RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLVIII n. 307- Testo della trasmissione di martedì 2 novembre 2004

 

Sommario

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Ieri, l’invito del Papa a pregare per le anime più bisognose e per le vittime del terrorismo: oggi, nel giorno della commemorazione dei defunti, la riflessione del teologo don Luigi Negri

 

L’amore di Dio: libero, gratuito, onnipotente ed estremamente efficace. Così il cardinale Ruini alla Messa della diocesi romana

 

Nella Basilica Vaticana, rito solenne del cardinale Arinze a conclusione della Conferenza internazionale della Catholic Fraternity: con noi, il porporato

 

“Un circolo senza fine di violenza e terrorismo, azioni militari e reazioni, una serie di rappresaglie che generano più violenza”: così l’osservatore permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite a New York, l’arcivescovo Migliore, commentando il rapporto dell’agenzia dell’ONU per i rifugiati palestinesi in Medio Oriente

 

OGGI IN PRIMO PIANO

Un’America divisa in due sceglie oggi se confermare alla Casa Bianca il repubblicano Bush o voltare pagina con il democratico Kerry: ai nostri microfoni Massimo Teodori

 

Novità in Gran Bretagna in tema di “bioingegneria”: il commento di mons. Elio Sgreccia

 

“Mitzvà”, è il titolo del libro di Alain Elkann, dedicato alla identità religiosa e al rispetto dell’altro: ce ne parlano Elio Toaff, già rabbino capo di Roma, e l’autore stesso.

 

CHIESA E SOCIETA’:

Missionario ferito nella Repubblica democratica del Congo mentre cercava di sedare disordini di quartiere

 

Tutti sono chiamati alla santità: lo ha ricordato ieri l’arcivescovo di Milano, cardinale Tettamanzi, nella solennità di Tutti i Santi

 

Sempre più drammatica la crisi economica in Indonesia

 

El Salvador è il Paese più violento dell’America Centrale

 

Una vera testimonianza missionaria: è quella che offrono le suore benedettine di Tutzing, che gestiscono un ospedale a Mei He Kou, in Cina

 

400 operatori presenteranno importanti studi su riabilitazione, qualità della vita, tecnologie biomediche e disturbi del comportamento, durante il prossimo incontro dell’associazione Fatebenefratelli

 

24 ORE NEL MONDO:

In Iraq morti a Baghdad, a Samarra e a Mossul. Sabotati oleodotti a Kirkuk

 

Per i tre impiegati dell’Onu rapiti in Afghanistan prorogato l’ultimatum

 

Preoccupazione, intimidazione e fallimento in Darfur: è il titolo di un rapporto di Medici senza Frontiere

 

 

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

2 novembre 2004

 

 

 

L’INVITO IERI DEL PAPA PER L’ODIERNA COMMEMORAZIONE DEI DEFUNTI A PREGARE

OLTRE CHE PER LE ANIME PIU BISOGNOSE ANCHE PER LE VITTIME DEL TERRORISMO

 E PER LA PACE NEL MONDO INTERO

- Intervista con don Luigi Negri -

 

Pregare per tutti, specialmente per le anime più bisognose della divina misericordia. E’ l’invito rivolto ieri all’Angelus da Giovanni Paolo II per l’odierna commemorazione dei defunti. Naturalmente non possiamo sondare ciò che è imperscrutabile agli uomini, ma quali ipotesi possiamo fare riguardo alle anime più bisognose dell’aiuto di Dio, anche alla luce del travagliato periodo storico che il mondo nel suo insieme sta attraversando? Roberta Gisotti lo ha chiesto al teologo don Luigi Negri:

 

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R. – L’intervento del Papa di ieri ha riproposto forse la più antica e grande convinzione della Chiesa: che il mistero pasquale, il mistero della morte e della Resurrezione di Cristo, si compie in coloro che credono. Il mistero pasquale si compie nei Santi, cioè in coloro che hanno testimoniato Cristo. Ma in questo mistero, che si compie negli uomini, sono in qualche modo misteriosamente associati tutti coloro che hanno vissuto la vita, l’hanno spesa e sono morti. La certezza di questa associazione fa sì che il Papa apra il cuore della Chiesa, a chiedere al Signore che coloro che hanno vissuto, sono morti e sono bisognosi della misericordia di Cristo, siano coinvolti in essa. Vorrei dire che è uno sguardo a 360 gradi sul dramma della vita umana, in questo momento, come in ogni momento della storia.

 

D. – Naturalmente il Papa ha sempre a cuore la travagliata situazione del mondo contemporaneo. Non a caso ha chiesto di nuovo di pregare per tutte le vittime del terrorismo...

 

R. – Il terrorismo rappresenta nella nostra società, in questo momento - come dire - quasi blasfema, sottovalutazione del valore della vita degli uomini, della loro libertà, della loro dignità. E’ un delitto contro l’uomo e contro Dio, che viene perpetrato continuamente. Pregare per le vittime del terrorismo vuol dire pregare perché anche queste morti, che sembrano semplicemente il frutto di una violenza cieca, siano inserite nella suprema utilità della vita e della storia, che è il mistero pasquale.

 

D. – Giovanni Paolo II non ha mancato anche ieri di invocare la pace per l’intera umanità e ancora una volta ci ha mostrato che non bisogna arrendersi, scoraggiarsi per affermare il bene. Ma certo, è difficile seguire il suo esempio di vitalità, in questo senso?

 

R. - Credo che sia difficile, ma possibile. Si tratta di immedesimarsi, per quello che si può, in questa sua indefessa testimonianza della fede, perché l’unico contributo che i cristiani, e al di là di essi gli uomini religiosi, possono dare, è la testimonianza che il senso della vita trascenda la storia, quindi trascenda anche il male degli uomini.

