ANTONIO. CATEGORIE PREMIATE:
TESTIMONIANZA, SOLIDARIETÀ, CINEMA E TELEVISIONE
- Con noi, padre Luciano Bertazzo –
Presentati alla presenza del
cardinale Paul Poupard e di mons. John P. Foley, rispettivamente presidenti del
Pontificio Consiglio della Cultura e delle Comunicazioni Sociali, i vincitori
della quarta edizione del Premio Internazionale Sant’Antonio. “Cinema e
televisione – ha sottolineato mons. Foley – sono vere forme d’arte che
attraggono lo spettatore ma che possono anche farlo riflettere”. E nel caso dei
giovani – ha aggiunto – “non dimentichiamo che i loro modelli molto spesso sono
tratti proprio dai film e dalla Tv”. La cerimonia di consegna dei premi sarà
domani sera a Padova, nella Basilica del Santo che è stato uno dei primi ed
autorevoli esponenti del francescanesimo. Il servizio è di Luca Pellegrini:
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Un
premio per la pace, la carità e la cultura. Nato nel 1998 con cadenza biennale
per festeggiare i cento anni della rivista francescana “Il Messaggero di
Sant’Antonio”, il Premio è stato descritto dal cardinale Poupard come “un poker
d’assi sul tavolo della vita”, nel corso della conferenza stampa di
presentazione organizzata nella Sala dei Cento Giorni del palazzo della
Cancelleria a Roma. L’originale descrizione si riferisce alle quattro categorie
nelle quali il Premio è suddiviso, ossia Testimonianza, Solidarietà, Cinema e
Televisione. Sono state rispettivamente vinte, nell’edizione di quest’anno, da
Antonio Papisca, direttore del Centro Interdipartimentale di Ricerche e Servizi
sui Diritti della Persona e dei Popoli dell’Università di Padova;
dall’organismo non governativo “Volontariato Internazionale per lo Sviluppo”;
dal cast italiano del film “La Passione di Cristo” di Mel Gibson; dal cast
della seguitissima serie televisiva “Don Matteo”. Un premio che, nella sua
articolazione, si ispira a precisi ideali e valori cristiani, come ci spiega
Padre Luciano Bertazzo, direttore del “Messaggero di Sant’Antonio”:
R. – Sono gli ideali ed i valori che secondo noi si collegano alla
tradizione del francescanesimo. Gli ideali sono quelli della solidarietà e
della testimonianza. Questi due nuclei così importanti che, grazie al cielo,
continuano ad essere presenti anche oggi come orizzonti di valori nonostante il
male che ci può essere, sentiamo che continuano ad incarnarsi in persone e in
istituzioni. Dando loro il premio, vogliamo riconoscere quanto hanno fatto, portarli
alla conoscenza anche di altri perché siano di esempio.
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24
novembre 2004
“IL POPOLO SIA ASCOLTATO”: E’ L’ESORTAZIONE
DEL CARDINALE HUSAR,
ARCIVESCOVO MAGGIORE DI
LVIV DEGLI UCRAINI. IN UN MESSAGGIO IL PORPORATO
RICORDA CHE LA VOCE DEL
POPOLO E’ LA VOCE DI DIO
LVIV. = L’Ucraina non può ignorare il popolo che
manifesta “in maniera pacifica” e “in difesa dei suoi diritti costituzionali”.
