RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLVIII n. 81 - Testo della Trasmissione di domenica 21 marzo 2004

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

“L’amore è più forte che l’odio e la morte”: così il Papa all’Angelus riferendosi alle recenti stragi di Madrid, rivolto alle migliaia di fedeli spagnoli stamani in Piazza San Pietro per la solenne cerimonia di beatificazione di quattro servi di Dio, due italiani e due spagnoli

 

“Attingete da Cristo il coraggio per evangelizzare il nostro mondo travagliato”: l’invito di Giovanni Paolo II ai fedeli di quattro parrocchie romane incontrati ieri pomeriggio in Vaticano.

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Si celebra oggi la Giornata delle Nazioni Unite contro la discriminazione razziale: con noi  Francesco Diasio

 

Montecassino in festa, in onore di San Benedetto: intervista con mons. Francesco Pio Tamburrino

 

Microcredito, strumento internazionale di lotta alla povertà e alla mancanza di diritti delle popolazioni più povere: ai nostri microfoni Marco Santori e Cecilia Graiff.

 

CHIESA E SOCIETA’:

Sono 36 i religiosi uccisi in modo violento nel 2003. Lo rivela l’agenzia Fides nell’aggiornamento del martiriologio

 

“Il legame che unisce gli sposi è un’unione indissolubile che la legge non può sciogliere”: così la Chiesa cilena ha risposto all’istituzione del divorzio, varata l’11 marzo scorso

 

E’ il piccolo Stato africano dello Swaziland il primo Paese al mondo per diffusione dell’Aids

 

La diminuzione degli aiuti umanitari mette in pericolo un quarto della popolazione della Corea del Nord

 

Diminuiscono le presenze negli istituti minorili italiani, che verranno chiusi nel 2006. Se ne parlerà al Convegno “Tutti i bambini hanno diritto ad una famiglia”, che si apre domani a Torino

 

24 ORE NEL MONDO:

Giornata di lutto in Kosovo dopo l’esplosione di violenza antiserba

 

Manifestazioni per la pace si sono svolte, ieri, in diverse città del mondo

 

Oggi elezioni presidenziali in Salvador.

 

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

21 marzo 2004

 

 

“L’AMORE E’ PIU’ FORTE CHE L’ODIO E LA MORTE”: COSI’ GIOVANNI PAOLO II, ALL’ANGELUS RIFERENDOSI ALLE RECENTI STRAGI DI MADRID. STAMANE

IN PIAZZA SAN PIETRO SOLENNE CERIMONIA PER LA  BEATIFICAZIONE

DI QUATTRO SERVI DI DIO, “TESTIMONI DI CONSOLANTE SPERANZA”

 

Un “invito alla gioia” è quello che viene dall’odierna liturgia: Giovanni Paolo II lo ha sottolineato in questa domenica detta “Laetare”, a metà del cammino Quaresimale, dove troviamo le parole dell’Apostolo Paolo: “Se uno è in Cristo, è una creatura nuova”. Messaggio che bene riassume il senso della solenne celebrazione odierna, presieduta dal Santo Padre per la proclamazione di quattro nuovi beati: Luigi Talamoni, Matilde del Sagrado Corazon Tellez Robles, Pietà de la Cruiz Ortiz Real e Maria Candida dell’Eucarestia. Due italiani e due spagnoli, vissuti a cavallo tra ‘800 e ‘900. Sale così a 1331 il numero dei beati, proclamati sotto il pontificato di Giovanni Paolo II, che ha inoltre canonizzato anche 477 Santi. Questi nuovi beati “sono per ogni credente testimoni di consolante speranza”, ha detto il Papa nell’omelia della Messa celebrata sul sagrato della Basilica di San Pietro, davanti ad una folla di circa ventimila persone. Tra questi migliaia di fedeli spagnoli, che Giovanni Paolo II , ha incoraggiato a mantenere la speranza, pure in un momento di così grande dolore per le stragi di dieci giorni fa a Madrid. “L’amore è più forte che l’odio e la morte”: ha detto. Ascoltiamo il servizio di Roberta Gisotti.

 

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“Singolari testimoni dell’amorevole Provvidenza divina, che accompagna il cammino dell’umanità”, “sorretti da indomita fiducia nel Padre celeste”, “hanno affrontato le fatiche e le prove del pellegrinaggio terreno”:  con pochi tratti Giovanni Paolo II ha tracciato il ritratto vivido dei quattro nuovi beati che arricchiscono la storia della Chiesa. “Fedele riflesso della misericordia di Dio” - il sacerdote Luigi Talamoni – ha ricordato il Papa – “gemma del clero ambrosiano, guida e padre di anime senza numero”, fondatore della Congregazione delle Suore misericordine, che divise la sua vita di fede tra il confessionale, l’insegnamento scolastico e l’attività politica in favore dei poveri.

 

“Quale fulgido esempio egli è per tutti! Esorto a guardare a lui soprattutto i sacerdoti”.

 

Ed ancora l’esempio mirabile di Matilde Tellez Robels, fondatrice in Spagna della Congregazione delle Figlie di Maria Madre della Chiesa, “donna instancabile”, che da una vita intensa di preghiera seppe dedicarsi alla trasformazione della società del suo tempo, con opere sociali per le bambine orfane, i malati, le donne lavoratrici.

