RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLVIII n. 90 - Testo della Trasmissione di martedì 30 marzo 2004

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

I prossimi impegni del Papa nelle celebrazioni della Settimana Santa

 

Da domani a Rocca di Papa l’ottavo Forum internazionale dei giovani incentrato sul mondo universitario: con noi mons. Stanislaw Rylko.

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Difendere la famiglia dalle mode che vorrebbero cambiarla: l’appello di Giovanni Paolo II al Congresso mondiale delle famiglie a Città del Messico

 

Tra difficoltà e speranze il cammino del Burundi verso la democrazia e la pace: ai nostri microfoni Laura Boldrini

Il Mare d’Aral: cuore malato dell’Asia e culla potenziale del bioterrorismo: nell’ultimo libro di Guglielmo Brayda, “L’anatra dalla testa bianca”, il racconto di una possibile minaccia globale. Intervista con l’autore.

 

CHIESA E SOCIETA’:

Al via domani a Roma il Forum globale organizzato in collaborazione con il programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo

 

E’ ripreso al tribunale di Arusha, in Tanzania, il processo ad alcuni tra i principali imputati per i massacri commessi in Rwanda 10 anni fa

 

Dare risposte concrete ai problemi del mondo, affinchè il Forum sociale non sia soltanto un’occasione di dibattito: obiettivo principale della prossima riunione del Consiglio internazionale, in programma in Umbria dal 3 al 7 aprile.

 

E’ morto ieri a Ginevra l’attore britannico Peter Ustinov

 

Fraternità è la parola chiave del 22.mo Congresso nazionale delle Acli presentato oggi a Roma dal presidente Luigi Bobba

 

24 ORE NEL MONDO:

Domani il nuovo governo francese dopo la riconferma di Raffarin

 

In Iraq violenti scontri tra disoccupati e soldati spagnoli della Coalizione a Najaf

 

In  Uzbekistan, dopo i 19 morti di ieri, 5 persone uccise oggi in diverse esplosioni. 

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                              

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

30 marzo 2004

 

 

CELEBRAZIONI DELLA SETTIMANA SANTA 2004 PRESIEDUTE DAL SANTO PADRE

 

Reso noto stamane il calendario delle celebrazioni liturgiche che saranno presiedute da Giovanni Paolo II nella Settimana Santa durante la quale la Chiesa celebra i misteri della salvezza: l'opera della redenzione umana e della perfetta glorificazione di Dio compiuta da Cristo, specialmente negli ultimi giorni della sua vita, per mezzo del mistero pasquale. Egli morendo ha infatti distrutto la morte e risorgendo ha ridato a noi la vita. Dei prossimi impegni del Papa ci riferisce Roberta Gisotti:

 

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Il 4 aprile, Domenica delle Palme, si celebrerà XIX Giornata mondiale della Gioventù sul tema: “Vogliamo vedere Gesù”. Il Santo Padre in Piazza San Pietro alle ore 10 benedirà le palme e gli ulivi e, al termine della processione, celebrerà la Santa Messa della Passione del Signore.

 

L’8 aprile, Giovedì Santo, il Papa presiederà nella Basilica Vaticana alle ore 9.30 la concelebrazione della Santa Messa Crismale con i cardinali, i vescovi e i presbiteri (diocesani e religiosi) presenti a Roma, quale segno della stretta comunione tra il Pastore della Chiesa universale e i suoi fratelli nel sacerdozio ministeriale. Avrà quindi inizio nelle ore vespertine del Giovedì Santo il Triduo Pasquale. Il Santo Padre presiederà nella Basilica Vaticana alle ore 17.30 la concelebrazione della Santa Messa nella cena del Signore. Dopo l'omelia avrà luogo il rito della lavanda dei piedi a dodici presbiteri, durante il quale i presenti saranno invitati a compiere un atto di carità per i bambini malati del Rwanda e del Burundi. La somma raccolta sarà affidata al Santo Padre al momento della presentazione dei doni. Al termine della celebrazione avrà luogo la traslazione del SS.mo Sacramento alla Cappella della reposizione.

 

Il 9 aprile, Venerdì Santo, il Santo Padre presiederà nella basilica Vaticana alle ore 17 la Celebrazione della Passione del Signore. Quindi Il Santo Padre presiederà il pio esercizio della “Via Crucis”, che avrà luogo al Colosseo alle ore 21,15, al termine del quale rivolgerà la sua parola ai fedeli ed impartirà la benedizione apostolica.

 

Il 10 aprile, Veglia pasquale, il Papa benedirà il fuoco nuovo nell'atrio della Basilica di San Pietro alle ore 19; dopo l'ingresso processionale in Basilica con il cero pasquale e il canto dell'Exsultet, presiederà la Liturgia della Parola, la Liturgia battesimale e la Liturgia eucaristica.

 

L’11 aprile, Domenica di Pasqua, Giovanni Paolo II celebrerà la Santa Messa sul sagrato della Basilica di San Pietro alle ore 10.30 e impartirà la Benedizione “Urbi et Orbi”.

