RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLVIII n. 88 - Testo della Trasmissione di domenica 28 marzo 2004

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Il grido di dolore dei bambini vittime della fame e della violenza non resti inascoltato: così, il Papa all’Angelus, al termine del quale ha ricordato il decimo anniversario del genocidio in Rwanda ed ha lanciato un appello per la pace nella regione dei Grandi Laghi

 

Valorizzare l’oratorio come luogo di formazione umana e spirituale: è l’esortazione di Giovanni Paolo II ai fedeli di tre parrocchie romane, ricevuti in Vaticano

 

Difendere la dignità della persona umana per sconfiggere ogni forma di razzismo: così, l’arcivescovo Tomasi, Osservatore permanente della Santa Sede all’Onu di Ginevra, nel suo intervento alla 60.ma sessione della commissione dei diritti umani

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Tra difficoltà e speranze, proseguono in Svizzera i negoziati per la riunificazione dell’isola di Cipro. Ne parliamo con il giornalista Antonio Ferrari

 

Oggi, la decima edizione della Maratona di Roma: una festa dello sport all’insegna dei valori della pace e della solidarietà: ce ne parla, Enrico Castrucci, presidente dell’Italian Marathon Club

 

Il vetro fra arte e scienza nel mondo romano, in una mostra a Firenze: ai nostri microfoni il prof. Paolo Galluzzi, direttore del Museo di storia della scienza.

 

CHIESA E SOCIETA’:

Oltre 300 mila bambini soldato sono coinvolti nei tre quarti dei conflitti del pianeta: è l’allarme lanciato dall’agenzia Fides

 

Famiglia, sviluppo sociale, partecipazione democratica tra i temi della visita pastorale del cardinale Martino in Messico, da oggi al 2 aprile

 

In Cina, 40-60 milioni di bambine rischiano nei prossimi dieci anni di non nascere o di essere uccise. A denunciarlo, le Nazioni Unite

 

Padre Angelo Besenzoni è il nuovo presidente della Conferenza degli istituti missionari italiani

 

Nei cinema italiani The Company, l’ultima pellicola di Robert Altman.

 

24 ORE NEL MONDO:

Rinviato sine die il vertice dei capi di Stato della Lega Araba, in programma domani in Tunisia, mentre cresce la paura neo Territori per possibili nuovi atti terroristici.

 

Nuova ondata di violenza in Iraq: morto anche un bambino di 3 anni.

 

Fallito un possibile colpo di Stato nella Repubblica Democratica del Congo.

 

Chiamati alle urne oggi gli elettori di Georgia, Francia, Guinea Bissau e Turchia.

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

28 marzo 2004

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                             

 

IL GRIDO DI DOLORE DEI BAMBINI VITTIME DELLA VIOLENZA E DELLA FAME

 NON RESTI INASCOLTATO: COSI’, IL PAPA ALL’ANGELUS, AL TERMINE DEL QUALE

 HA RICORDATO IL DECIMO ANNIVERSARIO DEL GENOCIDIO IN RWANDA

 ED HA LANCIATO UN APPELLO PER LA PACE NELLA REGIONE DEI GRANDI LAGHI

- Servizio di Alessandro Gisotti -

 

Il grido di dolore dei bambini che soffrono non resti inascoltato: all’Angelus domenicale, Giovanni Paolo II ha lanciato un nuovo forte appello in favore dei minori, ribadendo l’esortazione del messaggio quaresimale di quest’anno “a porre i bambini al centro dell’attenzione delle comunità cristiane”. Il Papa ha inoltre ricordato il decimo anniversario del genocidio in Rwanda, esortando la comunità internazionale e la popolazione del Paese africano ad impegnarsi per la pace nella martoriata regione dei Grandi Laghi. Il servizio di Alessandro Gisotti:

 

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“Denutrizione e malnutrizione, aggravate da preoccupanti carenze sanitarie, continuano ad essere causa quotidiana di morte” per tanti minori, “privi persino del minimo indispensabile per sopravvivere”. All’Angelus, il Papa ha denunciato, ancora una volta, la tragedia quotidiana che affligge tanti bambini in diverse parti del mondo. Molti di loro, ha rilevato, sono vittime di gravi malattie come Aids e tubercolosi, mancano di istruzione e soffrono la fame. Quindi, ha messo l’accento su un’orribile forma di violenza, diffusa soprattutto nei Paesi poveri: la piaga dei bambini arruolati per combattere in “conflitti dimenticati”:

 

“Subiscono di fatto una duplice scandalosa aggressione: li si rende vittime e al tempo stesso protagonisti della guerra, travolgendoli nell’odio degli adulti. Privati di tutto, vedono il loro futuro minacciato da un incubo difficile da allontanare”.

 

Ha così ribadito come il tempo quaresimale debba indurre i cristiani ad un’accoglienza più generosa, che va tradotta in interventi coraggiosi a favore dell’infanzia a rischio e abbandonata. Quindi ha levato una viva esortazione:

 

“Questi nostri fratelli più piccoli, che soffrono per la fame, la guerra e le malattie, lanciano al mondo degli adulti un angosciante appello. Che il loro muto grido di dolore non resti inascoltato! Ci ricorda Gesù: ‘Chi accoglie anche uno solo di questi bambini, accoglie me’”.

 

Dopo l’Angelus, il Papa ha rammentato come siano trascorsi dieci anni dallo scoppio in Rwanda di gravi scontri tra hutu e tutsi, culminati nel genocidio, in cui furono barbaramente uccise centinaia di migliaia di persone. Al ricordo di quella tragedia immane, il Santo Padre ha aggiunto parole di speranza, parole di incoraggiamento:

 

“A voi, care popolazioni, a voi, capi religiosi e civili, e a tutti voi che, nella comunità internazionale, vi impegnate generosamente per portare la pace nell'amata Regione dei Grandi Laghi, io dico: Non vi scoraggiate! Siate costruttori della civiltà dell'amore, animati dalla parola del Salvatore”.

