RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLVIII n. 86 - Testo della Trasmissione di venerdì 26 marzo 2004

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Sono distruttive le conseguenze di una umanità che vuole fare a meno di Dio: è quanto ha detto Giovanni Paolo II  ricevendo i vescovi australiani in visita ad Limina

 

Il senso allegorico dell’evento pasquale al centro della seconda predica di Quaresima tenuta stamane da padre Cantalamessa in Vaticano alla presenza del Papa e della Curia romana

 

Di fronte al fenomeno anti-umano e anti-cristiano del terrorismo bisogna continuare a pregare e lavorare per un mondo migliore: così oggi il cardinale Sodano a Santa Maria Maggiore per la Messa in memoria delle vittime degli attentati di Madrid.

 

Sarà l'eremita belga Andrè Louf a scrivere le meditazioni  per la Via Crucis di quest'anno, che il Papa presiederà al  Colosseo venerdì 9 aprile.

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

25 anni fa, il 26 marzo del 1979, il presidente egiziano Sadat ed il premier israeliano Begin, firmavano a Washington il Trattato di pace tra Egitto e Israele: ce ne parla Camille Eid

 

Una nuova stagione nel dialogo tra cristiani e musulmani in Algeria: intervista con l’arcivescovo Henri Teissier

 

CHIESA E SOCIETA’:

Il ringraziamento del Papa alle suore di Santa Brigida per la loro fedeltà a Cristo e il servizio ai fratelli

 

I vescovi del Sudafrica si appellano ai loro connazionali, esortandoli al voto in vista delle elezioni del 14 aprile

 

L’epidemia di dengue in Indonesia ha fatto oltre 500 morti, mentre 43 mila sono le persone infettate dal virus

 

Il governo del Burundi ha espulso dal Paese il rappresentante della missione Onu nel Congo ex Zaire

 

Concluso ieri al Camillianum di Roma un Convegno sul significato del dolore umano nella visione cristiana

 

24 ORE NEL MONDO:

Costituzione europea entro giugno e lotta comune contro il terrorismo, tra i primi risultati del Consiglio europeo che si chiude oggi a Bruxelles

 

All’Onu posto il veto dagli Stati Uniti sulla risoluzione di condanna di Israele per l’uccisione dello sceicco Yassin

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

26 marzo 2004

 

LE SFIDE DEL SECOLARISMO INTERPELLANO LA CHIESA IN AUSTRALIA

 ED ESIGONO LA CORAGGIOSA TESTIMONIANZA DI SPERANZA CRISTIANA DEI VESCOVI

 

Il Papa ha attaccato duramente il secolarismo, che pervade la società australiana con effetti disastrosi, ricevendo stamane i presuli di questo Nazione, in visita ad Limina Apostolorum. Un Paese di immensa estensione l’Australia, pari a 25 volte l’Italia, ma con meno di 20 milioni di abitanti, suddiviso in sei Stati federati e due Territori. Il servizio di Roberta Gisotti

 

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“La perniciosa ideologia del secolarismo ha trovato terreno fertile in Australia - ha denunciato Giovanni Paolo II - e alla radice di questo sconvolgente sviluppo è il tentativo di promuovere una visione dell’umanità senza Dio. Ciò esagera l’individualismo, separa il legame essenziale tra libertà e verità. E corrode i rapporti di fiducia che caratterizzano il genuino vivere sociale”. Del resto i rapporti dei vescovi australiani – come ha ricordato il Papa – descrivono in modo inequivocabile alcune delle conseguenze distruttive di questa eclisse del senso di Dio: lo sfaldamento della vita familiare; una spinta ad allontanarsi dalla Chiesa; una visione limitata della vita che manca di risvegliare nelle persone la sublime chiamata a dirigere i propri passi verso una verità che le trascende.

        

“Di fronte a queste sfide – si è rivolto il Santo Padre ai presuli australiani – quando i venti ci sono contrari, Dio stesso esclama ‘Coraggio! Ci sono io. Non abbiate paura’. Restando fermi nella fede, voi anche potete disperdere l’apprensione e la paura. Specialmente - ha raccomandato il Papa – all’interno di una cultura del ‘qui e subito’, i vescovi devono apparire come profeti coraggiosi, testimoni e servitori della speranza di Cristo. Nel proclamare questa speranza – che scaturisce dalla Croce - ha sottolineato il Pontefice – sono fiducioso che voi guiderete uomini e donne dalle ombre della confusione morale e del pensiero ambiguo allo splendore della verità e dell’amore di Cristo.”

 

“United in your proclamation of the Good News of Jesus Christ, go forward in hope!”

 

Tra le raccomandazioni di Giovanni Paolo II al clero australiano: l’obbligatoria presenza dei fedeli alla Messa domenicale, la priorità pastorale ai programmi di catechesi, la missione evangelizzatrice, la comunione tra il vescovo e i suoi sacerdoti, la cultura delle vocazioni. Infine una lode all’impegno che la Chiesa australiana pone per realizzare la giustizia sociale e la solidarietà, nel difendere i diritti dei rifugiati, dei migranti, dei richiedenti asilo e nel sostenere gli Indigeni, cosi rispondendo – ha detto il Papa – “alla pressante necessità di un attento discernimento del fenomeno della globalizzazione”.