Questo, in sintesi, il messaggio del cardinale Lubomir Husar, a nome dei
vescovi della Chiesa greco-cattolica di Ucraina, riuniti da ieri a Lviv in
Sinodo. “E’ gente coraggiosa – scrive il porporato – responsabile e pronta a
sacrificarsi. Dovrebbe essere onorata e la sua voce ascoltata, perché la voce
del popolo è la voce di Dio”. Da qui l’appello ai nuovi responsabili di
governo. “Ci rivolgiamo a quelle persone che detengono il potere che gli è
stato conferito da quello stesso popolo – si legge nel messaggio
dell’arcivescovo maggiore di Lviv degli Ucraini – chiedendo loro di non cedere
ad alcuna tentazione in questo momento di profonda difficoltà, di non usare il
loro ruolo, i mezzi della forza per i loro interessi personali, contro il loro
popolo”. Nel documento si sottolinea, inoltre, che la Chiesa cattolica non ha
mai appoggiato nessuno dei due candidati alla presidenza. In un messaggio
diffuso in modo congiunto con la altre Chiese cristiane presenti nel Paese
aveva solo richiamato ad una serie di “possibili violazioni”, come
“l’interferenza sulla libera espressione della volontà dei cittadini,
l’informazione unilaterale, l’uso improprio delle risorse dello Stato,
l’acquisto dei voti, la falsificazione dei risultati elettorali”. Nel suo appello
il cardinale Husar chiede: “Non siamo stati testimoni di queste violazioni? Più
volte il presidente dell’Ucraina ha pubblicamente dichiarato che le elezioni
sarebbero state democratiche. E’ stato lui, in quanto garante della
Costituzione dell'Ucraina, in grado di assicurarlo?”. L’arcivescovo maggiore di
Lviv degli Ucraini conclude, quindi, il messaggio con un appello alla
preghiera, in “questo difficile momento per la nazione”. (B.C.)
PROSEGUE IL VIAGGIO
APOSTOLICO IN ASIA DEL CARDINALE CRESCENZIO SEPE.
IERI IL PORPORATO HA
INCONTRATO I SEMINARISTI DI YANGOON,
IN MYANMAR, ESORTANDOLI
AD “APPROFONDIRE SEMPRE UN
INTIMO RAPPORTO DI
AMICIZIA CON GESU’”
YANGOON.
= “Tra le diverse vocazioni comuni a tutti i Cristiani, voi avete ricevuto una
chiamata speciale, non per i vostri meriti o le vostre qualità, ma come libero
dono di Dio che ha scelto ognuno di voi dall’eternità”. Questo, in sintesi, il
saluto che il cardinale Crescenzio Sepe, prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione
dei Popoli, ha rivolto ieri agli allievi del Seminario maggiore St. Joseph a
Yangoon, in Myanmar, nel corso della sua visita pastorale nel sud-est asiatico.
Il porporato, durante l’omelia, si è soffermato ad illustrare alcuni aspetti
del sacerdozio. Dopo aver parlato della vocazione come chiamata di Dio e delle
qualità necessarie a quanti desiderano servire la Chiesa come sacerdoti,
“personalità equilibrate, forti e libere, capaci di portare il peso delle
responsabilità pastorali”, il cardinale Sepe ha sottolineato l’importanza del
Seminario come luogo di formazione. “Uno non può acquisire tutte queste qualità
da un giorno all’altro, e questo è un altro motivo per cui la formazione
seminaristica si estende per un certo numero di anni”: ha detto il prefetto
della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli, ricordando che “il
Seminario maggiore è considerato come una casa di formazione, una comunità educativa
al lavoro”. Senza una profonda formazione spirituale, dunque, la vita del
sacerdote è destinata al fallimento. “In questa formazione – ha raccomandato il
cardinale Sepe – la cosa più importante è mantenere ed approfondire un intimo
rapporto di amicizia con Gesù, nutrito ogni giorno con le Scritture, la
Liturgia delle Ore, la celebrazione quotidiana della Messa, la meditazione e la
riflessione”. La castità e il celibato sono stati gli ultimi due argomenti
toccati dal porporato. Il sacerdote è colui che “offre totalmente se stesso, anima
e corpo, a Dio e ai fratelli, sull’esempio di Gesù Cristo... senza limiti di
tempo”. Ricordando che anche in Myanmar c’è una folla immensa che ancora non ha
mai potuto ascoltare la Buona Novella e ricevere i Sacramenti, il prefetto
della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli ha esortato i seminaristi
ad approfondire la dimensione missionaria della Chiesa. “La Chiesa intera è
missionaria – ha detto – e l’opera di evangelizzazione deve essere considerata
un compito fondamentale in questo nuovo Millennio”. Sempre ieri il cardinale
Sepe è partito alla volta della Thailandia, dove ha proseguito il suo itinerario
pastorale con la visita alla cattedrale dell’Assunzione a Bangkok e con
l’incontro con i rappresentanti della Chiesa locale. La missione del prefetto
della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli in Asia proseguirà poi
nel Laos, dove inaugurerà le attrezzature sportive al centro per disabili di
Vientiane, e in Cambogia, dove incontrerà clero, religiosi, religiose,
seminaristi e laici. (B.C.)