 

E’ stata così la volta dei saluti alle migliaia di fedeli radunati nella grande piazza San Pietro, sotto un tiepido sole primaverile. Il Papa ha dato appuntamento ai giovani romani a giovedì prossimo, in preparazione alla Domenica delle Palme e Giornata Mondiale della Gioventù. Infine, ha rivolto un pensiero speciale a quanti partecipano alla Maratona di Roma, affinché sia davvero un’autentica festa dello sport.

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LA PASTORALE GIOVANILE E IL RUOLO DELL’ORATORIO COME LUOGO

 DI FORMAZIONE UMANA E SPIRITUALE AL CENTRO DELL’OMELIA DEL PAPA

 ALLA SANTA MESSA DI IERI POMERIGGIO PER I FEDELI DI TRE PARROCCHIE

 DELLA PERIFERIA EST DI ROMA

 

“Una parrocchia unita, all’interno della quale viene rispettata la diversità dei ministeri e dei carismi, mostra il suo volto di famiglia accogliente, animata unicamente dal desiderio di annunciare e testimoniare il Vangelo”. Lo ha affermato il Papa durante la Messa celebrata ieri pomeriggio, nell’Aula Paolo VI, per i fedeli di tre parrocchie della periferia Est di Roma. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

 

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(musica)

 

Rivolgendosi alle comunità di San Giovanni della Croce, Santa Felicita e Santi Crisante e Daria, il Papa ha indicato, tra le priorità pastorali e le sfide apostoliche più urgenti, la promozione di una fraterna comunione tra tutte le componenti parrocchiali. Giovanni Paolo II ha poi rimarcato il ruolo delle parrocchie verso le famiglie e i giovani:

 

“Obiettivo privilegiato della vostra azione sia la pastorale giovanile, valorizzando gli oratori come luogo di formazione umana, spirituale ed ecclesiale dei fanciulli e dei giovani”

 

“Negli oratori – ha aggiunto il Papa – possono incontrarsi le diverse generazioni per favorire la trasmissione della fede ai più giovani, che hanno bisogno di salde figure di riferimento”:

 

“Non stancatevi inoltre di suscitare con la preghiera e l’esempio le vocazioni al sacerdozio e alla vita consacrata”.

 

Il Santo Padre ha, infine, messo in evidenza l’attenzione che le parrocchie devono rivolgere ai bisogni spirituali e materiali dei fratelli vicini e lontani:

 

“Il Vangelo ha bisogno anche di voi per giungere a tanti che lo attendono forse senza saperlo. Cristo conta su di voi. Non deludetelo!”.

 

Ma cosa significa vivere nella parrocchia l’annuncio del Vangelo? Lo abbiamo chiesto ad alcuni partecipanti all’incontro con Giovanni Paolo II.

 

R. - Vivere il Vangelo significa, oggi, andare un po’ contro corrente. E questo perché quello che ci circonda è diventato arido, privo di valori. Vivere il Vangelo significa vivere la famiglia, l’amore.

 

R. - In parrocchia si va a prendere la carica, si va a riflettere insieme e a portare con noi gli spunti che ognuno di noi vive nella vita di tutti i giorni, in famiglia, nel lavoro e con i propri cari.

 

R. - Vivere secondo quanto ti è stato insegnato e ti viene tramandato dalla tua religione è quanto tu ti possa aspettare da te stesso.

 

R. - Certamente è un incontro più profondo con Dio e questo dovrebbe unire sempre di più tutti i popoli del mondo.

 

Numerosa è stata, nell’Aula Paolo VI, la partecipazione di famiglie e bambini. Ad uno di loro abbiamo chiesto come vede il Papa?

 

R. - Bello

 

D. - Bello e poi?

 

R. - Bianco

 

(musica)

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DIFENDERE LA DIGNITA’ DELLA PERSONA UMANA PER SCONFIGGERE

OGNI FORMA DI RAZZISMO E INTOLLERANZA:

COSI’, L’ARCIVESCOVO SILVANO MARIA TOMASI, OSSERVATORE PERMANENTE

DELLA SANTA SEDE ALL’UFFICIO ONU DI GINEVRA, NEL SUO INTERVENTO

ALLA 60.MA SESSIONE DELLA COMMISSIONE DEI DIRITTI UMANI

- A cura di Alessandro Gisotti -

 

“La lotta contro il razzismo e ogni forma di intolleranza può avere successo solo se la dignità e l’eguaglianza umana sono riconosciute come il vero fondamento della società”. E’ quanto affermato dall’arcivescovo Silvano Maria Tomasi, Osservatore permanente della Santa Sede presso l’ufficio Onu di Ginevra intervenuto alla 60.ma sessione della Commissione dei diritti umani delle Nazioni Unite in corso a Ginevra. “La ferita del razzismo – ha constatato il presule – è tornata ad avvelenare le relazioni umane”. Per questo, la lotta contro questa piaga resta un impegno quanto mai attuale.

 

L’osservatore vaticano ha sottolineato come la pietra angolare nella lotta al razzismo resti la Dichiarazione universale dei diritti umani. Tuttavia, ha avvertito, è necessario dare nuova forza agli strumenti internazionali e alle leggi nazionali per sradicare ogni forma di intolleranza.

