RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLVIII n. 79 - Testo della Trasmissione di venerdì 19  marzo 2004

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Oggi la Chiesa celebra la Solennità di San Giuseppe: il Papa indica lo Sposo di Maria come modello per le famiglie. Superate le difficoltà della vita familiare seguendo il suo esempio di umiltà e mitezza: intervista con padre Tarcisio Stramare

 

La religiosa spagnola Pietà della Croce tra i nuovi beati che saranno proclamati dal Papa domenica prossima: volle portare con Gesù la croce dei più poveri: ai nostri microfoni padre Romualdo Rodrigo.

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Domani il primo anniversario dell’attacco all’Iraq: oggi Colin Powell a Baghdad. Il commento del  nunzio apostolico Fernando Filoni

 

La pace ed i diritti in Africa al centro del Convegno “Child eyes. Quale futuro negli occhi dei bambini?”, a Verona: con noi don Sergio Marcazzani

 

Significato e conseguenze della recente scoperta di un nuovo satellite nel sistema solare: ce ne parla Marcello Rodonò.

 

CHIESA E SOCIETA’:

Il vescovo di Przemysl, Jozef Michalik, è il nuovo presidente della Conferenza episcopale polacca

 

Si è aperta stamani a Parigi la 24.ma edizione del Salone del libro: ospite d’onore la Cina

 

L’Europa si impegni seriamente per la pacificazione del Kosovo: è l’appello di Antonio Raimondi, presidente del Vis, impegnato in prima linea nella regione dei Balcani

 

Tensione in Nigeria, dove estremisti islamici hanno dato alle fiamme quattro chiese cristiane nella città di Dutse, nel nord del Paese

 

Evento storico per l’Africa: una donna guiderà il Parlamento Panafricano, inaugurato ieri ad Addis Abeba

 

24 ORE NEL MONDO

A Bruxelles, vertici straordinari tra i ministri degli Interni e della Giustizia sulla lotta al terrorismo

 

Restano in carcere 5 degli arrestati per la strage di Madrid

 

Ancora nessuna conferma sul presunto accerchiamento del numero due di Bin Laden.

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

19 marzo 2004

 

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                   

OGGI SOLENNITA’ DI SAN GIUSEPPE,

SPOSO DI MARIA E PATRONO DELLA CHIESA UNIVERSALE:

ESEMPIO DI UMILTA’ E DOCILITA’ AI PROGETTI DI DIO.

LE FAMIGLIE – HA DETTO IL PAPA – NE TRAGGANO ISPIRAZIONE

PER SUPERARE LE DIFFICOLTA’

- Intervista con padre Tarcisio Stramare -

 

Oggi la Chiesa celebra la solennità di San Giuseppe. Un santo laborioso e mite al quale Dio amava parlare nel sogno. Il Papa ha indicato lo sposo di Maria e Patrono della Chiesa universale come modello per le famiglie di oggi. Ce ne parla Sergio Centofanti.

 

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 Dal suo stile di vita – ha detto Giovanni Paolo II all’udienza generale di mercoledì scorso – le famiglie possono  attingere l’ispirazione per le scelte quotidiane di vita e  per superare le difficoltà: San Giuseppe è stato infatti “un esempio di amore gratuito, di fedeltà” e di docilità ai progetti di Dio.  Il Papa su San Giuseppe ha scritto nel 1989 l’esortazione apostolica “Redemptoris Custos”, il custode del Redentore, in cui ricorda  l’azione silenziosa e obbediente dello sposo di Maria a cui Dio amava parlare nel sogno: “i Vangeli non annotano alcuna parola detta da lui. Ma il silenzio di Giuseppe – sottolinea il Pontefice – ha una speciale eloquenza”.”San Giuseppe è il modello degli umili che il cristianesimo solleva a grandi destini… è la prova che per essere buoni ed autentici seguaci di Cristo non occorrono grandi cose, ma si richiedono solo virtù comuni, umane, semplici, ma vere ed autentiche”. Sulla santità dello sposo di Maria ascoltiamo padre Tarcisio Stramare degli Oblati di San Giuseppe, intervistato da Giovanni Peduto.

 

R. – E’ la santità che corrisponde ad una persona che ha avuto l’ufficio singolare di essere lo sposo di Maria e il padre di Gesù. Se già l’umanità di Gesù è la sorgente della santità, e quindi ha santificato in un modo eccezionale sua madre, non può non aver santificato anche suo padre, che gli era così vicino.

 

D. – Precisiamo meglio il tipo di paternità che ha unito San Giuseppe a Gesù…

 

R. – Il tipo di paternità, dal punto di vista civile e giuridico, è una paternità legale, legata al matrimonio con Maria. Giuseppe non ha generato Gesù. Dal punto di vista reale, San Giuseppe ha avuto da Dio la partecipazione, non solamente al titolo di padre dal punto di vista legale, ma anche dal punto di vista dei sentimenti necessari ad essere un padre. Quindi, ha avuto come dono celeste i sentimenti di un padre vero verso Gesù.

