RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVIII n.
307- Testo della trasmissione di martedì 2 novembre 2004
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO
Novità in Gran Bretagna in tema di
“bioingegneria”: il commento di mons. Elio Sgreccia
CHIESA E SOCIETA’:
Sempre più drammatica la
crisi economica in Indonesia
El Salvador è il
Paese più violento dell’America Centrale
In Iraq morti a Baghdad,
a Samarra e a Mossul. Sabotati oleodotti a Kirkuk
Per i tre impiegati
dell’Onu rapiti in Afghanistan prorogato l’ultimatum
Preoccupazione,
intimidazione e fallimento in Darfur: è il titolo di un rapporto di Medici
senza Frontiere
2
novembre 2004
L’INVITO IERI DEL PAPA PER L’ODIERNA
COMMEMORAZIONE DEI DEFUNTI A PREGARE
OLTRE
CHE PER LE ANIME PIU BISOGNOSE ANCHE PER LE VITTIME DEL TERRORISMO
E PER LA PACE NEL MONDO INTERO
-
Intervista con don Luigi Negri -
Pregare
per tutti, specialmente per le anime più bisognose della divina misericordia.
E’ l’invito rivolto ieri all’Angelus da Giovanni Paolo II per l’odierna
commemorazione dei defunti. Naturalmente non possiamo sondare ciò che è
imperscrutabile agli uomini, ma quali ipotesi possiamo fare riguardo alle anime
più bisognose dell’aiuto di Dio, anche alla luce del travagliato periodo
storico che il mondo nel suo insieme sta attraversando? Roberta Gisotti lo ha
chiesto al teologo don Luigi Negri:
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R. – L’intervento del Papa di ieri ha riproposto forse la più antica e
grande convinzione della Chiesa: che il mistero pasquale, il mistero della
morte e della Resurrezione di Cristo, si compie in coloro che credono. Il
mistero pasquale si compie nei Santi, cioè in coloro che hanno testimoniato
Cristo. Ma in questo mistero, che si compie negli uomini, sono in qualche modo
misteriosamente associati tutti coloro che hanno vissuto la vita, l’hanno spesa
e sono morti. La certezza di questa associazione fa sì che il Papa apra il
cuore della Chiesa, a chiedere al Signore che coloro che hanno vissuto, sono
morti e sono bisognosi della misericordia di Cristo, siano coinvolti in essa.
Vorrei dire che è uno sguardo a 360 gradi sul dramma della vita umana, in
questo momento, come in ogni momento della storia.
D. – Naturalmente il Papa ha
sempre a cuore la travagliata situazione del mondo contemporaneo. Non a caso ha
chiesto di nuovo di pregare per tutte le vittime del terrorismo...
R. – Il terrorismo rappresenta
nella nostra società, in questo momento - come dire - quasi blasfema,
sottovalutazione del valore della vita degli uomini, della loro libertà, della
loro dignità. E’ un delitto contro l’uomo e contro Dio, che viene perpetrato
continuamente. Pregare per le vittime del terrorismo vuol dire pregare perché
anche queste morti, che sembrano semplicemente il frutto di una violenza cieca,
siano inserite nella suprema utilità della vita e della storia, che è il
mistero pasquale.
D. – Giovanni Paolo II non ha
mancato anche ieri di invocare la pace per l’intera umanità e ancora una volta
ci ha mostrato che non bisogna arrendersi, scoraggiarsi per affermare il bene.
Ma certo, è difficile seguire il suo esempio di vitalità, in questo senso?
R. - Credo che sia difficile, ma
possibile. Si tratta di immedesimarsi, per quello che si può, in questa sua
indefessa testimonianza della fede, perché l’unico contributo che i cristiani,
e al di là di essi gli uomini religiosi, possono dare, è la testimonianza che
il senso della vita trascenda la storia, quindi trascenda anche il male degli
uomini.
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“L’AMORE DI DIO PER NOI E’ LIBERO, GRATUITO,
ONNIPOTENTE ED ESTREMAMENTE
EFFICACE”. LO HA DETTO IERI IL CARDINALE
CAMILLO RUINI NELL’OMELIA
DELLA SANTA MESSA PER I DEFUNTI DELLA DIOCESI
ROMANA
Nella solennità di tutti i Santi
il cardinale Camillo Ruini, vicario del Papa per la diocesi di Roma ha
celebrato ieri pomeriggio, al cimitero monumentale del Verano, la Santa Messa
in suffragio di tutti i fedeli defunti della diocesi di Roma. La liturgia è
stata animata dal coro diocesano diretto da mons. Marco Frisina, ascoltiamo il
servizio di Amedeo Lomonaco:
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Il cardinale Ruini ha celebrato
insieme con i vescovi ausiliari su un palco allestito all’ingresso del cimitero
monumentale, dove riposano circa 40.000 defunti. Nell’omelia il porporato,
prendendo spunto dalla prima lettera di San Giovanni apostolo, si è soffermato
sull’amore di Dio per noi. Il suo amore – ha detto – è per sempre e “Dio
mantiene le sue promesse e tiene accanto a sè le persone che ama”. Con il
Signore e con suo Figlio Gesù Cristo – ha aggiunto – ci è promessa un’unione
intima alla quale è chiamato ogni uomo. Ma qual è la via per raggiungere questa
meta? La strada – ha spiegato il cardinale – ce la indica Gesù nel Vangelo
delle Beatitudini.
“E’ la via del bene vissuto
senza compromessi fino al dono di sé. Non è impossibile per il semplice fatto
che molti l’hanno già percorsa prima di noi”
Nel corso della celebrazione, il
porporato ha anche ricordato che ieri ricorreva il 58.mo anniversario
dell'ordinazione sacerdotale di Giovanni Paolo II ed ha invitato i fedeli a
pregare per il Papa.
