RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLVIII n. 72 - Testo della Trasmissione di venerdì 12 marzo 2004

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Annunciare con coraggio e passione la fede autentica in spirito di dialogo e nel rispetto degli altri: così il Papa ai vescovi olandesi in visita ad Limina

 

La verità storica sulla condanna e la morte di Gesù, anche in riferimento al film The Passion, al centro della prima predica di Quaresima tenuta da padre Cantalamessa in Vaticano davanti al Papa e alla Curia romana.

 

Sul ponte dell’amicizia passa Cristo: la risposta alla sfida di chi non crede al centro della plenaria

del Pontificio Consiglio della cultura: intervista con mons. Bruno Forte

 

Oggi memoria  liturgica del beato  Orione a due mesi dalla sua canonizzazione: ai nostri microfoni don Angelo Cordischi

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

La strage di Madrid: il premier Aznar non scarta alcuna ipotesi. Ieri una rivendicazione di Al-Qaeda. Ma la pista principale rimane l’ETA: con noi Guido Olimpio, Javier Fernandez Bonelli e mons. Manuel Monteiro De Castro, José de Carvajal e Joaquín Navarro Valls

 

Nella cultura, il mondo cattolico è vitale ma spesso frammentato: così il cardinale vicario Camillo Ruini, che ieri ha aperto a Roma il terzo incontro promosso dal servizio Cei per il progetto culturale

 

Presentato il calendario delle iniziative per il centenario della Sinagoga di Roma. Culmine delle celebrazioni il 23 maggio: ce ne parla Leone Paserman

 

CHIESA E SOCIETA’:

I cristiani e l’integrazione europea in primo piano al Congresso delle associazioni cristiane, al via oggi a Gniezno in Polonia

 

La diocesi di Mantova celebra oggi i suoi 1200 anni di storia

 

Un Parlamento congiunto dei Paesi attraversati dal Nilo per regolarne lo sfruttamento delle acque e rilanciare la politica agricola.  E’ la proposta avanzata ieri al Cairo da Egitto, Etiopia e Sudan

 

Vivere la Quaresima come tempo propizio per l’evangelizzazione: è l’esortazione consegnata ai fedeli dai vescovi del Vietnam, in occasione del tempo liturgico quaresimale 2004

 

Un quinto degli australiani vive in stato di povertà: a lanciare l’allarme è un rapporto del Senato federale, ma il premier John Howard contesta i dati dell’indagine

 

24 ORE NEL MONDO:

In Sudcorea, il presidente, Roh-Moo-Hyun, sotto impeachment, spera nella Corte Suprema

 

Assolti in appello i principali imputati per la strage di Piazza Fontana

 

Resta pericolosa la situazione ad Haiti. L’ex presidente Aristide in procinto di riparare in Giamaica.

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

12 marzo 2004

 

 

ANNUNCIARE CON CORAGGIO E PASSIONE LA FEDE AUTENTICA

IN SPIRITO DI DIALOGO E NEL RISPETTO DEGLI ALTRI:

COSÌ IL PAPA AI VESCOVI OLANDESI IN VISITA AD LIMINA

 

Il Papa ha ricevuto oggi i vescovi olandesi in visita ad Limina e li ha esortati ad annunciare con coraggio  il Vangelo nella società pluralista dei Paesi Bassi  in spirito di dialogo e nel rispetto degli altri. Giovanni Paolo II ha ricordato anche la necessità di accogliere come fratelli gli immigrati. Ce ne parla Amedeo Lomonaco:

 

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Il vostro Paese – ha detto il Papa rivolgendosi ai presuli olandesi - è stato colpito, negli ultimi tenta anni, da un intenso fenomeno di secolarizzazione. Allo stesso tempo – ha continuato – le vostre diocesi e le comunità cristiane sono chiamate ad affrontare una importante e costante diminuzione del numero di fedeli e sacerdoti, un fenomeno che desta preoccupazione ma che non deve portare allo scoraggiamento.

 

La necessità di annunciare la Buona Novella – ha aggiunto – è particolarmente evidente per i giovani, che vivono in una società contrassegnata da un alto relativismo morale e pluralismo religioso, al punto che il riferimento al Vangelo sembra scomparire dalle scelte, dagli orientamenti delle persone e dalla vita pubblica, in particolare nel campo etico. Giovanni Paolo II ha inoltre esortato i fedeli a portare la luce del Vangelo in uno spirito di dialogo. Ha quindi sottolineato l’importanza della trasmissione dell’eredità cristiana e ha invitato l’insegnamento cattolico a rafforzare la propria identità, armonizzandola con le esigenze sempre nuove dell’educazione all’interno di una società pluralista, nel rispetto degli altri, ma anche senza rinunciare a ciò che costituisce la sua ricchezza originale.

 

In questa società – ha proseguito – diventa un compito primario “accogliere gli immigrati come fratelli” perchè costituiscono una risorsa e non un pericolo.

 

Esortando i religiosi e le religiose a vivere il loro carisma con fedeltà e fiducia, il Santo Padre ha poi rimarcato la bellezza della celebrazione liturgica e l’esigenza di rispettare fedelmente le norme liturgiche stabilite dalla Chiesa. Giovanni Paolo II ha inoltre messo in evidenza l’importanza della famiglia, un modello minato dalla tentazione di unioni più effimere. Il Papa ha inoltre invitato i fedeli ad impegnarsi nella via dell’ecumenismo proseguendo il dialogo con le altre confessioni cristiane malgrado le difficoltà. Il Santo Padre ha infine esortato i cattolici a farsi artigiani di pace, preoccupati di dialogare nella verità e appassionati del rispetto della dignità umana.

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LA VERITÀ STORICA SULLA CONDANNA E LA MORTE DI GESÙ,

ANCHE IN RIFERIMENTO AL FILM “THE PASSION”,

AL CENTRO DELLA PRIMA PREDICA DI QUARESIMA,

TENUTA DA PADRE CANTALAMESSA IN VATICANO DAVANTI AL PAPA

E ALLA CURIA ROMANA

- Servizio di Alessandro De Carolis -

 

Quale verità raccontano i Vangeli? Quella storica, di fatti realmente accaduti, o una verità di comodo, “tendenziosa”, costruita per “fini apologetici”: per difendere cioè una posizione? Sono le domande sottintese della prima predica di Quaresima, tenuta questa mattina da padre Raniero Cantalamessa, davanti al Papa e alla Curia vaticana. Il predicatore della Casa pontificia si è soffermato sulla “Pasqua della storia”, ovvero sulle circostanze che condussero alla condanna e alla morte di Gesù, desunte dai Vangeli, e sulle interpretazioni date di esse dalla moderna esegesi. Questioni che toccano da vicino anche il discusso film “The Passion”, che - ha osservato padre Cantalamessa - hanno sollevato un’opinione “che non può essere lasciata senza risposta”. Il servizio di Alessandro De Carolis:

 

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La causa che portò alla condanna e alla morte di Gesù fu di tipo religioso, non politico. E’ uno dei concetti che emergono dall’articolata e complessa meditazione quaresimale di padre Cantalamessa. Nell’affrontare le questioni relative alla storicità dei Vangeli, il predicatore pontificio ha preso spunto dal film di Mel Gibson, “The Passion”, e da alcune opinioni espresse in questi giorni su di esso da importanti riviste internazionali per contestare “energicamente” la tesi della “condanna politica” di Gesù. Una tesi - prodotta da una parte della moderna esegesi e che il film non terrebbe in conto – che nel cinquantennio passato fu sollevata essenzialmente per rispondere a due istanze: il rifiuto dell’antisemitismo, dopo l’esito drammatico della Shoah, e l’“ingenuo” tentativo di accreditare Cristo come una sorta di “discepolo di Che Guevara”, la cui figura negli anni ’60-’70 aveva acceso il cuore delle nuove generazioni di allora.

 

Caduta presto la seconda istanza, quella dell’antisemitismo - definita da padre Cantalamessa “sacrosanta” - rimase in piedi e il Vaticano II provvide a risolverla con il documento Nostra aetate, nel quale si afferma: “Se le autorità ebraiche con i propri seguaci si sono adoperate per la morte di Cristo, tuttavia quanto è stato commesso durante la sua Passione, non può essere imputato né indistintamente a tutti gli ebrei allora viventi, né agli ebrei del nostro tempo”:

 

“L'estraneità del popolo ebraico, in quanto tale, alla responsabilità della morte di Cristo riposa su una certezza biblica che i cristiani hanno in comune con gli ebrei, ma che purtroppo per tanti secoli è stata stranamente dimenticata: "Colui che ha peccato deve morire. Il figlio non sconta l'iniquità del padre, né il padre l'iniquità del figlio" (Ez 18,20). La dottrina della Chiesa conosce un solo peccato che si trasmette per eredità di padre in figlio: il peccato originale”.

 

Al di là dell’uso che si possa fare del materiale evangelico, anche il film di Gibson, ha osservato il predicatore pontificio, va dunque giudicato alla luce di questi principi fondamentali della tradizione della Chiesa:

 

“Esso è da riprovare se induce a credere che tutti gli ebrei del tempo e quelli venuti dopo siano responsabili della morte di Cristo; non si può accusare di aver tradito la verità storica se si limita a mostrare che un gruppo influente di essi vi ebbe una parte determinante”.

 

In effetti, ha riconosciuto padre Cantalamessa, nemmeno la tradizione ebraica ha “mai negato una partecipazione delle autorità del tempo alla condanna di Cristo. Non ha fondato la propria difesa negando il fatto, ma semmai negando che il fatto, dal punto di vista ebraico, costituisse reato e che la sua condanna sia stata una condanna ingiusta”. Né del resto, ha osservato ancora padre Raniero, “nessuna formula di fede del Nuovo Testamento e della Chiesa dice che Gesù morì a causa dei peccati degli ebrei’; tutte dicono che morì ‘a causa dei nostri peccati’, cioè dei peccati di tutti”.

 

La questione della condanna politica, ha proseguito padre Cantalamessa, cade nel momento in cui i Vangeli vengono colti nella loro interezza. Essi mostrano chiaramente “un contrasto religioso crescente” tra Gesù e un gruppo influente di Giudei: contrasto che stride con la tesi che sostiene che le autorità ebraiche consegnarono Gesù a Pilato “unicamente per paura di un intervento armato dei romani”. Il predicatore pontificio ha poi proseguito la propria meditazione sull’attendibilità dei Vangeli, sostenendo che essi, al di là “delle numerose discrepanze” rivelano un carattere di onestà e di trasparenza, nella loro stesura, che deriva dalla mancanza di volontà apologetica dei loro autori, dimostrata tra l’altro dalla “figura meschina” – tra fughe, rinnegamenti e tradimenti – che fanno gli stessi protagonisti di quei racconti. Infine, spostando la riflessione sulla figura di Gesù, padre Raniero ha messo in luce l’atteggiamento di “sovrumana dignità” tenuto da Cristo durante tutta la sua la Passione, in particolare con il suo silenzio. “Gesù non tace  per partito preso o per protesta. – ha affermato padre Raniero - Non lascia senza risposta nessuna domanda precisa che gli viene rivolta quando è in gioco la verità (…) Il silenzio di Gesù nella Passione è la chiave per capire il silenzio di Dio. Quando la ‘rissa delle lingue’ diventa troppo grande, l'unico modo di dire qualcosa è di tacere”.

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SUL PONTE DELL’AMICIZIA PASSA CRISTO:

LA RISPOSTA ALLA SFIDA DI CHI NON CREDE AL CENTRO DELLA PLENARIA

DEL PONTIFICIO CONSIGLIO DELLA CULTURA

- Intervista con mons. Bruno Forte -

 

Seconda giornata oggi a Roma della plenaria del Pontificio Consiglio della cultura: al centro dei lavori la sfida posta alla Chiesa da quanti non credono e dall’indifferenza religiosa. In particolare si sta parlando dell’attuale cultura permeata – secondo alcuni relatori – da una sorta di neopaganesimo. Ce ne parla, al microfono di Giovanni Peduto, il teologo mons. Bruno Forte, presente alla plenaria.

 

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R. – Io distinguerei almeno due tipi di paganesimo. C’è il paganesimo degli idoli: il sesso, il denaro, il piacere, quel paganesimo che in questo senso si identifica con il relativismo e che chiamerei senz’altro ‘anti-cristiano’. C’è poi l’altro paganesimo, il neo-paganesimo dell’‘etica del finito’, cioè di quegli uomini che vogliono in qualche modo giustificare il valore del bene in sé, a prescindere da un riferimento assoluto, lì dove questo possa essere veramente possibile. Con questo secondo tipo di pensatori, io credo che sia necessario dialogare a livello più alto perché essi, in fondo, pongono una questione vera, quella della dignità dell’essere umano in se stesso, come tale affermata anche dal cristianesimo: basti pensare al fatto che Dio si è fatto uno di noi. E tuttavia, bisogna anche dire loro chiaramente che l’uomo non basta a se stesso, che un’etica del finito è in fondo un’etica del limite e quindi, alla fine, della prigionia e della chiusura, non della libertà e della speranza e della vita eterna.

