RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLVIII n. 62 - Testo della Trasmissione di martedì 2 marzo 2004

 

Sommario

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

“In cammino verso la croce. il Vangelo delle sofferenze”, il tema sviluppato oggi da mons. Bruno Forte nella predica degli esercizi spirituali in Vaticano, alla presenza del Papa.

 

Il desiderio di vedere Gesù per dare risposta al senso ultimo della vita: Messaggio di Giovanni Paolo II per la Giornata Mondiale della Gioventù nella prossima domenica delle Palme.

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Serie di attentati in Iraq e in Pakistan semina la morte tra i fedeli sciiti, nella ricorrenza dell’Ashura: ai nostri microfoni Alberto Negri.

 

A cinque anni dall’Accordo di Ottawa per la messa al bando delle mine antiuomo, progressi fatti e speranze disattese: intervista con Simona Feltrami.

 

Il volontariato dei Salesiani in prima linea per aiutare le popolazioni povere e sofferenti del Rwanda, del Burundi, della Repubblica democratica del Congo: ce ne parla padre Ferdinando Colombo.

 

L’Italia di fronte al conflitto arabo-israeliano: convegno al Sacro Convento di Assisi: con noi David Meghnagi e Mario Scialoja.

 

CHIESA E SOCIETA’:

Lanciata con successo la sonda spaziale europea “rosetta”, che “aggancerà’” una cometa dopo un viaggio lungo dieci anni.

 

Immigrazione, dialogo con l’islam e preparativi per la Gmg di Colonia al centro dell’Assemblea plenaria dei vescovi tedeschi, iniziata ieri a Bensberg.

 

“Il mondo degli affari deve essere messo al servizio dei poveri”: questo il messaggio contenuto in un rapporto dell’Onu, presentato ieri al Palazzo di vetro a New York.

 

I vescovi guineani si auspicano che le elezioni in Guinea Bissau del 28 marzo, si svolgano all’insegna della tolleranza.

 

Ogni anno, 20 mila bambini peruviani muoiono prima di aver compiuto il primo anno di vita: questa la denuncia dell’Unicef in un rapporto sul dramma della mortalità infantile nel Paese andino.

 

In Italia, nell’arco di 30 anni, è cresciuto il numero dei Musei di proprietà della Chiesa: lo rivela un censimento dell’Ufficio per i beni culturali ecclesiastici della Cei.

 

24 ORE NEL MONDO:

Accolti trionfalmente ad Haiti i militari statunitensi, mentre l’ex-presidente Aristide accusa Washington di averlo costretto a partire con la forza.

 

Giornata decisiva, negli Stati Uniti, per le presidenziali del prossimo 2 novembre: si vota per le primarie in 10 Stati dell’Unione.

 

I colloqui per la riunificazione dell’isola di Cipro continueranno con ogni probabilità anche dopo il 1° maggio. 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

2 marzo 2004

 

 

“LA CROCE COME LUOGO IN CUI DIO PARLA NEL SILENZIO”.

E’ UNO DEI PASSI DEGLI ODIERNI ESERCIZI SPIRITUALI PREDICATI,

IN VATICANO, ALLA PRESENZA DEL PAPA

- Servizio di Amedeo Lomonaco -

 

“In cammino verso la Croce. Il Vangelo delle sofferenze. La Croce come storia trinitaria”. E’ questo il tema degli odierni esercizi spirituali predicati in Vaticano dal teologo mons. Bruno Forte. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

 

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Il cammino nella sequela di Gesù è proseguito, oggi, approfondendo l’itinerario verso la croce che mons. Bruno Forte ha così descritto:

 

“Il luogo in cui Dio parla nel silenzio, rischiarando le tenebre del nostro cuore, assetato di lui”.

 

Tutta la vita di Gesù – ha aggiunto il predicatore – è stata orientata dalla Croce: le stesse narrazioni del Vangelo sono come storie della passione con una introduzione particolareggiata:

 

“La Croce è la narrazione della Trinità, la Trinità è il concetto della Croce. Se vogliamo sapere chi è Dio, dobbiamo inginocchiarci ai piedi della Croce”.

