RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVIII n. 75 - Testo della Trasmissione di lunedì 15 marzo 2004
IL PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO:
CHIESA E
SOCIETA’:
Gli
osservatori europei criticano l’andamento elettorale che ha portato alla larga
vittoria di Putin alle presidenziali in Russia per la mancanza di un vero
pluralismo politico.
Nuovo
raid israeliano nei territori palestinesi dopo l’attentato di ieri ad Ashdod.
15 marzo 2004
MENTRE TUTTA L’EUROPA SI FERMAVA PER RICORDARE LE
VITTIME DEGLI ATTENTATI DI MADRID
ANCHE
IL PAPA OGGI A MEZZOGIORNO SI È RACCOLTO IN PREGHIERA
- Il
servizio di Sergio Centofanti -
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Il
portavoce vaticano Joaquin Navarro Valls ha detto che il Pontefice si è voluto
unire “spiritualmente a tutti coloro che soffrono a causa di questo attentato,
pregando secondo le loro intenzioni”.
Il Papa ha celebrato nuovamente la messa in suffragio delle vittime;
quindi alle 12,00 si è raccolto in preghiera inginocchiato nella cappella del
suo appartamento. Ieri all’Angelus Giovanni Paolo II si era detto sconvolto di
fronte a tanta barbarie che ha causato la morte di 200 persone e il ferimento
di oltre 1000: “ci si chiede – ha detto – come l’animo umano possa giungere a
concepire misfatti così esecrandi” e ha invitato “tutte le forze sane”
dell’Europa ad agire in modo concorde per “guardare avanti con fiducia e
sperare in un futuro migliore”.
E oggi alle 12.00 anche la Radio Vaticana ha partecipato
ai tre minuti di silenzio, rispettati in tutta Europa, in memoria delle vittime
della strage di giovedì scorso, interrompendo le regolari trasmissioni. Poi è
stata riproposta la preghiera pronunciata dal Papa all’indomani degli attentati
dell’11 settembre 2001.
“O Dio Onnipotente e Misericordioso,
non ti può comprendere chi semina la discordia,
non ti può accogliere chi ama la violenza,
guarda la nostra dolorosa condizione umana
provata da efferati atti di terrore e di morte.
Conforta i tuoi figli e apri i nostri cuori alla
speranza
perché il nostro tempo
possa ancora conoscere giorni di serenità e di
pace”.
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LO STATO DI SAN MARINO FORTE DELLE SUE RADICI
CRISTIANE CONTINUI AD ESSERE UN MODELLO PER L’EUROPA:
COSI’
IL PAPA AI CAPITANI REGGENTI DELLA REPUBBLICA PIU’ ANTICA DEL MONDO,
RICEVUTI STAMANI IN VATICANO
-
Servizio di Alessandro Gisotti -
Giovanni
Paolo II ha ricevuto stamani in udienza i capitani reggenti della Repubblica di
San Marino, Giovanni Lonfernini e Valeria Ciavatta. I capitani reggenti –
eletti ogni 6 mesi – sono le massime autorità del piccolo Stato arroccato sul
monte Titano, la più antica repubblica del mondo, i cui primi statuti risalgono
al 1253. Il Papa si è soffermato sui valori di libertà, onestà e laboriosità
che costituiscono il fondamento della storia sammarinese. Il servizio di
Alessandro Gisotti:
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Il
monaco Marino, fondatore della vostra Repubblica, ha detto il Papa, è “in un
certo modo precursore dell’idea dell’Europa delle genti”. Vi ha infatti consegnato
valori e istituzioni che a distanza di secoli “manifestano tuttora la loro attualità
e vitalità”.
“Essi
si riassumono nel motto che contraddistingue il vostro Paese: libertas.
L’antica Repubblica, che voi oggi qui degnamente rappresentate, trova le
proprie ragioni fondanti in quelle radici cristiane che hanno fatto grande la
storia dell’Europa”.
Quindi,
ha confidato che anche per il futuro la Repubblica di San Marino “continui ad
ispirarsi a quei giusti criteri etici che l’hanno resa un esempio di corretta
amministrazione del bene comune”. Non ha poi mancato di ricordare la sua visita
al monte Titano nel 1982 auspicando che la Repubblica continui a “testimoniare
il proprio millenario patrimonio di valori nel consesso delle nazioni”.
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ALTRE
UDIENZE
Nel corso della mattina, Giovanni Paolo II ha ricevuto in
udienza mons. Paul Gallagher, nuovo nunzio in Burundi, succeduto nell’incarico
al compianto arcivescovo irlandese, Micheal Courtney, ucciso nel Paese africano
il 29 dicembre scorso. Mons. Gallagher è stato ordinato vescovo, sabato scorso
nella Basilica di San Pietro, dal cardinale segretario di Stato, Angelo Sodano.
In successive udienze, il Pontefice ha incontrato il
cardinale Bernard Agré, arcivescovo di Abidjan, capitale della Costa d’Avorio e
due presuli australiani, in visita ad Limina.
VESCOVI
VICINI ALLA GENTE, APERTI AL DIALOGO E LIBERI NELL’ANNUNCIARE IL VANGELO ANCHE
SULLE QUESTIONI SOCIALI:
E’ QUANTO CHIEDE IL NUOVO
DIRETTORIO PER I VESCOVI, PUBBLICATO IN QUESTI GIORNI.
