RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVIII n. 79 - Testo della Trasmissione di venerdì 19 marzo 2004
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI
IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
Il vescovo di Przemysl, Jozef
Michalik, è il nuovo presidente della Conferenza episcopale polacca
Si è
aperta stamani a Parigi la 24.ma edizione del Salone del libro: ospite d’onore
la Cina
A Bruxelles, vertici straordinari tra i ministri
degli Interni e della Giustizia sulla lotta al terrorismo
Restano in carcere 5 degli arrestati per la strage
di Madrid
Ancora nessuna conferma sul presunto
accerchiamento del numero due di Bin Laden.
19
marzo 2004
OGGI
SOLENNITA’ DI SAN GIUSEPPE,
SPOSO
DI MARIA E PATRONO DELLA CHIESA UNIVERSALE:
ESEMPIO
DI UMILTA’ E DOCILITA’ AI PROGETTI DI DIO.
LE
FAMIGLIE – HA DETTO IL PAPA – NE TRAGGANO ISPIRAZIONE
PER
SUPERARE LE DIFFICOLTA’
Oggi la Chiesa
celebra la solennità di San Giuseppe. Un santo laborioso e mite al quale Dio
amava parlare nel sogno. Il Papa ha indicato lo sposo di Maria e Patrono della
Chiesa universale come modello per le famiglie di oggi. Ce ne parla Sergio
Centofanti.
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Dal suo stile di
vita – ha detto Giovanni Paolo II all’udienza generale di mercoledì scorso – le
famiglie possono attingere
l’ispirazione per le scelte quotidiane di vita e per superare le difficoltà: San Giuseppe è stato infatti “un esempio di amore
gratuito, di fedeltà” e di docilità ai progetti di Dio. Il Papa su San Giuseppe ha scritto nel 1989
l’esortazione apostolica “Redemptoris Custos”, il custode del Redentore, in cui
ricorda l’azione silenziosa e
obbediente dello sposo di Maria a cui Dio amava parlare nel sogno: “i Vangeli
non annotano alcuna parola detta da lui. Ma il silenzio di Giuseppe –
sottolinea il Pontefice – ha una speciale eloquenza”.”San Giuseppe è il modello
degli umili che il cristianesimo solleva a grandi destini… è la prova che per
essere buoni ed autentici seguaci di Cristo non occorrono grandi cose, ma si richiedono
solo virtù comuni, umane, semplici, ma vere ed autentiche”. Sulla santità dello
sposo di Maria ascoltiamo padre Tarcisio Stramare degli Oblati di San Giuseppe,
intervistato da Giovanni Peduto.
R. – E’ la santità che corrisponde ad una persona che ha
avuto l’ufficio singolare di essere lo sposo di Maria e il padre di Gesù. Se
già l’umanità di Gesù è la sorgente della santità, e quindi ha santificato in
un modo eccezionale sua madre, non può non aver santificato anche suo padre,
che gli era così vicino.
D. – Precisiamo meglio il tipo di paternità che ha unito
San Giuseppe a Gesù…
R. – Il tipo di paternità, dal punto di vista civile e
giuridico, è una paternità legale, legata al matrimonio con Maria. Giuseppe non
ha generato Gesù. Dal punto di vista reale, San Giuseppe ha avuto da Dio la
partecipazione, non solamente al titolo di padre dal punto di vista legale, ma
anche dal punto di vista dei sentimenti necessari ad essere un padre. Quindi,
ha avuto come dono celeste i sentimenti di un padre vero verso Gesù.
D. – Una parola sul tipo di rapporto sponsale tra Giuseppe
e Maria…
R. – Il Papa nella sua Esortazione apostolica Redemptoris
Custos, del 15 agosto 1989, dice che Giuseppe e Maria sono il modello dello
sposo e della sposa. Se il matrimonio consiste essenzialmente nel dono di sé,
chi ha fatto il dono totale di sé, disinteressato è stato San Giuseppe che ha
dato tutto senza pretendere nulla. Quindi, rappresenta il vero dono di sé,
fatto alla persona amata.
D. – Dio parla spesso a San Giuseppe nel sogno, cosa vuol
dire?
R. – Vuol dire che San Giuseppe è la persona attenta alla
voce di Dio, comunque si manifesti. Nel sogno c’è una certa passività, per cui
si può dire che Giuseppe non reagisce in nessun modo verso la volontà di Dio,
ma l’accetta e la compie. Quindi, la sua caratteristica è di avere fatto la
volontà di Dio.
D. – Quale messaggio quello di San Giuseppe per i papà?
R. – Che la paternità non è un dominio. Oggi si parla di
paternità quasi comandata, per cui i genitori si considerano padroni del
bambino. In realtà la paternità è di Dio. Dio la dà, la regala all’uomo.
