RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVIII n. 82 - Testo della Trasmissione di lunedì 22 marzo 2004
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
“L’amore è più forte dell’odio e della morte”: il richiamo del Papa, ieri all’Angelus, ad una speranza più grande delle violenze e delle tragedie che scuotono il mondo di oggi. Ne parliamo col teologo don Bruno Forte.
OGGI IN PRIMO PIANO:
CHIESA E
SOCIETA’:
Scomparse almeno 50 persone
in Thailandia dall’avvio della legge marziale.
Iniziativa della Chiesa
birmana in favore dei bambini.
Il figlio di Sonia Ghandi concorrerà con il partito del Congresso alle prossime elezioni parlamentari in India.
La lotta al terrorismo in primo piano alla
riunione dei ministri degli Esteri dell’Unione Europea.
Alle elezioni regionali, la Francia sterza a
sinistra.
In Nepal, oltre 500 morti in scontri tra esercito
e ribelli maoisti.
Vittoria degli islamici moderati alle elezioni
legislative in Malaysia.
22 marzo 2004
LA SANTA SEDE DEPRECA L’ATTACCO ISRAELIANO DI QUESTA
MATTINA A GAZA
CHE HA
CAUSATO LA MORTE DELLO SCEICCO YASSIN E DI ALTRE 8 PERSONE
La Santa Sede – ha affermato oggi il direttore della Sala
Stampa vaticana Joaquìn Navarro Valls - si unisce alla comunità internazionale
nel deprecare questo atto di violenza non giustificabile in alcun Stato di
diritto.
La posizione e i sentimenti della Santa Sede - prosegue
Navarro Valls - sono chiaramente espressi dalle parole del Santo Padre al Corpo
Diplomatico del 12 gennaio scorso, quando il Papa ha ripetuto "ai
responsabili di questi due popoli: la scelta delle armi, il ricorso, da una
parte al terrorismo e dall’altra alle rappresaglie, l’umiliazione
dell’avversario, la propaganda astiosa, non conducono da nessuna parte. Solo il
rispetto delle legittime aspirazioni degli uni e degli altri, il ritorno al
tavolo dei negoziati e l’impegno concreto della comunità internazionale possono
condurre all’inizio di una soluzione".
La pace autentica e duratura – conclude il portavoce
vaticano - non può essere frutto di una semplice esibizione di forza;
"essa è soprattutto frutto di un’azione morale e giuridica".
IL RICHIAMO DEL PAPA, IERI ALL’ANGELUS, AD UNA
SPERANZA PIU’ GRANDE
DELL’ODIO
E DELLE TRAGEDIE CHE SCUOTONO IL MONDO DI OGGI
-
Intervista con il teologo Bruno Forte -
“Le
grandi acque non possono spegnere l’amore, né i fiumi travolgerlo”. E’ una
frase del Cantico dei Cantici a fare da ideale contrappunto all’affermazione
del Papa, ieri all’Angelus: “L’amore è più forte dell’odio e della morte”. Se
le stragi del terrorismo e la catena di odio, violenze e rappresaglie che
scuote il Medio Oriente, da Gerusalemme a Baghdad, appaiono come onde di una
tempesta cieca che può seminare morte in modo indiscriminato, le parole di
Giovanni Paolo II - quasi come un’eco di uno dei più celebri cantici della
Bibbia – riaffermano la supremazia dell’amore di Dio sulla brutalità del mondo.
Parole che restituiscono lo spazio ad una speranza non solo umana nei cuori di
chi – soprattutto in Occidente, dopo la tragedia madrilena – vive condizionato
da sentimenti di paura, di avversione, di rivalsa. Ne è convinto il teologo don
Bruno Forte, che ha recentemente predicato in Vaticano gli esercizi spirituali
della Quaresima alla presenza del Papa e della Curia. L’intervista è di Alessandro
De Carolis:
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R. – Il Papa ha detto ancora una volta semplicemente la
verità: e la verità è che se si risponde all’odio, alla barbarie terroristica,
con la violenza, con la guerra, con le cosiddette bombe intelligenti, la
spirale dell’odio e della violenza non si fermerà mai. L’unica maniera per
superare la tragedia che tutti stiamo vivendo è quella di scegliere la via del
dialogo, della riconciliazione e del perdono, di una pace costruita nella
giustizia per tutti. Ed è questo che il Papa ha affermato in tutto il suo
magistero riguardo alle vicende della guerra in Iraq, ribadendolo poi con forza
con quel suo: “El amor es mas fuerte que la muerte”.
D. – Quella di Giovanni Paolo II è parsa quasi una
parafrasi di un versetto del Cantico dei Cantici che dice “perché forte come la
morte è l’amore”. Ma ieri il Papa ha detto di più: “L’amore è più forte
dell’odio e della morte”. Un richiamo ad una speranza più grande delle nostre
paure…
R. – A me sembra che nell’amore, così come il Papa ce ne
parla, si deve credere giocando se stessi. Dunque, è una sfida a seguire Colui
che impersona la rivelazione dell’amore: Gesù. Davvero è un richiamo ad una
speranza non solo più grande delle nostre paure, ma anche più grande delle
nostre speranze umanamente possibili. E’ una sfida a credere nell’impossibile
possibilità di Dio: è su questo che io credo noi dobbiamo tutti deciderci e
giocare la nostra esistenza, non solo gli umili della terra, come tutti noi, ma
anche tutti quelli che si considerano i grandi della terra, sapendo che se
continuano a calcolare con la legge della forza, l’odio l’avrà vinta. Se
cominciano a calcolare con la forza delle leggi, soprattutto con il primato
della giustizia, dell’amore, della riconciliazione e del perdono, allora un
mondo migliore potrà nascere per tutti.