NE PARLIAMO CON IL CARDINALE
GIOVANNI BATTISTA RE
E’ stato pubblicato in questi
giorni, in lingua italiana, il nuovo Direttorio per il ministero pastorale dei
vescovi, che aggiorna l’edizione del 1973. Il testo, intitolato “Apostolorum
successores”, viene incontro ai profondi mutamenti avvenuti nella società di
oggi. Raccoglie proposte e suggerimenti emersi dalla X Assemblea Generale
Ordinaria del Sinodo dei vescovi del 2001. Quali sono le principali novità?
Giovanni Peduto lo ha chiesto al cardinale Giovanni Battista Re, prefetto della
Congregazione per i vescovi.
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R. - Per andare a qualche punto concreto di novità, mi
sembra che sia molto più ampia la parte concernente le Conferenze episcopali e
il tema della collegialità. E’ sostanzialmente nuovo il capitolo riguardante la
spiritualità del vescovo.
D. – E’ trattata anche la preghiera?
R. – Sì, certamente. Anzi, il direttorio sottolinea che la
preghiera è come il bastone sul quale si deve quotidianamente appoggiare il
vescovo nelle sue fatiche pastorali.
D. – A quali principi fondamentali deve ispirarsi un
vescovo?
R. – Innanzitutto, il principio trinitario ed ecclesiale;
il principio, poi, della verità; il principio della collaborazione. Un altro
principio che trovo molto importante è quello del rispetto delle competenze.
Poi, il principio della persona giusta al posto giusto.
D. – Il direttorio parla anche delle doti umane del
vescovo ...
R. – Sì. Il vescovo deve essere anche ricco di umanità. Il
vescovo deve avere un animo buono che lo porti ad irradiare bontà e
comprensione verso tutti. Deve avere una mente aperta ed un carattere gioioso.
Deve essere sensibile alle gioie e alle sofferenze. Deve avere inclinazione al
dialogo e all’ascolto. Deve essere vicino alla gente.
D. – E per quanto riguarda i rapporti tra il vescovo e
l’autorità pubblica, cosa dice il direttorio?
R. – E’ bene che il vescovo mantenga tali rapporti in
vista del bene comune della società, senza compromettere la propria missione
spirituale. Allo stesso tempo deve mantenersi libero, per poter annunciare
apertamente il Vangelo e i principi morali e religiosi anche in materia
sociale. Il vescovo deve essere pronto ad apprezzare, lodare l’impegno e i
successi in campo sociale, ma anche prendere posizione, quando è necessario,
contro ogni offesa alla legge di Dio e ogni offesa della dignità umana, senza
però nessuna intromissione nelle sfere che non gli competono e senza appoggiare
o favorire interessi particolari.
D. – All’inizio del terzo millennio, quali sono i
principali compiti propri del ministero del vescovo?
R. – Tre sono i compiti principali del ministero del
vescovo. Primo, essere maestro della fede e annunciatore della parola di Dio.
Secondo compito del vescovo, è quello di essere santificatore del popolo
cristiano. Terzo compito: il vescovo è padre e pastore della diocesi.
D. – Oggi i vescovi riescono a stare in mezzo alla gente,
a condividere le gioie ed i dolori delle persone più semplici?
R. – Dobbiamo riconoscere che oggi i vescovi sono più
vicini alla gente che nei secoli passati. Oggi i vescovi hanno uno stile di
vita più semplice e un’attività pastorale molto intensa che li porta a contatto
diretto, non solo con i sacerdoti, ma anche con la gente. Molti fedeli poi
cercano il vescovo, vanno da lui a chiedere consiglio e conforto nelle loro
difficoltà. Il vescovo è padre di tutti. Tutti hanno posto nel cuore del
vescovo.
D. – Cosa dire del vescovo nella società secolarizzata di
oggi?
R. – Il vescovo è il servitore del Vangelo di Cristo per
la speranza del mondo.
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La prima pagina è fortemente
caratterizzata dalla foto con Giovanni Paolo II in "silenzio orante"
per le vittime di Madrid:
il Papa si è raccolto in
preghiera, nella Cappella del Palazzo Apostolico, nello stesso momento in cui
tutta l'Europa si è fermata per tre minuti di silenzio in omaggio alle vittime
degli attentati perpetrati nella capitale spagnola.
"Guardare avanti con
fiducia" è il titolo che apre la pagina: all'Angelus, Giovanni Paolo II dà
voce alle forze sane dell'Europa per proclamare la speranza anche di fronte
all'"orrendo crimine" perpetrato a Madrid e alla barbarie di
"misfatti così esecrandi".
Nelle vaticane, il discorso del
Papa al termine della veglia mariana svoltasi nell'Aula Paolo VI: "A voi,
giovani universitari, è affidato un ruolo importante nella costruzione
dell'Europa unita".
L'udienza del Santo Padre ai
Capitani Reggenti della Repubblica di San Marino: nell'occasione, il Papa ha
sottolineato che l'antica Repubblica trova le proprie ragioni fondanti in
quelle radici cristiane che hanno fatto grande la storia dell'Europa.
L'omelia del cardinale Angelo
Sodano che - nella Basilica Vaticana - ha conferito l'ordinazione episcopale a
mons. Paul Richard Gallagher, nunzio apostolico in Burundi.
Nelle estere, Spagna: i
socialisti di Zapatero si aggiudicano le elezioni; nelle indagini sugli
attentati si rafforza la pista dell'estremismo islamico. L'Azione Cattolica italiana
in preghiera per le vittime della strage.