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NELLA BASILICA VATICANA, LA MESSA DEL CARDINALE
ARINZE A CONCLUSIONE
DELLA XI CONFERENZA INTERNAZIONALE DELLA CATHOLIC
FRATERNITY,
CHE HA
RACCOLTO A FIUGGI, NEI GIORNI SCORSI,
OLTRE MILLE CARISMATICI DI TUTTO IL MONDO
- Intervista con il cardinale Francis Arinze -
La celebrazione dell’eucaristia, nella
Basilica Vaticana, da parte del cardinale Francis Arinze, prefetto della
Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti è stato il
momento conclusivo dell’XI Conferenza internazionale della Catholic Fraternity.
Si tratta della riunione di numerose comunità carismatiche sparse nel mondo,
che si è svolta a Fiuggi la settimana scorsa. L’obiettivo: testimoniare la comunione
e missione nel Terzo Millennio alla luce del magistero di Giovanni Paolo II e
approfondire il rapporto spirituale e pastorale con il Pontificio Consiglio per
i laici, quale dicastero preposto all’apostolato laicale. Tra i relatori,
l’arcivescovo Stanislao Rylko, presidente del Pontificio Consiglio per i laici,
Chiara Lubich, fondatrice dei Focolari, Andrea Riccardi, fondatore della Comunità
di Sant’Egidio e Matteo Calisi, presidente della medesima Catholic Fraternity.
Questa mattina a conclusione della Conferenza, gli oltre 1000 partecipanti, provenienti
da ogni Paese del mondo si sono trasferiti a Roma in pellegrinaggio alla tomba
dell’apostolo Pietro. Ma come focalizzare il contributo dei carismatici alla
missione della Chiesa? Giovanni Peduto lo ha chiesto al cardinale Arinze:
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R. –
Un contributo considerevole. Ci aiutano a prestare maggiore attenzione allo
Spirito Santo, che ci insegna come pregare, come testimoniare Gesù nella
società. Non c’è una dottrina nuova, ma c’è un sottolineare questo aspetto
della nostra fede: testimoniare Gesù, un po’ come hanno fatto gli Apostoli dopo
la Pentecoste. Non avevano più paura di testimoniare Gesù. I cristiani imparano
anche a pregare. Lo Spirito Santo ci insegna come pregare: non è esclusa in
occasioni informali anche una preghiera composta sul posto. Non parlo di
liturgia, dove i testi sono già scritti e approvati. Lo Spirito Santo ci insegna
anche a non avere paura, ci dona il coraggio evangelico, lo stesso che avevano
gli Apostoli anche quando subivano persecuzioni per la loro testimonianza a
Gesù. Noi cattolici non provochiamo nessuno, ma non dobbiamo avere paura di
confessare la nostra fede in pubblico, come ha detto anche il Papa in “Mane
nobiscum, Domine”, il documento per l’Anno dell’Eucarestia. Allora tutto questo
è positivo da parte dei diversi gruppi che si trovano sotto l’ombrello dei
carismatici. Dobbamo incoraggiarli.
D. –
Oggi serve un annuncio più forte ed incisivo del Vangelo, non è vero?
R. –
Certamente. Come disse Papa Giovanni
Paolo II nella Redemptoris Missio, dopo duemila anni la missione del Redentore
è solo all’inizio. Ci sono due terzi dell’umanità che ancora non conoscono Gesù
o non lo accettano. Non possiamo restare indifferenti. Ci sono aree
geografiche, una volta cristiane, che hanno bisogno di essere rievangelizzate.
Perciò il Papa parla di nuova evangelizzazione. Nuova non nel contenuto, ma nel
metodo, nello slancio, nello spirito con il quale noi annunciamo Gesù oggi e
domani.
D. –
I laici, pertanto, hanno una responsabilità più grande rispetto al passato?
R. –
La loro responsabilità è sempre stata grande, ma essa è stata particolarmente sottolineata dal Concilio
Vaticano II il quale ha affermato che la Chiesa non può svolgere la sua
missione se anche i laici non fanno la loro parte. I chierici, i religiosi le
religiose faranno la loro parte, ma il ruolo dei laici nell’evangelizzazione
dell’ordine temporale è insostituibile. Devono portare lo Spirito di Cristo
nella famiglia, nella politica, nel lavoro, nella ricreazione, nei media –
radio televisione, computer – ed anche nelle relazioni nazionali e
internazionali. In tutti questi settori sono i laici ad essere gli apostoli di
Gesù. Quando svolgono questo apostolato non stanno facendo un favore al Papa,
al vescovo o al sacerdote. Stanno facendo la loro parte nella missione totale
della Chiesa.
**********
“UN CIRCOLO SENZA FINE
DI VIOLENZA E TERRORISMO, AZIONI MILITARI E REAZIONI, UNA SERIE DI RAPPRESAGLIE
CHE GENERANO PIÙ VIOLENZA”: COSÌ L’OSSERVATORE PERMANENTE DELLA SANTA SEDE
PRESSO LE NAZIONI UNITE A NEW YORK, L’ARCIVESCOVO MIGLIORE, COMMENTANDO IL
RAPPORTO DELL’AGENZIA DELL’ONU
PER I RIFUGIATI PALESTINESI IN MEDIO ORIENTE
- A cura di Roberta Gisotti -
Un contesto tristemente familiare quello di “un
circolo senza fine di violenza e terrorismo, azioni militari e reazioni, una
serie di rappresaglie che generano più violenza”. E’ la situazione fin troppo
nota che attanaglia da decenni la Terra Santa, come ha denunciato ancora una
volta l’osservatore permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite a New
York, l’arcivescovo Celestino Migliore, commentando ieri il rapporto
dell’Agenzia dell’Onu per i rifugiati palestinesi in Medio Oriente (UNRWA).