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“L’AMORE DI DIO PER NOI E’ LIBERO, GRATUITO, ONNIPOTENTE ED ESTREMAMENTE

 EFFICACE”. LO HA DETTO IERI IL CARDINALE CAMILLO RUINI NELL’OMELIA

 DELLA SANTA MESSA PER I DEFUNTI DELLA DIOCESI ROMANA

 

Nella solennità di tutti i Santi il cardinale Camillo Ruini, vicario del Papa per la diocesi di Roma ha celebrato ieri pomeriggio, al cimitero monumentale del Verano, la Santa Messa in suffragio di tutti i fedeli defunti della diocesi di Roma. La liturgia è stata animata dal coro diocesano diretto da mons. Marco Frisina, ascoltiamo il servizio di Amedeo Lomonaco:

 

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Il cardinale Ruini ha celebrato insieme con i vescovi ausiliari su un palco allestito all’ingresso del cimitero monumentale, dove riposano circa 40.000 defunti. Nell’omelia il porporato, prendendo spunto dalla prima lettera di San Giovanni apostolo, si è soffermato sull’amore di Dio per noi. Il suo amore – ha detto – è per sempre e “Dio mantiene le sue promesse e tiene accanto a sè le persone che ama”. Con il Signore e con suo Figlio Gesù Cristo – ha aggiunto – ci è promessa un’unione intima alla quale è chiamato ogni uomo. Ma qual è la via per raggiungere questa meta? La strada – ha spiegato il cardinale – ce la indica Gesù nel Vangelo delle Beatitudini.

 

E’ la via del bene vissuto senza compromessi fino al dono di sé. Non è impossibile per il semplice fatto che molti l’hanno già percorsa prima di noi

 

Nel corso della celebrazione, il porporato ha anche ricordato che ieri ricorreva il 58.mo anniversario dell'ordinazione sacerdotale di Giovanni Paolo II ed ha invitato i fedeli a pregare per il Papa.

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NELLA BASILICA VATICANA, LA MESSA DEL CARDINALE ARINZE A CONCLUSIONE

DELLA XI CONFERENZA INTERNAZIONALE DELLA CATHOLIC FRATERNITY,

 CHE HA RACCOLTO A FIUGGI, NEI GIORNI SCORSI,

OLTRE MILLE CARISMATICI DI TUTTO IL MONDO

- Intervista con il cardinale Francis Arinze -

 

         La celebrazione dell’eucaristia, nella Basilica Vaticana, da parte del cardinale Francis Arinze, prefetto della Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti è stato il momento conclusivo dell’XI Conferenza internazionale della Catholic Fraternity. Si tratta della riunione di numerose comunità carismatiche sparse nel mondo, che si è svolta a Fiuggi la settimana scorsa. L’obiettivo: testimoniare la comunione e missione nel Terzo Millennio alla luce del magistero di Giovanni Paolo II e approfondire il rapporto spirituale e pastorale con il Pontificio Consiglio per i laici, quale dicastero preposto all’apostolato laicale. Tra i relatori, l’arcivescovo Stanislao Rylko, presidente del Pontificio Consiglio per i laici, Chiara Lubich, fondatrice dei Focolari, Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Sant’Egidio e Matteo Calisi, presidente della medesima Catholic Fraternity. Questa mattina a conclusione della Conferenza, gli oltre 1000 partecipanti, provenienti da ogni Paese del mondo si sono trasferiti a Roma in pellegrinaggio alla tomba dell’apostolo Pietro. Ma come focalizzare il contributo dei carismatici alla missione della Chiesa? Giovanni Peduto lo ha chiesto al cardinale Arinze:

 

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R. – Un contributo considerevole. Ci aiutano a prestare maggiore attenzione allo Spirito Santo, che ci insegna come pregare, come testimoniare Gesù nella società. Non c’è una dottrina nuova, ma c’è un sottolineare questo aspetto della nostra fede: testimoniare Gesù, un po’ come hanno fatto gli Apostoli dopo la Pentecoste. Non avevano più paura di testimoniare Gesù. I cristiani imparano anche a pregare. Lo Spirito Santo ci insegna come pregare: non è esclusa in occasioni informali anche una preghiera composta sul posto. Non parlo di liturgia, dove i testi sono già scritti e approvati. Lo Spirito Santo ci insegna anche a non avere paura, ci dona il coraggio evangelico, lo stesso che avevano gli Apostoli anche quando subivano persecuzioni per la loro testimonianza a Gesù. Noi cattolici non provochiamo nessuno, ma non dobbiamo avere paura di confessare la nostra fede in pubblico, come ha detto anche il Papa in “Mane nobiscum, Domine”, il documento per l’Anno dell’Eucarestia. Allora tutto questo è positivo da parte dei diversi gruppi che si trovano sotto l’ombrello dei carismatici. Dobbamo incoraggiarli.

 

D. – Oggi serve un annuncio più forte ed incisivo del Vangelo, non è vero?

 

R. – Certamente.  Come disse Papa Giovanni Paolo II nella Redemptoris Missio, dopo duemila anni la missione del Redentore è solo all’inizio. Ci sono due terzi dell’umanità che ancora non conoscono Gesù o non lo accettano. Non possiamo restare indifferenti. Ci sono aree geografiche, una volta cristiane, che hanno bisogno di essere rievangelizzate. Perciò il Papa parla di nuova evangelizzazione. Nuova non nel contenuto, ma nel metodo, nello slancio, nello spirito con il quale noi annunciamo Gesù oggi e domani.