D. – Accade sempre che, soprattutto in momenti critici
della collettività, si assista ad un moltiplicarsi di slogan: ideologici e
politici. Cosa può fare il credente per non rischiare di confondere le parole
del Papa con questa ridda di voci?
R. – Il surplus che c’è nelle parole del Papa è
esattamente questa apertura al mistero santo di Dio, del suo amore che supera
ogni calcolo e ogni misura. Proprio per questo, quello del Papa non è un
pacifismo ideologico, a buon mercato, che si contenta di slogan e che casomai
unisce agli slogan la violenza verbale e qualche volta perfino fisica verso chi
non la pensa come lui. Quella del Papa è la testimonianza altissima del primato
della carità spinta fino in fondo. E’ questo l’amore di cui abbiamo bisogno.
Per rimanere, come ieri il Papa, allo spagnolo, c’è un bellissimo proverbio che
ho imparato in America Latina che dice: “El que ama se compromete hasta el
final”, colui che ama si impegna - si sporca le mani, oserei dire - fino in fondo.
E’ questo l’amore, tutt’altro che sentimentale e facile ma esigente e costoso,
che il Papa indica come la via della risoluzione del conflitto.
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UDIENZE
E NOMINE
Il Papa
oggi ha ricevuto alcuni vescovi della Conferenza episcopale australiana in
visita ad Limina e il cardinale Pierre Nasrallah Sfeir, Patriarca di
Antiochia e dei Maroniti.
Sempre
oggi il Santo Padre ha accettato la rinuncia all’ufficio di ausiliare della
diocesi di Regensburg (Germania), presentata da mons. Vinzenz Guggenberger, per
raggiunti limiti di età.
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La prima pagina si apre con il solenne rito di
beatificazione: nella domenica “Laetare” il Papa ha elevato agli onori degli
altari quattro “testimoni di consolante speranza’: un sacerdote lombardo, due
religiose spagnole ed una religiosa calabrese.
La prima pagina è poi fortemente caratterizzata dal
titolo: “L’amore è più forte dell’odio e della morte!”: all’Angelus
l’esortazione di Giovanni Paolo II agli spagnoli a mantenere la speranza anche
davanti al dolore per le vittime dell’attentato a Madrid.
Nelle vaticane, l’omelia del Santo padre durante la
Concelebrazione Eucaristica – nell’Aula Paolo VI – presieduta in occasione
dell’incontro con quattro comunità parrocchiali romane. Un’omelia nel ricordo
della Giornata Mondiale della Gioventù del 2000 a Tor Vergata: “Dalla Croce il
coraggio per evangelizzare il nostro mondo così travagliato da divisioni, odi,
guerre, terrorismo”.
Il Messaggio del Papa a P. Bernardo D’Onorio, abate di
Montecassino, in occasione del LX anniversario della distruzione-ricostruzione
di Montecassino e del XL della proclamazione di San Benedetto patrono d’Europa.
Nelle estere, Medio Oriente: ucciso il leader del
movimento islamico Hamas; stato di massima allerta in Israele.
Nella pagina culturale, un articolo di Franco Lanza sul
volume postumo “Un critico a Roma”: gli scritti di Filiberto Mazzoleni sugli
autori con i quali aveva intessuto un amichevole dialogo.
Nelle pagine italiane, in rilievo le manifestazioni di
sabato, a Roma, contro la guerra in Iraq: strascichi polemici dopo alcuni
episodi di violenza e di intolleranza.
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22 marzo 2004
TENSIONE ALLE STELLE IN MEDIO ORIENTE
DOPO
L’UCCISIONE DELLO SCEICCO YASSIN, GUIDA SPIRITUALE DI HAMAS
-
Intervista con Guido Olimpio -
Tensione
altissima in Medio Oriente dopo l’uccisione dello sceicco Ahmed Yassin,
fondatore e leader spirituale del gruppo estremista Hamas, centrato da un
razzo, sparato dagli israeliani, mentre usciva questa mattina da una moschea di
Gaza. Con lui sono morti altri 8 palestinesi, tra cui uno dei suoi figli. Hamas
giura vendetta e minaccia nuove stragi. Scontri sono in corso in tutti i
Territori. Il premier israeliano Sharon ha detto che “è diritto del popolo
ebreo colpire chi si alza per colpirlo” e ha aggiunto: “La guerra al terrorismo
non è finita e continuerà giorno per giorno, ovunque”. Preoccupazione nella comunità
internazionale. Gli Stati Uniti fanno sapere che non erano stati avvertiti
dell’attacco israeliano. Il servizio di Graziano Motta.