Nella pagina culturale, un
approfondito articolo di Claudio Toscani in merito alla pubblicazione degli
atti del congresso sul tema "Italia linguistica anno Mille. Italia linguistica
anno Duemila".
Nelle pagine italiane, in primo
piano il tema del terrorismo.
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15 marzo 2004
GRANDE COMMOZIONE IN SPAGNA PER IL SILENZIO IN MEMORIA DELLE
VITTIME DEGLI ATTENTATI DI MADRID.
DOPO
LA VITTORIA ALLE ELEZIONI DI IERI IL LEADER SOCIALISTA ZAPATERO ANNUNCIA:
LE
TRUPPE SPAGNOLE VIA DALL’IRAQ SENZA L’ONU
-
Intervista con Josto Maffeo e Sergio Romano -
Il
ricordo delle vittime degli attentati di Madrid è stato oggi quanto mai vivo in
Spagna, reduce da un voto che ieri ha spostato i suoi equilibri politici. Il nostro
inviato a Madrid, Giancarlo La Vella:
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Anche la Spagna si è fermata a mezzogiorno di oggi per
commemorare le 200 vittime dell’11 marzo, ma non è una novità per il Paese
Iberico e per Madrid, in particolare. Ogni giorno, infatti, alle 7.30, ora
dell’attentato, o a mezzogiorno, spontaneamente la gente si ferma in raccoglimento.
Le emittenti televisive e radiofoniche continuano a trasmettere testimonianze
dei parenti delle vittime. Ognuno ha una storia da raccontare, una storia di
sacrifici, di vite, di mariti, di mogli, di studenti, di lavoratori, recise per
sempre. Inoltre, le prime pagine dei giornali riportano, oggi, l’altra notizia
del giorno, ovvero la netta affermazione socialista alle elezioni legislative
di ieri. Più che essere causata dal calo del Partito popolare, che in termini
numerici ha subito una emorragia di 700 mila voti, che poi nel gioco dei
calcoli elettorali equivalgono a 35 deputati in meno, si è trattato senz’altro
di una vittoria dovuta ad una scelta di campo consapevole dell’elettorato, o a
gran parte di quel 9 per cento di cittadini tornato alle urne. Che abbiano
influito il forte impatto emozionale causato dall’attentato e l’andamento delle
indagini è ormai certo. Non a caso, prima di pronunciare il suo ringraziamento
ai suoi sostenitori socialisti, ieri, il futuro premier Zapatero ha voluto
osservare un minuto di silenzio in ricordo delle vittime. E proprio sul fronte
delle indagini si riconferma sempre più chiaramente la pista islamica. Gli
investigatori, e questa è la notizia del giorno, ritengono che Jamal Zughan,
uno dei cinque arrestati sabato scorso, esponente della colonna spagnola di Al
Qaeda, sia uno degli esecutori materiali della strage. Già nel maggio dello
scorso anno, lo stesso gruppo causò gli attentati a Casablanca, in Marocco, ai
danni della casa di Spagna.
Da Madrid, Giancarlo La Vella, Radio Vaticana.
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Ma
torniamo ora alle elezioni di ieri, che hanno segnato una svolta nella politica
spagnola dopo 8 anni di governo da parte di Aznar. Con quasi 11 milioni di
consensi, i socialisti hanno ottenuto il 42,64 per cento dei voti, distanziando
i popolari di 5 punti percentuali. Per ottenere la maggioranza in Parlamento,
il partito di Zapatero avrà bisogno dell’appoggio di altre forze politiche. Ma
quali le ragioni di questa disfatta dei popolari e quanto hanno inciso gli
attentati dell’11 marzo? Risponde Josto Maffeo, corrispondente da Madrid del
quotidiano “Il Messaggero”, intervistato da Roberto Piermarini:
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R. –
Più che gli attentati, che evidentemente hanno inciso e hanno avuto un riflesso
immediato, quello che è accaduto secondo gli analisti spagnoli è il “castigo”
da parte dell’opinione pubblica, quindi degli elettori, per il comportamento
che si è visto negli ultimi tre giorni. Il governo, nonostante emergessero
indizi che puntavano verso il terrorismo islamico, ha mantenuto la tesi
dell’Eta, perché evidentemente conveniva politicamente. Se l’Eta è un terrorismo
di casa, il governo lo ha sempre combattuto. Se invece si tratta di un
terrorismo islamico, è la conseguenza in qualche modo, del coinvolgimento della
Spagna nell’avventura irachena.
D. – Quindi, l’elettorato si è sentito tradito in un certo
senso…
R. –
Qui sono stati castigati soprattutto il “tergiversare e la menzogna”. Questi
sono i termini che vengono utilizzati dagli editoriali dei giornali di stamani,
ed i commenti che si sentono nei bar e nelle piazze: “Nos han engañado”.
D. – Perché Aznar non è riuscito a pilotare la sua
successione a Rajoy?
R. – Aznar, che è un castigliano “vero”, che vuole
mantenere la parola data due anni fa, nel momento in cui decide che c’è un
successore, getta la patata bollente e dice: “Adesso cammina da solo”. Tant’è
vero che Aznar ha fatto una campagna elettorale durissima, soprattutto ha
aumentato l’inimicizia con la periferia delle autonomie. Mentre Rajoy ha fatto
una campagna tranquilla, una campagna alla Zapatero. Era l’alter ego di
Zapatero infatti. Quindi, Aznar non ha fatto altro che dire: “Non è più il mio
tempo. Mi faccio i miei discorsi di commiato – così è stata la campagna di
Aznar – con i miei toni e i miei accenti e tu fatti la tua”. Quindi, non l’ha
aiutato moltissimo.