 

Su luminoso testimonio es una llamada a vivir en adoración a Dios y servicio a los hermanos”

 

“Modello di virtù cristiana” anche la spagnola Tomasa Ortiz Real, fondatrice della Congregazione delle Suore Salesiane del Sacro Cuore di Gesù. Fu chiamata Madre Pietà della Croce, “innamorata di Cristo, della Vergine Maria e dei poveri”:

          

“nos deja el ejemplo de austeridad, oración y caridad hacia todos los necesitados”.

 

“Esempio di austerità, preghiera e carità verso tutti i bisognosi”, ha indicato il Santo Padre. Infine Maria Barba, "autentica mistica”  “che offrì tutta la sua vita a Dio nel Carmelo, dove prese il nome di Maria Candida dell’Eucarestia.

 

“Sono certo – ha concluso la sua omelia il Papa - che dal Cielo la beata Maria Candida continua ad aiutare la Chiesa”:

 

“perché cresca nello stupore e nell’amore verso questo sommo Mistero della nostra fede.”

 

“L’amore è più forte che l’odio e la morte!”, ha aggiunto poi Giovanni Paolo II all’Angelus, rivolto in particolare alle migliaia di fedeli spagnoli, presenti oggi in Piazza San Pietro, alle autorità, ai cardinali e ai sacerdoti di questo Paese, cosi duramente colpito nella sofferenza, esortandoli “a mantenere la speranza, il coraggio e la generosità davanti al dolore di tanta famiglie, del popolo di Madrid  e di tutta la Spagna, per il recente attentato terrorista.” Infine un saluto all’arcivescovo di Milano il cardinale Dionigi Tettamanzi, ai fedeli e sacerdoti di Monza, città natale del beato Luigi Talamoni e alla Famiglia Carmelitana in festa per madre Maria Candida dell’Eucarestia.

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“ATTINGETE DA CRISTO IL CORAGGIO PER EVANGELIZZARE IL NOSTRO MONDO

COSI’ TRAVAGLIATO”. L’INVITO DEL PAPA DURANTE LA MESSA CELEBRATA IERI

 IN VATICANO PER I FEDELI DI QUATTRO PARROCCHIE DELLA PERIFERIA EST DI ROMA

 

“Attingete da Cristo crocifisso il coraggio per evangelizzare il nostro mondo così travagliato”. È l’invito rivolto, soprattutto ai giovani dal Papa, durante la Messa celebrata, ieri pomeriggio nell’Aula Paolo VI, per i fedeli di quattro parrocchie della periferia est di Roma. Il servizio è di Dorotea Gambardella. 

 

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(musica)

 

Fate della Croce il vostro essenziale riferimento”.

 

Così il Papa rivolgendosi ai fedeli delle parrocchie romane di San Massimiliano Kolbe al Prenestino, San Patrizio, Santa Maria Mediatrice e Santa Margherita Maria Alacoque. Quest’ultima in particolare, situata nell’area di Tor Vergata, “ci riporta idealmente – ha affermato il Pontefice – all’incontro in occasione della Giornata mondiale della gioventù nel Duemila”. “Un memorabile evento – ha sottolineato – al centro del quale campeggiava la Croce dell’Anno Santo della Redenzione”.

 

“Attingete da Cristo crocifisso e risorto il coraggio per evangelizzare il nostro mondo così travagliato da divisioni, odi, guerre, terrorismo, ma ricco di tante risorse umane e spirituali”.

 

Quindi, rivolgendosi in particolare ai giovani, il Santo Padre ha ricordato l’appuntamento in Piazza San Pietro di giovedì 1 aprile. “Così – ha spiegato – ci prepareremo alla Giornata mondiale della gioventù, che quest’anno si celebrerà nelle varie diocesi la domenica delle Palme”.

 

“Cari giovani, vi attendo numerosi”.

 

Poi si è congratulato con i fedeli delle parrocchie presenti, tutte ubicate in aree periferiche piuttosto disagiate, per la loro dedizione alla carità verso i fratelli bisognosi e per l’assidua frequenza degli itinerari di formazione cristiana e di catechesi, nonostante la precarietà delle strutture.

 

“Siate comunità parrocchiali aperte ed accoglienti. Vivete in Cristo come nuove creature”.

 

         Infine, il suo saluto alle comunità latinoamericana e polacca, della parrocchia di Santa Maria Mediatrice. “Questi nostri fratelli e sorelle – ha affermato Giovanni Paolo II - si sentano amati come Cristo ha amato e servito ogni uomo ed ogni donna fino al sacrificio di sé. Ma che cosa significa vivere in Cristo? Abbiamo rivolto la domanda ad alcuni partecipanti all’incontro con il Santo Padre:

 

“E’ avere questa luce interna che ti illumina fino nel profondo del cuore. Quindi qualsiasi cosa mi succeda sento che non sono sola”.

 

“Anche il semplice gesto di dare una carezza ad un figlio. Voler bene ad una madre ad un padre. Questo significa, secondo me, avere Cristo presente con noi tutti i giorni”.

