RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVIII n.
324 - Testo della trasmissione di venerdì 19 novembre 2004
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
Morto a
Buenos Aires il cardinale Juan Carlos Aramburu
Il riconoscimento canonico alla Caritas
Internationalis: intervista con mons. Nelson Viola
OGGI IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
Conferito
alla Radio Vaticana il premio “Myrta Gabardi” per il giornalismo radiofonico
Si
conclude a Cardiff l’Assemblea plenaria della Conferenza episcopale
dell’Inghilterra e del Galles
Il protocollo di Kyoto entrerà in vigore dal prossimo
16 febbraio
Resta drammatica la
situazione dei sequestri in Colombia
In Iraq morti membri delle forze irachene e due civili
Rallenta il processo di pace in Kashmir: i separatisti respingono l’offerta
di dialogo del premier indiano
19 novembre 2004
IL
CORAGGIO DELLA TESTIMONIANZA E LA PAZIENTE SPERANZA,
IN ATTESA DELLA PIENA LIBERTA’ RELIGIOSA:
LE
VIRTU’ RACCOMANDATE DAL PAPA AI CATTOLICI IN ASIA
-
Intervista con Sua Beatitudine Michel Sabbah -
“Il fatto che la Chiesa in Asia
sia un ‘piccolo gregge’ non deve portare allo scoraggiamento, perché
l’efficacia dell’evangelizzazione non dipende dai numeri”: cosi il Papa stamane
ricevendo i partecipanti all’VIII riunione del Consiglio della Segreteria
generale del Sinodo dei vescovi per l’Assemblea speciale per l’Asia, svoltasi
nel 1998. Servizio di Roberta Gisotti:
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La via del “dialogo fruttuoso” è quella indicata da Giovanni Paolo II ai
cattolici in Asia, in una realtà “multietnica, multireligiosa e multiculturale,
dove il cristianesimo è troppo spesso visto come straniero”. E dunque “malgrado
gli ostacoli” - ha detto il Papa - il dialogo “deve progredire”, se la Chiesa
vuole “predicare il Vangelo nella sua integrità”, guidata dallo Spirito Santo,
“agente primario dell'inculturazione della fede cristiana”. “Un itinerario da
percorre con pazienza e coraggio anche nei confronti delle altre comunità cristiane”.
Il Pontefice ha poi individuato nell’alta percentuale di giovani in Asia
“un motivo di ottimismo” e “una sfida”: “ottimismo per il carico di promesse di
cui sono portatori i giovani “disponibili a dedicarsi totalmente a una causa”;
ma anche una sfida, “perché i sogni non realizzati possono generare delusione e
coloro che li coltivano potrebbero venire facilmente strumentalizzati” da
“ideologie estreme.” Per questo la Chiesa – ha aggiunto Giovanni Paolo II -
intende contribuire alla pace in Asia, percorsa da conflitti e terrorismo,
specie in Terra Santa, ‘cuore del cristianesimo’ e cara a tutti i figli di
Abramo”. Un’impresa “urgente” e “non facile che attende l’apporto di tutti gli
uomini di buona volontà.”
Il Santo Padre ha richiamato infine tutti i cristiani in Asia a vivere la
fede in ogni aspetto della loro vita, “imitando i santi e i martiri”, che hanno
reso “l’estrema testimonianza del sangue”. Come Cristo sofferente occorre
portare la croce “nell’attesa paziente” della “piena libertà religiosa”.
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Sulle sfide per la Chiesa in
Asia ascoltiamo ora Sua Beatitudine Michel Sabbah, patriarca di Gerusalemme dei
Latini, intervistato da Giovanni Peduto nel corso della riunione del Consiglio
post-sinodale per l’Asia, che si è chiusa ieri:
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R. – Questa rimane sempre una speranza:
che la fede in Gesù Cristo copra tutto il grande continente. Ma è qui che si
pone la questione di ‘come’ annunciare Gesù Cristo. Ne abbiamo parlato proprio
in questa occasione. Abbiamo convenuto che c’è un grande bisogno di una nuova
evangelizzazione che suppone una conversione di coloro che annunciano, cioè
noi, capi delle Chiese, i cristiani stessi, i capi degli Stati cristiani che si
dicono cristiani, quanti hanno a che fare con la terra israeliana. Anche i capi
politici dell’Occidente, di cui alcuni sono cristiani, si dichiarano tali e si
comportano di conseguenza. Pregano prima di prendere delle decisioni, eppure
prendono decisioni di guerra, di male. Dunque, una seconda evangelizzazione
comporta tanti elementi, sia tra i cristiani locali asiatici, sia nei cristiani
dell’Occidente che hanno a che fare con il continente asiatico nel senso che
c’è bisogno di conoscerlo, di rispettarne le tradizioni, di rispettare la
giustizia trattando con il popolo o con i popoli come tali. E’ una conversione,
proprio, di tutti i cristiani.
D. – Perché la fede cristiana fa
difficoltà, a parte alcuni Paesi, a penetrare nel mondo asiatico?
R. – Beh, io credo che la fede
in Gesù Cristo in sé debba essere proposta nello stesso modo semplice in cui
Gesù l’ha proposta ai suoi apostoli. Ora, Gesù Cristo stesso ha trovato una
forte opposizione e quindi, in questo caso, la fede cristiana suppone una rivoluzione
negli atteggiamenti, nei comportamenti, anche nelle strutture sociali.
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IL CORDOGLIO DEL PAPA PER
LA MORTE DEL CARDINALE JUAN CARLOS ARAMBURU.
PRIMATE DELLA CHIESA ARGENTINA: SERVI’ PER 25 ANNI
LA DIOCESI DELLA CAPITALE,
ATTRAVERSANDO IL PERIODO DELLA DITTATURA
- A cura di Alessandro De Carolis e Roberta
Gisotti -
“Una lunga vita totalmente dedicata a Dio e al servizio della Chiesa”:
così il Papa ha reso omaggio alla figura del cardinale Juan Carlos Aramburu,
primate della Chiesa argentina, in un telegramma di cordoglio per la scomparsa
del porporato, arcivescovo emerito di Buenos Aires, dove si è spento ieri
all’età di 92 anni. Un “pastore zelante”, ha sottolineato Giovanni Paolo II,
ricordando in particolare la partecipazione del cardinale Aramburu al Concilio
Vaticano II, i suoi servizi alla Chiesa universale ed anche l’accoglienza
offerta al Santo Padre in occasione della sua visita in Argentina nel 1987.
Vescovo sotto Pio XII, cardinale
sotto Paolo VI, una delle “voci” del Vaticano II che fece risuonare le esigenze
dell’America Latina nell’Aula conciliare. E, inoltre, grande riorganizzatore
della Chiesa di Buenos Aires, servita per 25 anni, e fondatore di opere di
carità. E’ stato tutto questo e altro ancora il cardinale Juan Carlos Aramburu.
