RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVIII n. 77 - Testo della Trasmissione di mercoledì 17 marzo
2004
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI
IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
Assegnato ieri a Subiaco
all’eurodeputata irlandese, Dana Scallon, il premio San Benedetto
Ricercati per la strage
di Madrid 20 marocchini, che sarebbero in Spagna dagli attentati di Casablanca
del maggio dell'anno scorso
Il nuovo governo
spagnolo ribadisce la necessità di un ritiro delle truppe dall’Iraq dopo il 30
giugno, mentre si discute del ruolo dell’Onu e si contano altre vittime, tra
cui bambini
Rappresaglie israeliane
dopo l’attentato di domenica scorsa. E Arafat accusa Israele di crimini di
guerra.
17
marzo 2004
LA
RISURREZIONE DI CRISTO E LA SPERANZA DELLA VITA ETERNA:
TEMI DELLA CATECHESI ODIERNA ALL’UDIENZA
GENERALE. IL PAPA HA RICORDATO
LA PROSSIMA FESTA DI SAN GIUSEPPE, ESEMPIO
PER LE FAMIGLIE DI OGGI,
ED HA
BENEDETTO LA FIACCOLA BENEDETTINA DELLA PACE
-
Servizio di Alessandro Gisotti -
Nella
certezza della Risurrezione di Cristo, c’è la speranza per il cristiano nel
dono della vita eterna. E’ questo il messaggio del salmo 20, inno di ringraziamento
per la vittoria del re Messia, a cui il Santo Padre ha dedicato la catechesi
nell’udienza generale di stamani. Il Papa ha inoltre benedetto la Fiaccola
benedettina della pace. A due giorni dalla solennità di San Giuseppe, si è poi
soffermato sull’esempio dello Sposo di Maria per le famiglie di oggi. Quella di
stamani è stata la prima udienza generale del 2004 in piazza San Pietro. Ad
ascoltare il Papa, dodicimila fedeli. Il servizio di Alessandro Gisotti:
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Nel
Salmo di oggi, ha detto il Papa, “vediamo profilarsi dietro il ritratto del re
ebraico, il volto del Cristo”, re messianico. Egli “è il Figlio in senso pieno
ed è, quindi, la perfetta presenza di Dio in mezzo all’umanità”. E’ luce e
vita. Ha così ricordato come Sant’Ireneo, commentando questo componimento
biblico, applicò il tema della vita alla Risurrezione di Cristo. Il salmista
annunzia la risurrezione dei morti:
“Sulla
base di questa certezza anche il cristiano coltiva in sé la speranza nel dono
della vita eterna”.
D’altro
canto, il Pontefice ha evidenziato come la benedizione sia un tema rilevante in
questo inno. Benedizione che nella tradizione biblica “comprende anche il dono
della vita che viene appunto effuso sul consacrato”. E’ “segno della presenza
divina che opera nel re, il quale diventa così un riflesso della luce di Dio in
mezzo all’umanità”.
Dopo la
catechesi, l’udienza ha offerto un momento di grande intensità con la benedizione
della Fiaccola Benedettina della Pace, accesa nei giorni scorsi a Nazareth,
accompagnata in piazza San Pietro da 4 mila fedeli dell’Umbria venuti dalla
diocesi di Spoleto-Norcia. A loro, il Santo Padre ha rivolto un saluto speciale:
“Cari Fratelli e sorelle, mi compiaccio per il vostro
rinnovato impegno per la concordia fra i popoli. Auspico che la vostra Regione,
terra di San Francesco e di San Benedetto, sia sempre più consapevole dei
valori spirituali che hanno forgiato il pensiero, l’arte e la cultura
dell’Italia e dell’Europa”.
Il Papa non ha poi mancato di volgere il pensiero alla
solennità di San Giuseppe, venerdì prossimo. L’esempio di Maria e Giuseppe, ha
affermato, ci esorta “ad attingere dal loro stile di vita le ispirazioni
nell’operare le scelte quotidiane di vita”. I figli possono raggiungere la sana
maturità, ha avvertito, “soltanto in una famiglia autentica, unita durevolmente
e amorosa”. L’esempio di San Giuseppe, ha detto ancora, sia di incoraggiamento
agli sposi novelli “ad essere sempre docili ai disegni divini”.
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IL PROSSIMO 21 MARZO LA BEATIFICAZIONE DI MATILDE
TELLEZ ROBLES:
HA
PERSEVERATO NELL’AMORE TRA INCOMPRENSIONI E PERSECUZIONI
GRAZIE
ALLA PREGHIERA DAVANTI ALL’EUCARISTIA
-
Intervista con padre Antonio Sáez de Aldeniz -
Domenica prossima, 21 marzo, Giovanni Paolo II proclamerà
4 nuovi beati: tra questi c’è una religiosa spagnola, Matilde del Sacro Cuore
Tellez Roblez, fondatrice della Congregazione delle Figlie di Maria Madre della
Chiesa, morta a 61 anni nel 1902. Qual è il carisma della prossima beata? Giovanni
Peduto lo ha chiesto al postulatore della causa di beatificazione Antonio Sáez
de Aldeniz:
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R. – Il suo carisma era una grande devozione
all’Eucaristia con uno spirito riparatore. All’inizio pensava di creare un
istituto contemplativo, ma poi ha cercato di portare le anime al Signore,
dunque la riparazione. Tante volte pregava il Signore dicendo “io voglio
portarti tutto il mondo, perché tutti Ti amino! Tu sei l’Unico, Tu sei il mio
Signore” ed è così che visse. Ha sofferto tanto, come tutti i santi hanno
sofferto per diventare tali: senza sofferenza non ci sarebbe alcuna redenzione.