 

Nel pomeriggio di ieri mons. Bruno Forte ha approfondito, inoltre, il tema della libertà, già sviluppato nelle predicazioni della mattina:

 

“Gesù non è soltanto l’uomo libero, l’esempio e il modello della nostra libertà: Gesù è il nostro liberatore, e lo è perché è lui che ci ha rivelato il Padre, il Dio di misericordia”.

 

Il teologo ha quindi esaminato il prezioso patrimonio dell’ebraico biblico: con solo 5750 parole questa lingua – ha ricordato - ci dice tutto del cuore dell’uomo perché usa le metafore. Analizzando la parabola del figliol prodigo, il teologo ha sottolineato come il padre descritto nel passo del Vangelo sia in realtà Dio, umile, coraggioso, materno e Signore della speranza, della gioia e della sofferenza. Mons. Forte ha quindi proseguito nell’interpretazione delle metafore presenti nella parabola:

 

“Davanti a questo Dio, chi siamo noi? Il figlio più giovane, quello che si è preso tutto e se n’è andato di casa, in una terra dove ha dissipato tutto”.

 

“Il ritorno a casa del figliol prodigo – ha detto il predicatore – rappresenta lo straordinario momento della conversione”. Il cammino della conversione - ha sottolineato - prevede la percezione dell’alienazione a cui il peccato ha condotto, il riconoscimento dell’amore di Dio, la consapevolezza del dramma per l’essersi allontanato dal messaggio di Gesù, e infine - ultimo atto di questo itinerario di fede - l’incontro con il Signore. Il teologo ha infine dedicato la lectio divina alla scena dell’Annunciazione a Maria, Vergine dell’ascolto e icona della libertà.

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A motivo dello svolgimento in Vaticano degli esercizi spirituali in preparazione della Pasqua domani, mercoledì 3 marzo, non si svolgerà la consueta udienza generale del Santo Padre.

 

 

IL MESSAGGIO DEL PAPA PER LA XIX GIORNATA MONDIALE DELLA GIOVENTU’

CHE SI CELEBRERA’, A LIVELLO DIOCESANO,

NELLA PROSSIMA DOMENICA DELLE PALME

 

Il prossimo 4 aprile cade la Domenica delle Palme, che per tradizione è ormai dedicata alla gioventù. Il Papa ha inviato ai giovani anche quest’anno un apposito messaggio per questa che sarà la XIX Giornata mondiale della gioventù. Ce ne riferisce Giovanni Peduto:

 

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“Vogliamo vedere Gesù”: fu la domanda che i Greci rivolsero all’apostolo Filippo, come ci racconta Giovanni nel suo Vangelo. Ebbene, Giovanni Paolo II esorta i giovani ad avere lo stesso desiderio di trovare la risposta alla domanda sul senso della nostra vita, perché a questo ci porta il desiderio di vedere Gesù. Accogliere l’aspetto più sublime della dignità dell’uomo, che sta proprio nella sua vocazione a comunicare con Dio. Il desiderio di vedere Dio abita il cuore di ogni uomo e di ogni donna, ma per poter cogliere il volto di Dio bisogna fare il silenzio dentro di noi. Il Papa invita i giovani a fare questo silenzio, a cercare Gesù con gli occhi di carne attraverso gli avvenimenti della vita e nel volto degli altri, ma soprattutto a cercarlo con gli occhi dell’anima, per mezzo della preghiera e della meditazione della Parola di Dio.