 

“Cristo è stato proprio la roccia su cui ho poggiato la mia vita, insieme a mio marito. Ci ha dato lo slancio di accostarci al sacramento del matrimonio, prenderlo come esempio, soprattutto durante il cammino per arrivare alla croce. Accettare anche le sofferenze della vita”. 

 

(musica)

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OGGI IN PRIMO PIANO

21 marzo 2004

 

 

 

“RADIO SENZA FRONTIERE”: MARATONA RADIOFONICA, PLURILINGUE

E MULTIETNICA, NEI CINQUE CONTINENTI, IN OCCASIONE DELLA GIORNATA ODIERNA DELLE NAZIONI UNITE CONTRO LA DISCRIMINAZIONE RAZZIALE: CENTINAIA

LE EMITTENTI COLLEGATE VIA ETERE PER AFFERMARE I VALORI DELLA SOLIDARIETA’, DELL’AMICIZIA, DEL DIALOGO E DELLA TOLLERANZA

- Servizio di Roberta Gisotti -

 

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Sono passati 44 anni dal 21 marzo del 1960: quel giorno 69 persone che manifestavano pacificamente a Shaperville, in Sud Africa, contro il regime dell’apartheid, furono uccise dal fuoco della Polizia locale. Una macchia nella storia dell’umanità. Cinque anni dopo in sede Onu veniva proclamata la Convenzione per eliminare tutte le forme di discriminazione razziale, ratificata finora da 155 Paesi, e l’anno seguente veniva istituita una Giornata a ricordo di quel tragico evento. Ma ancora oggi - denuncia in un messaggio l’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, Bertrand Ramcharan – quante persone “stanno morendo in troppi Paesi nel mondo a causa della loro razza o origine etnica”. La violenza razzista sta provocando esecuzioni, rapimenti e sfollamenti. “Non dobbiamo tollerare tutto ciò”, ammonisce Ramcharan, ricordando che gli Stati devono proteggere i loro cittadini e la comunità internazionale deve assicurare il pieno rispetto del diritto umanitario in ogni situazione anche di conflitto armato.

 

Tra le manifestazioni che rendono onore ogni anno allo spirito di questa Giornata commemorativa è quella che vede unite le Radio comunitarie in tutto il mondo per una campagna di sensibilizzazione sul tema del razzismo, un male ‘oscuro’ ancora più diffuso, spesso nascosto. Ne parliamo con Francesco Diasio, responsabile dell’evento per l’Europa.

 

R. – Le radio comunitarie sono tutte quelle Radio non commerciali che svolgono un servizio per la comunità. E’ un movimento ormai mondiale che ha le sue radici nella nascita delle Radio libere degli anni ’70, ma che poi si è sviluppato nelle forme più disparate. Per cui oggigiorno, in tutto il mondo, le Radio comunitarie sono Radio confessionali o laiche. In Italia ce ne sono di tantissimi tipi, dalle Radio dei circoli dell’Arci, alle Radio di ispirazione cattolica, alle Radio di ispirazione invece più politica, movimentista. In realtà, l’evento del 21 marzo, “Radio Voci senza Frontiere”, è forse la punta di diamante di questo servizio di interesse pubblico. Quello che si vuole tirare fuori è l’aspetto più vero della radiofonia non commerciale che c’è in questo momento, ed in particolar modo l’aspetto legato alla multicultura, che noi come movimento delle Radio comunitarie a livello mondiale pensiamo si debba sottolineare e valorizzare, organizzando eventi di questo tipo.

 

D. – Quali sono i contenuti di questa maratona radiofonica?

 

R. – Intanto, tengo a sottolineare il fatto che questa è la settima edizione di “Radio Voci senza Frontiere”, che era partita in modo sperimentale nel 1998, quando ancora la messa in rete dalle Radio era qualcosa di più difficoltoso. Erano le prime volte in cui si usava Internet per comunicare. Erano le prime volte in cui per questo tipo di strutture si usava il satellite. Ormai la ‘signorina’ “Radio Voci senza Frontiere” è diventata una ‘signora’, una ‘signora’ matura, che nell’edizione del 2004 si esprime in un palinsesto di 24 ore, diviso in diversi slot orari, divisi per Continenti, all’interno dei quali si sviluppano piccoli palinsesti, che poi piccoli non sono, a livello regionale, per cui continentale. Per quello che riguarda il Continente europeo noi avremo contributi che arriveranno dalla Georgia sino al Portogallo, passando per la Repubblica Ceca, la Bulgaria, la Romania per arrivare alla Slovenia, l’Italia, la Germania, la Francia, l’Inghilterra, l’Irlanda. E i contenuti, come potete ben immaginare, saranno molto diversi. Per cui si parlerà di razzismo, ma si vorrà parlarne anche in una maniera positiva, dando voce a quelli che non ne hanno, parlando anche di cultura, di musica, ma parlando anche delle discriminazioni. Citerò un paio di esempi: la questione dei Rom, che è una questione estremamente sentita nei Paesi dell’Europa centro-orientale - Slovenia, Ungheria, Romania – e le questioni di identità linguistica. Ed è per questo che sarà estremamente interessante il programma organizzato dalle Radio in lingua portoghese, che si metteranno in contatto dal Portogallo con Radio che saranno a Timor Est, in Guinea Bissau e in Brasile, e con una Radio comunitaria di Belo Horizonte, che sta proprio nel centro di una favela e che si chiama proprio “Radio Favela”. E poi si arriverà in Italia, dove all’ordine del giorno è la questione legata ai media e alla multicultura. In Italia le forme di razzismo sono più nascoste e spesso e volentieri è l’immagine degli immigrati quella che viene distorta, in particolare dai media.