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APRE DOMANI I BATTENTI A ROCCA DI PAPA L’OTTAVO FORUM INTERNAZIONALE

DEI GIOVANI, PROMOSSO DAL PONTIFICIO CONSIGLIO PER I LAICI, SUL TEMA:

“I GIOVANI E L’UNIVERSITA’: TESTIMONIARE CRISTO NELL’AMBIENTE UNIVERSITARIO

- Intervista con mons. Stanislaw Rylko –

 

Saranno circa 300 i delegati di Conferenze episcopali, movimenti, associazioni e comunità di un centinaio di Paesi, a prendere parte all’ottavo Forum internazionale dei giovani, promosso dal Pontificio Consiglio per i laici. Il tema dell’incontro: “I giovani e l’Università, testimoniare Cristo nell’ambiente universitario”. Partendo dall’attuale realtà accademica, attraversata da significativi cambiamenti, e dalla fisionomia delle nuove generazioni di universitari, con le loro prospettive, attese ed esigenze. L’Incontro valuterà l'incidenza degli studi universitari sull'esistenza dei giovani ed il ruolo formativo degli atenei e la loro capacità di rispondere alle domande di senso degli studenti. Il 4 aprile, poi, Domenica delle Palme e XIX Giornata Mondiale della Gioventù a livello diocesano, i convegnisti si ritroveranno al mattino in Piazza San Pietro per assistere alla Liturgia eucaristica presieduta da Giovanni Paolo II. Ma oggi i giovani riescono a testimoniare Cristo nelle università? Giovanni Peduto lo ha chiesto a mons. Stanislaw Rylko, presidente del Pontificio Consiglio per i laici:

 

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R. – Le Università sono un sismografo assai sensibile di tutti i cambiamenti che avvengono nell’ambito della cultura. E siccome la cultura attraversa oggi un periodo di grave crisi, questa crisi si ripercuote fortemente nella vita delle Università. La cosiddetta “didattica” universitaria si riduce spesso ad una mera trasmissione del sapere scientifico – spesso anonimo e spersonalizzato – perciò estremamente frustrante. Le università oggi producono per lo più persone erudite, ma non educano le persone in maniera concreta. Inoltre, il “pensiero debole” che si diffonde a macchia d’olio negli atenei del mondo, rinuncia alla ricerca della verità e proclama i grandi dogmi del suo credo: il dubbio, lo scetticismo e il relativismo radicale. Nel mondo globalizzato la logica di mercato detta le sue leggi anche alla ricerca scientifica. In una tale situazione si sente quindi urgente il bisogno che ci siano uomini e donne audaci, specialmente tra i giovani, capaci di porre le domande sulla verità (specialmente quell’ultima e assoluta!) e sul senso (specialmente quello definitivo e ultimo!).

 

D. – Cosa possono fare di più i giovani per portare il Vangelo nella cultura odierna?

 

R. – Di fronte alla forte pressione della cultura dominante, che vuole ad ogni costo rinchiudere la fede nell’ambito esclusivamente privato, perché non abbia una visibilità e una rilevanza sociale, vogliamo aiutare i giovani a riscoprire la propria identità in quanto cristiani, cioè la loro vocazione e la loro missione. Questo comporta una presenza cristiana coerente, coraggiosa, incisiva e visibile in ogni ambiente, quindi anche nelle Università. Bisogna che i giovani ritrovino oggi il coraggio di essere se stessi, senza alcun complesso di inferiorità nei confronti degli amici non credenti e senza cedere a comodi compromessi con la mentalità dominante. La fede in Cristo non è un tesoro da nascondere, ma da condividere con gli altri!

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UDIENZE E NOMINA DEL NUOVO NUNZIO APOSTOLICO A CUBA

 

Il Papa stamane ha ricevuto in udienza sei presuli statunitensi in visita ad Limina Apostolorum ed il vescovo eletto di Dili nel Timor orientale, mons. Alberto Ricardo da Silva.

 

Il Santo Padre ha inoltre nominato nunzio apostolico a Cuba mons. Luigi Bonazzi, arcivescovo titolare di Atella, finora nunzio apostolico ad Haiti.

 

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

Apre la prima pagina l'articolo sulla storica cerimonia, a Washington, con la quale sono diventati 26 i Paesi membri della Nato: sancito l'ingresso di sette nuovi Stati.

Sempre in prima, una riflessione di Andrea Riccardi dal titolo "Un'Europa di pace sugli scenari del mondo": il discorso del Papa durante la cerimonia per il conferimento del Premio Carlo Magno.

 

Nelle vaticane, un contributo del cardinale Giovanni Battista Re in merito al nuovo Direttorio Pastorale per i Vescovi.

Una monografica dal titolo "La dimensione pasquale costitutiva del giovane credente del Terzo Millennio": una riflessione in vista della XIX Giornata mondiale della Gioventù, che si celebra nella Domenica delle Palme.

 

Nelle estere, l'intervento della Santa Sede nel corso della LX sessione della Commissione dell'Onu sui diritti umani: "Promuovere il diritto allo sviluppo di ogni persona nell'ottica della realizzazione di uno sviluppo integrale".

Un articolo di Gabriele Nicolò su un rapporto della Fao incentrato sulla lotta alla produzione di oppio e sulle strategie dirette a sostenere lo sviluppo del settore agricolo.

 

Nella pagina culturale, la relazione del vescovo Mauro Piacenza in occasione della recente Giornata di studio - presso la Camera dei Deputati, a Roma - dedicata al tema: "Ri-progettare per tutti un patrimonio architettonico proiettato nel futuro".

Per la pagina dell'"Osservatore libri" un articolo di Claudio Toscani su una raccolta di scritti di Vittore Branca intitolata "Protagonisti del Novecento".

 

Nelle pagine italiane, in primo piano il dettagliato ragguaglio sui diversi aspetti legati alla tragica vicenda dell'uccisione, a Napoli, della ragazza quattordicenne.