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Centinaia di migliaia di persone, molti guerriglieri
mascherati partecipano, nelle vie di Gaza, ai funerali dello sceicco Yassin
gridando vendetta fra spari di armi da fuoco. Scuole, negozi ed uffici sono
chiusi e dalle moschee si ripete l’annuncio dell’uccisione di un martire.
Guerriglieri sparano obici di mortaio e razzi contro insediamenti ebraici. In
uno scontro con soldati a Khan Yunes, 5 manifestanti palestinesi sono stati
feriti; un ragazzo, coinvolto negli incidenti, è stato ucciso. Manifestazioni
si svolgono pure in molte località di Cisgiordania. A Nablus dei soldati hanno
colpito a morte un giornalista palestinese. A Sud di Betlemme, dimostranti
hanno ferito un bambino israeliano. In Israele, nei pressi di Tel Aviv, un
palestinese ha attaccato e ferito 3 israeliani, due dei quali sono in gravi
condizioni. Scontri fra i soldati e manifestanti a Gerusalemme Est. Sul piano
politico, il movimento Hamas, in un comunicato e in dichiarazioni dei suoi
portavoce afferma che porterà la morte in Israele e non si acquieterà finché
non avrà eliminato il primo ministro Sharon. L’Autorità Palestinese, che ha
decretato tre giorni di lutto, parla di un crimine ignobile, codardo e
pericoloso. Personalità vicino ad Arafat temono che Israele colpisca adesso
Arafat attorno al quale è stata rafforzata la protezione. Arafat è indicato al
ministero della difesa come più pericoloso di Yassin, “perché - ha detto il
consigliere di Sharon, Amos Gilad – camuffa le attività terroristiche sotto le
sembianze di un pacifista”. L’ambasciatore Avi Pazner, portavoce del governo
Sharon, ha detto di sperare adesso che, attenuatasi l’influenza negativa dello
sceicco Yassin, possa emergere una leadership palestinese più moderata che comprenda
come violenza e terrorismo non diano speranze e che il solo modo di far avanzare
le cose è un dialogo con Israele.
Per la Radio Vaticana, Graziano Motta.
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Sull’uccisione dello sceicco Yassin ascoltiamo il commento
di Guido Olimpio, inviato del Corriere della Sera in Medio Oriente, al
microfono di Roberto Piermarini:
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R. – Mai azione mirata era stata annunciata come questa.
Gli israeliani vogliono demolire le strutture, i capi e i dirigenti di Hamas
prima di un eventuale ritiro da Gaza. Quindi il primo obiettivo è quello di
decapitare – per quello che è possibile – l’organizzazione Hamas, anche se non
è facile. Il secondo punto è quello di gettare molta confusione in campo
avversario. Non c’è dubbio che Hamas reagirà ma, al tempo stesso, dovrà
riorganizzarsi, perché Yassin era Yassin, era il fondatore, la guida spirituale
e non è quindi facile rimpiazzarlo.
D. – Una morte annunciata, perché più volte avevano
tentato di ucciderlo. Come mai non aveva cambiato le sue abitudini?
R. – Questo è il fatto più sorprendente. Proprio pochi
giorni fa c’erano notizie che i dirigenti di Hamas sapevano che stava per
arrivare un colpo duro, molto duro. Il fatto che Yassin sia andato alla
Moschea, la mattina, senza alcuna precauzione, è sorprendente. Forse perché
riteneva che fosse un destino ineluttabile. C’è anche una sorta di fatalismo
che caratterizza questi leader, soprattutto se oltre ad essere leader di un
gruppo è anche guida spirituale.
D. – Cosa potrà succedere ora con la morte di Yassin?
R. – Sicuramente avremo un’ondata di violenza senza
precedenti e temo attentati già dalle prossime ore. Ritengo che ci sarà ancora
più confusione e caos in campo palestinese, dove oggi abbiamo un Arafat
dimezzato ma Hamas è molto forte ed in ascesa; però è anche un Hamas senza
capo. Io ritengo quindi che ci possa essere il rischio di un’ulteriore
frammentazione sul terreno.
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OGGI LA GIORNATA MONDIALE DELL’ACQUA
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Intervista con Riccardo Petrella e Raia Hatoum -
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“Il fatto che nel Paese più ricco d’acqua del mondo, che è
il Brasile, ci siano 55 milioni di esseri umani che non hanno accesso
all’acqua, perché è gente che vive in uno stato di estrema povertà, significa
privazione del diritto alla vita. Ogni giorno muoiono 30 mila persone a causa
di malattie dovute all’assenza di acqua oppure alla sua cattiva qualità”.
Raia Hatoum, rappresentante di un’associazione libanese
che lavora nei campi profughi, denuncia la difficoltà del suo popolo di
accedere alle risorse idriche: 265 villaggi non hanno una rete di
distribuzione, e quelli che ne sono dotati usufruiscono spesso di acqua non
pulita.
“I THINK,
IF YOU DON’T HAVE WATER ...
Credo che se non hai l’acqua, non hai alcun diritto alla
salute: non è possibile progredire. La maggior parte delle persone che vivono
in Libano sono agricoltori e hanno bisogno di acqua per far crescere le loro
colture, per guadagnare quel poco che basta per vivere con dignità. Ma noi non
abbiamo questa possibilità. Stiamo comunque facendo pressione sul governo affinché
l’acqua non sia un bene né da vendere né da comprare, ma sia un diritto. Un
diritto fondamentale!”.