Quindi, Giuseppe ci fa capire che l’uomo, il padre, la madre, sono al servizio
della vita. E Giuseppe è stato proprio il padre a servizio incondizionato della
vita di Gesù. Quindi ci insegna molte cose in questo senso: non è stato
padrone, ma servo della vita.
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LE
UDIENZE DI OGGI
Il Papa questa mattina ha ricevuto in udienza il cardinale
Antonio Maria Rouco Varela, arcivescovo di Madrid, e il cardinale Crescenzio
Sepe, prefetto della Congregazione per l'evangelizzazione dei popoli.
LA
RELIGIOSA SPAGNOLA PIETA’ DELLA CROCE TRA I NUOVI BEATI
CHE
SARANNO PROCLAMATI DAL PAPA DOMENICA PROSSIMA:
VOLLE
PORTARE CON GESU’ LA CROCE DEI PIU’ POVERI
Con le 4 beatificazioni di domenica prossima 21 marzo
saliranno a 1331 i beati proclamati da Giovanni Paolo II negli oltre 25 anni
del suo pontificato. I santi sono 477. Tra i nuovi beati che saranno proclamati
domenica in piazza San Pietro figura una religiosa spagnola, Pietà della Croce,
al secolo Tomasa Ortiz Real, fondatrice della Congregazione delle Suore
Salesiane del Sacro Cuore di Gesù, vissuta dal 1842 al 1916. Ce ne parla, al
microfono di Giovanni Peduto, padre Romualdo Rodrigo, postulatore della causa
di beatificazione.
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R. -
Era una donna che voleva essere di Dio in seguito ad una visione che ebbe del
Cuore di Gesù: Gesù le chiede se vuole aiutarla, se vuole essere vittima con
lui per portare insieme la Croce. Questa donna accetta sin dall’inizio. Vuole
essere portatrice della croce di tutta la gente povera e la seguono altre
giovani; quindi la comunità comincia a crescere: le religiose vanno in Paraguay,
Bolivia, Argentina, Cile e ormai sono in molte nazioni, con molte case dedicate
soprattutto agli anziani ed ai bambini poveri.
D. – Il carisma di questa donna?
R. – Il carisma penso che sia
proprio portare, far vedere la misericordia del Signore, renderla visibile ai
poveri attraverso la carità. Questo il suo carisma: far capire proprio attraverso
le opere di carità la misericordia del Cuore di Gesù
19 marzo 2004
DOMANI
IL PRIMO ANNIVERSARIO DELL’ATTACCO ALL’IRAQ:
- Ai
nostri microfoni il nunzio apostolico, mons. Fernando Filoni -
Alla vigilia del primo
anniversario, domani, dell’intervento militare in Iraq guidato dagli Stati
Uniti, il segretario di Stato Usa, Colin Powell, è arrivato stamane a sorpresa
a Baghdad, dove si è congratulato con le truppe della coalizione per aver
liberato il mondo – ha detto - da un ''orribile regime dittatoriale''. Grazie a
voi – ha aggiunto – questa regione e il mondo non devono più temere l'arsenale
militare di Saddam Hussein. Ma va ricordato che esperti americani hanno setacciato
il Paese per un anno senza mai trovare traccia di armi di distruzione di massa,
la causa dichiarata di questa guerra.
La visita di Powell in Iraq, la
seconda dopo quella del settembre scorso, avviene mentre il Paese è in preda ad
un'ondata di attentati, che hanno fatto decine di morti. Baghdad sta ancora
piangendo le vittime dell'ultimo attacco, mercoledì scorso, contro un albergo
del centro. E ieri, altre dieci persone sono morte, inclusi due giornalisti della
Tv satellitare araba al Arabya, ucciso dagli americani ad un posto di blocco
nella capitale. Episodio che ha provocato la protesta dei giornalisti arabi
presenti stamane alla conferenza stampa di Powell, durante la quale il
segretario di stato Usa ha rassicurato che la coalizione “è ancora solida”,
malgrado il minacciato ritiro della Spagna. E ancora oggi la notizia della
morte di un marine americano ferito due giorni fa nella provincia di al Anbar.
Si può dire allora che la guerra sia davvero finita? Roberto Piermarini ha
intervistato il nunzio apostolico in Iraq, l’arcivescovo Fernando Filoni
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R. – Certamente è
finito il primo capitolo, quello degli scontri tra due eserciti, se proprio si
può dire che ci sia mai stato; ad ogni modo, questo capitolo è chiuso.
Certamente, rimane ancora aperto l’altro capitolo, quello della normalizzazione
di un Paese che difficilmente riesce ad accettare lo stato di occupazione e
ovviamente tutto ciò che ne segue.
D. – E’ auspicabile
oggi un ritiro delle truppe straniere dall’Iraq?