Ha sofferto tanto a causa di persecuzioni, incomprensioni, ma ha sempre
perseverato in questo suo atteggiamento di voler compiere la volontà di Dio.
Questo l’ha portata anche ad un’immensa devozione a Maria. Con Maria come
maestra, come guida, è arrivata all’Eucaristia. Ha raccomandato a Maria il suo
Istituto. La chiamava la fondatrice dell’Istituto.
D. – Il messaggio della nuova beata per la Chiesa, per il
mondo di oggi …
R. – E’ un messaggio eucaristico. Per lei l’Eucaristia era tutto. Quando
poteva, passava delle ore davanti al Signore, lì a fargli compagnia con spirito
di riparazione, perché le faceva tanta pena vedere come la gente non capisse e
si dimenticasse del Signore che ha dato tutto e che sta sempre con noi. Voleva
fargli compagnia e non solo, voleva portargli tante altre anime che l’amassero
e che stessero con Lui, che facessero la volontà di Dio: e tutto questo in
compagnia di Maria, la Madre di Gesù, alla quale lei si raccomandava con tanta
forza, con tanta frequenza, ogni giorno.
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IL DOVERE DELL’ASSISTENZA AI MALATI IN STATO VEGETATIVO:
PROBLEMI
MEDICI ED ETICI AL CENTRO DEL CONGRESSO INTERNAZIONALE
INAUGURATO
OGGI ALL’AUGUSTINIANUM
- A
cura di Alessandro De Carolis e Dorotea Gambardella -
Un congresso internazionale con i maggiori specialisti in
ambito neuroscientifico per discutere sul tipo di assistenza cui hanno diritto
i malati in stato vegetativo. Vittime talvolta di scelte mediche discutibili,
questi pazienti vanno considerati soggetti ai quali garantire cure di base che
siano assimilabili dal loro organismo e che creino il quadro clinico entro il
quale favorire una possibile guarigione. Su queste tematiche ruotano da questa
mattina, all’Augustinianum di Roma, le relazioni di una quarantina dei
400 partecipanti al Congresso organizzato dalla Pontificia Accademia della Vita
e dalla Federazione Internazionale Associazioni Medici Cattolici, dedicato alle
questioni scientifiche e morali relative a questo tipo di malattia. A seguire i
lavori, c’è Dorotea Gambardella:
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Un paziente in stato vegetativo permanente è vivo: questa
la convinzione sottesa ai diversi interventi di oggi. A tal proposito il prof.
Eugene Diamond, ordinario di pediatria presso l’Università Loyola di Chicago,
ha sottolineato la distinzione tra lo stato vegetativo, in cui il paziente è sveglio,
sebbene non cosciente, e il coma, in cui il degente non è né sveglio, né
consapevole. Sono diversi i criteri che conducono alla diagnosi dello stato
vegetativo - ha poi affermato il prof. Diamond - ma tutti sostanzialmente
riconducibili alla mancanza di consapevolezza di sé e dell’ambiente circostante.
Una condizione che, se si protrae per un mese viene definita persistente, se si
prolunga per un anno, senza alcun miglioramento, è detta permanente.
Quest’ultima – ha precisato Diamond – non deve indurre a ritenere impossibile
un risveglio. Da qui l’importanza di continuare a nutrire il paziente,
somministrandogli acqua, proteine, carboidrati mediante condotti. Un metodo di
nutrimento assistito che viene erroneamente definito artificiale, è stato
spiegato, visto che esso viene applicato anche a pazienti sottoposti a regimi
dietetici speciali. Sospendere l’alimentazione e l’idratazione, è stato
sottolineato poi dall’on. Garavaglia, segna la sottile separazione tra uccidere
e lasciar morire ed esula quindi da una mera questione medica, investendo
questioni etiche e morali ben più complesse. Inoltre, ha affermato Diamond non
si è assolutamente certi che l’interruzione del nutrimento non provochi una
profonda sofferenza nel paziente, in stato di vegetazione permanente. Tra i
temi affrontati anche la rilevanza giuridica della volontà del malato.
L’ordinamento italiano - come ha evidenziato Gianfranco Iadeco, magistrato
della Corte di Cassazione - non prevede l’accondiscendenza del medico dinanzi a
richieste di anticipazione della morte, poiché secondo la Costituzione la vita
è un bene indisponibile.
Dall’Istituto Pontificio Agostiniano, per la Radio
Vaticana, Dorotea Gambardella.