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IL SENSO ALLEGORICO DELL’EVENTO PASQUALE AL CENTRO

 DELLA SECONDA PREDICA DI QUARESIMA,

TENUTA STAMANI IN VATICANO DA PADRE CANTALAMESSA,

ALLA PRESENZA DEL PAPA E DELLA CURIA ROMANA

- Servizio di Alessandro Gisotti -

 

Una riflessione sulla Pasqua della fede: stamani, nella Cappella Redemptoris Mater del Palazzo Apostolico, padre Raniero Cantalamessa, predicatore della Casa Pontificia, ha tenuto la seconda predica per la Quaresima 2004, alla presenza del Santo Padre e della Curia romana. La predicazione di quest'anno si incentra sul tema “Ho desiderato ardentemente mangiare questa Pasqua con voi”. Padre Cantalamessa ha posto l’accento sul senso allegorico dell’evento pasquale. Il servizio di Alessandro Gisotti:

 

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“L’allegoria dice cosa credere”. E’ quanto sottolineato da padre Cantalamessa, che stamani si è soffermato sulla lettura spirituale della Bibbia ed in particolare sul significato allegorico degli eventi narrati nei Sacri Testi. Quando si tratta di fatti dell’Antico Testamento, ha spiegato, l’allegoria cristiana consiste nel mettere in luce in essi il riferimento a Cristo. Quando, invece, si tratta di fatti del Nuovo Testamento, la lettura allegorica consiste nell’evidenziare il significato universale, sacramentale per la Chiesa:

 

“E’ proprio questo significato di fede che in un altro senso fa della morte e della risurrezione di Cristo degli eventi storici. Se per ‘fatto storico’ non intendiamo solo il nudo e crudo fatto della cronaca, ma il fatto più il significato di esso”.

 

In questo senso, ha proseguito, la morte e la Risurrezione di Cristo sono l’evento più storico della storia del mondo, perché è ciò che più ha inciso nel destino dell’umanità. Ha così ricordato come San Paolo, nella Lettera ai Romani, abbia esplorato il significato della Pasqua di Cristo. Nella Salvezza operata da Gesù, l’Apostolo mette in luce due elementi inseparabili tra loro: una componente negativa, consistente nella rimozione del peccato ed una positiva, il dono dello Spirito e della vita nuova.

 

“In seguito alla riforma protestante, le polemiche teologiche hanno fatto sì che di questi due elementi, nel commentare la Lettera ai Romani, si sia messo in rilievo quasi esclusivamente quello negativo della rimozione del peccato. Ma in realtà, dei due aspetti della salvezza – la giustificazione dell’empio e il dono dello Spirito – è il secondo, per Paolo, il più rilevante!”.

 

Per San Paolo la remissione dei peccati non è che la condizione per ricevere il dono più bello e più completo della Pasqua di Cristo cioè il suo spirito. In molti, ha constatato, sono convinti che il travolgente sviluppo del movimento pentecostale e carismatico, all’interno delle varie chiese cristiane, si spieghi anche come reazione ad un’insistenza unilaterale sul problema della giustificazione per fede che ha lasciato in ombra l’esperienza dello Spirito.

 

“Sarebbe, venerabili padri e fratelli, ben triste se tutto questo rimanesse confinato all’interno di un solo movimento ecclesiale e magari in altre forme, nella sua sostanza, se non nei modi, non contagiasse di riflesso tutta la Chiesa. Perché è tutta la Chiesa che ha bisogno di Pentecoste, non solo alcuni cristiani!”.

        

D’altro canto, San Paolo ci insegna che non bisogna occuparsi solo dell’oggetto della fede, ma anche della sua intensità. Il mistero pasquale può diventare la ragione stessa della vita di un cristiano. Tutto il Vangelo è un inno alla fede:

 

“Dobbiamo prendere coscienza del dono immenso, del privilegio incredibile che è il poter credere. Meravigliarcene. Non smettere di ringraziare Dio Padre per essa. Esclamare pieni di meraviglia, come il cieco nato guarito da Gesù: “Io ci vedo! Io ci vedo!”.

 

La predicazione si è conclusa con un tema caro ai Padri della Chiesa: la Pasqua come risveglio di tutte le cose. Essi vedevano un’analogia tra ciò che avviene in natura a primavera e ciò che avviene nell’anima a Pasqua. Ma per il risveglio pasquale, ha avvertito, occorre la fede che fa passare dalla morte alla vita.

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DI FRONTE AL FENOMENO ANTI-UMANO E ANTICRISTIANO DEL TERRORISMO

 DOBBIAMO CONTINUARE A PREGARE E LAVORARE PER UN MONDO MIGLIORE:

COSI’ IL CARDINALE SODANO OGGI

NELLA BASILICA ROMANA DI SANTA MARIA MAGGIORE

NELLA MESSA PER LE VITTIME DEGLI ATTENTATI DI MADRID

 

Di fronte al “fenomeno anti-umano e anti-cristiano del terrorismo” dobbiamo continuare “a pregare e a lavorare per un mondo migliore”. E’ quanto ha detto il cardinale segretario di Stato Angelo Sodano che questa mattina nella Basilica romana di Santa Maria Maggiore ha presieduto una messa solenne in memoria delle vittime degli attentati dell’11 marzo a Madrid. La celebrazione è stata voluta e organizzata congiuntamente dalle ambasciate di Spagna presso la Santa Sede e l’Italia e dal Sovrano Militare Ordine di Malta.

 

Presenti, oltre a numerosi rappresentanti del Corpo diplomatico presso la Santa Sede, anche il presidente della Camera Pier Ferdinando Casini e il vice-presidente del Consiglio Gianfranco Fini. Ce ne parla Sergio Centofanti.

 

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“Ancora una volta Caino ha ucciso Abele… E’ il mistero del cuore umano – ha detto il cardinale Sodano – che può pervertirsi e giungere ad amare più la morte che la vita, più le tenebre che la luce”. Ma anche di fronte “al fenomeno anti-umano ed anti-cristiano del terrorismo” – ha aggiunto – noi cristiani non possiamo essere pessimisti, lo proibisce la fede: dopo il Venerdì Santo, infatti, c’è la Pasqua di Risurrezione. Nello stesso tempo “la fiducia in Dio non ci esime dal nostro impegno personale di lavorare per allontanare i mali che affliggono la nostra società”. Il porporato ricorda la celebre frase del “grande Santo spagnolo” Ignazio di Loyola:”Confidare in Dio, come se tutto dipendesse da Lui ed intanto lavorare come se tutto dipendesse da noi”.

