RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLVIII n. 69 - Testo della Trasmissione di martedì 9 marzo 2004

 

Sommario

 

 IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Animare il campo delle comunicazioni sociali di umanità e spiritualità: è quanto ha detto oggi Giovanni Paolo II  ai membri del Pontificio Consiglio delle comunicazioni sociali,  riuniti in plenaria a 40 anni dal decreto conciliare  “Inter Mirifica”: intervista con l’arcivescovo John Foley

 

Il Papa nomina una donna presidente della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali: si tratta della professoressa Mary Ann Glendon, docente di diritto all’università americana di Harvard

 

Pubblicato il nuovo Direttorio per il ministero pastorale dei vescovi

 

Le sfide per la Chiesa olandese al centro di un rapporto presentato ieri a Roma in occasione della visita ad Limina dei presuli dei Paesi Bassi: ai nostri microfoni il cardinale Simonis.

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Arrestato in Cina il vescovo cattolico mons. Wei Jingyi: il presule era già stato condannato più volte al carcere e costretto per vari anni ai lavori forzati nei campi di detenzione. Il commento di padre Bernardo Cervellera

 

Africa: il futuro delle risorse idriche del Nilo in una riunione in Uganda. Ce ne parla il prof. Angelo Turco

 

Un viaggio nella storia recente dell’Afghanistan attraverso le fotografie di Riccardo Venturi: con noi l’autore e Nino Sergi

 

“Oggi devo fermarmi a casa tua”: è il titolo della lettera dell’arcivescovo di Vicenza, mons. Nosiglia, ai fedeli in occasione della Quaresima. Intervista con lo stesso presule.

 

CHIESA E SOCIETA’:

Milioni di rifugiati africani, nei prossimi anni, potrebbero far ritorno nelle loro terre d’origine grazie alle diverse iniziative di pace in corso nel Paese

 

Uso eccessivo della forza, detenzioni arbitrarie e maltrattamento di detenuti, le accuse mosse all’esercito statunitense in Afghanistan da “Human Rights Watch”

 

La possibile revoca della legge marziale nel nord di Sumatra nelle dichiarazioni della presidente indonesiana Sukarnoputri, dopo la denuncia degli Stati Uniti sulle carcerazioni degli indipendentisti

 

La corretta gestione delle risorse del Congo al centro dell’impegno della nuova Commissione giustizia e pace dell’arcidiocesi di Brazzaville

 

Scoperti nei depositi del museo del Prado, a Madrid, due bozzetti eseguiti da Michelangelo per il “Giudizio universale” della Cappella Sistina

 

Per mantenere la propria vitalità, la narrativa italiana deve affrontare i grandi temi dell’esistenza e respingere tentazioni estetiche fini a se stesse. Lo sostiene padre Antonio Spadaro dalle colonne di “Civiltà Cattolica”

 

24 ORE NEL MONDO:

Ancora violenza in Iraq all’indomani della firma della nuova Costituzione provvisoria irachena

 

Annunciate le nomine dei ministri dei nuovi governi russo e greco.

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

9 marzo 2004

 

 

ANIMARE IL CAMPO DELLE COMUNICAZIONI SOCIALI DI UMANITA’ E SPIRITUALITA’

ISPIRANDOSI ALL’INTER MIRIFICA: COSI’ IL PAPA AI MEMBRI DEL PONTIFICIO

CONSIGLIO DELLE COMUNICAZIONI SOCIALI,  RIUNITI IN PLENARIA

A 40 ANNI DAL DECRETO CONCILIARE INTER MIRIFICA

 

 

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I ENCOURAGE YOU TO DRAW INSPIRATION ....

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“Continuare a impegnarsi per animare il vasto campo delle comunicazioni sociali di umanità e spiritualità, traendo ispirazione dall’Inter Mirifica”: sono le parole di incoraggiamento rivolte dal Papa, questa mattina, ai membri del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali riuniti da ieri fino al 12 marzo nell’Assemblea Plenaria.  40 anni fa, il decreto del Concilio Vaticano II, “Inter Mirifica”, sugli strumenti di comunicazione sociale apriva la strada a un impegno nuovo della Chiesa in tema di mezzi di comunicazione. Nell’intervista di Giovanni Peduto, l’arcivescovo John Foley, presidente del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni sociali, spiega quale sia l’impegno di riflessione in questa Plenaria:  

 

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R. –Abbiamo chiesto ad ogni membro di presentare un’idea riguardante gli aspetti più importanti dei mezzi della comunicazione sociale nella Chiesa e anche nella società, durante questi 40 anni, e di esprimere un sogno: cosa vorremmo vedere nei prossimi 10 anni nelle comunicazioni sociali della Chiesa e della società. Un’altra cosa che dovremo discutere sarà il cinema e la spiritualità, perché alcuni membri hanno chiesto un documento su questo tema. Quindi, discuteremo un progetto di documento dedicato a questo.

 

D. – Eccellenza, la Chiesa ancora oggi trova difficoltà nel far sentire la sua voce attraverso i mass media. Perché?

 

R. – Abbiamo assistito ad una secolarizzazione della società, grazie anche alla privatizzazione dei mass media e alla deregolamentazione dei mezzi elettronici. Abbiamo visto che i proprietari e i governi stessi non danno importanza alla religione e alla spiritualità. C’è meno tempo, meno spazi disponibili per la religione nei mezzi elettronici. E molti, nell’ambito delle notizie e dei telegiornali, non pensano alla religione come ad una parte essenziale della vita umana, purtroppo. Quindi, abbiamo una diminuzione della presenza della religione e della spiritualità, grazie anche al mercato che dà importanza alle cose materiali per vendere. Viviamo in un ambiente molto materialista. Quindi, è molto importante per la Chiesa avere propri mezzi. Lo stesso Concilio Vaticano II lo ha detto nel documento Inter Mirifica. Abbiamo sempre avuto dei libri. Il primo libro stampato è stato la Bibbia. Da tempo abbiamo la stampa cattolica. E adesso dobbiamo avere di più: radio e televisioni cattoliche. Attualmente però le televisioni sono molto care. Le spese sono enormi per sviluppare le televisioni. E’ necessario allora avere buone relazioni con gli altri mezzi, i mezzi pubblici e i mezzi privati, per avere la sicurezza che la religione entri in questi mezzi, per riflettere la totalità della vita umana. Perché l’uomo non vive di solo pane, ma anche della parola che viene da Dio. Dobbiamo anche avere la possibilità di formare gente che abbia una sensibilità religiosa e spirituale per realizzare degli spettacoli che siano sensibili alle realtà religiose e spirituali.