Quest’anno l’agenzia dell’Onu che celebra la Giornata è
l’Organizzazione Meteorologica Mondiale, quella sulle Strategie per la
Riduzione dei Disastri; perché l’altro pericolo – oltre all’accesso negato – è
quello della mancanza di protezione
delle acque, che altera lo stato ecologico provocando danni irreparabili.
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RICONFERMANO
UN PRESIDENTE DEL PARTITO DELLA DESTRA.
L’EX GUERRIGLIA RIMANE ALL’OPPOSIZIONE
In
Salvador il partito di destra Arena, Alleanza repubblicana nazionalista, ha confermato
alla guida del Paese un suo candidato. Si tratta di Antonio Saca, che ha
ottenuto alle elezioni presidenziali di ieri il 63 per cento dei consensi, distanziando
nettamente il candidato dell’ex guerriglia del Fronte Farabundo Martì, Shafik
Handal. Quali i motivi di questa larga vittoria? Giancarlo La Vella lo ha
chiesto a Maurizio Chierici, esperto di America Latina:
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R. – I motivi sono nella totalità dell’informazione a
senso unico, anche perché c’è un invecchiamento nella classe politica dell’ex
fronte rivoluzionario. Shafik Handal, io lo ricordo nell’82, diceva: “Dobbiamo
conquistare il potere”. Il programma era nutrito ed era molto specializzato, ma
in realtà poi non è stato fatto quasi nulla. Anche dove il centro-sinistra ha
vinto le elezioni è stato fatto molto poco. Dall’altra parte, teniamo presente
che Antonio Saca è l’uomo scelto per le solite grane di famiglie. Per lui si è
mobilitato l’intero apparato americano. Dobbiamo pensare che 2 milioni e mezzo
di salvadoregni lavorano negli Stati Uniti e la seconda fonte di ricchezza del
Paese sono le rimesse degli emigrati. Uno degli slogan lanciati nella campagna
elettorale è stato: “Attenzione, se vince il centro-sinistra, le rimesse fanno
la fine di Cuba”. Bisogna dire che il consumismo ha cambiato le prospettive.
Manca un centro propulsivo, un centro morale ideale, come si è avuto con il
vescovo Romero, non perché la Chiesa non sia presente, ma perché i mezzi di comunicazione
hanno sbiadito tutto. Allora non c’era questa potenza. Oggi tutto è
sterilizzato da un’informazione a senso unico. Non c’è un giornale
dell’opposizione, non c’è una radio dell’opposizione, non c’è una televisione
dell’opposizione. Poi, le grandi famiglie detengono tutti i poteri economici,
anche quelli dei commerci.
D. – Una scelta obbligata, quindi, che comunque non
scontenta la comunità internazionale, Stati Uniti in testa?
R. – Credo che non la scontenti, perché gli Stati Uniti in
quell’area cominciano ad avere grossi problemi. Hanno un enorme problema nel
Venezuela. Hanno il problema della Colombia e di Haiti: dalla Giamaica Aristide
vuol richiamare la ‘negritudine’, così come in Bolivia sono rinati i sindacati
degli Amerindi, pronti ad una lotta, perché come ha detto Gaviria, il
segretario generale dell’Organizzazione degli Stati Americani, le democrazie
stanno fallendo in America Latina e l’impoverimento ha raggiunto limiti non più
accettabili. Quindi, stabilizzare il Salvador era indispensabile per gli Stati
Uniti.
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PRENDE IL VIA OGGI A MILANO IL XIV FESTIVAL
DEL
CINEMA AFRICANO, D’ASIA E AMERICA LATINA
- Il
servizio di Fabio Brenna -
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Giunto alla 14.ma edizione il Festival del Cinema africano
di Milano si arricchisce di una nuova sezione: il concorso ‘finestre sul mondo’
che ospiterà lungometraggi provenienti da Africa, Asia e America Latina. Sarà
invece come sempre il cinema africano a farla da padrone nelle altre sezioni
del festival: cortometraggi, documentari e non, fiction e retrospettiva. E’
nata dagli stessi registi africani la richiesta di aprire il festival agli
altri componenti del Sud del mondo. L’obiettivo è di dare vita a co-produzioni
sud-sud, migliorando lo scambio con i professionisti europei. Un centinaio le
proiezioni programmate da oggi a domenica 28 marzo nelle cinque sale milanesi,
cui prenderanno parte registi e attori del continente. Anna Maria Gallone è la
direttrice del 14.mo festival del cinema africano, d’Asia e America Latina:
R. – E’ un’edizione innanzitutto ormai in un percorso
avanzato, che però quest’anno cambia parecchio: ci sono dei grandi cambiamenti,
già dal titolo. Infatti, non si chiama più soltanto ‘Festival del cinema
africano’, ma ‘Festival del cinema africano, d’Asia e d’America Latina’. Questo
perché? Crediamo sia importante aprire i confini geografici ancora di più e
permettere ai film del sud del mondo di circolare, di farsi conoscere tra di
loro e di farsi conoscere soprattutto in Italia perché il grande problema che
vorremmo mettere in rilievo con questo festival è l’indifferenza assoluta che
c’è in Italia per questo cambiamento culturale che è sempre più forte, ma
sempre più ignorato, in verità.
