RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVIII n. 69 - Testo della Trasmissione di martedì 9 marzo 2004
IL PAPA E LA SANTA SEDE:
Pubblicato il nuovo Direttorio per il ministero pastorale
dei vescovi
OGGI
IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
Ancora
violenza in Iraq all’indomani della firma della nuova Costituzione provvisoria
irachena
Annunciate
le nomine dei ministri dei nuovi governi russo e greco.
9
marzo 2004
ANIMARE
IL CAMPO DELLE COMUNICAZIONI SOCIALI DI UMANITA’ E SPIRITUALITA’
ISPIRANDOSI ALL’INTER MIRIFICA:
COSI’ IL PAPA AI MEMBRI DEL PONTIFICIO
CONSIGLIO DELLE COMUNICAZIONI
SOCIALI, RIUNITI IN PLENARIA
A 40 ANNI DAL DECRETO CONCILIARE INTER
MIRIFICA
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I ENCOURAGE YOU TO DRAW INSPIRATION ....
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“Continuare a impegnarsi per
animare il vasto campo delle comunicazioni sociali di umanità e spiritualità,
traendo ispirazione dall’Inter Mirifica”: sono le parole di incoraggiamento
rivolte dal Papa, questa mattina, ai membri del Pontificio Consiglio delle
Comunicazioni Sociali riuniti da ieri fino al 12 marzo nell’Assemblea
Plenaria. 40 anni fa, il decreto del
Concilio Vaticano II, “Inter Mirifica”, sugli strumenti di comunicazione
sociale apriva la strada a un impegno nuovo della Chiesa in tema di mezzi di
comunicazione. Nell’intervista di Giovanni Peduto, l’arcivescovo John Foley,
presidente del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni sociali, spiega quale
sia l’impegno di riflessione in questa Plenaria:
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R. –Abbiamo chiesto ad ogni membro di presentare un’idea
riguardante gli aspetti più importanti dei mezzi della comunicazione sociale
nella Chiesa e anche nella società, durante questi 40 anni, e di esprimere un
sogno: cosa vorremmo vedere nei prossimi 10 anni nelle comunicazioni sociali
della Chiesa e della società. Un’altra cosa che dovremo discutere sarà il
cinema e la spiritualità, perché alcuni membri hanno chiesto un documento su
questo tema. Quindi, discuteremo un progetto di documento dedicato a questo.
D. – Eccellenza, la Chiesa ancora oggi trova difficoltà
nel far sentire la sua voce attraverso i mass media. Perché?
R. – Abbiamo assistito ad una secolarizzazione della
società, grazie anche alla privatizzazione dei mass media e alla
deregolamentazione dei mezzi elettronici. Abbiamo visto che i proprietari e i
governi stessi non danno importanza alla religione e alla spiritualità. C’è
meno tempo, meno spazi disponibili per la religione nei mezzi elettronici. E
molti, nell’ambito delle notizie e dei telegiornali, non pensano alla religione
come ad una parte essenziale della vita umana, purtroppo. Quindi, abbiamo una
diminuzione della presenza della religione e della spiritualità, grazie anche
al mercato che dà importanza alle cose materiali per vendere. Viviamo in un
ambiente molto materialista. Quindi, è molto importante per la Chiesa avere
propri mezzi. Lo stesso Concilio Vaticano II lo ha detto nel documento Inter
Mirifica. Abbiamo sempre avuto dei libri. Il primo libro stampato è stato la
Bibbia. Da tempo abbiamo la stampa cattolica. E adesso dobbiamo avere di più:
radio e televisioni cattoliche. Attualmente però le televisioni sono molto
care. Le spese sono enormi per sviluppare le televisioni. E’ necessario allora
avere buone relazioni con gli altri mezzi, i mezzi pubblici e i mezzi privati,
per avere la sicurezza che la religione entri in questi mezzi, per riflettere
la totalità della vita umana. Perché l’uomo non vive di solo pane, ma anche
della parola che viene da Dio. Dobbiamo anche avere la possibilità di formare
gente che abbia una sensibilità religiosa e spirituale per realizzare degli
spettacoli che siano sensibili alle realtà religiose e spirituali.
D. – Eccellenza, immagini che lei adesso stia tenendo una
conferenza a dei giornalisti: quali consigli darebbe loro?
R. – Certamente, di dire sempre e solo la verità. Abbiamo
bisogno della verità nei mezzi di comunicazione e nella società. Secondo, non
cercare solo i problemi, ma anche delle soluzioni, cercare persone che stanno
facendo qualcosa per risolvere i problemi della società, perché anche questo fa
notizia. Io non dico che i giornalisti non debbano parlare dei problemi della
società, ma devono anche cercare le soluzioni e le persone che stanno facendo
qualcosa per risolvere questi problemi. Ci sono tre principi nelle comunicazioni:
la verità, il bene comune e la dignità della persona umana, di ogni persona,
quando facciamo i nostri programmi. Perché stiamo lavorando per persone che
hanno una dignità e dobbiamo trattarle con dignità.
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IL PAPA HA NOMINATO IL NUOVO PRESIDENTE DELLA
PONTIFICIA ACCADEMIA
DELLE SCIENZE SOCIALI: E’ LA PROFESSORESSA
MARY ANN GLENDON,
DOCENTE
DI DIRITTO AD HARVARD. NEL 1995, GUIDO’ LA DELEGAZIONE
VATICANA
ALLA CONFERENZA DI PECHINO SULLA DONNA
-
Servizio di Alessandro Gisotti -
Giovanni
Paolo II ha nominato presidente della Pontificia Accademia delle Scienze
sociali la 65enne professoressa Mary Ann Glendon, docente di diritto
all'università americana di Harvard. La Glendon è stata la prima donna a
guidare una delegazione della Santa Sede. Incarico che ricoprì alla Conferenza
dell’Onu sulla donna svoltasi nel 1995 a Pechino. Per un profilo del nuovo
presidente dell’autorevole organismo scientifico vaticano, il servizio di
Alessandro Gisotti:
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Nata
nel 1938 a Pittsfield, nel Massachusetts - sposata con tre figlie - Mary Ann
Glendon, docente ad Harvard, ha insegnato diritto all’Università di Boston e
alle Pontificie università Gregoriana e Regina Apostolorum di Roma. Fa parte
della Pontificia Accademia delle Scienze sociali dal gennaio 1994 ed ha
guidato la delegazione vaticana alla Women’s Conference di Pechino.