 

D. – Eccellenza, immagini che lei adesso stia tenendo una conferenza a dei giornalisti: quali consigli darebbe loro?

 

R. – Certamente, di dire sempre e solo la verità. Abbiamo bisogno della verità nei mezzi di comunicazione e nella società. Secondo, non cercare solo i problemi, ma anche delle soluzioni, cercare persone che stanno facendo qualcosa per risolvere i problemi della società, perché anche questo fa notizia. Io non dico che i giornalisti non debbano parlare dei problemi della società, ma devono anche cercare le soluzioni e le persone che stanno facendo qualcosa per risolvere questi problemi. Ci sono tre principi nelle comunicazioni: la verità, il bene comune e la dignità della persona umana, di ogni persona, quando facciamo i nostri programmi. Perché stiamo lavorando per persone che hanno una dignità e dobbiamo trattarle con dignità.

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IL PAPA HA NOMINATO IL NUOVO PRESIDENTE DELLA PONTIFICIA ACCADEMIA

 DELLE SCIENZE SOCIALI: E’ LA PROFESSORESSA MARY ANN GLENDON,

DOCENTE DI DIRITTO AD HARVARD. NEL 1995, GUIDO’ LA DELEGAZIONE

VATICANA ALLA CONFERENZA DI PECHINO SULLA DONNA

- Servizio di Alessandro Gisotti -

 

Giovanni Paolo II ha nominato presidente della Pontificia Accademia delle Scienze sociali la 65enne professoressa Mary Ann Glendon, docente di diritto all'università americana di Harvard. La Glendon è stata la prima donna a guidare una delegazione della Santa Sede. Incarico che ricoprì alla Conferenza dell’Onu sulla donna svoltasi nel 1995 a Pechino. Per un profilo del nuovo presidente dell’autorevole organismo scientifico vaticano, il servizio di Alessandro Gisotti:

 

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Nata nel 1938 a Pittsfield, nel Massachusetts - sposata con tre figlie - Mary Ann Glendon, docente ad Harvard, ha insegnato di­ritto all’Università di Boston e alle Pontificie università Gregoriana e Regina Apostolo­rum di Roma. Fa parte della Pontificia Accademia delle Scienze so­ciali dal gennaio 1994 ed ha guidato la delegazione vaticana alla Women’s Conference di Pechino. Numerosi i campi di ricerca della professoressa Glendon tra cui, in particolare, la bioetica e i diritti umani. Sostenitrice della dignità della persona, ha scritto numerosi libri sulla vita familiare, sociale e politica, denuncian­do i mali dell’aborto e del divorzio. Ha ricevuto numerose Lauree Ho­noris Causa e premi internazionali. Dal 2001 fa parte del Consi­glio presidenziale degli Stati Uniti sulla Bioetica che esamina questioni inerenti la legislazione sulla famiglia, il diritto del lavoro e le norme costituzionali dal punto di vista del diritto comparato e del pensie­ro sociale cattolico.

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PUBBLICATO IN LINGUA ITALIANA IL NUOVO DIRETTORIO PER I VESCOVI,

CHE AGGIORNA L’EDIZIONE DEL 1973. UNO STRUMENTO PASTORALE PRATICO

IN RISPOSTA ALLA ESIGENZE DEL TERZO MILLENNIO

 

Il nuovo Direttorio per il ministero pastorale dei vescovi, pubblicato in questi giorni in lingua italiana, aggiorna l’edizione del 1973, che si intitolava “Ecclesia imago”, e prende il nome dall’incipit “Apostolorum successores”. Il testo, che tiene conto di vari documenti pontifici di questi anni e, in particolare, dell’Esortazione Apostolica “Pastores gregis”, viene incontro ai profondi mutamenti avvenuti nella società. Raccoglie proposte e suggerimenti emersi dalla X Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei vescovi del 2001. Il servizio di Fausta Speranza:

 

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Uno strumento pastorale e pratico per il vescovo, quale punto di riferimento per il suo servizio ecclesiale, in risposta alle esigenze della Chiesa e della società di oggi. E’ questo il Direttorio, che  si è arricchito di parti nuove perché diverse sono le sfide del terzo millennio. Novità assoluta è il capitolo terzo, riguardante la spiritualità e la formazione permanente del vescovo, in cui si elencano le doti che devono sostenere il ministero pastorale: prudenza, ricca umanità, umiltà, castità, bontà, sincerità, capacità di ascolto e di dialogo. Ricordando che il vescovo è il “centro di unità della chiesa particolare”, il documento indica anche quali sono le realtà cui dedicare particolare attenzione: la famiglia, i giovani, gli emigrati. E chiarisce l’obiettivo: un’azione a favore della giustizia e della pace. Un capitolo a parte è dedicato alla Parrocchia, definita “chiesa presente tra le case degli uomini”. Si offrono indicazioni su come adattare l’assistenza parrocchiale a specifiche necessità, come ad esempio quelle delle grandi città. Per poi sottolineare l’importanza della visita pastorale, messa in luce dall’ultimo sinodo dei vescovi. Si ricorda il ruolo di coloro che  per volontà divina sono i Pastori della Chiesa, con il compito di insegnare il Vangelo, santificare ed essere guide spirituali. A questo proposito, resta fondamentale quanto afferma San Paolo: la Chiesa è stata “edificata sul fondamento degli Apostoli” (Ef. 2,20).