D. – Quali sono i punti di forza di questa edizione?
R. – Abbiamo una serie di ‘prime’ – tutte sono ‘prime’
nazionali, che abbiamo scelto dopo avere visto una vastissima serie di film,
sono film estremamente interessanti; l’altra novità è che privilegiamo in
questa sezione i film dei registi nuovi, di quelli che stanno emergendo, mentre
invece tutto il resto del festival è focalizzato sull’Africa, come sempre, e
abbiamo aperto anche una nuova sezione – ‘Panoramica di cinema africano’ – che
ci fa vedere tutto quello che avviene sul film dell’Africa nera e della
diaspora. Poi, è da ricordare la retrospettiva ‘Sudafrica’, che riprende:
l’anno scorso eravamo rimasti agli anni Cinquanta, ed arriviamo fino ad oggi,
dal buio dell’apartheid, anche per festeggiare i dieci anni della democrazia.
D. – Questo è un festival di cinema o un’occasione anche
per promuovere la cultura africana?
R. – Ed è proprio questo un po’ lo scopo di questa nuova
edizione, di promuovere contatti, di promuovere le possibilità di comunicare e
anche di progettare insieme.
Da Milano, per la Radio Vaticana, Fabio Brenna.
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22 marzo 2004
LA CHIESA DI NAMPULA UNITA CONTRO IL TRAFFICO DI ORGANI E
MINORI.
IN UN
DOCUMENTO LA COMUNITA’ CATTOLICA DEL MOZAMBICO
RIPUDIA LE CALUNNIE DIFFUSE DA ALCUNI ORGANI
DI STAMPA
CONTRO IL LAVORO DELLE SUORE DEL “MATER DEI”
MAPUTO.
= La “Chiesa cattolica dell’arcidiocesi di Nampula” ripudia “tutte le notizie
calunniose che ultimamente sono state diffuse gettando discredito sul lavoro,
credibile, svolto dalle sorelle del monastero ‘Mater Dei’”. E’ quanto si legge
in un documento con il quale la Chiesa di Nampula (capoluogo dell’omonima
provincia settentrionale del Mozambico) prende posizione sulle denunce del
presunto traffico di minori e di organi fatte negli ultimi mesi da alcune
missionarie locali e da una laica brasiliana, sorella Elilda dos Santos.
Quest'ultima, infatti, è stata al centro di alcune inchieste e articoli
giornalistici della stampa mozambicana e portoghese tesi a metterne in dubbio
la credibilità. “Rifiutiamo - si legge ancora nella nota, firmata, fra gli
altri, dall’arcivescovo di Nampula, mons. Tomé Makhweliha - tutti i meccanismi
che sono stati utilizzati per zittire o depistare tutto il lavoro fatto dalla
Chiesa cattolica di Nampula nel denunciare traffico di minori, rapimenti,
assassinii e mutilazioni di cadaveri”. “Riaffermiamo - continuano, tuttavia, i
rappresentanti della Chiesa locale - la nostra volontà e apertura a lavorare,
in difesa della vita e della dignità della persona, con tutti,
indipendentemente dal credo, dalla razza, dal colore e dalla condizione
politica o socio-economica”. “Pretendiamo - conclude il documento - che le
indagini continuino e arrivino a una soluzione esaustiva, trasparente, coerente
e senza condizione alcuna. Che la verità sia rapida e che i criminali siano
smascherati”. (B.C.)
SCOMPARSE ALMENO 50 PERSONE IN THAILANDIA
DALL’AVVIO
DELLA LEGGE MARZIALE.
CRESCE
IL SOSPETTO E LA SFIDUCIA
NELLA
POPOLAZIONE DELLE REGIONI MERIDIONALI
BANGKOK. = Misteriose sparizioni si sono registrate in
Thailandia negli ultimi due mesi, da quando il governo di Bangkok ha
promulgato la legge marziale nelle province meridionali di Yala, Pattani e
Narathiwat, a causa della violenza contro agenti di polizia e pubblici
ufficiali. La
denuncia è stata lanciata dal Comitato centrale islamico, sottolineando
che tutto questo accresce il sospetto e la sfiducia della locale comunità
musulmana nei confronti delle autorità. Non esistono dati ufficiali sul numero
degli scomparsi, ma nei giorni scorsi il vice primo ministro, generale Chavalit
Yonhchaiyudh, ha confermato di aver ricevuto segnalazioni sulla sparizione di
molti sospettati fermati e interrogati dalla polizia, aggiungendo che, secondo
gli abitanti dei villaggi, sarebbero un centinaio le persone di cui si sono
perse le tracce. Le province meridionali della Thailandia, al confine con la
Malesia, sono afflitte da anni da problemi sociali e da una crescente
criminalità comune. Dallo scorso gennaio poi, sono ripresi gli attentati,
prevalentemente contro agenti di polizia e pubblici ufficiali. Secondo il
governo centrale, questi atti portano la firma di gruppi indipendentisti
islamici, tra cui il Barisan Revolusi Nasional e l’organizzazione per la
liberazione del Pattani (Pulo), formazioni che aspirano a creare uno Stato
autonomo musulmano, essendo quei territori abitati da buona parte della
minoranza tailandese di religione islamica (quattro per cento della
popolazione). Dall’inizio dell’anno, sono state uccise almeno una cinquantina
di persone, inclusi tre monaci buddisti, e sono stati dati alle fiamme decine
di scuole e di strutture pubbliche. (B.C.)