 

D. – I credenti fanno abbastanza per arrivare ai lontani, o sono nel ghetto di una fede ripiegata su di sé?

 

R. – Dipende naturalmente dalle situazioni. Posso dire in generale questo, che con i lontani occorre avere un atteggiamento di accoglienza e di amicizia, innanzitutto, sul quale far passare la bellezza della verità che salva, il Vangelo cristiano. Dunque, due punti sono estremamente importanti: stabilire relazioni amicali – il cardinale Ursi, questo grande protagonista della fede nella nostra Chiesa del secolo che si è concluso – diceva: “Sul ponte dell’amicizia passa Cristo”. Dall’altra parte, però, avvicinarsi all’altro stimolandolo, ponendo domande vere con la nostra testimonianza, con la nostra accoglienza, mostrando che Cristo non è solo la verità: lo è; non è solo la bontà: lo è; ma è anche la bellezza, cioè colui che dà senso e pienezza alla vita.

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OGGI MEMORIA  LITURGICA DEL BEATO ORIONE

A DUE MESI DALLA SUA CANONIZZAZIONE

- Intervista con don Angelo Cordischi -

 

Oggi è la festa liturgica del beato don Luigi Orione. Una festa particolare perché tra poche settimane, il 16 maggio prossimo, Giovanni Paolo II proclamerà santo questo sacerdote piemontese vissuto nella prima metà del secolo scorso e che ha dedicato tutta la sua vita ai più poveri, affidando le sue opere alla Divina Provvidenza. Ma quale eredità ha lasciato il futuro santo ai suoi figli, gli Orionini? Giovanni Peduto lo ha chiesto a don Angelo Cordischi, direttore del Centro orionino di Monte Mario:

 

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R. – Essere sempre attenti al prossimo bisognoso. Ma don Orione aveva anche un progetto molto più alto, cioè quello di conoscere ed amare Gesù Cristo, la Chiesa e il Papa attraverso le opere di carità.

 

D. – Quali sono queste opere di carità che oggi voi portate avanti?

 

R. – Sono molteplici, perché don Orione non ha previsto nessun limite alle opere di carità. Ha previsto opere di carità di formazione per i giovani, soprattutto i più poveri, di formazione al lavoro, soprattutto, poi ha previsto assistenza agli anziani, ai disabili, ai vecchi, agli incurabili, agli operai ... qualsiasi categoria di persone per don Orione andava bene.

 

D. – Chi sono i poveri, i malati per voi?

 

R. – “I poveri e i malati sono i nostri padroni” – lui diceva; “noi siamo i servi”. Sulla tradizione del Cottolengo e dei santi della carità, don Orione ci ha sempre insegnato questo. Noi dobbiamo guardare ai poveri come a coloro che rappresentano Gesù Cristo.

 

D. – Ci parli del Centro diretto da lei qui, a Monte Mario ...

 

R. – Questo è un centro polivalente, che potrebbe essere quasi un riassunto del carisma orionino. Qui abbiamo anzitutto un centro di riabilitazione per disabili con persone assistite notte e giorno, soprattutto prevalentemente giovani: disabili di ogni categoria, molto gravi. Poi c’è un centro giovanile, di formazione al lavoro, e qui ci sono circa 450 giovani della periferia di Roma. Molti di loro hanno fallito la scuola superiore e vengono recuperati: a loro viene insegnato un mestiere e noi sappiamo che si inseriscono molto bene, poi, e recuperano un possibile fallimento nella loro vita. C’è anche un centro sportivo aperto a tutto il territorio in cui centinaia di ragazzi, dai più piccoli fino ai più grandi, frequentano soprattutto a fine settimana, e questa è un’opera formativa che rientra anche questa nel carisma orionino. Abbiamo anche un centro di spiritualità presso la cosiddetta “Madonnina”, la Madonnina che veglia dal colle di Monte Mario sulla città di Roma, dell’artista Enrico Minerbi, e lì facciamo ritiri spirituali soprattutto per ragazzi.

 

D. – L’ultima vostra opera, scaturita dalle elemosine del Giubileo, sorge a Monte Mario a Roma e accoglie i pellegrini poveri. Che dire?

 

R. – Questa è un’opera caratteristica; è un po’ il fiore all’occhiello per noi perché il Santo Padre Giovanni Paolo II ci ha dato un fondo per la realizzazione di questa opera per poter accogliere soprattutto disabili provenienti da ogni parte del mondo.

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ALTRE UDIENZE

 

Giovanni Paolo II ha ricevuto nel corso della mattinata, in successive udienze, il cardinale Dario Castrillon Hoyos, prefetto della Congregazione per il Clero, l’arcivescovo emerito della diocesi brasiliana di Sao Sebastiao do Rio de Janeiro, l’arcivescovo Peter Stephan Zurbriggen, nunzio apostolico in Lituania, Lettonia ed Estonia ed amministratore Apostolico "ad nutum Sanctae Sedis"dell'Amministrazione Apostolica di Estonia, l’arcivescovo Timothy Broglio, nunzio Apostolico nella Repubblica Dominicana, con incarico di Delegato Apostolico in Porto Rico, l’arcivescovo Giuseppe Pittau, e un gruppo di vescovi della Conferenza Episcopale dei Paesi Bassi, in visita ad Limina.

 

Inoltre, il Papa ha ricevuto il dottor Pedro Santana Lopes, sindaco di Lisbona, presidente dell’Uccla, l’Unione delle Città Capitali lusitane, africane, americane e asiatiche.

 

 

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

Le prime due pagine, con diversi approfondimenti, sono dedicate alle brutali stragi di ieri a Madrid.

Campeggia il titolo “Gli assassini del futuro non possono uccidere la speranza dell'umanità”.

La Spagna piange i suoi morti ma non si arrende alla brutalità.

 

Nelle vaticane, nel discorso al gruppo dei vescovi della Conferenza episcopale dei Paesi Bassi, Giovanni Paolo II ha esortato i fedeli laici ad essere testimoni dei valori cristiani che hanno contribuito a forgiare l’Europa di oggi.

 

Nelle estere, per la rubrica dell’“Atlante geopolitico”, un articolo di Giuseppe Maria Petrone dal titolo “Russia: un tragico passato per un futuro di riforme”.

 

Nella pagina culturale, un articolo di Irene Iarocci sull’opera di Ikezawa Natsuki intitolata “L’uomo che fece ritorno”.

 

Nelle pagine italiane, in primo piano il terrorismo, in riferimento alle stragi perpetrate a Madrid: potenziati i controlli, presidiate tutte le sedi spagnole.

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

12 marzo 2004

 

 

LA STRAGE DI MADRID: IL PREMIER AZNAR NON SCARTA ALCUNA IPOTESI.

IERI UNA RIVENDICAZIONE DI AL-QAEDA. MA LA PISTA PRINCIPALE RIMANE L’ETA.