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

30 marzo 2004

 

 

DIFENDERE LA FAMIGLIA DALLE MODE CHE VORREBBERO CAMBIARLA:

L’APPELLO DEL PAPA AL TERZO CONGRESSO MONDIALE DELLE FAMIGLIE, IN CORSO A CITTA’ DEL MESSICO, ORGANIZZATO DA UN CARTELLO DI ORGANIZZAZIONI SOCIALI

 

Uno spazio interculturale e interreligioso di incontro, riflessione, dialogo e proposta, per rendere possibile e costruire insieme un mondo idoneo alla famiglia. E’ questo l’obiettivo di fondo del terzo Congresso mondiale delle Famiglie, in corso a Città del Messico, che segue i precedenti appuntamenti celebrati nel ’97 nella Repubblica ceca e nel ’99 in Svizzera. Ieri, nel primo giorno di lavori – che si concluderanno domani – i circa 3.500 membri di numerose organizzazioni sociali di oltre 50 Paesi, presenti all’incontro, hanno potuto ascoltare le parole del Papa e di uno degli invitati della Santa Sede, il cardinale Alfonso López Trujillo. Per i particolari, il servizio di Maurizio Salvi:

 

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Dopo la lettura di un messaggio di Giovanni Paolo II, che ha invitato i delegati a difendere l’essenza della famiglia davanti l’offensiva delle mode che vogliono modificarla, il terzo Congresso mondiale è stato formalmente inaugurato da Marta Sahagún, consorte del presidente del Messico, Vicente Fox.

 

La first lady messicana ha subito accolto l’appello del Pontefice sostenendo che la famiglia è un’istituzione vigente, non una moda, né un concetto obsoleto, e si è detta poi convinta che buona parte dei problemi che affrontiamo come società nascono dalla mancanza di amore e di attenzione per l’istituzione familiare. Entrando quindi nel vivo del tema dell’incontro, il cardinale Alfonso López Trujillo - presidente del Pontificio Consiglio per la famiglia, presente al Congresso - ha affermato che la difesa dell’unione familiare va stimolata in tutti gli ambiti della vita pubblica. “Solo nella famiglia fondata sul matrimonio – ha esclamato – si legge la speranza della grandezza, dignità e futuro dell’umanità”. Vicino a lui si trovava il cardinale Renato Martino, presidente del Pontificio Consiglio Giustizia e pace, il quale domani, giornata conclusiva dei lavori, parlerà sul tema “Famiglia, cultura e globalizzazione”.

 

Conversando con i giornalisti, il portavoce dell’incontro, Enrique Gomez Serrano, ha ricordato che lo scopo degli organizzatori è di sensibilizzare i governi affinché adottino iniziative legislative e sociali a difesa dell’istituzione familiare, cellula primaria e fondamentale della società. Annunciato come partecipante, il presidente statunitense George W.Bush ha inviato invece un messaggio in cui chiede la difesa della famiglia naturale da lui considerata fonte dei grandi cambiamenti. “Il patto del matrimonio - ha concluso - è per tutta la vita e, per questo, la sua santità deve essere promossa in tutti i Paesi del mondo”.

 

Maurizio Salvi per la Radio Vaticana.

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TRA DIFFICOLTA’ E SPERANZE, IL BURUNDI PROSEGUE IL CAMMINO

VERSO LA DEMOCRAZIA E IL CONSOLIDAMENTO DELLA PACE:

 

I partiti politici e i movimenti ribelli del Burundi hanno iniziato in questi giorni a Bujumbura dei colloqui per esaminare un progetto di Costituzione in vista delle storiche elezioni di novembre prossimo. Il Paese africano, dunque, continua a camminare sulla strada tracciata nel 2000 dagli accordi di Arusha, dopo anni di sanguinosi scontri interetnici, che hanno provocato 300 mila morti ed oltre un milione di profughi. Un percorso verso la pace e la democrazia irto d’ostacoli, giacché permane nel Paese uno stato di violenza diffusa, mentre è ancora vivo il ricordo del tragico agguato in cui - tre mesi fa - ha perso la vita il nunzio apostolico Michael Courtney. Proprio in questi giorni, Laura Boldrini – portavoce italiana dell’Alto commissariato dell’Onu per i Rifugiati – ha visitato il Burundi. Alessandro Gisotti l’ha raggiunta telefonicamente per raccogliere una testimonianza su come la popolazione burundese stia vivendo questa delicata fase di transizione:

 

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R. – Forse per la prima volta in Burundi si sta sviluppando una situazione che volge al meglio. Ci sono stati degli accordi, lo scorso anno, con la firma anche del movimento guerrigliero più grande, l’Fdd: questo accordo fa pensare che veramente il Paese sia giunto ad una svolta. Noi abbiamo visitato i campi profughi in Tanzania dove ci sono oltre 480 mila rifugiati burundesi dal 1993 che sono assistiti dall’Alto Commissariato dell’Onu per i rifugiati, ma ce ne sono circa 350 mila del 1972, di un’altra ondata, che vivono nei cosiddetti ‘settlements’, che non ricevono neanche più gli aiuti. Quindi, si stima che siano circa 800 mila ancora oggi i rifugiati burundesi in Tanzania. Ecco, oggi il Burundi è ad una svolta perché gli accordi di Arusha in questi tre anni sono stati rispettati e perché a novembre dovrebbero esserci le elezioni. Noi abbiamo incontrato anche il presidente del Burundi che ha ribadito l’impegno che le elezioni si tengano a novembre, ma è anche vero che non si possono tenere le elezioni se ancora non sono stati smobilitati i guerriglieri ... Quindi, questa è un po’ una minaccia. Una buona notizia è che l’Fnl, la componente che non ha firmato gli accordi di Arusha, sembra adesso disposta a riconsiderare la propria scelta. Il presidente ci ha detto che presto ci sarà anche la sigla degli accordi con l’Fnl.

 

D. – Quali sono oggi le emergenze più pressanti per la popolazione del Burundi?

 

R. – E’ un Paese in cui il presidente della Repubblica guadagna 500 dollari e la gente comune guadagna mezzo dollaro al giorno, quindi alla base di tutto c’è un problema economico; il rischio, come sempre, è quello che l’unica fonte di sostentamento diventi l’utilizzo delle armi: la guerra. E’ importante quindi far fronte ai bisogni della popolazione con investimenti mirati e seri perché altrimenti si rischia che queste persone ritornino dai Paesi confinanti e non trovando né una casa – perché è stata distrutta – né più la terra perché occupata da altri, fuggano di nuovo e questo sarebbe – come dire – buttare via un’occasione.