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LE SFIDE ATTUALI PER LA CHIESA OLANDESE AL CENTRO DI UN RAPPORTO PRESENTATO IERI A ROMA IN OCCASIONE DELLA VISITA AD LIMINA DEI PRESULI DEI PAESI BASSI. AI NOSTRI MICROFONI: IL CARDINALE ADRIANUS JOHANNES SIMONIS,

PRESIDENTE DELLA CONFERENZA EPISCOPALE OLANDESE

 

E’ in corso in questi giorni la visita ad limina dei vescovi olandesi. Proprio in occasione di tale evento, la Conferenza episcopale dei Paesi Bassi ha presentato a Roma un rapporto sullo stato della Chiesa in Olanda da cui emerge che circa il 31 per cento della popolazione è di fede cattolica. Il documento mette in luce le problematiche più urgenti che oggi deve affrontare la Chiesa olandese: dagli effetti della secolarizzazione al calo di partecipazione dei fedeli alle funzioni religiose. Sugli elementi più significativi di questo rapporto, Alessandro Gisotti ha intervistato il cardinale Adrianus Johannes Simonis, arcivescovo di Utrecht e presidente della Conferenza episcopale dei Paesi Bassi:

 

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R. – Penso che il rapporto sia molto realistico; c’è una caduta nella presenza attiva dei fedeli nelle chiese e nelle città è ancora peggio. Noi vediamo le conseguenze della secolarizzazione, soprattutto nei giovani. L’altro aspetto è che abbiamo una Chiesa con tante persone impegnate, i cosiddetti ‘volontari’, che fanno molto per la Chiesa, per la catechesi, per la liturgia nelle parrocchie. Oggi la polarizzazione che abbiamo avuto per 20-30 anni è finita, più o meno. C’è maggiore unità. Questa è peraltro una situazione molto diffusa, non soltanto nella Chiesa, ma proprio nel Paese come tale. Anche i giovani della nuova generazione sono molto più aperti alla fede, per le cose religiose, non c’è più l’antica ostilità nei riguardi della Chiesa. Anche se non praticano molto, noi siamo fiduciosi: sappiamo che come Chiesa dobbiamo diventare più e più missionari. Noi abbiamo fatto nostro l’invito del Santo Padre per l’anno 2000: Duc in altum!

 

D. – Quali sono le sfide più significative per la Chiesa in una società così secolarizzata come quella olandese?

 

R. – Il punto nevralgico è che la religione è “privatizzata”. Ci sono voci, nel nostro Paese, che dicono che lo Stato, il governo debbano essere assolutamente neutrali perché c’è separazione tra Stato e Chiesa e questo è un punto di vista sbagliato, perché la separazione tra Stato e Chiesa non vuol dire separazione tra la vita e la religione. Questo è un punto difficile da comprendere in una società secolarizzata, e noi vescovi facciamo di tutto, anche nei nostri contatti con i partiti politici, per cambiare questa mentalità.

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ALTRE UDIENZE

 

Il Santo Padre  nel corso della mattina ha ricevuto  in udienza mons. Diego Causero, arcivescovo tit. di Grado, nunzio apostolico nella Repubblica Ceca; mons. Renzo Fratini, arcivescovo tit. di Botriana, nunzio apostolico in Nigeria;  padre Izydor Matuszewski, priore generale dei Monaci di San Paolo primo eremita e infine mons. Roberto Octavio González Nieves, arcivescovo di San Juan de Puerto Rico.

 

 

RINUNCE E NOMINE

 

Il Papa ha nominato vescovo coadiutore di Kansas City-Saint Joseph, negli Stati Uniti, mons. Robert W. Finn, del clero dell’arcidiocesi di Saint Louis, finora direttore della rivista diocesana “Saint Louis Review”.

 

Sempre negli Stati Uniti, ha nominato vescovo di Ogdensburg mons. Robert Joseph Cunningham, attuale amministratore diocesano della diocesi di Buffalo, parroco della parrocchia di S. Luigi. 

 

Ha nominato vescovo di Springfield in Massachusetts mons. Timothy Anthony McDonnell, finora vescovo titolare di Semina ed ausiliare dell’arcidiocesi di New York.

 

E, accettando la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Worcester, presentata da mons. Daniel Patrick Reilly, per sopraggiunti limiti di età, il Papa ha nominato vescovo di Worcester mons. Robert Joseph McManus, finora vescovo titolare di Allegheny ed ausiliare della diocesi di Providence.

 

 

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

Apre la prima pagina la situazione in Iraq: la comunità internazionale plaude all'evento della firma della Costituzione provvisoria.

 

Nelle vaticane, nel saluto alla Plenaria del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali, Giovanni Paolo II ha esortato a proseguire la missione di aiutare quanti operano nel vasto campo della comunicazione.

L'omelia dell'Arcivescovo di Bologna, Mons. Carlo Caffarra, durante le esequie - nella Cattedrale di Carpi - del Vescovo Artemio Prati.

 

Nelle estere, in evidenza il pressante appello dell'Unhcr per la solidarietà con l'Africa: aperta, a Ginevra, la conferenza sul rimpatrio e sulla reintegrazione dei rifugiati.

 

Nella pagina culturale, un articolo di Franco Patruno dal titolo "Un digiuno per discernere": Quaresima e Tv.

Un articolo di Giovanni Lugaresi in ricordo di Luigi Maria Personè: "La sua scrittura è stata come la sua vita e la sua fede: essenziale, tutta nerbo, tutta sostanza e niente orpelli..."

Nell' "Osservatore libri" un approfondito contributo di Carmine Di Biase sull'opera "Antonio Baldini - Emilio Cecchi - Carteggio (1911 - 1959)" nelle Edizioni di Storia e Letteratura.

 

Nelle pagine italiane, in rilievo i temi delle riforme e delle pensioni.

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

9 marzo 2004

 

 

ARRESTATO IN CINA IL VESCOVO CATTOLICO MONS. WEI JINGYI

- Intervista con padre Bernardo Cervellera -

 

Non si placano le persecuzioni del governo cinese contro le religioni non ufficiali. La fondazione Kung, organizzazione umanitaria con sede negli Stati Uniti, riferisce oggi dell’arresto di un vescovo cattolico nella Cina settentrionale: si tratta di mons. Wei Jingyi, della diocesi di Qiqihar, che ha già scontato quattro anni di lavori forzati. Il commento di padre Bernardo Cervellera, direttore di Asia news, al microfono di Andrea Sarubbi:

 

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R. – Questa notizia, da un certo punto di vista, non fa stupore; fa stupore il fatto che da una parte la Cina cerca di mostrare sempre di più un volto moderno, aperto, nuove ferrovie super-veloci che vengono costruite, i rapporti con le banche internazionali, eccetera; dall’altro, invece, questo stile di persecuzione ...