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Il tentativo di giungere a considerare, anche a livello
giuridico, i malati in stato vegetativo come una categoria di pazienti
irrecuperabili – anche se, come detto, i dati attualmente disponibili
smentiscono questo esito – sta portando, specie in ambito anglosassone,
all’aumento di casi dall’esito brutale: malati che muoiono per fame e sete, in
seguito alla sospensione di un normale nutrimento, volutamente scambiato per
accanimento terapeutico come talvolta si verifica con i malati terminali. Ma
c’è una profonda differenza, medica ed etica, che non permette di assimilare ai
malati terminali quelli in stato vegetativo, come spiega il prof. Gianluigi
Gigli, presidente della Federazione internazionale delle Associazioni dei
medici cattolici, intervistato da Alessandro De Carolis:
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R. – Il malato terminale è un malato che per definizione
ha di fronte a sé una fine imminente: la sua malattia lo condanna ad una vita
ormai solo di pochi giorni o al massimo di pochissime settimane. Il malato in
stato vegetativo è un malato che non sta morendo: con un minimo di sostegno - sostegno
che, peraltro, è cura ordinaria, come per l’appunto lo sono la somministrazione
di alimentazione, di idratazione, di igiene – è un malato che può andare avanti
anche per anni. Quindi, è un corpo che continua a funzionare perfettamente ed è
una mente che è vigile ma apparentemente non in grado di interagire con
l’ambiente.
D. – E qui si innesta il problema. C’è una tendenza che vorrebbe si
sospendesse a questo tipo di malati l’alimentazione, perché ritenuta non più necessaria.
Non potrebbe essere questa un po’ un’“anticamera” dell’eutanasia?
R. – Senz’altro sì, nel senso che anzitutto è bene dire
che da questa sospensione dell’idratazione e della nutrizione non può che
derivare un esito soltanto: la morte. Morte che avviene anche in maniera
abbastanza straziante, nell’arco di un paio di settimane. Certamente, una volta
che si è accettato questo tipo di condotta, credo che più di qualcuno finirà
per chiedersi se non sia più umano e più compassionevole praticare un’iniezione
letale per sopprimere la vita di questi pazienti. E al di là di loro, il
problema fondamentale sarebbe comunque quello di un abbassamento generale del
livello di guardia nei confronti della soppressione della vita umana, che
finirebbe inevitabilmente – come sta già avvenendo in alcuni Paesi anglosassoni
– per coinvolgere altre categorie di pazienti come i malati con ritardo mentale
grave, come i pazienti affetti da forme molto disabilitanti di ictus: tutti
soggetti sui quali si sta di fatto praticando un’eutanasia strisciante senza
che, come in Olanda, sia stata legalmente riconosciuta. E’ per questo che
occorre reagire per tempo.
D. – Ed è ciò che intende fare il vostro congresso…
R. – Sì. Ci auguriamo che metta chiarezza, innanzitutto
dal punto di vista scientifico, e che ponga in tutta la sua evidenza i rischi
di un tipo di pratica che va contro la tradizionale medicina ippocratica che
dice che “mai a nessun malato farò azioni od omissioni che inducano la morte”.
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RINUNCE E NOMINE
Il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale
della diocesi di Magdeburg, nella Repubblica Federale di Germania, presentata
da mons. Leopold Nowak per raggiunti limiti di età.
Il Papa
ha quindi nominato Paolo Trombetta ragioniere generale della Prefettura degli
Affari economici della Santa Sede.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Apre la prima pagina il titolo
"La Cattedrale dell'Almudena cuore della Spagna che non dimentica":
migliaia di persone hanno partecipato alla Celebrazione Eucaristica in memoria
delle vittime delle stragi di Madrid. Altamente significativa la presenza della
Regina Sofia.
All'interno, il testo
dell'omelia pronunciata dall'arcivescovo di Madrid, cardinale Antonio Maria
Rouco Varela.
Nelle vaticane, la catechesi e
la cronaca dell'udienza generale.
Una pagina dedicata alle
lettere pastorali dei vescovi italiani in occasione della Quaresima.
Nelle estere, riguardo
all'Iraq, Annan afferma che l'Onu è pronta a ritornare; al contempo Bush invita
le Forze alleate a restare nel Paese.
Nella pagina culturale, un
approfondito contributo di Danilo Veneruso su un volume postumo di Filippo
Mazzonis intitolato "La Monarchia e il Risorgimento".
Nelle pagine italiane, in
rilievo i temi della sanità e della giustizia.