 

Ha così evidenziato come spesso il razzismo sia frutto di un circolo vizioso che produce vulnerabilità e marginalizzazione, che a loro volta rinforzano il pregiudizio e l’intolleranza. Dunque, ha affermato mons. Tomasi, per sconfiggere questa piaga bisogna partire “dall’accettazione dell’altro, da un genuino apprezzamento della molteplicità di doni che le diverse culture contribuiscono a dare all’intera famiglia umana”.

 

In tale contesto, ha proseguito, un contributo fondamentale è dato dall’educazione, specie in tema di diritti umani. Né ha mancato di segnalare il ruolo delle religioni e dei mezzi di comunicazione per la costruzione di una società fondata sul dialogo e il rispetto reciproco.

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

28 marzo 2004

 

 

DIPLOMAZIA AL LAVORO, IN SVIZZERA, PER LA RIUNIFICAZIONE DI CIPRO

IN VISTA DELL’INGRESSO DELL’ISOLA NELL’UNIONE

EUROPEA IL PRIMO MAGGIO PROSSIMO

- Intervista con Antonio Ferrari -

 

Proseguono a Lucerna, in Svizzera, i negoziati tra le entità greca e turca di Cipro, per l’ingresso nell’Unione Europea dell’intera isola nel maggio prossimo, in base al piano predisposto dall’Onu. Partecipano ai colloqui sulla riunificazione, prorogati sino al 31 marzo, anche il segretario generale dell’Onu, Kofi Annan, e i premier di Grecia e Turchia, Karamanlis ed Erdogan. Nel 1974 nella parte settentrionale dell’isola si instaurò un governo filo-turco, riconosciuto solo da Ankara, nel timore che tutta l'isola venisse annessa alla Grecia.

 

Intanto, proprio Ankara ha giudicato insoddisfacente e generico il documento, con cui il recente Consiglio europeo di Bruxelles ha dichiarato di essere pronto a favorire l’unificazione di Cipro. Peraltro, proprio nelle ultime ore, il governo turco ha chiesto l'intervento degli Stati Uniti nei negoziati, ed in particolare l’aiuto del segretario di Stato americano, Colin Powell. Ma quali possibilità ci sono che l’intesa, alla quale si oppone soprattutto il presidente turco-cipriota Denktash, vada in porto? Giancarlo la Vella lo ha chiesto ad Antonio Ferrari, inviato speciale ed analista del Corriere della Sera:

 

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R. – Ci sono buone probabilità che si possano risolvere quasi tutte le questioni ancora aperte. E questo perché due primi ministri di due Paesi, come Grecia e Turchia, che hanno avuto una storia di contrasti anche piuttosto consistenti, non credo che decidano di vedersi sapendo che il loro incontro sarà un fallimento. L’altro elemento è il coinvolgimento diretto di Kofi Annan nei negoziati, perché il segretario generale dell’Onu - anche qualora non si trovasse un accordo – comunque proporrà poi un testo definitivo di intesa e lo sottoporrà a referendum, il 20 aprile prossimo, sia nella parte turco-cipriota, sia nella parte greco-cipriota. Il terzo elemento è rappresentato dalla decisione del leader turco-cipriota, Denktash, di non partecipare ai colloqui e di inviare al suo posto il primo ministro, affermando che, se si dovesse arrivare al referendum, si opporrà all’accordo che dovesse essere raggiunto in Svizzera. Questo significa che anche Denktash è ben cosciente che la possibilità di una svolta positiva esiste e che l’ultima spiaggia, quindi, potrebbe essere proprio quel referendum ad 11 giorni dal primo maggio, giorno in cui, se non ci sarà un accordo, soltanto la Repubblica greco-cipriota entrerà nell’Unione Europea.

 

D. – Per quali motivi Denktash punta ancora i piedi?

 

R. – Come sempre, quando ci si è spinti, anche solo per sedimentazioni storiche, su una linea di intransigenza, è difficile fare marcia indietro e, soprattutto, per un uomo di potere accettare che la situazione sia realisticamente cambiata, come dimostra invece l’atteggiamento di entrambi i grandi sponsor regionali delle due parti, cioè Grecia e Turchia. Dall’altra parte, quello che ha convinto Denktash a non credere a questo negoziato decisivo è rappresentato da alcuni elementi legati alla possibilità dei greco-ciprioti di tornare alle loro proprietà nell’autoproclamata Repubblica turco-cipriota e il fatto che si stia cercando un compromesso, che Denktash non approva, su uno degli elementi più delicati: cioè il numero di profughi greco-ciprioti – non dimentichiamo che i greco-ciprioti sono l’80 per cento dell’intera popolazione – che avrà la possibilità di trasferirsi laddove si trovava prima del 1974 e, visto che il livello di vita dei greco-ciprioti, è di quattro volte superiore in questo momento a quello dei turco-ciprioti, si capisce benissimo che la forza dei greco-ciprioti potrebbe anche condizionare le modalità di ingresso dell’intera isola nell’Unione Europea. In fondo la riunificazione di Cipro ha qualche cosa in comune – fatte le debite proporzioni – con la riunificazione tedesca. E’ chiaro che sarà la parte più ricca a farsi carico anche di alcuni problemi della parte più povera.

 

D. – L’ipotesi di un’Europa con una Cipro dimezzata che problemi potrebbe provocare con il resto della comunità internazionale?

 

R. – Sicuramente grossi problemi, perché Cipro è un’isola piccola, ma strategicamente molto importante. Si avrebbero due parti, una delle quali nell’Unione Europea, con tutti i benefici, anche di difesa, che questo comporta, o l’altra, quella turco-cipriota, che continuerebbe a vivere in condizioni difficili. Soprattutto, come conseguenza, forse potrebbe esserci un irrigidimento dell’Unione Europea nei confronti della Turchia e quindi maggiori difficoltà per Ankara di ottenere una data certa per cominciare a parlare di negoziato di adesione all’Europa.