Numerosi i campi di ricerca della professoressa Glendon tra cui, in
particolare, la bioetica e i diritti umani. Sostenitrice della dignità della
persona, ha scritto numerosi libri sulla vita familiare, sociale e politica,
denunciando i mali dell’aborto e del divorzio. Ha ricevuto numerose Lauree Honoris
Causa e premi internazionali. Dal 2001 fa parte del Consiglio
presidenziale degli Stati Uniti sulla Bioetica che esamina questioni inerenti
la legislazione sulla famiglia, il diritto del lavoro e le norme costituzionali
dal punto di vista del diritto comparato e del pensiero sociale cattolico.
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PUBBLICATO
IN LINGUA ITALIANA IL NUOVO DIRETTORIO PER I VESCOVI,
CHE
AGGIORNA L’EDIZIONE DEL 1973. UNO STRUMENTO PASTORALE PRATICO
IN
RISPOSTA ALLA ESIGENZE DEL TERZO MILLENNIO
Il nuovo Direttorio per il
ministero pastorale dei vescovi, pubblicato in questi giorni in lingua italiana,
aggiorna l’edizione del 1973, che si intitolava “Ecclesia imago”, e prende il
nome dall’incipit “Apostolorum successores”. Il testo, che tiene conto di vari
documenti pontifici di questi anni e, in particolare, dell’Esortazione
Apostolica “Pastores gregis”, viene incontro ai profondi mutamenti avvenuti
nella società. Raccoglie proposte e suggerimenti emersi dalla X Assemblea
Generale Ordinaria del Sinodo dei vescovi del 2001. Il servizio di Fausta
Speranza:
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Uno strumento pastorale e pratico
per il vescovo, quale punto di riferimento per il suo servizio ecclesiale, in
risposta alle esigenze della Chiesa e della società di oggi. E’ questo il
Direttorio, che si è arricchito di
parti nuove perché diverse sono le sfide del terzo millennio. Novità assoluta è
il capitolo terzo, riguardante la spiritualità e la formazione permanente del
vescovo, in cui si elencano le doti che devono sostenere il ministero
pastorale: prudenza, ricca umanità, umiltà, castità, bontà, sincerità, capacità
di ascolto e di dialogo. Ricordando che il vescovo è il “centro di unità della
chiesa particolare”, il documento indica anche quali sono le realtà cui
dedicare particolare attenzione: la famiglia, i giovani, gli emigrati. E
chiarisce l’obiettivo: un’azione a favore della giustizia e della pace. Un
capitolo a parte è dedicato alla Parrocchia, definita “chiesa presente tra le
case degli uomini”. Si offrono indicazioni su come adattare l’assistenza
parrocchiale a specifiche necessità, come ad esempio quelle delle grandi città.
Per poi sottolineare l’importanza della visita pastorale, messa in luce
dall’ultimo sinodo dei vescovi. Si ricorda il ruolo di coloro che per volontà divina sono i Pastori della
Chiesa, con il compito di insegnare il Vangelo, santificare ed essere guide
spirituali. A questo proposito, resta fondamentale quanto afferma San Paolo: la
Chiesa è stata “edificata sul fondamento degli Apostoli” (Ef. 2,20).
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LE SFIDE ATTUALI PER LA CHIESA OLANDESE AL CENTRO
DI UN RAPPORTO PRESENTATO IERI A ROMA IN OCCASIONE DELLA VISITA AD LIMINA DEI
PRESULI DEI PAESI BASSI. AI NOSTRI MICROFONI: IL CARDINALE ADRIANUS JOHANNES
SIMONIS,
PRESIDENTE
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE OLANDESE
E’ in corso in questi giorni la visita ad limina
dei vescovi olandesi. Proprio in occasione di tale evento, la Conferenza
episcopale dei Paesi Bassi ha presentato a Roma un rapporto sullo stato della
Chiesa in Olanda da cui emerge che circa il 31 per cento della popolazione è di
fede cattolica. Il documento mette in luce le problematiche più urgenti che
oggi deve affrontare la Chiesa olandese: dagli effetti della secolarizzazione
al calo di partecipazione dei fedeli alle funzioni religiose. Sugli elementi
più significativi di questo rapporto, Alessandro Gisotti ha intervistato il
cardinale Adrianus Johannes Simonis, arcivescovo di Utrecht e presidente della
Conferenza episcopale dei Paesi Bassi:
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R. – Penso che il rapporto sia molto realistico; c’è una
caduta nella presenza attiva dei fedeli nelle chiese e nelle città è ancora peggio.
Noi vediamo le conseguenze della secolarizzazione, soprattutto nei giovani.
L’altro aspetto è che abbiamo una Chiesa con tante persone impegnate, i
cosiddetti ‘volontari’, che fanno molto per la Chiesa, per la catechesi, per la
liturgia nelle parrocchie. Oggi la polarizzazione che abbiamo avuto per 20-30
anni è finita, più o meno. C’è maggiore unità. Questa è peraltro una situazione
molto diffusa, non soltanto nella Chiesa, ma proprio nel Paese come tale. Anche
i giovani della nuova generazione sono molto più aperti alla fede, per le cose
religiose, non c’è più l’antica ostilità nei riguardi della Chiesa. Anche se
non praticano molto, noi siamo fiduciosi: sappiamo che come Chiesa dobbiamo
diventare più e più missionari. Noi abbiamo fatto nostro l’invito del Santo
Padre per l’anno 2000: Duc in altum!