SI E’ CONCLUSO IERI IN
ALGERIA IL SUMMIT DEL COMITATO DEI CAPI DI STATO
E DI GOVERNO PER LA MESSA IN OPERA DEL NUOVO
PARTNERARIATO
PER LO SVILUPPO
DELL’AFRICA. NEL 2005 ALTRI SETTE PAESI VERRANNO
SOTTOPOSTI ALL’ESAME DEL
COSIDDETTO “BUON GOVERNO”
ALGERI.
= Nel 2005 sette Paesi africani (Sudafrica, Algeria, Mali, Mozambico, Nigeria,
Uganda e Senegal) verranno sottoposti al meccanismo di valutazione del
cosiddetto “buon governo”, previsto dal New Partnership for African development
(Nepad), il piano continentale per lo sviluppo. Lo ha annunciato ieri il
presidente nigeriano, Olusegun Obasanjo, ad Algeri, dove una ventina di capi di
Stato e di governo si sono riuniti per discuterne. Lanciato tre anni fa per
rilanciare l’economia africana, attirando investimenti dall’estero in cambio di
garanzie di “good governance”, il Nepad prevede il “Peer review”, una sorta di
certificazione collegiale sulla stabilità dei singoli Paesi. Obasanjo,
presidente di turno dell’Unione Africana (UA), ha reso noto che i risultati sui
primi quattro Paesi sottoposti alla valutazione (Ghana, Rwanda, Kenya e Isole
Maurizio) verranno resi noti nel primo trimestre del 2005. Obasanjo ha,
inoltre, aggiunto che altri due governi hanno chiesto di aderire al “Peer
review”, elevando così a 24 il numero di Paesi che hanno accettato di sottoporsi
volontariamente all’esame sulla propria condotta politica. Aprendo la riunione,
il presidente algerino, Abdelaziz Bouteflika, ha sottolineato che l’Africa è
determinata “a migliorare con costanza la qualità dei suoi metodi di governo”.
(B.C.)
GRANDE FESTA IERI A REGGIO
EMILIA IN VISTA DEL 50.ESIMO ANNIVERSARIO
DI ORDINAZIONE SACERDOTALE DEL CARDINALE RUINI.
IL PORPORATO HA PARTECIPATO AD UN INCONTRO DI
RIFLESSIONE E PREGHIERA
REGGIO EMILIA. = Il cardinale
Camillo Ruini ha festeggiato ieri a Reggio Emilia, con qualche giorno di
anticipo, il 50.esimo anniversario di ordinazione sacerdotale, in una due
giorni di riflessione e preghiera. L’incontro, sul tema “Il Vangelo nella
nostra storia: da cristiani per quale futuro?”, si inserisce nell’itinerario
verso il Convegno Nazionale ecclesiale di Verona 2006. Il presidente della
Conferenza episcopale italiana ha offerto il suo contributo su: “Il Vangelo
nella nostra storia. Chiesa in stato di missione: verso un’immagine di Chiesa”.
“La nostra prerogativa – ha sottolineato il cardinale Ruini – è trasmettere i
valori di un Vangelo che prescindono dalla trasformazione e dalla ridefinizione
dei modelli di vita e fiduciosi in Dio potremo fare un notevole servizio a
tutti i popoli e all’Europa che si va faticosamente costruendo”. Il porporato nasce a Sassuolo, il 19
febbraio 1931, reggiano d’elezione. Termina gli studi al Liceo Scientifico
Tassoni di Modena per poi entrare al Collegio Capranica di Roma per gli studi
di licenza in Filosofia ed il conseguimento del dottorato in Teologia
all’Università Gregoriana. Ordinato sacerdote l’8 dicembre 1950, rientra a
Reggio Emilia nel 1957. Nella diocesi reggiana trascorre trent’anni della sua
esperienza pastorale. Dal 1958 al 1970 viene nominato dal vescovo assistente dei
laureati Cattolici, poi delegato vescovile per l’Azione Cattolica, poi ancora
vicario episcopale per l’apostolato dei laici. Nel maggio 1983 è nominato
vescovo ma rimane in diocesi come vescovo ausiliare. Il periodo 1984-1985 è
quello degli incarichi nazionali. E’ vice-presidente del comitato preparatorio
del Convegno della Chiesa italiana a Loreto. Dopo il Convegno, la svolta
pastorale quando il Papa lo chiama a Roma come segretario generale della Conferenza
episcopale italiana. (B.C.)