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A MONTECASSINO, SOLENNE PONTIFICALE IN ONORE DI SAN BENEDETTO:

IL 21 MARZO RESTA LA DATA PREDILETTA DALLA DEVOZIONE POPOLARE

- Intervista con mons. Francesco Pio Tamburrino -

 

Quarant’anni fa, Paolo VI ne spostò la memoria liturgia all’11 luglio. Ma per la devozione popolare la festa di San Benedetto resta indissolubilmente legata al 21 marzo, giorno d’inizio della primavera. Oggi, dunque, numerose sono le celebrazioni in onore del Patrono d'Europa e di Cassino. Nella Basilica di Montecassino, l’Abate padre Fabio Bernardo D'Onorio ha presieduto questa mattina un solenne pontificale, accompagnato dall'ostensione della reliquia del Santo. Alla liturgia, hanno preso parte il presidente della Camera dei Deputati italiana, Pier Ferdinando Casini, il nunzio apostolico in Italia, l’arcivescovo Paolo Romeo, il governatore della Banca d’Italia, Antonio Fazio, e gli ambasciatori d'Europa. L’arcivescovo di Foggia Francesco Pio Tamburrino - benedettino e già abate di Montevergine, quindi segretario della Congregazione per il culto divino e la disciplina dei Sacramenti – traccia al microfono di Giovanni Peduto un profilo biografico e spirituale di San Benedetto.

 

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R. – San Benedetto apparteneva ad una famiglia ragguardevole, romana, ma residente a Norcia, in Umbria. La famiglia lo inviò da bambino a Roma per gli studi, che gli avrebbero poi consentito una carriera civile di stampo militare. A Roma San Benedetto si è disgustato della società corrotta in cui viveva e della piena decadenza del tardo Impero, così si lasciò guidare da una misteriosa voce che lo chiamava alla vita monastica. Lasciò la città e questa decisione di uscire dal mondo poi avrebbe inciso nella grande storia religiosa e culturale di tutto il mondo cristiano.

 

D. – Uno sguardo alla sua santità…

 

R. –  La sua vita è stata incentrata su Dio, mediante la preghiera, la meditazione della Parola di Dio, la vita fraterna in comunità, il lavoro per guadagnarsi da vivere, in particolare il lavoro che era una riscoperta cristiana in un’epoca in cui lavoravano solo gli schiavi.

 

D. – Un episodio significativo della vita di San Benedetto…

 

R. – Il biografo di San Benedetto è Papa San Gregorio Magno. Nella biografia  racconta quest’episodio in cui San Benedetto viene a sapere che sul Monte Marsicano, nell’alta Val del Sangro, viveva un eremita di nome Martino. Questo eremita per restar fedele alla solitudine si era fatto legare con una catena al piede alla roccia. Era l’uso ascetico dei “siderofori”, cioè dei portatori di ferro. I monaci si facevano incatenare. Ma questo gesto a San Benedetto proprio non andava e così mandò un discepolo a dirgli: “Fratello Martino, se sei veramente un servo di Dio, non sia la catena di ferro a tenerti legato, ma la catena di Cristo”. L’eremita accettò l’osservazione di Benedetto e cominciò ad osservare con libertà quella regola ascetica che prima praticava in modo coatto.

 

D. – Un accenno  al monachesimo di San Benedetto in rapporto al monachesimo orientale…

 

R. – San Benedetto rappresenta una mediazione importante, perchè già forme monastiche di tipo orientale si erano diffuse in Occidente, nella Gallia meridionale, in Spagna, nello stesso Lazio, ma erano forme piuttosto austere, molto rigoriste. San Benedetto invece ha praticato e diffuso una forma di ascetismo moderato, ispirato ai Padri, a San Basilio e a Sant’Agostino, e ha favorito soprattutto la dimensione cristiana della carità all’interno della comunità e anche nelle relazioni con il mondo. Rappresenta, dunque, una vocazione moderata rispetto al monachesimo tradizionale di allora.

 

D. - Come si è arrivati alla proclamazione di San Benedetto a patrono d’Europa?

 

R. -  San Benedetto ha posto le premesse per una unità spirituale e culturale dell’Europa. L’Impero Romano si stava frantumando ed i popoli scendevano da Oltralpe. Man mano il Vangelo ha cominciato a penetrare in mezzo a questi popoli, come anche una forma di umanesimo integrale, promosso dalla vita benedettina, fatta di cultura classica, di conoscenza della Bibbia, di liturgia, di arte, di lavoro organizzato, soprattutto anche aperto ad una sintesi vitale con le ricchezze e le energie di nuovi popoli. Tutto questo ha influito a formare una piattaforma che poi i monasteri benedettini sparsi nel continente hanno diffuso attraverso la Regola e lo stile di vita. Un modello di vita operoso, pacifico, aperto e strutturato con sapienza, portatore di cultura e di valori umani. Tutto questo ha creato la piattaforma della civiltà europea medievale, che ha lasciato poi l’impronta decisiva sul continente europeo.