 

D. – Una parola sul tipo di rapporto sponsale tra Giuseppe e Maria…

 

R. – Il Papa nella sua Esortazione apostolica Redemptoris Custos, del 15 agosto 1989, dice che Giuseppe e Maria sono il modello dello sposo e della sposa. Se il matrimonio consiste essenzialmente nel dono di sé, chi ha fatto il dono totale di sé, disinteressato è stato San Giuseppe che ha dato tutto senza pretendere nulla. Quindi, rappresenta il vero dono di sé, fatto alla persona amata.

 

D. – Dio parla spesso a San Giuseppe nel sogno, cosa vuol dire?

 

R. – Vuol dire che San Giuseppe è la persona attenta alla voce di Dio, comunque si manifesti. Nel sogno c’è una certa passività, per cui si può dire che Giuseppe non reagisce in nessun modo verso la volontà di Dio, ma l’accetta e la compie. Quindi, la sua caratteristica è di avere fatto la volontà di Dio.

 

D. – Quale messaggio quello di San Giuseppe per i papà?

 

R. – Che la paternità non è un dominio. Oggi si parla di paternità quasi comandata, per cui i genitori si considerano padroni del bambino. In realtà la paternità è di Dio. Dio la dà, la regala all’uomo. Quindi, Giuseppe ci fa capire che l’uomo, il padre, la madre, sono al servizio della vita. E Giuseppe è stato proprio il padre a servizio incondizionato della vita di Gesù. Quindi ci insegna molte cose in questo senso: non è stato padrone, ma servo della vita.

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LE UDIENZE DI OGGI

 

Il Papa questa mattina ha ricevuto in udienza il cardinale Antonio Maria Rouco Varela, arcivescovo di Madrid, e il cardinale Crescenzio Sepe, prefetto della Congregazione per l'evangelizzazione dei popoli.

 

 

 

LA RELIGIOSA SPAGNOLA PIETA’ DELLA CROCE TRA I NUOVI BEATI

CHE SARANNO PROCLAMATI DAL PAPA DOMENICA PROSSIMA:

VOLLE PORTARE CON GESU’ LA CROCE DEI PIU’ POVERI

- Intervista con padre Romualdo Rodrigo -

 

Con le 4 beatificazioni di domenica prossima 21 marzo saliranno a 1331 i beati proclamati da Giovanni Paolo II negli oltre 25 anni del suo pontificato. I santi sono 477. Tra i nuovi beati che saranno proclamati domenica in piazza San Pietro figura una religiosa spagnola, Pietà della Croce, al secolo Tomasa Ortiz Real, fondatrice della Congregazione delle Suore Salesiane del Sacro Cuore di Gesù, vissuta dal 1842 al 1916. Ce ne parla, al microfono di Giovanni Peduto, padre Romualdo Rodrigo, postulatore della causa di beatificazione.

 

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R. - Era una donna che voleva essere di Dio in seguito ad una visione che ebbe del Cuore di Gesù: Gesù le chiede se vuole aiutarla, se vuole essere vittima con lui per portare insieme la Croce. Questa donna accetta sin dall’inizio. Vuole essere portatrice della croce di tutta la gente povera e la seguono altre giovani; quindi la comunità comincia a crescere: le religiose vanno in Paraguay, Bolivia, Argentina, Cile e ormai sono in molte nazioni, con molte case dedicate soprattutto agli anziani ed ai bambini poveri.

 

D. – Il carisma di questa donna?

 

R. – Il carisma penso che sia proprio portare, far vedere la misericordia del Signore, renderla visibile ai poveri attraverso la carità. Questo il suo carisma: far capire proprio attraverso le opere di carità la misericordia del Cuore di Gesù

 

 

 

OGGI IN PRIMO PIANO

19 marzo 2004

 

 

DOMANI IL PRIMO ANNIVERSARIO DELL’ATTACCO ALL’IRAQ:

OGGI COLIN POWELL A BAGHDAD.

- Ai nostri microfoni il nunzio apostolico, mons. Fernando Filoni -

 

Alla vigilia del primo anniversario, domani, dell’intervento militare in Iraq guidato dagli Stati Uniti, il segretario di Stato Usa, Colin Powell, è arrivato stamane a sorpresa a Baghdad, dove si è congratulato con le truppe della coalizione per aver liberato il mondo – ha detto - da un ''orribile regime dittatoriale''. Grazie a voi – ha aggiunto – questa regione e il mondo non devono più temere l'arsenale militare di Saddam Hussein. Ma va ricordato che esperti americani hanno setacciato il Paese per un anno senza mai trovare traccia di armi di distruzione di massa, la causa dichiarata di questa guerra.