INAUGURATA OGGI A MILANO LA CASA
DELLA CARITA’.
SU 4 MILA METRI QUADRATI DI
SUPERFICIE: APPARTAMENTI, UNA MENSA
E UN CENTRO PER PERSONE CON
PROBLEMI PSICHICI
- A cura di Fabio Brenna -
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MILANO. = E’ diventata una realtà la “Casa della
Carità”, eredità lasciata dal cardinale Martini dopo i suoi 22 anni di
episcopato a Milano e realizzata in collaborazione con il Comune e grazie ad un
lascito dell’imprenditore Angelo Abriani, alla cui memoria è intitolata la
casa. E’ un centro di accoglienza per 120 persone, con 3 appartamenti per le
mamme con figli, e si trova nella periferia nord-est della metropoli.
L’iniziativa prevede anche una mensa per 300 persone e un centro per le persone
con problemi psichici. In questa struttura, dunque, troverà posto una vera e
propria accademia per la formazione del volontariato. Il tutto 4 mila metri
quadrati di superficie, in una ex scuola che il Comune ha concesso in comodato
gratuito per 99 anni, mentre la Fondazione creata per gestire la Casa ha
realizzato un investimento da 5 milioni di euro, grazie all’apporto di privati
e aziende locali. Un progetto ambizioso, anzi “una vera e propria impresa”,
come l’ha definita il cardinale Martini, intervenendo all’inaugurazione. Un'impresa
ha detto Martini che realizza però un “nuovo sguardo sulla città e pone la
beneficenza come base per la pace”. Nel suo intervento, l’arcivescovo di
Milano, cardinale Dionigi Tettamanzi, ha sottolineato come questa casa chieda
di far giustizia, ribadisca cioè il bisogno di dare una casa a tutti, casa che
è mezzo per assicurare dignità ad ogni essere umano. Ieri il cardinale Martini
ha partecipato all’assemblea dell'Oftal, organizzazione che si prende cura dei
malati e organizza pellegrinaggi a Lourdes. Qui ha parlato di sofferenza,
evidenziando come sia necessario condividere la sofferenza per poter cambiare i
rapporti interpersonali e cambiare, quindi, la nostra società, che, secondo
Martini, ha paura ed è incupita da poca speranza per il futuro. Il cardinale ha
citato l’esperienza di un arabo e di un israeliano, entrambi toccati da un
lutto causato da terrorismo o guerra, che a Gerusalemme hanno fondato un gruppo
che mette in relazione persone toccate da lutti da violenza. Solo così, ha
osservato Martini, facendosi carico della sofferenza altrui, si gettano le basi
per la riconciliazione e ci si incammina sulla via della pace.
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IL CENTRO DI CULTURA MARIANA “MADRE DELLA CHIESA” A
ROMA
ORGANIZZA PER IL 27.ESIMO ANNO CONSECUTIVO I SABATI
MARIANI, DALL’AVVENTO
A PENTECOSTE. IL TEMA PER L’EDIZIONE 2004: “MARIA E
L’EUCARISTIA”
- A cura di Giovanni
Peduto -
ROMA. = A partire dal prossimo 7
dicembre e fino alla vigilia della solennità di Pentecoste, 14 maggio 2005,
ogni sabato pomeriggio, presso la basilica di Santa Maria in via Lata, su via
del Corso, a Roma, si svolgeranno i “Sabati mariani”, intrattenimenti
teologico-spirituali incentrati quest’anno sul tema: “Maria e l’Eucaristia”.