 

D. – Quale eredità ci hanno lasciato gli antichi monasteri benedettini?

 

R. – Anzitutto l’eredità di una vita spirituale che trasfiguri la vita umana, anche quella feriale e umile. E poi la cultura del mondo classico, l’arte, la liturgia, la bonifica di immensi territori, la diffusione della scienza, della medicina, la qualificazione della produzione agricola, la zootecnia qualificata. Insomma, tutta una serie di interventi che i monaci hanno operato sul territorio e sulla società, per abbellire il mondo e anche il cuore degli uomini.

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CRESCE LA FORZA DI UNO STRUMENTO INTERNAZIONALE DI LOTTA ALLA POVERTA’:

IL MICROCREDITO, DI CUI GIA’ OGGI BENEFICIANO 15 MILIONI DI PERSONE

 NEI PAESI IN VIA DI SVILUPPO

- Intervista con Marco Santori e Cecilia Graiff -

 

Il microcredito come strumento internazionale di lotta alla povertà e alla mancanza di diritti delle popolazioni. Su questo tema si è tenuto in settimana a Roma un Convegno promosso dalla Caritas italiana. Esperti e testimoni hanno approfondito il rapporto tra etica ed economia e presentato alcune esperienze di “Economia alternativa” in Italia e nel Sud del mondo. Obiettivo dei lavori, l’esame delle prospettive di questa particolare forma di servizio ai più deboli avviata nel 1976 in Bangladesh da Muhammed Yunus, fondatore della prima “Banca villaggio”. Ma sentiamo il servizio di Francesca Sabatinelli.

 

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15 milioni, sono le persone che ad oggi nel mondo beneficiano di microcredito e in generale di interventi di microfinanza. Obiettivo degli addetti ai lavori è raggiungere, entro il prossimo anno, 100 milioni di famiglie tra le più povere del mondo, e soprattutto le donne che ne fanno parte. E’ essenzialmente nei Paesi in via di sviluppo che viene utilizzato il microcredito, piccoli prestiti ad un tasso molto basso rispetto alle banche, a persone che non avrebbero altrimenti accesso al sistema finanziario tradizionale perché non in grado di offrire garanzie. Nel dicembre del 1997 le Nazioni Unite con una risoluzione riconobbero l’importanza del microcredito come strumento per sradicare la povertà. Marco Santori, presidente di Etimos, consorzio finanziario attivo in 30 Paesi soprattutto in America Latina e Africa, testimonia che molte persone nel mondo hanno migliorato la propria vita, spesso estremamente povera, grazie alle piccole imprese avviate con il microcredito.

 

R. – L’accesso al credito è un diritto delle persone che hanno il desiderio di definire il proprio futuro e vogliono autodefinire il modello di sviluppo nel quale vogliono crescere. Purtroppo il sistema finanziario impone delle regole di esclusione, che determinano quindi la dipendenza di alcuni modelli di sviluppo. Popolazione del centroamerica o popolazione africane non sono in grado di autodeterminare il proprio processo. Il microcredito vuole essere uno dei tanti strumenti per dare dignità a queste popolazioni.

 

Per la Caritas, il microcredito è una nuova tipologia di servizio e una nuova opportunità per i più poveri e meno tutelati. Ma è anche uno strumento per costruire giustizia e pace. Cecilia Graiff, della Caritas italiana, è la responsabile del progetto Lhuwuka, in Mozambico. Avviato da circa un anno, ad oggi ne hanno beneficiato almeno 100 donne.

 

R. – Questo progetto di microcredito è nato a partire da una parrocchia nella periferia urbana di Maputo. Si è cominciato a pensare al progetto dopo un lavoro di analisi fatto con un gruppo di vedove già presenti nella stessa parrocchia. Da questa analisi è emersa la propensione della donna africana al piccolo commercio e la necessità – per avviare queste piccole attività – di un finanziamento, di un supporto e della formazione. Dopo questo primo progetto pilota, che ha coinvolto solo 20 donne, la comunità ha pensato di aprire il progetto a tutte le donne e quindi non solo vedove. La cosa che è emersa è come attraverso il microcredito sia aumentata l’autostima di queste donne.