 

D. – I laici, pertanto, hanno una responsabilità più grande rispetto al passato?

 

R. – La loro responsabilità è sempre stata grande, ma essa è stata  particolarmente sottolineata dal Concilio Vaticano II il quale ha affermato che la Chiesa non può svolgere la sua missione se anche i laici non fanno la loro parte. I chierici, i religiosi le religiose faranno la loro parte, ma il ruolo dei laici nell’evangelizzazione dell’ordine temporale è insostituibile. Devono portare lo Spirito di Cristo nella famiglia, nella politica, nel lavoro, nella ricreazione, nei media – radio televisione, computer – ed anche nelle relazioni nazionali e internazionali. In tutti questi settori sono i laici ad essere gli apostoli di Gesù. Quando svolgono questo apostolato non stanno facendo un favore al Papa, al vescovo o al sacerdote. Stanno facendo la loro parte nella missione totale della Chiesa.

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“UN CIRCOLO SENZA FINE DI VIOLENZA E TERRORISMO, AZIONI MILITARI E REAZIONI, UNA SERIE DI RAPPRESAGLIE CHE GENERANO PIÙ VIOLENZA”: COSÌ L’OSSERVATORE PERMANENTE DELLA SANTA SEDE PRESSO LE NAZIONI UNITE A NEW YORK, L’ARCIVESCOVO MIGLIORE, COMMENTANDO IL RAPPORTO DELL’AGENZIA DELL’ONU

PER I RIFUGIATI PALESTINESI IN MEDIO ORIENTE

- A cura di Roberta Gisotti -

Un contesto tristemente familiare quello di “un circolo senza fine di violenza e terrorismo, azioni militari e reazioni, una serie di rappresaglie che generano più violenza”. E’ la situazione fin troppo nota che attanaglia da decenni la Terra Santa, come ha denunciato ancora una volta l’osservatore permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite a New York, l’arcivescovo Celestino Migliore, commentando ieri il rapporto dell’Agenzia dell’Onu per i rifugiati palestinesi in Medio Oriente (UNRWA). “Un’analisi realistica della situazione – ha detto il presule - mostra che c’è tanta retorica su come fare la pace” ma molta poca politica per ricomporre le differenze. Del resto - ha aggiunto - “la riluttanza della comunità internazionale a sfidare le leadership israeliana e palestinese a negoziare in buona fede” ha contribuito a far sì che la Road Map non venisse realizzata. “Senza questi indispensabili negoziati, non vi sono opportunità di riconciliazione, perdono, compromesso o collaborazione, tutti prerequisiti per una pace durevole nella regione.” L’arcivescovo Migliore ha quindi lamentato come i correnti livelli di violenza tengano i pellegrini lontani dalla Terra Santa, penalizzando economicamente ancor più tutti gli abitanti della regione, e ostacolando pure il diritto dei popoli di tutto il mondo a visitare e a pregare nei luoghi religiosi. Da qui l’auspicio perché la famiglia delle Nazioni Unite sfidi tutti gli attori coinvolti nella tragica vicenda a rinnovare i loro sforzi per portare la pace in questa regione. “Solo con una pace giusta e durevole, non imposta ma garantita attraverso negoziati – ha concluso il capo della delegazione vaticana – saranno adempiute le legittime aspirazioni di tutti i popoli.”

 

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

Un doppio titolo apre la prima pagina: "I cristiani portino il fermento evangelico nelle istituzioni europee"; "Una speciale preghiera per le vittime del terrorismo e per la pace nel mondo". L'auspicio e l'invocazione di Giovanni Paolo II all'Angelus di domenica 31 ottobre e della Solennità di Tutti i Santi.

Sempre in prima, il telegramma di cordoglio del Santo Padre per la morte del cardinale Gustaaf Joos.

 

Nelle vaticane, un articolo di Alba Dini Martino dal titolo "L'attualità dei valori femminili nella vita della società".

 

Nelle estere, due interventi della Santa Sede.  Il primo sul tema: "Favorire il progresso delle scienze mediche nell'ottenimento e nell'uso delle cellule staminali, senza consentire il ricorso a pratiche che sono contrarie alla dignità umana".

Il secondo sul tema: "Coltivare in ogni uomo l'imperativo di essere operatore di pace".

In rilievo due articoli rispettivamente dedicati al Medio Oriente e all'Iraq dove imperversano sanguinose violenze. 

 

Nella pagina culturale, per la rubrica "Incontri" il fotografo Gianni Berengo Gardin intervistato da Giuseppe Costa.

Il titolo dell'articolo è "Nelle migliaia di scatti fotografici la costante attenzione all'uomo".

Per l'"Osservatore libri" un articolo di Marco Testi in merito al "Discorso all'ufficio oggetti smarriti", la recente silloge poetica di Wislawa Szymborska.

 

Nelle pagine italiane, in primo piano il tema del fisco.

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

2 novembre 2004

 

 

UN’AMERICA DIVISA IN DUE SCEGLIE OGGI SE CONFERMARE ALLA CASA BIANCA

 IL REPUBBLICANO BUSH O VOLTARE PAGINA CON IL DEMOCRATICO KERRY

- Con noi, il prof. Massimo Teodori -

 

Bush o Kerry: l’America decide. Dopo una campagna elettorale lunga 10 mesi, iniziata a gennaio con le primarie democratiche, gli elettori americani sono oggi chiamati al voto per eleggere il presidente e rinnovare il Congresso. I seggi sono già aperti sulla Costa Orientale degli Stati Uniti. Gli ultimi a votare, per la differenza di fuso orario, saranno i cittadini dell’Alaska e delle isole Hawaii. I primi dati arriveranno nella notte italiana. Incerto, comunque, il risultato con i due candidati alla pari secondo tutti i sondaggi, mentre sembra certa l’affluenza record alle urne, come non avveniva da 30 anni. Ma ripercorriamo le ultime, frenetiche ore della campagna presidenziale nel servizio di Paolo Mastrolilli:

 