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Nonostante
i risultati a sorpresa del voto di ieri, entrambi gli schieramenti hanno
mantenuto un grande equilibrio nelle reazioni post-elettorali: il clima di profondo
dolore condiziona anche i commenti politici del giorno dopo. Il servizio di
Andrea Sarubbi:
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Una vittoria inattesa, una
sconfitta imprevista. La Spagna si è svegliata oggi con due facce, segnate
dallo stesso dolore per gli attentati di giovedì ma con prospettive diverse per
il futuro. Proprio all’azione dei terroristi, i popolari hanno attribuito il
crollo elettorale:
“Appare chiaro – è il commento di Zaplana, portavoce del
governo uscente – che ci sono state circostanze che hanno generato commozione
nella società spagnola, in questi ultimi giorni”.
Ma la scelta – ha confermato
Rajoy, erede di Aznar alla guida dei popolari – è quella di privilegiare
l’unità nazionale:
“Il
Partito popolare farà opposizione in maniera leale, tenendo sempre presente
l’interesse generale della Spagna, nel quadro del nostro ordinamento costituzionale”.
Zapatero, da parte sua, ha
promesso lo stesso atteggiamento costruttivo:
“Il governo del cambiamento – ha assicurato – agirà a
partire dal dialogo, dalla responsabilità e dalla trasparenza. Lavorerà per la
coesione, per la concordia e per la pace”.
Tra i primi passi del nuovo
esecutivo potrebbe esserci il ritiro delle truppe dall’Iraq. I 1.300 militari
spagnoli torneranno a casa – ha dichiarato stamattina il futuro premier – se
entro il 30 giugno non saranno intervenute le Nazioni Unite. L’altra grande
priorità è l’Europa, che proprio in queste ore sta pensando ad un piano di
sicurezza comune contro il terrorismo: Zapatero ha ribadito oggi la sua fiducia
nell’Unione, annunciando di voler accelerare la firma della nuova carta costituzionale.
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Tra le priorità di Zapatero, come abbiamo sentito, c’è quella di rivedere
l’alleanza con la coalizione angloamericana in Iraq. All’ambasciatore Sergio Romano,
editorialista del Corriere della Sera, Giada Aquilino ha chiesto come potrebbero
cambiare gli equilibri strategici in Europa, dopo l’affermazione dei socialisti
spagnoli:
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R. - Il voto dato ai socialisti, in queste circostanze, ha
una evidente connotazione pacifista, quindi rafforza tutte le formazioni, le
organizzazioni, i partiti socialisti in Europa e, naturalmente, mette in grave
disagio tutti i governi che si sono schierati dalla parte degli Stati Uniti. E’
un piccolo terremoto, di cui cominceremo a vedere le ripercussioni nel corso
dei prossimi mesi.
D. – La Spagna è sempre stata una forte alleata degli
Stati Uniti nella guerra all’Iraq. A questo punto, si possono immaginare
sviluppi anche per il futuro del Paese del Golfo?
R. – Indubbiamente gli Stati Uniti perdono il loro
principale partner a sud della Manica. Non credo che Washington, per il
momento, possa o voglia modificare radicalmente la propria politica irachena.
Non dimentichiamo comunque che in America si vota in novembre. Può darsi che a
questo punto, paradossalmente, la vicenda spagnola renda l’Italia il maggior
punto d’appoggio dell’America nel Continente europeo, ovviamente a sud della
Manica, perché è la Gran Bretagna il principale partner degli Stati Uniti in
Europa.
D. – La Spagna, ha detto Zapatero, farà il possibile per
accelerare l’adozione della Costituzione europea. Queste pressioni serviranno
ad abbreviare i tempi per una Carta costituzionale?
R. – Se effettivamente questo governo la smettesse di
opporsi drasticamente al sistema della doppia maggioranza proposto dalla
Convenzione europea, sarebbe un passo avanti decisivo verso la Costituzione. È
persino possibile sperare che le cose si risolvano entro il semestre irlandese.
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Le parole di Zapatero a favore di un varo in tempi rapidi della
Costituzione europea sono state accolte con grande interesse a Bruxelles.
Soddisfazione è stata espressa dalla Commissione europea, che proprio questa
mattina ha iniziato l’esame di un rapporto sul rischio del terrorismo. Alla
luce degli attentati di Madrid, l’Unione chiederà agli Stati membri di
destinare un miliardo di euro all’anno, a partire dal 2007, per rafforzare le
misure atte a prevenire nuovi attentati.
IL BEATO ODORICO DA PORDENONE: UN FRATE FRANCESCANO NELLA
CINA DEL 1300 ALLA CORTE DEL GRAN KHAN.
LA
NUOVA OPERA FILMICA DI LEANDRO CASTELLANI
-
Intervista con Piera Gavazzeni -
Anteprima
giovedì scorso a Udine, alla presenza della comunità cinese in Friuli-Venezia
Giulia e di esponenti di spicco della cultura della Cina, di “Ai confini del
cielo” del regista Leandro Castellani. Il filmato narra lo straordinario e
sofferto viaggio compiuto dal Friuli fino a Kambalic, oggi Pechino, del frate
francescano beato Odorico da Pordenone, nei primi anni del 1300. Autentico
seguace del Poverello d’Assisi e uomo di grande umanità, Odorico amò la Cina
come la propria patria, conquistando l’affetto del popolo e la stima dello
stesso Gran Khan e aprendo la strada a successivi contatti con quella terra.