“Un’analisi realistica della situazione – ha detto il presule - mostra che c’è
tanta retorica su come fare la pace” ma molta poca politica per ricomporre le
differenze. Del resto - ha aggiunto - “la riluttanza della comunità internazionale
a sfidare le leadership israeliana e palestinese a negoziare in buona fede” ha
contribuito a far sì che la Road Map non venisse realizzata. “Senza questi indispensabili
negoziati, non vi sono opportunità di riconciliazione, perdono, compromesso o
collaborazione, tutti prerequisiti per una pace durevole nella regione.”
L’arcivescovo Migliore ha quindi lamentato come i correnti livelli di violenza
tengano i pellegrini lontani dalla Terra Santa, penalizzando economicamente
ancor più tutti gli abitanti della regione, e ostacolando pure il diritto dei
popoli di tutto il mondo a visitare e a pregare nei luoghi religiosi. Da qui
l’auspicio perché la famiglia delle Nazioni Unite sfidi tutti gli attori
coinvolti nella tragica vicenda a rinnovare i loro sforzi per portare la pace
in questa regione. “Solo con una pace giusta e durevole, non imposta ma
garantita attraverso negoziati – ha concluso il capo della delegazione vaticana
– saranno adempiute le legittime aspirazioni di tutti i popoli.”
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Un
doppio titolo apre la prima pagina: "I cristiani portino il fermento
evangelico nelle istituzioni europee"; "Una speciale preghiera per le
vittime del terrorismo e per la pace nel mondo". L'auspicio e
l'invocazione di Giovanni Paolo II all'Angelus di domenica 31 ottobre e della
Solennità di Tutti i Santi.
Sempre
in prima, il telegramma di cordoglio del Santo Padre per la morte del cardinale
Gustaaf Joos.
Nelle
vaticane, un articolo di Alba Dini Martino dal titolo "L'attualità dei
valori femminili nella vita della società".
Nelle
estere, due interventi della Santa Sede. Il primo sul tema:
"Favorire il progresso delle scienze mediche nell'ottenimento e nell'uso
delle cellule staminali, senza consentire il ricorso a pratiche che sono
contrarie alla dignità umana".
Il
secondo sul tema: "Coltivare in ogni uomo l'imperativo di essere operatore
di pace".
In
rilievo due articoli rispettivamente dedicati al Medio Oriente e all'Iraq dove
imperversano sanguinose violenze.
Nella
pagina culturale, per la rubrica "Incontri" il fotografo Gianni
Berengo Gardin intervistato da Giuseppe Costa.
Il
titolo dell'articolo è "Nelle migliaia di scatti fotografici la costante
attenzione all'uomo".
Per
l'"Osservatore libri" un articolo di Marco Testi in merito al
"Discorso all'ufficio oggetti smarriti", la recente silloge poetica
di Wislawa Szymborska.
Nelle
pagine italiane, in primo piano il tema del fisco.
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2 novembre 2004
UN’AMERICA DIVISA IN DUE SCEGLIE OGGI SE
CONFERMARE ALLA CASA BIANCA
IL
REPUBBLICANO BUSH O VOLTARE PAGINA CON IL DEMOCRATICO KERRY
- Con noi, il prof. Massimo Teodori -
Bush o Kerry: l’America decide. Dopo una campagna elettorale lunga 10
mesi, iniziata a gennaio con le primarie democratiche, gli elettori americani
sono oggi chiamati al voto per eleggere il presidente e rinnovare il Congresso.
I seggi sono già aperti sulla Costa Orientale degli Stati Uniti. Gli ultimi a
votare, per la differenza di fuso orario, saranno i cittadini dell’Alaska e
delle isole Hawaii. I primi dati arriveranno nella notte italiana. Incerto,
comunque, il risultato con i due candidati alla pari secondo tutti i sondaggi,
mentre sembra certa l’affluenza record alle urne, come non avveniva da 30 anni.
Ma ripercorriamo le ultime, frenetiche ore della campagna presidenziale nel
servizio di Paolo Mastrolilli:
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Alla vigilia del voto i due
candidati alla presidenza degli Stati Uniti erano in perfetta parità. Questo
indica quanto sia spaccata l’America e quanto sia incerta questa elezione. Il
presidente Bush e il senatore Kerry hanno usato la giornata conclusiva della
campagna per visitare gli Stati chiave ed ancora indecisi e cercare di
convincere gli ultimi elettori, che potrebbero fare la differenza. Il capo
della Casa Bianca è volato in Ohio, Pennsylvania, Wisconsin, Iowa, dove ha
dichiarato che l’economia si sta riprendendo ed ha accusato il suo rivale di
essere troppo debole nella lotta al terrorismo. Kerry ha iniziato la giornata
in Florida e poi è andato in Ohio e Wisconsin, prima di volare in Michigan. Il
senatore ha detto che il mondo guarda agli Stati Uniti ed è arrivato il momento
di obbligare il presidente ad assumersi le responsabilità degli errori commessi
in Iraq e nella gestione dell’economia per cambiare la direzione del Paese.
Tutti gli analisti si aspettano un grande incremento dell’affluenza alle urne.
Vista la sostanziale parità, molti temono anche una ripetizione dei problemi
legali del 2000 in Florida ed in altri Stati.
Da Boston, per la Radio
Vaticana, Paolo Mastrolilli.