SALE IL BILANCIO DELLE VITTIME DELL’ATTENTATO: 198 I MORTI, 1400 I FERITI.

QUESTA SERA A MADRID LA GRANDE MANIFESTAZIONE CONTRO IL TERRORISMO.

 LA SOLIDARIETÀ DI TUTTO IL MONDO

- Intervista con Guido Olimpio, Javier Fernandez Bonelli, mons. Manuel Monteiro

De Castro, José de Carvajal e Joaquín Navarro Valls -

 

Indagini a tutto campo, in Spagna, dopo gli attentati di ieri, costati la vita ad almeno 198 persone. 117 le vittime identificate finora, tra cui 14 stranieri, ed oltre 1.400 i feriti, almeno una quarantina dei quali in gravi condizioni. Oggi è il giorno delle manifestazioni contro il terrorismo, in programma nelle principali città del Paese. Il servizio di Andrea Sarubbi:

 

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Tre giorni di lutto nazionale, ma non basteranno per versare tutte le lacrime. La Spagna intera piange le sue vittime, neppure Juan Carlos nasconde il suo dolore:

 

“VUESTRO REY SUFRE…                

Il vostro re soffre con voi – ha confessato ieri sera in diretta radiotelevisiva – e confida nella forza e nell’efficacia dello Stato di diritto, perché i criminali vengano puniti”.

 

Rimane ancora il problema di chiarire le responsabilità. Alcuni fattori farebbero pensare all’Eta – le elezioni imminenti, il metodo degli zaini imbottiti di esplosivo, gli attentati sventati negli ultimi mesi – altri ad Al Qaeda – la rivendicazione inviata per e-mail ad un quotidiano arabo con sede a Londra, i due anni e mezzo esatti dall’11 settembre, il ritrovamento di un furgone contenente detonatori e cassette del Corano.

 

“ESTO LLEVA…

Proprio questa individuazione – ha detto il ministro dell’Interno, Acebes, porta a non escludere nessuna pista”. Ma le indagini – che stamattina hanno portato anche alla scoperta di un altro ordigno inesploso – sembrerebbero privilegiare per ora quella separatista.

 

“SE HAN INVENTADO…

Si sono inventati – ha detto il portavoce del governo, Zaplana – che sarebbe stato un attentato suicida… qualcuno avrebbe visto un kamikaze musulmano… Ma sono voci diffuse allo scopo di provocare confusione. Tutto ci porta, invece, nella stessa direzione: è stata la banda criminale e terrorista dell’Eta”.

 

Qualunque sia la matrice del gesto, rimane la ferita mortale inferta al Paese. Nella conferenza stampa di questa mattina, il premier Aznar ha tenuto a ribadire che, di fronte al terrorismo, non vale la pena “giocare al lotto”, e comunque le distinzioni sono relative:

 

“NINGUNA SOCIEDAD DEMOCRÁTICA…                               

Nessuna società democratica – ha spiegato – può ammettere che esistano terrorismi di diversi generi o qualificazioni morali. Che esistano terrorismi spiegabili ed inspiegabili. Non ci sono sfumature nella nostra condanna del terrorismo e nella nostra determinazione a combatterlo”.

 

La paura rimane – stamattina la stazione di Atocha è stata evacuata per un falso allarme – mentre continuano a giungere le manifestazioni di solidarietà. A cominciare da quella del Parlamento europeo, che ha deciso di dedicare d’ora in poi la giornata dell’11 marzo alle vittime del terrorismo. Saranno vari i leader politici che, da Paesi diversi, arriveranno nel pomeriggio a Madrid per unirsi al corteo di stasera. Troveranno candele sui davanzali e bandiere listate a lutto, ma soprattutto un Paese intero in marcia, senza distinzioni di partiti. Perché vincere le elezioni di domenica – a questo punto – non è più l’obiettivo principale.

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Numerosi gli appuntamenti in programma, per ricordare le vittime degli attentati. Momenti di preghiera – come la Messa che domani pomeriggio il vescovo di San Sebastián celebrerà nella cattedrale del Buon Pastore – o di raccoglimento, come il minuto di silenzio osservato in tutto il Paese a mezzogiorno di oggi. A Roma, la comunità spagnola si è ritrovata poco fa in piazza Fontanella Borghese, di fronte alla propria ambasciata in Italia. Giada Aquilino ha raccolto le commosse testimonianze dei presenti:

 

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R. – Voglio stare qua perché non posso stare in Spagna, mi piacerebbe veramente, quindi vengo qui, dove la Spagna è rappresentata.

 

D. – Che cosa ti ha lasciato questa gravissima strage a Madrid?

 

R. – Uno stupore, una cosa incredibile. Ieri ho pianto tutto il giorno. E’ una cosa che può accadere a tutti. Tutta quella gente che è morta lì veniva dalle zone più povere di Madrid, dalla parte meridionale, gente che non ha soldi per comprarsi una casa in centro e la compra quindi lontano, sai?

 

D. – Cosa vorresti dire alla tua gente, agli spagnoli, adesso, per dar loro forza?

 

R. – Forza e coraggio!

 

D. – Posso sapere il suo nome?

 

R. – Padre Alfonso, di Toledo, in Spagna.

 

D. – Perché è qui, oggi?

 

R. – Per manifestare il grande dolore che abbiamo, tutta la nazione. Solo un messaggio: ora basta! Che questo sia l’ultimo attentato che si verifica in Spagna. Solo questo.

 

Un pensiero per le vittime dei tragici attentati di Madrid è venuto anche dall’ambasciatore spagnolo in Italia, José de Carvajal, e dal direttore della Sala Stampa vaticana, Joaquín Navarro Valls:

 

R. – Il messaggio è questo: bisogna essere uniti, noi europei e tutta la gente che condivide i valori della nostra civiltà, della nostra libertà e della nostra democrazia.

 

R. – A livello personale sto pregando molto per queste vittime e per le loro famiglie, perché abbiano la forza necessaria in questo momento. Probabilmente, con questo terribile atto, chi lo ha firmato sta firmando la fine della propria autobiografia, no?

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Le indagini, intanto, continuano a percorrere due piste parallele. Quando sembrava certa la matrice dell’Eta, la rivendicazione giunta ieri al giornale Al Quds ha fatto pensare ad un coinvolgimento di Al Qaeda. A Guido Olimpio, esperto di Intelligence del ‘Corriere della Sera’, Roberto Piermarini ha chiesto un giudizio sull’attendibilità delle minacce dei terroristi arabi:

 

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R. - Da una parte costituiscono una traccia investigativa, dall’altra bisogna riconoscere che sono abbastanza tenui, perché il comunicato arrivato a Londra è generico,senza alcun riferimento specifico all’attentato. Non c’è un particolare, all’interno del comunicato, che dimostri che l’attentato sia stato compiuto da loro. Il ritrovamento del furgoncino con i detonatori e le cassette del Corano vicino alle stazioni certamente è invece un segnale: ricorda un po’ la macchina con il Corano ed il manuale di volo trovata a Boston all’indomani dell’11 settembre. Da una parte è possibile che Al Qaeda abbia fatto questo attentato, perché è nelle sue note, dall’altra ci vuole qualcosa di più e quindi bisogna aspettare le prossime ore.