Primate nel Paese latinoamericano durante gli anni della dittatura, il
cardinale Aramburu nasce l’11 febbraio del 1912 nella cittadina di Reducción,
in provincia di Cordoba. A 22 anni è sacerdote e poco più tardi consegue la
laurea in Diritto canonico e Teologia morale. Inizia presto ad insegnare nel
suo stesso seminario di provenienza, ma le spiccate doti intellettive lo portano
presto alla titolarità della cattedra di Studi superiori religiosi,
nell’Università nazionale della sua città d’origine. Pio XII lo nomina vescovo
all’età di 34 anni. Prima ausiliare e poi successore di mons. Barrero nella
diocesi di Tucuman, mons. Aramburu muove i primi passi del suo ministero
pastorale che nel 1967, per volere di Papa Montini, lo portano alla nomina di
arcivescovo coadiutore di Buenos Aires, città dove assume la guida della Chiesa
locale nel 1975. Viene creato e pubblicato cardinale nel Concistoro del 24
maggio del 1976.
Inizia il lavoro di innovazione
e ristrutturazione dei vari organismi pastorali e dei servizi diocesani. Crea
nuove parrocchie, istituisce i Consigli pastorale, liturgico e dottrinale,
pubblica numerosi documenti, realizza un’importante opera assistenziale: la
“Casa fraterna per gli uomini”, che accoglie uomini soli e bisognosi di assistenza.
Anche l’aspetto culturale e ricreativo non vengono trascurati dal pastore di
Buenos Aires, che dota la diocesi di un moderno complesso sportivo e di un
Museo storico della Chiesa. Numerosi, negli anni, si susseguono gli incarichi ecclesiali
a livello nazionale e internazionale. Oltre a partecipare alle quattro sessioni
del Vaticano II, dal ’70 è membro della Commissione permanente del CELAM,
mentre tra l’82 e l’85 presiede la
Conferenza episcopale.
UDIENZE
Il Papa ha
incontrato anche il cardinale Edward Idris Cassidy, presidente emerito del
Pontificio Consiglio per la Promozione
dell'Unità dei Cristiani; mons. Eduardo Maria
Taussig, vescovo di San Rafael (Argentina);
il dottor
Flavio Cattaneo, Direttore Generale della RAI – Radiotelevisione Italiana, con
la consorte; il prof. Giuseppe Dalla Torre, rettore della Libera Università
Maria Santissima Assunta e seguito.
IL RICONOSCIMENTO CANONICO ALLA CARITAS INTERNATIONALIS
- Intervista con mons. Nelson Viola -
Giovanni
Paolo II ha concesso nei giorni scorsi alla Caritas Internationalis il riconoscimento
come personalità giuridica canonica, legandola in tal modo più strettamente
alla Santa Sede e favorendo una collaborazione più efficace con il Pontificio
Consiglio Cor Unum. Per capire l’importanza di questo passo Giovanni Peduto ha
intervistato l’assistente generale della Caritas Internationalis, mons. Nelson
Viola:
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R. – Questo documento del Santo
Padre è veramente l’onorificenza più alta che il Sommo Pontefice poteva
concedere ad un’associazione di fedeli nella Chiesa. E’ un evento storico nella
vita della Confederazione della Caritas Internationalis. E questo perché il
riconoscimento, la concessione della personalità giuridica, canonica e pubblica
viene data all’insieme delle 162 Organizzazioni membri, presenti in più di 200
Paesi e territori nel mondo intero. Si tratta della Chiesa universale stessa
presente in tutta la terra. Ci riempie realmente di gioia, di speranza e, allo
stesso tempo, di grande gratitudine verso il Santo Padre.
D. – Cosa cambierà ora?
R. – E’ molto importante questa
domanda ed è sicuramente un po’ complessa la risposta. Da una parte, non ha
cambiato niente riguardo agli statuti e ai regolamenti della Caritas
Internationalis e ciò che viene segnalato dal Santo Padre non è altro che la
conferma di tutto quello che la Caritas Internationalis ha fatto e fa nei
rapporti con la Santa Sede. Il Santo Padre conferma e, allo stesso tempo,
legalizza, e dunque dà forza di legge alla fisionomia che la Caritas
Internationalis, come organizzazione della Chiesa universale, deve avere
nell’ambito internazionale in virtù dell’autorità della Chiesa, della Santa
Sede e, in modo particolare, del Pontificio Consiglio Cor Unum. Nella
Lettera inviata al presidente della Caritas, il Santo Padre ricorda anche che deve
avere, per la complessità delle attività della Caritas, contatto con la
Segreteria di Stato, soprattutto riguardo a problemi concernenti gli Stati ed i
diversi Paesi nel caso di ‘conflitto di esercizio’ della carità. La Caritas
Internationalis deve operare altresì in stretto contatto con il Pontificio
Consiglio Giustizia e Pace e gli altri dicasteri che possono essere coinvolti
nell’esercizio della sua missione.
D. – Mons. Viola, a questo
proposito, brevemente, ricordiamo ai nostri ascoltatori quali compiti svolge la
Caritas Internationalis?
R. – In questo documento il
Santo Padre fa una descrizione molto chiara e precisa. Le cito le parole stesse
del Papa: “Tale Confederazione, senza togliere alle Caritas nazionali
l’autonomia che compete loro, ne favorisce la collaborazione, svolgendo compiti
di animazione, coordinamento e rappresentanza, facendo con questa
armonizzazione pratica, all’interno della Chiesa e al servizio dei più bisognosi
della società umana, una vera rete di intercomunicazione cristiana dei beni e
il vincolo più efficace della solidarietà sulla terra”.
D. – In questo preciso momento
storico quali sono le vostre principali preoccupazioni?
R. – Sono tante e, in un certo
modo, riguardano tutte le sofferenze di questo mondo così martoriato da tante
calamità e da non poche provocate dall’uomo stesso. Le principali oggi sono, da
una parte, quella di diffondere la coscienza di essere sentinelle della pace
nel mondo, per costruire pace e riconciliazione dove c’è guerra, divisione,
odio, vendetta, dove ci sono tanti cuori distrutti; dall’altra parte, c’è il
gravissimo e mondialmente diffuso problema dell’immigrazione forzata, con il
criminale traffico di esseri umani, donne e bambini ridotti in schiavitù da una
società caratterizzata da un mercato degradante, ingiusto ed immorale. Queste
sono sicuramente le due più grandi calamità del mondo e nelle quali la Caritas
Internationalis si trova con grande sollecitudine impegnata nello sviluppo di
una solidarietà globale ed universale.
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IMPORTANTE AVVENIMENTO PER I CRISTIANI RUSSI:
LA NUOVA
SEDE DELLA BIBLIOTECA DELLO SPIRITO A MOSCA,
È
INAUGURATA OGGI ALLA PRESENZA DEL CARDINALE PAUL POUPARD
E DI UNA INFLUENTE DELEGAZIONE
ORTODOSSA
- A cura di Giuseppe D’amato -
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In
11 anni la Biblioteca ha preparato e distribuito un milione e centomila copie;
l’anno scorso il milionesimo libro è stato regalato al Santo Padre che, in un
messaggio, sottolinea l’apprezzamento per l’iniziativa, volta alla diffusione
del Vangelo e degli insegnamenti della tradizione apostolica. Queste
pubblicazioni non sono solo per i cattolici, ma anche per gli ortodossi e per i
cristiani delle altre confessioni, in spirito ecumenico. La Biblioteca è molto
conosciuta fra gli esperti ed i fedeli russi e gli ex-sovieitici in generale.