 

D. – Quanti sono attualmente i vescovi nelle mani del governo?

 

R. – Non è molto facile fare una stima precisa, perché tanti vescovi vengono arrestati per pochi mesi e poi rilasciati, vengono arrestati soprattutto nei momenti un po’ cruciali quando dovrebbero incontrarsi con le loro comunità, cioè intorno a Natale, a Pasqua, al momento della festa dell’Assunzione: in quei periodi vengono arrestati; dopo vengono lasciati liberi ma sempre sotto controllo. In ogni caso, la situazione più terribile è quella dei due vescovi di Baoding che sette anni fa sono stati arrestati e ora sono scomparsi e di loro non sappiamo niente!

 

D. – Questa persecuzione in Cina riguarda solo i vescovi o anche la base?

 

R. – Ci sono vescovi perseguitati ma ci sono anche preti che, per avere insegnato il catechismo ai bambini – la qual cosa è proibita dalla legge – oppure per avere creato dei centri estivi o organizzato delle gite tra seminaristi, sono stati arrestati. Ci sono altri cristiani, protestanti, che sono stati messi in prigione per avere distribuito Bibbie! Quindi, la persecuzione è molto diffusa anche alla base.

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AFRICA: IL FUTURO DELLE RISORSE IDRICHE DEL NILO

IN UNA RIUNIONE IN UGANDA

 

- Intervista con il prof. Angelo Turco -

 

Sono 10 i Paesi africani i cui rappresentanti sono impegnati fino a domani ad Entebbe, alle porte di Kampala, in Uganda, in un difficile confronto sulle potenzialità delle risorse idriche del Nilo. Da una parte l'Egitto, beneficiario in maniera quasi monopolistica dell’acqua del fiume in virtù di un'intesa del ‘29, e dall'altra alcuni Paesi - come Tanzania, Etiopia, Kenya ed Uganda - che dal Nilo traggono benefici molto modesti. Gli altri partecipanti al vertice sono Sudan, Burundi, Rwanda, Repubblica Democratica del Congo ed Eritrea. Ma cosa rappresenta il Nilo per questi 10 Paesi e per l’Africa in generale? Giada Aquilino lo ha chiesto ad Angelo Turco, africanista e docente di Geografia all’Università dell’Aquila:

 

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R. – E’ il più grande fiume dell’Africa – oltre 7.000 chilometri – e attraversa il Continente nel suo cuore, dalla regione dei Grandi Laghi fino al Mediterraneo. Dire ‘bacino del Nilo’ significa dire qualcosa come 150 milioni di persone che gravitano intorno a questo fiume, cioè un quinto della popolazione africana.

 

D. – L’Egitto è beneficiario in maniera quasi monopolistica delle risorse idriche del Nilo. Perché c’è una disparità rispetto agli altri Paesi?

 

R. – L’Egitto, in forza di un trattato stipulato in epoca coloniale, alla fine degli anni Venti, è riuscito ad ottenere che nessuno Stato possa usare le acque del Nilo in modo che tale utilizzo porti pregiudizio al volume d’acqua trasportato dal fiume stesso nell’ultima parte del suo corso. Quindi si capisce l’interesse dell’Egitto, che da tempo immemorabile è figlio del Nilo: negli ultimi 3.000 chilometri del suo tratto il Nilo costituisce l’unica, vera risorsa idrica per milioni e milioni di persone.

 

D. – Tanzania, Etiopia, Kenya e Uganda iniziano però ad opporsi a quanto stabilito dal trattato del ‘29. Eppure l’Egitto minaccia che ogni cambiamento sarà “un atto di guerra”. A cosa potrebbero portare tali tensioni?

 

R. – Da cinque anni si sta cercando di costituire un tavolo attorno al quale far sedere diversi soggetti. Questo tavolo, patrocinato dalla Banca Mondiale, si chiama “Iniziativa per il bacino del Nilo” e ha sede a Entebbe, dove del resto si riuniscono proprio in questi giorni i membri del Comitato tecnico. L’iniziativa ha lo scopo di fare in modo che qualunque ritocco al quadro giuridico internazionale presente avvenga in modo consensuale.

 

D. – Si dice che, in effetti, in Africa l’acqua non manchi. Perché però i Paesi africani non hanno benefici dai fiumi pur presenti nel Continente?

 

R. – Quando diciamo che in Africa l’acqua non manca diciamo una cosa vera, ma dobbiamo immediatamente rettificarla aggiungendo che in alcune parti dell’Africa manca; in altre, invece, c’è perfino in abbondanza. Quindi non è un problema di quantità, ma di distribuzione. Ci sono Stati che esercitano una grande pressione sui corsi d’acqua come Sudan, Etiopia, Kenya, Egitto e viceversa ci sono Stati equatoriali e tropicali, umidi, la cui pressione è molto scarsa.

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UNA MOSTRA SULL’AFGHANISTAN FINO AL 12 MARZO A ROMA

 

- Intervista con Riccardo Venturi e Nino Sergi -

 

Dalla caduta di Kabul nelle mani dei talebani, alla sconfitta di Kandahar, all’arrivo degli americani. Un viaggio nella storia recente dell’Afghanistan attraverso le fotografie di Riccardo Venturi, fotoreporter, vincitore nel 1997, proprio con le foto dell’Afghanistan, del World Press Photo. Immagini raccolte anche in un libro, pubblicato da Contrasto in collaborazione con Intersos, organizzazione non governativa che da anni opera sul territorio afghano. La mostra, fino al 12 marzo a Roma, è ospitata nella Sala Santa Rita, nuovo spazio polifunzionale della capitale. Servizio di Francesca Sabatinelli.