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Alla vigilia del voto i due candidati alla presidenza degli Stati Uniti erano in perfetta parità. Questo indica quanto sia spaccata l’America e quanto sia incerta questa elezione. Il presidente Bush e il senatore Kerry hanno usato la giornata conclusiva della campagna per visitare gli Stati chiave ed ancora indecisi e cercare di convincere gli ultimi elettori, che potrebbero fare la differenza. Il capo della Casa Bianca è volato in Ohio, Pennsylvania, Wisconsin, Iowa, dove ha dichiarato che l’economia si sta riprendendo ed ha accusato il suo rivale di essere troppo debole nella lotta al terrorismo. Kerry ha iniziato la giornata in Florida e poi è andato in Ohio e Wisconsin, prima di volare in Michigan. Il senatore ha detto che il mondo guarda agli Stati Uniti ed è arrivato il momento di obbligare il presidente ad assumersi le responsabilità degli errori commessi in Iraq e nella gestione dell’economia per cambiare la direzione del Paese. Tutti gli analisti si aspettano un grande incremento dell’affluenza alle urne. Vista la sostanziale parità, molti temono anche una ripetizione dei problemi legali del 2000 in Florida ed in altri Stati.

 

Da Boston, per la Radio Vaticana, Paolo Mastrolilli.

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Come quattro anni fa nella sfida tra Bush e Al Gore, anche questa volta i due candidati alla Casa Bianca sembrano in perfetta parità a livello nazionale. Tuttavia, la vittoria presidenziale dipende dal risultato nei singoli 50 Stati dell’Unione, come spiega il professor Massimo Teodori, docente di storia americana all’Università di Perugia, al microfono di Alessandro Gisotti:

 

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R. – Il presidente degli Stati Uniti non è eletto dal voto popolare, ma è eletto dai cosiddetti grandi elettori o voti elettorali. I voti elettorali sono una sorta di punti che ogni Stato rappresenta, da un massimo di 55 voti elettorali della California ad un minimo di 3 voti elettorali degli Stati più piccoli. Complessivamente in tutti gli Stati Uniti i voti elettorali sono 538 e per essere eletto presidente occorre guadagnare almeno 270 voti e cioè la maggioranza dei voti elettorali. Come si guadagnano questi voti elettorali? Il voto popolare si conteggia Stato per Stato e chi prende più voti in ogni Stato conquista tutti i voti elettorali di quello Stato. Se, ad esempio, in California il candidato democratico prende 10 milioni di voti e il candidato repubblicano prende 11 milioni di voti, il candidato repubblicano conquisterà tutti i 55 voti elettorali della California.

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Dunque, l’America decide, in queste ore, se rinnovare la fiducia al repubblicano Bush o voltare pagina scegliendo il democratico Kerry. Per un ritratto dei due politici e i punti salienti dei loro programmi elettorali, il servizio di Alessandro Gisotti:

 

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Bush e Kerry così distanti, così simili. Il presidente in carica, campione del partito repubblicano ed ex governatore del Texas è un figlio dell’élite del nord est del Paese. Quel Nord England da dove proviene anche il candidato democratico, rampollo di una delle famiglie più in vista di Boston. Entrambi hanno studiato a Yale. Le somiglianze, tuttavia, finiscono qui. George W. Bush, infatti, è cresciuto in Texas ed è un uomo del sud: stile diretto, look casual, tendenza al populismo sono i tratti salienti del suo carattere. Kerry, veterano del Vietnam, è invece un politico doc, un intellettuale poliglotta che ama l’Europa e gli sport estremi. Troppo distante dall’America profonda, dicono i Repubblicani. Ma i Democratici rispondono: il mondo è ben più complesso di come Bush vorrebbe farlo apparire.

 

L’elemento leadership ha caratterizzato le due campagne elettorali. Bush lo ha ribadito a tambur battente anche in queste ore. Più articolato il messaggio del senatore democratico, che nei suoi spot riversati sulle tv degli Stati indecisi ha proposto un nuovo corso per l’America. Guardando ai programmi dei due candidati alla Casa Bianca si riscontrano davvero due Americhe diverse. Bush ha proposto di emendare la Costituzione per sancire il matrimonio come unione tra uomo e donna. I democratici sostengono l’inclusione delle coppie gay nella vita del Paese. I repubblicani sono contro l’aborto. I democratici si battono per la libertà di scelta della donna. Altro punto di scontro è la ricerca sulle cellule staminali embrionali. Bush ha vietato i finanziamenti federali alla ricerca. I democratici sono favorevoli. Sul fronte economico, il presidente conferma la sua politica di drastici tagli fiscali. Kerry, invece, vuole revocare gli sgravi ai contribuenti che guadagnano oltre 200 mila dollari all’anno.

 

Il mondo guarda, però, soprattutto alla politica estera di Washington. “Attacchiamo i terroristi all’estero, per non doverli fronteggiare in patria” è il motto di Bush. Nei confronti di ONU e Unione Europea sembra, però, aver parzialmente cambiato rotta e molti osservatori ritengono che un secondo mandato non sarebbe contraddistinto dall’unilateralismo dei primi quattro anni. Kerry ha criticato duramente Bush per “aver ingannato” l’America sulle armi di distruzione di massa irachene. Come l’ex presidente Clinton, crede nel multilateralismo. Una presidenza Kerry registrerebbe perciò un probabile “recupero” del Palazzo di Vetro e dell’alleanza tradizionale con gli Europei. Il candidato democratico ha, però, voluto precisare che, qualora gli Stati Uniti fossero in pericolo, si riserverebbe ogni azione necessaria. Con o senza il placet delle Nazioni Unite. La parola passa ora agli elettori americani chiamati a decidere chi tra Bush e Kerry offra maggiori garanzie di protezione dal terrorismo. In un’America mai così insicura.