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17
marzo 2004
L’EUROPA
CONVOCA A BRUXELLES
I
MINISTRI DELL’INTERNO PER DISCUTERE DI SICUREZZA
-
Servizio di Giada Aquilino -
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Sull'onda
della strage di Madrid dell’11 marzo, l’Unione europea ha convocato i propri
ministri dell’Interno per un vertice straordinario, da tenersi venerdì a
Bruxelles. In vista del primo anniversario dell’inizio della guerra in Iraq -
il 20 marzo - e delle elezioni europee del 12 e 13 giugno, al centro della
riunione ci sarà la lotta al terrorismo, proprio mentre l’allarme si estende
anche in Francia. Ieri infatti una lettera di minacce - firmata da un gruppo
definitosi i ‘servitori di Allah il potente e saggio’ - è stata inviata al
premier Raffarin, anche se il ministro dell'Interno francese, Sarkozy ha fatto
sapere che il testo “non porta il marchio degli scritti abituali” dei
terroristi islamici. Proprio in un incontro a Parigi ieri il presidente
francese, Chirac e il cancelliere tedesco, Schroeder avevano espresso perplessità
sulla creazione di una Intelligence europea contro il terrorismo. In Gran
Bretagna, intanto, si rafforzano le misure di sicurezza, perché - secondo il
capo della Polizia metropolitana di Londra, John Steven - un attacco
terroristico nella capitale sarebbe “inevitabile”. Di questo si parlerà anche
nella riunione di dopodomani a Bruxelles, che precederà il Consiglio europeo
del 25 e 26 marzo: tra le proposte in esame, i rappresentanti dei Quindici
discuteranno la nomina di un coordinatore europeo per la sicurezza. Ma tale figura
basterà a scoraggiare nuovi attentati terroristici? Risponde il prof. Fabrizio
Battistelli, segretario generale dell’Archivio Disarmo:
R. – La creazione di una figura unica di responsabile
delle politiche europee sulla prevenzione del terrorismo è importantissima.
Tutto sta a vedere se resta un discorso puramente politico e simbolico o
diventa realmente una figura dotata di poteri. Io credo che la risposta, da
parte dell’Unione Europea, debba essere ancora più radicale e coraggiosa: urge
la creazione di organi comuni nella prevenzione e nel contrasto del terrorismo.
D. – Che tipo di organi?
R. – Si è parlato di una ‘Fbi europea’. Certamente
dobbiamo provvedere a creare uno spazio comune, anche sul piano organizzativo,
che metta insieme gli organi di Intelligence e di polizia regolare in un organo
integrato europeo.
D. – In questo quadro Europol ed Eurojust come possono
intervenire?
R. – Sono strumenti creati prima dell’11 marzo. C’è voluto
l’11 settembre degli Stati Uniti per dare vita ad un autonomo dipartimento
degli Interni, che prima mancava, e forse c’è voluta l’enorme strage di Madrid
per rendere consapevoli i governi dell’Ue che non si tratta più di coordinare -
come fanno Europol ed Eurojust - ciò che viene fatto dai singoli Paesi
aderenti: ora bisogna realmente iniziare a lavorare insieme.
D. – Cosa ha fallito nell’apparato dell’antiterrorismo
europeo, che ha permesso poi l’esecuzione degli attentati a Madrid?
R. – Probabilmente abbiamo avuto un erroneo senso di
invulnerabilità, che hanno tutte le società fino a quando non vengono
aggredite.
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SAN PATRIZIO, PATRONO D’IRLANDA:
OGGI, GRANDE FESTANELL’ISOLA VERDE
E TRA GLI IRLANDESI IN TUTTO IL
MONDO
Festa pubblica oggi in Irlanda e Stati Uniti in memoria di
San Patrizio: apostolo, evangelizzatore e grande catecheta, vissuto tra il IV
ed il V secolo, successore del primo vescovo d’Irlanda, Palladio. Una
ricorrenza molto partecipata dagli Irlandesi in tutto il mondo con processioni,
parate, canti ed eventi gioiosi.
Attorno alla figura di questo vescovo sono sorte nei
secoli molte leggende tra cui quella del celebre pozzo di San Patrizio, che si
dice fosse senza fondo, e da cui si aprivano le porte del Purgatorio. Ma
ascoltiamo un profilo del patrono della Chiesa irlandese, in questo servizio di
Roberta Gisotti.
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“Da dove è venuta in me questa sapienza, che prima non
avevo? Io non sapevo neppure contare i giorni, né ero capace di gustare Dio?”
Così San Patrizio nella sua “Confessione”, di “peccatore rusticissimo”, come
lui si rammarica per avere interrotto i suoi studi: a 16 anni infatti
l’episodio che segnerà tutta la sua vita; una vita avventurosa, che solo in
minima parte gli storici hanno ricostruito con qualche certezza. Nato intorno
al 385 nella Britannia romana, da genitori cristiani, il piccolo Patrizio
trascorse una vita privilegiata, senza impegno per lo studio e “ignorando -
come dice lui - il Dio vivo”. Poi improvviso il dramma irruppe nella sua
mondana esistenza: venne rapito dai pirati e venduto come schiavo in Irlanda:
qui farà il pastore, e nella solitudine di monti e foreste ritroverà Dio nella
preghiera e nella penitenza. Dopo sei anni la liberazione, il ritorno a casa,
poi la ripresa degli studi in Gallia sotto la guida di San Germano e la
vocazione all’apostolato proprio in Irlanda.
Instancabile ed energico nel predicare il Vangelo, a
partire – si dice – da re e nobili e dai loro figli, ché l’Irlanda pagana del
tempo era suddivisa in tribù che
formavano piccoli Stati sovrani; seppe dare loro
l’orgoglio della propria identità di popolo unificato dalla fede cristiana.