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OGGI, LA DECIMA EDIZIONE DELLA MARATONA DI ROMA:

UNA FESTA DELLO SPORT ALL’INSEGNA DEI VALORI DELLA PACE E DELLA SOLIDARIETA’

- Ce ne parla, Enrico Castrucci -

 

Un’autentica festa dello sport: così, all’Angelus di stamani, il Santo Padre ha definito la Maratona di Roma, che in queste ore vede coinvolte 60 mila persone di ogni età - tra atleti e non - che sfilano per le strade di Roma, toccando i luoghi più celebri e suggestivi della “Città Eterna”. Giunta, sulle orme di Filippide, alla decima edizione, la Maratona di Roma registra quest’anno un numero record di iscritti, provenienti da ogni parte del mondo: dal Canada al Giappone. Sotto il profilo agonistico, doppio successo italiano: Ruggero Pertile ha vinto tra gli atleti; Ornella Ferrara in campo femminile. La Maratona capitolina, non è però solo un evento sportivo, si contraddistingue, infatti, come momento significativo per la promozione di valori quali la pace e la solidarietà. Sulle numerose manifestazioni che accompagnano la corsa, Paolo Cappuccio ha intervistato Enrico Castrucci, presidente dell’Italian Marathon club:

 

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R. – Sono tante, ma vorremmo sottolineare l’attenzione su un paio. Ben 63 sono gli atleti in carrozzina. Ci sono moltissimi atleti di grande qualità e per noi è un grande successo, perché abbiamo potuto presentare il tracciato lineare attraverso una ridefinizione, togliendo ben 60 curve. Poi, il progetto Filippide per ragazzi autistici, che ormai da anni corrono la maratona. E addirittura quest’anno cinque atleti, frazionati ognuno ogni 8 chilometri, che si daranno il cambio, per portare a termine i 42 chilometri. Quindi, grande impegno da parte dell’organizzazione attraverso un lavoro con le associazioni di volontariato molto presente nella città di Roma, perché la gara sia una gara per tutti i cittadini. E’ ormai tradizione che la maratona di Roma si caratterizzi per forti messaggi di pace. Quest’anno partiranno un cristiano, un musulmano e un ebreo e raggiungeranno Amman, per terminare la loro gara a Gerusalemme. E’ un impegno verso il quale noi siamo molto attenti e attraverso il quale il messaggio di pace della maratona raggiungerà tutto il mondo.

 

D. - Qual è il messaggio che la città di Roma vuole lanciare attraverso queste iniziative?

 

R. – Prima di tutto l’universalità della città di Roma. Roma è un grande contenitore che è in grado di poter ospitare tante iniziative, anche in funzione dei temi culturali che maggiormente sono presenti nella nostra società. Quindi, la solidarietà, la pace, l’amicizia, la fratellanza, attraverso lo sport che dovrebbe essere l’elemento che fa stare insieme meglio di qualsiasi altro comparto della società. Questo è il messaggio che la città di Roma intende proporre a tutto il mondo.

 

D. – Quali risultati possono essere ottenuti grazie al rapporto tra lo sport e i temi della solidarietà?

 

R. – Sono, anzitutto, temi che esaltano il modo di stare insieme, perché lo sport è l’elemento principale della società, che attraverso un gesto motorio fa stare insieme la gente. La solidarietà è la maniera con la quale ci si rende consapevoli dei problemi di tutti e ci si predispone per poterli risolvere. Sport e solidarietà sono automaticamente elementi che vanno a braccetto in maniera positiva.

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IL VETRO NELL’ARTE E NELLA VITA DEL MONDO ROMANO,

PROTAGONISTA A FIRENZE IN UNA INEDITA MOSTRA

OSPITATA A PALAZZO PITTI

- Intervista con il prof. Paolo Galluzzi -

 

“Vitrum. Il vetro fra arte e scienza nel mondo romano”: è questo il titolo di una suggestiva ed inedita mostra, inaugurata ieri al Museo degli Argenti, in Palazzo Pitti a Firenze. L’esposizione, che sarà aperta al pubblico fino al 31 ottobre prossimo, presenta attraverso reperti originali come affreschi, mosaici e sculture, alcuni aspetti della rivoluzionaria storia della comparsa del vetro nelle città sepolte dall’eruzione del Vesuvio nel 79 d. C.

 

I pezzi in mostra, ben 400, mettono in luce lo straordinario livello artistico raggiunto dagli artigiani romani dopo l’introduzione della tecnica della soffiatura e i legami esistenti tra l’arte vetraria e l’emergere di nuove nozioni scientifiche. La mostra fiorentina presenta, dunque, numerosi caratteri di originalità, come spiega – al microfono di Alessandro Gisotti - il prof. Paolo Galluzzi, direttore dell’Istituto e Museo di Storia della Scienza, uno degli enti promotori dell’evento culturale fiorentino:

 

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R. – Si tratta di una mostra originale. Il vetro è indagato dal punto di vista di un materiale nuovo che entra in scena e subisce nel tempo una trasformazione. E’ stato a lungo un oggetto di rara esecuzione, prezioso, che si usava solo in case abitate da famiglie dotate di un livello censuale alto. Veniva soprattutto impiegato per funzioni decorative e non per usi pratici. Improvvisamente intorno al primo secolo, la scoperta di una trasformazione tecnologica nella produzione - la soffiatura - ha trasformato l’impiego di questi materiali, innescando una vera e propria rivoluzione. C’è anche una dimensione sociale oltre che tecnica e archeologica: il vetro, che comincia a crescere grazie alla produzione di massa consentita dalla soffiatura, pervade gli ambienti e la vita quotidiana dei romani.