L’iniziativa è del Centro di Cultura mariana diretto da padre Ermanno Toniolo
dei Servi di Maria, noto mariologo, professore al Marianum, in collaborazione
con le Suore Figlie della Chiesa. La finalità dell’iniziativa è diffondere una
solida cultura mariana, secondo la dottrina della Chiesa, e formare gruppi di
persone spiritualmente impegnate a lavorare nella Chiesa per un mondo nuovo. Si
alterneranno ogni sabato, alle ore 16.00, noti teologi italiani e di altri
Paesi, tutti professori nelle Pontificie Facoltà teologiche di Roma. Aprirà la
serie il segretario della Congregazione per la dottrina della fede,
l’arcivescovo Angelo Amato, che sabato prossimo interverrà sul tema “Maria e
l’Eucaristia: visione d’insieme”. A fine anno, dal 28 al 30 dicembre, lo stesso
Centro di Cultura mariana organizzerà il consueto Convegno nazionale italiano
per operatori pastorali, dal titolo “Fine d’Anno con Maria”, presso il
Pontificio Ateneo Teresianum. Quest’anno verterà su Maria nel Concilio, a 40
anni dalla Costituzione dogmatica ‘Lumen Gentium’.
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24 novembre 2004
- A cura di Salvatore Sabatino -
Sempre alta la tensione in
Ucraina, dopo il voto di ballottaggio alle presidenziali di domenica. La
commissione elettorale ha annunciato la vittoria del premier Yukanovic, mentre
il candidato dell’opposizione Yushenko ha lanciato pesanti accuse di brogli elettorali
alla controparte. Ieri quest’ultimo si è proclamato vincitore e ha esortato
circa 200 mila suoi sostenitori a marciare sul parlamento. In alcuni momenti si
è pensato che potesse scoppiare una guerra civile, nonostante l’appello alla
moderazione del presidente uscente Kuchma. Ci aggiorna in studio Giancarlo La
Vella:
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Tutta la comunità internazionale
sta invitando Yanukovic e Yushenko al dialogo, ma sarà difficile riportare la
situazione sulla via del dialogo dopo le durissime accuse di brogli elettorali
lanciate dal leader dell’opposizione al premier Yanukovic dopo il ballottaggio
presidenziale di domenica scorsa. Intanto i 200 mila sostenitori di Yushenko
stamani sono tornati a protestare davanti al parlamento. Anche a Leopoli, città
dell’Ucraina occidentale decine di migliaia di persone sono scese nuovamente in
piazza inneggiando a Yushenko. Mentre sembra che il presidente uscente Kuchma
stia organizzando il tavolo dei negoziati, Yùshenko, da parte sua, non
ammorbidisce i toni del confronto, affermando, poche ore fa, che il governo
starebbe approntando un atto di forza contro l’opposizione. Intanto, non si
segnalano contatti tra il candidato filo-occidentale e Leonid Kuchma, notizia,
questa, che invece era stata annunciata stamani. Tra le varie ipotesi per
risolvere la crisi, si fa strada anche quella di invalidare le elezioni,
trasferendo interinalmente il potere al parlamento. Ma, secondo fonti russe, la
Commissione elettorale centrale starebbe per annunciare la vittoria di
Yanukovic con il 49,53% dei consensi contro il 46,66% di Yushenko,
un’eventualità che potrebbe scaldare ulteriormente gli animi. Insomma, la minaccia
della guerra civile è ancora concreta e le prossime ore saranno decisive per
risolvere una situazione dagli effetti destabilizzanti anche per i rapporti
internazionali.
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Ma
quanto sta avvenendo è effettivamente riconducibile ad uno scontro tra quanti
vogliono continuare ad orbitare nella sfera di Mosca e quanti invece guardano
all’area occidentale, in particolare all’Unione Europea? Giancarlo La Vella lo
ha chiesto a Pierantonio Lacqua, dell’Ansa di Mosca:
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R. – Questo scontro sta proprio
nella geografia, nella storia e nell’economia dell’Ucraina. E questo perché, da
una parte, abbiamo le regioni occidentali che hanno gravitato per secoli nelle
orbite polacche, tedesche e si sono quindi più aperte verso l’Europa;
dall’altra, abbiamo invece un Est più industrializzato, che guarda alla Russia
e che si considera quindi parte di questa solidarietà slava. Diciamo quindi che
il conflitto di Yushenko e Yanukovic riflette una spaccatura profonda del
Paese. Non a caso a Mosca si ipotizza che si potrebbe arrivare in prospettiva
ad una spaccatura del modello della Cecoslovacchia: abbiamo proprio due realtà
diverse.