R. – La questione è
molto delicata, perché in questo momento mancando una vera autorità locale ed
essendo stati disciolti tutti gli apparati precedenti,il problema è quale
sicurezza si avrà, se manca in questo momento un aiuto da parte di coloro che
già sono sul campo, quindi per essere concreti: non bisogna lasciare il Paese
nel caos!
D. – Mons. Filoni,
lei un anno fa insieme all’ambasciatore di Cuba è stato l’unico diplomatico a
rimanere a Baghdad durante l’attacco anglo-americano sulla capitale irachena.
Che cosa ricorda di quei giorni?
R. – Credo che più
che i ricordi, sia la lezione che tutti noi dobbiamo trarre da questo evento e
da questo anno che l’Iraq ha vissuto, ma anche a livello internazionale con
tutte le ripercussioni; è la lezione, cioè, che non si possono risolvere
problemi così complessi con la guerra, senza un dialogo, senza una buona volontà
di pace. La guerra non risolve problemi così complessi, ma forse li aggrava,
addirittura.
D. – Come vive oggi
la popolazione irachena?
R. – E’ una
popolazione che non ha una vera e propria economia; cerca di sopravvivere con
quel che può e con quel che sa fare, cercando ovviamente di sopravvivere alla
mancanza di lavoro, ai problemi della sanità, ai problemi dei servizi
elettrici, telefonici eccetera ... E’ una situazione di sopravvivenza, non è
una vera e propria economia! Ma ovviamente, essendo un Paese ricco, la speranza
è che possa essere ricostruito un tessuto economico sul quale poi fare
fondamento per lo sviluppo di tutto il Paese.
D. – Ecco, la guerra
può avere incrinato la convivenza tra i musulmani e la minoranza cristiana?
R. – No, no: i
cristiani hanno vissuto perfettamente come i musulmani gli stessi problemi, le
stesse difficoltà, hanno avuto morti, hanno avuto feriti come tutta la
popolazione. Il problema, in questo momento, non è un problema religioso, è un
problema dell’Iraq.
D. – Cosa è cambiato
nella Chiesa cattolica con la caduta di Saddam Hussein?
R. – La Chiesa
cattolica continua il suo lavoro, in questo momento, cercando di venire
incontro alle necessità spirituali della gente, ma anche il sostegno morale, il
sostegno psicologico. Poi, con tutte quelle iniziative di opera umanitaria, da
questo punto di vista noi continuiamo il nostro lavoro, forse con una certa
autonomia e libertà, perché prima tutto doveva essere autorizzato, adesso c’è
quella autonomia e quella libertà di potersi organizzare secondo le necessità
quotidiane.
D. – Questa
situazione di caos che sta vivendo l’Iraq danneggia la vita pastorale della
minoranza cattolica?
R. – Più che
danneggiare, a volte la limita, perché la mancanza di sicurezza obbliga le
persone a non uscire di casa dopo una certa ora, a non poter essere presenti
magari a tradizionali celebrazioni.
D. – Che cosa pensa
lei per il futuro dell’Iraq?
R. – Come uomini
della Chiesa, come cristiani, la speranza è una virtù e quindi nella lingua
tradizionale si usa dire ‘Inshallah’, cioè: ‘se Dio vuole’. Ora, il senso della
speranza esiste e continua ad esistere e crediamo anche che si possa realizzare
gradualmente un futuro migliore.
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LA
PACE E I DIRITTI IN AFRICA
AL
CENTRO DI UN CONVEGNO CHE SI APRE OGGI A VERONA –
- Intervista
con padre Sergio Marcazzani -
La pace ed i diritti in Africa sono al centro di un
convegno che si apre oggi a Verona. Si intitola “Child eyes. Quale futuro negli
occhi dei bambini?” e vede la partecipazione di numerosi esponenti del mondo
della Chiesa, della cultura e del giornalismo. Numerose le tematiche in agenda,
nei tre giorni di lavori: i bambini soldato, la sfida dell’educazione, il ruolo
delle donne, le urgenze di riconciliazione tra i popoli. Alessandro De Carolis
ne ha parlato con don Sergio Marcazzani, tra i promotori dell’iniziativa:
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R. – L’obiettivo che ci si propone
è proprio quello di guardare e di sentire dall’Africa, dagli africani, cosa
pensano del loro futuro visto attraverso i bambini che ci sono oggi - sperando
che le condizioni permettano loro di vivere, di diventare adulti - per come
intendono costruire il loro domani. Noi siamo abituati dal di fuori a fare
tanti progetti, anche al posto loro, e dire che “loro dovranno fare così,
dovranno fare colà”. Questa volta preferiamo proprio ascoltare l’Africa,
ascoltare gli africani, sentire da loro come pensano di poter camminare, perché
il domani sia un domani di pace, di serenità, di speranza, di giustizia…
D. – Durante il
Convegno darete spazio anche a quelle esperienze di Stati africani che hanno
già superato i conflitti interni, che hanno sviluppato un modello di pace.