D. – Quali sono le sfide più significative per la Chiesa
in una società così secolarizzata come quella olandese?
R. – Il punto nevralgico è che la religione è
“privatizzata”. Ci sono voci, nel nostro Paese, che dicono che lo Stato, il
governo debbano essere assolutamente neutrali perché c’è separazione tra Stato
e Chiesa e questo è un punto di vista sbagliato, perché la separazione tra
Stato e Chiesa non vuol dire separazione tra la vita e la religione. Questo è
un punto difficile da comprendere in una società secolarizzata, e noi vescovi
facciamo di tutto, anche nei nostri contatti con i partiti politici, per
cambiare questa mentalità.
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ALTRE
UDIENZE
Il Santo Padre nel
corso della mattina ha ricevuto in
udienza mons. Diego Causero, arcivescovo tit. di Grado, nunzio apostolico nella
Repubblica Ceca; mons. Renzo Fratini, arcivescovo tit. di Botriana, nunzio
apostolico in Nigeria; padre Izydor Matuszewski, priore generale dei
Monaci di San Paolo primo eremita e infine mons. Roberto Octavio González
Nieves, arcivescovo di San Juan de Puerto Rico.
RINUNCE E NOMINE
Il Papa ha nominato vescovo coadiutore di Kansas
City-Saint Joseph, negli Stati Uniti, mons. Robert W. Finn, del clero
dell’arcidiocesi di Saint Louis, finora direttore della rivista diocesana
“Saint Louis Review”.
Sempre negli Stati Uniti, ha nominato vescovo di
Ogdensburg mons. Robert Joseph Cunningham, attuale amministratore diocesano
della diocesi di Buffalo, parroco della parrocchia di S. Luigi.
Ha nominato vescovo di Springfield in
Massachusetts mons. Timothy Anthony McDonnell, finora vescovo titolare di
Semina ed ausiliare dell’arcidiocesi di New York.
E, accettando la rinuncia al governo pastorale della
diocesi di Worcester, presentata da mons. Daniel Patrick Reilly, per
sopraggiunti limiti di età, il Papa ha nominato vescovo di Worcester mons.
Robert Joseph McManus, finora vescovo titolare di Allegheny ed ausiliare della
diocesi di Providence.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Apre la prima pagina la
situazione in Iraq: la comunità internazionale plaude all'evento
della firma della Costituzione provvisoria.
Nelle vaticane, nel saluto alla
Plenaria del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali, Giovanni Paolo
II ha esortato a proseguire la missione di aiutare quanti operano nel vasto
campo della comunicazione.
L'omelia dell'Arcivescovo di
Bologna, Mons. Carlo Caffarra, durante le esequie - nella Cattedrale di Carpi -
del Vescovo Artemio Prati.
Nelle estere, in evidenza il
pressante appello dell'Unhcr per la solidarietà con l'Africa: aperta, a
Ginevra, la conferenza sul rimpatrio e sulla reintegrazione dei rifugiati.
Nella pagina culturale, un
articolo di Franco Patruno dal titolo "Un digiuno per discernere":
Quaresima e Tv.
Un articolo di Giovanni
Lugaresi in ricordo di Luigi Maria Personè: "La sua scrittura è stata come
la sua vita e la sua fede: essenziale, tutta nerbo, tutta sostanza e niente
orpelli..."
Nell' "Osservatore
libri" un approfondito contributo di Carmine Di Biase sull'opera
"Antonio Baldini - Emilio Cecchi - Carteggio (1911 - 1959)" nelle
Edizioni di Storia e Letteratura.
Nelle pagine italiane, in
rilievo i temi delle riforme e delle pensioni.
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9
marzo 2004
ARRESTATO
IN CINA IL VESCOVO CATTOLICO MONS. WEI JINGYI
-
Intervista con padre Bernardo Cervellera -
Non si placano le persecuzioni del governo cinese contro le
religioni non ufficiali. La fondazione Kung, organizzazione umanitaria con sede
negli Stati Uniti, riferisce oggi dell’arresto di un vescovo cattolico nella
Cina settentrionale: si tratta di mons. Wei Jingyi, della diocesi di Qiqihar,
che ha già scontato quattro anni di lavori forzati. Il commento di padre
Bernardo Cervellera, direttore di Asia news, al microfono di Andrea Sarubbi:
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R. – Questa notizia, da un certo punto di vista, non fa
stupore; fa stupore il fatto che da una parte la Cina cerca di mostrare sempre
di più un volto moderno, aperto, nuove ferrovie super-veloci che vengono
costruite, i rapporti con le banche internazionali, eccetera; dall’altro,
invece, questo stile di persecuzione ...
D. – Quanti sono attualmente i vescovi nelle mani del
governo?
R. – Non è molto facile fare una stima precisa, perché
tanti vescovi vengono arrestati per pochi mesi e poi rilasciati, vengono
arrestati soprattutto nei momenti un po’ cruciali quando dovrebbero incontrarsi
con le loro comunità, cioè intorno a Natale, a Pasqua, al momento della festa
dell’Assunzione: in quei periodi vengono arrestati; dopo vengono lasciati
liberi ma sempre sotto controllo. In ogni caso, la situazione più terribile è
quella dei due vescovi di Baoding che sette anni fa sono stati arrestati e ora
sono scomparsi e di loro non sappiamo niente!
D. – Questa persecuzione in Cina riguarda solo i vescovi o
anche la base?
R. – Ci sono vescovi perseguitati ma ci sono anche preti
che, per avere insegnato il catechismo ai bambini – la qual cosa è proibita
dalla legge – oppure per avere creato dei centri estivi o organizzato delle
gite tra seminaristi, sono stati arrestati. Ci sono altri cristiani,
protestanti, che sono stati messi in prigione per avere distribuito Bibbie!