 

D. - Secondo te, ci sono dei legami tra l’Eta e Al Qaeda?

 

R. – Secondo alcuni potrebbe esserci un doppio coinvolgimento, ossia un attentato magari fatto dall’Eta, con una connivenza con elementi vicini ad Al Qaeda. In genere i gruppi terroristici sono molto gelosi delle loro prerogative: se tu sei un gruppo occidentale, tendi a muoverti in un’area occidentale. Però, è vero che l’Eta ha una tradizione di contatti nel mondo arabo. Molti suoi capi, in passato, hanno trascorso anni in Algeria, nello Yemen. Una delle trattative tra il governo spagnolo e l’Eta venne fatta proprio ad Algeri. Si sa che l’Eta ha buoni rapporti negli ambienti legati al traffico di armi in Medio Oriente, e non è da escludere che possa essere nato un patto di azione. Ma non ci sono ancora elementi forti per sostenerlo.

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Ma come è stata accolta in Spagna la notizia della rivendicazione di Al Qaeda agli attentati? Giancarlo La Vella lo ha chiesto a Javier Fernandez Bonelli, dell’Ansa di Madrid:

 

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R. – Diciamo con perplessità, perché la consistenza delle prove che indicherebbero la possibilità di un intervento negli attentati di Madrid di ieri di un gruppo di matrice islamica comunque rimane ancora di poca entità, comparato invece con tutte le evidenze che tenderebbero a dimostrare che si è trattato di un attentato dell’Eta, cosa che invece – comunque – significherebbe ‘un salto di qualità’ notevole per l’Eta: ieri, un politologo del giornale ‘El Pais’ parlava di un ‘salto al Qaeda’, non riferendosi al fatto che fosse al Qaeda la responsabile delle stragi di Madrid, ma che forse l’Eta ha deciso di fare sua una nuova strategia ‘alla’ al Qaeda. E questo è ancora più preoccupante!

 

D. – Tu escluderesti anche un collegamento tra l’Eta e gruppi eversivi islamici?

 

R. – Io credo che non esistono ancora prove certe. L’unica – drammatica, orribile – novità sta nel fatto che, evidentemente, questa volta si sia attaccato con l’intenzione di uccidere indiscriminatamente.

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Ma come la Chiesa ha vissuto la drammatica giornata di ieri a Madrid? Fabio Colagrande lo ha chiesto a mons. Manuel Monteiro De Castro, nunzio apostolico in Spagna:

 

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R. – La posizione della Chiesa cattolica è uniforme: essa condanna tutto quanto sia contro la vita umana. Un atto come questo non ha qualifica, perché si tratta di un omicidio di massa, indiscriminato, non ha nessun senso!

 

D. – La Chiesa cattolica in Spagna può avere un ruolo importante anche per combattere il terrorismo?

 

R. – Senz’altro: invitando alla preghiera e camminando uniti: questo è quello che fa cambiare la mente della gente. Come dico, gli atti terroristici sono compiuti da pochi, ma dobbiamo arrivare a cambiare la mente anche di questi pochi!

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NELLA CULTURA, IL MONDO CATTOLICO E’ VITALE MA SPESSO FRAMMENTATO:

COSI’ IL CARDINALE VICARIO CAMILLO RUINI, CHE IERI HA APERTO A ROMA IL TERZO INCONTRO PROMOSSO DAL SERVIZIO CEI PER IL PROGETTO CULTURALE

- Servizio di Ignazio Ingrao -

 

Il mondo cattolico manifesta in Italia grande vitalità, attraverso “istituzioni, scuole, riviste, realtà locali”, ma accanto a questa “creatività e varietà di idee”, va rilevata “una certa frammentarietà che caratterizza il panorama delle molte attività realizzate”. E’ l’avvertimento del presidente della Cei, il cardinale vicario Camillo Ruini, che ieri ha aperto a Roma il terzo incontro promosso dal Servizio Cei per il Progetto culturale, alla presenza di oltre 300 rappresentanti di realtà culturali ed ecclesiali. L’iniziativa si aggiunge ai forum, ai seminari e ai corsi promossi dal Servizio nazionale ed è incentrato sul tema “Nel cantiere del progetto culturale”. Ma torniamo ai passaggi fondamentali del discorso del cardinale Ruini con il servizio di Ignazio Ingrao:

 

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“Nelle numerose iniziative promosse in questi dieci anni nell’ambito del Progetto culturale della Chiesa italiana – ha osservato il cardinale Ruini – si è osservato il polso della vitalità del mondo cattolico, specificamente di quello impegnato nel campo della cultura”. Una rete – ha spiegato il presidente della Cei – fatta di istituzioni, scuole, riviste, realtà locali. Creatività e radicamento sul territorio – ha sottolineato – sono due degli elementi positivi che caratterizzano questa rete della cultura della Chiesa in Italia. Contrariamente ai luoghi comuni diffusi anche nei nostri ambienti – ha notato il cardinale Ruini – la Chiesa italiana è ancora una realtà di popolo.

 

Un indicatore è rappresentato dalla stampa che offre una grande e costante quantità di notizie e commenti riguardanti il contesto ecclesiale, segno di un’attenzione non sporadica. Non mancano, tuttavia, gli elementi problematici sui quali il cardinale ha invitato la comunità ecclesiale ad impegnarsi, in particolare rispetto alla frammentarietà delle iniziative messe in atto in campo culturale, e la scarsa incidenza e rilevanza del Progetto culturale nell’ambito della cultura pubblica del nostro Paese. Il presidente della Cei ha indicato perciò alcuni filoni di lavoro per i prossimi mesi: una rivisitazione dinamica della lezione del Concilio Vaticano II, l’accompagnamento degli universitari nel loro itinerario di fede e il rinnovamento della parrocchia. Sono tre versanti di impegno che potranno aiutare la Chiesa a far crescere la propria incidenza culturale nel Paese.