Quali sono questi Stati?
R. – Il Sudafrica
prima di tutto, che ha fatto quel cammino di verità e di riconciliazione nella
giustizia, che è stato quello che ha tracciato anche altri cammini in altre
nazioni, per esempio il Mozambico e la Sierra Leone. Sono esperienze, che sono
state inventate, forse perché costretti dall’urgenza, dalle emergenze, che
hanno dato dei risultati molto belli, molto positivi, molto significativi. Per
cui abbiamo chiesto la collaborazione di coloro che hanno già vissuto questa
esperienza, perché possano indicare ad altri i pro e i contro, gli effetti
positivi ed anche le difficoltà che hanno incontrato, gli ostacoli che si sono
trovati sul cammino, ecc.
D. – Perché, in
particolare, mettete in risalto il ruolo delle donne e dei bambini in questo
processo?
R. – Oggi, se
l’Africa ha qualcosa di bello, di grande, di positivo, lo deve proprio
principalmente alla imprenditorialità, non solo su un piano industriale, ma
anche pratico della vita di ogni giorno, quindi alla inventiva, alla creatività
delle donne. In secondo luogo, i bambini, perché sono la speranza. Se si
possono creare le condizioni perché possano vivere, perché possano essere sani,
perché possano studiare, perché possano prepararsi alla vita, saranno coloro
che guideranno le sorti dell’Africa di un domani, che è già vicinissimo e che è
già cominciato in pratica.
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DIBATTITO
TRA GLI ASTRONOMI DOPO LA scoperta
dI
UN NUOVO CORPO CELESTE Nel sistema solare
- Intervista con
Marcello Rodonò -
La recente scoperta di un nuovo
corpo celeste nel Sistema Solare, chiamato Sedna ha riaperto nel mondo
scientifico il dibattito su cosa sia esattamente un Pianeta. Quali sarebbero
dunque le conseguenze sulla nostra conoscenza del Sistema Solare qualora Sedna
venisse considerato il decimo pianeta in orbita intorno al Sole? Paolo
Cappuccio lo ha chiesto al professor Marcello Rodonò dell’Istituto nazionale di
astrofisica italiano:
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R. – Innanzitutto,
per la conoscenza del nostro Sistema Solare, ammesso che venga confermato che
sia un satellite del Sole, non è detto che sia l’ultimo. Ci potrebbe essere
anche un undicesimo, perché il luogo dove è stato riconosciuto è sede di
residenza di molti corpi minori del Sistema Solare, che stanno in questa fascia
degli asteroidi di Kuiper. Quindi è facile che in futuro se ne possa scoprire
qualcuno ancora più piccolo.
D. – Quali sono in
realtà i criteri su cui si basa la classificazione di un pianeta o di un
planetoide?
R. – La
caratteristica essenziale è che siano legati in un’orbita intorno al Sole e che
sia un’orbita molto stabile. Il mio personale punto di vista è che per oggetti
così deboli l’influenza dei corpi maggiori del Sistema Solare, man mano che
questi oggetti si muovono, possa perturbare l’orbita in modo sostanziale,
ovviamente nel corso dei millenni. Non è detto che anche Sedna abbia raggiunto
quest’orbita in seguito a tante perturbazioni che hanno influenzato la sua orbita
e che oggi noi riusciamo a vedere in una certa configurazione.
D. – Quando e da
chi possiamo aspettarci una presa di posizione ufficiale?
R. – Il sapiente più
importante è il tempo, che sulla base delle osservazioni che saranno ripetute
continuamente e controllate nel corso dei prossimi decenni, potrà accertare la
stabilità di quest’orbita e accertare la sua ripetibilità anche entro pochi
anni. Non c’è bisogno di aspettare decenni. Allora chi deve autorizzare, lei mi
dice, chi deve certificare saranno gli astronomi e le varie organizzazioni
internazionali. Per esempio nell’ambito dell’Unione astronomica internazionale
c’è una Commissione che definisce gli asteroidi, che definisce i pianeti e che
sancisce quando sarà il momento, l’appartenenza al gruppo degli asteroidi – in
questo caso sarebbe un grosso asteroide – o al gruppo dei pianeti – in questo
caso sarebbe un piccolissimo pianeta.
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19
marzo 2004
IL VESCOVO DI PRZEMYSL, JOZEF
MICHALIK, E’ IL NUOVO PRESIDENTE
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE
POLACCA. SUCCEDE AL CARDINALE JOZEF GLEMP,
CHE
PER 23 ANNI HA GUIDATO LA CHIESA DELLA POLONIA
VARSAVIA.=
La conferenza episcopale polacca ha un nuovo presidente: si tratta di mons.
Jozef Michalik, 63 anni, vescovo di Przemysl, nella Polonia meridionale. Mons.