Quindi, la persecuzione è molto diffusa anche alla base.
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AFRICA:
IL FUTURO DELLE RISORSE IDRICHE DEL NILO
IN UNA
RIUNIONE IN UGANDA
-
Intervista con il prof. Angelo Turco -
Sono 10 i Paesi africani i cui rappresentanti sono
impegnati fino a domani ad Entebbe, alle porte di Kampala, in Uganda, in un
difficile confronto sulle potenzialità delle risorse idriche del Nilo. Da una
parte l'Egitto, beneficiario in maniera quasi monopolistica dell’acqua del
fiume in virtù di un'intesa del ‘29, e dall'altra alcuni Paesi - come Tanzania,
Etiopia, Kenya ed Uganda - che dal Nilo traggono benefici molto modesti. Gli
altri partecipanti al vertice sono Sudan, Burundi, Rwanda, Repubblica
Democratica del Congo ed Eritrea. Ma cosa rappresenta il Nilo per questi 10
Paesi e per l’Africa in generale? Giada Aquilino lo ha chiesto ad Angelo Turco,
africanista e docente di Geografia all’Università dell’Aquila:
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R. – E’ il più grande fiume
dell’Africa – oltre 7.000 chilometri – e attraversa il Continente nel suo
cuore, dalla regione dei Grandi Laghi fino al Mediterraneo. Dire ‘bacino del
Nilo’ significa dire qualcosa come 150 milioni di persone che gravitano intorno
a questo fiume, cioè un quinto della popolazione africana.
D. – L’Egitto è beneficiario in
maniera quasi monopolistica delle risorse idriche del Nilo. Perché c’è una
disparità rispetto agli altri Paesi?
R. – L’Egitto, in forza di un trattato stipulato in
epoca coloniale, alla fine degli anni Venti, è riuscito ad ottenere che nessuno
Stato possa usare le acque del Nilo in modo che tale utilizzo porti pregiudizio
al volume d’acqua trasportato dal fiume stesso nell’ultima parte del suo corso.
Quindi si capisce l’interesse dell’Egitto, che da tempo immemorabile è figlio
del Nilo: negli ultimi 3.000 chilometri del suo tratto il Nilo costituisce
l’unica, vera risorsa idrica per milioni e milioni di persone.
D. – Tanzania, Etiopia, Kenya e Uganda iniziano
però ad opporsi a quanto stabilito dal trattato del ‘29. Eppure l’Egitto
minaccia che ogni cambiamento sarà “un atto di guerra”. A cosa potrebbero
portare tali tensioni?
R. – Da cinque anni si sta cercando di costituire
un tavolo attorno al quale far sedere diversi soggetti. Questo tavolo,
patrocinato dalla Banca Mondiale, si chiama “Iniziativa per il bacino del Nilo”
e ha sede a Entebbe, dove del resto si riuniscono proprio in questi giorni i
membri del Comitato tecnico. L’iniziativa ha lo scopo di fare in modo che
qualunque ritocco al quadro giuridico internazionale presente avvenga in modo
consensuale.
D. – Si dice che, in effetti, in Africa l’acqua non
manchi. Perché però i Paesi africani non hanno benefici dai fiumi pur presenti
nel Continente?
R. – Quando diciamo che in Africa l’acqua non manca
diciamo una cosa vera, ma dobbiamo immediatamente rettificarla aggiungendo che
in alcune parti dell’Africa manca; in altre, invece, c’è perfino in abbondanza.
Quindi non è un problema di quantità, ma di distribuzione. Ci sono Stati che
esercitano una grande pressione sui corsi d’acqua come Sudan, Etiopia, Kenya,
Egitto e viceversa ci sono Stati equatoriali e tropicali, umidi, la cui
pressione è molto scarsa.
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UNA
MOSTRA SULL’AFGHANISTAN FINO AL 12 MARZO A ROMA
-
Intervista con Riccardo Venturi e Nino Sergi -
Dalla caduta di Kabul nelle mani dei talebani,
alla sconfitta di Kandahar, all’arrivo degli americani. Un viaggio nella storia
recente dell’Afghanistan attraverso le fotografie di Riccardo Venturi,
fotoreporter, vincitore nel 1997, proprio con le foto dell’Afghanistan, del
World Press Photo. Immagini raccolte anche in un libro, pubblicato da Contrasto
in collaborazione con Intersos, organizzazione non governativa che da anni
opera sul territorio afghano. La mostra, fino al 12 marzo a Roma, è ospitata
nella Sala Santa Rita, nuovo spazio polifunzionale della capitale. Servizio di
Francesca Sabatinelli.
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(musica)
Dal 1996 ad oggi, attraverso le strade di Kabul,
di Jalalabad, dai bunker di Al Qaeda alla Moschea di Mazar-Isharif a Bamijan,
ai suoi budda distrutti dalla furia talebana. Il viaggio di Riccardo Venturi
attraverso l’Afghanistan continua anche in Italia con la mostra ‘Il nodo del
tempo’. Una ventina gli scatti che agli occhi del pubblico aprono lo scenario
di un Paese distrutto da decenni di guerra, ma con una grande voglia di
riscatto e di libertà.
“Il nodo è la guerra, è il tempo che non si
scioglie, che non continua, che è sospeso, che è bloccato, è fermato. La guerra
rappresenta un impedimento al normale sviluppo evoluzionale del tempo ed è un
pò il modo in cui io vedo questo Paese, che se non fosse un Paese così
martoriato dalla guerra sarebbe un Paese con delle grandissime potenzialità,
perché gli afghani sono persone operose e generose, piene di voglia di fare. E’
un Paese talmente estremo, talmente radicale, ma anche geograficamente parlando
lo trovo meditativo più di qualsiasi altro luogo, perché è come un immenso
tempio”.
