RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVIII n. 81 - Testo della Trasmissione di domenica 21 marzo
2004
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI
IN PRIMO PIANO:
Montecassino in festa, in
onore di San Benedetto: intervista con mons. Francesco Pio Tamburrino
CHIESA E SOCIETA’:
E’ il piccolo Stato africano
dello Swaziland il primo Paese al mondo per diffusione dell’Aids
Giornata
di lutto in Kosovo dopo l’esplosione di violenza antiserba
Manifestazioni
per la pace si sono svolte, ieri, in diverse città del mondo
Oggi
elezioni presidenziali in Salvador.
21
marzo 2004
“L’AMORE E’ PIU’ FORTE CHE L’ODIO E LA MORTE”:
COSI’ GIOVANNI PAOLO II, ALL’ANGELUS RIFERENDOSI ALLE RECENTI STRAGI DI MADRID.
STAMANE
IN
PIAZZA SAN PIETRO SOLENNE CERIMONIA PER LA
BEATIFICAZIONE
DI
QUATTRO SERVI DI DIO, “TESTIMONI DI CONSOLANTE SPERANZA”
Un “invito alla gioia” è quello che viene dall’odierna
liturgia: Giovanni Paolo II lo ha sottolineato in questa domenica detta “Laetare”,
a metà del cammino Quaresimale, dove troviamo le parole dell’Apostolo Paolo:
“Se uno è in Cristo, è una creatura nuova”. Messaggio che bene riassume il senso
della solenne celebrazione odierna, presieduta dal Santo Padre per la
proclamazione di quattro nuovi beati: Luigi Talamoni, Matilde del Sagrado
Corazon Tellez Robles, Pietà de la Cruiz Ortiz Real e Maria Candida
dell’Eucarestia. Due italiani e due spagnoli, vissuti a cavallo tra ‘800 e
‘900. Sale così a 1331 il numero dei beati, proclamati sotto il pontificato di
Giovanni Paolo II, che ha inoltre canonizzato anche 477 Santi. Questi nuovi
beati “sono per ogni credente testimoni di consolante speranza”, ha detto il
Papa nell’omelia della Messa celebrata sul sagrato della Basilica di San
Pietro, davanti ad una folla di circa ventimila persone. Tra questi migliaia di
fedeli spagnoli, che Giovanni Paolo II , ha incoraggiato a mantenere la speranza,
pure in un momento di così grande dolore per le stragi di dieci giorni fa a
Madrid. “L’amore è più forte che l’odio e la morte”: ha detto. Ascoltiamo il
servizio di Roberta Gisotti.
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“Singolari testimoni dell’amorevole Provvidenza divina,
che accompagna il cammino dell’umanità”, “sorretti da indomita fiducia nel
Padre celeste”, “hanno affrontato le fatiche e le prove del pellegrinaggio
terreno”: con pochi tratti Giovanni
Paolo II ha tracciato il ritratto vivido dei quattro nuovi beati che
arricchiscono la storia della Chiesa. “Fedele riflesso della misericordia di
Dio” - il sacerdote Luigi Talamoni – ha ricordato il Papa – “gemma del clero
ambrosiano, guida e padre di anime senza numero”, fondatore della Congregazione
delle Suore misericordine, che divise la sua vita di fede tra il confessionale,
l’insegnamento scolastico e l’attività politica in favore dei poveri.
“Quale fulgido esempio egli è per tutti! Esorto a guardare
a lui soprattutto i sacerdoti”.
Ed ancora l’esempio mirabile di Matilde Tellez Robels,
fondatrice in Spagna della Congregazione delle Figlie di Maria Madre della
Chiesa, “donna instancabile”, che da una vita intensa di preghiera seppe
dedicarsi alla trasformazione della società del suo tempo, con opere sociali
per le bambine orfane, i malati, le donne lavoratrici.
“Su luminoso testimonio es una
llamada a vivir en adoración a Dios y servicio a los hermanos”
“Modello
di virtù cristiana” anche la spagnola Tomasa Ortiz Real, fondatrice della
Congregazione delle Suore Salesiane del Sacro Cuore di Gesù. Fu chiamata Madre
Pietà della Croce, “innamorata di Cristo, della Vergine Maria e dei poveri”:
“nos deja el ejemplo de
austeridad, oración y caridad hacia todos los necesitados”.
“Esempio
di austerità, preghiera e carità verso tutti i bisognosi”, ha indicato il Santo
Padre. Infine Maria Barba, "autentica mistica” “che offrì tutta la sua vita a Dio nel Carmelo, dove prese il
nome di Maria Candida dell’Eucarestia.
“Sono certo – ha concluso la sua omelia il Papa - che dal
Cielo la beata Maria Candida continua ad aiutare la Chiesa”:
“perché cresca nello stupore e nell’amore verso questo
sommo Mistero della nostra fede.”