Nei nuovi locali verranno ospitati una biblioteca, una casa editrice ed un
centro culturale. Nei giorni scorsi il cardinale Poupard ha incontrato il
Patriarca Alessio II, discutendo di collaborazione in campo culturale. Il capo
della Chiesa ortodossa si è detto preoccupato per le problematiche connesse con
le radici cristiane in Europa e dell’attività distruttiva dei movimenti
pseudo-religiosi. Il cardinale Poupard ha poi visto il metropolita Kirill, capo
del Dipartimento dei rapporti esteri, e tenuto due conferenze all’Università
umanistica e all’Accademia delle Scienze.
Per
la Radio Vaticana, Giuseppe D’Amato.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
"E'
urgente costruire la pace in Asia. In questi anni i focolai di guerra sono
andati allargandosi": è il titolo che apre la prima pagina, in riferimento
al discorso di Giovanni Paolo II ai membri del consiglio post-sinodale della
segreteria generale del Sinodo dei Vescovi per l'Assemblea Speciale per l'Asia.
Sempre
in prima, la notizia dell'assassinio di un sacerdote in Bosnia ed Erzegovina.
Nelle vaticane, la dettagliata biografia del compianto
cardinale Juan Carlos Aramburu; il telegramma di cordoglio del Santo Padre.
L'omelia dell'arcivescovo Giovanni Coppa durante la Santa
Messa celebrata nella solennità della Dedicazione della Basilica di San Pietro.
Nelle estere, Iraq: le forze statunitensi ed irachene si
preparano al decisivo attacco su Mossul.
Sudan: L'ONU ottiene l'intesa
per il Sud, ma non sblocca la crisi nel Darfur.
Nella pagina culturale, un articolo di Franco Patruno dal
titolo "Le tre vie della pittura": un saggio di Flavio Caroli.
Nelle pagine italiane, in primo
piano il tema del fisco.
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19
novembre 2004
FIRMATO IL MEMORANDUM DI
PACE PER IL SUD SUDAN.
QUESTO IL PRIMO RISULTATO DELLA
RIUNIONE
DEL CONSIGLIO DI SICUREZZA DELL’ONU A NAIROBI
- Intervista con padre Alex Màtua
-
Importante
passo avanti per la pace in sud Sudan, la regione colpita da un ultraventennale
conflitto tra i ribelli del sud e il governo del nord, che ha provocato circa
due milioni di vittime. Oggi a Nairobi è stato firmato l’annunciato memorandum
d’intesa che entro l’anno dovrebbe sfociare in un trattato di pace. Nella
capitale kenyana si conclude oggi la riunione straordinaria del Consiglio di
Sicurezza dell’Onu che ha affrontato anche l’emergenza Darfur. Per un commento
sull’intesa, Giancarlo La Vella ha raggiunto telefonicamente a Nairobi, padre
Alex Màtua, missionario comboniano della rivista New People:
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R. –
Ci sono due cose da distinguere: da una parte, c’è la questione dell’unità politica,
dall’altra, ci sono problemi che riguardano le risorse naturali, per le quali
ancora si combatte. In questo senso, direi che non basta firmare l’accordo,
perché bisogna agire.
D. –
Di chi sono le maggiori difficoltà per questi 21 anni di conflitto che hanno
insanguinato il Sud Sudan? … del governo o dei ribelli?
R. –
Tutti sono responsabili. Questa guerra è stata una questione non solo politica,
ma economica. Ci sono interessi che riguardano tutte e due le parti. In passato
si cercava di spiegare la guerra in termini religiosi, tra il nord islamico e
il sud cristiano. Ma c’è qualcosa in più. I ribelli hanno problemi interni. Il
Sud non è unito come popolo, ma anche il nord naturalmente ha i suoi problemi e
le sue responsabilità.
D. –
Il fatto che il Consiglio di Sicurezza dell’Onu si sia trasferito a Nairobi per
affrontare in modo più deciso la questione del Sudan fa ben sperare per
l’immediato futuro…
R. –
Da una parte sì, ma dall’altra, secondo me, bisogna dire chiaro e tondo che gli
africani devono prendersi la responsabilità dei problemi interni, perché si
cerca sempre di trovare le soluzioni fuori. Ma per quanto riguarda le guerre
attuali, è importante che gli africani facciano qualcosa di serio, naturalmente
con l’aiuto della comunità internazionale.
D. –
Dopo tanti anni di guerra il Sud Sudan in che condizioni è?
R. –
Il Sud Sudan è ancora da ricostruire. Ad esempio, i profughi in Kenya ed in
Uganda cominceranno a rientrare nel Paese e ci saranno altre difficoltà. Naturalmente
le Conferenze episcopali sudanesi cercano di coordinare varie iniziative
all’interno del Sud Sudan, che non si trova ancora in una situazione facile per
quanto riguarda le comunicazioni, etc. La loro presenza in loco però
credo sia molto incoraggiante e importante, per capire i problemi reali da
affrontare e per far rientrare il popolo in maniera pacifica e anche più umana.
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ALLA VIGILIA DELLA GIORNATA MONDIALE DELL’INFANZIA,
UNO SGUARDO ALLA CONDIZIONE DEI BAMBINI
NELLE FILIPPINE E NEL SUDAN
- Il servizio di Eugenio
Bonanata -
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Domani, sotto l’egida dell’Onu e dell’Unicef, si celebrerà la giornata
mondiale dell’infanzia che ricorda l’adozione da parte dell’Assemblea Generale
delle Nazioni Unite della “Dichiarazione dei diritti del bambino” del 1959 e
della firma della “Convenzione dei diritti del bambino”. Tuttavia, diverse situazioni
lanciano segnali inquietanti sulle condizioni esistenziali dei bambini nel
mondo. Ad esempio nelle Filippine la prostituzione minorile è una piaga sociale
devastante. La denuncia, in questo caso, arriva da un rapporto dell’ECPAT,
una rete di organizzazioni che operano
per eliminare la prostituzione, la pornografia ed il traffico di minori,
presente in oltre 60 Nazioni. Dalla ricerca emerge una realtà di grande degrado
sociale e morale, ma sentiamo i particolari dalla testimonianza di Marco
Scarpati presidente dell’ECPAT-ITALIA:
R. –
In circa il 68 per cento dei casi considerati, il bambino viene indotto alla
prostituzione dalla famiglia, intendendosi per famiglia una famiglia allargata
nella quale fanno parte anche zii, parenti o comunque amici stretti della
famiglia. L’altro dato molto corposo riguarda “l’autovendita”: cioè, molti di
questi ragazzi, visto l’alto livello di miseria e l’alta difficoltà della
famiglia, decidono di passare direttamente dall’altra parte del campo e di proporsi
alla prostituzione. Parliamo di un Paese nel quale ci sarebbero almeno 60 mila
bambini a rischio prostituzione.
D. –
Cosa si sta facendo nel Paese, e soprattutto cosa potrebbe ancora essere fatto?