La fierezza di questo popolo è testimoniata anche
da Nino Sergi, segretario di Intersos, organizzazione non governativa presente
nel Paese dal 2001. L’azione di Intersos è rivolta soprattutto ai profughi,
agli anziani, ai bambini soli, alle vedove e, molto importante, è l’attività di
sminamento e di bonifica in collaborazione con la Ong afghana Atc.
“Ci sono in Afghanistan cose che nella storia non
cambiano e sono la fierezza di questo popolo, nonostante tutto quello che ha
passato, quest’apertura allo straniero, questa capacità di accoglierlo, anche
nella estrema povertà in cui loro si trovano. C’è un grosso sforzo per far sì
che a livello politico le cose si sistemino e qui diciamo che il ritardo è
ancora tanto. C’è poi, da parte della gente, una volontà di riprendersi la
vita, di ricostruirsi, che è straordinaria”.
Riccardo Venturi arriva in Afghanistan per la
prima volta pochi giorni dopo l’inizio dell’occupazione di Kabul da parte delle
milizie talebane. Finiva un assedio e ne iniziava un altro. Era la prima volta
di Venturi in una zona di guerra.
“La sensazione più brutale non è tanto la paura.
La paura è determinata dal senso di solitudine che ti crea la guerra. Ti rendi
perfettamente conto che se qualcosa di pericoloso deve accadere, sei
completamente solo. Non ci sono amici, non ci sono legami che ti proteggano da
questo. Oltre a ciò mi ha sorpreso di vedere la capacità dell’uomo di adattarsi
ad ogni circostanza, anche alla più incredibile, alla più estrema, come un
conflitto”.
(musica)
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“OGGI
DEVO FERMARMI A CASA TUA”: E’ IL TITOLO DELLA LETTERA DELL’ARCIVESCOVO
DI
VICENZA, MONS. NOSIGLIA, AI FEDELI IN OCCASIONE DELLA QUARESIMA.
AL
CENTRO DELLA RIFLESSIONE C’E’ LA FAMIGLIA
-
Intervista con lo stesso presule -
“Oggi devo fermarmi a casa tua”: è il titolo scelto
dall’arcivescovo di Vicenza, monsignor Cesare Nosiglia, per la lettera che ha
indirizzato ai fedeli della sua diocesi in occasione della Quaresima. E’,
innanzitutto, un invito a prepararsi alla Pasqua proprio all’interno della
famiglia. Ma ascoltiamo mons. Nosiglia intervistato da Silvio Scacco:
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R. – L’obiettivo è condividere insieme le esperienze,
gioiose ma a volte anche piene di prove e di difficoltà, che ci sono in ogni
casa. E dire che proprio la Pasqua del Signore è fonte di una grande speranza, perché
Lui è con noi, cammina con noi. Nei momenti più difficili non dobbiamo mai
perdere questa fiducia nella sua presenza e dobbiamo aprirci a Lui con fede.
D. – Quaresima, tempo penitenziale. Nella lettera, lei
ribadisce anche l’importanza della confessione sacramentale, in quali termini?
R. – Nel senso di credere che questo sacramento possa
rinnovare in noi la forza di ricominciare, ricominciare anche a credere di più
in noi stessi, nelle risorse positive, spirituali che il Signore ha dato ad
ogni famiglia. Con la confessione il Signore ti dà la forza necessaria per
credere nella speranza della Resurrezione.
D. – Suggerisce anche un digiuno dalle tante parole e
immagini vuote di giornali e tv, per lasciare spazio ad un altro tipo di
parola, quale?
R. – Si tratta di recuperare nella casa il dialogo, la
comunicazione. Viviamo in un mondo di informazioni ma di scarsa comunicazione.
Forse perché ci lasciamo suggestionare da tante parole che arrivano in casa,
per esempio con la televisione sempre accesa. Un metodo è quello di mettersi di
fronte alla Bibbia, alla parola di Dio, riprenderla in mano perché diventi
veramente fonte di luce e di forza che riscaldi il cuore e dia capacità anche
di capire meglio le situazioni della vita, di ogni membro della famiglia.
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9
marzo 2004
MILIONI
DI RIFUGIATI AFRICANI, NEI PROSSIMI ANNI, POTREBBERO FAR RITORNO
NELLE LORO
TERRE D’ORIGINE GRAZIE ALLE DIVERSE INIZIATIVE DI PACE
IN
CORSO NEL PAESE. AD ANNUNCIARLO, A GINEVRA,
L’ALTO
COMMISSARIO DELLE NAZIONI UNITE, RUUD LUBBERS
GINEVRA. = Circa 2 milioni di rifugiati e diversi
milioni di sfollati nei prossimi anni potrebbero rientrare volontariamente
nelle proprie terre di origine in Africa, grazie alle iniziative di pace in
corso in vari Paesi del continente. Lo ha detto il massimo rappresentante
dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Acnur), Ruud Lubbers,
in apertura della conferenza internazionale sul rimpatrio e la reintegrazione
dei rifugiati in Africa che si svolge in questi giorni a Ginevra, in Svizzera.
Durante l’incontro, al quale partecipano le delegazioni di circa 60 governi e
numerosi responsabili di questioni umanitarie, Lubbers ha affermato che le
iniziative di pace e gli sforzi per la soluzione dei conflitti in Angola,
Sierra Leone, Liberia, Sudan, Eritrea, Somalia, Burundi, Rwanda e Repubblica
democratica del Congo potrebbero presto favorire alcuni tra i più imponenti
flussi di rimpatrio registrati in Africa negli ultimi decenni. In questa
prospettiva, l’Alto commissario ha esortato i governi dei Paesi donatori a
continuare a sostenere le iniziative di pace delle nazioni africane. Ribadendo
le preoccupazioni per la scarsa attenzione della comunità internazionale al
periodo che segue la fine di un conflitto, il responsabile dell’Acnur ha
ricordato che, tra il 1991 e il 2001, oltre 8 milioni di rifugiati hanno fatto
ritorno nei Paesi d’origine in Africa, la metà dei quali in Rwanda e in
Mozambico. Tuttavia, affinché tutto proceda per il meglio, “devono essere
compiuti sforzi – ha ribadito Lubbers - per garantire l’attuazione dei
programmi finalizzati al disarmo, alla smobilitazione, al reinserimento e al
recupero degli ex combattenti”. (D.G.)