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Come quattro anni fa nella sfida
tra Bush e Al Gore, anche questa volta i due candidati alla Casa Bianca
sembrano in perfetta parità a livello nazionale. Tuttavia, la vittoria presidenziale
dipende dal risultato nei singoli 50 Stati dell’Unione, come spiega il professor
Massimo Teodori, docente di storia americana all’Università di Perugia, al
microfono di Alessandro Gisotti:
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R. – Il presidente degli Stati
Uniti non è eletto dal voto popolare, ma è eletto dai cosiddetti grandi
elettori o voti elettorali. I voti elettorali sono una sorta di punti che ogni
Stato rappresenta, da un massimo di 55 voti elettorali della California ad un
minimo di 3 voti elettorali degli Stati più piccoli. Complessivamente in tutti
gli Stati Uniti i voti elettorali sono 538 e per essere eletto presidente
occorre guadagnare almeno 270 voti e cioè la maggioranza dei voti elettorali.
Come si guadagnano questi voti elettorali? Il voto popolare si conteggia Stato
per Stato e chi prende più voti in ogni Stato conquista tutti i voti elettorali
di quello Stato. Se, ad esempio, in California il candidato democratico prende
10 milioni di voti e il candidato repubblicano prende 11 milioni di voti, il candidato
repubblicano conquisterà tutti i 55 voti elettorali della California.
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Dunque, l’America decide, in
queste ore, se rinnovare la fiducia al repubblicano Bush o voltare pagina
scegliendo il democratico Kerry. Per un ritratto dei due politici e i punti salienti
dei loro programmi elettorali, il servizio di Alessandro Gisotti:
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Bush e Kerry così distanti, così simili. Il presidente in
carica, campione del partito repubblicano ed ex governatore del Texas è un
figlio dell’élite del nord est del Paese. Quel Nord England da dove proviene
anche il candidato democratico, rampollo di una delle famiglie più in vista di
Boston. Entrambi hanno studiato a Yale. Le somiglianze, tuttavia, finiscono
qui. George W. Bush, infatti, è cresciuto in Texas ed è un uomo del sud: stile
diretto, look casual, tendenza al populismo sono i tratti salienti del suo carattere.
Kerry, veterano del Vietnam, è invece un politico doc, un intellettuale
poliglotta che ama l’Europa e gli sport estremi. Troppo distante dall’America
profonda, dicono i Repubblicani. Ma i Democratici rispondono: il mondo è ben
più complesso di come Bush vorrebbe farlo apparire.
L’elemento leadership ha caratterizzato le due campagne
elettorali. Bush lo ha ribadito a tambur battente anche in queste ore. Più
articolato il messaggio del senatore democratico, che nei suoi spot riversati
sulle tv degli Stati indecisi ha proposto un nuovo corso per l’America.
Guardando ai programmi dei due candidati alla Casa Bianca si riscontrano davvero
due Americhe diverse. Bush ha proposto di emendare la Costituzione per sancire
il matrimonio come unione tra uomo e donna. I democratici sostengono
l’inclusione delle coppie gay nella vita del Paese. I repubblicani sono contro
l’aborto. I democratici si battono per la libertà di scelta della donna. Altro
punto di scontro è la ricerca sulle cellule staminali embrionali. Bush ha
vietato i finanziamenti federali alla ricerca. I democratici sono favorevoli.
Sul fronte economico, il presidente conferma la sua politica di drastici tagli
fiscali. Kerry, invece, vuole revocare gli sgravi ai contribuenti che guadagnano
oltre 200 mila dollari all’anno.
Il mondo guarda, però, soprattutto alla politica estera di
Washington. “Attacchiamo i terroristi all’estero, per non doverli fronteggiare
in patria” è il motto di Bush. Nei confronti di ONU e Unione Europea sembra,
però, aver parzialmente cambiato rotta e molti osservatori ritengono che un
secondo mandato non sarebbe contraddistinto dall’unilateralismo dei primi
quattro anni. Kerry ha criticato duramente Bush per “aver ingannato” l’America
sulle armi di distruzione di massa irachene. Come l’ex presidente Clinton,
crede nel multilateralismo. Una presidenza Kerry registrerebbe perciò un
probabile “recupero” del Palazzo di Vetro e dell’alleanza tradizionale con gli
Europei. Il candidato democratico ha, però, voluto precisare che, qualora gli
Stati Uniti fossero in pericolo, si riserverebbe ogni azione necessaria. Con o
senza il placet delle Nazioni Unite. La parola passa ora agli elettori americani
chiamati a decidere chi tra Bush e Kerry offra maggiori garanzie di protezione
dal terrorismo. In un’America mai così insicura.
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NOVITA’ IN GRAN
BRETAGNA IN TEMA DI “BIOINGEGNERIA”:
IL “GIUDIZIO PIENAMENTE NEGATIVO” DI MONS. ELIO SGRECCIA,
VICEPRESIDENTE DELLA PONTIFICIA ACCADEMIA PER LA VITA
Una notizia dalla Gran
Bretagna in tema di “bioingegneria”: i genitori affetti da una particolare
forma di cancro intestinale saranno autorizzati a operare la selezione tra
embrioni per evitare la trasmissione della malattia ai loro discendenti. Lo
conferma un portavoce “dell'Authority per la fecondazione” secondo cui quattro
coppie sono già pronte alla sperimentazione. Al microfono di Massimiliano
Menichetti, Elio Sgreccia, vice-presidente della Pontificia
Accademia per la Vita:
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R. – Evidentemente, procreare in
vitro degli embrioni per poi sottoporli a diagnosi preimpiantatoria, per
selezionare quelli sani e sopprimere quelli non sani, rappresenta di fronte a
qualsiasi coscienza una soppressione di un essere umano vivente e innocente. Il
giudizio è perfettamente, pienamente, negativo.