R. –
Quello che sta finalmente uscendo è una forte presa di coscienza del problema:
ed era ora! Quello che si potrebbe fare adesso è cominciare a lavorare molto di
più sui bambini di strada, fare in modo che il governo possa prendere in
considerazione questo problema, considerando che non è più un problema che
riguarda piccole fette della popolazione, ma sta cominciando a riguardare fette
sempre più ampie della popolazione. E’ inaccettabile che per guadagnare soldi
nel campo del turismo, si possano vendere i bambini!
In Sudan le popolazioni indigene del Sud e del Darfur sono da oltre 50
anni sotto il mirino di gruppi integralisti che minacciano la loro estinzione.
Dunque, le frange più deboli della popolazione sperimentano atroci sofferenze.
Ma grazie all’impegno di alcune organizzazioni come “Italia Solidale”, che
lavorano a stretto contatto con i missionari del luogo, è possibile intravedere
segnali di speranza. Ma sentiamo Daniela Fortini, di “Italia Solidale”, che al
microfono di Jean Battiste Sourou racconta in particolare l’impegno di un
missionario:
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R. – Bambini dispersi, rapiti, uccisi. Uomini uccisi e donne violentate e
soprattutto d donne e bambini scappano: qualcuno si è rifugiato nei campi, ma
qualcuno è riuscito ad arrivare presso un missionario, che li ha presi a cuore.
Si trova vicino alla zona di El Obeid e nota che questi bambini e queste donne
che arrivavano lì, senza nulla, diventano schiavi di questi ricchi che li fanno
sottomettere, che prendono in casa i bambini e le donne, offrendo loro cibo. E’
l’unico modo per loro di sopravvivere e questo li schiavizza. Il missionario comincia
allora a creare una solidarietà tra la gente, facendo in modo che i bambini non
si scoraggino. Siamo intervenuti in una situazione drammatica, anche attraverso
la generosità di tante persone in Italia, che hanno fatto l’adozione a distanza
di questi bambini. Le persone del luogo stanno ora cominciando dei piccoli
progetti.
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“PASSIONE PER CRISTO, PASSIONE PER L’UMANITÀ”
E’ IL TITOLO DEL PRIMO
CONGRESSO MONDIALE DELLA VITA CONSACRATA,
PRESENTATO OGGI
ALLA RADIO VATICANA,
CHE SI SVOLGERÀ A ROMA
DAL 22 AL 27 NOVEMBRE
- A cura di Alessandro
De Carolis -
Un
congresso che rappresenti un punto di svolta tra un “prima” e un “dopo” nella
vita religiosa, a livello planetario. E’ l’auspicio di fondo che ha accompagnato
questa mattina, nella Sala Marconi della nostra emittente, la presentazione del
primo Congresso mondiale della Vita consacrata, intitolato “Passione per
Cristo, passione per l’umanità”, che si svolgerà all’Hotel Ergife di Roma, dal
22 al 27 novembre prossimo. Per la prima volta riunisce in un’unica sede
congressuale i due organismi che rappresentano nel mondo i religiosi e le
religiose, rispettivamente l’USG, l’Unione superiori generali, e l’UISG,
l’Unione internazionale superiore
generali. L’ultima volta era accaduto nel dicembre del 1950, prima del Concilio
Vaticano II. A spingere negli ultimi anni i due organismi verso una
collaborazione più strutturata - ha spiegato questa mattina suor Therezinha
Joana Rasera, presidente dell’UISG - sono state le sfide sempre più complesse
della civiltà attuale. I fenomeni della globalizzazione e delle migrazioni e il
diffondersi della violenza come “cultura della morte” hanno convinto i
religiosi e le religiose di tutto il mondo ad adottare un approccio comune,
poiché - ha commentato suor Rasera - “solo insieme è possibile scoprire dove lo
spirito ci porta in questo secondo millennio”.
Dalla
prossima settimana, dunque, gli 850 partecipanti al Congresso, in rappresentanza
dei 200 mila consacrati e delle 800 mila consacrate che oggi operano nei cinque
continenti, cercheranno di trovare alcune risposte per il presente e
soprattutto per il futuro della vita consacrata. Una ricerca che partirà da un
ascolto “creativo” delle voci dei presenti, per poter offrire alla vita
religiosa nuovo slancio dopo gli “errori” che hanno determinato, secondo padre
José Maria Arnaiz, presidente dell’UISG, “il momento difficile, di crisi” in
cui oggi essa si trova a vivere. Rilevante - ha sottolineato la segretaria
dell’UISG, suor Maria Victoria Gonzalez de Castejon - la presenza al congresso,
tra gli altri, di 114 teologi, che aiuteranno ad approfondire la riflessione
dei partecipanti attorno alle due “icone” scelte per questo appuntamento: la
Samaritana che chiede a Gesù “l’acqua della vita” e il Buon Samaritano che si
prende cura di chi soffre.
CONCLUSA IERI POMERIGGIO
L’ARRINGA DEL PUBBLICO MINISTERO
AL PROCESSO CONTRO LA RADIO VATICANA PER I PRESUNTI
DISAGI ALLA POPOLAZIONE. ALTRA UDIENZA
IL 6 DICEMBRE
E POI IL 10
GENNAIO LA PAROLA ALLA DIFESA
- Nota del direttore dei programmi padre Federico
Lombardi -
Il Pubblico Ministero ha concluso ieri pomeriggio la
sua arringa al processo contro la Radio Vaticana per i presunti disagi
apportati alla popolazione nei pressi del Centro Trasmittente di Santa Maria di
Galeria. Ha richiesto la condanna degli imputati a 15 giorni di arresto, con
sospensione della pena subordinata alla totale eliminazione del pericolo e del
danno per la popolazione e al risarcimento dei danni nei confronti delle parti
offese. Il 6 dicembre vi sarà una nuova udienza per gli interventi delle parti
civili e successivamente, il 10 gennaio, potrà intervenire la difesa.La nota
del nostro direttore dei programmi, padre Federico Lombardi:
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Lasciando
la parola a suo tempo alla difesa, vogliamo per ora solo ricordare che il
Centro trasmittente è stato costruito e ha sempre operato sulla base di un
Accordo internazionale fra l’Italia e la Santa Sede, approvato dal Parlamento
italiano e ratificato dal presidente della Repubblica; che la gran parte delle
abitazioni della zona sono state costruite quando il Centro già esisteva ed
operava; che le emissioni elettromagnetiche del Centro hanno sempre rispettato
le raccomandazioni europee in materia di protezione degli operatori e delle
popolazioni fin da quando non esistevano ancora normative italiane in materia,
e che la Radio Vaticana ha sempre dato a chi le ha richieste tutte le
informazioni utili circa la sua attività di trasmissione e i criteri in essa
seguiti, con l’intenzione di stabilire un rapporto corretto con tutti gli
interlocutori e non dare motivo di non fondata preoccupazione agli abitanti
della zona. Attendiamo dunque il seguito del processo con tranquilla coscienza
e fiducia negli organi giudiziari italiani.
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UN INCONTRO DI CULTURE
NEL SEGNO DELLO SCAMBIO E DELLA PACIFICA CONVIVENZA: RAPPRESENTÒ QUESTO IL
BELLUNESE TRA IL 400 E IL 500.