LE
TRUPPE AMERICANE DI STANZA IN AFGHANISTAN VIOLANO I DIRITTI UMANI.
È QUANTO EMERGE DA UN RAPPORTO
DELL’ORGANIZZAZIONE HUMAN RIGHTS WATCH DIFFUSO IN QUESTI GIORNI
NEW YORK. = Uso eccessivo della forza, detenzioni
arbitrarie e maltrattamento di detenuti. Queste le accuse mosse all’esercito
statunitense in Afghanistan da “Human Rights Watch”. In un rapporto diffuso in
questi giorni dall’organizzazione per i diritti umani con sede a New York, si
sottolinea che sono almeno un migliaio gli afgani e gli stranieri reclusi dal
2002 dalle forze di sicurezza statunitensi presenti nel Paese asiatico e che
alcuni tra i detenuti sono stati sottoposti a torture o privati del diritto di
difendersi. “Human Rights Watch” ammette di avere poche informazioni sui centri
di detenzione temporanei allestiti dagli americani in Afghanistan, il
principale dei quali si trova a Bagram, a nord della capitale Kabul, ed ospita
circa 150 reclusi. Tuttavia l’organismo per i diritti umani rileva che questi
centri operano “in un clima di quasi totale impunità” e riferisce che ai
prigionieri viene negato il diritto di contattare familiari, avvocati e
giornalisti. Gli attivisti denunciano, inoltre, la morte di tre persone durante
la reclusione nelle basi nordamericane in Afghanistan e sostengono che
l’esercito Usa non ha indagato a sufficienza su questi decessi. Riportando
testimonianze di ex prigionieri, “Human Rights Watch” afferma che le vittime
“parlano di violenze, di aspersione con acqua ghiacciata e di esposizione a
temperature estreme”. Molti, inoltre, affermano di essere stati privati del
sonno per diverse settimane o costretti a stare a lungo in ginocchio o in altre
posizioni dolorose. Vengono duramente criticati anche i metodi usati dai
militari statunitensi nei rastrellamenti e negli arresti; si parla in
particolare di sparatorie indiscriminate, di arresti violenti di civili e di
saccheggi. (D.G.)
LA POSSIBILE REVOCA DELLA LEGGE
MARZIALE NEL NORD DI SUMATRA
NELLE DICHIARAZIONI DELLA
PRESIDENTE INDONESIANA MEGAWATI
SUKARNOPUTRI, DOPO LA DENUNCIA
DEGLI STATI UNITI
SULLE CARCERAZIONI DEGLI
INDIPENDENTISTI
Indonesia. = In un comunicato diffuso ieri, gli Stati Uniti hanno
denunciato l’arresto di alcuni attivisti dei diritti umani dopo alcune
manifestazioni per la promozione di un referendum sull’indipendenza della
regione dell’Aceh dall’Indonesia. La dichiarazione del dipartimento di Stato
statunitense sostiene che questi fermi sono volti a scoraggiare l’azione degli
osservatori internazionali nell’area a nord di Sumatra, contrastando in questo
modo una possibile soluzione pacifica del conflitto. La polizia indonesiana ha
replicato alle accuse sostenendo l’appartenenza degli attivisti alle forze
separatiste del “movimento per Aceh libera”. La presidente indonesiana Megawati
Sukarnoputri, in visita nella regione, è intervenuta sulla questione dicendosi
fiduciosa di poter revocare la legge marziale entro maggio. Gli scontri
nell’area, che dal 1976 contano ormai più di 12 mila vittime, hanno subito
negli ultimi anni un’escalation dovuta all’iniziativa militare portata avanti
da Giakarta in ragione della mancata applicazione, da entrambe le parti, degli
accordi di pace siglati a Ginevra nel dicembre 2002. (P.C.)
LA CORRETTA GESTIONE DELLE RISORSE DELLA
REPUBBLICA DEL CONGO AL CENTRO DELL’IMPEGNO DELLA NUOVA COMMISSIONE GIUSTIZIA E
PACE DELL’ARCIDIOCESI
DI
BRAZZAVILLE, INSEDIATASI LO SCORSO 4 MARZO
BRAZZAVILLE. = Attenzione allo sviluppo della Repubblica
del Congo e maggior spazio ai laici. Sono queste le priorità della Commissione
Giustizia e Pace dell’Arcidiocesi di Brazzaville, insediatasi il 4 marzo
scorso. Presidente della Commissione è don Mesmin Massengo, rettore del
Seminario Maggiore interdiocesano di teologia “Emile Biayenda”. Tra le urgenze
che deve affrontare l’organismo, vi sono i danni provocati dalla guerre degli
anni ’90 che hanno notevolmente indebolito il tessuto socio-economico
congolese. Attenzione sarà, inoltre, riservata alla fornitura di servizi
essenziali come acqua, elettricità, assistenza sanitaria; al pagamento regolare
di salari e pensioni; al dilagante fenomeno della stregoneria. Non solo, la
Commissione si concentrerà anche sull’animazione nelle parrocchie, la
formazione degli animatori di Giustizia e Pace, l’assistenza ai detenuti del
penitenziario di Brazzaville, mediante un progetto per il reinserimento
professionale dei carcerati, al termine della pena. Nel Congo, e specialmente
nella capitale Brazzaville, è sempre più evidente il divario tra gli enormi profitti
derivanti dal petrolio e la povertà, in costante incremento, che affligge la
maggior parte della popolazione. (D.G.)