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PRESENTATO IL CALENDARIO DELLE INIZIATIVE PER IL CENTENARIO

DELLA SINAGOGA DI ROMA. CULMINE DELLE CELEBRAZIONI IL 23 MAGGIO

- Ai nostri microfoni Leone Paserman -

 

La Sinagoga di Roma compie 100 anni. Costruito nel 1904, il Tempio maggiore è il luogo centrale per la preghiera della comunità ebraica romana, la più antica d’Europa. Gli ebrei arrivarono, infatti, a Roma già dal secondo secolo avanti Cristo e, dunque, prima della diaspora provocata dall’imperatore Tito. Ieri sono state presentate le celebrazioni per questo centenario, il cui culmine sarà il 23 maggio. Il servizio di Debora Donnini:

 

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         Costruito nel 1904, il Tempio maggiore di Roma sorge sulle rovine dell’ex ghetto che fu edificato quando, per formare gli argini del Tevere, vennero demoliti edifici della zona. Gli architetti furono Vincenzo Costa e Osvaldo Armanni. Una presenza ininterrotta nei secoli quella degli ebrei di Roma, come ci conferma il presidente della comunità, Leone Paserman:

 

“E’ stata una presenza ininterrotta per 22 secoli. La caratteristica principale di questa presenza è stata la sua continuità. Gli ebrei sono stati espulsi quasi dappertutto, dall’Inghilterra, dalla Francia,dalla Spagna, dall’Europa orientale, eccetera, a Roma è sempre stata vitale una comunità ebraica abbastanza fiorente”.

 

Un edificio possente, si è ricordato durante la conferenza stampa, per rappresentare la riconquistata libertà degli ebrei dopo oltre 3 secoli di ghetto. Si respira, dunque, gioia nella comunità ebraica per questo centenario che, lungo il corso dell’anno, vedrà diverse manifestazioni: da una mostra sulla costruzione del tempio maggiore che si aprirà il 13 maggio, all’emissione di due francobolli celebrativi del centenario a cura delle amministrazioni postali d’Italia e di Israele. E ancora, a giugno, un convegno sul contributo ebraico all’Europa e un concerto, il 17, dell’orchestra di Santa Cecilia sotto la direzione del Mastro Iaron Traub. Il momento clou sarà il 23 maggio. Alla cerimonia sarà presente il presidente della Repubblica italiana Ciampi, le autorità italiane e i due capi rabbini d’Israele. Sentiamo ancora il presidente della Comunità ebraica di Roma:

 

“Il 23 maggio ci sarà la cerimonia solenne in Sinagoga. Abbiamo invitato anche il Pontefice. Ci auguriamo che potrà partecipare”.

 

Una presenza, quella della Sinagoga – ha ricordato il sindaco di Roma Veltroni – che fa parte della città e dunque il centenario riguarda tutti i romani.

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CHIESA E SOCIETA’

12 marzo 2004

 

 

I CRISTIANI E L’INTEGRAZIONE EUROPEA IN PRIMO PIANO AL CONGRESSO

DELLE ASSOCIAZIONI CRISTIANE, AL VIA OGGI A GNIEZNO IN POLONIA.

L’EVENTO CULTURALE ECUMENICO E’ PROMOSSO DAL FORUM DI SANT’ADALBERTO

 

GNIEZNO. = “L’Europa dello spirito. I cristiani nel processo di integrazione europea”: è il tema del Congresso di movimenti e associazioni cristiane, organizzato dal Forum di Sant’Adalberto a Gniezno in Polonia. All’iniziativa ecumenica prendono parte oltre 500 partecipanti di tutto il Vecchio Continente, tra cui figure di spicco come Chiara Lubich, Kiko Argüello e Andrea Riccardi e ancora porporati e vescovi, politici europei e rappresentanti del mondo della cultura. L’incontro vuole essere un’occasione di riflessione e scambio sul coinvolgimento dei cristiani nella vita pubblica e sulla loro responsabilità nei confronti dell’Europa, attraverso i contributi di esperienze distinte e con l’apporto delle diverse tradizioni cristiane. Tra gli interventi della sessione inaugurale quelli dell’arcivescovo di Gniezno, Henryk Muszyński, del Primate polacco cardinale Józef Glemp, dell’arcivescovo ortodosso di Wrocław Jeremiasz e l’arcivescovo Stanisław Ryłko, presidente del Pontificio Consiglio per i Laici. (A.G.)

 

 

LA DIOCESI DI MANTOVA CELEBRA OGGI I SUOI 1200 ANNI DI STORIA.

IN OCCASIONE DELL’EVENTO GIUBILARE, L’OSTENSIONE DEI SACRI VASI

CHE SECONDO LA TRADIZIONE CONTERREBBERO IL SANGUE DI CRISTO

 

MANTOVA. = La diocesi di Mantova celebra oggi i suoi 1200 anni di storia. L’evento giubilare sarà celebrato con un evento straordinario: l’esposizione dei Sacri Vasi, che secondo la tradizione conterrebbero il sangue di Cristo. La cattedrale mantovana di Sant’Andrea, nella cui cripta sono conservati i due reliquari sarà aperta tutta la giornata per consentire ai fedeli di assistere all’eccezionale avvenimento. Rito, che verrà ripetuto il 9 aprile, Venerdì Santo. Le origini della diocesi si fanno risalire al 12 marzo dell’804, data del primo documento ufficiale che testimonia l’esistenza della diocesi. “Da tempo – spiega al quotidiano Avvenire, il vescovo Egidio Caporello – questa ricorrenza è stata annunciata come Giornata di Spiritualità per tutta la diocesi anche a sostegno dell’itinerario quaresimale che porta alla Pasqua. La giornata di oggi – prosegue il presule – ha una sua singolare attrattiva e avrà la sua più intensa celebrazione nella cattedrale di Sant’Andrea che proprio nella cripta, restaurata in questi anni” custodisce i Sacri Vasi. “Lontana nel tempo – prosegue – è la tradizione della sua venerazione e della sua forte devozione risalente a san Longino, il soldato che con la sua lancia aprì il cuore di Gesù, ormai morto sulla Croce”. Tre i momenti forti della giornata: la Messa del mattino, con l’ostensione della Croce e dei Sacri Vasi; l’ora santa del primo pomeriggio, che proporrà la contemplazione della “via del Sangue e della gloriosa passione di Gesù” e infine la celebrazione vespertina a cui parteciperanno i giovani della Giornata mondiale della Gioventù. (A.G.)

 

 

UN PARLAMENTO CONGIUNTO DEI PAESI ATTRAVERSATI DAL NILO PER REGOLARNE

LO SFRUTTAMENTO DELLE ACQUE E RILANCIARE LA POLITICA AGRICOLA.