 

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(musica)

 

Dal 1996 ad oggi, attraverso le strade di Kabul, di Jalalabad, dai bunker di Al Qaeda alla Moschea di Mazar-Isharif a Bamijan, ai suoi budda distrutti dalla furia talebana. Il viaggio di Riccardo Venturi attraverso l’Afghanistan continua anche in Italia con la mostra ‘Il nodo del tempo’. Una ventina gli scatti che agli occhi del pubblico aprono lo scenario di un Paese distrutto da decenni di guerra, ma con una grande voglia di riscatto e di libertà.

 

“Il nodo è la guerra, è il tempo che non si scioglie, che non continua, che è sospeso, che è bloccato, è fermato. La guerra rappresenta un impedimento al normale sviluppo evoluzionale del tempo ed è un pò il modo in cui io vedo questo Paese, che se non fosse un Paese così martoriato dalla guerra sarebbe un Paese con delle grandissime potenzialità, perché gli afghani sono persone operose e generose, piene di voglia di fare. E’ un Paese talmente estremo, talmente radicale, ma anche geograficamente parlando lo trovo meditativo più di qualsiasi altro luogo, perché è come un immenso tempio”.

 

La fierezza di questo popolo è testimoniata anche da Nino Sergi, segretario di Intersos, organizzazione non governativa presente nel Paese dal 2001. L’azione di Intersos è rivolta soprattutto ai profughi, agli anziani, ai bambini soli, alle vedove e, molto importante, è l’attività di sminamento e di bonifica in collaborazione con la Ong afghana Atc.

 

“Ci sono in Afghanistan cose che nella storia non cambiano e sono la fierezza di questo popolo, nonostante tutto quello che ha passato, quest’apertura allo straniero, questa capacità di accoglierlo, anche nella estrema povertà in cui loro si trovano. C’è un grosso sforzo per far sì che a livello politico le cose si sistemino e qui diciamo che il ritardo è ancora tanto. C’è poi, da parte della gente, una volontà di riprendersi la vita, di ricostruirsi, che è straordinaria”.

 

Riccardo Venturi arriva in Afghanistan per la prima volta pochi giorni dopo l’inizio dell’occupazione di Kabul da parte delle milizie talebane. Finiva un assedio e ne iniziava un altro. Era la prima volta di Venturi in una zona di guerra.

 

“La sensazione più brutale non è tanto la paura. La paura è determinata dal senso di solitudine che ti crea la guerra. Ti rendi perfettamente conto che se qualcosa di pericoloso deve accadere, sei completamente solo. Non ci sono amici, non ci sono legami che ti proteggano da questo. Oltre a ciò mi ha sorpreso di vedere la capacità dell’uomo di adattarsi ad ogni circostanza, anche alla più incredibile, alla più estrema, come un conflitto”.

 

(musica)

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“OGGI DEVO FERMARMI A CASA TUA”: E’ IL TITOLO DELLA LETTERA DELL’ARCIVESCOVO

DI VICENZA, MONS. NOSIGLIA, AI FEDELI IN OCCASIONE DELLA QUARESIMA.

AL CENTRO DELLA RIFLESSIONE C’E’ LA FAMIGLIA

 

- Intervista con lo stesso presule -

 

“Oggi devo fermarmi a casa tua”: è il titolo scelto dall’arcivescovo di Vicenza, monsignor Cesare Nosiglia, per la lettera che ha indirizzato ai fedeli della sua diocesi in occasione della Quaresima. E’, innanzitutto, un invito a prepararsi alla Pasqua proprio all’interno della famiglia. Ma ascoltiamo mons. Nosiglia intervistato da Silvio Scacco:

 

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R. – L’obiettivo è condividere insieme le esperienze, gioiose ma a volte anche piene di prove e di difficoltà, che ci sono in ogni casa. E dire che proprio la Pasqua del Signore è fonte di una grande speranza, perché Lui è con noi, cammina con noi. Nei momenti più difficili non dobbiamo mai perdere questa fiducia nella sua presenza e dobbiamo aprirci a Lui con fede.

 

D. – Quaresima, tempo penitenziale. Nella lettera, lei ribadisce anche l’importanza della confessione sacramentale, in quali termini?

 

R. – Nel senso di credere che questo sacramento possa rinnovare in noi la forza di ricominciare, ricominciare anche a credere di più in noi stessi, nelle risorse positive, spirituali che il Signore ha dato ad ogni famiglia. Con la confessione il Signore ti dà la forza necessaria per credere nella speranza della Resurrezione.

 

D. – Suggerisce anche un digiuno dalle tante parole e immagini vuote di giornali e tv, per lasciare spazio ad un altro tipo di parola, quale?

 

R. – Si tratta di recuperare nella casa il dialogo, la comunicazione. Viviamo in un mondo di informazioni ma di scarsa comunicazione. Forse perché ci lasciamo suggestionare da tante parole che arrivano in casa, per esempio con la televisione sempre accesa. Un metodo è quello di mettersi di fronte alla Bibbia, alla parola di Dio, riprenderla in mano perché diventi veramente fonte di luce e di forza che riscaldi il cuore e dia capacità anche di capire meglio le situazioni della vita, di ogni membro della famiglia.

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CHIESA E SOCIETA’

9 marzo 2004

 

 

MILIONI DI RIFUGIATI AFRICANI, NEI PROSSIMI ANNI, POTREBBERO FAR RITORNO

NELLE LORO TERRE D’ORIGINE GRAZIE ALLE DIVERSE INIZIATIVE DI PACE

IN CORSO NEL PAESE. AD ANNUNCIARLO, A GINEVRA,

L’ALTO COMMISSARIO DELLE NAZIONI UNITE, RUUD LUBBERS

 