 

La visita di Powell in Iraq, la seconda dopo quella del settembre scorso, avviene mentre il Paese è in preda ad un'ondata di attentati, che hanno fatto decine di morti. Baghdad sta ancora piangendo le vittime dell'ultimo attacco, mercoledì scorso, contro un albergo del centro. E ieri, altre dieci persone sono morte, inclusi due giornalisti della Tv satellitare araba al Arabya, ucciso dagli americani ad un posto di blocco nella capitale. Episodio che ha provocato la protesta dei giornalisti arabi presenti stamane alla conferenza stampa di Powell, durante la quale il segretario di stato Usa ha rassicurato che la coalizione “è ancora solida”, malgrado il minacciato ritiro della Spagna. E ancora oggi la notizia della morte di un marine americano ferito due giorni fa nella provincia di al Anbar. Si può dire allora che la guerra sia davvero finita? Roberto Piermarini ha intervistato il nunzio apostolico in Iraq, l’arcivescovo Fernando Filoni

 

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R. – Certamente è finito il primo capitolo, quello degli scontri tra due eserciti, se proprio si può dire che ci sia mai stato; ad ogni modo, questo capitolo è chiuso. Certamente, rimane ancora aperto l’altro capitolo, quello della normalizzazione di un Paese che difficilmente riesce ad accettare lo stato di occupazione e ovviamente tutto ciò che ne segue.

 

D. – E’ auspicabile oggi un ritiro delle truppe straniere dall’Iraq?

 

R. – La questione è molto delicata, perché in questo momento mancando una vera autorità locale ed essendo stati disciolti tutti gli apparati precedenti,il problema è quale sicurezza si avrà, se manca in questo momento un aiuto da parte di coloro che già sono sul campo, quindi per essere concreti: non bisogna lasciare il Paese nel caos!

 

D. – Mons. Filoni, lei un anno fa insieme all’ambasciatore di Cuba è stato l’unico diplomatico a rimanere a Baghdad durante l’attacco anglo-americano sulla capitale irachena. Che cosa ricorda di quei giorni?

 

R. – Credo che più che i ricordi, sia la lezione che tutti noi dobbiamo trarre da questo evento e da questo anno che l’Iraq ha vissuto, ma anche a livello internazionale con tutte le ripercussioni; è la lezione, cioè, che non si possono risolvere problemi così complessi con la guerra, senza un dialogo, senza una buona volontà di pace. La guerra non risolve problemi così complessi, ma forse li aggrava, addirittura.

 

D. – Come vive oggi la popolazione irachena?

 

R. – E’ una popolazione che non ha una vera e propria economia; cerca di sopravvivere con quel che può e con quel che sa fare, cercando ovviamente di sopravvivere alla mancanza di lavoro, ai problemi della sanità, ai problemi dei servizi elettrici, telefonici eccetera ... E’ una situazione di sopravvivenza, non è una vera e propria economia! Ma ovviamente, essendo un Paese ricco, la speranza è che possa essere ricostruito un tessuto economico sul quale poi fare fondamento per lo sviluppo di tutto il Paese.

 

D. – Ecco, la guerra può avere incrinato la convivenza tra i musulmani e la minoranza cristiana?

 

R. – No, no: i cristiani hanno vissuto perfettamente come i musulmani gli stessi problemi, le stesse difficoltà, hanno avuto morti, hanno avuto feriti come tutta la popolazione. Il problema, in questo momento, non è un problema religioso, è un problema dell’Iraq.

 

D. – Cosa è cambiato nella Chiesa cattolica con la caduta di Saddam Hussein?

 

R. – La Chiesa cattolica continua il suo lavoro, in questo momento, cercando di venire incontro alle necessità spirituali della gente, ma anche il sostegno morale, il sostegno psicologico. Poi, con tutte quelle iniziative di opera umanitaria, da questo punto di vista noi continuiamo il nostro lavoro, forse con una certa autonomia e libertà, perché prima tutto doveva essere autorizzato, adesso c’è quella autonomia e quella libertà di potersi organizzare secondo le necessità quotidiane.

 

D. – Questa situazione di caos che sta vivendo l’Iraq danneggia la vita pastorale della minoranza cattolica?

 

R. – Più che danneggiare, a volte la limita, perché la mancanza di sicurezza obbliga le persone a non uscire di casa dopo una certa ora, a non poter essere presenti magari a tradizionali celebrazioni.

 

D. – Che cosa pensa lei per il futuro dell’Iraq?

 

R. – Come uomini della Chiesa, come cristiani, la speranza è una virtù e quindi nella lingua tradizionale si usa dire ‘Inshallah’, cioè: ‘se Dio vuole’. Ora, il senso della speranza esiste e continua ad esistere e crediamo anche che si possa realizzare gradualmente un futuro migliore.