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NOVITA’ IN GRAN BRETAGNA IN TEMA DI “BIOINGEGNERIA”:

IL “GIUDIZIO PIENAMENTE NEGATIVO” DI MONS. ELIO SGRECCIA,

VICEPRESIDENTE DELLA PONTIFICIA ACCADEMIA PER LA VITA

 

Una notizia dalla Gran Bretagna in tema di “bioingegneria”: i genitori affetti da una particolare forma di cancro intestinale saranno autorizzati a operare la selezione tra embrioni per evitare la trasmissione della malattia ai loro discendenti. Lo conferma un portavoce “dell'Authority per la fecondazione” secondo cui quattro coppie sono già pronte alla sperimentazione. Al microfono di Massimiliano Menichetti, Elio Sgreccia, vice-presidente della Pontificia Accademia per la Vita:

 

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R. – Evidentemente, procreare in vitro degli embrioni per poi sottoporli a diagnosi preimpiantatoria, per selezionare quelli sani e sopprimere quelli non sani, rappresenta di fronte a qualsiasi coscienza una soppressione di un essere umano vivente e innocente. Il giudizio è perfettamente, pienamente, negativo.

 

D. – Mons. Sgreccia, le analisi genetiche non sono sempre attendibili?  

 

R. – Questa diagnosi preimpiantatoria è soggetta molte volte a dei cosiddetti falsi, per cui si può sopprimere un embrione sano, così come si può reimpiantare un embrione malato, ritenuto sano ma invece malato. Non è una selezione che si possa fare con sicurezza. Ammesso anche che lo si possa fare, si tratta sempre di un giudizio selettivo, negativo e volto ad uccidere: fatto molto grave e illecito.

 

D. – Si continuano a fare appelli affinché la vita sia rispettata, ma l’autorità della fecondazione umana ed embriologica in Gran Bretagna aveva già autorizzato nel luglio scorso la selezione di embrioni a fini terapeutici...

 

R. – L’Inghilterra è stata la prima. E’ stato il primo luogo dove è avvenuta la fecondazione in vitro. Si è costituito, infatti, un Comitato presieduto dalla signora Warnok. Questo Comitato Warnok ha emesso un rapporto e in base a questo rapporto il governo ha fatto una legge e ha costituito una Authority. Così si regolano i permessi su un certo numero di interventi sull’embrione umano, sui processi di procreazione, autorizzandone l’esecuzione, la quale però sta sempre dentro la filosofia del Comitato Warnok e del rapporto Warnok, che non considera l’embrione umano pienamente degno di rispetto, come un essere umano di piena dignità. E’ una logica utilitaristica che apre la strada a cose che giustamente devono essere ritenute delitti contro la dignità e la vita umana.

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“MITZVA’” E’ IL TITOLO DEL LIBRO DI ALAIN ELKANN,

DEDICATO ALLA IDENTITA’ RELIGIOSA E AL RISPETTO DELL’ALTRO

- Intervista con Elio Toaff -

 

 

Di fronte a frequenti episodi di antisemitismo, razzismo e intolleranza, gli ebrei sentono la necessità di riaffermare la propria identità. E’ il senso anche dell’ultimo libro di Alain Elkann: Mitzvà, recentemente edito da Bompiani.  Ma cos’è una Mitzvà e come è possibile contrastare oggi la paura del diverso? Francesco Rossi lo ha chiesto a Elio Toaff, già rabbino capo di Roma:

 

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R. – La Mitzvà è un comandamento che viene direttamente dal “Pentateuco” (l’insieme dei primi cinque Libri della Bibbia). C’è una Mitzvà che è positiva e negativa. Quella positiva comanda di fare qualche cosa, quella negativa vieta di fare qualche cosa; ma tutto si ricollega con quanto è scritto nel Pentateuco.

 

D. – Rabbino Toaff, dopo l’11 settembre è aumentata la paura del diverso. Come contrastarla?

 

R. – Soltanto dicendo che l’uomo è fatto ad immagine di Dio, comunque sia, qualunque colore abbia, a qualunque nazione appartenga.

 

D. – Alain Elkann, da cosa nasce il libro “Mitzvà”?

 

R. – Avevo avvertito il ritorno di momenti di anti-semitismo, manifestazioni brutte e quindi ho sentito l’esigenza profonda di definirmi come ebreo, di dire: “Io sono così, lasciateci tranquilli, smettiamola con questo razzismo”, non solo contro gli ebrei ma anche contro molti altri popoli, molte altre minoranze. Ogni popolo, ogni religione ha il diritto di essere chi è e mi auguro che anche la parola “Mitzvà” entri a far parte del linguaggio di tutte le religioni e di tutti.

 

D. – In un mondo caratterizzato da una crescente secolarizzazione, come è possibile per un ebreo mantenere la propria identità religiosa?

 

R. – Essendo se stessi. Il pericolo non c’è: basta essere coerenti, essere tranquilli di se stessi, e poi gli altri sono obbligati a rispettarti. Si possono avere dubbi sul proprio talento, sulla propria intelligenza … ma non sulla propria identità! Quindi, uno vive felice se è un cattolico credente, un ebreo credente ed è inevitabile essere anche amici: cioè, se una persona sente dentro di sé la fede, non può avere sentimenti ostili verso qualcuno.

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CHIESA E SOCIETA’

2 novembre 2004

 

MISSIONARIO FERITO NELLA REPUBBLICA DEMOCRATICA DEL CONGO

MENTRE CERCAVA DI SEDARE DISORDINI DI QUARTIERE.