“L’amore è più forte che l’odio e la morte!”, ha aggiunto
poi Giovanni Paolo II all’Angelus, rivolto in particolare alle migliaia di
fedeli spagnoli, presenti oggi in Piazza San Pietro, alle autorità, ai
cardinali e ai sacerdoti di questo Paese, cosi duramente colpito nella
sofferenza, esortandoli “a mantenere la speranza, il coraggio e la generosità
davanti al dolore di tanta famiglie, del popolo di Madrid e di tutta la Spagna, per il recente
attentato terrorista.” Infine un saluto all’arcivescovo di Milano il cardinale
Dionigi Tettamanzi, ai fedeli e sacerdoti di Monza, città natale del beato
Luigi Talamoni e alla Famiglia Carmelitana in festa per madre Maria Candida
dell’Eucarestia.
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“ATTINGETE DA CRISTO IL CORAGGIO PER EVANGELIZZARE
IL NOSTRO MONDO
COSI’ TRAVAGLIATO”. L’INVITO DEL PAPA DURANTE LA
MESSA CELEBRATA IERI
IN
VATICANO PER I FEDELI DI QUATTRO PARROCCHIE DELLA PERIFERIA EST DI ROMA
“Attingete da Cristo crocifisso il coraggio per evangelizzare
il nostro mondo così travagliato”. È l’invito rivolto, soprattutto ai giovani
dal Papa, durante la Messa celebrata, ieri pomeriggio nell’Aula Paolo VI, per i
fedeli di quattro parrocchie della periferia est di Roma. Il servizio è di
Dorotea Gambardella.
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(musica)
“Fate
della Croce il vostro essenziale riferimento”.
Così il Papa rivolgendosi ai fedeli delle parrocchie
romane di San Massimiliano Kolbe al Prenestino, San Patrizio, Santa Maria
Mediatrice e Santa Margherita Maria Alacoque. Quest’ultima in particolare,
situata nell’area di Tor Vergata, “ci riporta idealmente – ha affermato il
Pontefice – all’incontro in occasione della Giornata mondiale della gioventù
nel Duemila”. “Un memorabile evento – ha sottolineato – al centro del quale campeggiava
la Croce dell’Anno Santo della Redenzione”.
“Attingete
da Cristo crocifisso e risorto il coraggio per evangelizzare il nostro mondo
così travagliato da divisioni, odi, guerre, terrorismo, ma ricco di tante
risorse umane e spirituali”.
Quindi, rivolgendosi in
particolare ai giovani, il Santo Padre ha ricordato l’appuntamento in Piazza
San Pietro di giovedì 1 aprile. “Così – ha spiegato – ci prepareremo alla
Giornata mondiale della gioventù, che quest’anno si celebrerà nelle varie
diocesi la domenica delle Palme”.
“Cari giovani, vi attendo
numerosi”.
Poi si è congratulato con i fedeli
delle parrocchie presenti, tutte ubicate in aree periferiche piuttosto
disagiate, per la loro dedizione alla carità verso i fratelli bisognosi e per
l’assidua frequenza degli itinerari di formazione cristiana e di catechesi,
nonostante la precarietà delle strutture.
“Siate comunità parrocchiali aperte ed accoglienti. Vivete
in Cristo come nuove creature”.
Infine,
il suo saluto alle comunità latinoamericana e polacca, della parrocchia di
Santa Maria Mediatrice. “Questi nostri fratelli e sorelle – ha affermato
Giovanni Paolo II - si sentano amati come Cristo ha amato e servito ogni uomo
ed ogni donna fino al sacrificio di sé. Ma che cosa significa vivere in Cristo?
Abbiamo rivolto la domanda ad alcuni partecipanti all’incontro con il Santo
Padre:
“E’ avere questa luce interna
che ti illumina fino nel profondo del cuore. Quindi qualsiasi cosa mi succeda
sento che non sono sola”.
“Anche il semplice gesto di dare
una carezza ad un figlio. Voler bene ad una madre ad un padre. Questo
significa, secondo me, avere Cristo presente con noi tutti i giorni”.
“Cristo è stato proprio la
roccia su cui ho poggiato la mia vita, insieme a mio marito. Ci ha dato lo
slancio di accostarci al sacramento del matrimonio, prenderlo come esempio,
soprattutto durante il cammino per arrivare alla croce. Accettare anche le
sofferenze della vita”.