 

Essere veramente liberi – dice il Papa – significa avere la forza di scegliere Colui per il quale siamo stati creati ed accettare la sua signoria sulla nostra vita. L’Eucaristia, ricevuta con amore e adorata con fervore, diventa scuola di libertà e di carità per realizzare il comandamento dell’amore di Gesù. L’oblio di sé non è facile, dice ancora il Papa; esso distoglie dall’amore possessivo e narcisista per aprire l’uomo alla gioia dell’amore che si dona. E poi, il Papa porta l’esempio della beata Teresa di Calcutta, che amava distribuire il suo biglietto da visita sul quale stava scritto: ‘Frutto del silenzio è la preghiera, frutto della preghiera è la fede, frutto della fede è l’amore, frutto dell’amore il servizio, frutto del servizio la pace’. Ecco il cammino dell’incontro con Gesù. Ma è importante non dimenticare che Gesù è presente nella sua Chiesa. Non solo. Ma sul cammino che porta a Gesù si incontra la Croce, ed è proprio questa verità che il Papa ha voluto ricordare ai giovani del mondo, consegnando loro la grande croce di legno al termine dell’Anno Santo della Redenzione, nel 1984: centinaia di migliaia di giovani hanno pregato attorno a quella croce, deponendo ai suoi piedi i pesi di cui erano gravati; hanno scoperto di essere amati da Dio, e molti di loro hanno trovato anche la forza di cambiare vita.

 

Quest’anno, dice il Papa ai giovani, nel ventesimo anniversario di quell’evento, la Croce sarà accolta a Berlino da dove, pellegrinando attraverso tutta la Germania, raggiungerà il prossimo anno Colonia. “Mettete i vostri talenti e il vostro ardore giovanile al servizio dell’annuncio della Buona Novella”: questa l’esortazione del Papa ai giovani. “Siate gli amici entusiasti di Gesù, che presentano il Signore a quanti desiderano vederlo, soprattutto a quanti sono da lui più lontani. Dio si serve dell’amicizia umana per condurre i cuori alla sorgente della divina carità. Il Papa conclude: la Vergine di Nazaret insegnerà a fissare lo sguardo su Gesù perché in questo mondo che passa, voi siate profeti del mondo che non muore”.

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NOMINA IN MESSICO

 

Il Santo Padre ha nominato stamane ausiliare dell’arcidiocesi di México, in Messico, il rev. Víctor Sánchez Espinosa, del clero dell’arcidiocesi di Puebla de los Angeles, assegnandogli la sede titolare vescovile di Ambia.

 

 

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

Apre la prima pagina la notizia delle stragi compiute a Baghdad e a Kerbala, in Iraq, nel giorno della ricorrenza sciita dell'Ashura. Il dettagliato resoconto di questo ennesimo atto di violenza perpetrato nel tormentato territorio iracheno.

 

Nelle vaticane, una pagina dedicata alla Lettere quaresimali dei Vescovi italiani.

 

Nelle estere, per la rubrica dell' "Atlante geopolitico", un articolo di Pierluigi Natalia dal titolo "Africa: la lotta alla sete promuove la pace". Haiti: l'Onu annuncia una missione a Port-au-Prince per preparare il dispiegamento dei "caschi blu".

 

Nella pagina culturale, un articolo di Paolo Miccoli dal titolo "Emozioni, sentimenti e cervello": in un recente saggio la discutibile commistione tra scienza e filosofia.

Per l'"Osservatore libri", un approfondito contributo di Marco Impagliazzo sull'opera di Danilo Veneruso intitolata "La storiografia di Massimo Petrocchi".  

 

Nelle pagine italiane, in rilievo il tema dei conti pubblici e l'emergenza-maltempo.

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

2 marzo 2004

 

 

ATTENTATI CONTRO LE COMUNITA’ SCIITE IN IRAQ

E PAKISTAN NELLA RICORRENZA DELL’ASHURA: DECINE DI MORTI E FERITI

 

Scorre il sangue in Iraq e in Pakistan nel giorno della più solenne ricorrenza per i musulmani sciiti, la festività dell’Ashura. Una serie di gravissimi attentati hanno colpito le città di Baghdad e Karbala, a sud della capitale irachena, e Quetta nella regione sud-occidentale pakistana. Eventi drammatici che avvengono alla vigilia della firma della nuova Costituzione provvisoria irachena. La cronaca di quanto accaduto nel servizio di Giancarlo La Vella:

 

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Oltre 75 morti a Baghdad, altrettanti a Karbala e centinaia di feriti in seguito alle violente esplosioni, provocate da attentatori suicidi nel corso delle cerimonie di piazza dell’Ashura, la ricorrenza che commemora la morte dell’imam Hussein, figlio di Alì, il genero del profeta Maometto, sconfitto dalle truppe del califfo Yazid nella lotta per la leadership dell’Islam e decapitato in Mesopotamia nell'anno 680 d. C. A quell'episodio risale lo scisma islamico fra sunniti e sciiti. Questi ultimi sono oggi poco più del 10 per cento della popolazione islamica mondiale, ma costituiscono la maggioranza in Iran, in Iraq e nel Bahrein. Matrice politica o matrice religiosa? L’imam di una moschea di Baghdad, coinvolta dagli attentati, punta il dito contro Al Qaida, ma è comunque difficile in questo particolare momento storico per l’intera regione del Golfo attribuire l’offensiva odierna. Sicuramente è la conferma dell’esistenza di forze destabilizzanti che possono operare su più fronti – ne è una prova la morte a Baghdad di un altro soldato americano, colpito oggi da una granata – allo scopo di bloccare i tentativi di fare dell’Iraq uno Stato democratico. Gli attacchi anti-sciiti hanno colpito anche la città pakistana di Quetta, dove un gruppo di uomini armati ha aperto il fuoco sulla folla degli sciiti, provocando almeno 20 morti. Uno sciita ucciso e 16 feriti anche a Kabul, in Afghanistan. Tensione ai massimi livelli, anche perché domani sarà firmata la Costituzione provvisoria irachena e c’è il rischio che nelle prossime ore il terrorismo torni a colpire.

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Gli attentati di questa mattina mostrano quanto sia ancora difficile da sanare, in Iraq, la frattura interna tra la maggioranza sciita e la minoranza sunnita. Lo conferma Alberto Negri, inviato speciale del Sole 24 Ore, intervistato da Andrea Sarubbi:

 

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R. - Stiamo di fronte a delle frontiere, a delle linee di faglia tra il mondo sunnita e sciita, che sono saltate proprio con la caduta, per esempio, del regime di Saddam Hussein. Questi scontri, che fino a qualche anno fa erano sotterranei, adesso sono esplosi in tutta la loro portata. Ci troviamo, quindi, di fronte ad uno scontro che ricorda un po’ quello della guerra civile libanese, quando si scoprì che gli sciiti erano diventati la maggioranza della popolazione, pur non essendo adeguatamente rappresentati sul piano politico e dei diritti civili. In Iraq si ripete più o meno la stessa cosa, ma in maniera forse ancora più dirompente.

 

D. – Eppure, sulla Costituzione irachena, Sciiti e Sunniti sembravano aver trovato un accordo, almeno sulla questione di principio …

 

R. – Io vorrei ritornare su queste ‘questioni di principio’, perché mi sembra che siano state risolte un po’ troppo frettolosamente. Ad esempio, la Costituzione dice che una delle fonti di legislazione è l’Islam… ma a quale scuola giuridica faranno riferimento, in un Paese dove c’è una maggioranza sciita ed una minoranza sunnita che, però, ha avuto sempre in mano il potere? Ecco, non mi sembra che sia così facile conciliare queste cosiddette ‘linee di principio’: oggi vengono scritte sulla carta, ma domani potrebbero diventare questioni dirompenti.

 

D. – Quasi contemporaneamente agli attentati in Iraq se n’è verificato uno anche in Pakistan. Secondo te, c’è un’offensiva mondiale contro gli sciiti o è una coincidenza?