 

D. – Com’è suddiviso il percorso espositivo di questa mostra?

 

R. – La mostra è divisa in quattro grandi fasi. E’ introdotta da una premessa che spiega l’uso del vetro nelle situazioni del bacino del Mediterraneo prima della scoperta della soffiatura. Si sviluppa poi nella rivoluzione tecnologica e nel cambiamento di vita. Fa vedere poi ancora come il vetro vada declinato al plurale, quindi vetri nel senso delle colorazioni, delle lavorazioni per ottenere effetti di trasparenza o di colorazioni particolari. Il vetro, per esempio, è il componente di tutti i mosaici. L’ultima sezione considera il vetro come elemento per sviluppare la ricerca scientifica.

 

D. – C’è fra i tanti pezzi in esposizione uno che spicca più degli altri?

 

R. – Ci sono oggetti straordinari, però credo che il “re” di quest’insieme di oltre 400 pezzi originali esposti sia indubbiamente il celeberrimo “vaso blu”, realizzato con tecniche molto particolari per sviluppare un livello di trasparenza e di colorazione assolutamente eccezionali. E’ la prima volta che questo capolavoro esce dal museo archeologico di Napoli.  

 

(musica)

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CHIESA E SOCIETA’

28 marzo 2004

 

 

SONO PIU’ DI 300 MILA I BAMBINI SOLDATO COINVOLTI NEI TRE QUARTI DEI CONFLITTI DEL MONDO: È IL DRAMMATICO ALLARME LANCIATO DALL’AGENZIA FIDES

- A cura di Dorotea Gambardella -

 

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CITTA' DEL VATICANO.= Sono oltre 300 mila i “bambini soldato che combattono nei tre quarti dei conflitti  del mondo”, ragazzi tra i 7 e i 17 anni che attualmente sono impegnati sul fronte di 36 guerre, 12 delle quali si stanno combattendo in Africa. È l’allarme lanciato ieri dall’agenzia Fides, organo di informazione della congregazione per l’Evangelizzazione dei popoli. I bambini sono costretti ad uccidere in decine di nazioni, in particolare in Colombia, Myanmar, Sri Lanka, Afghanistan, Somalia, Burundi e nella Repubblica Democratica del Congo, dove si raggruppa la cifra enorme di 150 mila bambini soldato. Ma il problema è molto più diffuso, e secondo alcune stime, riguarda i tre quarti delle guerre attualmente in corso sul pianeta. “Esperienze di morte - scrive l’agenzia - che i bambini compiono a causa di adulti senza scrupoli che li ingaggiano con la violenza e il ricatto. Molte di queste storie cominciano dopo che i bambini sono rimasti orfani dei genitori proprio a causa di conflitti. Altre volte vengono rapiti dalle famiglie, sono reclutati dalla strada o minacciati di ritorsioni verso i loro cari”. “Sono “bambini in guerra” - afferma Fides - anche quelli che vengono usati come il sistema più brutale e disumano per aprire percorsi sicuri in zone minate. Camminando avanti alle truppe, i bambini che incappano in una mina, con la loro morte, eliminano un pericolo per chi passa dopo di loro”. Secondo un rapporto delle Nazioni Unite, negli ultimi dieci anni sono morti in guerra due milioni di bambini e quattro  milioni sono rimasti gravemente menomati. “Cifre allarmanti - commenta Fides - che ci danno la misura di una vera e propria “strage degli innocenti” anche quando queste vittime sono costrette a diventare carnefici”.

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FAMIGLIA, POVERTA’, SVILUPPO SOCIALE, EDUCAZIONE ALLA PACE,

PARTECIPAZIONE DEMOCRATICA: QUESTI I GRANDI TEMI DELLA VISITA PASTORALE

DEL CARDINALE MARTINO IN MESSICO DA OGGI AL PROSSIMO 2 APRILE

 

CITTA’ DEL VATICANO. = Partirà oggi la visita pastorale in Messico del presidente del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace, il cardinale Renato Raffaele Martino. Il porporato si fermerà in territorio messicano fino al 2 aprile per partecipare nella capitale del Paese ad eventi civili ed ecclesiali di rilievo, tra i quali il III Congresso mondiale delle famiglie. Il 29 marzo, il cardinale Martino sarà presente all’inaugurazione di questo evento che ha per scopo quello di sensibilizzare i governi a concrete iniziative legislative e sociali in difesa dell’istituzione familiare. L’impegno della Chiesa a favore dei poveri sarà, sempre nella mattinata di lunedì, il tema del primo discorso del cardinale in un incontro con alunni e professori dell’Università Iberoamericana di Città del Messico. E ancora, il tema della povertà verrà affrontato dal presidente di Giustizia e Pace, nel pomeriggio dello stesso giorno, con gli accademici dell’Istituto di ricerche su Sviluppo sostenibile ed Equità sociale e del Dipartimento di Economia dell’ateneo. Il 30 marzo, il porporato visiterà il Ministero per lo sviluppo sociale, che presta una particolare attenzione ai problemi delle popolazioni indigene, e si recherà anche in una delle zone da loro abitate, ad Aquixtla presso Puebla. Tra gli altri impegni del cardinale Martino, da segnalare il suo intervento al Congresso Mondiale delle Famiglie (31 marzo) sul tema “Famiglia, cultura e globalizzazione”, l’incontro con la gerarchia episcopale messicana e, prima del rientro a Roma, il colloquio con il ministro messicano del Lavoro e della Previdenza sociale, Carlos Abascal. (A.D.C.)

 

 

IN CINA, ENTRO 10 ANNI, DA 40 A 60 MILIONI DI BAMBINE RISCHIANO

DI NON NASCERE O DI ESSERE UCCISE,

A CAUSA DELLA TRADIZIONALE PREFERENZA PER I MASCHI.