D. – Mons. Sgreccia, le analisi
genetiche non sono sempre attendibili?
R. – Questa diagnosi
preimpiantatoria è soggetta molte volte a dei cosiddetti falsi, per cui si può
sopprimere un embrione sano, così come si può reimpiantare un embrione malato,
ritenuto sano ma invece malato. Non è una selezione che si possa fare con
sicurezza. Ammesso anche che lo si possa fare, si tratta sempre di un giudizio
selettivo, negativo e volto ad uccidere: fatto molto grave e illecito.
D. – Si continuano a fare
appelli affinché la vita sia rispettata, ma l’autorità della fecondazione umana
ed embriologica in Gran Bretagna aveva già autorizzato nel luglio scorso la selezione
di embrioni a fini terapeutici...
R. – L’Inghilterra è stata la
prima. E’ stato il primo luogo dove è avvenuta la fecondazione in vitro. Si è
costituito, infatti, un Comitato presieduto dalla signora Warnok. Questo
Comitato Warnok ha emesso un rapporto e in base a questo rapporto il governo ha
fatto una legge e ha costituito una Authority. Così si regolano i permessi su
un certo numero di interventi sull’embrione umano, sui processi di
procreazione, autorizzandone l’esecuzione, la quale però sta sempre dentro la
filosofia del Comitato Warnok e del rapporto Warnok, che non considera
l’embrione umano pienamente degno di rispetto, come un essere umano di piena
dignità. E’ una logica utilitaristica che apre la strada a cose che giustamente
devono essere ritenute delitti contro la dignità e la vita umana.
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“MITZVA’” E’ IL TITOLO DEL LIBRO DI ALAIN ELKANN,
DEDICATO ALLA IDENTITA’ RELIGIOSA E AL RISPETTO
DELL’ALTRO
- Intervista con Elio Toaff -
Di
fronte a frequenti episodi di antisemitismo, razzismo e intolleranza, gli ebrei
sentono la necessità di riaffermare la propria identità. E’ il senso anche
dell’ultimo libro di Alain Elkann: Mitzvà, recentemente edito da Bompiani. Ma cos’è una Mitzvà e come è possibile
contrastare oggi la paura del diverso? Francesco Rossi lo ha chiesto a Elio
Toaff, già rabbino capo di Roma:
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R. – La Mitzvà è un comandamento
che viene direttamente dal “Pentateuco” (l’insieme dei primi cinque Libri della
Bibbia). C’è una Mitzvà che è positiva e negativa. Quella positiva comanda di
fare qualche cosa, quella negativa vieta di fare qualche cosa; ma tutto si
ricollega con quanto è scritto nel Pentateuco.
D. – Rabbino Toaff, dopo l’11
settembre è aumentata la paura del diverso. Come contrastarla?
R. – Soltanto dicendo che l’uomo
è fatto ad immagine di Dio, comunque sia, qualunque colore abbia, a qualunque
nazione appartenga.
D. – Alain Elkann, da cosa nasce
il libro “Mitzvà”?
R. – Avevo avvertito il ritorno
di momenti di anti-semitismo, manifestazioni brutte e quindi ho sentito
l’esigenza profonda di definirmi come ebreo, di dire: “Io sono così, lasciateci
tranquilli, smettiamola con questo razzismo”, non solo contro gli ebrei ma
anche contro molti altri popoli, molte altre minoranze. Ogni popolo, ogni
religione ha il diritto di essere chi è e mi auguro che anche la parola
“Mitzvà” entri a far parte del linguaggio di tutte le religioni e di tutti.
D. – In un mondo caratterizzato
da una crescente secolarizzazione, come è possibile per un ebreo mantenere la
propria identità religiosa?
R. – Essendo se stessi. Il
pericolo non c’è: basta essere coerenti, essere tranquilli di se stessi, e poi
gli altri sono obbligati a rispettarti. Si possono avere dubbi sul proprio talento,
sulla propria intelligenza … ma non sulla propria identità! Quindi, uno vive
felice se è un cattolico credente, un ebreo credente ed è inevitabile essere
anche amici: cioè, se una persona sente dentro di sé la fede, non può avere
sentimenti ostili verso qualcuno.
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2 novembre 2004
MISSIONARIO FERITO NELLA
REPUBBLICA DEMOCRATICA DEL CONGO
MENTRE CERCAVA DI SEDARE
DISORDINI DI QUARTIERE.
ALLA BASE DEGLI SCONTRI
UN SOPRUSO PERPETRATO DA UN AGENTE DI POLIZIA
KISANGANI.
= Un missionario del Malawi, Benoît Kalia, vicario della parrocchia di Malkyia
wa Mashahisi (Regina dei Martiri), insieme con altre tre persone, è stato
ricoverato in un ospedale di Kisangani per ferite riportate nel tentativo di
sedare disordini innescati da un diverbio tra un agente di polizia e il
fratello di una giovane donna, a quanto pare aggredita dallo stesso agente. Il
capo del villaggio – riferisce l’agenzia MISNA – versa in gravi condizioni,
mentre il vicario, colpito alla testa e alle braccia, è stato medicato con diversi
punti di sutura. A Malkyia, pochi chilometri lontano dal centro di Kisangani,
sul fiume Tchopo, un vecchio campo militare è stato di recente adibito a
struttura d’addestramento per la polizia. A quanto pare, quindi, l’agente dei
disordini ha mobilitato altri colleghi, che hanno proceduto a ripetuti pestaggi
ai danni dei residenti, compiendo abusi, atti vandalici e appiccando il fuoco
ad alcune case. “Nel processo di pacificazione e riunificazione della
Repubblica Democratica del Congo – ha sottolineato ai microfoni dell’agenzia
padre Fermo Bernasconi, superiore provinciale dei Missionari Comboniani, da 17
anni nel Paese africano – tra gli ostacoli, e non tra gli ultimi, c’è l’abuso
di potere da parte delle autorità”. “Fin quando le autorità non sapranno
rispettare e far rispettare i diritti più elementari delle persone – ha concluso
– la pace e la ricostruzione non saranno possibili”. (B.C.)