Michalik subentra al cardinale Jozef Glemp che lascia la guida della chiesa
polacca dopo 23 anni, ma conserva il titolo tradizionale di Primate della
Polonia. L’agenzia di stampa cattolica KAI, nel commentare l’importanza
cruciale della figura del porporato nella storia del Paese, ha affermato che è
stato “grazie ai suoi drammatici appelli alla pace dei primi giorni successivi
alla proclamazione della legge marziale, il 13 dicembre 1981, che il colpo di
Stato non ha assunto un carattere cruento”. Il cardinale Glemp, proveniente da
un ambiente operaio del centro della Polonia, è passato alla storia per il suo
ruolo di mediatore negli anni ’80 tra il regime comunista del generale
Jaruzelski e i sindacalisti di Solidarnosc guidati da Lech Walesa, desiderosi
di democratizzare il Paese, la cui popolazione è per il 95 per cento di fede
cattolica. Grazie a lui, sottolinea l’agenzia KAI, in questi anni la Chiesa
polacca è riuscita ad ottenere “l’introduzione dell’insegnamento del catechismo
nelle scuole, il riconoscimento legale del matrimonio religioso e soprattutto
il divieto di aborto”. (A.G.)
SI E’
APERTA STAMANI A PARIGI LA 24.MA EDIZIONE
DEL SALONE DEL LIBRO: OSPITE D’ONORE LA CINA
- A
cura di Francesca Pierantozzi -
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PARIGI. = Duecento mila visitatori, migliaia di scrittori:
si è aperto nei grandi stand della Fiera di Parigi, alla Porte de Versailles,
il “Salon du Livre”, uno dei più importanti appuntamenti culturali europei.
Ospite d’onore quest’anno la Cina. Ad inaugurare la grande kermesse editoriale,
il presidente Jacques Chirac. Sono 38 gli scrittori in lingua cinese che hanno
affrontato il lungo viaggio per incontrare colleghi e lettori europei. Per sei
giorni, fino al 24 marzo, si svolgeranno dibattiti, incontri, tavole rotonde
con circa 1.800 scrittori e illustratori del mondo intero. Oltre 1.200 sono gli
stand degli editori, che presentano qui le loro novità dell’anno. Grande spazio
quest’anno ai fumetti, con una vendita esclusiva i cui proventi andranno in
beneficenza. Massiccia anche quest’anno la presenza dell’Italia: 11 gli autori
presenti, da Margaret Marzantini a Giovanni Sartori. L’Associazione italiana
degli editori sarà in evidenza con uno stand di ben 150 metri, dove saranno in
mostra centinaia di volumi. Secondo le ultime cifre, l’export italiano di libri
in Francia vale oltre 113 milioni di euro all’anno, ovvero oltre un quinto
delle importazioni totali francesi, subito dopo quelle degli Stati Uniti e
dell’Inghilterra.
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L’EUROPA SI IMPEGNI SERIAMENTE PER
LA PACIFICAZIONE DEL KOSOVO:
E’ L’APPELLO DI ANTONIO RAIMONDI,
PRESIDENTE DEL VIS,
IL VOLONTARIATO INTERNAZIONALE PER
LO SVILUPPO, ORGANISMO UMANITARIO
DEI SALESIANI IMPEGNATO IN PRIMA
LINEA NELLA REGIONE DEI BALCANI
ROMA.=
A cinque anni dalla guerra in Kosovo, la Regione balcanica rivive l’ennesima
recrudescenza degli scontri tra le etnie serba e albanese. “Questo – commenta,
all’agenzia Sir, Antonio Raimondi, presidente del Vis (il Volontariato
internazionale per lo sviluppo) – è quello che succede se dopo un conflitto non
si agisce sulle sue cause più profonde. Non basta garantire una pacificazione
forzata con la presenza militare internazionale, in Kosovo dal 1999 e in Bosnia
dal 1995, ma occorre lavorare sulla giustizia sociale e la riconciliazione,
elementi essenziali per un pace vera e duratura”. Il presidente del Vis,
organizzazione umanitaria dei Salesiani, aggiunge: “L’Europa dovrebbe
preoccuparsi seriamente della stabilizzazione, attraverso processi di sviluppo
umano, dei Balcani, prima di avventurarsi in altri contesti, magari provocando
‘a fin di bene’ altri conflitti. Infatti – prosegue – è sconcertante la
mancanza di fondi pubblici per co-finanziare i nostri progetti di formazione
professionale, che portiamo avanti da oltre cinque anni, in tutta la Regione”.
Il Vis chiede, infine, in primo luogo all’Italia di “farsi garante nell’Unione
Europea dell’effettiva realizzazione del Patto di Stabilità per i Balcani e poi
di effettuare tutti gli sforzi diplomatici per risolvere in tempi brevi il
futuro politico del Kosovo per evitare quella pesante incertezza che non giova
allo sviluppo sociale, economico ed umano della Regione”. (A.G.)