ALLA BASE DEGLI SCONTRI UN SOPRUSO PERPETRATO DA UN AGENTE DI POLIZIA

 

KISANGANI. = Un missionario del Malawi, Benoît Kalia, vicario della parrocchia di Malkyia wa Mashahisi (Regina dei Martiri), insieme con altre tre persone, è stato ricoverato in un ospedale di Kisangani per ferite riportate nel tentativo di sedare disordini innescati da un diverbio tra un agente di polizia e il fratello di una giovane donna, a quanto pare aggredita dallo stesso agente. Il capo del villaggio – riferisce l’agenzia MISNA – versa in gravi condizioni, mentre il vicario, colpito alla testa e alle braccia, è stato medicato con diversi punti di sutura. A Malkyia, pochi chilometri lontano dal centro di Kisangani, sul fiume Tchopo, un vecchio campo militare è stato di recente adibito a struttura d’addestramento per la polizia. A quanto pare, quindi, l’agente dei disordini ha mobilitato altri colleghi, che hanno proceduto a ripetuti pestaggi ai danni dei residenti, compiendo abusi, atti vandalici e appiccando il fuoco ad alcune case. “Nel processo di pacificazione e riunificazione della Repubblica Democratica del Congo – ha sottolineato ai microfoni dell’agenzia padre Fermo Bernasconi, superiore provinciale dei Missionari Comboniani, da 17 anni nel Paese africano – tra gli ostacoli, e non tra gli ultimi, c’è l’abuso di potere da parte delle autorità”. “Fin quando le autorità non sapranno rispettare e far rispettare i diritti più elementari delle persone – ha concluso – la pace e la ricostruzione non saranno possibili”. (B.C.)

 

 

TUTTI SONO CHIAMATI ALLA SANTITA’: LO HA RICORDATO IERI L’ARCIVESCOVO

DI MILANO, CARDINALE TETTAMANZI, NELLA SOLENNITA’ DI TUTTI I SANTI.

IL PORPORATO HA PORTATO AD ESEMPIO LE VITE DI

 LUIGI MARIA MONTI, LUIGI TALAMONI E GIOVANNA BERETTA MOLLA

 

MILANO. = Ciascuno di noi è chiamato a perseguire la via della santità, nel lavoro, nella vita quotidiana, nei tanti atti che riempiono la giornata. Lo ha sottolineato ieri l’arcivescovo di Milano, cardinale Dionigi Tettamanzi, durante l’omelia della messa celebrata per la solennità di Tutti i Santi in Duomo. “Ogni cristiano è chiamato a diventare santo – ha osservato il porporato – questa deve essere la meta della nostra vita, questo il punto di arrivo di ogni nostro impegno, come veri discepoli del Signore”. Per spiegare cosa voglia dire essere santi, il cardinale ha illustrato alcuni esempi concreti di beati il cui comportamento “può essere seguito da tutti”. L’arcivescovo del capoluogo lombrado ha ricordato la vita e le opere di Luigi Maria Monti, Luigi Talamoni e Giovanna Beretta Molla, la loro capacità di sacrificarsi per gli altri in maniera disinteressata e di aiutare malati e poveri. I santi – ha concluso il cardinale Tettamanzi – “hanno raggiunto la meta camminando concretamente sulle strade di questo mondo, gomito a gomito con gli uomini e le donne di questa Terra, incontrando le difficoltà e i problemi di sempre e di tutti”. (B.C.)

 

 

SEMPRE PIU’ DRAMMATICA LA CRISI ECONOMICA IN INDONESIA.

NEL MESE DI SETTEMBRE 26 BAMBINI SONO MORTI PER MALNUTRIZIONE

 

JAKARTA. = Piccole vittime in Indonesia per la malnutrizione. Secondo un rapporto del dipartimento provinciale per la sanità, nel mese di settembre 2004 hanno perso la vita 26 bambini, morti per le precarie condizioni economiche delle famiglie povere, che non riescono a provvedere al sostentamento dei figli. Dal 1997 il Paese asiatico è attanagliato da una grave crisi monetaria, che ha acuito il problema della malnutrizione. “Negli ultimi 7 anni le condizioni economiche delle famiglie contadine dello Java Centrale sono peggiorate – afferma Agus Sartono, responsabile del dipartimento provinciale per la sanità, ai microfoni di Asianews – la crisi ha raggiunto la punta massima nel settembre scorso”. La cattiva alimentazione, inoltre, ha favorito la diffusione di patologie quali idrocefalia e problemi cardiaci. Secondo un rapporto del dipartimento della sanità di Semarang, nel 1997 nello Java Centrale 2788 bambini, pari allo 0,52 per cento, vivevano in condizioni di cattiva nutrizione. La percentuale è cresciuta negli anni seguenti (1,86 per cento). “Fino ad oggi abbiamo curato 4394 bambini colpiti da malnutrizione – sottolinea ancora Agus Sartono – ma i genitori spesso sono costretti a portare a casa i propri figli perché non possono affrontare le spese sanitarie”. (B.C.)

 

 

EL SALVADOR IL PAESE PIU’ VIOLENTO DELL’AMERICA CENTRALE.

SECONDO LA POLIZIA, NEI PRIMI OTTO MESI DELL’ANNO SONO STATE UCCISE

OLTRE 1700 PERSONE. SOTTO ACCUSA LE BANDE CRIMINALI GIOVANILI

 

SAN SALVADOR. = Nei primi otto mesi dell’anno nel Salvador sono state uccise 1.797 persone. Lo ha reso noto la Polizia nazionale civile (Pnc), specificando che con una media di sette omicidi al giorno anche quest’anno il Paese si sta confermando il più violento dell’America centrale. Della maggior parte degli omicidi, avvenuti prevalentemente nelle aree cittadine, la polizia incolpa le ‘pandillas’ o ‘maras’, ovvero bande giovanili al centro di molte attività criminali non solo nel Salvador ma in tutta l’America centrale. Non è un caso, infatti, che i governi nell’ultimo anno hanno fatto approvare legislazioni penali molto restrittive per affrontare questo dilagante fenomeno. Alcune organizzazioni umanitarie, tuttavia, non concordano con le stime della polizia e ribattono sostenendo che appena il 15 per cento di questi atti di violenza sono ascrivibili alle attività criminose delle ‘maras’. Il 40 per cento della popolazione di El Salvador, Paese estremamente povero, non ha un lavoro e circa la metà della popolazione vive sotto la soglia di povertà. (B.C.)