SCOPERTI
NEI DEPOSITI DEL MUSEO DEL PRADO, A MADRID, DUE BOZZETTI
ESEGUITI
DA MICHELANGELO PER IL “GIUDIZIO UNIVERSALE” DELLA CAPPELLA SISTINA. LO HA
ANNUNCIATO IERI IL VICEPRESIDENTE DEL MUSEO SPAGNOLO, GABRIELE FINALDI
MADRID.
= Il Museo del Prado ha confermato, ieri, che due schizzi finora “attribuiti” a
Michelangelo e che fanno parte di una serie di otto disegni donati al Prado nel
1930 dal collezionista spagnolo Pedro Fernandez Duran, sono effettivamente
dell’artista italiano. Si tratta – ha precisato il vicepresidente del museo,
Gabriele Finaldi - di bozzetti raffiguranti una spalla e il braccio di un uomo,
tratteggiati con lapis nero, che fanno parte del lavoro di preparazione al
“Giudizio Finale” della Cappella Sistina. In un comunicato, il Prado sostiene,
inoltre, che i disegni “non erano stati analizzati e il loro autore era
sconosciuto fino ad oggi, per cui non figuravano nella bibliografia
dell’artista”. È stato lo specialista
Nicholas Turner, prosegue la nota, ad effettuare gli studi che hanno confermato
come i bozzetti siano opera di Michelangelo. Gli schizzi saranno inseriti nella
mostra “Disegni italiani del secolo XVI nelle collezioni del Museo del Prado”,
che si aprirà nella capitale spagnola il prossimo 9 novembre. (D.G.)
PER MANTENERE LA PROPRIA VITALITÀ,
LA NARRATIVA ITALIANA DEVE AFFRONTARE
I GRANDI TEMI DELL’ESISTENZA E
RESPINGERE TENTAZIONI ESTETICHE FINI
A SE STESSE. LO SOSTIENE PADRE ANTONIO SPADARO
DALLE COLONNE DI “CIVILTÀ
CATTOLICA”
ROMA. =
Gli scrittori possono decidere di confrontarsi con l’esistenza, oppure
scegliere la via dell’arguzia mentale, ben consapevoli che solo tramite la
prima via si arriva al romanzo. Questo è, in sostanza, il pensiero esposto da
padre Antonio Spadaro dalle colonne di “Civiltà cattolica”. Il periodico
gesuita si inserisce in questo modo nel dibattito avviato in questi giorni dal
settimanale L’Espresso, proponendo, inoltre, un elenco di autori alternativo a
quello proposto nell’articolo di Covacich. Si tratta di scrittori molto diversi
tra loro che hanno dimostrato di possedere una comprensione della quotidianità
tale da poter ricreare il mondo in termini di scrittura, perché - continua il
padre gesuita - soltanto la realtà riesce a dar corpo e sostanza al racconto.
La letteratura italiana - conclude il quindicinale cattolico - è viva ma corre
il rischio di generare sempre meno narrativa, attraverso il rifiuto del
confronto con l’esistenza, l’orrore e la grazia della vita in favore di
esercizi estetici delle forme e del pensiero fini a se stessi. (P.C.)
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9
marzo 2004
- A cura di Barbara Castelli -
E’ polemica sulla nuova Costituzione
provvisoria irachena, siglata ieri dopo mesi di intensi e complicati negoziati
e due rinvii dell’ultimo minuto. La soddisfazione degli Stati Uniti è stata
controbilanciata dalle critiche mosse dall’ayatollah Ali Sistani, la più alta
autorità religiosa sciita, le cui parole hanno molta influenza su almeno il 60
per cento della popolazione irachena. Cauta, invece, la posizione dell’Onu, che
studierà attentamente il testo che dovrebbe proiettare l’Iraq verso la
democrazia. La Costituzione provvisoria irachena riconosce l’Islam come
religione ufficiale e prevede elezioni entro il 2005. Nel territorio, intanto,
è ancora alta la tensione. Un soldato americano è morto oggi a Baaqouba, per
l’esplosione di una bomba.
Cinque dei nove prigionieri
britannici detenuti nella base militare americana di Guantanamo torneranno oggi
nel Regno Unito, dopo aver trascorso due anni nel campo di massima sicurezza
statunitense. Gli altri quattro, invece, saranno probabilmente giudicati negli
Stati Uniti, in quanto catturati “nella zona di combattimento” in Afghanistan.
A New York, intanto, i membri della “Commissione per i diritti umani a
Guantanamo”, un gruppo di pressione britannico composto da attivisti e
familiari dei presunti terroristi detenuti nella base a Cuba, sono scesi in
piazza per sensibilizzare i funzionari delle Nazioni Unite sulle condizioni in
cui sono tenuti i prigionieri.
Condanna ridotta della metà in
Indonesia per Abu Bakar Bashir, accusato di essere a capo di un gruppo radicale
della Jemaah Islamiyah. La decisione è stata presa oggi dalla Corte Suprema,
portando da tre anni a diciotto mesi la pena detentiva nei confronti del
predicatore musulmano. La Jemaah, ritenuta responsabile, fra l’altro,
dell’attentato dell’ottobre 2002 a Bali in cui sono morte più di 200 persone,
punta alla creazione di uno stato panislamico nel sud est asiatico.
In
Medio Oriente sono ripresi i raid israeliani, dopo quelli di ieri nella Striscia di Gaza e
Cisgiordania costati la vita a tre palestinesi. L’esercito ebraico è entrato
stamani a Jenin e una donna è rimasta uccisa. Le autorità, intanto, hanno tolto
il blocco ai Territori palestinesi decretato, la scorsa settimana, in occasione
della festa ebraica del Purim. Sul piano diplomatico, dalla Germania il
vicepremier israeliano, Ehud Olmert, ha confermato l’intenzione di smobilitare
gli insediamenti ebraici a Gaza.