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LA PACE E I DIRITTI IN AFRICA

AL CENTRO DI UN CONVEGNO CHE SI APRE OGGI A VERONA –

- Intervista con padre Sergio Marcazzani -

 

La pace ed i diritti in Africa sono al centro di un convegno che si apre oggi a Verona. Si intitola “Child eyes. Quale futuro negli occhi dei bambini?” e vede la partecipazione di numerosi esponenti del mondo della Chiesa, della cultura e del giornalismo. Numerose le tematiche in agenda, nei tre giorni di lavori: i bambini soldato, la sfida dell’educazione, il ruolo delle donne, le urgenze di riconciliazione tra i popoli. Alessandro De Carolis ne ha parlato con don Sergio Marcazzani, tra i promotori dell’iniziativa:

 

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R. – L’obiettivo che ci si propone è proprio quello di guardare e di sentire dall’Africa, dagli africani, cosa pensano del loro futuro visto attraverso i bambini che ci sono oggi - sperando che le condizioni permettano loro di vivere, di diventare adulti - per come intendono costruire il loro domani. Noi siamo abituati dal di fuori a fare tanti progetti, anche al posto loro, e dire che “loro dovranno fare così, dovranno fare colà”. Questa volta preferiamo proprio ascoltare l’Africa, ascoltare gli africani, sentire da loro come pensano di poter camminare, perché il domani sia un domani di pace, di serenità, di speranza, di giustizia…

 

D. – Durante il Convegno darete spazio anche a quelle esperienze di Stati africani che hanno già superato i conflitti interni, che hanno sviluppato un modello di pace. Quali sono questi Stati?

 

R. – Il Sudafrica prima di tutto, che ha fatto quel cammino di verità e di riconciliazione nella giustizia, che è stato quello che ha tracciato anche altri cammini in altre nazioni, per esempio il Mozambico e la Sierra Leone. Sono esperienze, che sono state inventate, forse perché costretti dall’urgenza, dalle emergenze, che hanno dato dei risultati molto belli, molto positivi, molto significativi. Per cui abbiamo chiesto la collaborazione di coloro che hanno già vissuto questa esperienza, perché possano indicare ad altri i pro e i contro, gli effetti positivi ed anche le difficoltà che hanno incontrato, gli ostacoli che si sono trovati sul cammino, ecc.

 

D. – Perché, in particolare, mettete in risalto il ruolo delle donne e dei bambini in questo processo?

 

R. – Oggi, se l’Africa ha qualcosa di bello, di grande, di positivo, lo deve proprio principalmente alla imprenditorialità, non solo su un piano industriale, ma anche pratico della vita di ogni giorno, quindi alla inventiva, alla creatività delle donne. In secondo luogo, i bambini, perché sono la speranza. Se si possono creare le condizioni perché possano vivere, perché possano essere sani, perché possano studiare, perché possano prepararsi alla vita, saranno coloro che guideranno le sorti dell’Africa di un domani, che è già vicinissimo e che è già cominciato in pratica.

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DIBATTITO TRA GLI ASTRONOMI DOPO LA scoperta

dI UN NUOVO CORPO CELESTE Nel sistema solare

- Intervista con Marcello Rodonò -

 

La recente scoperta di un nuovo corpo celeste nel Sistema Solare, chiamato Sedna ha riaperto nel mondo scientifico il dibattito su cosa sia esattamente un Pianeta. Quali sarebbero dunque le conseguenze sulla nostra conoscenza del Sistema Solare qualora Sedna venisse considerato il decimo pianeta in orbita intorno al Sole? Paolo Cappuccio lo ha chiesto al professor Marcello Rodonò dell’Istituto nazionale di astrofisica italiano:

 

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R. – Innanzitutto, per la conoscenza del nostro Sistema Solare, ammesso che venga confermato che sia un satellite del Sole, non è detto che sia l’ultimo. Ci potrebbe essere anche un undicesimo, perché il luogo dove è stato riconosciuto è sede di residenza di molti corpi minori del Sistema Solare, che stanno in questa fascia degli asteroidi di Kuiper. Quindi è facile che in futuro se ne possa scoprire qualcuno ancora più piccolo.

 

D. – Quali sono in realtà i criteri su cui si basa la classificazione di un pianeta o di un planetoide?

 

R. – La caratteristica essenziale è che siano legati in un’orbita intorno al Sole e che sia un’orbita molto stabile. Il mio personale punto di vista è che per oggetti così deboli l’influenza dei corpi maggiori del Sistema Solare, man mano che questi oggetti si muovono, possa perturbare l’orbita in modo sostanziale, ovviamente nel corso dei millenni. Non è detto che anche Sedna abbia raggiunto quest’orbita in seguito a tante perturbazioni che hanno influenzato la sua orbita e che oggi noi riusciamo a vedere in una certa configurazione.

 

D. – Quando e da chi possiamo aspettarci una presa di posizione ufficiale?

 

R. – Il sapiente più importante è il tempo, che sulla base delle osservazioni che saranno ripetute continuamente e controllate nel corso dei prossimi decenni, potrà accertare la stabilità di quest’orbita e accertare la sua ripetibilità anche entro pochi anni. Non c’è bisogno di aspettare decenni. Allora chi deve autorizzare, lei mi dice, chi deve certificare saranno gli astronomi e le varie organizzazioni internazionali. Per esempio nell’ambito dell’Unione astronomica internazionale c’è una Commissione che definisce gli asteroidi, che definisce i pianeti e che sancisce quando sarà il momento, l’appartenenza al gruppo degli asteroidi – in questo caso sarebbe un grosso asteroide – o al gruppo dei pianeti – in questo caso sarebbe un piccolissimo pianeta.