E’ LA DURA DENUNCIA DELL’ONU, CHE IN SETTIMANA

PRESENTERA’ UN RAPPORTO DETTAGLIATO SULLA QUESTIONE

 

PECHINO. = Emergenza bambine in Cina nei prossimi 10 anni. L’agenzia di stampa Asianews riferisce la denuncia dell’Onu, secondo cui nel Paese asiatico c’è il rischio – nei prossimi dieci anni – di aborti o infanticidi per 40-60 milioni di bambine, se non viene sradicata la tradizionale preferenza per i maschi. La prossima settimana, le Nazioni Unite presenteranno un rapporto con un’analisi dettagliata della questione. Secondo Khalid Malik, coordinatore dell’Onu a Pechino, queste pratiche barbare alimentano alcune piaghe sociali, quali la prostituzione e il traffico di esseri umani. In base alle stime del governo, in Cina ci sono 116 maschi ogni 100 femmine, ma altri dati registrano 122 maschi per 100 femmine. Nella maggior parte dei Paesi del mondo, ci sono più donne che uomini, in base al normale andamento demografico e alla maggiore resistenza delle femmine alla nascita. A causa di aborti selettivi e di infanticidi, la Cina, insieme all’India, è invece tra le nazioni che presentano una tendenza contraria. La politica del figlio unico, avviata da Pechino per contenere la crescita della popolazione, contribuisce a rafforzare ulteriormente queste pratiche. Soprattutto nelle campagne, dove c’è maggiore necessità del figlio maschio per il lavoro nei campi, molte coppie abbandonano le bambine appena nate o non le registrano, impedendo loro di andare a scuola e costringendole spesso ad una vita di stenti. (D.G.) 

 

 

PADRE ANGELO BESENZONI E’ IL NUOVO PRESIDENTE DELLA CONFERENZA DEGLI ISTITUTI MISSIONARI ITALIANI. SUCCEDE A PADRE AGOSTINO RIGON

E RIMARRA’ IN CARICA PER TRE ANNI

 

RAVENNA. = Padre Angelo Besenzoni è il nuovo presidente della Cimi, Conferenza degli istituti missionari italiani. È stato eletto, ieri, nel corso dell’assemblea ordinaria svoltasi a San Pietro in Vincoli, in provincia di Ravenna. Lo ha riferito all’agenzia Misna padre Luigi Morell, in qualità di portavoce dell’organismo che riunisce gli istituti missionari maschili e femminili presenti in Italia. Già superiore provinciale della Società delle missioni africane, padre Angelo ha quarantotto anni e ha svolto il suo apostolato in Costa d’Avorio e in Nigeria. Il nuovo presidente della Cimi succede a padre Agostino Rigon, superiore regionale dei missionari saveriani in Italia. Rimarrà in carica per i prossimi tre anni. (D.G.)

 

 

NEI CINEMA ITALIANI THE COMPANY, L’ULTIMO FILM DI ROBERT ALTMAN: UN’INCURSIONE NEL MONDO DELLA DANZA, SEGUENDO L’ALLESTIMENTO DEGLI SPETTACOLI DEL JOFFREY BALLET DI CHIACAGO E LA VITA QUOTIDIANA DEI BALLERINI

- A cura di Luca Pellegrini -

 

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ROMA. = E’ arrivato nelle sale italiane l’ultimo film di Robert Altman, The Company: un atto d’amore e di profondo rispetto per il mondo della danza, seguendo il nascere e crescere degli spettacoli allestiti dal prestigioso Joffrey Ballet di Chicago, con i suoi artisti ingenui, vulnerabili e sempre disposti a grandi sacrifici. In punta di piedi, entra Robert Altman in una sala prove del prestigioso Joffrey Ballet di Chicago, fondato nel 1956 da Robert Joffrey e Gerald Arpino. E cosa fa? Spia con la sua macchina da presa la quotidianità della vita e l’eccezionalità dell’arte dei giovani ballerini che, a suo dire, fanno davvero, ogni giorno, “l’impossibile”: librarsi da terra, vincere la gravità. Un mondo ancora sconosciuto, nonostante Billy Elliot: un mondo di contraddizioni, difficoltà, piccole meschinerie, debolezze, ma anche di grande amicizia, incommensurabile dedizione professionale, sacrifici estremi e tutto per esibirsi in struggenti pas de deux, vorticose pirouettes e sinuose ondulazioni, tip tap e passi d’ogni genere. Vite d’artisti, vita di una Compagnia: nulla di mirabolante, nessun “bello e dannato”, ma sentimenti, amori, gelosie, trionfi e la sbarra come l’appuntamento fisso con il proprio destino, ascoltando il piano, battendo il ritmo, scrutando il corpo, fasciandosi i piedi e cercando di interpretare le fantasie del coreografo. Altman ha dismesso i panni del fustigatore di costumi, del narratore di parabole, del malinconico poeta. Questo è un film perfetto per un ballerino e un appassionato di danza: una nuova visione si apre davanti a loro, perché il cinema permette di seguire la punta di un piede, la sinuosità di una schiena, l’agilità di un muscolo, la bellezza di un corpo, saltando dal particolare al totale con leggerezza e precisione. Diventa per questo un’esperienza impareggiabile di valido ed onesto sincretismo artistico.