LE INTERESSANTI
CONTAMINAZIONI ARTISTICHE IN MOSTRA A BELLUNO
- Intervista con
Giovanna Galasso -
Una sequenza spettacolare di “macchine liturgiche”,
quali erano i “flügelaltare”, cioè gli altari a battenti. E’ uno dei nuclei portanti dell’esposizione
“A nord di Venezia. Scultura dipinta delle vallate dolomitiche tra Gotico e
Rinascimento”, allestita a Belluno fino al 22 febbraio. In mostra anche opere
grafiche e codici miniati: un segno degli scambi reciproci, nel Bellunese, tra
la cultura veneta e quella d’oltralpe, nel periodo tra il ‘400 e il ‘500. Il
servizio è di Paolo Ondarza:
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(musica)
Un
luogo di incontro di culture nel segno dello scambio e della pacifica convivenza
nella diversità: rappresentò questo il Bellunese tra il ‘400 e il ‘500, crocevia
di contaminazioni artistiche venete e d’oltralpe. Lunghe ricerche hanno
permesso l’allestimento della mostra “A Nord di Venezia”. Antiche testimonianze
cartografiche, codici miniati, erbari: segno visivo della vicinanza geografica
con l’antica Università di Padova. Cuore dell’esposizione le sculture lignee
dipinte. Giovanna Galasso, conservatore del Museo Civico di Belluno:
“Il legno, naturalmente, in questa zona era molto utilizzato ed
utilizzato con un’estrema maestria. I “flügelaltare” sono altari con le ali,
chiusi da due sportelli, al cui centro si trovava solitamente l’Adorazione del
Bambino. Questi altari non erano aperti sempre, ma soltanto nelle festività
maggiori. Le portelle che li chiudevano solitamente avevano all’interno
raffigurazioni in bassorilievo di altri Santi e all’esterno erano dipinte.
Erano delle macchine molto compresse ed anche molto costose, in cui si
profondeva l’impegno di un’intera comunità. Una sorta di preghiere popolari, in
senso buono”.
(musica)
Una
pagina assolutamente inedita nella storia dell’arte, nata da influssi tirolesi,
salisburghesi, boemi, penetrati nel suolo della Serenissima Repubblica
attraverso l’antica “Via d’Alemagna” che conduceva tanti pellegrini in viaggio
da terre del Nord verso l’Italia. Ancora Giovanna Galasso:
“E’ stato molto bello vedere come in questo periodo ci fosse una
tolleranza ed una capacità di convivenza civile, senza estremismi, tra diversi
tipi di spiritualità”.
Tra i
capolavori esposti le sculture dipinte di Matteo Cesa, raffinato artista
bellunese, e gli scenografici “flügelaltare” delle maestranze oltremontane:
concreta dimostrazione di una fusione tra scultura e pittura. Si tratta di un
ritorno a casa per tante opere disperse nel tempo tra Europa e America ed
esposte in dialogo con il luogo che le ospita. Al pubblico vengono, infatti,
proposti itinerari cittadini per proseguire la visita nelle chiese di Belluno e
provincia.
(musica)
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19
novembre 2004
- A cura di padre Federico Lombardi -
MILANO.
= Ieri pomeriggio, presso la sede della Società Svizzera a Milano, ha avuto luogo
la cerimonia di conferimento del premio internazionale “Myrta Gabardi”, giunto
alla sua V edizione. Presenti alla serata numerose personalità e rappresentanti
della stampa e di diverse televisioni. Per la sezione “Il giornalismo come
professione e missione” il premio alla carriera è stato assegnato al prof.
Nicola Dioguardi, per la divulgazione scientifica medica, e quello per il
giornalismo radiofonico alla Radio Vaticana. Il premio è istituito alla memoria
di una giovane valente studiosa di diritto, tragicamente scomparsa nel 1999,
che si era impegnata in particolare nel giornalismo, con predilezione per i
temi artistici musicali. L’altra sezione del premio è infatti dedicata a “Una
vita per la musica, una musica per la vita” e ha visto laureati, quest’anno,
nomi prestigiosi come Caterina Valente e il Maestro Salvatore Accardo, e fra i
“giovani talenti” la violinista Anna Tifu. Negli anni scorsi avevano ricevuto
il Premio diverse figure autorevoli del giornalismo italiano, fra cui Enzo
Biagi, Ferruccio De Bortoli e il direttore di “Avvenire” Dino Boffo. La Radio Vaticana è quindi onorata di questo
riconoscimento al suo impegno religioso, morale e sociale e alla qualità professionale
del suo servizio.
LA GUERRA IN IRAQ, LA CRISI IN MEDIO ORIENTE, IL
DIALOGO ECUMENICO
ED
INTERRELIGIOSO E LA PASTORALE PER I GIOVANI: I TEMI
AL
CENTRO DELL’ASSEMBLEA PLENARIA DELLA CONFERENZA EPISCOPALE
DELL’INGHILTERRA
E DEL GALLES
CARDIFF. = Si conclude oggi a Cardiff l’Assemblea
Plenaria della Conferenza episcopale dell’Inghilterra e del Galles. Numerosi
gli argomenti trattati: pastorale, liturgia, educazione, giovani, dialogo
ecumenico e interreligioso, comunicazioni sociali, politica. Ad aprire la
riunione, lunedì scorso, è stato il cardinale Cormac Murphy-O’Connor,
presidente della stessa Conferenza episcopale, che nel suo intervento
introduttivo ha tracciato il percorso dei lavori parlando dei principali
problemi che toccano oggi la Chiesa nel Paese. L’arcivescovo di Westminster si
è soffermato, tra l’altro, sul ruolo della Chiesa nell’arena pubblica,
rilevando come essa “non debba avere timore di esprimere apertamente le sue
posizioni”. In questo senso - ha osservato - sarebbe importante che i vescovi
coinvolgessero di più i laici, formando leader adeguatamente preparati. Tra i
diversi punti all’ordine del giorno, vi è stata la proposta di convocare, il
prossimo luglio, un Congresso Eucaristico Nazionale. L’assemblea ha, intanto,
designato i delegati che la rappresenteranno al prossimo Sinodo dei vescovi
sull’Eucaristia, convocato nell’ottobre 2005 a conclusione dell’Anno
Eucaristico: lo stesso cardinale Murphy-O’Connor e mons. Brian Michael Noble,
vescovo di Shrewsbury. Tra i temi di rilevanza politica, i vescovi hanno
parlato dell’Iraq, della situazione in Terra Santa, ma anche della nuova Europa
a 25 e dei suoi rapporti con gli Stati Uniti. Essi hanno ascoltato in proposito
la relazione di sir Stephen Wall, consigliere speciale del cardinale
Murphy-O’Connor ed ex collaboratore del premier Tony Blair. I presuli hanno poi
esaminato la relazione di mons. Vincent Nichols sulla nuova riforma governativa
dell’insegnamento religioso nelle scuole: un piano giudicato nel complesso
positivamente, anche se - è stato rilevato - ha il limite di essere improntato
all’idea che la religione possa essere trattata come una materia “neutra”.