TENSIONE
IN NIGERIA, DOVE ESTREMISTI ISLAMICI HANNO DATO ALLE FIAMME
QUATTRO CHIESE CRISTIANE NELLA CITTA’ DI
DUTSE, NEL NORD DEL PAESE
NAIROBI.=
Estremisti islamici hanno dato alle fiamme quattro chiese cristiane ed un
piccolo albergo nella città di Dutse, nello stato del Jigawa, nel nord della
Nigeria, una zona a forte predominanza musulmana. Lo hanno resto noto fonti
ufficiali di cui dà notizia radio Nairobi, citata dall’agenzia Ansa. Gli
assalti sono avvenuti dopo che un tribunale locale aveva rifiutato la libertà
su cauzione ad un uomo di fede islamica, accusato di aver a sua volta dato alle
fiamme un’altra chiesa. Adesso a Dutse sembrerebbe regnare la calma e le
indagini della polizia non hanno finora portato ad alcun arresto. Gli attacchi
di estremisti islamici contro minoranze e luoghi di culto cristiani sono
estremamente frequenti nel nord della Nigeria, dove 12 Stati hanno proclamato
l'introduzione della sharia - la legge islamica - nel loro codice penale. Pur
essendo diminuita la violenza nel Paese dopo le elezioni del 2003, si calcola
che in Nigeria negli ultimi quattro anni siano state oltre 5.000 le persone
uccise in violenze a sfondo religioso. (A. G.)
EVENTO STORICO PER L’AFRICA: UNA
DONNA GUIDERA’ IL PARLAMENTO PANAFRICANO, INAUGURATO IERI AD ADDIS ABEBA. SI
TRATTA DELL’AMBASCIATRICE
TANZANIANA GERTRUDE IBENGWE
MONGELLA, ELETTA ALL’UNANIMITA’
DALL’ASSEMBLEA PARLAMENTARE
DELL’UNIONE AFRICANA
ADDIS ABEBA.= Sarà l’ambasciatrice tanzaniana
Gertrude Ibengwe Mongella a presiedere il nuovo parlamento panafricano,
inaugurato ieri ad Addis Abeba in Etiopia. Gertrude Mongella nel 1995 ricoprì
l’incarico di segretario generale della quarta conferenza dell’Onu sulla
condizione femminile alla quale si recò dopo essere stata ricevuta in Vaticano
da Giovanni Paolo II. E’ rimasta celebre una sua frase in quel vertice delle
Nazioni Unite: “Le donne hanno sempre lottato al fianco degli uomini per
l’eliminazione della schiavitù, la liberazione dei Paesi dal colonialismo,
l’abolizione dell'apartheid e il conseguimento della pace. Tocca ora agli
uomini unirsi alle donne nella loro lotta per l’uguaglianza”. L'ambasciatrice
tanzaniana è stata votata presidente all’unanimità da tutti i 180 deputati
nominati in rappresentanza dei 36 Stati africani che hanno già ratificato il
protocollo di istituzione dell’Assemblea continentale. La sua elezione è stata
accolta con un vero e proprio boato dalle donne presenti alla cerimonia di
inaugurazione tenuta nella capitale etiope, una cerimonia caratterizzata da
varie manifestazioni di giubilo, anche canore e musicali, predisposte per
sottolineare il momento storico. “Avete un ruolo vitale da svolgere, per
rendere concreti gli obiettivi e i principi degli atti costituitivi
dell’unione” ha detto ieri ai deputati il presidente della Commissione dell’Unione
africana (Ua), il maliano Alpha Oumar Konaré. “Riconosciuti i misfatti
dell’epoca coloniale, tocca a noi africani metterci insieme e cambiare il volto
dell’Africa” ha aggiunto Konaré che riveste un ruolo paragonabile a quello di
presidente della Commissione Europea di Bruxelles. Per ora il Parlamento avrà
soltanto un ruolo consultivo, in vista di una futura trasformazione in vero e
proprio organo legislativo con pieni poteri, eletto a suffragio universale.
(A.G.)
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19
marzo 2004
- A cura di Fausta Speranza -
●
A Bruxelles primo consulto tra
i ministri degli interni e della giustizia di 5 grandi Paesi, su come
rafforzare gli strumenti comuni nella lotta al terrorismo. Sugli incontri
indetti in via straordinaria dopo le bombe di Madrid, il servizio di Fausta
Speranza:
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I
ministri di Germania, Francia, Gran Bretagna, Italia e Spagna, sono riuniti da
questa mattina a margine del Consiglio straordinario Affari Interni e Giustizia
dell'Ue che si terrà nel pomeriggio. Ieri, nella riunione dei rappresentanti, i
Quindici i sono detti d’accordo sull'istituzione di un coordinatore unico per
la sicurezza, quello che è stato definito il super commissario per il
terrorismo.