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24 ORE NEL MONDO

28 marzo 2004

 

- A cura di Barbara Castelli -

 

 

Il vertice arabo in programma per domani a Tunisi è stato rinviato sine die. Lo ha annunciato ieri sera il segretario di Stato tunisino agli Affari Esteri, Hatem ben Salem. Un coro di rammarico si è subito levato per la decisione della Tunisia, mentre l’Egitto si è dichiarato disponibile ad ospitare il summit. In Medio Oriente, intanto, è sempre alta la paura per nuovi possibili attentati, mentre il nuovo capo di Hamas, Abdelaziz al-Rantissi, ha definito il presidente degli Stati Uniti, George Bush, “nemico di Dio, dell’Islam e dei musulmani”. Il servizio di Graziano Motta:

 

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Dietro il rinvio sine die del vertice dei capi di Stato della Lega Araba c’è l’impossibilità dei loro ministri degli Esteri di raggiungere un compromesso sui due temi principali all’ordine del giorno: l’adesione a un piano di riforme democratiche per il Medio Oriente, auspicato - sull’onda della guerra contro Saddam Hussein - dal presidente americano Bush, e la ripresa del piano di pace per risolvere la crisi israelo-palestinese, delineato due anni fa dall’Arabia Saudita al Vertice di Beirut. C’è poi la divisione tra Paesi moderati, aperti alle istanze che stanno prendendo piede nel mondo islamico di attenzione, ad esempio, al ruolo della donna, ai diritti civili, all’introduzione di maggiore democrazia nei regimi e alla presa di distanza da teocrazie sostenute dal fondamentalismo religioso e dal terrorismo, e quei Paesi che, invece, intendono preservare modelli tradizionali. Dietro alla mancata intesa sul piano di pace c’è una diversa considerazione della lotta per lo Stato palestinese indipendente, condotta con imprese terroristiche suicide e il rifiuto di un’egemone forza politica fondamentalista, comprovata, ad esempio, dal fatto che i gruppi armati della rivolta palestinese - Hamas, Jihad islamica ed anche al Fatah (il partito di Arafat) - hanno respinto l’appello di quanti auspicano una lotta non violenta. Ecco perché il segretario generale della Lega Araba, Amr Moussa, dinanzi a tali divergenze parla del Vertice e delle sue “conseguenze pericolose”.

 

Per la Radio Vaticana, Graziano Motta.

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Un ministro israeliano del partito laico di centro Shinui ha chiesto oggi le dimissioni del premier Ariel Sharon, se verrà incriminato per corruzione. “Se incriminato - ha detto il ministro delle Infrastrutture, Yosef Paritzky - il premier dovrà dare le dimissioni e non dovrà accontentarsi di una sospensione delle attività”. Ieri il procuratore capo, Edna Arbel, ha deciso di raccomandare l’incriminazione di Sharon.

 

Fallito un possibile colpo di Stato nella Repubblica Democratica del Congo. Secondo quanto ha riferito stamani l’ambasciatore britannico nel Paese africano, Jim Atkinson, gli attacchi di gruppi armati non identificati a tre basi militari a nord di Kinshasa e a una Tv privata fanno parte di un tentativo di golpe. Nelle azioni ha perso la vita un militare congolese, mentre altri due sono rimasti feriti. Ancora poco chiara, tuttavia, la dinamica degli episodi di violenza.

 

Il presidente afghano, Hamid Karzai, ha annunciato stamani il rinvio a settembre delle elezioni politiche e presidenziali, le prime nel Paese dell’era post talebana. Le elezioni erano previste inizialmente per giugno. Il capo di Stato ha spiegato che la Commissione elettorale della Missione Onu in Afghanistan gli ha assicurato di poter organizzare insieme le tornate elettorali. La nuova costituzione afgana, infatti, adottata a gennaio, dispone che “siano compiuti tutti gli sforzi perché i due scrutini si tengano allo stesso tempo”.

 

Sempre alta la tensione in Iraq. Due civili britannici hanno perso la vita oggi a Mossul, mentre una bomba esplosa vicino alla città di Baaquba ha ferito 5 civili, tre bambini e due donne. Prosegue, intanto, l’offensiva dell’esercito pakistano contro i militanti della rete terroristica di Al-Qaeda e del deposto regime afghano dei talebani, nel Waziristan del Sud, regione tribale al confine con l’Afghanistan. Nostro servizio:

 

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Nuovi episodi di violenza hanno insanguinato oggi l’Iraq. Due civili britannici sono stati assassinati nell’ennesimo agguato della guerriglia a Mossul, circa 300 chilometri a nord di Baghdad. La cieca violenza che dilaga nei territori oggi non ha risparmiato neppure i bambini, vittime innocenti delle guerre dei grandi. Tre ragazzini sono rimasti feriti per l’esplosione di una bomba a Buhriz, vicino a Baaquba, in un attacco diretto, con ogni probabilità, contro gli agenti del neo-istituito Corpo di Difesa Civile iracheno. Un altro drammatico incidente, invece, si è registrato a Tikrit. Sparando contro un’auto che non si era fermata a un posto di controllo, i soldati statunitensi hanno sparato uccidendo un bimbo di 3 anni e ferito altre sei persone. In Pakistan, intanto, prosegue la caccia ai militanti di Al-Qaida e dei talebani. Un esponente uzbeko di primo piano della rete terroristica di Osama Bin Laden è rimasto ferito nel corso di un combattimento nel Waziristan del Sud, al confine con l’Afghanistan, nell’offensiva militare dello scorso 16 marzo. E mentre i servizi segreti pakistani parlano di un possibile attentato contro il presidente Pervez Musharraf, Khaled Sheikh Mohammed, personaggio chiave del terrorismo internazionale arrestato nel marzo 2003 a Rawalpindi, nel nord del Pakistan, ha riferito che nei piani dello sceicco del terrore l’aeroporto londinese di Heathrow era l’obiettivo principale dopo la tragedia dell’11 settembre 2001.