Adriana Masotti ha chiesto com’è nato “Ai confini del Cielo” a Piera Gavazzeni,
presidente dell’associazione “Forum Julii” e promotrice dell’iniziativa.
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R. – Il motivo è valorizzare gli antichi legami che
esistono tra il Friuli e la Cina. Ci sono dei missionari friulani che in Cina
sono ricordati con grande amore perché hanno portato un messaggio di pace, di
fratellanza e di condivisione in modo particolare.
D. – Di Odorico che ricordo c’è, in Cina?
R. – Odorico da Pordenone è ancora ricordato, perché mi
dicono che addirittura in certi Stati ai bambini mettono ancora il nome di
Odorico; hanno fatto dei convegni a livello culturale per studiare la sua
importanza anche come esploratore europeo di luoghi come il Nepal, il Tibet …
D. – Odorico era rimasto affascinato dalla Cina e dai
cinesi che ha amato profondamente ...
R. – Non solo affascinato: voleva morire con loro, voleva
rimanere in quella terra e invece è tornato in patria a prendere altri missionari;
ma appena arrivato a Pisa si è ammalato gravemente e non ha potuto compiere la
sua opera. Noi speriamo, con questo film, di realizzare quel ‘ritornerò’ che
lui ha promesso, anche se sono passati secoli, infatti stiamo trattando perché
il film venga proiettato in un festival internazionale cinese.
D. – Come lei ha accennato prima, il Friuli vanta rapporti privilegiati
con la Cina. Ci dà qualche informazione su questo?
R. – Sì. Abbiamo avuto anche il missionario francescano
Brollo che per primo ha compilato un vocabolario cinese-latino; per non parlare
poi del cardinale Costantini che è stato il primo nunzio-delegato apostolico in
Cina. Per quanto riguarda tempi più recenti, come associazione “Forum Iulii”
abbiamo portato in Cina gli scrittori friulani come Carlo Sgorlon e Stanislao
Nievo che già vantano la traduzione in cinese di alcune loro opere. Quindi,
questo amore che c’è tra noi si sta rafforzando e noi cerchiamo di creare un
clima bello, di amicizia, favorevole perché pensiamo che il dialogo serva ad
appianare tante altre situazioni che potrebbero così non esistere.
D. – Veniamo di nuovo al filmato: che cosa dice ai cinesi
di oggi Odorico?
R. – Il filmato è un filmato di grande serenità, di grande
speranza e semplicità, ma trasmette un messaggio molto profondo che è il messaggio
di Odorico, che è il messaggio del Poverello d’Assisi, l’amore per la natura,
l’amore per i fratelli, l’amore per il Creatore.
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15 marzo 2004
LA LOTTA AL TERRORISMO E IL RISPETTO DELLE LIBERTA’
FONDAMENTALI
AL
CENTRO DEI LAVORI DELLA COMMISSIONE DELLE NAZIONI UNITE PER I DIRITTI UMANI,
CHE HA
APERTO OGGI, A GINEVRA, LA 60.MA SESSIONE,
CUI
PARTECIPANO DELEGAZIONI DI 53 PAESI
-
Servizio di Roberta Gisotti -
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GINEVRA.
= L’ombra nera degli efferati attentati di Madrid sul palazzo dell’Onu a
Ginevra, dove da oggi e per tre giorni si alterneranno gli interventi di
ministri e responsabili di organizzazioni internazionali per fare il punto
sulle questioni più calde in materia di diritti umani, e in primo piano è il
terrorismo. Annunciata la presenza del ministro degli Esteri spagnolo Palacio,
del premier francese Raffarin, del capo della diplomazia tedesca Fischer e del
collega cubano Roque. Seguirà poi fino al 23 aprile – sei settimane di lavoro
intenso - l’esame dei vari rapporti sulle violazioni dei diritti e delle
libertà fondamentali nel mondo. I dibattiti saranno in parte tematici, tra
questi il diritto dei popoli all’autodeterminazione, il razzismo e la xenofobia
ed altre forme di discriminazione ed emarginazione fino alle violenze ai danni
di soggetti più deboli, donne, bambini, lavoratori migranti e popolazioni
autoctone, ed anche si parlerà di tortura, intolleranza religiosa e pena di
morte. Altri dibattiti saranno invece incentrati su Paesi o regioni, quali
Palestina e Territori occupati, Myanmar, Cuba, Burundi, Repubblica democratica
del Congo ed Iraq. Tra le vicende più controverse si annunciano la proposta di
nominare un esperto per valutare le misure adottate dai governi nella lotta
contro il terrorismo, e poi ancora la discussione sul muro di difesa
israeliano, e le mancate condanne negli anni precedenti di Paesi, che si
sarebbero macchiati di gravi violazioni, come denunciano numerose
organizzazioni non governative, tra cui Amnesty Internazional che cita tra
altri i casi di Algeria, Cina, Indonesia, Russia e Zimbabwe.
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IL PARLAMENTO EUROPEO HA RINNOVATO LE SANZIONI CONTRO LA GIUNTA
MILITARE AL GOVERNO DEL MYANMAR,
CHIEDENDO
IL RIPRISTINO DELLA DEMOCRAZIA
E IL
RISPETTO DEI RISULTATI DELLE ULTIME ELEZIONI, OLTRECHE’
L’IMMEDIATA
LIBERAZIONE DELLA LEADER DELL’OPPOSIZIONE AUNG SAN SUU KYI
STRASBURGO.