 

 

UNA VERA TESTIMONIANZA MISSIONARIA: E’ QUELLA CHE OFFRONO LE SUORE

BENEDETTINE DI TUTZING CHE GESTISCONO UN OSPEDALE A MEI HE KOU, IN CINA.

LA STRUTTURA, INTITOLATA “AMARE LA GENTE”, DISPONE DI DIVERSE CLINICHE,

UN PRONTO SOCCORSO E 20 REPARTI SPECIALIZZATI

 

MEI HE KOU. = Nel nord-est della Cina continentale, nella città di Mei He Kou, è operativo un ospedale cattolico all’avanguardia. La struttura, intitolata “Amare la gente”, ‘AiMin’ in cinese, è gestito dalle Suore Benedettine di Tutzing, in Germania, che lo hanno fatto costruire. Il progetto risale a dieci anni fa, quando le religiose pensarono di rivolgere verso la Cina il proprio impegno sociale. Nel 2000 il progetto è diventato una realtà. Oggi le suore lavorano come infermiere nell’ospedale, che è il più avanzato della zona e dispone di 500 posti letto. La struttura si estende su 6 ettari di terreno, dove sorgono le cliniche, un pronto soccorso e 20 reparti specializzati. Le suore cooperano con paramedici cinesi e istruiscono il resto del personale. Esperti e consulenti tedeschi fanno visita regolarmente all’ospedale. Don Chen, unico sacerdote della città di Mei He Kou, nella provincia di Ji Lin (oltre mille km a nord di Pechino) ha spiegato all’agenzia Fides: “L’ospedale Ai Min è gestito in collaborazione tra le Suore Benedettine e le autorità locali. E’ una struttura apprezzata da tutti. Le suore non possono svolgere opera missionaria direttamente, ma la loro testimonianza, attraverso il lavoro e la vita, è un esempio più convincente di molte parole”. Mei He Kou è una città di 620 mila abitanti, in prossimità del confine tra Cina e Corea del Nord. La comunità cattolica conta poco più di 2 mila fedeli. (A.M.)

 

 

400 OPERATORI PRESENTERANNO IMPORTANTI STUDI SU RIABILITAZIONE,

QUALITA’ DELLA VITA, TECNOLOGIE BIOMEDICHE E DISTURBI DEL COMPORTAMENTO

DURANTE IL PROSSIMO INCONTRO DELL’ASSOCIAZIONE FATEBENEFRATELLI.

L’APPUNTAMENTO SI APRIRA’ IL PROSSIMO 4 NOVEMBRE A MILANO

 

MILANO. = “Ospitalità e Tecnologia” è il tema che accompagnerà il prossimo incontro dell’Associazione Fatebenefratelli per Ricerca biomedica e sanitaria, tra il 4 e il 6 novembre prossimi. L’appuntamento, al quale prenderanno parte 400 operatori provenienti da 14 delle 21 strutture sanitarie del Fatebenefratelli d’Italia, vedrà i contributi di oltre 340 ricerche. Tra questi studi particolarmente interessanti risultano i lavori condotti sulla riabilitazione del paziente, sulle tecnologie biomediche e sui disturbi del comportamento: dall’utilizzo di campi elettromagnetici generati dai telefoni cellulari per studiare forme di intervento su alcune patologie, alla stimolazione magnetica transcranica per il trattamento dei disturbi cognitivi; dalla scoperta dei diversi processi di memoria in soggetti giovani e anziani sani, fino all’importante studio sulla relazione tra spiritualità e qualità della vita. Nel corso della tre giorni di studio interverranno autorevoli esponenti della ricerca, del mondo assistenziale e sanitario italiano. Tra questi, il professore Giacomo Rizzolatti, fisiologo dell’Università di Parma e il professor Coggi, presidente della facoltà di Medicina all’Università di Milano. (B.C.)

 

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24 ORE NEL MONDO

2 novembre 2004

 

- A cura di Amedeo Lomonaco -

 

Resta sempre tesa la situazione in Iraq: continuano gli attacchi della guerriglia, non si interrompe la drammatica strategia dei sequestri adottata dai ribelli: rapito un soldato USA. Su un sito internet islamico, il gruppo del terrorista giordano al Zarqawi ha mostrato il video della decapitazione del 24.enne giapponese Shosei Koda. Nella notte sono stati rilasciati, intanto, due ostaggi iracheni rapiti ieri sera. Il nostro servizio:

 

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         Il centro di Baghdad ancora scosso dalle violenze: almeno 6 persone sono rimaste uccise per l’esplosione di una bomba davanti alla sede del ministero dell’Educazione. A Mossul sono morte due guardie nazionali per la deflagrazione di un ordigno. E un altro iracheno delle forze di sicurezza è stato ucciso a Samarra. Sul fronte ostaggi si deve registrare un nuovo sequestro: lo ha reso noto poco fa la televisione araba Al Jazeera precisando che è stato rapito un soldato statunitense nei pressi di Samarra. Sono invece stati rilasciati, nella notte, due iracheni sequestrati ieri sera nella capitale da un gruppo di guerriglieri. I due uomini hanno confermato che nelle mani dei sequestratori rimangono un cittadino statunitense e un nepalese, entrambi dipendenti di un’azienda libanese-saudita che fornisce servizi per l’esercito americano. E ieri in una base militare a Bassora è stata assassinata la prima soldatessa britannica. Ma su questo episodio non ci sono, al momento, ulteriori informazioni. Nella regione di Kirkuk sono stati sabotati, infine, tre oleodotti: provocanti seri danni alla produzione e all’esportazione di petrolio.

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I guerriglieri afghani responsabili del sequestro dei tre funzionari dell’ONU si sono dichiarati disponibili a prorogare l’ultimatum, che scade domani, se si registreranno progressi nei negoziati avviati con le Nazioni Unite. Intanto, nel sud del Paese, almeno 11 persone sono rimaste uccise in furiosi scontri scoppiati nella provincia di Zabul tra forze governative e ribelli.