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CHIESA E SOCIETA’

19 marzo 2004

 

 

IL VESCOVO DI PRZEMYSL, JOZEF MICHALIK, E’ IL NUOVO PRESIDENTE

DELLA CONFERENZA EPISCOPALE POLACCA. SUCCEDE AL CARDINALE JOZEF GLEMP,

CHE PER 23 ANNI HA GUIDATO LA CHIESA DELLA POLONIA

 

VARSAVIA.= La conferenza episcopale polacca ha un nuovo presidente: si tratta di mons. Jozef Michalik, 63 anni, vescovo di Przemysl, nella Polonia meridionale. Mons. Michalik subentra al cardinale Jozef Glemp che lascia la guida della chiesa polacca dopo 23 anni, ma conserva il titolo tradizionale di Primate della Polonia. L’agenzia di stampa cattolica KAI, nel commentare l’importanza cruciale della figura del porporato nella storia del Paese, ha affermato che è stato “grazie ai suoi drammatici appelli alla pace dei primi giorni successivi alla proclamazione della legge marziale, il 13 dicembre 1981, che il colpo di Stato non ha assunto un carattere cruento”. Il cardinale Glemp, proveniente da un ambiente operaio del centro della Polonia, è passato alla storia per il suo ruolo di mediatore negli anni ’80 tra il regime comunista del generale Jaruzelski e i sindacalisti di Solidarnosc guidati da Lech Walesa, desiderosi di democratizzare il Paese, la cui popolazione è per il 95 per cento di fede cattolica. Grazie a lui, sottolinea l’agenzia KAI, in questi anni la Chiesa polacca è riuscita ad ottenere “l’introduzione dell’insegnamento del catechismo nelle scuole, il riconoscimento legale del matrimonio religioso e soprattutto il divieto di aborto”. (A.G.)

 

 

SI E’ APERTA STAMANI A PARIGI LA 24.MA EDIZIONE

 DEL SALONE DEL LIBRO: OSPITE D’ONORE LA CINA

- A cura di Francesca Pierantozzi -

 

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PARIGI. = Duecento mila visitatori, migliaia di scrittori: si è aperto nei grandi stand della Fiera di Parigi, alla Porte de Versailles, il “Salon du Livre”, uno dei più importanti appuntamenti culturali europei. Ospite d’onore quest’anno la Cina. Ad inaugurare la grande kermesse editoriale, il presidente Jacques Chirac. Sono 38 gli scrittori in lingua cinese che hanno affrontato il lungo viaggio per incontrare colleghi e lettori europei. Per sei giorni, fino al 24 marzo, si svolgeranno dibattiti, incontri, tavole rotonde con circa 1.800 scrittori e illustratori del mondo intero. Oltre 1.200 sono gli stand degli editori, che presentano qui le loro novità dell’anno. Grande spazio quest’anno ai fumetti, con una vendita esclusiva i cui proventi andranno in beneficenza. Massiccia anche quest’anno la presenza dell’Italia: 11 gli autori presenti, da Margaret Marzantini a Giovanni Sartori. L’Associazione italiana degli editori sarà in evidenza con uno stand di ben 150 metri, dove saranno in mostra centinaia di volumi. Secondo le ultime cifre, l’export italiano di libri in Francia vale oltre 113 milioni di euro all’anno, ovvero oltre un quinto delle importazioni totali francesi, subito dopo quelle degli Stati Uniti e dell’Inghilterra.

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L’EUROPA SI IMPEGNI SERIAMENTE PER LA PACIFICAZIONE DEL KOSOVO:

E’ L’APPELLO DI ANTONIO RAIMONDI, PRESIDENTE DEL VIS,

IL VOLONTARIATO INTERNAZIONALE PER LO SVILUPPO, ORGANISMO UMANITARIO

DEI SALESIANI IMPEGNATO IN PRIMA LINEA NELLA REGIONE DEI BALCANI

 