D. – A questo punto si
allontano, comunque, i tempi per un negoziato sull’ingresso dell’Ucraina
nell’Unione Europea?
R. – Si tratta di un processo
molto lungo e chiaramente anche Yushenko non avrebbe portato direttamente
l’Ucraina nell’Unione Europea, anche perché il Paese è molto dipendente, anche
da un punto di vista energetico, dalla Russia e ci sono dei legami ombelicali
che, comunque, rimarrebbero.
D. – Quale posto occupa oggi
l’Ucraina nel vasto panorama delle Repubbliche ex-sovietiche?
R. – Chiaramente è la Repubblica di questo spazio ex-sovietico
più importante dopo la Russia e quindi la più importante per la Russia.
Ovviamente per Mosca l’Ucraina è un tassello fondamentale per ricostruire
anche, non dico un impero, ma una zona di influenza. La perdita – diciamo –
dell’Ucraina avrebbe delle conseguenze enormi per la politica estera e per le
progettazioni strategiche del Cremlino.
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Una osservazione sulla
situazione in Ucraina ma anche l’esclusione di una revisione del Patto di stabilità:
sono i due fronti sui quali si è pronunciato questa mattina il presidente della
Commissione europea, Barroso. Ce ne parla Fausta Speranza:
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“Indispensabile una revisione
seria e indipendente dei risultati delle elezioni in Ucraina”: questa la
valutazione del capo dell’euroesecutivo che spiega: “altrimenti “è logico che
ci saranno conseguenze sulla politica di vicinato dell’Europa con Kiev”. E poi,
aggiunge, ancora più chiaramente: “se non ci sarà una revisione e se gli
osservatori internazionali non saranno soddisfatti, ci saranno conseguenze
politiche nelle nostre relazioni generali”. E c’è poi la proposta concreta di
Barroso: intende porre la questione Ucraina sul tavolo del vertice Ue-Russia di
domani all'Aia. E la promessa è di “parlare chiaramente con le autorità russe
per dire che Bruxelles non è soddisfatta
del modo in cui si sono svolte le elezioni in Ucraina”. “Lo faremo -
aggiunge - con spirito costruttivo sperando che questo sia colto come un
segnale di collaborazione da parte nostra”.
C’è poi il tema, tutto interno,
della messa in discussione del Patto di stabilità e di crescita. “Non è utile
una revisione”: è la posizione della Commissione che però si dice pronta a
lavorare con gli Stati membri per avere “la necessaria flessibilità nel
rispetto dei grandi principi”. Tema caldo soprattutto in Italia, quello della
messa in discussione dei parametri economici dettati dal Trattato di
Maastricht. Il premier Berlusconi ha inviato anche una lettera al presidente di
turno, Balkenende, e ieri sera gli ha anche parlato personalmente, per chiedere
la revisione. Questa la critica dall’opposizione: non è ragionevole, in ogni
caso, far crescere ancora il debito pubblico che rende la condizione economica
dell’Italia più precaria rispetto ai casi di Francia e Germania: gli altri
Paesi, infatti, sfondano il 3% ma alla base hanno un debito pubblico pari a
meno della metà di Roma. Nella
maggioranza: il neoministro degli esteri, Fini, si dice d’accordo con il
premier, Follini sottolinea che “finché c'è il Patto va rispettato alla lettera”.