LE PAROLE DI GIOVANNI PAOLO II SCUOTONO LA CHIESA IN
BIRMANIA.
L’ARCIDIOCESI
DI YANGON RAFFORZA IL PROPRIO IMPEGNO IN AIUTO DEI BAMBINI
- A
cura di Barbara Castelli -
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YANGON. = Impegnarsi di più per
migliorare le condizioni di vita dei bambini, per il loro sviluppo e
l’assistenza sanitaria: questo, in sintesi, l’obiettivo che si prefigge la
Chiesa in Birmania. Dopo il messaggio quaresimale di Giovanni Paolo II,
dedicato ai più piccoli, e dopo il dossier dell’Agenzia Fides sulla condizione
dell’infanzia nel mondo, il salesiano mons. Charles Maung Bo, arcivescovo della
capitale Yangon, ha annunciato di voler rafforzare l’impegno della Chiesa
locale a favore dei bambini, dei ragazzi e dei giovani, per venire incontro
alle loro esigenze materiali, di istruzione e spirituali. Nell’ex Myanmar c’è
un alto tasso di mortalità infantile (circa 80 su mille), specialmente nei
primi mesi dopo la nascita, a causa della diffusa malnutrizione: per questo
l’arcidiocesi costruirà nuovi ospedali e ambulatori per curare i bambini.
Nominato a capo della chiesa di Yangon nel maggio 2003, l’arcivescovo intende,
inoltre, aprire nuovi centri di orientamento vocazionale, per dare ai giovani
un’istruzione e una formazione sul senso della vita e sulla scoperta della loro
vocazione. La Chiesa di Yangon sostiene anche oltre 500 bambini orfani o
abbandonati, ospitandoli in case di accoglienza, fornendo loro un’istruzione e
promuovendo attività di sviluppo sociale e relazionale. Secondo mons. Maung Bo,
ogni parrocchia deve avere un programma di istruzione culturale e religiosa per
bambini e giovani. L’arcivescovo aveva già espresso questa intenzione, dopo la
Giornata dell’Infanzia Missionaria del 6 gennaio scorso, e ha rafforzato la sua
convinzione dopo il messaggio del Santo Padre per la Quaresima 2004. “La
guerra, l’aborto e altri mali odierni - ha detto - causano la morte di milioni
di piccoli innocenti: la Chiesa deve interrogarsi su quanto può fare per
contribuire a porre fine a questa sofferenza”.
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“INSIEME SULLE STRADE DEL MONDO” :
E’ LO
SLOGAN CHE ACCOMPAGNA L’INCONTRO DEI RAPPRESENTANTI
DELLA
PONTIFICIA OPERA DELL’INFANZIA MISSIONARIA DEI PAESI EUROPEI.
L’INCONTRO
SI CONCLUDERA’ IL PROSSIMO 24 MARZO A LUSSEMBURGO
LUSSEMBURGO. = Ha preso il via ieri a Lussemburgo,
l’incontro della Pontificia Opera dell’Infanzia Missionaria dei Paesi europei.
Il tema scelto per questa edizione è: “Insieme sulle strade del mondo. Elementi
per una proposta catechistica missionaria”. L’incontro è stato preparato dai
rappresentanti dei Segretariati della Pontificia Opera dell’Infanzia
Missionaria dei Paesi francofoni, in stretta collaborazione con il Presidente
della Ceme (Conférence de l’Enfance Missionnaire Européenne). Il calendario dei
lavori prevede, oltre a momenti di preghiera, la presentazione del tema in
assemblea generale; lavori di gruppo in base alla lingua, dibattiti e scambio
di esperienze. (B.C.)
PER LE ELEZIONI PARLAMENTARI DEL PROSSIMO MESE IN
INDIA.
IL FIGLIO DI SONIA GHANDI CONCORRERA’ CON IL
PARTITO DEL CONGRESSO
NEW DELHI. = Rahul Gandhi,
figlio del defunto primo ministro Rajiv, si è candidato per le elezioni
parlamentari del prossimo mese in India. Il 34.enne candidato si presenterà per
il Partito del Congresso, guidato da sua madre Sonia, principale schieramento
di opposizione nel Paese asiatico. Entrando in politica, il figlio del premier
- assassinato 13 anni fa – potrebbe essere l’esponente della quinta generazione
dei Gandhi a ricoprire incarichi di leadership in India. Il suo bisnonno,
Jawaharlal Nehru, fu il primo premier dell’India indipendente mentre la figlia,
Indira Gandhi, uccisa 20 anni fa, ricoprì per due volte il ruolo di primo
ministro. (B.C.)