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CHIESA E SOCIETA’

21 marzo 2004

 

 

SONO 36 I RELIGIOSI UCCISI IN MODO VIOLENTO NEL 2003. LO RIVELA L’AGENZIA FIDES NELL’AGGIORNAMENTO DEL MARTIRIOLOGIO. L’ULTIMA MORTE E’ QUELLA DEL NUNZIO APOSTOLICO IN BURUNDI, MONS. MICHAEL COURTNEY

 

ROMA.= Un lungo elenco che comprende vescovi, sacerdoti, religiosi e laici. E’ l’ultimo aggiornamento del martirologio, realizzato dall’agenzia vaticana Fides. Nel conteggio, sono segnati non solo i missionari in senso stretto ma tutto il personale ecclesiastico, ucciso in modo violento o che “ha sacrificato - si legge nella nota dell’agenzia - la propria vita consapevole del rischio che correva, pur di non abbandonare il proprio impegno di testimonianza e di apostolato”. Sono numerosi i “martiri della carità”, molte volte ritrovati dopo giorni dalla loro morte e solitamente vittime di aggressioni, nate in contesti difficili. I più colpiti sono i religiosi africani, su 36 morti se ne contano 15, seguono gli americani, gli europei ed infine gli asiatici. All’Africa va il triste primato di luogo della morte, almeno 22 omicidi sono avvenuti in questo contesto. Particolarmente violenta la Repubblica del Congo e l’Uganda, dove da anni il sedicente Esercito del Signore guidato da Kony compie massacri e arruola tra le sue fila bambini-soldato. L’ultimo nome scritto sulla pubblicazione è quello di mons. Michael Courtney, il nunzio apostolico del Burundi, ucciso il 29 dicembre scorso. Si tratta dell’unico arcivescovo che compare nell’elenco, dove i sacerdoti sono la maggioranza delle vittime. Per ricordare i religiosi scomparsi e in particolare mons. Oscar Romero, arcivescovo di San Salvador, ucciso ventiquattro anni fa, il prossimo mercoledì 24 marzo, verrà celebrata la XII giornata di preghiera e digiuno in memoria dei missionari martiri, promossa dal movimento giovanile missionario delle pontificie opere missionarie. (B.C.)

 

 

“IL LEGAME CHE UNISCE GLI SPOSI E’ UN’ UNIONE INDISSOLUBILE CHE LA LEGGE

NON PUO’ SCIOGLIERE”: COSI’ LA CHIESA CILENA HA RISPOSTO ALL’ISTITUZIONE

DEL DIVORZIO, VARATA L’11 MARZO SCORSO

 

SANTIAGO DEL CILE.= Il Comitato permanente della Conferenza episcopale cilena, dopo la legalizzazione del divorzio, ha presentato un documento nel quale si invita a rafforzare le fondamenta del matrimonio affinché diventi santuario della vita e della pace. La Chiesa, inoltre, ha manifestato tutta la sua disapprovazione al governo cileno, con il quale però i rapporti continueranno sulla via del dialogo e del confronto. Mons. Gonzalo Duarte, vescovo di Valparaiso, nella conferenza stampa di presentazione del documento, ha focalizzato la sua attenzione sull’articolo 20 della Costituzione che riconosce agli sposi il legame fondato sul sacramento del matrimonio. Il presule ha sottolineato inoltre che attraverso “il loro sì i coniugi stringono un patto tra loro di fronte a Dio, quello di amarsi come ci ha amato Cristo”. Perplessità è stata espressa per il comportamento di alcuni parlamentari cattolici, che non hanno fatto sentire, in maniera forte, il loro ‘no’ per la legge appena passata. “I vescovi non puntano l’indice contro nessuno – ha voluto sottolineare mons. Duarte. Ma è importante che la famiglia venga sostenuta a tutti i livelli, soprattutto perché in questo periodo patisce attacchi da più parti.” Il presule ha indicato alcune difficoltà che oggi la famiglia cilena incontra, in particolare i problemi della casa, l’allungamento della giornata lavorativa fino al lavoro domenicale. Netta la posizione della Chiesa in materia di aborto, altra questione su cui sono state presentate diverse proposte di legge. “L’aborto è un crimine” ha detto risoluto mons. Duarte, esprimendo con chiarezza la posizione della Chiesa. (B.C.)

 

 

E’ IL PICCOLO STATO AFRICANO DELLO SWAZILAND IL PRIMO PAESE AL MONDO

PER DIFFUSIONE DELL’AIDS. AL VIA MOLTI PROGETTI PER ARGINARE

LA PANDEMIA DEL VIRUS

 

MBABANE. = Con circa il 40% delle infezioni, lo Swaziland balza al primo posto della classifica mondiale per la diffusione dell’Aids. A confermare il triste primato, l’inviato speciale del segretario delle Nazioni Unite, Stephen Lewis, che durante una conferenza stampa ha presentato le ultime stime in materia di Hiv. Se si calcola che la popolazione del piccolo Stato africano è di un milione di persone, l’alta percentuale diventa un dato allarmante. Scioccato il re Mswati III, che si è impegnato personalmente a dare il via a progetti di prevenzione della malattia. Si è impegnato anche il Consiglio nazionale dello Swaziland, che non appena conosciuti i dati, ha subito lanciato programmi contro l’Aids e progetti per la somministrazione di farmaci antiretrovirali tra la popolazione. Lo stesso Lewis ha lodato l’impegno del Paese ed ha voluto incoraggiare il lavoro delle organizzazioni impegnate contro la pandemia, citando il caso del Botswana. Nelle ultime rilevazioni, lo Stato africano è riuscito ad abbassare la propria percentuale dal 38,8% al 37,5%, grazie al sostegno delle istituzioni e di molti donatori internazionali. (B.C.)