(musica)
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21
marzo 2004
“RADIO
SENZA FRONTIERE”: MARATONA RADIOFONICA, PLURILINGUE
E
MULTIETNICA, NEI CINQUE CONTINENTI, IN OCCASIONE DELLA GIORNATA ODIERNA DELLE
NAZIONI UNITE CONTRO LA DISCRIMINAZIONE RAZZIALE: CENTINAIA
LE
EMITTENTI COLLEGATE VIA ETERE PER AFFERMARE I VALORI DELLA SOLIDARIETA’,
DELL’AMICIZIA, DEL DIALOGO E DELLA TOLLERANZA
-
Servizio di Roberta Gisotti -
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Sono passati 44 anni dal 21 marzo del 1960: quel giorno 69
persone che manifestavano pacificamente a Shaperville, in Sud Africa, contro il
regime dell’apartheid, furono uccise dal fuoco della Polizia locale. Una
macchia nella storia dell’umanità. Cinque anni dopo in sede Onu veniva proclamata
la Convenzione per eliminare tutte le forme di discriminazione razziale,
ratificata finora da 155 Paesi, e l’anno seguente veniva istituita una Giornata
a ricordo di quel tragico evento. Ma ancora oggi - denuncia in un messaggio
l’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, Bertrand Ramcharan
– quante persone “stanno morendo in troppi Paesi nel mondo a causa della loro
razza o origine etnica”. La violenza razzista sta provocando esecuzioni,
rapimenti e sfollamenti. “Non dobbiamo tollerare tutto ciò”, ammonisce
Ramcharan, ricordando che gli Stati devono proteggere i loro cittadini e la
comunità internazionale deve assicurare il pieno rispetto del diritto
umanitario in ogni situazione anche di conflitto armato.
Tra le manifestazioni che rendono onore ogni anno allo
spirito di questa Giornata commemorativa è quella che vede unite le Radio
comunitarie in tutto il mondo per una campagna di sensibilizzazione sul tema
del razzismo, un male ‘oscuro’ ancora più diffuso, spesso nascosto. Ne parliamo
con Francesco Diasio, responsabile dell’evento per l’Europa.
R. – Le radio comunitarie sono tutte quelle Radio non
commerciali che svolgono un servizio per la comunità. E’ un movimento ormai
mondiale che ha le sue radici nella nascita delle Radio libere degli anni ’70,
ma che poi si è sviluppato nelle forme più disparate. Per cui oggigiorno, in
tutto il mondo, le Radio comunitarie sono Radio confessionali o laiche. In
Italia ce ne sono di tantissimi tipi, dalle Radio dei circoli dell’Arci, alle
Radio di ispirazione cattolica, alle Radio di ispirazione invece più politica,
movimentista. In realtà, l’evento del 21 marzo, “Radio Voci senza Frontiere”, è
forse la punta di diamante di questo servizio di interesse pubblico. Quello che
si vuole tirare fuori è l’aspetto più vero della radiofonia non commerciale che
c’è in questo momento, ed in particolar modo l’aspetto legato alla multicultura,
che noi come movimento delle Radio comunitarie a livello mondiale pensiamo si
debba sottolineare e valorizzare, organizzando eventi di questo tipo.
D. – Quali sono i contenuti di questa maratona
radiofonica?
R. – Intanto, tengo a sottolineare il fatto che questa è
la settima edizione di “Radio Voci senza Frontiere”, che era partita in modo
sperimentale nel 1998, quando ancora la messa in rete dalle Radio era qualcosa
di più difficoltoso. Erano le prime volte in cui si usava Internet per
comunicare. Erano le prime volte in cui per questo tipo di strutture si usava
il satellite. Ormai la ‘signorina’ “Radio Voci senza Frontiere” è diventata una
‘signora’, una ‘signora’ matura, che nell’edizione del 2004 si esprime in un
palinsesto di 24 ore, diviso in diversi slot orari, divisi per Continenti,
all’interno dei quali si sviluppano piccoli palinsesti, che poi piccoli non
sono, a livello regionale, per cui continentale. Per quello che riguarda il
Continente europeo noi avremo contributi che arriveranno dalla Georgia sino al
Portogallo, passando per la Repubblica Ceca, la Bulgaria, la Romania per
arrivare alla Slovenia, l’Italia, la Germania, la Francia, l’Inghilterra,
l’Irlanda. E i contenuti, come potete ben immaginare, saranno molto diversi.
Per cui si parlerà di razzismo, ma si vorrà parlarne anche in una maniera
positiva, dando voce a quelli che non ne hanno, parlando anche di cultura, di
musica, ma parlando anche delle discriminazioni. Citerò un paio di esempi: la
questione dei Rom, che è una questione estremamente sentita nei Paesi
dell’Europa centro-orientale - Slovenia, Ungheria, Romania – e le questioni di
identità linguistica. Ed è per questo che sarà estremamente interessante il
programma organizzato dalle Radio in lingua portoghese, che si metteranno in
contatto dal Portogallo con Radio che saranno a Timor Est, in Guinea Bissau e
in Brasile, e con una Radio comunitaria di Belo Horizonte, che sta proprio nel
centro di una favela e che si chiama proprio “Radio Favela”. E poi si arriverà
in Italia, dove all’ordine del giorno è la questione legata ai media e alla
multicultura. In Italia le forme di razzismo sono più nascoste e spesso e
volentieri è l’immagine degli immigrati quella che viene distorta, in particolare
dai media.