TUTTI SONO CHIAMATI ALLA SANTITA’: LO HA RICORDATO
IERI L’ARCIVESCOVO
DI MILANO, CARDINALE TETTAMANZI, NELLA SOLENNITA’
DI TUTTI I SANTI.
IL PORPORATO HA PORTATO AD ESEMPIO LE VITE DI
LUIGI
MARIA MONTI, LUIGI TALAMONI E GIOVANNA BERETTA MOLLA
MILANO.
= Ciascuno di noi è chiamato a perseguire la via della santità, nel lavoro,
nella vita quotidiana, nei tanti atti che riempiono la giornata. Lo ha
sottolineato ieri l’arcivescovo di Milano, cardinale Dionigi Tettamanzi,
durante l’omelia della messa celebrata per la solennità di Tutti i Santi in
Duomo. “Ogni cristiano è chiamato a diventare santo – ha osservato il porporato
– questa deve essere la meta della nostra vita, questo il punto di arrivo di
ogni nostro impegno, come veri discepoli del Signore”. Per spiegare cosa voglia
dire essere santi, il cardinale ha illustrato alcuni esempi concreti di beati
il cui comportamento “può essere seguito da tutti”. L’arcivescovo del capoluogo
lombrado ha ricordato la vita e le opere di Luigi Maria Monti, Luigi Talamoni e
Giovanna Beretta Molla, la loro capacità di sacrificarsi per gli altri in
maniera disinteressata e di aiutare malati e poveri. I santi – ha concluso il
cardinale Tettamanzi – “hanno raggiunto la meta camminando concretamente sulle
strade di questo mondo, gomito a gomito con gli uomini e le donne di questa
Terra, incontrando le difficoltà e i problemi di sempre e di tutti”. (B.C.)
SEMPRE PIU’ DRAMMATICA
LA CRISI ECONOMICA IN INDONESIA.
NEL MESE DI SETTEMBRE 26
BAMBINI SONO MORTI PER MALNUTRIZIONE
JAKARTA. = Piccole vittime in Indonesia per la
malnutrizione. Secondo un rapporto del dipartimento provinciale per la sanità,
nel mese di settembre 2004 hanno perso la vita 26 bambini, morti per le
precarie condizioni economiche delle famiglie povere, che non riescono a
provvedere al sostentamento dei figli. Dal 1997 il Paese asiatico è
attanagliato da una grave crisi monetaria, che ha acuito il problema della
malnutrizione. “Negli ultimi 7 anni le condizioni economiche delle famiglie
contadine dello Java Centrale sono peggiorate – afferma Agus Sartono,
responsabile del dipartimento provinciale per la sanità, ai microfoni di
Asianews – la crisi ha raggiunto la punta massima nel settembre scorso”. La cattiva
alimentazione, inoltre, ha favorito la diffusione di patologie quali
idrocefalia e problemi cardiaci. Secondo un rapporto del dipartimento della
sanità di Semarang, nel 1997 nello Java Centrale 2788 bambini, pari allo 0,52
per cento, vivevano in condizioni di cattiva nutrizione. La percentuale è
cresciuta negli anni seguenti (1,86 per cento). “Fino ad oggi abbiamo curato
4394 bambini colpiti da malnutrizione – sottolinea ancora Agus Sartono – ma i
genitori spesso sono costretti a portare a casa i propri figli perché non possono
affrontare le spese sanitarie”. (B.C.)
EL SALVADOR IL PAESE
PIU’ VIOLENTO DELL’AMERICA CENTRALE.
SECONDO LA POLIZIA, NEI
PRIMI OTTO MESI DELL’ANNO SONO STATE UCCISE
OLTRE 1700 PERSONE.
SOTTO ACCUSA LE BANDE CRIMINALI GIOVANILI
SAN SALVADOR. = Nei primi otto
mesi dell’anno nel Salvador sono state uccise 1.797
persone. Lo ha reso noto la Polizia nazionale civile (Pnc), specificando che
con una media di sette omicidi al giorno anche quest’anno il Paese si sta confermando
il più violento dell’America centrale. Della maggior parte degli omicidi,
avvenuti prevalentemente nelle aree cittadine, la polizia incolpa le
‘pandillas’ o ‘maras’, ovvero bande giovanili al centro di molte attività
criminali non solo nel Salvador ma in tutta l’America centrale. Non è un caso,
infatti, che i governi nell’ultimo anno hanno fatto approvare legislazioni
penali molto restrittive per affrontare questo dilagante fenomeno. Alcune
organizzazioni umanitarie, tuttavia, non concordano con le stime della polizia
e ribattono sostenendo che appena il 15 per cento di questi atti di violenza
sono ascrivibili alle attività criminose delle ‘maras’. Il 40 per cento della
popolazione di El Salvador, Paese estremamente povero, non ha un lavoro e circa
la metà della popolazione vive sotto la soglia di povertà. (B.C.)
UNA VERA TESTIMONIANZA MISSIONARIA: E’ QUELLA CHE
OFFRONO LE SUORE
BENEDETTINE DI TUTZING CHE GESTISCONO UN OSPEDALE
A MEI HE KOU, IN CINA.