 

R. – No, non si tratta assolutamente di una coincidenza, perché gli scontri interconfessionali in Pakistan sono purtroppo una lunga storia degli ultimi 20 anni, ed anche prima. In Pakistan gli sciiti sono una minoranza, ma una minoranza importante ed insediata da secoli: tanto per ricordare un piccolo episodio, il padre di Khomeini veniva chiamato ‘l’indi’, cioè l’indiano, perché proveniva proprio dall’attuale Pakistan, dove aveva studiato la legge islamica.

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A CINQUE ANNI DAL TRATTATO DI OTTAWA

PER LA MESSA AL BANDO DELLE MINE ANTIUOMO, UN BILANCIO

DEI PROGRESSI FATTI E DELLE SPERANZE DISATTESE

- Intervista con Simona Beltrami -

 

Ottantadue Paesi al mondo sono inquinati dalle mine che tengono in ostaggio milioni di persone, paralizzando le attività produttive e rendendo inservibili le infrastrutture. E’ un dato con cui fotografare la situazione attuale a cinque anni dal Trattato di Ottawa per la messa al bando dei micidiali ordigni, entrato in vigore il primo marzo del 1999. Certamente va sottolineato che in questi anni è passato da 40 a 141 il numero dei Paesi che hanno fatto proprio il principio umanitario alla base del Trattato, riconoscendo i devastanti effetti di lungo termine delle mine. Ma si deve anche constatare che restano disattese molte delle promesse fatte, come spiega nell’intervista di Fausta Speranza, Simona Beltrami del Coordinamento di associazioni intitolato Campagna italiana contro le mine:

 

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R. – Sono rimasti fuori dall’accordo 44 Stati, alcuni dei quali molto importanti. Soprattutto allarma il fatto che non vogliano aderire al Trattato di Ottawa tre quinti dei membri permanenti del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, ossia le grandi potenze: Stati Uniti, Russia e Cina. Tutti e tre questi Paesi continuano a riservarsi il diritto di utilizzare mine per i loro scopi militari. La Russia sta utilizzando mine in Cecenia e va ricordato che la Cecenia l’anno scorso è stato il Paese in cui si è registrato il più alto numero nel mondo di vittime per  mine. Gli Stati Uniti, purtroppo, proprio in questi ultimi giorni hanno dichiarato che non aderiranno al Trattato di Ottawa e che continueranno ad usare mine come e quando lo riterranno necessario, con l’unica concessione che dal 2010 utilizzeranno solo le cosiddette ‘mine intelligenti’, ossia mine che dopo un certo periodo di attività si autodistruggono. Il problema di queste mine, che poi così ‘intelligenti’ non sono, è che esse continuano a rappresentare un grave pericolo per la popolazione civile nel loro periodio di attività, esattamente come le mine che non vengono definite ‘intelligenti’.

 

D. – Quali sono le prossime scadenze per questo impegno a livello internazionale?

 

R. – Si terrà alla fine di novembre a Nairobi, in Kenya, la prima Conferenza di riesame del Trattato di Ottawa. Sarà un summit a livello intergovernativo al quale, però, parteciperanno anche le agenzie delle Nazioni Unite che sono impegnate in attività di sminamento, le organizzazioni della società civile e le organizzazioni non governative che hanno dato un forte impulso perché si arrivasse al Trattato e che lavorano quotidianamente sul terreno.

 

D. – Qual è invece l’impegno, in particolare, dell’Unione Europea?

 

R. – C’è un forte impegno di natura finanziaria. L’Unione Europea è tra i più importanti finanziatori di attività contro le mine, insieme con gli Stati Uniti che sul piano politico rifiutano di entrare nel concerto di Nazioni che rifiutano le mine ma che però indubbiamente sono un Paese donatore importante. E’ interessante notare che all’interno della stessa Comunità europea c’è un Paese che ancora non ha aderito al Trattato di Ottawa, la Finlandia, e che adesso con l’allargamento dell’Europa a 25, il primo maggio, entreranno altri tre Stati che ancora non sono parte del Trattato di Ottawa: la Polonia, l’Estonia e la Lettonia. L’Estonia pare che sia già sulla buona strada, mentre per gli altri Paesi c’è ancora da lavorare per cercare di portarli nella comunità di Ottawa.