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22 marzo 2004
- A cura di Alessandro Gisotti -
Il Consiglio dei ministri dell'Ue, così come la
Commissione, condanna “l'uccisione extragiudiziaria” del leader di Hamas e di
altri otto palestinesi da parte delle forze israeliane questa mattina. E’
quanto si legge nelle conclusioni del Consiglio dei ministri europei. Le crisi
internazionali incombono, dunque, sulla riunione dei ministri degli Esteri dei
Quindici che si è aperta questa mattina a Bruxelles sui temi della lotta al
terrorismo e del rilancio della strategia economica messa a punto nel vertice
di Lisbona del 2000. Il servizio di Fausta Speranza:
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I capi delle diplomazie europee
sono riuniti in preparazione del Consiglio di giovedì e venerdì prossimo. Gli
argomenti in agenda sono quelli che attendono i leader per questo vertice di
primavera e cioè cooperazione per la sicurezza e rilancio dell’economia. Ma è
forte l’eco di quanto avviene in Medio Oriente, in Afghanistan e nei Balcani.
In tema di terrorismo, il dibattito è aperto da giorni: ci sono stati gli
incontri a livello di ministri di interni e giustizia e c’è proprio in queste
ore a Madrid la riunione dei servizi di intelligence di Regno Unito, Francia,
Germania, Italia e Spagna, i cosiddetti Grandi. E’ una riunione a porte chiuse
in una sede non rivelata, visto il coinvolgimento dei servizi segreti e il
carattere operativo della discussione. Va detto che l’Unione non vorrebbe
parlare di terrorismo solo in termini di prevenzione poliziesca ma anche
affrontando le motivazioni profonde del fenomeno. Lo sottolinea il ministro
italiano, Frattini, a margine dell’incontro a Bruxelles, spiegando che l’Italia
sostiene un progetto di ricerca delle cause profonde che alimentano il terrore.
E un documento comune dei Quindici in tema di terrorismo ci sarà presto: sarà
presentato al vertice dei leader di giovedì e venerdì. In termini di impegno
politico, il dibattito è aperto su come possa essere più attivo il ruolo
dell’Unione europea nei Balcani, dove ancora regna l’instabilità. Su questo
tema ci sono consultazioni in corso tra i maggiori Paesi europei impegnati
nell'area e gli Stati Uniti. E non si esclude in prospettiva una consultazione
del Gruppo di Contatto.
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Alle elezioni legislative di ieri in Malaysia, trionfo
degli islamici moderati sugli integralisti. La coalizione governativa
malaysiana Barisan Nasional (Bn) si è aggiudicata il 90 per cento dei 219 seggi
del Parlamento, sbaragliando l’opposizione degli integralisti del Partito
islamico (Pas). Il premier Abdullah Ahmad Badawi, all'indomani di una delle più
grandi affermazioni del partito moderato nella storia della Malaysia, ha
annunciato che terrà una riunione di gabinetto il 31 marzo. Badawi ha ereditato
a fine ottobre scorso la guida del Paese dall’autoritario leader Mahatir
Mohamad.
In
Francia, successo dei partiti della sinistra alle elezioni per il rinnovo dei
26 Consigli regionali, svoltesi ieri. La sinistra è in vantaggio in 17 regioni.
In attesa del ballottaggio, fra due settimane, il risultato viene percepito
come un campanello d’allarme per il centro-destra aggregato attorno al
presidente Jacques Chirac e al premier Raffarin. Il nostro servizio:
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La
Francia sterza a sinistra: la coalizione della “Gauche” formata da socialisti,
verdi e comunisti ha ottenuto – con il 40 per cento dei consensi – un netto
successo al primo turno delle elezioni amministrative. La destra di governo si
è fermata al 34 per cento dei suffragi. Economia in panne, disoccupazione in aumento,
delinquenza e i gravi problemi di integrazione per le minoranze maghrebine
musulmane sarebbero tra i motivi che hanno portato gli elettori a votare a
sinistra. Il dato di ieri, in attesa del secondo turno fra due settimane, suona
dunque come una bocciatura per l’operato del premier Raffarin, che, dal canto
suo, si è limitato a dichiarare che “terrà conto dei risultati delle elezioni”.
Il socialista Delanoe, sindaco di Parigi, ha definito il voto “un segnale che
gli elettori vogliono un cambiamento”, invitando tuttavia la sinistra a non
cedere a facili entusiasmi. Se la destra gollista arranca, dalle urne esce
invece rafforzata l’estrema destra di Jean-Marie Le Pen, che ha superato il 16
per cento delle preferenze. Risultati deludenti infine per l’estrema sinistra
francese, che per la prima volta ha presentato liste comuni in tutte le
regioni, ma non ha superato il 5 per cento dei consensi.
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Ancora una giornata di violenze in Iraq: due uomini d’affari
finlandesi sono stati uccisi a Baghdad da colpi d’arma da fuoco. Poco prima
un’autobomba era esplosa presso la base americana di Balad provocando la morte
di un uomo delle forze di sicurezza irachene. Un altro agente di polizia è
rimasto ucciso in scontri a fuoco nel nord del Paese a Mosul. In un attentato,
infine, un giudice di Hilla, a sud di Baghdad, è stato ucciso da un ordigno che
è esploso nella sua auto.