Introdusse il monachesimo, e fu grande catecheta per la gente semplice: “Le persone della Trinità – spiego un
giorno al popolo – sono distinte tra loro, come queste foglioline di trifoglio
su loro stelo: ma unica è la sostanza: ciascuna persona è Dio, come ciascuna
fogliolina è erba”. Da qui la tradizione ancora oggi viva tra gli Irlandesi di
portare nel giorno della sua festa un trifoglio all’occhiello. San Patrizio
morì in esilio volontario intorno al 461, probabilmente a Down, che diverrà
Downpatrich.
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17
marzo 2004
E’ STATO LIBERATO, DOMENICA SCORSA, MONS. WEI JINGYI,
IL VESCOVO CINESE DELLA CHIESA
CATTOLICA FEDELE A ROMA,
ARRESTATO IL 5 MARZO AD HARBIN, NEL NORD EST DELLA CINA.
LO HANNO CONFERMATO,
IERI, FONTI DELL’AGENZIA ‘ASIANEWS’ IN CINA
- A cura di Bernardo Cervellera -
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PECHINO. = In Vaticano, l’arresto di mons. Wei aveva
provocato preoccupazione, tristezza e anche una ferma richiesta alle autorità
cinesi di rendere pubblici i capi d’accusa come avviene in ogni Stato di
diritto. Giorni dopo, Pechino aveva precisato che il vescovo è solo in stato di
fermo per interrogazioni, avendo falsificato un documento per uscire dal Paese.
I cattolici di Qiqihar temevano che il vescovo sarebbe stato liberato solo dopo
la Pasqua, per evitare assembramenti e festeggiamenti non registrati durante la
Settimana Santa. Ma secondo alcune fonti, la subitanea liberazione è dovuta
soprattutto alla pronta reazione del Vaticano. Proprio in quei giorni,
all’Assemblea nazionale del popolo si stava discutendo sull’introdurre nella
Costituzione cinese la protezione dei diritti umani. La liberazione del vescovo
toglie dall’imbarazzo il governo. Ad ogni modo, vi sono circa 50 tra vescovi e
sacerdoti in prigione o impediti nel loro ministero. Circa 20 sacerdoti sono in
prigione o nei lager. I vescovi sotterranei di Baoding, mons.
Giacomo Su Zhimin e il suo ausiliare Francesco An Shuxin sono quelli da più
tempo in prigione. Essi sono scomparsi nelle mani della polizia dal 1996.
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“IL CONTRIBUTO DELLE RELIGIONI E
LA COSTRUZIONE DELL’EUROPA UNITA”.
E’ QUESTO IL TEMA DEL CONVEGNO,
SVOLTOSI IERI A MILANO E PROMOSSO
DALLA ‘BICOCCA’, UNIVERSITÀ DEGLI
STUDI DELLA CITTÀ LOMBARDA
- A
cura di Fabio Brenna -
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MILANO.
= L’unità europea ha un futuro nelle religioni ed è fondata sul loro dialogo.
E’ la convinzione emersa dal confronto fra rappresentanti e studiosi delle tre
grandi religioni monoteiste, promosso dalla Facoltà di Scienze della formazione
all’Università Bicocca di Milano. Confronto concluso da una tavola rotonda di
tre giornalisti: Gad Lerner, Paolo Migliavacca ed Armando Torno. L’Europa unita
non si costruisce soltanto con i trattati, ma partendo da una cultura
condivisa. Di qui, dunque, il ruolo delle religioni che però – ha osservato il
rabbino capo di Milano, Giuseppe Laras – non hanno consapevolezza di essere
veicolo di unità. Il contributo specifico del pensiero della fede ebraica – ha
proseguito Laras – è quello di valorizzare la dignità e la ricchezza dell’uomo,
il rispetto della vita umana, e di proporre la libertà quale principio
fondativo. E se dunque il dialogo sta alla base di un’Europa unita, ha concluso
Laras, l’ebraismo può favorire il coinvolgimento in questo confronto del terzo
polo che sempre è mancato, ossia l’Islam. La presenza dell’Islam in Europa è
stimolo per aiutare i cristiani a recuperare la propria identità, ha osservato
l’islamista dell’Università Cattolica, Paolo Branca, che ha suggerito
nell’incontro e nella condivisione i mezzi per conciliare diversi sistemi che
devono convivere, alla base della costruzione europea. Per i cristiani poi
l’imperativo è costruire un progetto culturale che punti a valori etici
condivisi per fornire anche una soluzione ai conflitti della convivenza fra
religioni diverse. Questa la tesi, espressa da Giovanni Filoramo, docente di
Storia del Cristianesimo all’Università di Torino. La tavola rotonda finale ha
poi messo in luce come il dialogo fra le religioni sia duplice all’interno
delle religioni stesse per coltivare la propria identità, ed un dialogo esterno
invece per condividere un cammino comune di pace e di valori condivisi.
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MONITO DELLA CONFERENZA EPISCOPALE
MESSICANA ALLA CLASSE DIRIGENTE
DEL PAESE LATINOAMERICANO PER ARGINARE IL GRAVE FENOMENO DELLA
CORRUZIONE
CITTÀ DEL MESSICO. = La piaga della corruzione come una
delle cause dell’astensionismo in Messico. Lo sostiene il presidente della
Conferenza episcopale messicana, mons. José Guadalupe Martin Rabago, lanciando
un monito alla classe dirigente per gli effetti negativi che i recenti scandali
stanno generando nell’opinione pubblica. “Questo triste spettacolo – ha
spiegato il presule – suscita, infatti, un sentimento di disaffezione nei
confronti della politica e delle istituzioni”. “L’allontanamento dalle urne –
ha aggiunto – rappresenterebbe un passo indietro nel processo democratico”.