ROMA.= A cinque anni dalla guerra in Kosovo, la Regione balcanica rivive l’ennesima recrudescenza degli scontri tra le etnie serba e albanese. “Questo – commenta, all’agenzia Sir, Antonio Raimondi, presidente del Vis (il Volontariato internazionale per lo sviluppo) – è quello che succede se dopo un conflitto non si agisce sulle sue cause più profonde. Non basta garantire una pacificazione forzata con la presenza militare internazionale, in Kosovo dal 1999 e in Bosnia dal 1995, ma occorre lavorare sulla giustizia sociale e la riconciliazione, elementi essenziali per un pace vera e duratura”. Il presidente del Vis, organizzazione umanitaria dei Salesiani, aggiunge: “L’Europa dovrebbe preoccuparsi seriamente della stabilizzazione, attraverso processi di sviluppo umano, dei Balcani, prima di avventurarsi in altri contesti, magari provocando ‘a fin di bene’ altri conflitti. Infatti – prosegue – è sconcertante la mancanza di fondi pubblici per co-finanziare i nostri progetti di formazione professionale, che portiamo avanti da oltre cinque anni, in tutta la Regione”. Il Vis chiede, infine, in primo luogo all’Italia di “farsi garante nell’Unione Europea dell’effettiva realizzazione del Patto di Stabilità per i Balcani e poi di effettuare tutti gli sforzi diplomatici per risolvere in tempi brevi il futuro politico del Kosovo per evitare quella pesante incertezza che non giova allo sviluppo sociale, economico ed umano della Regione”. (A.G.)

 

 

TENSIONE IN NIGERIA, DOVE ESTREMISTI ISLAMICI HANNO DATO ALLE FIAMME

 QUATTRO CHIESE CRISTIANE NELLA CITTA’ DI DUTSE, NEL NORD DEL PAESE

 

NAIROBI.= Estremisti islamici hanno dato alle fiamme quattro chiese cristiane ed un piccolo albergo nella città di Dutse, nello stato del Jigawa, nel nord della Nigeria, una zona a forte predominanza musulmana. Lo hanno resto noto fonti ufficiali di cui dà notizia radio Nairobi, citata dall’agenzia Ansa. Gli assalti sono avvenuti dopo che un tribunale locale aveva rifiutato la libertà su cauzione ad un uomo di fede islamica, accusato di aver a sua volta dato alle fiamme un’altra chiesa. Adesso a Dutse sembrerebbe regnare la calma e le indagini della polizia non hanno finora portato ad alcun arresto. Gli attacchi di estremisti islamici contro minoranze e luoghi di culto cristiani sono estremamente frequenti nel nord della Nigeria, dove 12 Stati hanno proclamato l'introduzione della sharia - la legge islamica - nel loro codice penale. Pur essendo diminuita la violenza nel Paese dopo le elezioni del 2003, si calcola che in Nigeria negli ultimi quattro anni siano state oltre 5.000 le persone uccise in violenze a sfondo religioso. (A. G.)

 

 

EVENTO STORICO PER L’AFRICA: UNA DONNA GUIDERA’ IL PARLAMENTO PANAFRICANO, INAUGURATO IERI AD ADDIS ABEBA. SI TRATTA DELL’AMBASCIATRICE

TANZANIANA GERTRUDE IBENGWE MONGELLA, ELETTA ALL’UNANIMITA’

DALL’ASSEMBLEA PARLAMENTARE DELL’UNIONE AFRICANA

 

ADDIS ABEBA.= Sarà l’ambasciatrice tanzaniana Gertrude Ibengwe Mongella a presiedere il nuovo parlamento panafricano, inaugurato ieri ad Addis Abeba in Etiopia. Gertrude Mongella nel 1995 ricoprì l’incarico di segretario generale della quarta conferenza dell’Onu sulla condizione femminile alla quale si recò dopo essere stata ricevuta in Vaticano da Giovanni Paolo II. E’ rimasta celebre una sua frase in quel vertice delle Nazioni Unite: “Le donne hanno sempre lottato al fianco degli uomini per l’eliminazione della schiavitù, la liberazione dei Paesi dal colonialismo, l’abolizione dell'apartheid e il conseguimento della pace. Tocca ora agli uomini unirsi alle donne nella loro lotta per l’uguaglianza”. L'ambasciatrice tanzaniana è stata votata presidente all’unanimità da tutti i 180 deputati nominati in rappresentanza dei 36 Stati africani che hanno già ratificato il protocollo di istituzione dell’Assemblea continentale. La sua elezione è stata accolta con un vero e proprio boato dalle donne presenti alla cerimonia di inaugurazione tenuta nella capitale etiope, una cerimonia caratterizzata da varie manifestazioni di giubilo, anche canore e musicali, predisposte per sottolineare il momento storico. “Avete un ruolo vitale da svolgere, per rendere concreti gli obiettivi e i principi degli atti costituitivi dell’unione” ha detto ieri ai deputati il presidente della Commissione dell’Unione africana (Ua), il maliano Alpha Oumar Konaré. “Riconosciuti i misfatti dell’epoca coloniale, tocca a noi africani metterci insieme e cambiare il volto dell’Africa” ha aggiunto Konaré che riveste un ruolo paragonabile a quello di presidente della Commissione Europea di Bruxelles. Per ora il Parlamento avrà soltanto un ruolo consultivo, in vista di una futura trasformazione in vero e proprio organo legislativo con pieni poteri, eletto a suffragio universale. (A.G.)