Sono momenti drammatici
per il Nepal, teatro da 8 anni di una violentissima guerra civile. Ieri questo
conflitto ha toccato l’apice, con la morte di circa 520 persone in uno scontro
nella cittadina di Beni. Dietro alla guerra in atto fra il governo ed i ribelli
maoisti si nascondono grandi interessi internazionali. Lo conferma Aldo
Daghetta, responsabile per il Nepal di Amnesty Italia, nell’intervista di
Andrea Sarubbi:
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R. – Gli interessi che si giocano in Nepal sono essenzialmente legati
alla posizione geografica del Paese, nel senso che il Nepal è un vero e proprio
cuscinetto tra la Cina e l’India, che si stanno giocando il dominio dell’area
asiatica. Al partito maoista viene dato appoggio essenzialmente dalla Cina.
Fino a pochi anni fa, ufficialmente, la Cina dichiarava di armare i maoisti. Ma
dall’altra parte abbiamo un esercito nepalese che si è armato anche molto
meglio grazie all’appoggio degli Usa. Dopo l’11 settembre, i maoisti sono stati
inseriti in quel gruppo di fazioni cosiddette terroristiche.
D. – Da quando si è insediato nel 2001, dopo la strage di
palazzo, il re Gyanendra non sembra avere molto il controllo della situazione …
R. – Diciamo che Gyanendra non ha il controllo della
situazione a livello politico, ma ha un fortissimo controllo dell’esercito. Si
vede in lui un’intenzione di cercare di accentrare più poteri possibili nella
sua figura. E questo lo si è visto anche nei rapporti con il parlamento
nepalese. Abbiamo visto, infatti, un susseguirsi di primi ministri: ne sono
cambiati tre negli ultimi due anni. La
percezione anche da parte nostra e delle associazioni che lavorano in loco è
che il Nepal stia andando sempre più verso una monarchia assoluta.
D. – Proprio Amnesty International è in prima linea nella
denuncia di frequenti violazioni dei diritti umani in Nepal…
R. – Sì, proprio in questi giorni stiamo decidendo di
lanciare uno stato di crisi. E’ stata avviata una politica di repressione di
tutte quelle persone che possono essere sospettate di essere sostenitori dei
maoisti. In Nepal, in questo momento, abbiamo decine di appelli per persone che
sono scomparse da un giorno all’altro, di cui noi non abbiamo più notizie.
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Resta alta la tensione in Afghanistan dove ieri oltre 100
persone sono rimaste uccise ad Herat, nella regione occidentale del Paese,
negli scontri seguiti all’attentato in cui ha trovato la morte il ministro
dell’aviazione civile, Mirwais Sadiq. Questi è il terzo membro del governo del
presidente Hamid Karzai a perdere la vita in un attentato. Le forze fedeli al
governatore afgano Ismail Khan hanno ripreso in queste ore il controllo di
Herat.
La Russia ha annunciato oggi la volontà di discutere della
crisi in Kosovo nella prossima riunione del Consiglio Russia-Nato prevista per
il 2 aprile. Ad affermarlo è stato il ministro degli esteri Serghiei Lavrov
durante una seduta del governo al Cremlino. Ieri, intanto, si sono svolti a
Kosovska Mitrovica i funerali dei due piccoli albanesi la cui morte nel fiume
Iber è stata l’origine dei disordini esplosi in tutta la regione e che in tre
giorni hanno provocato 28 morti e oltre 600 feriti. Il rito funebre si è svolto
senza incidenti, tra imponenti misure di sicurezza.
Mondo del calcio sotto choc in Italia dopo la clamorosa
sospensione della partita Roma-Lazio per motivi di ordine pubblico. Quattordici
i feriti tra i tifosi e ben 153 gli agenti delle forze dell’ordine rimasti
contusi in seguito agli scontri avvenuti all’esterno dello stadio Olimpico.
Quindici persone sono state arrestate e 23 denunciate. Per il ministro del
Welfare, Maroni, quanto accaduto ieri al derby romano è un’operazione gestita
per “ricattare” il governo nel momento in cui deve prendere una decisione
importante sul futuro calcistico italiano. Intanto, mentre la presidenza della
Lega Calcio ha ribadito l’opportunità della sospensione della partita, la
procura di Roma ha aperto un’inchiesta per i reati di procurato allarme e
violenza privata. Il magistrato titolare dell’indagine non esclude l’ipotesi di
un patto tra le tifoserie capitoline.
Il
ministro della Difesa taiwanese ha ritirato le dimissioni - che aveva
presentato per motivi di salute - dietro invito del primo ministro Yu Shyi-kun.
Intanto, a Taipei continuano le manifestazioni di migliaia di persone che
chiedono un nuovo conteggio delle schede delle elezioni di sabato scorso, che
hanno visto prevalere per un margine di soli 30 mila voti il presidente Chen
Shui-Bian.
Con il
95 per cento dei voti dei delegati del Congresso, Franz Muentefering capogruppo
dei socialdemocratici al Bundestag è stato eletto ieri nuovo leader della Spd
al posto del cancelliere Gerhard Schroeder che ha rinunciato all’incarico
affermando di volersi concentrare sulla guida del Paese.
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