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Sono circa 5 mila i soldati americani che ieri hanno
lanciato una nuova offensiva nella provincia irachena di Babil a sud di
Baghdad, mentre sono stati diffusi i dati sull’attacco della scorsa settimana
contro Falluja. Intanto il giordano Al Zarqawi, in un messaggio diffuso da un
sito islamico, ha accusato gli ulema di avere tradito i mujaheddin, soprattutto
in Iraq ed in Afghanistan. Il nostro servizio:
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“Li avete denunciati nelle circostanze più oscure, li avete
consegnati al nostro nemico, avete lasciato i mujaheddin affrontare da soli la
più grande potenza mondiale”. La voce del giordano Al Zarqawi è tornata a
tuonare. Questa volta, però, non contro gli americani, bensì contro gli Ulema,
i teologi musulmani. L’accusa è pesante, in un clima di “guerra santa” e di
intimidazione generale. E dalle minacce si è passati ai fatti: solo nelle
ultime ore due Ulema di alto lignaggio sono stati assassinati in Iraq da
ignoti. Intanto il Pentagono ha fornito i dati ufficiali dell'offensiva di
Falluja, lanciata il 7 novembre e praticamente esaurita nel giro di due
settimane. La battaglia ha provocato la morte di 51 militari statunitensi; ma è
sul fronte dei feriti che gli Stati Uniti pagano un prezzo altissimo: oltre
850, a fronte dei 400 segnalati precedentemente. Ignoto, invece, il numero dei
civili iracheni coinvolti nell’attacco. Ma la macchina da guerra statunitense
si sposta ora verso Babil, dove da ieri sono oltre 5.000 i militari impegnati
in una nuova pesante offensiva. E' previsto, invece, per oggi un ulteriore inasprimento della massiccia offensiva
delle truppe americane e dalle forze governative irachene, con l'appoggio anche
di un contingente britannico, ridispiegato per l'occasione dal normale teatro
operativo di Bassora, nel sud dell'Iraq. Settanta insorti sono stati, invece,
arrestati dalla coalizione internazionale nel corso di una serie di operazioni
lanciate nel “Triangolo sunnita”, a sud di Baghdad, e nella regione di Kirkuk.
A riferirlo l'emittente televisiva al-Jazeera, precisando che a Kirkuk sono
stati scoperti diversi depositi di armi. A Baghdad invece, ha provocato almeno
due morti, oltre al kamikaze, l'ennesimo attacco suicida con un'auto-bomba. Lo
hanno riferito fonti di polizia, che non hanno escluso le due vittime, un uomo
e una donna, possano essere “stranieri”.
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E se l’Iraq continua a vivere la propria quotidianità nel
sangue, a Sharm el Sheikh ieri si è concluso il vertice internazionale che ha
gettato le basi per l’Iraq del futuro. Un summit - a cui hanno partecipato
venti ministri degli esteri del G8 e dei Paesi arabi, più la Cina e quattro
organizzazioni internazionali – che ha rilanciato il ruolo dell’ONU. Ma quali le novità ed i risultati concreti per l’Iraq dal
vertice che si è concluso ieri? Da
Sharm el Sheikh, ci risponde Alberto Negri, inviato del Sole 24 ore.
L’intervista è di Adriana Masotti:
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R. – Prima di tutto gli eventi che
hanno preceduto la Conferenza stessa. Il fatto, per esempio, che ci sia stato
un accordo sulla riduzione del debito iracheno; e questo significa che ci sarà
un sostegno anche per la ricostruzione dell’Iraq. Il fatto che, per esempio,
proprio qui a Sharm-el-Sheikh l’Iran e gli altri Paesi confinanti dell’Iraq si
sono messi d’accordo per un incontro dei ministri degli Interni a Teheran, il
prossimo 30 di novembre. Questo incontro ha un notevole rilievo per arrivare al
controllo dei confini e per evitare le infiltrazioni della guerriglia e del
terrorismo. Segnale, questo, vero e concreto del rilancio del dialogo
all’interno proprio del mondo arabo musulmano. Questa Conferenza segna in
qualche modo il rilancio delle Nazioni Unite, di cui viene ribadito il ruolo
nel processo elettorale iracheno; ma soprattutto segna il ritorno ad una
diplomazia di tipo multilaterale, dopo che l’unilateralismo americano aveva
diviso ed esacerbato gli animi nell’Occidente, ma anche nel mondo arabo
musulmano.