 

 

 

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24 ORE NEL MONDO

19 marzo 2004

 

 

- A cura di Fausta Speranza -

 

 A Bruxelles primo consulto tra i ministri degli interni e della giustizia di 5 grandi Paesi, su come rafforzare gli strumenti comuni nella lotta al terrorismo. Sugli incontri indetti in via straordinaria dopo le bombe di Madrid, il servizio di Fausta Speranza:

  

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I ministri di Germania, Francia, Gran Bretagna, Italia e Spagna, sono riuniti da questa mattina a margine del Consiglio straordinario Affari Interni e Giustizia dell'Ue che si terrà nel pomeriggio. Ieri, nella riunione dei rappresentanti, i Quindici i sono detti d’accordo sull'istituzione di un coordinatore unico per la sicurezza, quello che è stato definito il super commissario per il terrorismo.       

     

Adottata anche una clausola di solidarietà che impegna i Paesi ad agire ''congiuntamente e con spirito solidale'' a fianco di uno Stato membro, vittima di un attacco. Punto centrale della strategia da mettere a punto è il rafforzamento della cooperazione nella raccolta ed elaborazione di tutte le informazioni utili ai fini della lotta al terrorismo. Dall’incontro di questa mattina sembra sia emerso un consenso sull'introduzione dell'obbligo di conservare i dati telefonici e del traffico Internet per facilitare le indagini  e sulla creazione di un registro europeo dei passaporti rubati.

 

             A proposito della rete di informazioni europea, il ministro degli interni tedesco, Schily, chiede ''incontri regolari dei capi dei servizi di intelligence a Bruxelles'', ma al di fuori della struttura Europol, che è piuttosto ''una struttura di polizia''. Sembra, quindi, tramontata l'ipotesi di una sorta di Cia europea.  In ogni caso, dopo l’incontro di queste ore dei ministri dei 5 Paesi, lunedì si riuniranno a Madrid anche i capi dei rispettivi servizi di Intelligence. Questi gli appuntamenti del gruppo ristretto, ma non bisogna dimenticare il vertice straordinario del pomeriggio che riunisce i ministri di interni e giustizia di tutti gli Stati membri dell’Unione.

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         Sugli allarmi terrorismo, è intervenuto in Italia il presidente della Repubblica, Ciampi, affermando che tutta Europa è sotto attacco e che i morti di Madrid sono i morti di tutti gli europei.Dobbiamo avanzare sulla via dell'unificazione politica dell'Europa - ha detto Ciampi - ed è più che mai urgente approvare una nuova Costituzione che consenta alle nazioni europee di dare una risposta forte alla sfida di questo barbaro terrorismo”.

Restano in carcere i primi cinque fermati dalla polizia spagnola per le stragi di Madrid. Si tratta di tre marocchini e due indiani che hanno negato ogni legame con al Qaeda. I tre marocchini, Jamal Zougam, Mohamed Bekkali e Mohamed Chaui, sono sospettati di appartenere a una organizzazione terroristica e di essere responsabili di  190 omicidi e 1.400 tentati omicidi, oltre a danni e furto di  auto. Nel caso dei due indiani, Vinay Kohly e Surech Kumar, il giudice ha motivato la sua decisione di tenerli in detenzione  con il sospetto di collaborazione con organizzazione terroristica e falsificazione di documenti.

 

Ha occupato le prime pagine di tutti i giornali l’annuncio che le truppe pachistane avrebbero stretto un cerchio intorno al nascondiglio di Ayman Al Zawahri, il medico egiziano indicato come il numero due di al Qaida. Della possibilità che sia stato accerchiato ha parlato ma senza fare nomi  il presidente pachistano, Musharraf. In un'intervista alla Cnn, Musharraf aveva detto di ritenere che un obiettivo di ''alto valore'' potrebbe essere intrappolato nella rete tesa dalle truppe pachistane nell'ambito dell'operazione Tempesta sulla montagna, in corso da un paio di giorni. Secondo la Cnn, sono in corso combattimenti ''feroci'' nella zona tribale e impenetrabile del confine tra il Pakistan e l'Afghanistan, dove le truppe pachistane hanno incontrato una ''resistenza violentissima''. Da parte sua, l'ex ministro della difesa dei taleban, il mullah Obaidullah Akhund, ha detto di dubitare che al Zawahri si trovi nella zona circondata da truppe  pachistane. 

 

  Non si arresta l’ondata di violenza in Kosovo. Nella regione balcanica, da tre giorni insanguinata dagli scontri tra la comunità serba, cristiana ortodossa e quella albanese prevalentemente musulmana, si moltiplicano gli incendi alle moschee, alle chiese, alle abitazioni. Oggi la Nato ha formalmente chiesto rinforzi a Francia e Germania. Il segretario generale delle Nazioni Unite, Kofi Annan, ha comunicato, ieri, il ritiro del personale dell’Onu dalla città settentrionale di Kosovska Mitrovica. Il servizio è di Dorotea Gambardella.