 

 

LA DIMINUZIONE DEGLI AIUTI UMANITARI METTE IN PERICOLO UN QUARTO

DELLA POPOLAZIONE DELLA COREA DEL NORD. AD APRILE UNA NUOVA CAMPAGNA

MONDIALE PER LA RACCOLTA FONDI

 

PYONGYANG.= La Caritas di Hong Kong ha espresso una seria preoccupazione per il taglio ai fondi, necessari per le campagne umanitarie. Il Programma alimentare mondiale ha annullato diverse spedizioni di derrate alimentari perché non in grado di pagare le spedizioni navali. In questo modo, sei milioni di persone, più di un quarto di 23 milioni di cittadini, sono state private di una fornitura continua di cibo. Kathi Zellweger, direttrice della International Co-Operation della Caritas di Hong Kong, ha ricordato che solo centomila persone continuano a ricevere ogni cosa di cui hanno bisogno, e che le spedizioni alimentari sono “solo una goccia che cade su una pietra che scotta”.  La direttrice è preoccupata per la situazione che potrebbe colpire soprattutto i più piccoli, c’è da scongiurare l’emergenza malnutrizione, in evidente flessione da alcuni anni. Aprile e maggio potrebbero diventare mesi critici per ritrovare nuovi finanziamenti, proprio in quel periodo partirà una campagna mondiale per la raccolta fondi. (B.C.)

 

 

DIMINUISCONO LE PRESENZE NEGLI ISTITUTI MINORILI ITALIANI, CHE VERRANNO CHIUSI NEL 2006. SE NE PARLERA’ AL CONVEGNO “TUTTI I BAMBINI HANNO DIRITTO AD UNA FAMIGLIA”, CHE SI APRE DOMANI A TORINO

 

TORINO.= Una ricerca, commissionata dal Ministero del Welfare, sulla presenza dei bambini negli Istituti per minori, ne ha evidenziato una sostanziale diminuzione. “E’ un dato confortante” ha commentato il sottosegretario con delega alle politiche sociale, Grazia Sestini, che con il ministro del Welfare, Roberto Maroni, sarà presente al Convegno che si aprirà a Torino, domani. Nell’incontro, che si svolgerà per due giorni al Centro Congressi Lingotto, si discuterà del piano di interventi in vista della chiusura degli Istituti di minori, prevista per legge nel 2006. L’Osservatorio nazionale dell’infanzia e dell’adolescenza presenterà contemporaneamente un documento, in cui si delineano le misure alternative all’Istituto, puntando in particolare sull’affidamento familiare e l’adozione. “Quella degli Istituti - ha sottolineato la Sestini - è stata una realtà importante che per secoli ha educato i minori destinati ai margini della società. Parlare della loro chiusura non vuol dire penalizzarli ma - ha continuato -  valorizzarne l’esperienza per offrire ai bambini migliori realtà educative per un innalzamento della qualità della vita”. Nel convegno, dal titolo:“Tutti i bambini hanno diritto a una famiglia”, saranno presentate alcune esperienze di Comuni, di associazioni, di famiglie che hanno realizzato progetti alternativi agli Istituti di minori. (B.C.)

 

 

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24 ORE NEL MONDO

21 marzo 2004

 

 

- A cura di Amedeo Lomonaco -

 

In Kosovo, dove oggi si celebra la giornata di lutto nazionale per ricordare le 28 vittime degli scontri interetnici che negli ultimi giorni si sono estesi dalla città di Mitrovica a tutta l’area, oltre 3600 serbi sono stati evacuati ed ospitati nelle basi militari della Forza di pace e nei centri di accoglienza controllati dalla Nato. In questo clima di forte tensione, si sono svolti oggi, in un piccolo villaggio vicino alla città di Mitrovica, i funerali di due dei tre bambini annegati martedì scorso dopo essere stati spinti - secondo la versione albanese -  nel fiume Ibar da alcuni serbi.

 

L’organizzazione separatista ‘Eta’, dopo aver smentito il proprio coinvolgimento negli attentati di Madrid che lo scorso 11 marzo hanno causato la morte di 202 persone, si dichiara, in un comunicato pubblicato oggi dal giornale indipendentista ‘Gara’, “disposta” al dialogo e invita il futuro primo ministro spagnolo, Josè Luis Zapatero, a “gesti forti e coraggiosi” nei confronti della regione basca. Nel testo si sottolinea, inoltre, come sia possibile ottenere la pace con il buon senso ma viene anche confermata la decisione di continuare a lottare.