= “L'immediata e incondizionata liberazione di Aung San Suu Kyi e di tutte le
persone detenute o agli arresti domiciliari dal maggio 2003”: a chiederlo è il
Parlamento europeo al governo del Myanmar, l’ex Birmania. L’Assemblea dei
Quindici ritiene infatti “che il rilascio di tutti i prigionieri politici
costituirebbe un importante passo avanti ai fini del ripristino della
democrazia nel Myanmar”. L’Unione Europea ha altresì deciso di rinnovare per il
mese di aprile le sanzioni contro la giunta militare al potere nel Paese
asiatico. L’Europarlamento ha chiesto inoltre, “l'immediata riapertura di tutti
gli uffici della Lega nazionale per la democrazia (Ndl) chiusi nel maggio
2003”, insistendo “sulla necessità” che il Consiglio statale per lo sviluppo e
la pace (Spdc) - in pratica il governo birmano – “abbandoni il controllo sul
potere e che i risultati delle ultime elezioni siano pienamente rispettati”.
Tra le altre richieste avanzate in un documento diviso in 17 punti, il
Parlamento della Ue esorta lo stesso Consiglio statale “ad avviare
immediatamente un dialogo concreto con la Lega nazionale per la democrazia e i
gruppi etnici onde favorire il ritorno alla democrazia e al rispetto dei
diritti dell'uomo, tra cui i diritti delle minoranze etniche, nel Myanmar” e
“chiede la revisione, sotto l'egida della comunità internazionale, del proposto
programma di riforme, onde assicurare che l'eventuale convenzione costituzionale
sia fondata su principi democratici e che nell'ambito di tale processo si
garantisca il pieno rispetto dei risultati delle ultime elezioni”. (R.G.)
Aumenta a 74 il bilancio delle vittime del ciclone tropicale
Gafilo
che ha
colpito il Madagascar lo scorso 7 marzo.
Drammatiche
le condizioni dei 200 mila senza tetto
- A cura di Paolo Cappuccio -
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ANTANANARIVO.
= è salito a 74 il numero dei
morti, 169 i dispersi e 200 mila senza tetto il conto delle vittime che il
ciclone tropicale Gafilo ha lasciato dietro di sé attraversando lo scorso 7
marzo il nord del Madagascar. Ormai al bilancio ufficiale vengono aggiunti
anche i passeggeri del traghetto “Le Samson” proveniente dalle isole Comore e
affondato in seguito alle intemperie. Ritardi e inadeguatezze nei soccorsi e
nel recupero delle salme sono stati denunciati dall’avvocato che rappresenta le
famiglie dei passeggeri del traghetto. “Il Madagascar sta facendo il massimo
operando nei limiti di ciò che è possibile” è stata la risposta del ministro
degli Interni. Le drammatiche condizioni in cui d’altronde versa il Paese sono
testimoniate da padre Cosimo Alvati, direttore della redazione giornalistica di
Radio Don Bosco a Antananarivo: “I soccorsi sono continuati, si tratta però di
poca cosa rispetto al bisogno reale; gli sperati aiuti dalla capitale non sono
ancora giunti”. In prospettiva destano particolare preoccupazione i 170 mila
ettari di campi inondati, lasciati in eredità dal ciclone, che sono destinati a
creare problemi di sopravvivenza alla popolazione locale.
*********
Un progetto di microfinanziamenti per
sostenere lo sviluppo dell’isola
di
Mindanao a sud delle filippine, affidato alla bishop Ulama Conference guidata
dal mons. Cavalla.
“un passo
verso la riconciliazione, adesso serve il perdono”
MANILA.
= 50 milioni di Pesos (circa 730 mila Euro) sono stati affidati dal governo
filippino alla Bishops Ulama Conference (Buc), l’organizzazione che riunisce
vescovi e leader musulmani. Lo scopo del finanziamento è di stabilire un fondo
per supportare, attraverso microfinanziamenti di 50 mila pesos, piccoli
progetti imprenditoriali delle comunità, cattoliche, protestanti e musulmane
nell’isola di Mindanao. “Il governo ha già i suoi programmi di sviluppo – ha
dichiarato mons. Fernando R. Cavalla presidente della Conferenza episcopale
filippina e leader della Buc – ma ha voluto anche sostenere i nostri sforzi.”
All’Organizzazione interreligiosa saranno affidati compiti di verifica e
monitoraggio delle attività finanziate, nonché l’erogazione dei prestiti.
Questo progetto è solo uno dei passi sul lungo cammino della riconciliazione
tra le diverse comunità delle Filippine, “Una pace duratura richiede più di un
accordo politico o di progetti di sviluppo – ha concluso il presule ricordando
lo scopo della Buc – richiede una guarigione sociale che può avvenire soltanto
attraverso il perdono”. (P.C.)