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A MONTECASSINO, SOLENNE PONTIFICALE IN ONORE DI
SAN BENEDETTO:
IL 21
MARZO RESTA LA DATA PREDILETTA DALLA DEVOZIONE POPOLARE
-
Intervista con mons. Francesco Pio Tamburrino -
Quarant’anni
fa, Paolo VI ne spostò la memoria liturgia all’11 luglio. Ma per la devozione
popolare la festa di San Benedetto resta indissolubilmente legata al 21 marzo,
giorno d’inizio della primavera. Oggi, dunque, numerose sono le celebrazioni in
onore del Patrono d'Europa e di Cassino. Nella Basilica di Montecassino,
l’Abate padre Fabio Bernardo D'Onorio ha presieduto questa mattina un solenne
pontificale, accompagnato dall'ostensione della reliquia del Santo. Alla
liturgia, hanno preso parte il presidente della Camera dei Deputati italiana,
Pier Ferdinando Casini, il nunzio apostolico in Italia, l’arcivescovo Paolo
Romeo, il governatore della Banca d’Italia, Antonio Fazio, e gli ambasciatori
d'Europa. L’arcivescovo di Foggia Francesco Pio Tamburrino - benedettino e già
abate di Montevergine, quindi segretario della Congregazione per il culto
divino e la disciplina dei Sacramenti – traccia al microfono di Giovanni Peduto
un profilo biografico e spirituale di San Benedetto.
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R. –
San Benedetto apparteneva ad una famiglia ragguardevole, romana, ma residente a
Norcia, in Umbria. La famiglia lo inviò da bambino a Roma per gli studi, che
gli avrebbero poi consentito una carriera civile di stampo militare. A Roma San
Benedetto si è disgustato della società corrotta in cui viveva e della piena
decadenza del tardo Impero, così si lasciò guidare da una misteriosa voce che
lo chiamava alla vita monastica. Lasciò la città e questa decisione di uscire
dal mondo poi avrebbe inciso nella grande storia religiosa e culturale di tutto
il mondo cristiano.
D. –
Uno sguardo alla sua santità…
R. – La sua vita è stata incentrata su Dio,
mediante la preghiera, la meditazione della Parola di Dio, la vita fraterna in
comunità, il lavoro per guadagnarsi da vivere, in particolare il lavoro che era
una riscoperta cristiana in un’epoca in cui lavoravano solo gli schiavi.
D. – Un
episodio significativo della vita di San Benedetto…
R. – Il
biografo di San Benedetto è Papa San Gregorio Magno. Nella biografia racconta quest’episodio in cui San Benedetto
viene a sapere che sul Monte Marsicano, nell’alta Val del Sangro, viveva un
eremita di nome Martino. Questo eremita per restar fedele alla solitudine si
era fatto legare con una catena al piede alla roccia. Era l’uso ascetico dei
“siderofori”, cioè dei portatori di ferro. I monaci si facevano incatenare. Ma
questo gesto a San Benedetto proprio non andava e così mandò un discepolo a
dirgli: “Fratello Martino, se sei veramente un servo di Dio, non sia la catena
di ferro a tenerti legato, ma la catena di Cristo”. L’eremita accettò
l’osservazione di Benedetto e cominciò ad osservare con libertà quella regola
ascetica che prima praticava in modo coatto.
D. – Un
accenno al monachesimo di San Benedetto
in rapporto al monachesimo orientale…
R. –
San Benedetto rappresenta una mediazione importante, perchè già forme monastiche
di tipo orientale si erano diffuse in Occidente, nella Gallia meridionale, in
Spagna, nello stesso Lazio, ma erano forme piuttosto austere, molto rigoriste.
San Benedetto invece ha praticato e diffuso una forma di ascetismo moderato,
ispirato ai Padri, a San Basilio e a Sant’Agostino, e ha favorito soprattutto
la dimensione cristiana della carità all’interno della comunità e anche nelle
relazioni con il mondo. Rappresenta, dunque, una vocazione moderata rispetto al
monachesimo tradizionale di allora.
D. -
Come si è arrivati alla proclamazione di San Benedetto a patrono d’Europa?
R.
- San Benedetto ha posto le premesse
per una unità spirituale e culturale dell’Europa. L’Impero Romano si stava
frantumando ed i popoli scendevano da Oltralpe. Man mano il Vangelo ha
cominciato a penetrare in mezzo a questi popoli, come anche una forma di
umanesimo integrale, promosso dalla vita benedettina, fatta di cultura
classica, di conoscenza della Bibbia, di liturgia, di arte, di lavoro
organizzato, soprattutto anche aperto ad una sintesi vitale con le ricchezze e
le energie di nuovi popoli. Tutto questo ha influito a formare una piattaforma
che poi i monasteri benedettini sparsi nel continente hanno diffuso attraverso
la Regola e lo stile di vita. Un modello di vita operoso, pacifico, aperto e
strutturato con sapienza, portatore di cultura e di valori umani. Tutto questo
ha creato la piattaforma della civiltà europea medievale, che ha lasciato poi
l’impronta decisiva sul continente europeo.
D. –
Quale eredità ci hanno lasciato gli antichi monasteri benedettini?
R. –
Anzitutto l’eredità di una vita spirituale che trasfiguri la vita umana, anche
quella feriale e umile. E poi la cultura del mondo classico, l’arte, la
liturgia, la bonifica di immensi territori, la diffusione della scienza, della
medicina, la qualificazione della produzione agricola, la zootecnia qualificata.