GINEVRA. = Circa 2 milioni di rifugiati e diversi milioni di sfollati nei prossimi anni potrebbero rientrare volontariamente nelle proprie terre di origine in Africa, grazie alle iniziative di pace in corso in vari Paesi del continente. Lo ha detto il massimo rappresentante dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Acnur), Ruud Lubbers, in apertura della conferenza internazionale sul rimpatrio e la reintegrazione dei rifugiati in Africa che si svolge in questi giorni a Ginevra, in Svizzera. Durante l’incontro, al quale partecipano le delegazioni di circa 60 governi e numerosi responsabili di questioni umanitarie, Lubbers ha affermato che le iniziative di pace e gli sforzi per la soluzione dei conflitti in Angola, Sierra Leone, Liberia, Sudan, Eritrea, Somalia, Burundi, Rwanda e Repubblica democratica del Congo potrebbero presto favorire alcuni tra i più imponenti flussi di rimpatrio registrati in Africa negli ultimi decenni. In questa prospettiva, l’Alto commissario ha esortato i governi dei Paesi donatori a continuare a sostenere le iniziative di pace delle nazioni africane. Ribadendo le preoccupazioni per la scarsa attenzione della comunità internazionale al periodo che segue la fine di un conflitto, il responsabile dell’Acnur ha ricordato che, tra il 1991 e il 2001, oltre 8 milioni di rifugiati hanno fatto ritorno nei Paesi d’origine in Africa, la metà dei quali in Rwanda e in Mozambico. Tuttavia, affinché tutto proceda per il meglio, “devono essere compiuti sforzi – ha ribadito Lubbers - per garantire l’attuazione dei programmi finalizzati al disarmo, alla smobilitazione, al reinserimento e al recupero degli ex combattenti”. (D.G.)

 

 

LE TRUPPE AMERICANE DI STANZA IN AFGHANISTAN VIOLANO I DIRITTI UMANI.

 È QUANTO EMERGE DA UN RAPPORTO DELL’ORGANIZZAZIONE HUMAN RIGHTS WATCH DIFFUSO IN QUESTI GIORNI

 

NEW YORK. = Uso eccessivo della forza, detenzioni arbitrarie e maltrattamento di detenuti. Queste le accuse mosse all’esercito statunitense in Afghanistan da “Human Rights Watch”. In un rapporto diffuso in questi giorni dall’organizzazione per i diritti umani con sede a New York, si sottolinea che sono almeno un migliaio gli afgani e gli stranieri reclusi dal 2002 dalle forze di sicurezza statunitensi presenti nel Paese asiatico e che alcuni tra i detenuti sono stati sottoposti a torture o privati del diritto di difendersi. “Human Rights Watch” ammette di avere poche informazioni sui centri di detenzione temporanei allestiti dagli americani in Afghanistan, il principale dei quali si trova a Bagram, a nord della capitale Kabul, ed ospita circa 150 reclusi. Tuttavia l’organismo per i diritti umani rileva che questi centri operano “in un clima di quasi totale impunità” e riferisce che ai prigionieri viene negato il diritto di contattare familiari, avvocati e giornalisti. Gli attivisti denunciano, inoltre, la morte di tre persone durante la reclusione nelle basi nordamericane in Afghanistan e sostengono che l’esercito Usa non ha indagato a sufficienza su questi decessi. Riportando testimonianze di ex prigionieri, “Human Rights Watch” afferma che le vittime “parlano di violenze, di aspersione con acqua ghiacciata e di esposizione a temperature estreme”. Molti, inoltre, affermano di essere stati privati del sonno per diverse settimane o costretti a stare a lungo in ginocchio o in altre posizioni dolorose. Vengono duramente criticati anche i metodi usati dai militari statunitensi nei rastrellamenti e negli arresti; si parla in particolare di sparatorie indiscriminate, di arresti violenti di civili e di saccheggi. (D.G.)

 

 

LA POSSIBILE REVOCA DELLA LEGGE MARZIALE NEL NORD DI SUMATRA

NELLE DICHIARAZIONI DELLA PRESIDENTE INDONESIANA MEGAWATI

SUKARNOPUTRI, DOPO LA DENUNCIA DEGLI STATI UNITI

SULLE CARCERAZIONI DEGLI INDIPENDENTISTI

 

Indonesia. = In un comunicato diffuso ieri, gli Stati Uniti hanno denunciato l’arresto di alcuni attivisti dei diritti umani dopo alcune manifestazioni per la promozione di un referendum sull’indipendenza della regione dell’Aceh dall’Indonesia. La dichiarazione del dipartimento di Stato statunitense sostiene che questi fermi sono volti a scoraggiare l’azione degli osservatori internazionali nell’area a nord di Sumatra, contrastando in questo modo una possibile soluzione pacifica del conflitto. La polizia indonesiana ha replicato alle accuse sostenendo l’appartenenza degli attivisti alle forze separatiste del “movimento per Aceh libera”. La presidente indonesiana Megawati Sukarnoputri, in visita nella regione, è intervenuta sulla questione dicendosi fiduciosa di poter revocare la legge marziale entro maggio. Gli scontri nell’area, che dal 1976 contano ormai più di 12 mila vittime, hanno subito negli ultimi anni un’escalation dovuta all’iniziativa militare portata avanti da Giakarta in ragione della mancata applicazione, da entrambe le parti, degli accordi di pace siglati a Ginevra nel dicembre 2002. (P.C.)

 

 

LA CORRETTA GESTIONE DELLE RISORSE DELLA REPUBBLICA DEL CONGO AL CENTRO DELL’IMPEGNO DELLA NUOVA COMMISSIONE GIUSTIZIA E PACE DELL’ARCIDIOCESI

DI BRAZZAVILLE, INSEDIATASI LO SCORSO 4 MARZO

 

BRAZZAVILLE. = Attenzione allo sviluppo della Repubblica del Congo e maggior spazio ai laici. Sono queste le priorità della Commissione Giustizia e Pace dell’Arcidiocesi di Brazzaville, insediatasi il 4 marzo scorso. Presidente della Commissione è don Mesmin Massengo, rettore del Seminario Maggiore interdiocesano di teologia “Emile Biayenda”. Tra le urgenze che deve affrontare l’organismo, vi sono i danni provocati dalla guerre degli anni ’90 che hanno notevolmente indebolito il tessuto socio-economico congolese. Attenzione sarà, inoltre, riservata alla fornitura di servizi essenziali come acqua, elettricità, assistenza sanitaria; al pagamento regolare di salari e pensioni; al dilagante fenomeno della stregoneria. Non solo, la Commissione si concentrerà anche sull’animazione nelle parrocchie, la formazione degli animatori di Giustizia e Pace, l’assistenza ai detenuti del penitenziario di Brazzaville, mediante un progetto per il reinserimento professionale dei carcerati, al termine della pena. Nel Congo, e specialmente nella capitale Brazzaville, è sempre più evidente il divario tra gli enormi profitti derivanti dal petrolio e la povertà, in costante incremento, che affligge la maggior parte della popolazione. (D.G.)