 

L’esercito israeliano ha distrutto all’alba di oggi, nel campo profughi di Askar a Nablus, la casa del ragazzo palestinese di 16 anni che ieri si è fatto saltare in aria in un affollato mercato di Tel Aviv, provocando la propria morte e quella di tre israeliani. L’attacco kamikaze, rivendicato ieri dal braccio armato del Fronte popolare di liberazione della Palestina, è stato fermamente condannato dal premier dello Stato ebraico, Ariel Sharon.

 

Il parlamento di Islamabad ha approvato ieri un disegno di legge che autorizza il presidente pakistano, Pervez Musharraf, a mantenere anche la carica di capo di Stato maggiore dell’esercito. Sul terreno, l’esplosione di una bomba a Quetta ha provocato il ferimento di quattro persone. L’attentato è avvenuto ad una trentina di metri dall’ufficio del capo del governo regionale e dal consolato afghano.

 

Si riaccende la tensione tra Pyongyang e Seul. La Corea del Nord ha giudicato totalmente ingiustificati, infatti, i colpi di avvertimento sparati ieri da unità navali sudcoreane nella zona contesa del Mar Giallo. La marina sudcoreana accusa, invece, le tre navi nordcoreane di aver sconfinato.

 

Il presidente designato della Commissione europea, Jose Manuel Barroso, ha chiesto al governo lettone di nominare un nuovo commissario al posto di    Ingrida  Udre. Lo ha annunciato stamani il portavoce del premier uscente, Indulis Emsis, aggiungendo che il governo discuterà della richiesta di Barroso oggi pomeriggio.

 

Il ministro degli Esteri tedesco, Joschka Fischer, ha manifestato i propri timori per lo svolgimento delle elezioni presidenziali in Ucraina, dove gli osservatori internazionali hanno riscontrato diverse irregolarità. Ieri nel rapporto della OSCE, l’Organizzazione per la Sicurezza e la Collaborazione in Europa, è stato anche denunciato l’ampio sostegno dato dalla televisione di Stato a favore del primo ministro filo-russo Viktor Yanukovich. L’attuale premier andrà, il prossimo 21 novembre, al ballottaggio con l’ex primo ministro filo occidentale, Viktor Yushenko.

 

Le prime misure del governo di Montevideo rientreranno nell’ambito di “un piano speciale per combattere la povertà e la disoccupazione. Lo ha annunciato in un’intervista il neo presidente dell’Uruguay, Ramon Vazquez. La politica estera – ha  aggiunto l’oncologo socialista – sarà incentrata su programmi “di austerità economica, ma anche di trasparenza e di efficienza nell’amministra-zione pubblica”.

 

Il presidente del Venezuela, Hugo Chavez, ha consolidato il proprio potere con una netta vittoria nelle elezioni regionali di ieri. I suoi candidati hanno ottenuto 20 dei 23 incarichi di governatore. L’opposizione ha vinto, invece, solo negli Stati di Zula e di Nuova Esparta.

 

“Persecuzione, intimidazione e fallimento dell’assistenza in Darfur”: è questo il titolo dell’ultimo rapporto di Medici Senza Frontiere sulla crisi in atto da circa due anni nella regione occidentale del Sudan e per la quale anche l’Alto commissariato dell’ONU per i rifugiati ha lanciato l’allarme. Il documento di MSF, presentato ieri ad Amsterdam, Berlino e Londra, prende in esame il conflitto interetnico che ha già provocato 70 mila morti e oltre un milione e mezzo di dispersi. Ma qual è l’allarme lanciato nel rapporto? Giada Aquilino lo ha chiesto a Sergio Cecchini di Medici Senza Frontiere-Italia, appena rientrato dal Darfur:

 

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R. – Le azioni di soccorso sul terreno restano insufficienti, nonostante la grande attenzione dedicata negli ultimi mesi a questa crisi e nonostante le visite di personalità come il segretario di Stato Usa, Colin Powell, e il segretario generale dell’Onu, Kofi Annan. La situazione degli aiuti umanitari rimane estremamente delicata, tant’è che in questo momento le tre principali cause di morte in Darfur sono diarrea, malnutrizione e infezioni respiratorie.

 

D. – Cos’è mancato fino ad ora?

 

R. – E’ mancata una risposta adeguata a questa crisi, che è in corso da febbraio del 2003. E oggi, al termine della stagione delle piogge, dobbiamo affrontare un’altra grande emergenza: in Darfur non si è riusciti a fare una semina, per cui la popolazione avrà bisogno di cibo per almeno un altro anno.

 

D. – Cosa serve esattamente?

 

R. – Garantire l’igiene, la potabilità e la gestione delle acque, perché malattie   estremamente facili da propagarsi, come la diarrea, rappresentano ancora per i bambini al di sotto dei cinque anni la principale causa di morte. Ovviamente c’è bisogno di cibo: in alcune zone del Darfur la razione quotidiana data agli sfollati è di 1000 calorie, mentre una minima è di 1500. Sul piano politico, serve inoltre che la comunità internazionale e il governo sudanese vengano obbligati a rispettare le promesse effettuate e quindi a permettere azioni di soccorso umanitario su tutto il territorio. In questo momento, le condizioni di sicurezza in Darfur limitano notevolmente le operazioni delle organizzazioni umanitarie, che difficilmente riescono a raggiungere i piccoli agglomerati di sfollati, dove c’è più bisogno di assistenza.

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Il presidente americano, George Bush, ha prorogato di un anno le sanzioni economiche contro il Sudan. Secondo la Casa Bianca, il governo di Khartoum continua a minacciare la sicurezza nazionale e la politica estera degli Stati Uniti.

 

 

 

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