 

“Spesso – ha poi rilevato – il nostro occidente è accusato di essere ‘miscredente e corrotto’. L’accusa ci sembra ingiusta se guardiamo gli eroismi di santità che qui sono fioriti ed il grado di civiltà che in varie epoche qui si è sviluppata”. Ma aggiunge: “Oggi però gli uomini sazi di sé possono dare l’impressione di vivere come se Dio non esistesse. A Lui gli uomini d’oggi devono quindi tornare a guardare…per ritrovare il senso dell’esistenza” e per non ridurre il nostro Pianeta in una “terra dell’odio e della morte”.

 

Il cardinale Sodano ha chiesto di pregare anche per “i cuori più induriti”, perché Dio li può cambiare, e ha invitato a continuare “a pregare ed a lavorare per un mondo migliore”. Infine ha ripetuto le parole del Papa: “l’amore è più forte della morte! L’amore trionferà”.

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ALTRE UDIENZE E NOMINE

 

         Nel corso della mattina il Papa ha ricevuto in successive udienze  il reverendo Dr. William Chris Hobgood, Ministro Generale della "Christian Church” (Disciples of Christ), con la consorte; il reverendo Dr. Robert L. Welsh, presidente del "Council on Christian Unity", con la consorte; mons. Raffaello Funghini, arcivescovo tit. di Novapietra, presidente della Corte d'Appello della Città del Vaticano,con i familiari; e infine mons. Angelo Amato, arcivescovo tit. di Sila, segretario della Congregazione per la Dottrina della Fede.

 

Sempre oggi il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Hexham and Newcastle (Inghilterra), presentata da mons. Michael Ambrose Griffiths per raggiunti limiti di età, e nello stesso tempo ha nominato vescovo della medesima diocesi padre Kevin John Dunn, del clero dell’arcidiocesi di Birmingham. Mons. Kevin John Dunn è nato a Stoke-on-Trent, arcidiocesi di Birmingham, il 9 luglio 1950.  Ordinato sacerdote il 17 gennaio 1976 è stato nominato nel 2001 vicario episcopale per la parte occidentale dell’arcidiocesi di Birmingham, incarico che ha ricoperto finora.

 

 

IL PAPA AFFIDA ALL’EREMITA BELGA, PADRE ANDRE’ LOUF,

 LE MEDITAZIONI DELLA VIA CRUCIS DI QUEST’ANNO IL SACRO RITO

SARA’ PRESIEDUTO DAL SANTO PADRE AL COLOSSEO, VENERDI’ SANTO 9 APRILE

- A cura di Alessandro Gisotti -

 

L’ufficio delle celebrazioni liturgiche ha reso noto stamani che padre Andrè Louf è stato scelto quale autore delle meditazioni della Via Crucis di quest’anno. Rito sacro, che il Papa presiederà al Colosseo, venerdì 9 aprile. Nato a Lovanio il 29 dicembre del 1929, battezzato con il nome di Jacques, terzo e ultimo figlio di una famiglia molto religiosa, ha assunto il nome di Andrè nel 1945, entrando come novizio nel monastero trappista di Notre-Dame di Mont-des-Cats, in Francia. Abate a soli trentatre anni, vive gli anni del Concilio e del rinnovamento della vita religiosa Nel 1967, invia al Sinodo dei vescovi a Roma un messaggio sui “Contemplativi e la crisi di fede”.

 

Diviene non solo uno dei protagonisti dell’aggiornamento conciliare nel monastero e nell’ordine trappista, ma anche una delle figure spirituali di maggiore autorevolezza nella Chiesa dei nostri giorni. I suoi testi, tradotti anche in italiano, abbracciano tematiche essenziali per il vissuto della fede nel mondo contemporaneo: accanto ai commenti in più volumi al Vangelo della domenica, troviamo testi sull’esistenza cristiana, sulla preghiera, sulla paternità spirituale, sull’interiorità e la vita di comunione, sull’umiltà.

        

Curatore di preziose edizioni degli scritti dei mistici fiamminghi, padre Louf ha svolto per trentacinque anni il suo ministero di abate di Mont-des-Cats, quindi ha lasciato l’incarico per ritirarsi in un eremo nel sud della Francia, dove vive tuttora nella preghiera e nello studio degli amati Padri della Chiesa.

 

 

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

Apre la prima pagina il vertice dell’Unione Europea a Bruxelles: solidarietà e volontà politica contro la sfida del terrorismo.

 

Nelle vaticane, nel discorso alla Conferenza dei vescovi cattolici australiani, Giovanni Paolo II ha richiamato l’urgenza di guidare gli uomini e le donne dalle ombre della confusione morale, del secolarismo e del modo di pensare ambiguo alla luce radiosa della verità e dell’amore di Cristo.

L’omelia del cardinale Angelo Sodano in occasione della celebrazione eucaristica - a Santa Maria Maggiore - in suffragio delle vittime delle stragi di Madrid.

Il conferimento dell’ordinazione episcopale a mons. Funghini da parte del cardinale Angelo Sodano.

Un articolo sulla celebrazione presieduta dall’arcivescovo Leonardo Sandri in occasione della professione religiosa di sette novizie dell'Ordine del SS.mo Salvatore di Santa Brigida.  

 

Nelle estere, per la rubrica dell’“Atlante geopolitico” un articolo di Giuseppe Maria Petrone dal titolo “Nato: diventa realtà l’allargamento ad Est”.

 

Nella pagina culturale, un articolo di Anna Bujatti sulla pubblicazione della prima traduzione cinese del “Canzoniere” di Francesco Petrarca.

 

Nelle pagine italiane, in primo piano il tema delle riforme.