LA STRUTTURA, INTITOLATA “AMARE LA GENTE”, DISPONE
DI DIVERSE CLINICHE,
UN PRONTO SOCCORSO E 20 REPARTI SPECIALIZZATI
MEI
HE KOU. = Nel nord-est della Cina continentale, nella città di Mei He Kou, è
operativo un ospedale cattolico all’avanguardia. La struttura, intitolata
“Amare la gente”, ‘AiMin’ in cinese, è gestito dalle Suore Benedettine di
Tutzing, in Germania, che lo hanno fatto costruire. Il progetto risale a dieci
anni fa, quando le religiose pensarono di rivolgere verso la Cina il proprio
impegno sociale. Nel 2000 il progetto è diventato una realtà. Oggi le suore
lavorano come infermiere nell’ospedale, che è il più avanzato della zona e
dispone di 500 posti letto. La struttura si estende su 6 ettari di terreno,
dove sorgono le cliniche, un pronto soccorso e 20 reparti specializzati. Le
suore cooperano con paramedici cinesi e istruiscono il resto del personale.
Esperti e consulenti tedeschi fanno visita regolarmente all’ospedale. Don Chen,
unico sacerdote della città di Mei He Kou, nella provincia di Ji Lin (oltre
mille km a nord di Pechino) ha spiegato all’agenzia Fides: “L’ospedale Ai Min è
gestito in collaborazione tra le Suore Benedettine e le autorità locali. E’ una
struttura apprezzata da tutti. Le suore non possono svolgere opera missionaria
direttamente, ma la loro testimonianza, attraverso il lavoro e la vita, è un
esempio più convincente di molte parole”. Mei He Kou è una città di 620 mila
abitanti, in prossimità del confine tra Cina e Corea del Nord. La comunità
cattolica conta poco più di 2 mila fedeli. (A.M.)
400 OPERATORI PRESENTERANNO IMPORTANTI STUDI SU
RIABILITAZIONE,
QUALITA’ DELLA VITA, TECNOLOGIE BIOMEDICHE E
DISTURBI DEL COMPORTAMENTO
DURANTE IL PROSSIMO INCONTRO DELL’ASSOCIAZIONE
FATEBENEFRATELLI.
L’APPUNTAMENTO SI APRIRA’ IL PROSSIMO 4 NOVEMBRE A
MILANO
MILANO.
= “Ospitalità e Tecnologia” è il tema che accompagnerà il prossimo incontro
dell’Associazione Fatebenefratelli per Ricerca biomedica e sanitaria, tra il 4
e il 6 novembre prossimi. L’appuntamento, al quale prenderanno parte 400 operatori
provenienti da 14 delle 21 strutture sanitarie del Fatebenefratelli d’Italia,
vedrà i contributi di oltre 340 ricerche. Tra questi studi particolarmente
interessanti risultano i lavori condotti sulla riabilitazione del paziente,
sulle tecnologie biomediche e sui disturbi del comportamento: dall’utilizzo di
campi elettromagnetici generati dai telefoni cellulari per studiare forme di
intervento su alcune patologie, alla stimolazione magnetica transcranica per il
trattamento dei disturbi cognitivi; dalla scoperta dei diversi processi di
memoria in soggetti giovani e anziani sani, fino all’importante studio sulla
relazione tra spiritualità e qualità della vita. Nel corso della tre giorni di
studio interverranno autorevoli esponenti della ricerca, del mondo
assistenziale e sanitario italiano. Tra questi, il professore Giacomo
Rizzolatti, fisiologo dell’Università di Parma e il professor Coggi, presidente
della facoltà di Medicina all’Università di Milano. (B.C.)
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2 novembre 2004
- A cura di Amedeo Lomonaco -
Resta sempre tesa la situazione
in Iraq: continuano gli attacchi della guerriglia, non si interrompe la
drammatica strategia dei sequestri adottata dai ribelli: rapito un soldato USA.
Su un sito internet islamico, il gruppo del terrorista giordano al Zarqawi ha
mostrato il video della decapitazione del 24.enne giapponese Shosei Koda. Nella
notte sono stati rilasciati, intanto, due ostaggi iracheni rapiti ieri sera. Il
nostro servizio:
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Il centro di Baghdad ancora scosso
dalle violenze: almeno 6 persone sono rimaste uccise per l’esplosione di una
bomba davanti alla sede del ministero dell’Educazione. A Mossul sono morte due
guardie nazionali per la deflagrazione di un ordigno. E un altro iracheno delle
forze di sicurezza è stato ucciso a Samarra. Sul fronte ostaggi si deve registrare
un nuovo sequestro: lo ha reso noto poco fa la televisione araba Al Jazeera
precisando che è stato rapito un soldato statunitense nei pressi di Samarra.
Sono invece stati rilasciati, nella notte, due iracheni sequestrati ieri
sera nella capitale da un gruppo di guerriglieri. I due uomini hanno confermato
che nelle mani dei sequestratori rimangono un cittadino statunitense e un nepalese,
entrambi dipendenti di un’azienda libanese-saudita che fornisce servizi per
l’esercito americano. E ieri in una base militare a Bassora è stata
assassinata la prima soldatessa britannica. Ma su questo episodio non ci sono,
al momento, ulteriori informazioni. Nella regione di Kirkuk sono stati
sabotati, infine, tre oleodotti: provocanti seri danni alla produzione e
all’esportazione di petrolio.
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I guerriglieri afghani responsabili del
sequestro dei tre funzionari dell’ONU si sono dichiarati disponibili a prorogare
l’ultimatum, che scade domani, se si registreranno progressi nei negoziati
avviati con le Nazioni Unite. Intanto, nel sud del Paese, almeno 11 persone
sono rimaste uccise in furiosi scontri scoppiati nella provincia di Zabul tra
forze governative e ribelli.