Sulla scia delle dichiarazioni rilasciate da mons. Martin Rabago, l’arcivescovo
di Città del Messico, il cardinale Norberto Rivera Carrera, ha inoltre
rimarcato come la promulgazione di nuove leggi non possa comunque arginare il
fenomeno. “Ben vengano – ha concluso l’arcivescovo – norme più restrittive
anche se difficilmente potranno produrre un cambiamento radicale nelle
coscienze”. (A.L.)
una filosofia comune nel
rapporto con il Fondo Monetario Internazionale
TRA I
RISULTATI DELLA DICHIARAZIONE AL TERMINE DEL VERTICE TRA BRASILE E
ARGENTINA.
DECISA ANCHE L’ISTITUZIONE DI UNA “GIORNATA DELL’AMICIZIA”
TRA I
DUE PAESI, IL 30 NOVEMBRE DI OGNI ANNO
RIO DE
JANEIRO. = “Dichiarazione sulla cooperazione per la crescita economica con
equità”. E’ l’impegnativo titolo del documento finale, redatto in seguito
all’incontro bilaterale tra Brasile e Argentina, conclusosi ieri a Rio de
Janeiro. Il protocollo di intesa non stabilisce un comune approccio alla
globalizzazione, che comprenda una flessibilità delle condizioni di pagamento.
Una misura questa, necessaria per rendere sostenibile il debito estero e
permettere di non considerare nei calcoli del Fondo monetario internazionale le
spese per le infrastrutture legate allo sviluppo. Tra gli altri risultati della
dichiarazione vi è anche quello di aver fissato il 30 novembre di ogni anno la
data della “Giornata dell’amicizia”. L’iniziativa è dedicata a diffondere
reciprocamente la cultura e la storia delle due nazioni e prevede l’istituzione
un premio bi-nazionale riservato ad artisti e intellettuali dei due Paesi.
(P.C.)
CONSEGNA
IERI A SUBIACO ALL’EURODEPUTATA IRLANDESE,
DANA
SCALLON, IL PREMIO SAN BENEDETTO
- A
cura di Piero Pirovano -
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SUBIACO.
= L’eurodeputata irlandese, Dana Scallon, ha ricevuto ieri sera a Subiaco il
premio San Benedetto, che da quattro anni la Fondazione Sublacense Vita e
Famiglia assegna a personalità che si distinguono nel promuovere iniziative
tese ad affermare la centralità della persona umana, il diritto alla vita e il
valore insostituibile della famiglia. La cerimonia di consegna del Premio,
presieduta dall’abate don Mauro Meacci, è avvenuta nella suggestiva cornice
dell’Abbazia di Santa Scolastica, alla presenza di numerose autorità locali e
degli ambasciatori di Irlanda e Polonia presso la Santa Sede. Nella motivazione
del Premio, letta da don Meacci, si rileva che sulla scia di una secolare
tradizione umanistica, tipica della terra d’Irlanda, la signora Dana ha
meritato il riconoscimento della giuria per l’impegno profuso nella costruzione
di un’Europa fedele alle sue radici cristiane. La cerimonia si è conclusa con
un breve concerto della premiata, accompagnata dal fratello alla chitarra. Dana
Scallon, artista di professione prestata alla politica, vincitrice di un
Eurofestival della canzone, è anche nota per avere cantato davanti a Giovanni
Paolo II in occasione del suo viaggio in Irlanda, e alla Giornata mondiale
della gioventù di Denver.
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17
marzo 2004
- A cura di Fausta Speranza -
La polizia spagnola ricerca
attivamente 20 cittadini marocchini che avrebbero partecipato agli attentati di
giovedì scorso a Madrid, e che secondo i servizi segreti di Rabat si trovano in
Spagna, in clandestinità, dagli attentati di Casablanca del maggio dell'anno
scorso. Lo scrive El Mundo nella sua edizione online. Altri particolari
dell’indagine riguardano l’esplosivo usato, che sarebbe stato prodotto a
febbraio in una fabbrica spagnola, mentre i detonatori sarebbero stati rubati
in una cava proprio vicino alla capitale. C’è poi un’altra pista oltre quella
del Marocco, che si focalizza sul gruppo Ansar el Islam, guidato dal giordano
Al Zarqawi.
Intanto, la Spagna è ancora
scossa dal ricordo degli attentati di giovedì scorso. Ieri sera nella
cattedrale di Madrid si è pregato per le vittime delle stragi. Il servizio del
nostro inviato, Giancarlo La Vella:
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Un intenso e commosso applauso
ha segnato l’inizio della celebrazione eucaristica nella cattedrale
dell’Almudena, piena fino all’inverosimile di fedeli. Una celebrazione voluta
dall’amministrazione di Madrid, che precede i funerali solenni del 24 marzo
prossimo.