 

D. – Quali sono gli interventi più significativi che l’Alto Commissariato dell’Onu per i rifugiati sta attuando?

 

R. – In Burundi stiamo operando questo rimpatrio massiccio: dal 2002 abbiamo già rimpatriato 150 mila persone. Tanta gente vuole tornare a casa, perché la gente crede nel processo di pace. Il rimpatrio significa il trasporto, ma anche investire nel sistema scolastico, nella riconciliazione; significa informare le persone sui propri diritti. Stiamo facendo questo lavoro logistico, di trasporto dei rifugiati, sia di distribuzione degli aiuti per tre mesi a chi rientra, ma anche un lavoro mirato agli alloggi. Il programma sarebbe di costruire 100 mila case nel giro di tre anni – fondi permettendo! Anche i programmi hanno delle battute d’arresto a seconda delle risposte dei Paesi donatori.

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IL MARE D’ARAL: CUORE MALATO DELL’ASIA

E CULLA POTENZIALE DEL BIOTERRORISMO:

NELL’ULTIMO LIBRO DI GUEGLIELMO BRAYDA,

“L’ANATRA DALLA TESTA BIANCA”,

IL RACCONTO DI UNA POSSIBILE MINACCIA GLOBALE

- Intervista con l’autore -

 

         Una minaccia devastante - il furto di una letale arma biologica - che prende il via al riparo del desolato scenario del Mare d’Aral, dove giacciono abbandonati gli arsenali chimici ex sovietici. Scienziati russi senza scrupoli - giunti ai vertici di importanti organismi internazionali o di aziende farmaceutiche occidentali, dopo il crollo dell’Urss - che tentano di lucrare sul traffico dell’arma, finita in mano ad una cellula di terroristi islamici. Un progetto di morte che si incrocia con una missione ambientale della Banca Mondiale, che tenta di riportare acqua e speranza proprio nel degradato ecosistema dell’Asia centrale. Sono gli ingredienti dell’ultimo e romanzo del neurologo e scrittore bolognese Guglielmo Brayda, che dopo aver affrontato nel ’99 il tema della clonazione, ha costruito una trama avvincente e attuale, basata sulla minaccia bioterroristica. Il titolo del libro - “L’anatra dalla testa bianca” - è anche metafora del finale aperto alla speranza: il raro palmipede torna a ripopolare il suo habitat nel Mare d’Aral, distrutto da progetti assurdi e da un gravissimo inquinamento. Sugli spunti offerti dal romanzo, che si fa apprezzare anche per la solida base scientifica che lo sorregge, Alessandro De Carolis ha conversato con l’autore:

 

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R. – L’Unione Sovietica aveva un programma, il “Biopreparat”, dotato di cospicui finanziamenti e di più di 2 mila ricercatori, sparsi in alcuni laboratori strategici dell’Unione Sovietica, che è stato successivamente smantellato – ovvero privato delle risorse economiche – quando con l’avvento della glasnost si è giocato a carte scoperte. Il problema è che molti di quei ricercatori avevano e hanno tuttora il know-how per realizzare armi biologiche, però sono senza lavoro: dunque, il rischio che si mettano a lavorare per qualcuno che offra loro qualcosa di cui vivere è molto alto. Gli Stati Uniti sono a conoscenza di tutto questo e cercano di intervenire, ma alcuni di questi laboratori sono dislocati in delle Repubbliche ex-sovietiche, ora islamiche, con le quali non è facile trattare. Un problema che abbiamo riscontrato anche con le recenti esperienze: non basta occupare una Repubblica islamica per averne il controllo totale.

 

D. – In uno scenario di tensione come quello che stiamo vivendo, che rischi concreti ci sono che si verifichi quello che lei immagina nel libro: ovvero che gli arsenali chimici ex-sovietici finiscano in mano a terroristi islamici?

 

R. – Ho letto di recente un’intervista su “Il Giornale” fatta da un giornalista pakistano molto accreditato - uno dei pochi ad avere intervistato Bin Laden - che riportava una dichiarazione di Al Zawayiri. L’affermazione diceva testualmente: “Abbiamo fatto shopping a Tashkent – Tashkent è la capitale dell’Uzbekistan, dove io ho ambientato buona parte della mia storia – e abbiamo comprato uranio per costruire la bomba, perché a Tashkent si può trovare ormai di tutto: armi biologiche, uranio e scienziati disponibili a collaborare”. Se oggi l’Afghanistan di fatto è difficile da utilizzare per questo tipo di traffici, il commercio delle armi biologiche si è spostato nelle Repubbliche limitrofe che sono quelle – tipo l’Uzbekistan, il Kirghistan, il Turkmenistan – che circondano il bacino del Mare Aral.

 

D. – Che cosa si può fare, secondo lei, per ovviare a questo pericolo?

 

R. – Collaborare il più possibile con questi Paesi che però, come dicevamo prima, hanno all’interno sacche di fondamentalismo che li rende non del tutto disponibili alla collaborazione. Va detto che i controlli alla frontiera per alcune di queste armi biologiche sono quasi impossibili, perché a volte si tratta di polveri inerti, inodori, incolori. Armi che il Pentagono definiva “una minaccia asimmetrica”, perché mentre da una parte c’è un apparato di verifica tecnologicamente raffinatissimo, dall’altra c’è un oggetto assolutamente semplice ma incontrollabile.

 

D. – Lei ha potuto visitare di persona la zona del Mare d’Aral, teatro da anni di uno tra i più gravi disastri ambientali del pianeta: come si presenta oggi la situazione ambientale?