SCOPRIRE I COLORI, IL CORAGGIO E LA CREATIVITA’ DEL CONTINENTE
NERO:
E’
L’OBIETTIVO CHE SI PROPONE IL VOLUME “E’AFRICA”,
DEL
CUAMM MEDICI CON L’AFRICA
ROMA. =
Il prossimo 23 marzo, presso il Melbookstore di via Nazionale a Roma, verrà
presentato il libro “E’ Africa”, realizzato dal Cuamm Medici con l’Africa,
un’Organizzazione non governativa di ambito sanitario attiva nel continente africano
dal 1950. Frutto di un viaggio attraverso sette nazioni dell’Africa (Kenya,
Malawi, Mozambico, Rwanda, Sudafrica, Tanzania e Uganda) il libro mira a dare
visibilità a problemi, ragioni e speranze del vivere concreto e quotidiano
della società africana. In controtendenza rispetto all’immaginario occidentale,
che associa quasi sempre l’Africa solo alla fame, alle malattie e alle guerre,
il Cuamm Medici con l’Africa propone, invece, un’immersione in un’Africa
sorprendente per coraggio e creatività. (B.C.)
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15 marzo 2004
- A cura di Alessandro De Carolis
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L’Osce, L’Organizzazione per la sicurezza e la
cooperazione in Europa, ha severamente criticato l’andamento elettorale che ha
portato alla straripante riconferma ottenuta ieri da Vladimir Putin alla
presidenza della Federazione russa. “Il processo elettorale nel suo insieme non
ha rappresentato in modo adeguato i principi necessari per un processo
elettorale democratico sano”, ha affermato Il capo degli osservatori dell'Osce,
Julian Peel-Yates. “Sono mancati – ha ripetuto - un dibattito politico vivo e
un vero pluralismo”. I risultati ufficiali hanno accreditato a Putin il 71,2
per cento dei voti: abissale il distacco inflitto al secondo candidato, Nikolai
Kharitonov, che ha ottenuto solo il 13,7 per cento. Parlando con i giornalisti,
Putin ha rigettato l’accusa di nutrire “ambizioni imperiali” ed ha detto di
voler creare “favorevoli condizioni esterne affinché la Russia possa
svilupparsi”, proseguendo nella politica di dialogo con l’Europa e gli Stati
Uniti. Ma perché la Russia ha sostanzialmente dato carta bianca a Putin sul
futuro del Paese? Giada Aquilino lo ha chiesto a Luigi Geninazzi, inviato del
quotidiano “Avvenire” a Mosca:
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R. - Semplicemente perché ha portato stabilità. Con
l’export del petrolio ha anche dato il via ad una certa crescita economica e
soprattutto ha offerto l’immagine di una Russia che riprende con orgoglio il
suo ruolo sulla scena internazionale. I russi gli hanno perdonato – o forse non
hanno molto notato nella loro maggioranza - il fatto che tutto ciò sia avvenuto
con pugno duro, con l’indebolimento delle istituzioni democratiche e con il
pieno e totale controllo del leader del Cremlino su tutte le leve del potere.
D. – Confermate le previsioni per Putin, mentre i comunisti
sono andati oltre il dato annunciato contenuto tra il 4 e il 7 per cento: cosa
è successo?
R. – Più o meno i comunisti rappresentano lo zoccolo duro
di un partito di nostalgie, di convinzioni che stanno scemando, anche per
ragioni anagrafiche, ma che si mantengono su quel livello che hanno avuto più o
meno nelle elezioni parlamentari di dicembre. Praticamente, anche se il leader
storico, Ziuganov, non si è voluto presentare per l’ennesima volta, i comunisti
hanno votato comunque l’uomo, seppur sconosciuto, che il partito gli ha
proposto.
D. – Ora Putin ha la maggioranza in Parlamento e un
governo su misura. Si è già impegnato a rafforzare anche l’economia. Cosa
cambierà rispetto al precedente mandato?
R. – Proseguirà la linea dura per quanto riguarda la
gestione sociale e politica. Ha annunciato già la battaglia contro la
corruzione. Bisognerà vedere l’effetto sulle riforme economiche, con la pretesa
che al secondo mandato può fare quello che vuole, mentre al primo mandato
doveva essere un po’ più circospetto.
D. – Il conflitto in Cecenia e la crisi in Georgia: sarà
sempre linea dura quella di Putin?
R. – Il Caucaso è il punto critico della Russia e il
terrorismo e tutto quello che avviene con il conflitto in Cecenia è un po’ il
tallone d’Achille di “zar” Putin. Credo davvero che la tensione salirà in
quell’area soprattutto dopo che, con l’appoggio degli americani, in Georgia ha
preso il potere il giovane Saakashvili. Non credo che si arriverà ad uno
scontro militare, ma certo la tensione è destinata a salire.
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E proprio oggi, la Russia ha ammonito le autorità della
Georgia a non avviare alcuna azione militare contro la regione dell'Adzhara,
teatro di uno scontro con il governo di Tblisi. Il presidente georgiano,
Mikhail Saakashvili, aveva posto le Forze armate in stato d'allerta dopo che
ieri la polizia adhzara aveva impedito al corteo presidenziale di entrare nella
regione, attraversata da forti tensioni autonomiste. Il Cremlino ha invitato il
successore di Shevardnadze a non inasprire la crisi con il ricorso alla forza.
Un raid
israeliano è cominciato questa mattina a Tulkarem, nel nord della Cisgiordania,
mentre dalla mezzanotte di ieri le autorità israeliane hanno proibito
l'ingresso in Israele dei pendolari palestinesi della striscia di Gaza. Sono
tra le decisioni prese in seguito al duplice attentato suicida di ieri a
Ashdod, attuato da due kamikaze giunti dalla striscia di Gaza e costato la vita
di 10 persone, oltre i due attentatori. Il servizio di Fausta Speranza.
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Un palestinese è stato ucciso all'alba durante
un’incursione dell'esercito israeliano a Rafah, nel sud della striscia di Gaza.