 

 

SCOPERTI NEI DEPOSITI DEL MUSEO DEL PRADO, A MADRID, DUE BOZZETTI

ESEGUITI DA MICHELANGELO PER IL “GIUDIZIO UNIVERSALE” DELLA CAPPELLA SISTINA. LO HA ANNUNCIATO IERI IL VICEPRESIDENTE DEL MUSEO SPAGNOLO, GABRIELE FINALDI

 

MADRID. = Il Museo del Prado ha confermato, ieri, che due schizzi finora “attribuiti” a Michelangelo e che fanno parte di una serie di otto disegni donati al Prado nel 1930 dal collezionista spagnolo Pedro Fernandez Duran, sono effettivamente dell’artista italiano. Si tratta – ha precisato il vicepresidente del museo, Gabriele Finaldi - di bozzetti raffiguranti una spalla e il braccio di un uomo, tratteggiati con lapis nero, che fanno parte del lavoro di preparazione al “Giudizio Finale” della Cappella Sistina. In un comunicato, il Prado sostiene, inoltre, che i disegni “non erano stati analizzati e il loro autore era sconosciuto fino ad oggi, per cui non figuravano nella bibliografia dell’artista”. È  stato lo specialista Nicholas Turner, prosegue la nota, ad effettuare gli studi che hanno confermato come i bozzetti siano opera di Michelangelo. Gli schizzi saranno inseriti nella mostra “Disegni italiani del secolo XVI nelle collezioni del Museo del Prado”, che si aprirà nella capitale spagnola il prossimo 9 novembre. (D.G.)

 

 

PER MANTENERE LA PROPRIA VITALITÀ, LA NARRATIVA ITALIANA DEVE AFFRONTARE

I GRANDI TEMI DELL’ESISTENZA E RESPINGERE TENTAZIONI ESTETICHE FINI

A SE STESSE. LO  SOSTIENE PADRE ANTONIO SPADARO

DALLE COLONNE DI “CIVILTÀ CATTOLICA”

 

ROMA. = Gli scrittori possono decidere di confrontarsi con l’esistenza, oppure scegliere la via dell’arguzia mentale, ben consapevoli che solo tramite la prima via si arriva al romanzo. Questo è, in sostanza, il pensiero esposto da padre Antonio Spadaro dalle colonne di “Civiltà cattolica”. Il periodico gesuita si inserisce in questo modo nel dibattito avviato in questi giorni dal settimanale L’Espresso, proponendo, inoltre, un elenco di autori alternativo a quello proposto nell’articolo di Covacich. Si tratta di scrittori molto diversi tra loro che hanno dimostrato di possedere una comprensione della quotidianità tale da poter ricreare il mondo in termini di scrittura, perché - continua il padre gesuita - soltanto la realtà riesce a dar corpo e sostanza al racconto. La letteratura italiana - conclude il quindicinale cattolico - è viva ma corre il rischio di generare sempre meno narrativa, attraverso il rifiuto del confronto con l’esistenza, l’orrore e la grazia della vita in favore di esercizi estetici delle forme e del pensiero fini a se stessi. (P.C.)

 

 

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24 ORE NEL MONDO

9 marzo 2004

 

 

- A cura di Barbara Castelli -

 

E’ polemica sulla nuova Costituzione provvisoria irachena, siglata ieri dopo mesi di intensi e complicati negoziati e due rinvii dell’ultimo minuto. La soddisfazione degli Stati Uniti è stata controbilanciata dalle critiche mosse dall’ayatollah Ali Sistani, la più alta autorità religiosa sciita, le cui parole hanno molta influenza su almeno il 60 per cento della popolazione irachena. Cauta, invece, la posizione dell’Onu, che studierà attentamente il testo che dovrebbe proiettare l’Iraq verso la democrazia. La Costituzione provvisoria irachena riconosce l’Islam come religione ufficiale e prevede elezioni entro il 2005. Nel territorio, intanto, è ancora alta la tensione. Un soldato americano è morto oggi a Baaqouba, per l’esplosione di una bomba.

 

Cinque dei nove prigionieri britannici detenuti nella base militare americana di Guantanamo torneranno oggi nel Regno Unito, dopo aver trascorso due anni nel campo di massima sicurezza statunitense. Gli altri quattro, invece, saranno probabilmente giudicati negli Stati Uniti, in quanto catturati “nella zona di combattimento” in Afghanistan. A New York, intanto, i membri della “Commissione per i diritti umani a Guantanamo”, un gruppo di pressione britannico composto da attivisti e familiari dei presunti terroristi detenuti nella base a Cuba, sono scesi in piazza per sensibilizzare i funzionari delle Nazioni Unite sulle condizioni in cui sono tenuti i prigionieri.

 

Condanna ridotta della metà in Indonesia per Abu Bakar Bashir, accusato di essere a capo di un gruppo radicale della Jemaah Islamiyah. La decisione è stata presa oggi dalla Corte Suprema, portando da tre anni a diciotto mesi la pena detentiva nei confronti del predicatore musulmano. La Jemaah, ritenuta responsabile, fra l’altro, dell’attentato dell’ottobre 2002 a Bali in cui sono morte più di 200 persone, punta alla creazione di uno stato panislamico nel sud est asiatico.

 

In Medio Oriente sono ripresi i raid israeliani, dopo quelli di ieri nella Striscia di Gaza e Cisgiordania costati la vita a tre palestinesi. L’esercito ebraico è entrato stamani a Jenin e una donna è rimasta uccisa. Le autorità, intanto, hanno tolto il blocco ai Territori palestinesi decretato, la scorsa settimana, in occasione della festa ebraica del Purim. Sul piano diplomatico, dalla Germania il vicepremier israeliano, Ehud Olmert, ha confermato l’intenzione di smobilitare gli insediamenti ebraici a Gaza.