Quanto ai rapporti ecumenici, l’episcopato britannico segue con particolare
attenzione le vicende interne alla Comunione Anglicana, le cui attuali
difficoltà - è stato evidenziato - si riflettono inevitabilmente sulle altre
Chiese cristiane. L’assemblea ha, infine, esaminato due documenti sociali in
preparazione: uno sui diseredati e uno sulle carceri. E’ stata, invece, rinviata
a data da definirsi la discussione del contenuto di un documento pastorale per
le prossime elezioni politiche in Gran Bretagna. (L.Z.)
I BOLIVIANI DEVONO DIVENIRE FORGIATORI DI UNITÀ E
CONCORDIA DINANZI
AL PERICOLO DI DIVISIONE DEL PAESE E DI DISGREGAMENTO
DELLO STATO.
E’ L’ESORTAZIONE DEI VESCOVI DEL PAESE
SUDAMERICANO, A CONCLUSIONE
DELLA LORO 79.ESIMA ASSEMBLEA PLENARIA
COCHABAMBA.
= “E’ urgente creare e rafforzare, tra tutti, spazi di riconciliazione, al fine
di superare risentimenti e intolleranze e rasserenare gli animi, per un dialogo
sincero ed effettivo, nell’ascolto e nell’accettazione di posizioni diverse”.
Questa, in sintesi, l’esortazione contenuta nel messaggio della Conferenza Episcopale
boliviana, pubblicato al termine della loro 79.esima assemblea plenaria. Nel
corso dell’incontro riferisce l’agenzia Fides i presuli hanno messo a fuoco la
situazione che vive il Paese, allo scopo di proporre criteri e orientamenti per
la costruzione di una Bolivia che viva i valori della giustizia sociale,
dell’unità e di una democrazia più partecipativa. Nel messaggio si esprime
molta preoccupazione per quei “problemi ormai endemici, che in questi ultimi
anni si sono manifestati con più forza, minacciando la governabilità, la
stabilità democratica, l’unità territoriale e persino la stessa istituzionalità
dello Stato Boliviano”. “Il nocciolo del problema – scrivono i vescovi – sta
nella perdita di una concezione chiara dell’etica personale e sociale, che deve
reggere tutte le relazioni tra persone e popoli”. “Il tempo di Avvento –
proseguono – è tempo di speranza e di cambiamento e ci spinge ad aprire la
nostra mente e il nostro cuore allo Spirito del Signore”, e, dunque, ai valori
essenziali della vita, della dignità dell’essere umano e del rispetto dei
diritti fondamentali delle persone e dei popoli”. La Conferenza boliviana,
infine, rivolge un pressante appello a tutti i cittadini, affinché diventino
forgiatori di unità e concordia dinanzi al reale pericolo di disarticolazione e
divisione del Paese e di disgregamento dell’istituzionalità dello Stato. (B.C.)
IL
RAPPORTO 2004 SULLE MINE, PUBBLICATO IN CONTEMPORANEA IN 25 CAPITALI
DEL
MONDO, SEGNALA NEL 2002 LA DISTRUZIONE DI OLTRE 174 MILA MINE ANTIUOMO, DI 9000
MINE ANTICARRO E DI PIU’ DI DUE MILIONI DI ORDIGNI INESPLOSI DI VARIO TIPO. MA
L’EMERGENZA CONTINUA SEMPRE PIU’ DRAMMATICA
- A
cura di Francesca Sabatinelli -
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ROMA. =
Quindici mila morti l’anno, il 23 per cento dei quali bambini: l’emergenza
legata alle mine antiuomo, che ancora infestano 83 Paesi, continua, nonostante
i progressi compiuti negli ultimi cinque anni, da quando cioè entrò in vigore
il trattato di Ottawa per la messa al bando di questi ordigni. L’aspetto più
drammatico - sottolineano gli esperti - è l’impatto di lungo periodo di questi
ordigni; si vede in 40 dei 65 Paesi che hanno registrato nuove vittime anche se
i conflitti sono finiti già da tempo. A questo si devono aggiungere le oltre
400 mila persone sopravvissute agli incidenti, che dovranno avere sostegno per
tutta la vita. L’Italia - è il richiamo della campagna italiana contro le mine
- deve occuparsi di questa emergenza. Il suo impegno, infatti, si è
drasticamente ridotto, considerando che ha tagliato di quasi il 50 per cento
gli stanziamenti destinati alla lotta contro le mine. Sono 143 i Paesi che
hanno aderito al trattato di Ottawa, nove lo hanno firmato ma senza
ratificarlo. A fronte di questo, però, sono 42 i Paesi, cinque dei quali membri
permanenti del Consiglio di sicurezza dell’ONU, Cina, Russia e USA così come India,
Pakistan, Finlandia e Israele, che ne sono ancora al di fuori. 15 sono ancora i
Paesi produttori di mine, quattro sono quelli in cui è certo l’uso di mine da
parte delle forze governative. Tra i nuovi casi: la Bolivia da parte dei
coltivatori di coca; il Perú, da parte dei guerriglieri di Sendero Luminoso;
la Turchia, da parte dei curdi del PKK; il Nepal, dalle parti in conflitto dopo
la rottura del cessate il fuoco nell’agosto del 2003.
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IL PROTOCOLLO DI KYOTO ENTRERA’ IN VIGORE DAL
PROSSIMO 16 FEBBRAIO.
IL DOCUMENTO DIVENTERA’ UN AUTENTICO TRATTATO
VINCOLANTE
GRAZIE ALLA RATIFICA DELLA RUSSIA
NAIROBI.
= La Russia ha presentato formalmente alle Nazioni Unite i propri strumenti di
ratifica relativi al protocollo di Kyoto sulla riduzione dei cosiddetti
gas-serra, per combattere il riscaldamento atmosferico globale. L’adesione ha
reso così possibile che il documento divenga a tutti gli effetti un autentico
trattato internazionale vincolante. L’entrata in vigore effettiva avverrà il 16
febbraio 2005. Lo ha annunciato ieri lo stesso segretario generale dell’ONU,
Kofi Annan, a margine della sessione straordinaria di due giorni del Consiglio
di Sicurezza a Nairobi. E’ la prima, in quattordici anni, convocata al di fuori
del suo quartier generale, il Palazzo di Vetro a New York. “Questo – ha
commentato Annan – è uno storico passo avanti negli sforzi del mondo per
combattere una minaccia che globale lo è davvero”. Il Protocollo è stato
ratificato il mese scorso da entrambe le camere del Parlamento federale di
Mosca e una settimana dopo, il 5 novembre, il presidente Vladimir Putin vi ha
apposto in calce la sua firma, promulgandolo. Firmato in Giappone nel 1997,
articolato in 128 paragrafi, il Protocollo impone, nello specifico, alle 55 Nazioni
maggiormente sviluppate, di tagliare le proprie emissioni complessive di
biossido di carbonio e altri gas-serra del 5,2 per cento, fino a ritornare al
di sotto dei livelli raggiunti nel ’90. L’obiettivo, da realizzare entro il
quadriennio 2008-2012, andrà conseguito mediante la riduzione del ricorso a
carbone, petrolio, gas naturale nonché tramite la promozione dell’impiego di
energie pulite, come quelle solare o eolica. (B.C.)
RESTA DRAMMATICA LA
SITUAZIONE DEI SEQUESTRI IN COLOMBIA.