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Parziale retromarcia dell’Iran sull’accordo con
l’Aiea, che ieri aveva annunciato la fine dei processi di arricchimento
dell’uranio da parte di Teheran. Il presidente del Parlamento iraniano ha
sottolineato stamattina che si tratta di una “sospensione temporanea”, ed il
capo-negoziatore con l’Agenzia atomica dell’Onu ha ribadito il diritto
dell’Iran ad una “tecnologia nucleare pacifica”.
Si aprono, invece, spiragli nella crisi nucleare
nordcoreana. Secondo il presidente di turno dell’assemblea generale dell’Onu,
il gabonese Jean Ping, Pyongyang ha infatti lanciato “un messaggio molto
positivo” sulla riapertura dei negoziati a 6. Lo ha annunciato lo stesso
diplomatico, giunto a Seul dopo una visita in Corea del nord; le autorità di
Pyongyang gli hanno anche consegnato un messaggio per Washington, in cui si
auspica una “coesistenza” con gli Stati Uniti.
La visita a New Delhi del premier pakistano Shaukat
Aziz, che sta incontrando in queste ore il suo collega indiano Manmohan Singh,
non ferma le violenze in Kashmir. Ne hanno fatto le spese, stamattina, 6
civili, rimasti feriti dall’attacco dei separatisti nella città di Sopore, nel
nord del Kashmir indiano. Una granata, destinata ad una postazione delle forze
di sicurezza, è infatti esplosa per strada, colpendo i passanti.
Il
presidente della repubblica italiano, Carlo Azeglio Ciampi, su proposta del
ministro della giustizia, Roberto Castelli ha firmato tre provvedimenti di
grazia a favore di Graziano Mesina, Luigi Pellè e Aldo Orrù. Un comunicato del
Quirinale ha reso noto, inoltre, che il capo dello Stato aveva già, l'8
novembre scorso, comunicato al Guardasigilli la sua determinazione di concedere
la grazia della pena detentiva residua a Ovidio Bompresi, e lo aveva invitato a
inviargli in relativo decreto. Castelli si è, però, detto contrario e
conseguentemente ha riferito di non essere in grado di inviargli il relativo
decreto. Il presidente della Repubblica ne ha preso atto e si è riservato di
assumere le proprie decisioni.
Per
la terza volta in due anni, i magistrati italiani scioperano contro la riforma
dell’ordinamento giudiziario in procinto di arrivare alla Camera per l’esame
definitivo. E sempre contro la Riforma per motivi opposti scioperano per la
sesta volta anche gli avvocati penalisti. Le ragioni della protesta dei
magistrati in una lettera inviata al Ministro della Giustizia, Roberto
Castelli. Il servizio di Giampiero Guadagni:
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“Sbagliata ed incostituzionale”:
così la ANM, l’Associazione che raccoglie il 90 per cento delle 9 mila toghe
italiane, definisce la riforma della giustizia varata dal centro-destra. “I magistrati
saranno meno liberi ed indipendenti ed i cittadini non avranno una giustizia
più celere ed efficiente”, scrivono i magistrati in una lettera inviata al
ministro della Giustizia, Castelli, in occasione dello sciopero di oggi. Sotto
accusa, intanto, il taglio dei fondi al settore che, però, il guardasigilli
definisce una autentica falsità. I magistrati contestano anche la decisione di
separare le funzione del giudice da quelle del pubblico ministero: in sostanza,
dopo cinque anni di servizio, il magistrato dovrà scegliere l’uno o l’altro
ruolo.
Da sottolineare come questa
misura sia criticata – per motivi opposti - anche dagli avvocati penalisti che
vorrebbero una più netta separazione tra le carriere e per questo oggi sono
anche loro in sciopero ed è la sesta volta in due anni. Nel mirino dei
magistrati anche altri aspetti della riforma, come i colloqui psicoattitudinali
per valutare l’idoneità dell’aspirante magistrato. Non piace neppure la nuova
organizzazione delle Procure, in base alla quale solo il procuratore capo può
essere titolare dell’azione penale e solo lui potrà avere rapporti con i
giornalisti. Inoltre i magistrati non potranno iscriversi a partiti o a
movimenti politici. In caso di inosservanza di queste regole diventa
obbligatoria nei confronti dei magistrati l’azione disciplinare.
Per la Radio Vaticana, Giampiero
Guadagni.
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