Insomma, tutta una serie di interventi che i monaci hanno operato sul
territorio e sulla società, per abbellire il mondo e anche il cuore degli
uomini.
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CRESCE
LA FORZA DI UNO STRUMENTO INTERNAZIONALE DI LOTTA ALLA POVERTA’:
IL
MICROCREDITO, DI CUI GIA’ OGGI BENEFICIANO 15 MILIONI DI PERSONE
NEI PAESI IN VIA DI SVILUPPO
-
Intervista con Marco Santori e Cecilia Graiff -
Il microcredito come strumento internazionale di lotta
alla povertà e alla mancanza di diritti delle popolazioni. Su questo tema si è
tenuto in settimana a Roma un Convegno promosso dalla Caritas italiana. Esperti
e testimoni hanno approfondito il rapporto tra etica ed economia e presentato
alcune esperienze di “Economia alternativa” in Italia e nel Sud del mondo.
Obiettivo dei lavori, l’esame delle prospettive di questa particolare forma di
servizio ai più deboli avviata nel 1976 in Bangladesh da Muhammed Yunus, fondatore
della prima “Banca villaggio”. Ma sentiamo il servizio di Francesca
Sabatinelli.
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15
milioni, sono le persone che ad oggi nel mondo beneficiano di microcredito e in
generale di interventi di microfinanza. Obiettivo degli addetti ai lavori è
raggiungere, entro il prossimo anno, 100 milioni di famiglie tra le più povere
del mondo, e soprattutto le donne che ne fanno parte. E’ essenzialmente nei
Paesi in via di sviluppo che viene utilizzato il microcredito, piccoli prestiti
ad un tasso molto basso rispetto alle banche, a persone che non avrebbero
altrimenti accesso al sistema finanziario tradizionale perché non in grado di
offrire garanzie. Nel dicembre del 1997 le Nazioni Unite con una risoluzione
riconobbero l’importanza del microcredito come strumento per sradicare la
povertà. Marco Santori, presidente di Etimos, consorzio finanziario attivo in
30 Paesi soprattutto in America Latina e Africa, testimonia che molte persone
nel mondo hanno migliorato la propria vita, spesso estremamente povera, grazie
alle piccole imprese avviate con il microcredito.
R. –
L’accesso al credito è un diritto delle persone che hanno il desiderio di
definire il proprio futuro e vogliono autodefinire il modello di sviluppo nel
quale vogliono crescere. Purtroppo il sistema finanziario impone delle regole
di esclusione, che determinano quindi la dipendenza di alcuni modelli di sviluppo.
Popolazione del centroamerica o popolazione africane non sono in grado di
autodeterminare il proprio processo. Il microcredito vuole essere uno dei tanti
strumenti per dare dignità a queste popolazioni.
Per la
Caritas, il microcredito è una nuova tipologia di servizio e una nuova opportunità
per i più poveri e meno tutelati. Ma è anche uno strumento per costruire
giustizia e pace. Cecilia Graiff, della Caritas italiana, è la responsabile del
progetto Lhuwuka, in Mozambico. Avviato da circa un anno, ad oggi ne hanno
beneficiato almeno 100 donne.
R. –
Questo progetto di microcredito è nato a partire da una parrocchia nella
periferia urbana di Maputo. Si è cominciato a pensare al progetto dopo un
lavoro di analisi fatto con un gruppo di vedove già presenti nella stessa
parrocchia. Da questa analisi è emersa la propensione della donna africana al
piccolo commercio e la necessità – per avviare queste piccole attività – di un
finanziamento, di un supporto e della formazione. Dopo questo primo progetto
pilota, che ha coinvolto solo 20 donne, la comunità ha pensato di aprire il
progetto a tutte le donne e quindi non solo vedove. La cosa che è emersa è come
attraverso il microcredito sia aumentata l’autostima di queste donne.
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21
marzo 2004
SONO 36 I RELIGIOSI UCCISI IN MODO VIOLENTO NEL
2003. LO RIVELA L’AGENZIA FIDES NELL’AGGIORNAMENTO DEL MARTIRIOLOGIO. L’ULTIMA
MORTE E’ QUELLA DEL NUNZIO APOSTOLICO IN BURUNDI, MONS. MICHAEL COURTNEY
ROMA.= Un lungo elenco che comprende vescovi, sacerdoti,
religiosi e laici. E’ l’ultimo aggiornamento del martirologio, realizzato
dall’agenzia vaticana Fides. Nel conteggio, sono segnati non solo i missionari
in senso stretto ma tutto il personale ecclesiastico, ucciso in modo violento o
che “ha sacrificato - si legge nella nota dell’agenzia - la propria vita
consapevole del rischio che correva, pur di non abbandonare il proprio impegno
di testimonianza e di apostolato”. Sono numerosi i “martiri della carità”,
molte volte ritrovati dopo giorni dalla loro morte e solitamente vittime di
aggressioni, nate in contesti difficili. I più colpiti sono i religiosi africani,
su 36 morti se ne contano 15, seguono gli americani, gli europei ed infine gli
asiatici. All’Africa va il triste primato di luogo della morte, almeno 22 omicidi
sono avvenuti in questo contesto. Particolarmente violenta la Repubblica del
Congo e l’Uganda, dove da anni il sedicente Esercito del Signore guidato da
Kony compie massacri e arruola tra le sue fila bambini-soldato. L’ultimo nome
scritto sulla pubblicazione è quello di mons. Michael Courtney, il nunzio
apostolico del Burundi, ucciso il 29 dicembre scorso. Si tratta dell’unico
arcivescovo che compare nell’elenco, dove i sacerdoti sono la maggioranza delle
vittime. Per ricordare i religiosi scomparsi e in particolare mons.