È LA PROPOSTA AVANZATA IERI AL CAIRO DA EGITTO, ETIOPIA E SUDAN

- A cura di Paolo Cappuccio -

 

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IL CAIRO. = Il Nilo, 6671 chilometri di acqua, che da secoli scandiscono il ritmo della vita di dieci Paesi africani, vedrà forse finalmente la nascita di un piano per lo sfruttamento più razionale delle proprie acque. Dopo 75 anni di controversie al riguardo, Egitto, Etiopia e Sudan hanno raggiunto un’intesa di massima per la creazione di un parlamento congiunto che dovrà discutere il problema della distribuzione delle risorse idriche. Si attende ora il parere dei restanti sette Paesi attraversati dal grande fiume a questa proposta. Questo parlamento potrebbe essere la soluzione definitiva e pacifica della questione delle acque del Nilo, nonché un mezzo per il rilancio della politica agricola nei territori attraversati dal fiume. Attualmente la gestione del flusso delle acque è regolata da un accordo del 1929, rivisto nel ‘59, che sostanzialmente vieta ai Paesi a sud dell’Egitto ogni azione atta a ridurre l’afflusso delle acque che raggiungono l’estuario del fiume.

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LA QUARESIMA SIA TEMPO DI PREGHIERA, EVANGELIZZAZIONE E

SOLIDARIETA’ VERSO I POVERI: E’ QUANTO SCRIVONO I PRESULI DEL

VIETNAM IN UNA LETTERA AI FEDELI IN PREPARAZIONE ALLA PASQUA

 

HO CHI MINH CITY. = Vivere la Quaresima come tempo propizio per l’evangelizzazione: è l’esortazione consegnata ai fedeli dai Vescovi del Vietnam, in occasione del tempo liturgico quaresimale 2004, che la Conferenza Episcopale vietnamita ha dichiarato “Anno dell’Evangelizzazione”. Il cardinale Jean Baptiste Pham Minh Man, arcivescovo di Ho Chi Min City, in una lettera pastorale – diffusa dall’agenzia Fides – ha esortato i fedeli alla preghiera, al digiuno e a compiere gesti di solidarietà che aiutino a trovare la pace in se stessi, comunione con Dio e buone relazioni con il prossimo. I cattolici – scrive il porporato – non possono proclamare il messaggio del Vangelo in modo efficace se non pregano e operano nella loro vita come ha fatto Gesù. “Digiunare - afferma - non significa solo trattenersi dal mangiare, bere o spendere denaro. Il digiuno ci aiuta a superare l’istinto che ci fa vivere egoisticamente e maliziosamente e ci rende capaci di seguire i passi di Gesù in una missione di amore e servizio”. Il cardinale, inoltre, invita i fedeli a essere generosi nel donare offerte per la ristrutturazione del seminario minore diocesano, che il governo vietnamita ha da poco restituito alla Chiesa cattolica. Anche mons. Paul Bui Van Doc, vescovo di My Tho, ha inviato un messaggio quaresimale ai fedeli della sua diocesi. Il presule esorta i fedeli alla condivisione con i poveri, ricordando anche tutti coloro che sono improvvisamente caduti in miseria per lo scoppio dell’influenza aviaria. Secondo dati ufficiali, il 15 per cento della produzione nazionale di pollame è stata soppressa, con perdite di oltre 700 milioni di dollari. (A.G.)

 

 

UN QUINTO DEGLI AUSTRALIANI VIVE IN STATO DI POVERTA’:

A LANCIARE L’ALLARME E’ UN RAPPORTO DEL SENATO FEDERALE,

MA IL PREMIER JOHN HOWARD CONTESTA I DATI DELL’INDAGINE

 

SYDNEY. = Quasi quattro milioni di australiani - un quinto della popolazione - vivono ormai in povertà, con meno di 400 dollari australiani (240 euro) a settimana e molte famiglie non si possono nemmeno permettere di dare la prima colazione ai bambini. A dare l’allarme è un rapporto d’inchiesta del Senato federale. Si tratta della prima indagine di questo tipo in 30 anni, che mostra drammaticamente il divario fra ricchi e poveri nella benestante Australia. Il senatore laburista Steve Hutchins, che ha presieduto l’inchiesta durata 12 mesi, ha osservato che una delle tendenze più allarmanti è rivelata dal numero di bambini - 700 mila - che vivono in unità familiari senza un genitore che lavori a tempo pieno. Oltre il 20 per cento degli australiani non si possono permettere di comprare le medicine per i figli e non hanno denaro per comprare i libri di testo e mandarli a scuola. La commissione raccomanda di adottare una strategia nazionale per attaccare la povertà creando una nuova entità istituzionale che coinvolga tutti i livelli di governo (federale, statali e municipali) e rappresentanti della società. Chiede inoltre l’aumento del salario minimo, il potenziamento di pensioni e sussidi e inoltre un migliore accesso a servizi pubblici di alloggio, sanità, istruzione e addestramento. Il premier conservatore John Howard ha respinto con decisione le conclusioni del rapporto, affermando che negli ultimi 20 anni un numero crescente di australiani ha trovato lavoro, i salari sono aumentati e i pagamenti di previdenza sociale alle famiglie sono aumentati. “E’ giusto dire che i ricchi siano diventati più ricchi, ma non è vero che i poveri lo siano diventati di più”, ha dichiarato il premier, da otto anni al governo.(A.G.)

 

 

 

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24 ORE NEL MONDO

12 marzo 2004

 

 

- A cura di Dorotea Gambardella -

 

 

Con 193 sì e 2 voti contrari, il Parlamento sudcoreano ha approvato la mozione di impeachment a carico del presidente Roh-Moo-Hyun per una infrazione alla legislazione elettorale. Il voto si è svolto in un clima infuocato per la resistenza dei deputati filo-governativi, che hanno cercato di impedire le votazioni. Ora i poteri di Roh-Moo-Hyun sono trasferiti temporaneamente al premier Go Kum, in attesa del pronunciamento della Corte Costituzionale, l’unico organo in grado di destituire il capo dello Stato. I particolari nel nostro servizio:

 

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Prima i tafferugli, poi, in un Parlamento dove erano rimasti soltanto due partiti d’opposizione ma con la maggioranza in mano, un verdetto che ha scritto stamani una pagina inedita nella storia sudcoreana. L’impeachment del presidente Roh Moo Hyun, 57 anni, al potere dal febbraio 2003 con un mandato di 5 anni ma da oggi  sull’orlo della destituzione definitiva dopo appena 13 mesi di governo. Le accuse presentate dall’opposizione sono d’incompetenza e di aver appoggiato pubblicamente il nuovo Partito Uri, a poco più di un mese dalle elezioni generali previste per il 15 aprile prossimo. Ma, secondo gli analisti, la vera ragione è che i conservatori del “Grande Partito nazionale” e i moderati del “Partito democratico” temono di perdere seggi a favore, appunto, del nuovo schieramento. La decisione finale sulla messa in stato d’accusa spetta alla Corte Suprema, di cui Roh Moo Hyun, dicendosi fiducioso in un rovesciamento del verdetto parlamentare, ha sollecitato un rapido pronunciamento. In base alla costituzione sudcoreana, la Corte, formata da 9 membri, deve decidere entro sei mesi da oggi se confermare o rigettare l’impeachment. Per indurre alle dimissioni un capo di Stato è richiesta una maggioranza di due terzi dei 9 giudici. Intanto, Roh-Moo-Hyun vede da oggi congelati tutti i suoi poteri, trasferiti temporaneamente al primo ministro Go Kum. L’opinione pubblica non condivide la scelta delle opposizioni, poiché adottata in base ad una violazione minore delle leggi elettorali che impongono, appunto, ai funzionari pubblici la neutralità in caso di elezioni. Ed a giudicare la violazione “minima e controversa” è la stessa maggioranza dei giuristi, la quale, secondo l’agenzia di stampa locale, Yonhap, ritiene che la Corte boccerà la decisione del Parlamento.