 

Ancora instabilità ad Haiti, in preda a nuovi saccheggi. Gli Stati Uniti hanno chiesto all’ex Capo di Stato Aristide, che secondo il ministero degli esteri francese ha firmato una formale lettera di dimissioni, di farsi da parte e lasciare che l’isola pensi al proprio futuro. Intanto, ieri ad Haiti è stato il giorno dell’insediamento ufficiale del presidente ad interim Alexandre, che ha rivolto alla popolazione un appello alla calma. Il servizio è di Maurizio Salvi:

 

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Le parole di Boniface Alexandre sono state quasi soffocate dai sostenitori dell’ex presidente Jean-Bertrand Aristide, che hanno chiesto a gran voce il suo ritorno, urlando vicino al palazzo presidenziale lo slogan “Aristide o morte”. Il rischio di una deriva violenta è forte, perché la polizia non è assolutamente in grado di far fronte agli scontri tra bande di ribelli e i militanti delle chimere, le milizie armate della baraccopoli che appoggiano in modo incondizionato l’ex capo dello Stato. Dal suo esilio nella Repubblica Centroafricana, intanto, Aristide ha continuato a denunciare di essere stato sequestrato e portato fuori da Haiti da soldati americani. Ha chiesto ai suoi sostenitori di resistere democraticamente, avvertendo di voler tornare in patria come il legittimo presidente del Paese.

 

Maurizio Salvi per la Radio Vaticana.

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Ancora proteste dell’opposizione in Venezuela. Il Coordinamento democratico ha criticato le autorità elettorali di Caracas, incaricate di decidere se autorizzare o meno lo svolgimento di un referendum per la revoca del mandato del presidente, Hugo Chavez. L’opposizione ha accusato il Consiglio nazionale elettorale, che sta esaminando le 800 mila firme raccolte, di “seminare ostacoli sulla strada per la consultazione popolare”.

 

Il Cremlino ha annunciato oggi le nomine dei ministri del nuovo governo russo. In particolare, il ministro della difesa, Serghiei Ivanov, resterà alla guida del suo Dicastero, mentre Serghiei Lavorv, ex ambasciatore all’Onu, è stato nominato ministro degli Esteri.

 

E anche in Grecia è stata annunciata  la  lista dei ministri del nuovo governo di centro destra guidato dal premier incaricato Costas Karamanlis, vincitore delle elezioni di domenica scorsa. Il premier sara' anche  ministro della cultura, che ha la responsabilità politica delle  Olimpiadi. Agli esteri andrà l'ex diplomatico 76enne Petros Molyviatis.

 

Possibile sciagura al largo delle coste del Madagascar. Un traghetto, con 100 persone a bordo, è stato investito da un ciclone e da domenica non se ne hanno più notizie. L’imbarcazione, che sarebbe dovuta arrivare ieri mattina a Mahajanga, secondo porto commerciale del Madagascar, era partita dall’isola di Anjouan, nell’arcipelago delle Comore. 

 

Possibile battuta di arresto nel processo di riavvicinamento tra India e Pakistan. Islamabad ha compiuto stamani un lancio di prova di un missile a medio raggio, in grado di portare una testata nucleare. Il servizio di Barbara Castelli.

 

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Il Pakistan ha testato un nuovo missile, in grado di portare una testata nucleare. Lo hanno riferito le forze armate di Islamabad, precisando che si tratta dello ‘Shahin II’, missile terra-terra a medio raggio, in grado di trasportare qualunque tipo di testata fino a 2.000 chilometri di distanza. Nel comunicato, diffuso dall’esercito asiatico, si puntualizza, inoltre, che il lancio è avvenuto con successo e che i Paesi confinanti sono stati avvertiti preventivamente dell’esperimento. Il test missilistico pakistano, tuttavia, si registra dopo l’accordo della scorsa settimana tra India e Israele, per l’acquisto di un sistema radar strategico di difesa aerea. Il lancio odierno era stato preannunciato anche lo scorso mese dal presidente pakistano, Pervez Musharraf, che aveva, comunque, minimizzato l’eventualità di una corsa al nucleare con la vicina India. Recentemente New Delhi e Islamabad hanno avviato un dialogo mirato alla pacificazione e culminato nei colloqui del 16-18 febbraio scorsi nella capitale pakistana. Era dall’ottobre 2003 che il Pakistan non effettuava lanci di missili.

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Paura in Giappone. Un incidente si è verificato nell’impianto di raffreddamento del reattore numero tre della centrale nucleare di Ikata, nell’isola meridionale di Shikoku. L’episodio ha causato una perdita di 1,6 tonnellate di acqua e una lieve fuoriuscita di radioattività. Le operazioni del reattore non sono state interrotte.

 

Elezioni presidenziali in Macedonia per il prossimo 14 aprile. Le ha indette oggi il presidente del Parlamento, Ljupco Jordanovski, che dopo la morte di Boris Trajkovski, lo scorso 26 febbraio, ha assunto la carica ad interim di Capo dello Stato.

 

Per la prima volta dal 1948 in Corea del Sud è stata avviata una procedura di impeachment nei confronti del presidente, Roo Moo-hyun, accusato di violazione della legge elettorale. La mozione, presentata dalle due maggiori forze dell’opposizione, deve essere approvata con una maggioranza qualificata dei due terzi del parlamento. I leader dei partiti di minoranza si sono detti fiduciosi di riuscire a raggiungere il quorum richiesto.

 

E’ stata sospesa, invece, la procedura di impeachment nei confronti del presidente lituano Rolandas Paksas, accusato di legami con la mafia russa. Il parlamento ha deciso la sospensione dell’iter in attesa del pronunciamento, entro il mese prossimo, sui capi di accusa da parte della Corte costituzionale. L’assemblea lituana si augura comunque di riuscire a deliberare in tempi brevi, per evitare possibili ripercussioni nei rapporti con l’Unione Europea.

 

 

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