 

Numerose sono state, ieri, le manifestazioni organizzate dai movimenti pacifisti che si sono svolte in diversi Paesi del mondo per protestare contro la guerra in Iraq in occasione del primo anniversario dell’intervento militare nel Paese arabo. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

 

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Un lungo serpentone con i colori dell’arcobaleno si è snodato, ieri, lungo le strade del centro di Roma, attraversate da almeno un milione di persone che hanno manifestato per la pace. La manifestazione è stata però segnata da tafferugli scoppiati all’ingresso del segretario dei Ds, Piero Fassino, nel corteo. A Londra la giornata si è aperta con una clamorosa protesta di due attivisti di Greenpeace che hanno scalato il Big Ben esponendo uno striscione contro la guerra. Negli Stati Uniti, dove è partito l’appello dei pacifisti, oltre 100 mila persone hanno inoltre partecipato ad almeno 250 cortei. In tutte le manifestazioni è comparso uno striscione in spagnolo contro il terrorismo e a Madrid in migliaia hanno protestato contro l’intervento in Iraq, a dieci giorni dagli attentati che hanno devastato la capitale iberica. “Oggi Madrid è la capitale morale dell’Europa, non certo quella politica o militare”, ha detto il Nobel portoghese, Josè Saramago, in chiusura della manifestazione di Madrid.

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L’Iraq continua ad essere flagellato dall’esplosiva miscela di odio e violenza. Due soldati americani sono stati uccisi e altri sette sono rimasti feriti in seguito ad un attacco perpetrato, ieri, contro una base del contingente americano vicino a Falluja. In questo drammatico scenario si deve anche aggiungere l’uccisione, stamani, di un poliziotto iracheno a Baquba, città ad una sessantina di chilometri a Nord di Baghdad.

 

Violenze anche in Medio Oriente, dove stamani sei palestinesi sono rimasti uccisi e altri 10 feriti in un raid compiuto dall’esercito israeliano a Khan Yunes, nel Sud della striscia di Gaza. Il servizio di Graziano Motta:     

 

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L’operazione - ha detto un portavoce dell’Esercito israeliano - è stata compiuta nel contesto dell’offensiva permanente contro quadri e infrastrutture dei gruppi armati palestinesi, decisa dal governo dopo la strage di Ashdod del 14 marzo. Sempre stamani, ma in Cisgiordania, reparti del genio hanno demolito le abitazioni di due palestinesi, ritenuti responsabili di attentati suicidi e, per il quinto giorno consecutivo, nella zona di Modiin, tra Tel Aviv e Gerusalemme, guardie di frontiera sono dovute intervenire per disperdere decine di manifestanti, non solo palestinesi, ma anche pacifisti israeliani, che tentavano di impedire i lavori di costruzione della barriera di separazione. Sul piano politico, si è palesata - più ampia del previsto - l’opposizione di ministri del Likud, il partito di maggioranza relativa al piano di operazione unilaterale di Israele dai territori palestinesi, che comporta l’evacuazione totale degli insediamenti dei coloni dalla Striscia di Gaza, e simbolica  da alcuni della Cisgiordania. Nell’illustrare il progetto, il primo ministro Sharon ha sostenuto che esso gode del sostegno del ministero della Difesa, ma ciò nonostante non è riuscito a comporre la spaccatura che si aggiunge alla determinazione dei partiti nazionalista e religioso, di lasciare la coalizione di governo, provocandone così la crisi.

 

Per Radio Vaticana, Graziano Motta.

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Polemiche a Taiwan dopo l’esito delle elezioni presidenziali. L’Alta Corte di Taipei ha infatti disposto che tutte le urne vengano sigillate per conservare le prove dopo la contestazione dell’opposizione che ha criticato i risultati di ieri, vinte dal presidente uscente Chen Shui-bian, eletto per un secondo mandato con meno di 30 mila voti in più del suo rivale, il leader nazionalista Lien Chan.

 

Oltre tre milioni di persone sono chiamati oggi al voto, in Salvador, per eleggere il nuovo presidente del Paese centroamericano. Sulla campagna elettorale che ha preceduto questa consultazione, ci riferisce Maurizio Salvi:

 

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Ancora una volta il dibattito politico, che ha preceduto le elezioni presidenziali è stato monopolizzato dall’Arena, l’Alleanza repubblicano nazionalista di destra, a cui appartiene il presidente uscente Francico Flores, e dal Fronte Farabundo Martì per la liberazione nazionale, composto da ex guerriglieri di sinistra. I rispettivi candidati, Antonio Saca e Schafik Handal, sono separati da un niente nei sondaggi della vigilia, ma nessuno dei due appare in grado di raggiungere il 50 per cento più uno dei voti, necessario per vincere al primo turno. Non sono mancate le polemiche sulle ragioni della profonda crisi economica e l’interesse dell’elettorato è stato risvegliato anche dall’inedita presenza di un contingente di militari salvadoregni in Iraq, che la destra vuole mantenere e la sinistra ritirare. Un altro tema, che è andato crescendo con il passare degli anni, ha riguardato l’aumento della violenza sociale ed il proliferare delle bande delinquenziali, conosciute con il nome di Maras. Si tratta di un’altra violenza rispetto a quella della guerra civile che causò 70 mila morti e quasi 2 miliardi di euro di danni. Sul piano economico comunque gli analisti coincidono che il prossimo governo erediterà una stabilità relativa, anche se in un contesto di diminuzione della crescita che non aiuterà a risolvere il delicato problema del deficit dell’import-export, coperto per il momento con le rimesse di quasi 2 milioni di salvadoreni, un terzo della popolazione, che sono emigrati all’estero.

 

Maurizio Salvi, per la Radio Vaticana.

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