“En nombre del Padre y del hijo
y del Espiritu Santo…”
Alla presenza della regina Sofia, autorità civili e
religiose, il cardinale di Madrid, Rouco Varela, nell’omelia ha
espresso la vicinanza sua e della cittadinanza della capitale ai feriti e ai
familiari delle vittime dell’attentato dell’11 marzo.
“Hermanos, la muerte violenta de
tantos hermanos nuestros…”
Un episodio, ha sottolineato,
che ha dato vita ad immensi atti di solidarietà, commoventi slanci di carità e
di anonimo eroismo. Ma chi ha eseguito l’attentato, ha detto Rouco Varela,
ha commesso un atto di disprezzo verso Dio stesso.
“Matar a un semejante, asesinar
a un hermano es atentar contra el mismo Dios…”
Assassinare un proprio fratello,
ha detto il porporato, è attentare contro il Signore, che è il solo che ha il
potere di vita e di morte.
“Es
el unico que tiene en sus manos las llaves de la vida y de la muerte… »
In contemporanea alla messa
funebre di Madrid, ieri sera a Rabat in Marocco è stato celebrato un rito
intrareligioso a cui hanno partecipato cristiani, ebrei e musulmani. Mentre ad
Alcalà de Henares, la località particolarmente colpita dagli attentati con più
di 40 morti, 45 mila persone sono scese in piazza contro il terrorismo e per
commemorare le vittime della strage.
Da Madrid, Giancarlo La Vella,
Radio Vaticana.
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Il futuro nuovo governo spagnolo
ha ribadito la necessità di un ritiro delle truppe dall’Iraq dopo il 30 giugno,
a meno di un nuovo ruolo dell’Onu. Da parte statunitense, il ministro della
difesa, Rumsfeld, ha espresso incertezza in serata sulla possibilità di rispettare
la data fissata dal 30 giugno per il passaggio a Baghdad della sovranità agli
iracheni. In un’intervista alla Bbc, Rumsfeld ha anche detto di non essere
affatto preoccupato dal ritiro dei militari spagnoli dall'Iraq, come
prospettato dal premier designato, Josè Luis
Rodriguez Zapatero. Il servizio di Andrea Sarubbi:
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Spazio all’Onu, oppure
dietrofront. Anche dopo la vittoria di domenica, Zapatero ribadisce le critiche
già mosse ad Aznar in campagna elettorale:
“MI POSICIÓN ES FIRME Y
DECIDIDA…
La mia è una posizione ferma e
decisa. C’è stata una rottura del consenso in politica estera. Tutte le
decisioni del governo precedente in relazione all’Iraq sono state prese senza
rispettare l’opinione dei cittadini. L’occupazione si sta dimostrando un
fiasco. Le forze occupanti non hanno fatto in modo che le Nazioni Unite
assumessero il controllo della situazione”.
Ma non è detto – replica Mariano
Rajoy, il leader popolare sconfitto alle elezioni – che il Palazzo di vetro
decida di intervenire:
“LO IDEAL PARA EL SEÑOR RODRÍGUEZ
ZAPATERO…
La cosa ideale per il signor
Rodríguez Zapatero – spiega – è che l’Onu si faccia carico della situazione. Ma
ciò potrebbe non avvenire, credo che in politica estera non convenga prendere
decisioni precipitose. Bisogna tenere conto dell’importanza degli accordi
internazionali assunti dalla Spagna…”
In effetti, Washington ha già
chiesto a Madrid di restare in Iraq. Ma la fermezza del futuro premier è più
forte delle parole di Bush:
“YO EXPLICARÉ A NUESTROS
ALIADOS…
Spiegherò agli alleati – Stati
Uniti e Gran Bretagna – il nostro punto di vista. Lo farò con prudenza,
mantenendo i nostri impegni ma allo stesso tempo chiedendo che si rispetti la
posizione di un governo democratico. Anzi, ritengo che ciò sia utile per aprire
un dibattito sulla sicurezza di fronte al terrorismo”.
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Intanto, tre bambini e un adulto
iracheni sono stati uccisi la notte scorsa da razzi caduti su Baghdad, secondo
quanto dichiarato stamane da una fonte dell'esercito americano nella capitale
irachena, che parla anche di 5 feriti.
E’ giunta poco fa notizia di due
esplosioni a Gaza, ma ancora non si hanno i particolari. Nelle ultime ore
almeno sei palestinesi sono stati uccisi dal fuoco israeliano in scontri
iniziati la scorsa notte dopo la decisione del governo di Ariel Sharon di
intensificare la lotta contro i gruppi armati dell’intifada in seguito
all'attentato di domenica al porto di Ashdod. Un settimo palestinese è rimasto
ucciso stamane a Gaza, in uno scontro a fuoco. Commentando da Ramallah gli
incidenti in corso a Gaza, il presidente palestinese, Yasser Arafat, ha detto
che Israele “si sta macchiando di un nuovo crimine di guerra”. Intanto, in
Israele ha provocato sgomento la scoperta oggi proprio nel porto di Ashdod, a
sud di Tel Aviv, di cinque bombe a mano e di altre armi.