 

R. – In maniera tragica. Gli enti finanziatori, come la Banca Mondiale, hanno deciso di abbandonarlo, nel senso che non si può pensare realisticamente ad un suo totale recupero. Quello che si cerca di recuperare sono delle cosiddette “aree umide”, che possano in qualche modo aiutare le popolazioni locali - sia dal punto di vista ittico che dell’irrigazione - e anche servire a quelli che io ho usato un po’ come metafora nel mio libro, gli uccelli migratori, che hanno bisogno di queste zone umide per riposarsi nel loro viaggio.

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CHIESA E SOCIETA’

30 marzo 2004

 

AL VIA DOMANI A ROMA IL FORUM GLOBALE ORGANIZZATO IN COLLABORAZIONE

CON IL PROGRAMMA DELLE NAZIONI UNITE PER LO SVILUPPO. IN AGENDA LE SOLUZIONI DEI MUNICIPI PER I POVERI ED IL RUOLO DELLE AUTORITA’ LOCALI

NEGLI OBIETTIVI DI SVILUPPO DEL MILLENNIO

 

ROMA. = I leader delle città, da Katmandu a Lima, si daranno appuntamento da domani a Roma per una tre giorni dedicata alla promozione del partenariato e alla mobilitazione delle risorse per migliorare le condizioni di vita dei poveri. All’incontro, realizzato in collaborazione con il Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo, numerosi saranno i temi in agenda; in primo piano l’analisi delle soluzioni concrete da adottare o già adottate dai Municipi in favore dei poveri, ma anche il ruolo delle autorità locali nel raggiungimento degli Mdf, gli Obiettivi di Sviluppo del Millennio, obiettivi realistici imperniati su miglioramenti nei settori dell’istruzione, della sanità delle donne e dei bambini, sull’uguaglianza dei generi, ma anche sul controllo delle malattie e delle fonti di energia rinnovabile. Finalità principale dell’assise: dimezzare la povertà nel mondo entro il 2015. Un fine importante, che affonda le radici negli obiettivi approvati da tutte le Nazioni presenti al vertice delle Nazioni Unite del 2000, ma che si inserisce in un contesto complesso e diversificato. Attualmente, infatti, il 50 per cento della popolazione del pianeta vive nelle città, con l’85 per cento della crescita della popolazione mondiale registrata nelle aree urbane, quasi interamente in Africa, America Latina ed Asia. Nella maggior parte dei casi, inoltre, i poveri non hanno accesso all’assistenza sanitaria, all’istruzione, vivono in ambienti degradati. Ed il futuro per loro non è certo roseo: milioni di persone, infatti, si apprestano ad affrontare un’esistenza di miseria, se le autorità locali non interverranno con strategie in grado di attuare politiche urbane sostenibili. L’incontro di Roma avrà come obiettivo proprio la traduzione degli obiettivi in strategie concrete di sviluppo municipale che non perdano mai di vista le esigenze dei poveri. Ma il Forum rappresenta anche una piattaforma a disposizione delle autorità locali per facilitare gli scambi e sfruttare l’esperienza di altri governi locali nella lotta alla povertà. Al Palazzo dei Congressi della capitale italiana saranno presenti delegati di oltre 700 diverse realtà. (S.S.)

 

 

E’ RIPRESO AL TRIBUNALE DI ARUSHA, IN TANZANIA, IL PROCESSO AD ALCUNI

TRA I PRINCIPALI IMPUTATI PER I MASSACRI COMMESSI IN RWANDA 10 ANNI FA

 

ARUSHA. = Tra 500 e 800 mila vittime. Questo il tragico bilancio del genocidio che 10 anni fa fu perpetrato in Rwanda contro Hutu e Tutsi moderati. E a pochi giorni di distanza dal decimo anniversario da quel triste episodio, il Tribunale internazionale per il Rwanda ad Arusha, in Tanzania, ha ripreso i processi contro i principali imputati per quei fatti di sangue. Tutti, accusati di crimini di guerra e contro l’umanità, si sono già dichiarati non colpevoli. Iniziato alla fine di novembre del 2003, il processo era stato poi sospeso lo scorso 11 dicembre. Il primo procedimento giudiziario, detto “dei militari”, riguarda solo uno dei filoni di inchiesta della Corte istituita dall'Onu dieci anni fa. Il principale accusato è Theoneste Bagosora, ex-capo di gabinetto del ministero della difesa di Kigali, che la procura del Tpir considera il "cervello del genocidio". Insieme a lui, tre alti gerarchi delle forze armate ruandesi. In un altro procedimento sono invece chiamati a rispondere delle proprie responsabilità Mathieu Ngirumpatse, ex-presidente del Movimento repubblicano nazionale per la democrazia - il potente partito dell’allora capo di Stato Juvenal Habyarimana - l’ex-ministro degli Interni, Edouard Karemera, e altri due esponenti di spicco della stessa formazione politica. Secondo l’agenzia “Hirondelle”, i quattro imputati ieri non si sono presentati in aula; i loro legali hanno spiegato questa assenza come un gesto di protesta contro il Tribunale, che non avrebbe preso in considerazione alcune loro lamentele. Finora, la Corte dell’Onu di Arusha ha emesso diciannove sentenze definitive e una ancora pendente in appello: gli imputati sono in totale 57. (S.S.)