 

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

26 marzo 2004

 

 

25 ANNI FA LA FIRMA DEL TRATTATO DI PACE TRA EGITTO ED ISRAELE

- Intervista con Camille Eid -

 

25 anni fa, il 26 marzo del 1979, il presidente egiziano Sadat ed il premier israeliano Begin, firmavano a Washington il Trattato di pace tra Egitto e Israele che faceva seguito agli Accordi di Camp David dell’anno precedente. Un accordo storico che cambiava gli scenari in tutto il Medio Oriente. La scheda di Graziano Motta:

 

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Protagonisti dello storico evento Begin e Sadat. Il primo, leader della destra nazionalista ebraica, era stato capo di una organizzazione paramilitare antiaraba ed appena vinte le elezioni politiche nel maggio del ’77, aveva subito impresso una svolta alla politica estera di Israele: tendeva la mano al presidente egiziano Sadat, che accettava di venire a Gerusalemme. Un gesto, questo, che provocava la decisione di numerosi Paesi arabi – Algeria, Iraq, Libia, Siria, Yemen – di rompere le relazioni con l’Egitto. Ma si era iniziato un dialogo: Begin andava ad  Ismailia ad incontrare Sadat. Era la premessa perché l’anno successivo dal 5 al 17 settembre 1978 il presidente statunitense Carter li riunisse a Camp David e raggiungendo in questa occasione due intese. La prima sull’autonomia amministrativa per la Cisgiordania e Gaza, che Israele aveva occupato vincendo “la guerra dei sei giorni”; la seconda sui principi di un trattato di pace bilaterale, che ha comportato poi il ripristino della sovranità egiziana su tutto il Sinai.

 

Immediate e negative erano le reazioni del mondo arabo che, nonostante il cammino di pace, andava avanti e il Trattato che veniva definito in un nuovo vertice a Camp David – dal 21 al 25 marzo 1979 – era firmato l’indomani alla Casa Bianca. Seguiva la rottura delle relazioni diplomatiche con tutti i Paesi arabi, salvo Oman, Somalia e Sudan e l’esclusione dell’Egitto dalla Lega Araba. Una ostilità che si inaspriva nel tempo e che porterà poi - il 6 ottobre dell’81 – all’assassinio di Sadat ad opera di fondamentalisti islamici.

 

Per la Radio Vaticana, Graziano Motta.

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Dopo 25 anni è possibile formulare un giudizio storico, quale fu il valore di quegli accordi? Risponde al microfono di Paolo Cappuccio, l’esperto di politica mediorientale del quotidiano “L’Avvenire”, Camille Eid:

 

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R. – L’importanza maggiore stava nel fatto che il più potente Stato arabo usciva ufficialmente dal confronto militare con Israele, rompendo con gli ideali pan-arabi che aveva sbandierato per lunghi decenni.

 

D. – Come fu affrontata la questione palestinese durante gli accordi?

 

R. – I palestinesi hanno reagito male perché si sono sentiti abbandonati dagli egiziani. Ora, i termini degli accordi di Camp David, comunque, prevedevano un principio, forse non molto elaborato, di pace in cambio dei territori. Gli egiziani hanno recuperato il Sinai, ma anche i palestinesi dovevano riprendersi i territori della Cisgiordania e della Striscia di Gaza. Ovviamente, così non fu, perché Israele dopo la firma di Camp David si è ritenuta non vincolata più alla risoluzione 242, in quanto c’era ancora quella clausola che divideva arabi e israeliani sulla restituzione dei territori occupati.

 

D. – Cosa rimane oggi degli accordi di Camp David?

 

R. – Direi solo l’apparenza. Non si vede la pace, perché si denota la delusione nella posizione di innumerevoli intellettuali egiziani contro la normalizzazione con Israele. Quindi, è una pace fantomatica.

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UNA NUOVA STAGIONE DI DIALOGO TRA CRISTIANI E MUSULMANI

NELLA CHIESA D’ALGERIA; DIMINUISCONO I SOSTENITORI DEL FONDAMENTALISMO

MA DEVE ANCORA CRESCERE UNA MENTALITÀ

APERTA ALL’INCONTRO TRA CULTURE DIVERSE

- Con noi, l’arcivescovo di Algeri, Henri Teissier -

 

C’è un dono di Dio da far fruttificare nell’incontro tra persone di tradizioni religiose differenti. E’ questo che crede la Chiesa d’Algeria, da anni impegnata ad incontrare, servire e amare i musulmani al solo scopo di instaurare un dialogo.

 

Lo ha sottolineato ieri, in un incontro con i giornalisti a Roma, l’arcivescovo di Algeri monsignor Henri Teissier che ha presentato alla stampa il suo libro “Cristiani in Algeria. La Chiesa della debolezza”. Nel Nord Africa esistono ancora focolai del fondamentalismo islamico che negli anni ’90 ha ucciso un vescovo, 7 monaci, 5 sacerdoti e 6 religiose; ma oggi tanti musulmani credono nel rispetto delle diversità e nella ricchezza degli scambi culturali. Tiziana Campisi ha incontrato per noi mons. Teissier e gli ha chiesto quale stagione stia vivendo la Chiesa d’Algeria:

 

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R. – Riceviamo testimonianze di una maggiore fiducia e credibilità dalla società algerina, perché hanno visto che noi siamo rimasti nel tempo della crisi; abbiamo avuto fra di noi 19 vittime. Questo fatto per la gente è stata la prova che noi vogliamo essere vicino al popolo. Non siamo numerosi ma abbiamo delle relazioni più forti rispetto al passato con la gente: ci chiamano perché desiderano avere la nostra presenza, per sottolineare che loro appartengono all’Islam dell’apertura, della relazione con gli altri. Così possiamo fare molte cose insieme, tanto sul piano sociale quanto sul piano culturale e – anche se in modo più difficile – sul piano spirituale.

 

D. – Nella realtà algerina si può ancora parlare di fondamentalismo?

 

R. – Sì, naturalmente, ma questi gruppi armati che hanno fatto la scelta della violenza, non hanno più la possibilità ora di fare ciò che facevano negli ultimi cinque anni. Ci sono ancora attacchi ma soprattutto nelle zone più isolate delle grandi città. C’è però da dire che la mentalità della gente non è ancora cambiata molto; è necessario un lavoro molto più lungo.