OGGI VERRANNO PIANTATI
MILLE ALBERI A BOGOTA’ E IN DIVERSE ALTRE CAPITALI
MONDIALI PER RICORDARE
INGRID BETANCOURT, LA EX-CANDIDATA
PRESIDENZIALE RAPITA NEL
FEBBRAIO DEL 2002
BOGOTA’.
= Mille alberi, uno per ogni giorno di prigionia, verranno piantati oggi a Bogotà,
in Colombia, e in diverse altre capitali mondiali per ricordare Ingrid Betancourt,
l’ex-candidata presidenziale rapita il 23 febbraio 2002, insieme con la sua
segretaria, Clara Rojas, dai guerriglieri delle Forze armate rivoluzionarie
della Colombia (FARC). “Ingrid – riferisce in una nota il comitato
internazionale di sostegno della Betancourt, di cui non si hanno più notizie
dal settembre del 2003 – già distintasi nell’impegno a favore dei diritti umani
e la sua lotta contro l’ingiustizia, la corruzione e il narcotraffico, è
diventata il simbolo di tutti i sequestrati colombiani”. Il comitato si è,
inoltre, rivolto alla comunità internazionale, esortandola a fare pressione sul
governo colombiano affinché venga raggiunto un “accordo umanitario” che
consenta il rilascio di tutti gli ostaggi in mano alle FARC. “Sono oltre 3.000
le persone, tra civili e militari – si legge ancora nel documento – detenute in
condizioni disumane anche da sette, otto anni”. Nel gennaio scorso, le FARC hanno
annunciato la fine delle trattative per la liberazione della Betancourt dopo
l’arresto di Simón Trinidad, considerato uno dei massimi comandanti della
guerriglia. La scorsa settimana - riferisce l’agenzia Misna - la polizia ha
catturato nella capitale colombiana Norbey Triviño, considerato il responsabile
del sequestro dell’ex-candidata presidenziale. (B.C.)
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19 novembre 2004
- A cura di Amedeo Lomonaco -
In Iraq le forze
dell’ordine ancora al centro delle azioni della guerriglia: un poliziotto è
rimasto ucciso a Muqdadiya in un attacco condotto da ribelli contro un
commissariato di polizia. E a Baquba un ufficiale è stato assassinato da uomini
armati. Violenze anche a Falluja dove furiosi scontri hanno causato, ieri, la
morte di un soldato americano e di un militare iracheno, facendo salire a 59 il
numero delle vittime della coalizione durante l’offensiva contro la città
sunnita. Le forze della coalizione sono pronte, intanto, ad affrontare i
ribelli nella zona di Mossul. Il nostro servizio:
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Truppe d’assalto irachene, con
l’appoggio di forze americane, si preparano ad attaccare le roccaforti degli
insorti a Mossul, città nel nord dove il gruppo terroristico di Al Zarqawi ha
rivendicato la decapitazione, “di fronte ad una grande folla”, di due soldati
iracheni. Scontri si sono poi verificati in una moschea a Baghdad quando gli
agenti della Guardia nazionale hanno fatto irruzione nell’edificio provocando
la morte di due persone. Intanto, si riduce ulteriormente il numero delle organizzazioni
umanitarie ancora attive in Iraq: dopo la partenza nelle ultime settimane del
personale di ‘Care International’ e di ‘Medici senza frontiere’, anche l’Ong
australiana “World Vision” ha deciso di lasciare il Paese. E in Iraq gli Stati
Uniti hanno posto una taglia di cinque milioni di dollari sulla testa di Al
Suri, sospetto terrorista dalla doppia cittadinanza spagnola e siriana. Secondo
l’amministrazione americana, Al Suri “ha addestrato in Afghanistan diversi
terroristi nell’uso di veleni e agenti chimici”. E sul leader di Al Qaeda, Osama
Bin Laden, un generale statunitense ha dichiarato, inoltre, che lo sceicco
saudita è in fuga e non può più dare ordini o dirigere le operazioni, ma solo
fornire visioni di lungo termine e generiche istruzioni. Il ruolo centrale
dell’Onu in Iraq sarà riconosciuto, infine, nella dichiarazione finale della
conferenza internazionale sul Paese arabo in programma il 22 ed il 23 novembre
a Sharm el Sheikh. E’ quanto emerge dalla bozza del documento elaborato in
diverse riunioni tenutesi al Cairo.
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E di Iraq si è parlato ieri a
Londra dove si è recato in visita ufficiale il presidente francese, Jacques
Chirac per incontrare il premier britannico Tony Blair. I due leader hanno
messo da parte la differenza di vedute sulla guerra nel Paese arabo e hanno
deciso di lavorare insieme per rinvigorire il processo di pace in Medio
Oriente. “Crediamo che sia importante che si svolgano le elezioni in Palestina
e faremo tutto il possibile per rivitalizzare il processo di pace”, ha detto
Blair. “Condividiamo le stesse analisi e gli stessi scopi”, gli ha fatto eco
Chirac.
La televisione araba Al Jazeera ha annunciato che in Spagna
è stato nuovamente arrestato il suo giornalista Tayssir Allouni. Noto per aver
intervistato Bin Laden, il redattore è accusato di appoggiare al Qaeda.
Spagnolo di origine siriana, Allouni è stato fermato per la prima volta nel settembre
del 2003.
In Medio Oriente,
dove si moltiplicano gli incontri in vista delle prossime elezioni palestinesi,
l’attenzione continua ad essere dominata dal grave episodio di ieri avvenuto al
confine tra Gaza ed Egitto, quando tre agenti egiziani sono stati uccisi per
errore da soldati israeliani. Sharon ha subito espresso il proprio rammarico al
presidente egiziano Mubarak che ha accettato le scuse. Il servizio di Graziano
Motta:
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Il ministero degli Esteri del
Cairo, pur condannando “la condotta irresponsabile dell’esercito israeliano”,
non ha annullato la visita del suo capo a Gerusalemme, che si svolgerà la settimana
prossima. L’incontro sarà incentrato soprattutto sul maggior ruolo in materia
di sicurezza dell’Egitto al confine con Gaza, dove sono stati uccisi proprio i
tre agenti. Ma anche sulla mediazione da tempo intrapresa tra le fazioni rivali
palestinesi di Gaza per una tregua nelle operazioni di guerriglia contro
Israele in modo da consentire la ripresa del dialogo di pace. Dialogo che il
primo ministro Sharon dice di voler avviare subito con la nuova leadership
palestinese, cui chiede di attuare la promessa requisizione delle armi in
possesso dei terroristi e di estirpare le incitazioni all’odio e alla violenza
contro gli ebrei ed Israele. Intanto, la moglie di Arafat ha chiesto alle
autorità sanitarie francesi la cartella clinica sul ricovero ospedaliero del
leader per metterla a disposizione dei medici curanti palestinesi, giordani,
tunisini ed egiziani per chiarire finalmente le cause della morte.
Per la Radio Vaticana, Graziano
Motta.
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Le
recenti rivelazioni di Colin Powell sul programma nucleare iraniano sono “infondate”.
Lo ha affermato Hamid Reza Asefi, portavoce del ministero degli Esteri di Teheran.