L’esercito israeliano ha distrutto
all’alba di oggi, nel campo profughi di Askar a Nablus, la casa del ragazzo
palestinese di 16 anni che ieri si è fatto saltare in aria in un affollato
mercato di Tel Aviv, provocando la propria morte e quella di tre israeliani.
L’attacco kamikaze, rivendicato ieri dal braccio armato del Fronte popolare di
liberazione della Palestina, è stato fermamente condannato dal premier dello
Stato ebraico, Ariel Sharon.
Il parlamento di Islamabad ha approvato
ieri un disegno di legge che autorizza il presidente pakistano, Pervez
Musharraf, a mantenere anche la carica di capo di Stato maggiore dell’esercito.
Sul terreno, l’esplosione di una bomba a Quetta ha provocato il ferimento di
quattro persone. L’attentato è avvenuto ad una trentina di metri dall’ufficio
del capo del governo regionale e dal consolato afghano.
Si riaccende la tensione tra Pyongyang
e Seul. La Corea del Nord ha giudicato totalmente ingiustificati, infatti, i
colpi di avvertimento sparati ieri da unità navali sudcoreane nella zona
contesa del Mar Giallo. La marina sudcoreana accusa, invece, le tre navi
nordcoreane di aver sconfinato.
Il presidente designato della
Commissione europea, Jose Manuel Barroso, ha chiesto al governo lettone di
nominare un nuovo commissario al posto di
Ingrida Udre. Lo ha annunciato
stamani il portavoce del premier uscente, Indulis Emsis, aggiungendo che il
governo discuterà della richiesta di Barroso oggi pomeriggio.
Il ministro degli Esteri tedesco, Joschka Fischer,
ha manifestato i propri timori per lo svolgimento delle elezioni presidenziali
in Ucraina, dove gli osservatori internazionali hanno riscontrato diverse
irregolarità. Ieri nel rapporto della OSCE, l’Organizzazione per la Sicurezza e
la Collaborazione in Europa, è stato anche denunciato l’ampio sostegno dato
dalla televisione di Stato a favore del primo ministro filo-russo Viktor
Yanukovich. L’attuale premier andrà, il prossimo 21 novembre, al ballottaggio
con l’ex primo ministro filo occidentale, Viktor Yushenko.
Le prime misure del governo di
Montevideo rientreranno nell’ambito di “un piano speciale per combattere la
povertà e la disoccupazione. Lo ha annunciato in un’intervista il neo
presidente dell’Uruguay, Ramon Vazquez. La politica estera – ha aggiunto l’oncologo socialista – sarà
incentrata su programmi “di austerità economica, ma anche di trasparenza e di
efficienza nell’amministra-zione pubblica”.
Il presidente del Venezuela, Hugo Chavez, ha
consolidato il proprio potere con una netta vittoria nelle elezioni regionali
di ieri. I suoi candidati hanno ottenuto 20 dei 23 incarichi di governatore.
L’opposizione ha vinto, invece, solo negli Stati di Zula e di Nuova Esparta.
“Persecuzione, intimidazione e fallimento dell’assistenza
in Darfur”: è questo il titolo dell’ultimo rapporto di Medici Senza Frontiere
sulla crisi in atto da circa due anni nella regione occidentale del Sudan e per
la quale anche l’Alto commissariato dell’ONU per i rifugiati ha lanciato
l’allarme. Il documento di MSF, presentato ieri ad Amsterdam, Berlino e Londra,
prende in esame il conflitto interetnico che ha già provocato 70 mila morti e oltre
un milione e mezzo di dispersi. Ma qual è l’allarme lanciato nel rapporto?
Giada Aquilino lo ha chiesto a Sergio Cecchini di Medici Senza Frontiere-Italia,
appena rientrato dal Darfur:
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R. –
Le azioni di soccorso sul terreno restano insufficienti, nonostante la grande
attenzione dedicata negli ultimi mesi a questa crisi e nonostante le visite di
personalità come il segretario di Stato Usa, Colin Powell, e il segretario
generale dell’Onu, Kofi Annan. La situazione degli aiuti umanitari rimane
estremamente delicata, tant’è che in questo momento le tre principali cause di
morte in Darfur sono diarrea, malnutrizione e infezioni respiratorie.
D. –
Cos’è mancato fino ad ora?
R. –
E’ mancata una risposta adeguata a questa crisi, che è in corso da febbraio del
2003. E oggi, al termine della stagione delle piogge, dobbiamo affrontare
un’altra grande emergenza: in Darfur non si è riusciti a fare una semina, per
cui la popolazione avrà bisogno di cibo per almeno un altro anno.
D. –
Cosa serve esattamente?
R. –
Garantire l’igiene, la potabilità e la gestione delle acque, perché
malattie estremamente facili da
propagarsi, come la diarrea, rappresentano ancora per i bambini al di sotto dei
cinque anni la principale causa di morte. Ovviamente c’è bisogno di cibo: in
alcune zone del Darfur la razione quotidiana data agli sfollati è di 1000
calorie, mentre una minima è di 1500. Sul piano politico, serve inoltre che la
comunità internazionale e il governo sudanese vengano obbligati a rispettare le
promesse effettuate e quindi a permettere azioni di soccorso umanitario su
tutto il territorio. In questo momento, le condizioni di sicurezza in Darfur
limitano notevolmente le operazioni delle organizzazioni umanitarie, che
difficilmente riescono a raggiungere i piccoli agglomerati di sfollati, dove
c’è più bisogno di assistenza.
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Il
presidente americano, George Bush, ha prorogato di un anno le sanzioni economiche
contro il Sudan. Secondo la Casa Bianca, il governo di Khartoum continua a minacciare
la sicurezza nazionale e la politica estera degli Stati Uniti.
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