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Non si placa la violenza in Iraq. Due soldati americani sono morti ed un terzo è rimasto ferito nell’esplosione di una bomba al passaggio dell’automezzo sul quale viaggiavano, a 70 chilometri ad ovest di Baghdad. Salgono così a 267 i militari statunitensi uccisi nel Paese da quando è stata dichiarata la fine delle ostilità, il primo maggio scorso. Un portavoce delle forze di coalizione ha riferito, inoltre, che nella città di Bassora, due donne irachene, a bordo di un taxi, sono state uccise da colpi di arma da fuoco. Intanto, il comandante delle truppe terrestri americane, Ricardo Sanchez, ha annunciato, ieri, che l’esercito Usa resterà in Iraq ancora per un anno.

 

Medio Oriente: il ritiro unilaterale di Israele da gran parte della Striscia di Gaza inizierà il primo maggio. A renderlo noto, oggi, è il settimanale locale Makor Rishon, ma la notizia non è stata, per ora, confermata. I programmi sono stati illustrati, ieri, dal premier dello Stato ebraico, Ariel Sharon, ad una delegazione dell’amministrazione Bush, che oggi incontrerà il ministro degli Esteri israeliano, Silvan Shalom.

 

In Italia, sono stati assolti per non aver commesso il fatto i tre imputati principali della strage di piazza Fontana, avvenuta il 12 dicembre 1969 alla Banca dell’Agricoltura di Milano. La sentenza è stata emessa dai giudici della seconda Corte d’Assise d’Appello del capoluogo lombardo. In primo grado Delfo Zorzi, Carlo Maria Maggi e Giancarlo Rognoni erano stati condannati all’ergastolo. Ridotta, invece, la pena per Stefano Tringali, accusato di favoreggiamento, da tre a un anno di reclusione. A distanza di quasi 35 anni, quindi, quella di piazza Fontana resta una strage impunita. Non sono bastati otto processi, infatti, per individuare mandanti ed esecutori del primo clamoroso attentato della storia dell’Italia repubblicana, in cui persero la vita 17 persone e 84 rimasero ferite. Tante le piste battute, da quella anarchica a quella neofascista con inchieste che hanno coinvolto anche i servizi segreti.

 

Restiamo in Italia. Migliorano le condizioni del ministro delle Riforme e leader della Lega Nord, Umberto Bossi, colpito ieri da insufficienza cardiaca. Secondo l’ultimo bollettino medico emesso stamani da Stefano Zenoni, direttore sanitario dell’ospedale di Varese dove il “senatur” è ricoverato, le condizioni cliniche di Bossi si possono definire “stazionarie ed inducono fiducia sulla futura evoluzione”.

 

La situazione ad Haiti resta pericolosa e imprevedibile. È l’allarme lanciato ancora una volta dalla Casa Bianca, dopo i nuovi scontri di ieri a Port au Prince, che hanno causato 2 morti e 7 feriti. Intanto, l’ex capo di Stato, Jean Bertrand Aristide, lascerà a breve il Centrafrica, come ci conferma Maurizio Salvi:

 

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All’inizio della prossima settimana Jean-Bertrand Aristide lascerà la Repubblica Centroafricana per recarsi in Jamaica, non lontano da Haiti, dove il premier locale P.J. Patterson ha, di recente, dichiarato di considerare l’allontanamento di Aristide un vero e proprio colpo di Stato. Questa decisione rischia di essere come un bidone di benzina lanciato sul fuoco, visto che la situazione dell’ordine pubblico a Port-au-Prince e in altre città è lungi dall’essere controllata. Ancora ieri, infatti, la polizia ha sparato sui manifestanti filo-Aristide, causando morti e feriti, mentre i marines cercano di disarmare la popolazione in un’impresa che ha caratteristiche titaniche. Gli Stati Uniti e la Francia continuano a dire che le dimissioni del presidente, ora esule, sono state del tutto regolari anche se la Comunità del Caribe – Caricom – e ora anche il Sudafrica chiedono un’inchiesta internazionale. All’interno di questa polveriera, il premier designato, Gérard Latortue, ha cominciato ad elaborare la lista dei ministri del suo governo, incontrando per questo il presidente ad interim, Boniface Alexandre.

 

Maurizio Salvi, per la Radio Vaticana.

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Quarantatrè terroristi. Questo il bilancio degli scontri avvenuti negli ultimi due giorni in Ciad, alla frontiera con il Niger, tra le truppe governative e i militanti islamici. Lo ha reso noto, oggi, un portavoce dell’esecutivo di N’Djamena.

 

Ancora sangue in Afghanistan. Una jeep con a bordo soldati afghani è esplosa, oggi, al passaggio su una mina. Un militare è morto e altri cinque sono rimasti feriti. Il fatto, secondo quanto riferisce un testimone, è avvenuto nel distretto di Yaqubi, nell’est del Paese. Al momento, nessuno ha rivendicato l’attentato.

 

Una parete di roccia è crollata in una miniera a Lazy, nella Repubblica Ceca. Undici operai sono rimasti coinvolti nell’incidente, sette sono morti. Secondo quanto riferito da una portavoce della società di estrazione Okdo, il crollo è stato provocato da una forte scossa, ma non è chiaro di quale natura.

 

Stop ai matrimoni omosessuali. Lo ha ordinato, ieri, la Corte Suprema della California. Quelli già celebrati, 3.700, non sono stati dichiarati nulli o illegali.

 

L’esploratrice franco-finlandese Dominik Arduin, di cui mancano notizie da venerdì scorso, sarebbe viva e starebbe continuando la sua corsa in solitario per raggiungere il Polo Nord. Ne sono convinti i soccorritori, che hanno trovato i resti di un campo, su una zona di ghiaccio solido.

 

 

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