Adottata anche una clausola di solidarietà che impegna i Paesi ad
agire ''congiuntamente e con spirito solidale'' a fianco di uno Stato membro,
vittima di un attacco. Punto centrale della strategia da mettere a punto è il
rafforzamento della cooperazione nella raccolta ed elaborazione di tutte le
informazioni utili ai fini della lotta al terrorismo. Dall’incontro di questa
mattina sembra sia emerso un consenso sull'introduzione dell'obbligo di
conservare i dati telefonici e del traffico Internet per facilitare le
indagini e sulla creazione di un
registro europeo dei passaporti rubati.
A
proposito della rete di informazioni europea, il ministro degli interni tedesco,
Schily, chiede ''incontri regolari dei capi dei servizi di intelligence a
Bruxelles'', ma al di fuori della struttura Europol, che è piuttosto ''una
struttura di polizia''. Sembra, quindi, tramontata l'ipotesi di una sorta di
Cia europea. In ogni caso, dopo
l’incontro di queste ore dei ministri dei 5 Paesi, lunedì si riuniranno a Madrid anche i capi dei
rispettivi servizi di Intelligence. Questi gli appuntamenti del gruppo
ristretto, ma non bisogna dimenticare il vertice straordinario del pomeriggio
che riunisce i ministri di interni e giustizia di tutti gli Stati membri
dell’Unione.
**********
Sugli allarmi
terrorismo, è intervenuto in Italia il presidente della Repubblica, Ciampi,
affermando che tutta Europa è sotto attacco e che i morti di Madrid sono i
morti di tutti gli europei. “Dobbiamo avanzare sulla via dell'unificazione politica
dell'Europa - ha detto Ciampi - ed è più che mai urgente approvare una nuova
Costituzione che consenta alle nazioni europee di dare una risposta forte alla
sfida di questo barbaro terrorismo”.
Restano
in carcere i primi cinque fermati dalla polizia spagnola per le stragi di
Madrid. Si tratta di tre marocchini e due indiani che hanno negato ogni legame
con al Qaeda. I tre marocchini, Jamal Zougam, Mohamed Bekkali e Mohamed Chaui,
sono sospettati di appartenere a una organizzazione terroristica e di essere
responsabili di 190 omicidi e 1.400
tentati omicidi, oltre a danni e furto di
auto. Nel caso dei due indiani, Vinay Kohly e Surech Kumar, il giudice
ha motivato la sua decisione di tenerli in detenzione con il sospetto di collaborazione con organizzazione terroristica
e falsificazione di documenti.
Ha
occupato le prime pagine di tutti i giornali l’annuncio che le truppe pachistane
avrebbero stretto un cerchio intorno al nascondiglio di Ayman Al Zawahri, il medico
egiziano indicato come il numero due di al Qaida. Della possibilità che sia
stato accerchiato ha parlato ma senza fare nomi il presidente pachistano, Musharraf. In un'intervista alla Cnn,
Musharraf aveva detto di ritenere che un obiettivo di ''alto valore'' potrebbe
essere intrappolato nella rete tesa dalle truppe pachistane nell'ambito
dell'operazione Tempesta sulla montagna, in corso da un paio di giorni. Secondo
la Cnn, sono in corso combattimenti ''feroci'' nella zona tribale e impenetrabile
del confine tra il Pakistan e l'Afghanistan, dove le truppe pachistane hanno
incontrato una ''resistenza violentissima''. Da parte sua, l'ex ministro della
difesa dei taleban, il mullah Obaidullah Akhund, ha detto di dubitare che al
Zawahri si trovi nella zona circondata da truppe pachistane.
● Non si arresta l’ondata di violenza in
Kosovo. Nella regione balcanica, da tre giorni insanguinata dagli scontri tra
la comunità serba, cristiana ortodossa e quella albanese prevalentemente
musulmana, si moltiplicano gli incendi alle moschee, alle chiese, alle
abitazioni. Oggi la Nato ha formalmente chiesto rinforzi a Francia e Germania.
Il segretario generale delle Nazioni Unite, Kofi Annan,
ha comunicato, ieri, il ritiro del personale dell’Onu dalla
città settentrionale di Kosovska Mitrovica. Il
servizio è di Dorotea Gambardella.