 

 

DARE RISPOSTE CONCRETE AI PROBLEMI DEL PIANETA: RIUNIONE DEL CONSIGLIO

INTERNAZIONALE DEL FORUM SOCIALE MONDIALE, IN UMBRIA DAL 3 AL 7 APRILE, IN PREPARAZIONE DEL PROSSIMO APPUNTAMENTO DI PORTO ALEGRE NEL GENNAIO 2005

- A cura di Dorotea Gambardella -

 

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ROMA. = Un Forum sociale mondiale che non sia mero luogo di dibattito e di analisi, ma che si renda capace di fornire risposte concrete ai problemi del mondo. Problemi che con il tempo diventano sempre più complessi, come ha sottolineato Flavio Losi dell’Assemblea dell’Onu dei popoli. Di questo si discuterà nella riunione straordinaria del Consiglio internazionale del Forum sociale mondiale che si svolgerà in Umbria dal 3 al 7 aprile, nell’isola Polvese del lago Trasimeno. Il Forum - è confermato - si svolgerà a Porto Alegre in contemporanea con il vertice economico mondiale di Davos, proprio per sottolineare le differenze tra il nord e il sud del mondo, ha fatto notare Vittorio Agnoletto del Forum sociale italiano. Globalizzazione, pace, terrorismo, rafforzamento del ruolo delle Nazioni Unite, questioni agricole, lavoro dignitoso per tutti: questi i temi sul tavolo del prossimo Forum mondiale. Infine, per agevolare la partecipazione al vertice di Porto Alegre di quelle delegazioni appartenenti alle fasce di reddito più basso, il Consiglio dibatterà della creazione di un fondo di solidarietà, con il quale rimborsare parte delle spese di viaggio.

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E’ MORTO IERI A GINEVRA L’ATTORE BRITANNICO PETER USTINOV. CON LA SUA LUNGA VITA AVEVA PERCORSO QUASI L’INTERO NOVECENTO, CON LO SGUARDO

SEMPRE RIVOLTO AI PIU’ DEBOLI. ERA DA OLTRE 30 ANNI AMBASCIATORE DELL’UNICEF.

- A cura di Enzo Natta -

 

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GINEVRA. = Lutto nel cinema. Molti i messaggi di cordoglio per l’attore britannico Peter Ustinov, morto la scorsa notte, in Svizzera, all’età di 82 anni. Era nato a Londra nel 1921 e a soli 18 anni aveva esordito in teatro interpretando una serie di sketch scritti di suo pugno. In questa duplice veste di attore e di autore, Peter Ustinov manifestò il suo estro lungo tutta la carriera. Nel 1944, mentre prestava servizio militare durante la seconda guerra mondiale, scrisse la prima commedia e partecipò alla sceneggiatura del film ‘La via della gloria’ di Carol Reede, seguito dalla prima regia cinematografica con ‘Scuola per segreti’. La notevole stazza, il fisico corpulento, facevano da pendant ad una personalità esuberante e all’abilità nell’imitare voci e accenti. Una qualità che favorì il suo impiego in ruoli contrassegnati da una spiccata ironia, come quelli dell’investigatore Ercule Poirot e del detective Charlie Chan, controbilanciati da impegni dalle forti connotazioni drammatiche: nel 1951 fu lo strabiliante Nerone nel ‘Quo Vadis’ di Mervine Leroy, nel 1960 vinse il primo Oscar grazie a ‘Spartacus’ di Stanley Kubric e, quattro anni dopo, si aggiudicò la seconda statuetta con ‘Topkapi’ di Jules d’Assen. Tutte interpretazioni in cui ebbe modo di mettere in risalto doti di attore antitradizionale, forte di pregevoli qualità mimiche. Ma nello stesso tempo non trascurò di curare il suo estro registico, dirigendo film come ‘Giuliet e Romanov’, ‘Billy Bud’, ‘Lady L.’ in cui continuò a dar prova di intelligente umorismo, gusto drammatico e senso dello spettacolo.

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FRATERNITÀ È LA PAROLA CHIAVE DEL 22.MO CONGRESSO NAZIONALE DELLE ACLI

PRESENTATO OGGI A ROMA DAL PRESIDENTE LUIGI BOBBA

- A cura di Stefano Leszczynski -

 

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ROMA. = Sette proposte per l’agenda del Paese, dalla famiglia alla formazione, dalla scuola ai media all’immigrazione, all’ambiente, in un contesto necessariamente europeo. Questi i temi di fondo del 22.mo Congresso nazionale delle Acli che sta per aprirsi a Torino dal 1° al 4 aprile presso il centro Congressi del Lingotto. Titolo scelto per il Congresso di quest’anno ‘Allargare i confini sulle rotte della fraternità nella società globale’. “La scelta del titolo – ha detto Luigi Bobba, presidente delle Acli – è innanzitutto la risposta coerente al mandato di Giovanni Paolo II alle Acli ‘allargate i confini della vostra azione sociale’. Questo significa per noi – ha continuato Bobba – non solo di pensare ai campi tradizionali della nostra azione sociale, cioè economia, lavoro, welfare e democrazia, ma anche aprirsi ad arrischiarsi su sfide inedite nel tempo della globalizzazione per poter essere anche in futuro un’associazione di frontiera”. Alla luce, poi, dei recenti tragici fatti il terrorismo internazionale da un lato e della nuova ideologia della guerra preventiva, dall’altro, ha per quanto mai urgente e necessario il progetto che le Acli intendono collaborare e costruire, cioè quello di una fraternità senza terrore. Essere operatori di pace, vivere la sobrietà come stile di vita, esercitare la responsabilità civica, costruire reti di democrazia associativa, promuovere la politica di interdipendenza: sono queste le strade che l’Associazione vuole percorrere nel corso del Congresso nazionale di Torino. Le Acli rinnoveranno i propri Organismi attraverso il voto ai delegati. Verranno eletti il presidente dell’Associazione e i membri del Consiglio nazionale.

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24 ORE NEL MONDO

30 marzo 2004

 

- A cura di Fausta Speranza -

 

La composizione del nuovo governo francese, con la riconferma di Raffarin decisa dal presidente Chirac, sarà resa nota domani con tempi-record. In mattinata, dopo la schiacciante vittoria della sinistra alle elezioni regionali di domenica, il primo ministro Raffarin aveva presentato le dimissioni ma il capo di Stato ha immediatamente riconfermato l’incarico. Il primo Consiglio dei ministri è già fissato per venerdì prossimo. Proprio a causa della formazione del nuovo governo, è stata rimandata la sabato 2 aprile la visita a Mosca di Chirac, in precedenza prevista per il giovedì e venerdì.