 

D. – Cosa c’è alla base del fondamentalismo e quali sono le sue radici?

 

R. – Credo che, almeno inizialmente, alla base di questi gruppi che hanno deciso di usare la violenza c’era la disoccupazione: molti giovani, non avendo possibilità di trovare un lavoro, sono entrati in contatto con questi gruppi che avevano proprio l’obiettivo di riuscire a mobilitarli.

 

D. – Che cosa ha lasciato la memoria dei 19 martiri degli anni Novanta in Algeria?

 

R. – Quando furono uccisi, molti algerini ci hanno scritto per esprimerci il loro dispiacere e quanto fossero toccati da questi assassinii. Questo ha dato inoltre uno slancio maggiore a molti algerini che si sono avvicinati a noi, perché nella nostra presenza hanno visto una prova della nostra fedeltà alla società algerina.

 

D. – Cosa sogna per la sua Chiesa?

 

R. – Sono felice perché, anche se non siamo numerosi, siamo tutti impegnati per rappresentare ed essere la Chiesa di Algeria. Questo vuol dire che tutti noi cristiani – sacerdoti, religiosi e religiose e laici – lavoriamo per il bene del Paese, cercando di stabilire delle relazioni rispettose e positive con il popolo algerino.

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CHIESA E SOCIETA’

26 marzo 2004

 

 

 

IL RINGRAZIAMENTO DEL PAPA ALLE SUORE DI SANTA BRIGIDA

PER LA LORO FEDELTA’ A CRISTO E IL SERVIZIO AI FRATELLI,

CON PARTICOLARE IMPEGNO ALLA PROMOZIONE DEL DIALOGO ECUMENICO

- A cura di Giovanni Peduto -

 

ROMA. = Cento anni or sono, esattamente il 30 marzo, giungeva a Roma dalla Svezia Maria Elisabetta Hesselblad, oggi beata, convertitasi dal luteranesimo al cattolicesimo e divenuta estimatrice e seguace di Santa Brigida, di cui volle rifondare l’Ordine del Santissimo Salvatore detto poi anche di Santa Brigida. Una speciale cerimonia si è svolta per l’occasione ieri pomeriggio, solennità dell’Annunciazione del Signore, nella basilica romana di San Lorenzo in Damaso, presieduta dal sostituto della Segreteria di Stato, arcivescovo Leonardo Sandri, il quale ha dato lettura dell’apposito messaggio del Papa: Giovanni Paolo II, unendosi spiritualmente alla fausta ricorrenza, ringrazia il Signore per la generosa ed apprezzata opera svolta in questi decenni dalle Suore brigidine, esortandole ad un sempre più rinnovato impegno di fedeltà a Cristo e di servizio ai fratelli, con particolare cura per la promozione del dialogo ecumenico. La cerimonia di ieri ha visto anche l’ingresso nell’Istituto di sette novizie provenienti da Polonia, Messico, India e, per la prima volta, dal Vietnam. L’arcivescovo Sandri ha sottolineato all’omelia, oltre che l’impegno ecumenico delle Suore di Santa Brigida, la loro dedizione ai bisognosi ed ai lontani, nonché lo spirito di accoglienza alimentato dal calore umano dell’ospitalità e la proposta di momenti di riflessione e di preghiera offerta nelle case dell’Ordine, secondo la genuina tradizione monastica. Oggi le Suore di Santa Brigida sono quasi 700 distribuite in numerose case in Nord Europa (Svezia, Norvegia, Finlandia), in Polonia, Inghilterra, Svizzera, Italia, nelle Filippine, in India, Messico, Cuba e tra poco anche in Olanda.

 

 

“ALZATEVI E VOTATE, ABBIATE A CUORE IL VOSTRO PAESE”:

I VESCOVI DEL SUDAFRICA SI APPELLANO AI LORO CONNAZIONALI,

ESORTANDOLI AL VOTO IN VISTA DELLE ELEZIONI DEL 14 APRILE

 

JOHANNESBURG. = “Come vescovi, vogliamo far sentire la nostra voce e incoraggiarvi ad alzarvi: alzatevi e camminate, alzatevi e votate, abbiate interesse nel vostro Paese”. L’inconsueta esortazione é contenuta nella lettera pastorale che i vescovi del Sudafrica hanno indirizzato ai fedeli del Paese, in vista delle elezioni generali del prossimo 14 aprile. “Questo voto – scrivono - rappresenta un altro gigantesco passo avanti sul nostro 'lungo cammino verso la libertà'”, citando il titolo dell’autobiografia di Nelson Mandela, ‘padre della patria’ sudafricana che ha vinto l’apartheid. A dieci anni dall’abolizione del regime segregazionista, l’episcopato sudafricano esorta la comunità: “C’è il grande rischio per molti di noi di dire: abbiamo raggiunto la nostra liberazione, sediamoci sui nostri tappetini e riposiamoci”. Per questo i vescovi si rivolgono in particolare ai giovani: “La vostra voce deve essere ascoltata per dare forma al futuro". Gli estensori della lettera pastorale, giunta alla Misna attraverso l’Ufficio per la comunicazione della Conferenza episcopale dei Sudafrica, hanno parole anche per i candidati: “Sarete eletti per servire il vostro popolo e non per fare uso della vostra posizione per arricchirvi a spese di chi vi ha votato e paga i vostri salari”. Il documento, che verrà letto domenica prossima in tutte le chiese del Paese, rammenta anche il “miracolo” della liberazione di dieci anni fa: “Siamo convinti – concludono i presuli - che senza l’aiuto di Dio non avremmo raggiunto la democrazia in modo meraviglioso e pacifico”. (A.D.C.)