 

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Con il moltiplicarsi degli scontri in Kosovo sale il numero dei morti, che secondo fonti delle Nazioni Unite, sarebbero 31, mentre è di almeno 500 il bilancio dei feriti. Una recrudescenza della violenza interetnica, criticata duramente dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, che ha definito “inaccettabili” gli attacchi  contro le truppe della forza di pace di stanza nella provincia serba a maggioranza albanese e ha insistito per una “cessazione immediata” dei disordini. Per prudenza, l’ambasciata statunitense a Belgrado ha momentaneamente chiuso i suoi uffici e ha chiesto ai cittadini americani in Serbia di evitare i luoghi pubblici. Sul terreno non si placa la violenza. Dopo gli incendi di ieri a 14 abitazioni abbandonate dai serbi e alla principale chiesa ortodossa di Pristina, nella notte, dimostranti albanesi hanno dato alle fiamme altre case serbe nei villaggi kosovari di Bica e di Vitine. E le truppe francesi della Nato hanno fatto irruzione in un quartiere albanese di Mitrovica, dopo che dalle finestre era stato aperto il fuoco verso i militari. Sempre a Mitrovica, nel pomeriggio, è prevista una manifestazione di protesta, che si teme possa degenerare in altri scontri. Intanto, il Consiglio atlantico, riunito d’urgenza al quartier generale della Nato a Bruxelles, ha formalmente chiesto a Francia e Germania l’invio di un battaglione ciascuna per rinforzare la Kfor. In particolare, la Francia ha annunciato che metterà a disposizione altri 400 uomini. La Germania, 600. Dall’Italia, invece, sono già arrivati in Kosovo 130 militari, la maggior parte dei quali paracadutisti, mentre dopo i 70 di ieri, altri 61 carabinieri di stanza in Bosnia sono partiti, stamani, per rinforzare il reggimento dell’unità specializzata multinazionale.

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Militanti di Ezzedin el-Qassam, il braccio armato di Hamas, sono riusciti stamane a far ribaltare un carro armato israeliano di tipo Merkavà nei pressi della colonia di Netzarim, nella striscia di Gaza. Lo ha riferito la radio militare israeliana, secondo cui i quattro militari che si trovavano a bordo sono rimasti feriti in modo non grave. La carica esplosiva, che pesava circa 150 chilogrammi, è stata fatta brillare con estrema precisione sotto al mezzo blindato. Nella Striscia proseguono anche oggi diverse incursioni israeliane contro obiettivi militari dell’intifada.

 

           Non è in pericolo di vita il presidente di Taiwan, Chen Shui-bian. E’ stato ferito da colpi d'arma da fuoco mentre era  impegnato, nel sud del Paese,  nell'ultimo giorno di campagna elettorale alla vigilia delle presidenziali di domani, ma ha già lasciato l’ospedale dove era stato ricoverato. Una pallottola sparata da ignoti ha lievemente ferito la vicepresidente, Annette Lu, e poi ha colpito Chen, che dopo poco ha rassicurato l'isola sulle sue condizioni e ha lanciato un appello alla calma. La campagna elettorale è stata sospesa, ma fonti governative hanno confermato che le elezioni si svolgeranno normalmente. C’è ancora mistero sull’organizzazione dell’attentato, come spiega da Pechino Francesco Sisci, direttore dell’Istituto italiano di cultura:

 

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E’ una situazione ancora molto, molto confusa, frutto di una tensione enorme che si è registrata nell’isola sulla questione ormai ideologica, ormai quasi religiosa, dei rapporti con il continente cinese. Probabilmente, vista la natura dell’attentato, non si è trattato di una cosa fatta in modo scientifico. Insomma, si è trattato di un colpo solo, quindi forse non è stata nemmeno una cosa studiata, bene organizzata. Però, certamente questo fatto denuncia che il livello di tensione e di radicalizzazione è ormai molto alto. Chiunque vinca, è importante consolidare un processo di riconciliazione nazionale.

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  Il petroliere russo Mikhail Khodorkovski è comparso oggi ammanettato nell'aula di un tribunale distrettuale di Mosca che deve decidere se prorogare o meno la sua detenzione che scade il 25 marzo. Khodorkovski, fondatore del gigante petrolfiero Yukos, è in carcere dall'ottobre scorso in attesa di processo accusato di frode ed evasione fiscale. La  carcerazione era già stata prorogata  per timore di inquinamento delle prove o di fuga. 

 

  In Burundi, secondo l’esercito governativo, sono morti 25 ribelli e tre civili in seguito agli scontri avvenuti nelle ultime 24 ore nei pressi della capitale Bujumbura. Ieri i ribelli avevano dichiarato che solo due soldati erano deceduti durante gli scontri. Ad opporsi all’esercito sono le Forze nazionali di liberazione. Gli altri gruppi armati hanno raggiunto di recente un accordo con il governo di Bujumbura. La zona interessata dagli scontri è la provincia di Bujumbura Rural dove, secondo le autorità locali, è in corso uno sfollamento massiccio della popolazione. Si calcola che il conflitto in Burundi, dal 1993 ha provocato oltre 300.000 morti.

 

                          

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