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“Sono sempre il presidente, la nostra tolleranza ha un limite”. Così ieri il capo di Stato taiwanese, Chen Shui Bian, chiedendo agli oppositori di cessare le proteste contro la sua vittoria, di misura, alle elezioni della scorsa settimana. Chen si è, comunque, detto disponibile a un nuovo conteggio dei voti. Ieri i manifestanti, mezzo milione secondo l’opposizione, circa 350.000 per i servizi di sicurezza, hanno invaso le strade di Taipei, all’insegna dello slogan “La democrazia è morta”, accusando il governo di brogli e irregolarità. Il candidato sconfitto, Lien Chan, intanto, ha chiesto l’apertura di una indagine sull’agguato teso al presidente alla vigilia delle consultazioni, fatto che avrebbe favorito la sua rielezione.

 

Oltre trenta persone sono rimaste ferite ieri nell’esplosione di un ordigno davanti a un bar di Sungai Kolok, una città nel sud della Thailandia, vicino al confine con la Malaysia. Tra i feriti vi sono molti turisti, tre versano in gravi condizioni. Secondo un portavoce della polizia locale, ci potrebbero essere dei morti. La bomba era piazzata su una motocicletta. Al momento, l’attentato non è stato ancora rivendicato.

 

Sono circa 2,5 milioni gli elettori georgiani chiamati oggi alle urne per le elezioni legislative, che dovrebbero rafforzare il potere del neo presidente riformatore Mikhail Saakashvili, dopo la caduta di Eduard Shevardnadze. Il voto, che riguarda 150 seggi su un totale di 235, è una ripetizione delle legislative dello scorso 2 novembre, contestate per brogli. L’unica sorpresa elettorale potrebbe venire dal voto in Adzharia, una regione autonoma nel sud ovest del Paese, il cui capo, Aslan Abashidze, ha accusato Tbilisi di cercare di estrometterlo dal potere.

 

Si ritorna alle urne oggi anche in Francia, per il secondo turno delle regionali che potrebbero confermare le indicazioni del 21 marzo scorso, con la sinistra al comando di 20 delle 22 regioni metropolitane. I sondaggi e i politologi sono certi che il centrodestra non avrà più il controllo di 14 regioni, come dopo le elezioni amministrative del 1998. 

 

In Africa, stamani nella Guinea Bissau circa seicentomila aventi diritto al voto sono chiamati alle urne per le elezioni legislative. La consultazione rappresenta il primo passo verso il ristabilimento della democrazia e la necessaria stabilità politica, a sei mesi di distanza dal golpe militare che lo scorso settembre rovesciò in modo incruento il presidente, Kumba Ialà.

 

Elezioni amministrative in Turchia. I sondaggi prevedono la vittoria del partito Giustizia e Sviluppo (Akp) del premier, Tayyip Erdogan. Il partito islamico Akp è sicuro di affermarsi nella capitale Ankara, ad Istanbul e nelle città principali Gli elettori dovranno scegliere sindaci e consigli comunali di numerosi centri del Paese. Una forte scossa di terremoto, intanto, di magnitudo 5,3 della scala Richter, è stata avvertita nella provincia di Erzurum. Quest’ultima giovedì è stata colpita da un altro sisma che ha causato la morte di 10 persone.

 

Tensione in Costa d’Avorio. I due maggiori partiti d’opposizione hanno, infatti, rifiutato ieri un incontro proposto dal presidente, Laurent Gbagbo, che negli ultimi giorni è stato oggetto di manifestazioni di protesta “per la mancata attuazione degli accordi” firmati in Francia nel gennaio 2003. Il servizio di Stefano Leszczynski:

 

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Giovedì scorso la crisi ivoriana ha toccato il suo punto di non ritorno, con l’uccisione di oltre 25 manifestanti contrari alla presidenza di Laurent Gbagbo. E ieri i ribelli di forze nuove, ammassati alle porte della capitale, hanno dettato le proprie condizioni e cioè le dimissioni di Gbagbo, considerato un interlocutore non credibile. I ribelli sono fuoriusciti dal governo di unità nazionale emerso dagli accordi di pace dello scorso gennaio in Francia, accusando il governo di non rispettare gli impegni assunti un anno fa in materia di diritti civili e di riforma agraria. Tra le forze politiche, solo il Fronte Popolare ivoriano ed altre piccole formazioni sono rimaste alleate del presidente, che ha vietato qualsiasi manifestazione di protesta, adducendo il pericolo che i ribelli possano approfittarne per prendere il potere. Una sospensione dei diritti costituzionali che ha approfondito la frattura già esistente con i membri dell’opposizione. Le violenze ad Abidjan hanno suscitato la preoccupazione e la condanna da parte dei leader europei e della Commissione Onu per i diritti umani di Ginevra, che accusano le forze di sicurezza di aver fatto un eccessivo uso della forza contro manifestanti inermi. Per il leader dell’opposizione, Cacongo Cissé, portavoce del raggruppamento dei partiti repubblicani della Costa d’Avorio, i morti nei disordini di giovedì potrebbero essere oltre un centinaio. E’ dal 1999 che la Costa d’Avorio è attraversata da continue crisi interne che, nel 2002, portarono ad una situazione di guerra civile durata nove mesi. Nel gennaio dell’anno scorso, in Francia, è stato siglato l’accordo di pace che ha portato all’attuale situazione politica e che ora si trova sull’orlo del fallimento.

 

Stefano Leszczynski, Radio Vaticana.

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Astensionismo, violenze e accuse di brogli hanno caratterizzato ieri le elezioni municipali in Nigeria, le prime dalla fine del regime militare nel 1999. Un bilancio provvisorio parla di 35 vittime, compresi sei attivisti. Dalla consultazione dovranno uscire i membri di 774 governi locali. 

 

 

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