 

 

L’EPIDEMIA DI DENGUE IN INDONESIA HA FATTO OLTRE 500 MORTI, MENTRE 43 MILA

SONO LE PERSONE INFETTATE DAL VIRUS. OGNI ANNO, CIRCA 100 MILIONI DI PERSONE VENGONO CONTAGIATE, NEL 5% DEI CASI CON ESITO MORTALE

 

GIAKARTA. = Sono 526, fino a questo momento, i morti per un’epidemia di dengue che dall’inizio dell’anno sta causando allarme tra la popolazione indonesiana. Il nuovo bilancio, riferisce la Misna, è stato fornito oggi dalle autorità sanitarie del Paese asiatico, secondo le quali gli infettati dal virus sono oltre 43 mila. Ma i funzionari del Ministero della sanità hanno anche precisato che, a marzo, la malattia provocata dalla zanzara aedes aegypti è risultata in calo rispetto al mese precedente. Dal primo marzo sono infatti stati segnalati 119 decessi per dengue e 16.202 nuovi casi, mentre a febbraio i morti erano 228 e gli infettati 18.307. In ogni caso, le autorità sanitarie indonesiane hanno suggerito alla popolazione di mantenere lo stato di allerta, eliminando le pozze d’acqua stagnanti, frequenti nella stagione delle piogge, nelle quali proliferano le larve della micidiale zanzara. Epidemie di dengue ricorrono ogni anno in Indonesia, ma i picchi della malattia si registrano ogni cinque anni. Nel 2003 il virus aveva colpito “solo” 14 mila indonesiani, mentre nel 2002 i casi erano in numero ancora inferiore, ovvero 5.750. La malattia - che si manifesta con febbre, dolori muscolari, emorragie interne e per la quale non esiste vaccino - è endemica in gran parte del sudest asiatico, in Africa, in America Centrale e Meridionale e in Oceania. L’Organizzazione mondiale della sanità ricorda che ogni anno quasi 100 milioni di persone vengono infettate dal virus, di cui circa il 5 per cento con esito mortale. (A.D.C.)

 

 

IL GOVERNO DEL BURUNDI HA ESPULSO DAL PAESE IL RAPPRESENTANTE

 DELLA MISSIONE ONU NEL CONGO EX ZAIRE. IL PROVVEDIMENTO,

AFFERMANO LE AUTORITA’ DI BUJUMBURA, NON COMPROMETTERA’

 LE RELAZIONI CON IL PALAZZO DI VETRO

 

BUJUMBURA. = Il rappresentante in Burundi della Missione delle Nazioni Unite nella Repubblica democratica del Congo (Monuc) è stato espulso nei giorni scorsi da Bujumbura, dopo che la sua funzione è stata giudicata illegale dalle autorità locali. Lo ha fatto sapere il ministro degli Esteri burundese, Therence Sinunguruza, il quale ha precisato che Ibrahim Dia, alla guida della delegazione della Monuc, ha lasciato il Paese mercoledì scorso. La misura, ha spiegato il capo della diplomazia di Bujumbura, "non intende compromettere i rapporti tra il governo e la missione Onu" nel Paese confinante. Dia, infatti, si sarebbe "istallato" nel dicembre del 2003 nella capitale burundese, anche se ufficialmente il governo non si era ancora espresso sulla possibilità di aprire un ufficio locale della Monuc. Ieri nella capitale burundese è arrivato il capo della Missione in Congo, l'ambasciatore americano William Swing, per discutere del rimpatrio dei molti combattenti burundesi impegnati per anni nella guerra che dal 1998 fino allo scorso anno ha scosso il confinante ex Zaire. Al suo arrivo all'aeroporto, Swing ha sottolineato che non sono a rischio le “buone relazioni” tra la Monuc e Bujumbura, ed ha espresso comunque la volontà di discutere l'espulsione di Dia con le autorità. (A.D.C.)

 

 

CONCLUSO IERI AL CAMILLIANUM DI ROMA UN CONVEGNO SUL SIGNIFICATO

DEL DOLORE UMANO NELLA VISIONE CRISTIANA, A 20 DALLA LETTERA APOSTOLICA

DEL PAPA SALVIFICI DOLORIS

 

ROMA. = Come annunciare in maniera adeguata al tempo attuale il senso che la fede cristiana vede nel dolore umano? Che senso ha, all’interno della predicazione cristiana, la croce,  il crocefisso? E perché dopo duemila anni di cristianesimo rimangono dolore e morte? A venti anni dalla pubblicazione della Lettera apostolica di Giovanni Paolo II sul significato cristiano della sofferenza – la Salvifici doloris - il Camillianum è tornato a visitare il paradosso in un convegno di carattere interdisciplinare promosso dalla Pontificia Facoltà Teologica Teresianum e dall’Istituto internazionale di Teologia pastorale sanitaria Camillianum, intitolato “Il dolore: tra resistenza e resa”. “Cristo non spiega in astratto le ragioni della sofferenza – scriveva nel 1984 il Papa, nella sua Lettera apostolica - ma prima di tutto dice: “Seguimi!”. Vieni! Prendi parte con la tua sofferenza a quest’opera di salvezza del mondo che si compie per mezzo della mia sofferenza! Per mezzo della mia Croce! Man mano che l’uomo prende la sua croce, unendosi spiritualmente alla Croce di Cristo, si rivela davanti a lui il senso salvifico della sofferenza”. Il convegno si è soffermato in particolare proprio su questo aspetto: il senso del dolore umano secondo la prospettiva cristiana e il “come” presentare la realtà della sofferenza all’uomo di oggi. Un argomento affrontato da diversi punti di vista: biblico, teologico, filosofico, psicologico e pastorale da relatori illustri, tra i quali il cardinale José Saraiva Martins, prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, i camilliani  Luciano Sandrin e Mario Bizzotto, il preside della Facoltà valdese di Teologia di Roma, Ermanno Genre. Già nel 1944, pochi giorni prima di finire impiccato nel carcere di Fllossemburg, il teologo tedesco Dietrich Bonhoffer scriveva: “Dio è impotente e debole nel mondo e così e soltanto così rimane con noi (…) Cristo non ci aiuta in virtù della sua onnipotenza ma della sua sofferenza”. (A.D.C.)