Oscar Romero, arcivescovo di San Salvador, ucciso ventiquattro anni fa, il
prossimo mercoledì 24 marzo, verrà celebrata la XII giornata di preghiera e
digiuno in memoria dei missionari martiri, promossa dal movimento giovanile
missionario delle pontificie opere missionarie. (B.C.)
“IL LEGAME CHE UNISCE GLI SPOSI E’
UN’ UNIONE INDISSOLUBILE CHE LA LEGGE
NON PUO’ SCIOGLIERE”: COSI’ LA
CHIESA CILENA HA RISPOSTO ALL’ISTITUZIONE
DEL DIVORZIO, VARATA L’11 MARZO
SCORSO
SANTIAGO
DEL CILE.= Il Comitato permanente della Conferenza episcopale cilena, dopo la
legalizzazione del divorzio, ha presentato un documento nel quale si invita a
rafforzare le fondamenta del matrimonio affinché diventi santuario della vita e
della pace. La Chiesa, inoltre, ha manifestato tutta la sua disapprovazione al
governo cileno, con il quale però i rapporti continueranno sulla via del
dialogo e del confronto. Mons. Gonzalo Duarte, vescovo di Valparaiso, nella
conferenza stampa di presentazione del documento, ha focalizzato la sua
attenzione sull’articolo 20 della Costituzione che riconosce agli sposi il
legame fondato sul sacramento del matrimonio. Il presule ha sottolineato
inoltre che attraverso “il loro sì i coniugi stringono un patto tra loro di
fronte a Dio, quello di amarsi come ci ha amato Cristo”. Perplessità è stata
espressa per il comportamento di alcuni parlamentari cattolici, che non hanno
fatto sentire, in maniera forte, il loro ‘no’ per la legge appena passata. “I
vescovi non puntano l’indice contro nessuno – ha voluto sottolineare mons.
Duarte. Ma è importante che la famiglia venga sostenuta a tutti i livelli,
soprattutto perché in questo periodo patisce attacchi da più parti.” Il presule
ha indicato alcune difficoltà che oggi la famiglia cilena incontra, in particolare
i problemi della casa, l’allungamento della giornata lavorativa fino al lavoro
domenicale. Netta la posizione della Chiesa in materia di aborto, altra questione
su cui sono state presentate diverse proposte di legge. “L’aborto è un crimine”
ha detto risoluto mons. Duarte, esprimendo con chiarezza la posizione della
Chiesa. (B.C.)
E’ IL PICCOLO STATO AFRICANO DELLO
SWAZILAND IL PRIMO PAESE AL MONDO
PER DIFFUSIONE DELL’AIDS. AL VIA
MOLTI PROGETTI PER ARGINARE
LA PANDEMIA DEL VIRUS
MBABANE. = Con circa il 40%
delle infezioni, lo Swaziland balza al primo posto della classifica mondiale
per la diffusione dell’Aids. A confermare il triste primato, l’inviato speciale
del segretario delle Nazioni Unite, Stephen Lewis, che durante una conferenza
stampa ha presentato le ultime stime in materia di Hiv. Se si calcola che la
popolazione del piccolo Stato africano è di un milione di persone, l’alta
percentuale diventa un dato allarmante. Scioccato il re Mswati III, che si è
impegnato personalmente a dare il via a progetti di prevenzione della malattia.
Si è impegnato anche il Consiglio nazionale dello Swaziland, che non appena
conosciuti i dati, ha subito lanciato programmi contro l’Aids e progetti per la
somministrazione di farmaci antiretrovirali tra la popolazione. Lo stesso Lewis
ha lodato l’impegno del Paese ed ha voluto incoraggiare il lavoro delle
organizzazioni impegnate contro la pandemia, citando il caso del Botswana.
Nelle ultime rilevazioni, lo Stato africano è riuscito ad abbassare la propria
percentuale dal 38,8% al 37,5%, grazie al sostegno delle istituzioni e di molti
donatori internazionali. (B.C.)