Inoltre, fonti palestinesi riferiscono che nella notte elicotteri d'attacco
israeliani hanno lanciato almeno cinque razzi contro obiettivi nella città di
Gaza. Sempre nelle prime ore della giornata, al passaggio di un convoglio di
soldati israeliani e di coloni ebrei, una bomba è esplosa nella Striscia di
Gaza provocando danni a un autobus ma nessuna vittima. In tutto Israele è al
massimo livello lo stato di allerta intorno ad obiettivi considerati
'strategici' e, in particolare, lungo il confine con la Cisgiordania. Sul piano
diplomatico, resta la reazione di Sharon ai morti di ieri: l’immediato
annullamento del vertice previsto per domani con Abu Ala, che in qualità di
premier palestinese aveva subito condannato l’attentato. L’incontro era un
tentativo di ripresa del dialogo fra israeliani e palestinesi. Il premier
israeliano ha cancellato l’ultima riunione preparatoria fra i capi di gabinetto
che doveva tenersi oggi, con un rinvio sine die.
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A due giorni dalla visita del segretario di stato americano Colin Powell
a Islamabad, questa mattina la polizia pakistana ha rinvenuto un’auto imbottita
di esplosivo nei pressi del consolato americano di Karachi. Secondo le forze
dell’ordine, due giovani avevano fermato in precedenza l’autobomba, dotata di
congegno ad orologeria, nella zona a parcheggio vietato davanti al consolato Usa,
e si erano poi allontanati con un’altra auto spiegando che la prima era guasta.
Nel giugno 2002, nello stesso luogo un attentato con una autobomba causò la
morte di 12 pakistani.
In Iraq, è rimasto gravemente ferito un ufficiale
dell'esercito statunitense accoltellato da un ignoto assalitore all'interno
della cosiddetta “'Zona verde”, il complesso nel centro di Baghdad che un tempo
costituiva uno dei Palazzi Presidenziali di Saddam Hussein e che adesso ospita
il quartier generale dell'Cpa, l'Autorita' Provvisoria della Coalizione che
attualmente governa il Paese. La notizia dell’aggressione è stata riferita dal
portavoce della stessa Cpa, Dan Senor, precisando che l'aggressione risale a
sabato sera.
Allarme bomba rientrato anche in Grecia. La polizia locale
ha riferito di aver scoperto e disinnescato un ordigno collocato davanti ad una
filiale della Citibank, in un sobborgo di Atene. La segnalazione della bomba
era giunta con una telefonata anonima alla redazione di un quotidiano. A
rivendicare il gesto è stato il gruppo eversivo “Lotta rivoluzionaria”, lo
stesso che nel settembre 2003 firmò i due attentati esplosivi alla sede del
tribunale di Atene.
E’ volato oggi in Giamaica il deposto presidente haitiano,
Jean Bertrand Aristide. Accompagnato da una delegazione giamaicano-americana,
l’ex capo di Stato ha lasciato Bangui, capitale della Repubblica
centro-africana, dove si era rifugiato dopo aver lasciato il potere in seguito
alla rivolta popolare innescata dai ribelli. Motivo ufficiale del viaggio in
Giamaica, contestato da Washington, l’opportunità offerta dal governo di
Kingston ad Aristide e sua moglie di poter incontrare le loro figlie, che
vivono negli Stati Uniti.
La Corea del sud ha annunciato oggi la sospensione dei
colloqui economici con il governo nordcoreano, a causa dell'impeachment del
presidente Roh Moo Hyun, votato due giorni fa. Ma la decisione di Seul di
sospendere i colloqui, ha precisato il ministro degli Esteri Ban Ki Moon, non
avrà alcuna conseguenza negativa sui negoziati in corso tra le due Coree, con
la mediazione di Stati Uniti, Cina, Giappone e Russia. Il ministro ha
preannunciato che il gruppo di lavoro a livello tecnico, concordato alla fine del
secondo round di negoziati a sei, comincerà a riunirsi dal prossimo aprile. Il
ministro della Giustizia sudcoreano, inoltre, ha confermato che le elezioni
politiche si terranno regolarmente come previsto il 15 aprile.
Rallentando e ritardando le ispezioni dell'Aiea, “l'Iran
si punisce da solo”, perché non fa altro che prolungare l’inchiesta condotta
sui suoi programmi nucleari. Sono le parole, riferite da fonti di stampa
internazionali, di Mohammed el Baradei, il direttore dell’Agenzia dell'Onu per
l'energia atomica, che ha sede a Vienna. El Baradei è giunto oggi a Washington
dove, in settimana, avrà incontri con l'amministrazione statunitense e sarà
ricevuto alla Casa Bianca. Sul versante opposto, secondo un quotidiano
iraniano, i Pasdaran, i Guardiani della rivoluzione iraniana, sarebbero
intenzionati ad abbandonare l’Aiea se i dirigenti dell’ente internazionale
continueranno ad esercitare pressioni sull’Iran “sulla base della politica
ostile degli Usa”.
La riunificazione di Cipro sarà al centro, a partire da
dopodomani, di una serie di contatti tra alti funzionari greci e turchi. In
particolare il confronto – annunciato dal Ministero degli esteri greco -
verterà sul capitolo della sicurezza e sulla consistenza della presenza
militare greca e turca nell'isola. In caso di esito negativo dei colloqui,
Atene ed Ankara verranno chiamate dall'Onu a negoziare direttamente a partire
dal 22 marzo.
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