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Con il moltiplicarsi
degli scontri in Kosovo sale il numero dei morti, che secondo fonti delle
Nazioni Unite, sarebbero 31, mentre è di almeno 500
il bilancio dei feriti. Una recrudescenza della violenza
interetnica, criticata duramente dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni
Unite, che ha definito “inaccettabili” gli attacchi contro le truppe della forza di pace di stanza
nella provincia serba a maggioranza albanese e ha insistito per una “cessazione
immediata” dei disordini. Per prudenza, l’ambasciata statunitense a Belgrado ha momentaneamente chiuso i suoi uffici e ha chiesto ai
cittadini americani in Serbia di evitare i luoghi pubblici. Sul terreno non si
placa la violenza. Dopo gli incendi di ieri a 14 abitazioni abbandonate dai
serbi e alla principale chiesa ortodossa di Pristina, nella notte, dimostranti
albanesi hanno dato alle fiamme altre case serbe nei villaggi kosovari di Bica
e di Vitine. E le truppe francesi della Nato hanno fatto irruzione in un
quartiere albanese di Mitrovica, dopo che dalle finestre era stato aperto il
fuoco verso i militari. Sempre a Mitrovica, nel pomeriggio, è prevista una
manifestazione di protesta, che si teme possa degenerare in altri scontri.
Intanto, il Consiglio atlantico, riunito d’urgenza al quartier generale della
Nato a Bruxelles, ha formalmente chiesto a Francia e Germania l’invio di un
battaglione ciascuna per rinforzare la Kfor. In particolare, la Francia ha
annunciato che metterà a disposizione altri 400 uomini. La Germania, 600.
Dall’Italia, invece, sono già arrivati in Kosovo 130 militari, la maggior parte
dei quali paracadutisti, mentre dopo i 70 di ieri, altri 61 carabinieri di stanza
in Bosnia sono partiti, stamani, per rinforzare il reggimento dell’unità
specializzata multinazionale.
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Militanti di Ezzedin el-Qassam, il braccio armato di Hamas, sono
riusciti stamane a far ribaltare un carro armato israeliano di tipo Merkavà nei
pressi della colonia di Netzarim, nella striscia di Gaza. Lo ha riferito la
radio militare israeliana, secondo cui i quattro militari che si trovavano a
bordo sono rimasti feriti in modo non grave. La carica esplosiva, che pesava
circa 150 chilogrammi, è stata fatta brillare con estrema precisione sotto al
mezzo blindato. Nella Striscia proseguono anche oggi diverse incursioni
israeliane contro obiettivi militari dell’intifada.
● Non è in pericolo di vita il
presidente di Taiwan, Chen Shui-bian. E’ stato ferito da colpi d'arma da fuoco
mentre era impegnato, nel sud del
Paese, nell'ultimo giorno di campagna
elettorale alla vigilia delle presidenziali di domani, ma ha già lasciato
l’ospedale dove era stato ricoverato. Una pallottola sparata da ignoti ha
lievemente ferito la vicepresidente, Annette Lu, e poi ha colpito Chen, che
dopo poco ha rassicurato l'isola sulle sue condizioni e ha lanciato un appello
alla calma. La campagna elettorale è stata sospesa, ma fonti governative hanno
confermato che le elezioni si svolgeranno normalmente. C’è ancora mistero
sull’organizzazione dell’attentato, come spiega da Pechino Francesco Sisci,
direttore dell’Istituto italiano di cultura:
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E’ una situazione
ancora molto, molto confusa, frutto di una tensione enorme che si è registrata
nell’isola sulla questione ormai ideologica, ormai quasi religiosa, dei
rapporti con il continente cinese. Probabilmente, vista la natura
dell’attentato, non si è trattato di una cosa fatta in modo scientifico.
Insomma, si è trattato di un colpo solo, quindi forse non è stata nemmeno una
cosa studiata, bene organizzata. Però, certamente questo fatto denuncia che il
livello di tensione e di radicalizzazione è ormai molto alto. Chiunque vinca, è
importante consolidare un processo di riconciliazione nazionale.
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● Il petroliere russo Mikhail Khodorkovski è comparso oggi
ammanettato nell'aula di un tribunale distrettuale di Mosca che deve decidere
se prorogare o meno la sua detenzione che scade il 25 marzo. Khodorkovski,
fondatore del gigante petrolfiero Yukos, è in carcere dall'ottobre scorso in
attesa di processo accusato di frode ed evasione fiscale. La carcerazione era già stata prorogata per timore di inquinamento delle prove o di
fuga.
● In Burundi, secondo l’esercito
governativo, sono morti 25 ribelli e tre civili in seguito agli scontri
avvenuti nelle ultime 24 ore nei pressi della capitale Bujumbura. Ieri i
ribelli avevano dichiarato che solo due soldati erano deceduti durante gli scontri.
Ad opporsi all’esercito sono le Forze nazionali di liberazione. Gli altri
gruppi armati hanno raggiunto di recente un accordo con il governo di
Bujumbura. La zona interessata dagli scontri è la provincia di Bujumbura Rural
dove, secondo le autorità locali, è in corso uno sfollamento massiccio della
popolazione. Si calcola che il conflitto in Burundi, dal 1993 ha provocato
oltre 300.000 morti.
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