LA
DIMINUZIONE DEGLI AIUTI UMANITARI METTE IN PERICOLO UN QUARTO
DELLA POPOLAZIONE DELLA COREA DEL
NORD. AD APRILE UNA NUOVA CAMPAGNA
MONDIALE PER LA RACCOLTA FONDI
PYONGYANG.=
La Caritas di Hong Kong ha espresso una seria preoccupazione per il taglio ai
fondi, necessari per le campagne umanitarie. Il Programma alimentare mondiale
ha annullato diverse spedizioni di derrate alimentari perché non in grado di
pagare le spedizioni navali. In questo modo, sei milioni di persone, più di un
quarto di 23 milioni di cittadini, sono state private di una fornitura continua
di cibo. Kathi Zellweger, direttrice della International Co-Operation della
Caritas di Hong Kong, ha ricordato che solo centomila persone continuano a
ricevere ogni cosa di cui hanno bisogno, e che le spedizioni alimentari sono
“solo una goccia che cade su una pietra che scotta”. La direttrice è preoccupata per la situazione che potrebbe
colpire soprattutto i più piccoli, c’è da scongiurare l’emergenza
malnutrizione, in evidente flessione da alcuni anni. Aprile e maggio potrebbero
diventare mesi critici per ritrovare nuovi finanziamenti, proprio in quel
periodo partirà una campagna mondiale per la raccolta fondi. (B.C.)
DIMINUISCONO LE PRESENZE NEGLI
ISTITUTI MINORILI ITALIANI, CHE VERRANNO CHIUSI NEL 2006. SE NE PARLERA’ AL
CONVEGNO “TUTTI I BAMBINI HANNO DIRITTO AD UNA FAMIGLIA”, CHE SI APRE DOMANI A
TORINO
TORINO.=
Una ricerca, commissionata dal Ministero del Welfare, sulla presenza dei bambini
negli Istituti per minori, ne ha evidenziato una sostanziale diminuzione. “E’
un dato confortante” ha commentato il sottosegretario con delega alle politiche
sociale, Grazia Sestini, che con il ministro del Welfare, Roberto Maroni, sarà
presente al Convegno che si aprirà a Torino, domani. Nell’incontro, che si
svolgerà per due giorni al Centro Congressi Lingotto, si discuterà del piano di
interventi in vista della chiusura degli Istituti di minori, prevista per legge
nel 2006. L’Osservatorio nazionale dell’infanzia e dell’adolescenza presenterà
contemporaneamente un documento, in cui si delineano le misure alternative
all’Istituto, puntando in particolare sull’affidamento familiare e l’adozione.
“Quella degli Istituti - ha sottolineato la Sestini - è stata una realtà
importante che per secoli ha educato i minori destinati ai margini della
società. Parlare della loro chiusura non vuol dire penalizzarli ma - ha
continuato - valorizzarne l’esperienza
per offrire ai bambini migliori realtà educative per un innalzamento della
qualità della vita”. Nel convegno, dal titolo:“Tutti i bambini hanno diritto a
una famiglia”, saranno presentate alcune esperienze di Comuni, di associazioni,
di famiglie che hanno realizzato progetti alternativi agli Istituti di minori.
(B.C.)
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21
marzo 2004
- A cura di Amedeo Lomonaco -
In Kosovo, dove oggi si celebra la giornata di lutto
nazionale per ricordare le 28 vittime degli scontri interetnici che negli
ultimi giorni si sono estesi dalla città di Mitrovica a tutta l’area, oltre
3600 serbi sono stati evacuati ed ospitati nelle basi militari della Forza di
pace e nei centri di accoglienza controllati dalla Nato. In questo clima di
forte tensione, si sono svolti oggi, in un piccolo villaggio vicino alla città
di Mitrovica, i funerali di due dei tre bambini annegati martedì scorso dopo
essere stati spinti - secondo la versione albanese - nel fiume Ibar da alcuni serbi.
L’organizzazione separatista ‘Eta’, dopo aver smentito il
proprio coinvolgimento negli attentati di Madrid che lo scorso 11 marzo hanno
causato la morte di 202 persone, si dichiara, in un comunicato pubblicato oggi
dal giornale indipendentista ‘Gara’, “disposta” al dialogo e invita il futuro
primo ministro spagnolo, Josè Luis Zapatero, a “gesti forti e coraggiosi” nei
confronti della regione basca. Nel testo si sottolinea, inoltre, come sia possibile
ottenere la pace con il buon senso ma viene anche confermata la decisione di
continuare a lottare.
Numerose sono state, ieri, le manifestazioni organizzate
dai movimenti pacifisti che si sono svolte in diversi Paesi del mondo per
protestare contro la guerra in Iraq in occasione del primo anniversario
dell’intervento militare nel Paese arabo. Il servizio di Amedeo Lomonaco:
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Un lungo serpentone con i colori dell’arcobaleno si è
snodato, ieri, lungo le strade del centro di Roma, attraversate da almeno un milione
di persone che hanno manifestato per la pace. La manifestazione è stata però
segnata da tafferugli scoppiati all’ingresso del segretario dei Ds, Piero Fassino,
nel corteo. A Londra la giornata si è aperta con una clamorosa protesta di due
attivisti di Greenpeace che hanno scalato il Big Ben esponendo uno striscione
contro la guerra. Negli Stati Uniti, dove è partito l’appello dei pacifisti,
oltre 100 mila persone hanno inoltre partecipato ad almeno 250 cortei. In tutte
le manifestazioni è comparso uno striscione in spagnolo contro il terrorismo e
a Madrid in migliaia hanno protestato contro l’intervento in Iraq, a dieci
giorni dagli attentati che hanno devastato la capitale iberica. “Oggi Madrid è
la capitale morale dell’Europa, non certo quella politica o militare”, ha detto
il Nobel portoghese, Josè Saramago, in chiusura della manifestazione di Madrid.