“Non c’è posto per armi di distruzione di massa nella dottrina di difesa
dell’Iran”, ha ribadito Asefi precisando che “Teheran non ha piani in questo
senso”. Il segretario di stato americano ha dichiarato mercoledì scorso di
essere in possesso di elementi di intelligence secondo cui l’Iran ha cercato di
sperimentare missili in grado di trasportare testate nucleari.
In
Birmania le autorità di Rangoon hanno annunciato la liberazione di circa 4000
detenuti arrestati impropriamente dall’Ufficio nazionale informazioni, un ex
dipartimento dei servizi segreti sciolto lo scorso 22 ottobre.
Il Consiglio
dell’Unione Europea ha dato il via libera definitivo a Bruxelles alla nuova
Commissione guidata dal portoghese Josè Manuel Durao Barroso. “Questa decisione
- si legge nel testo approvato oggi - produce effetti a partire dal 22 novembre
del 2004” ed il mandato del nuovo esecutivo durerà fino al 31 ottobre del 2009.
Il personale dell’Onu si appresta a votare su una mozione
di sfiducia verso il segretario generale Kofi Annan. Nella prima consultazione
del genere in oltre 50 anni, il sindacato del personale delle Nazioni Unite
dovrebbe approvare questa mozione in seguito a una serie di scandali, l’ultimo
dei quali ha coinvolto il funzionario Dileep Nair, accusato di favoritismi e
molestie sessuali.
Si raffreddano gli
entusiasmi per la ripresa del processo di pace in Kashmir. I separatisti hanno
infatti respinto l’offerta di dialogo del premier indiano Singh che ieri ha
concluso la sua visita nella regione himalaiana contesa da India e Pakistan.
Una visita storica che si sperava potesse risolvere le frizioni esistenti. Il
servizio di Maria Grazia Coggiola:
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All’indomani della visita di
Singh in Kashmir, coincisa con una prima e simbolica riduzione di truppe, si
raffreddano gli entusiasmi sull’avvio di un processo di pace. La strada verso
una soluzione all’intrigato nodo del Kashmir è ancora irta di ostacoli. Nella
riunione di ieri, a Sraka, i separatisti moderati, raggruppati sotto la sigla
dell’Uriat Conference, hanno insistito con la loro richiesta di consultarsi con
il Pakistan, prima di riavviare il dialogo con il governo di New Delhi. Considerano
non chiara l’offerta di Singh per un dialogo incondizionato e si aspettano di
essere invitati ufficialmente dal governo a riprendere i negoziati interrotti
in primavera, durante l’ex governo Vajipai. Intanto, però, la prossima
settimana incontreranno il premier pachistano che sarà a New Delhi per
presentare una nuova formula di pace, che è già stata rigettata da Singh. La
sua dichiarazione di mercoledì, secondo la quale i confini non si toccano e non
sono accettabili ulteriori divisioni del Kashmir, ha suscitato una reazione
negativa ad Islamabad, dove il presidente pachistano Musharraf in una
intervista all’Agenzia France-Press ha accusato il governo di New Delhi di
mancanza di flessibilità: a pochi giorni dall’arrivo del premier pachistano
Aziz non è un segnale incoraggiante.
Da New Delhi, per la Radio
Vaticana, Maria Grazia Coggiola.
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Sono almeno 14 le
vittime dell’esplosione che ieri pomeriggio ha devastato una casa da te’ nella
periferia di Chongqing, nel sudovest della Cina. Secondo l’agenzia di stampa
‘Cns’, l’ordigno sarebbe stato probabilmente collocato da un uomo poi morto
nella deflagrazione. Non si conoscono per ora le cause dell’esplosione.
Sull’episodio è stata aperta un’inchiesta.
La liberalizzazione
del commercio, la lotta al terrorismo e la promozione di una globalizzazione
che offra nuove opportunità di sviluppo: sono alcuni degli obiettivi del Summit
annuale della Comunità economica Asia-Pacifico (APEC), che si apre domani a
Santiago del Cile. Al vertice parteciperanno, tra gli altri, i presidenti di
Stati Uniti, Cina, Corea del Sud, Russia e Giappone e aderiscono 21 Paesi.
Ascoltiamo Maurizio Salvi:
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Per il suo primo viaggio
all’estero dopo la riconferma alla Casa Bianca George Bush ha scelto il Cile e
lo scenario particolarmente prestigioso dell’APEC, organismo che raccoglie le
economie più dinamiche del mondo fuori dall’Europa. Insieme con lui a Santiago
si troveranno anche i presidenti di Russia e Cina e il premier del Giappone,
con il proposito di affrontare temi legati alla liberalizzazione commerciale.
Per rendere più appetibile l’agenda, i ministri degli Esteri e dell’Economia
dell’Apec hanno messo a punto un documento che sviluppa anche le priorità di
Bush in tema di sicurezza e di lotta senza quartiere al terrorismo. Per questo,
i ministri sollecitano i Paesi membri
ad un nuovo impegno per far fronte in modo più efficace all’aggressione
terroristica transnazionale e ad adottare misure concrete per meglio controllare le produzioni ed il
commercio delle armi. Ma prima che il vertice entri nel vivo e si svolgano
prestigiosi incontri bilaterali, la capitale cilena sarà teatro oggi di varie
manifestazioni contro globalizzazione senza limiti e contro la stessa presenza
di Bush.
Da Santiago del Cile, Maurizio
Salvi per la Radio Vaticana
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Si apre a San José, in Costa
Rica, il XIV Vertice iberoamericano. Al Summit, incentrato sul tema “Educare
per il progresso”, partecipano i capi di Stato e di governo di 21 Paesi
americani di lingua spagnola. Al centro dei lavori, i diversi meccanismi di
finanziamento per incrementare gli investimenti in materia di istruzione.
In Venezuela, l’uomo rimasto ucciso la scorsa notte a Caracas per
l’esplosione di una bomba è l’alto magistrato Danilo Anderson, incaricato dell’indagine
sul fallito colpo di Stato dell’aprile 2002. Lo ha confermato il procuratore
generale venezuelano Isaias Rodriguez.
Drastica decisione del Consiglio dei Ministri del governo di
riconciliazione nazionale in Costa d’Avorio. Saranno rimpiazzati tutti quei
ministri che nella seduta del 4 novembre, legata alla crisi nel Paese e poi
sfociata in tragiche manifestazioni, hanno disertato la seduta. Si tratta di 9
ministri delle Forze Nuove e di due appartenenti all’opposizione. Ognuno ha
invocato “ragioni di sicurezza” per la mancata partecipazione all’incontro
dell’esecutivo.
Promuovere la stabilità nell’esplosiva regione dei Grandi Laghi. E’
l’obiettivo prioritario contenuto nella bozza della dichiarazione firmata dai
ministri degli Esteri di 11 Paesi africani a Dar Es Salaam, in Tanzania. Oggi
il testo, nel quale viene garantito l’impegno a “fare della regione uno spazio
di pace e di sicurezza”, sarà discusso nel vertice tra i capi di Stato.
All’incontro partecipa anche il segretario generale delle Nazioni Unite, Kofi
Annan.
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