Ancora
instabilità ad Haiti, in preda a nuovi saccheggi. Gli Stati Uniti hanno chiesto
all’ex Capo di Stato Aristide, che secondo il ministero degli esteri francese
ha firmato una formale lettera di dimissioni, di farsi da parte e lasciare che
l’isola pensi al proprio futuro. Intanto, ieri ad Haiti è stato il giorno
dell’insediamento ufficiale del presidente ad interim Alexandre, che ha rivolto
alla popolazione un appello alla calma. Il servizio è di Maurizio Salvi:
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Le parole di Boniface Alexandre
sono state quasi soffocate dai sostenitori dell’ex presidente Jean-Bertrand
Aristide, che hanno chiesto a gran voce il suo ritorno, urlando vicino al
palazzo presidenziale lo slogan “Aristide o morte”. Il rischio di una deriva
violenta è forte, perché la polizia non è assolutamente in grado di far fronte
agli scontri tra bande di ribelli e i militanti delle chimere, le milizie
armate della baraccopoli che appoggiano in modo incondizionato l’ex capo dello
Stato. Dal suo esilio nella Repubblica Centroafricana, intanto, Aristide ha
continuato a denunciare di essere stato sequestrato e portato fuori da Haiti da
soldati americani. Ha chiesto ai suoi sostenitori di resistere
democraticamente, avvertendo di voler tornare in patria come il legittimo
presidente del Paese.
Maurizio Salvi per la Radio
Vaticana.
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Ancora
proteste dell’opposizione in Venezuela. Il Coordinamento democratico ha
criticato le autorità elettorali di Caracas, incaricate di decidere se
autorizzare o meno lo svolgimento di un referendum per la revoca del mandato
del presidente, Hugo Chavez. L’opposizione ha accusato il Consiglio nazionale
elettorale, che sta esaminando le 800 mila firme raccolte, di “seminare
ostacoli sulla strada per la consultazione popolare”.
Il Cremlino ha annunciato oggi le
nomine dei ministri del nuovo governo russo. In particolare, il ministro della
difesa, Serghiei Ivanov, resterà alla guida del suo Dicastero, mentre Serghiei
Lavorv, ex ambasciatore all’Onu, è stato nominato ministro degli Esteri.
E anche in Grecia è stata annunciata la
lista dei ministri del nuovo governo di centro destra guidato dal
premier incaricato Costas Karamanlis, vincitore delle elezioni di domenica
scorsa. Il premier sara' anche ministro
della cultura, che ha la responsabilità politica delle Olimpiadi. Agli esteri andrà l'ex
diplomatico 76enne Petros Molyviatis.
Possibile sciagura al largo delle
coste del Madagascar. Un traghetto, con 100 persone a bordo, è stato investito
da un ciclone e da domenica non se ne hanno più notizie. L’imbarcazione, che
sarebbe dovuta arrivare ieri mattina a Mahajanga, secondo porto commerciale del
Madagascar, era partita dall’isola di Anjouan, nell’arcipelago delle
Comore.
Possibile battuta di arresto nel
processo di riavvicinamento tra India e Pakistan. Islamabad ha compiuto stamani
un lancio di prova di un missile a medio raggio, in grado di portare una
testata nucleare. Il servizio di Barbara Castelli.
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Il
Pakistan ha testato un nuovo missile, in grado di portare una testata nucleare.
Lo hanno riferito le forze armate di Islamabad, precisando che si tratta dello
‘Shahin II’, missile terra-terra a medio raggio, in grado di trasportare
qualunque tipo di testata fino a 2.000 chilometri di distanza. Nel comunicato,
diffuso dall’esercito asiatico, si puntualizza, inoltre, che il lancio è
avvenuto con successo e che i Paesi confinanti sono stati avvertiti
preventivamente dell’esperimento. Il test missilistico pakistano, tuttavia, si registra dopo
l’accordo della scorsa settimana tra India e Israele, per l’acquisto di un
sistema radar strategico di difesa aerea. Il lancio odierno era stato
preannunciato anche lo scorso mese dal presidente pakistano, Pervez Musharraf,
che aveva, comunque, minimizzato l’eventualità di una corsa al nucleare con la
vicina India. Recentemente New Delhi e Islamabad hanno avviato un dialogo
mirato alla pacificazione e culminato nei colloqui del 16-18 febbraio scorsi
nella capitale pakistana. Era dall’ottobre 2003 che il Pakistan non effettuava
lanci di missili.
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Paura in Giappone. Un incidente si
è verificato nell’impianto di raffreddamento del reattore numero tre della
centrale nucleare di Ikata, nell’isola meridionale di Shikoku. L’episodio ha
causato una perdita di 1,6 tonnellate di acqua e una lieve fuoriuscita di
radioattività. Le operazioni del reattore non sono state interrotte.
Elezioni presidenziali in
Macedonia per il prossimo 14 aprile. Le ha indette oggi il presidente del
Parlamento, Ljupco Jordanovski, che dopo la morte di Boris Trajkovski, lo
scorso 26 febbraio, ha assunto la carica ad interim di Capo dello Stato.
Per la prima volta
dal 1948 in Corea del Sud è stata avviata una procedura di impeachment nei
confronti del presidente, Roo Moo-hyun, accusato di violazione della legge
elettorale. La mozione, presentata dalle due maggiori forze dell’opposizione,
deve essere approvata con una maggioranza qualificata dei due terzi del
parlamento. I leader dei partiti di minoranza si sono detti fiduciosi di
riuscire a raggiungere il quorum richiesto.
E’ stata sospesa,
invece, la procedura di impeachment nei confronti del presidente lituano
Rolandas Paksas, accusato di legami con la mafia russa. Il parlamento ha deciso
la sospensione dell’iter in attesa del pronunciamento, entro il mese prossimo,
sui capi di accusa da parte della Corte costituzionale. L’assemblea lituana si
augura comunque di riuscire a deliberare in tempi brevi, per evitare possibili
ripercussioni nei rapporti con l’Unione Europea.
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