 

 


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24 ORE NEL MONDO

26 marzo 2004

 

 

- A cura di Amedeo Lomonaco -

 

Dopo la dichiarazione comune contro il terrorismo e l’annuncio di un accordo di ieri sera sulla Costituzione entro giugno, le questioni economiche e l’Iraq impegnano oggi i leader europei riuniti nella giornata conclusiva del vertice del Consiglio a Bruxelles. Dei lavori di questa mattina ha riferito in conferenza stampa il presidente del parlamento europeo Pat Cox. La parola alla nostra inviata a Bruxelles Fausta Speranza:

 

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Il 40 per cento delle direttive economiche dell’agenda di Lisbona del 2000 non sono state ancora recepite dagli Stati. Chiarisce così il lavoro che resta da fare il Presidente del Parlamento che ricorda gli obiettivi di competitività e sviluppo da rispettare entro il 2010. Punti deboli: la crescita e l’occupazione. Una priorità: gli investimenti nella ricerca. Ormai alla vigilia dell’allargamento a 25 non sono più ammessi ritardi per un mercato unico. Il progresso fatto nell’incontro di questa mattina  Pat Cox lo riassume dicendo: “l’impasse è superata”. E’ la stessa espressione usata ieri dal presidente di turno irlandese del Consiglio, Ahern, e sembra l’espressione chiave per questo Vertice al quale i leader sono giunti scossi dai fatti di Madrid. “L’Europa non si ferma”, è stato ieri il messaggio del presidente della Commissione, Prodi. Lo slancio decisionale segna la lotta al terrorismo: con il documento presentato ieri si chiede di mettere in atto senza più ritardi le misure studiate dopo l’11 settembre del 2001, in particolare il mandato di arresto europeo. Novità: il commissario antiterrorismo e la clausola di solidarietà.

 

Ma soprattutto c’è il balzo in avanti sulla via della Carta costituzionale: l’impegno di tutti a giungere ad un accordo entro il prossimo Vertice del 17 e 18 giugno, forse anche prima delle elezioni europee del 12 e 13. Ahern spiega che resta la prospettiva della doppia maggioranza per il discusso sistema di voto, cioè una percentuale di Stati che rappresenti una certa percentuale di popolazione, ma non si sa le cifre ipotizzate di 50 per cento + 1 per gli Stati e 60 per cento  per la popolazione verranno ritoccate. Si sa solo che c’è l’intenzione di tutti di arrivare a un compromesso. Dalle ultime riunioni di lavoro, con il conclusivo pranzo, ci si attende un pronunciamento significativo sull’Iraq: la richiesta formale di una nuova risoluzione del Consiglio di sicurezza perché l’Onu torni ad avere un ruolo centrale nel Paese.

 

Ma è evidente che per l’Europa il presupposto di ogni scelta politica incisiva  è la Costituzione. Fondamentale, dunque, l’annuncio della ripresa del negoziato. Ma in definitiva, è emersa un’intesa o la conferma di buoni propositi? Lo abbiamo chiesto a Andrea Bonanni, esperto di questioni europee del quotidiano La Repubblica:

 

R. - Possiamo dire che siamo per il momento al livello dei buoni propositi, anche se c’è un’intesa nell’andare avanti, nel riaprire e chiudere addirittura il negoziato entro il termine della presidenza irlandese, cioè entro giugno. I problemi rimangono ancora tutti sul tappeto. C’è però la volontà di tutti di fare concessioni e di trovare un’intesa.

 

D. – Quanto possono avere pesato i fatti di Madrid?

 

R. – I fatti di Madrid sono stati indubbiamente l’elemento di svolta di tutto, perché hanno reso tutti consapevoli che l’unica risposta politica alta che si può dare alla sfida del terrorismo è quella di dimostrare che l’Europa è in grado di darsi una costituzione, di iscrivere in questa costituzione una serie di valori democratici e anche di darsi gli strumenti, sempre con la costituzione, per una più stretta cooperazione in materia di lotta alla criminalità e lotta al terrorismo.

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In Medio Oriente, dove la scorsa notte i soldati israeliani hanno ucciso tre palestinesi nella Striscia di Gaza e oggi un uomo è morto per l’esplosione di un’auto presso Nablus, l’esecutivo di Tel Aviv ha commentato positivamente la decisione americana di porre il veto al Consiglio di Ginevra dell’Onu sulla risoluzione di condanna per l’assassinio del leader spirituale di Hamas, lo sceicco Ahmed Yassin. La risoluzione è stata votata dalla maggioranza dei Paesi membri del Consiglio: ha ricevuto 11 voti favorevoli e un 'no' (quello degli Usa) mentre tre Paesi - Gran Bretagna, Germania e Romania - si sono  astenuti.

 

In Iraq almeno quattro persone sono morte in combattimenti fra militari americani e guerriglieri a Falluja, nel cosiddetto ‘triangolo sunnita’ iracheno. Proseguono, intanto, le azioni di sabotaggio ai pozzi petroliferi. L’esplosione di un ordigno ha dato alle fiamme ieri uno degli impianti estrattivi più importanti a Kirkuk, nel nord del Paese.

 

In un nuovo messaggio audio inviato ieri alla televisione araba al Jazeera, il numero due di Al Qaeda, il medico egiziano Ayman al Zawahiri, minaccia il Pakistan e sollecita l’esercito pakistano a rovesciare il governo del presidente, Pervez Musharraf. L’esercito di Islamabad, che stamani ha respinto l’appello di Al Qaeda, prosegue intanto le operazioni militari nelle regioni tribali al confine con l’Afghanistan, dove ieri sono stati uccisi almeno cinquanta presunti militanti dell’organizzazione terroristica.