In Kossovo, violenti incidenti
sono in corso a Kosovska Mitrovica, dove questa mattina migliaia di albanesi
stavano protestando per la morte di tre bambini costretti - si dice - a
lanciarsi in un fiume da ragazzini serbi che li inseguivano con i cani: secondo
fonti albanesi almeno quattro persone sono rimaste uccise e molte altre ferite.
Altre fonti parlano di due morti e di feriti.
Alti funzionari greci e turchi
hanno iniziato stamane ad Atene gli incontri volti a trovare un'intesa per la
riunificazione di Cipro, in particolare sul capitolo sicurezza e sulle garanzie
offerte dai due Paesi alle comunità che a loro fanno riferimento, la greca e la
turca. I colloqui riguardano in particolare la consistenza della presenza
militare greca e turca nell'isola, e la loro durata dipende dall'andamento
generale dei negoziati sulla riunificazione. La Grecia e la Turchia sono le
“potenze garanti” di Cipro. Se i negoziati tra le due comunità, in corso
sull'isola sotto l'egida Onu, non avranno successo, Atene ed Ankara verranno
chiamate dalle Nazioni Unite a prender parte direttamente alle trattative a
partire dal 22 marzo.
In Iran, Reza Khatami, vice
presidente del Parlamento iraniano uscente e uno dei più conosciuti attivisti
riformisti, è stato incriminato dalla Corte rivoluzionaria di Teheran. Il
nostro servizio.
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Secondo il quotidiano Towse'e,
incriminate sono le sue prese di posizione durante le proteste contro i
conservatori che hanno preceduto le elezioni politiche del 20 febbraio scorso.
Reza Khatami, che è fratello del presidente della Repubblica Mohammad Khatami,
è soltanto l'ultimo di un gruppo di oltre dieci deputati riformisti già
convocati in tribunale per rispondere delle affermazioni fatte. Le accuse sono
di “'diffusione di menzogne” e “insulti” per le dure prese di posizione contro
il Consiglio dei Guardiani, la corte costituzionale iraniana controllata dai
conservatori. E’ proprio l’organismo che ha respinto quasi un terzo delle
candidature presentate per la consultazione elettorale, tra cui quelle di
un'ottantina dei deputati riformisti più in vista. Tra gli esclusi c’era anche
il fratello del presidente. Non è l’unico ad essere finito nel mirino: per le
critiche espresse nei mesi scorsi contro i poteri conservatori, è stato
incriminato recentemente anche il portavoce del governo, Abdollah Ramezanzadeh.
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Intanto, il presidente iraniano
Mohammad Khatami ha dichiarato che l'Iran continuerà a cooperare con l'Agenzia
internazionale per l'energia atomica, ma “non può accettare imposizioni”. Lo ha
detto a pochi giorni dalla decisione del Consiglio dei Governatori dell'Aiea di
approvare una risoluzione in cui “deplora” il fatto che la Repubblica islamica
non abbia fornito informazioni relative ad alcuni aspetti del suo programma
nucleare” nonostante si fosse impegnata a farlo nell'ottobre scorso.
Haiti ha un nuovo governo. Lo ha
varato ieri il nuovo premier Latortue. L’esecutivo comprende 13 ministri ed
avrà il compito di traghettare il Paese caraibico verso nuove elezioni, dopo le
dimissioni del presidente Aristide, che da poco si trova in Giamaica. Sulle
priorità del nuovo esecutivo di Port au Prince, Jeremy Brossard ha intervistato
il neo-premier haitiano Gerard Latortue:
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R. - LA
PREMIERE PRIORITE’ …
La prima
priorità è la sicurezza. La situazione ad Haiti, sotto questo aspetto, è molto
difficile. Stiamo lavorando per creare delle strutture istituzionali con le
quali affrontare il problema. Abbiamo formato una commissione e stiamo per
nominare il ministro incaricato della sicurezza pubblica. La persona che
abbiamo scelto può rassicurare la popolazione. La seconda priorità è quella
della giustizia e della lotta alla criminalità. In questi ultimi anni sono
stati commessi troppi crimini e troppi assassinii sono rimasti impuniti. Terza
priorità è la creazione di posti di lavoro, la promozione di investimenti.
Quarta priorità è il rilancio della collaborazione internazionale. Sarei felice
se il Vaticano potesse unirsi agli sforzi della comunità internazionale. Ultima
priorità riguarda l’organizzazione delle elezioni. Il nostro impegno è di
tenere elezioni libere e democratiche. Vorremo organizzare sia le elezioni
presidenziali che legislative e regionali per poter dare vita il più presto
possibile ad un parlamento che garantisca l’ordine costituzionale. Naturalmente
la decisione non è del governo. Spetterà al Consiglio elettorale provvisorio
stabilire il calendario delle elezioni sulla base dei preparativi, cioè la
presentazione delle liste elettorali, dei certificati elettorali ecc.
D. – Lei
ha fiducia nel futuro del suo Paese?
R. – SI JE N’ETAI PAS CONFIANT …
Se non avessi avuto fiducia non avrei accettato l’incarico.
Stiamo mettendo insieme una squadra che, innanzitutto, dia fiducia alla
popolazione e crei le condizioni oggettive per il rilancio dell’economia
nazionale.
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