 

Torna a colpire il terrorismo in Uzbekistan. All'indomani degli attacchi che hanno provocato la morte di almeno 19 persone, stamani almeno cinque persone sono rimaste uccise in una serie di esplosioni e in una sparatoria tra presunti terroristi islamici e poliziotti in una base degli estremisti in un sobborgo della capitale Tashkent.  Ma quali sono i motivi di quest’offensiva terroristica in Uzbekistan, il cui presidente Islam Karimov, prima delle operazioni americane in Afghanistan, ha concesso a Washington di portare basi e militari in territorio uzbeko? Giancarlo la Vella lo ha chiesto a Giulietto Chiesa, inviato speciale ed analista della Stampa:

 

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R. – Io credo che l’Uzbekistan sia l’anello debole dell’alleanza dei sei Paesi asiatici – Cina, Russia, Uzbekistan, Tagikistan, Kazakhstan e Kirghizia – che da tempo sta cercando di costruire un’alternativa alla presenza americana. Siamo di fronte ad una zona soggetta a profonde modificazioni strategiche, strutturali, geo-politiche: dopo la guerra afghana, tutti i rapporti sono in discussione. Islam Karimov è l’uomo che più si è esposto sul fronte dell’amicizia con i nuovi arrivati, cioè gli Stati Uniti d’America che hanno portato per la prima volta truppe, basi e strutture militari nell’Asia centrale. Io sono convinto che dietro a queste operazioni, che hanno evidentemente un’impronta islamica o comunque un sapore di contestazione religiosa alla direzione laica autoritaria e pro-americana di Islam Karimov, vi si può trovare una spiegazione.

 

D. – Possono esserci collegamenti tra chi sta operando in Uzbekistan e le altre forze del terrore che stanno operando in Europa e in Iraq?

 

R. – Ormai è evidente che esistono centrali che agiscono con una visione mondiale del problema e quindi tutte queste operazioni, che probabilmente hanno anche protagonisti diversi, sono comunque finalizzate ad un progetto che deve mantenere la situazione mondiale in elevato stato di tensione e di inquietudine.

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Il ministro degli Esteri russo, Lavrov, parteciperà il 2 aprile alla riunione informale dei ministri degli esteri del Consiglio Russia-Nato per discutere la situazione alla luce dell'allargamento ad est dell'Alleanza, formalizzato ieri. La riunione di venerdì, a Bruxelles, sarà la prima ad includere rappresentanti dei nuovi Paesi membri, che sono: Bulgaria, Estonia, Lettonia, Lituania, Romania, Slovacchia e Slovenia. Ieri, il presidente degli Stati Uniti, Bush, durante la cerimonia alla Casa Bianca per il benvenuto, ha detto che la Nato fronteggia “un nuovo nemico, che ha provocato la morte di innocenti da New York a Madrid”. L’organizzazione è già attiva nei Balcani e in Afghanistan e valuta l’ipotesi di assumere un ruolo anche in Iraq. Il servizio da Washington di Elena Molinari:

 

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E’ stato il primo riconoscimento ufficiale dell’appartenenza all’Alleanza Atlantica. I leader dei sette Paesi ammessi a far parte della Nato sono stati ricevuti ieri sera alla Casa Bianca da George Bush, con una cerimonia dal valore non solo simbolico. Gli Usa sono infatti i depositari istituzionali del Trattato dell’Atlantico del Nord del 1949 ed è a Washington che devono essere depositati gli strumenti di ratifica di ogni adesione. Quello che si compie questa settimana è il passo più lungo mai compiuto dalla Nato, dalla sua marcia di espansione ad est, cominciata alla fine della Guerra Fredda. Dal 1991 ad oggi, ci sono state cinque fasi di annessione, due, contando quella di ieri, verso Paesi ex comunisti. Dopo Polonia, Repubblica Ceca ed Ungheria e i sette nuovi membri di questa settimana, ora ben il 40 per cento delle Nazioni Nato sono Paesi ex comunisti, un aspetto che ieri Bush ha sottolineato descrivendo l’entrata nella Nato come l’ultimo passo nel difficile cammino verso la libertà compiuto con coraggio da questi Paesi. Meno entusiasta è la Russia, che anche ieri ha ribadito di sentirsi meno sicura per la presenza militare della Nato alle proprie porte. L’efficacia dell’Alleanza Atlantica oggi non si misura però sugli equilibri fra Est ed Ovest, bensì sulla capacità dell’Organizzazione di fronteggiare i rischi posti dal terrorismo internazionale. Una sfida che probabilmente dovrà presto affrontare in Iraq.

 

Da New York, Elena Molinari, per la Radio Vaticana.

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In Iraq, cinque persone sono state ferite in violenti scontri che hanno opposto centinaia di disoccupati a soldati spagnoli della coalizione e poliziotti  iracheni nella città santa sciita di Najaf. Due persone sono rimaste  ferite a Hilla, nel centro, per l'esplosione di  una autobomba davanti al domicilio del capo della polizia della provincia di Babel. Il kamikaze che era alla guida dell'auto è morto.  Gli episodi di violenza si accompagnano alle polemiche negli Stati Uniti sulla disputa riguardo al fatto che l’intervento sia stato una “distrazione” dalla lotta al terrorismo.Il servizio di Paolo Mastrolilli:

 

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In Iraq, la maggioranza sciita ha cominciato a far circolare una petizione sostenuta dall’Ayatollah Al-Sistani contro la Costituzione provvisoria, mentre una delegazione dell’Onu sta valutando come favorire il passaggio dei poteri a fine giugno: il segretario generale dell’Onu, Kofi Annan, afferma che i membri del Palazzo di Vetro stanno valutando la creazione di una forza multinazionale per garantire l’ordine. Questo dibattito su cosa fare per stabilizzare l’Iraq si salda con la polemica in corso negli Stati Uniti sul comportamento del governo prima e dopo l’11 settembre. La consigliera per la sicurezza nazionale, Rice, ha ribadito l’intenzione di non testimoniare in pubblico, davanti la Commissione d’inchiesta federale, per preservare la separazione costituzionale tra il potere esecutivo e legislativo e la riservatezza delle sue conversazioni con il presidente, ma l’opposizione democratica, i familiari delle vittime ed anche alcuni repubblicani la sollecitano a cambiare idea per non alimentare dubbi sulla Casa Bianca.