 

Nell’ambito delle indagini sugli attentati terroristici dello scorso 11 marzo a Madrid, altre cinque persone sono state arrestate nelle ultime 48 ore in Spagna: sale così a 18 il numero dei sospetti in stato di detenzione. Sul versante politico, l’incarico di primo vicepremier verrà intanto assolto, per la prima volta, nel Paese iberico, da una donna. Si tratta della deputata Maria Teresa Fernandez de la Vega, già sottosegretario alla Giustizia nell’ultimo governo di Felipe Gonzalez.

 

Nove morti e oltre cinquanta feriti. E’ il drammatico bilancio, ancora provvisorio, del terremoto che ha colpito nella notte la provincia di Erzurum, in Turchia. Il sisma registrato era di magnitudo 5,1 della scala Richter. Fra le vittime, anche quattro bambini travolti dal crollo della loro casa.

 

Clima di forte tensione in Costa d’Avorio. Sono almeno 25 le persone rimaste uccise ieri, ad Abidjan, negli scontri tra forze di sicurezza e gruppi dell’opposizione. Dopo il golpe del 2002 e l’ingresso nel governo nazionale dei leader ribelli, i partiti dell’opposizione volevano manifestare, nonostante il divieto, contro il presidente Laurent Gbagbo, accusato di non attuare le riforme previste dagli accordi di pace di Marcoussis, firmate nel gennaio 2003.

 

Il deposto presidente di Haiti, Jean-Bertrand Aristide, ha scelto di andare in esilio in Sudafrica. Lo hanno annunciato ieri fonti del governo della Giamaica, che ha concesso asilo temporaneo all’ex capo di Stato, costretto a lasciare Port au Prince il 29 febbraio scorso, al culmine della rivolta armata sull’isola caraibica.

 

In Italia primo “si” ieri al Senato al disegno di legge sulle riforme istituzionali in senso federalista. Se sarà approvata in via definitiva, la normativa sarà sottoposta a referendum popolare, per poi entrare in vigore nella prossima legislatura. Soddisfazione nella maggioranza, in particolare nella Lega; durissima, invece, la contestazione del centro-sinistra. Il servizio di Giampiero Guadagni:

 

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Nella maggioranza c’è grande soddisfazione, in particolare da parte della Lega, che aveva minacciato di uscire dal governo in caso di esito sfavorevole; nel centro-sinistra si parla, invece, con durezza di rottura dell’unità nazionale. Ma vediamo le principali novità. Il nuovo sistema prevede, intanto, il cosiddetto premierato forte: un primo ministro scelto direttamente dagli elettori, anche se il suo nome non sarà stampato sulla scheda, con grandi poteri – nomina e revoca dei ministri – scioglimento della Camera e meno vincoli per la realizzazione del programma di governo. Altre elemento forte della riforma è la devolution: alle regioni viene attribuita la competenza esclusiva su sanità, scuole e polizia locali. Ma il governo può bloccare una legge regionale che pregiudichi l’interesse nazionale. Nasce poi il Senato federale che si occuperà delle leggi che riguardano le materie su cui Stato e regioni hanno competenze comuni; ridotto il numero dei parlamentari: la Camera passa da 630 a 400 deputati, più 12 deputati degli italiani all’estero; il Senato tra 315 a 200 senatori, più 6 rappresentati degli italiani all’estero. I senatori a vita non potranno essere più di tre. Cambia, poi, l’iter delle leggi: la Camera esamina le leggi riguardanti le materie riservate allo Stato, il Senato può chiedere di riesaminarle e quindi il testo torna alla Camera che decide in maniera definitiva. A Roma viene riconosciuto lo status di capitale della Repubblica federale, gode di una sua autonomia sulle materie di competenza regionale nei limiti stabiliti dallo statuto della Regione Lazio.

 

Per la Radio Vaticana, Giampiero Guadagni.

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Restiamo in Italia, dove oggi il mondo del lavoro si ferma per 4 ore, in seguito allo sciopero generale indetto dai sindacati. Previste in tutto il Paese oltre 50 manifestazioni per chiedere una svolta radicale nella politica economica del Governo e dire ‘no’ ad una riforma delle pensioni giudicata “iniqua e inaccettabile”. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

 

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“Vogliamo chiedere al governo di cambiare la politica economica”, ha detto a margine della manifestazione di Roma, a cui hanno partecipato oltre 80 mila persone, il segretario generale della Uil, Luigi Angeletti. “Abbiamo bisogno - ha aggiunto - di più sviluppo e occupazione. Il Paese non riesce più a produrre ricchezza, questa è la vera emergenza”. L’adesione alle manifestazioni è stata alta: oltre 200 mila persone sono scese in piazza a Milano, almeno 100 mila a Palermo e più di 40 mila a Torino. Sullo sciopero generale Cgil, Cisl e Uil hanno inoltre tracciato un comunicato unitario. “Ancora una volta – rilevano i tre sindacati – l’Italia si è fermata e notevole è stata l’adesione a questa iniziativa a sostegno della piattaforma per una nuova politica economica”. Immediata è stata la risposta della maggioranza: “Non condividiamo lo sciopero ma governo e sindacati debbono mettersi attorno ad un tavolo e ragionare insieme su come dare una mano allo sviluppo”, ha detto il segretario dell'Udc, Marco Follini. Il capogruppo alla Camera della Margherita, Pierluigi Castagnetti, ha infine sottolineato come lo sciopero di oggi costituisca “un doveroso grido di allarme”. “In particolare desta preoccupazione – ha proseguito – la situazione delle regioni meridionali completamente abbandonate”.

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Un aereo da turismo, partito la scorsa notte da Pisa, è precipitato sulle Alpi francesi provocando la morte di tre persone. Nel terribile incidente sono inoltre rimasti gravemente feriti il pilota e un passeggero.

 

 

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