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L’Iraq continua ad essere flagellato dall’esplosiva
miscela di odio e violenza. Due soldati americani sono stati uccisi e altri
sette sono rimasti feriti in seguito ad un attacco perpetrato, ieri, contro una
base del contingente americano vicino a Falluja. In questo drammatico scenario
si deve anche aggiungere l’uccisione, stamani, di un poliziotto iracheno a
Baquba, città ad una sessantina di chilometri a Nord di Baghdad.
Violenze
anche in Medio Oriente, dove stamani sei palestinesi sono rimasti uccisi e
altri 10 feriti in un raid compiuto dall’esercito israeliano a Khan Yunes, nel
Sud della striscia di Gaza. Il servizio di Graziano Motta:
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L’operazione - ha detto un portavoce dell’Esercito
israeliano - è stata compiuta nel contesto dell’offensiva permanente contro
quadri e infrastrutture dei gruppi armati palestinesi, decisa dal governo dopo
la strage di Ashdod del 14 marzo. Sempre stamani, ma in Cisgiordania, reparti
del genio hanno demolito le abitazioni di due palestinesi, ritenuti
responsabili di attentati suicidi e, per il quinto giorno consecutivo, nella
zona di Modiin, tra Tel Aviv e Gerusalemme, guardie di frontiera sono dovute
intervenire per disperdere decine di manifestanti, non solo palestinesi, ma
anche pacifisti israeliani, che tentavano di impedire i lavori di costruzione
della barriera di separazione. Sul piano politico, si è palesata - più ampia
del previsto - l’opposizione di ministri del Likud, il partito di maggioranza relativa
al piano di operazione unilaterale di Israele dai territori palestinesi, che comporta
l’evacuazione totale degli insediamenti dei coloni dalla Striscia di Gaza, e
simbolica da alcuni della Cisgiordania.
Nell’illustrare il progetto, il primo ministro Sharon ha sostenuto che esso
gode del sostegno del ministero della Difesa, ma ciò nonostante non è riuscito
a comporre la spaccatura che si aggiunge alla determinazione dei partiti
nazionalista e religioso, di lasciare la coalizione di governo, provocandone
così la crisi.
Per Radio Vaticana, Graziano Motta.
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Polemiche a Taiwan dopo l’esito delle elezioni
presidenziali. L’Alta Corte di Taipei ha infatti disposto che tutte le urne
vengano sigillate per conservare le prove dopo la contestazione
dell’opposizione che ha criticato i risultati di ieri, vinte dal presidente uscente
Chen Shui-bian, eletto per un secondo mandato con meno di 30 mila voti in più
del suo rivale, il leader nazionalista Lien Chan.
Oltre tre milioni di persone sono chiamati oggi al voto,
in Salvador, per eleggere il nuovo presidente del Paese centroamericano. Sulla
campagna elettorale che ha preceduto questa consultazione, ci riferisce
Maurizio Salvi:
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Ancora una volta il dibattito politico, che ha preceduto
le elezioni presidenziali è stato monopolizzato dall’Arena, l’Alleanza
repubblicano nazionalista di destra, a cui appartiene il presidente uscente
Francico Flores, e dal Fronte Farabundo Martì per la liberazione nazionale,
composto da ex guerriglieri di sinistra. I rispettivi candidati, Antonio Saca e
Schafik Handal, sono separati da un niente nei sondaggi della vigilia, ma
nessuno dei due appare in grado di raggiungere il 50 per cento più uno dei
voti, necessario per vincere al primo turno. Non sono mancate le polemiche
sulle ragioni della profonda crisi economica e l’interesse dell’elettorato è
stato risvegliato anche dall’inedita presenza di un contingente di militari
salvadoregni in Iraq, che la destra vuole mantenere e la sinistra ritirare. Un
altro tema, che è andato crescendo con il passare degli anni, ha riguardato
l’aumento della violenza sociale ed il proliferare delle bande delinquenziali,
conosciute con il nome di Maras. Si tratta di un’altra violenza rispetto a
quella della guerra civile che causò 70 mila morti e quasi 2 miliardi di euro
di danni. Sul piano economico comunque gli analisti coincidono che il prossimo
governo erediterà una stabilità relativa, anche se in un contesto di diminuzione
della crescita che non aiuterà a risolvere il delicato problema del deficit
dell’import-export, coperto per il momento con le rimesse di quasi 2 milioni di
salvadoreni, un terzo della popolazione, che sono emigrati all’estero.
Maurizio Salvi, per la Radio Vaticana.
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