 

Da New York, per la Radio Vaticana, Paolo Mastrolilli.

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Il primo ministro israeliano Sharon sottoporrà al voto del partito di maggioranza, la formazione di destra Likud, il suo piano per il ritiro militare ebraico dalla Striscia di Gaza. A darne notizia è l’agenzia Reuters, che cita fonti radiofoniche israeliane. Intanto un milione di arabi in Israele osserva oggi una giornata di mobilitazione e di sciopero nell'anniversario della Giornata della Terra, il 31 marzo 1976, quando la polizia israeliana uccise sei arabi che dimostravano contro la confisca delle loro terre. Le manifestazioni odierne giungono in un momento di particolare tensione per la recente uccisione a Gaza del leader di Hamas, lo sceicco Ahmed Yassin, da parte dell'aviazione israeliana. 

 

Il segretario generale dell’Onu, Kofi Annan, ha presentato ieri l'ultima versione del piano per la riunificazione di Cipro alle delegazioni greco-cipriota e turco-cipriota riunite a Lucerna. Il documento contiene 131 proposte di legge e lascia ampi margini di autonomia nelle questioni di politica interna. Dovrà essere visionato e accettato entro domani, ultimo giorno utile per trovare una soluzione. Ma i nodi da sciogliere sono ancora molti, come spiega Cesare Rizzoli:

 

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Le distanze fra la maggioranza greca e la minoranza turca di Cipro riguardano ancora questioni fondamentali come l’assetto costituzionale del futuro Stato confederale, anche se riunito territorialmente; la libertà dei greci di recuperare i loro beni nella parte nord occupata dai turchi; la presenza di 100 mila coloni turchi inviati nel nord dell’isola per rafforzare la minoranza; il ritiro dei 35 mila soldati turchi di occupazione in cambio di una smilitarizzazione generale. Restano, poi, anche altre questioni di sostanza da risolvere: quella di un confine tra i due futuri Stati confederali, il diritto di accordi separati con altri Stati, il periodo di transizione per l’assetto istituzionale, i poteri delle autonomie.

 

Per la Radio Vaticana, Cesare Rizzoli.

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In Polonia, Marek Borowski ha rinunciato alla presidenza della Camera dei deputati, Sejm. Borowski, venerdì scorso, aveva provocato la scissione di una trentina di deputati e senatori dall’Alleanza della sinistra democratica, Sld, per dare vita alla nuova formazione  Socialdemocrazia Polacca, Sdp. In questo modo, aveva fatto  precipitare la crisi latente nel partito al governo che ha portato alle dimissioni del premier Leszek Miller, annunciate per il 2 maggio prossimo. Secondo la tradizione della democrazia polacca, la carica di presidente del Sejm è la seconda carica dello Stato, dopo il presidente della Repubblica, e viene affidata di solito ad un rappresentante del maggiore gruppo parlamentare.

Alle elezioni amministrative di ieri in Turchia, il partito di radici islamiche Akp  ha ottenuto quasi il 42 per cento dei voti, cioè 7,5 punti  percentuali in più rispetto alle elezioni politiche del  novembre 2002. Ha conquistato 57 capoluoghi di provincia su 81, rafforzando la stabilità del governo monocolore presieduto da Tayyip Erdogan, che è anche presidente dell'Akp. Sono questi gli ultimi risultati a disposizione, anche se ancora non ufficialmente annunciati.

 

In Costa d’Avorio prosegue la guerra delle cifre  per i morti della manifestazione della settimana scorsa ad Abidjan convocata dall’opposizione: il governo denuncia 37 vittime ma organizzazioni umanitarie parlano di 200 morti e 400 feriti. Intanto, da più parti si invoca l’apertura di un’inchiesta internazionale per far luce sulle responsabilità dei disordini. Da Parigi, dove si trova in esilio, l’ex primo ministro, Uattara, paragona la crisi ivoriana a quella di Haiti, dove – afferma -“gruppi armati possono fare ciò che vogliono”.

 

Nelle Filippine è stato sventato un attentato del gruppo islamico Abu Sayyaf che avrebbe potuto provocare a Manila molte vittime. Lo ha dichiarato la presidente Gloria Arroyo, paragonando il complotto appena scoperto, con i 36 Kg di esplosivo ritrovato, alle bombe che hanno provocato 191 morti e  più di 1.900 feriti nelle stazioni ferroviarie di Madrid l'11 marzo scorso. Nel corso di una conferenza stampa, la presidente Arroyo, che il 10 maggio si ripresenterà candidata alle presidenziali, ha detto che quattro membri del gruppo Abu Sayyaf sono stati arrestati a Manila in due diverse operazioni. Il gruppo è considerato un fiancheggiatore di Al Qaeda. 

 

Scotland Yard ha confermato oggi i fermi di vari sospetti terroristi islamici, effettuati durante una serie di blitz della polizia in varie aree: nel Sussex, nel Surrey, nella Thames Valley, a Londra e nel Bedfordshire. La notizia era stata anticipata dall'emittente televisiva satellitare Sky News, secondo cui durante le perquisizioni gli agenti avrebbero trovato nelle abitazioni dei sospetti ''quantità significative'' di materiale utilizzato per la produzione di ordigni esplosivi.

 

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