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L’OPERA DEI VOLONTARI SALESIANI IN PRIMA LINEA

PER AIUTARE LE POPOLAZIONI POVERE E SOFFERENTI DEL RWANDA,

DEL BURUNDI E DELLA REPUBBLICA DEMOCRATICA DEL CONGO

- Intervista con don Ferdinando Colombo -

 

Un viaggio lungo le strade di tre terre spesso dimenticate dai media: il Rwanda, il Burundi e la città di Goma in Congo. A compierlo è il sacerdote salesiano don Ferdinando Colombo, vicepresidente del Vis, il Volontariato internazionale per lo sviluppo, legato alla famiglia di don Bosco. Molto diverse tra loro le situazioni dei tre Paesi: il Rwanda ricorda i 10 anni dal genocidio e i 50 anni di presenza della missione salesiana; il Burundi vive ancora un clima di terrore dopo l’uccisione del nunzio apostolico Michael Courtney, mentre la città di Goma è in fase di ricostruzione a seguito della devastante eruzione del vulcano Nyiragongo. Ma qualcosa accomuna questi Paesi, come spiega don Colombo, intervistato da Paolo Ondarza:

 

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R. – La cosa che accomuna questi Paesi è la ricchezza della terra; ricchezze strategiche, che li hanno fatti essere al centro delle attenzioni delle potenze internazionali. Proprio questo fatto li ha portati poi a conflitti interni. Il Rwanda, in qualche modo, li ha risolti; il Burundi si sta avviando lentamente verso una condizione di pace ma si presenta come un Paese impaurito: nessuno osa fare investimenti o improntare attività, perché tutto potrebbe di nuovo ricadere sotto una terribile situazione di incertezza e di guerra. La regione di Goma è, invece, ancora percorsa da bande di eserciti locali.

 

D. – Il Rwanda ricorda proprio in questo 2004 i dieci anni dal genocidio…

 

R. – Purtroppo rimane sottaciuto che dopo quel terribile avvenimento, le stragi sono continuate nella direzione opposta. Per cui qualche fonte osa affermare che tanti ne sono stati uccisi in quei pochi mesi di genocidio, quanti poi nei dieci anni che sono seguiti.

 

D. – Don Ferdinando lei si è trovato in Burundi in un momento storico particolarmente duro: a poco tempo cioè dall’uccisione del nunzio apostolico. Come ha vissuto la Chiesa locale questa tragedia?

 

R. – E’ una Chiesa, in fondo, coraggiosa. Sentiva nella figura del nunzio che è stato ucciso il portabandiera della volontà di costruire la pace; e la velocità con cui la Santa Sede ha nominato anche il nuovo nunzio credo che sia proprio un ‘regalo’ grande perché rappresenta la volontà di continuare questo cammino.

 

D. – Soffermiamoci ora su Goma che, oltre ad essere colpita da problemi di natura economica, è stata devastata in un passato molto recente dall’eruzione di un vulcano, il Nyiragongo. Come si presenta oggi la situazione?

 

R. – Oggi su questa distesa di lava la gente, gente povera, ha cominciato a costruire migliaia di casette fatte con il legno. Lo ha fatto con l’aiuto naturalmente delle organizzazioni internazionali, dei gruppi. Anche noi abbiamo collaborato ed abbiamo aiutato a costruirne circa cinquanta, ridando così la possibilità alle persone di ricostruire un tessuto sociale. Anche perché la terra intorno alla città è una terra fertile. Goma e tutta la regione era ritenuta la zona di produzione delle verdure e riforniva buona parte del Congo stesso. Riprendendo questi mercati, la gente riprende speranza e fiducia. Torno a sottolineare che in Africa riprendere la vita quotidiana è veramente un segno di forza di volontà e di coraggio. Dimostra che i valori grandi sono nei cuori delle persone, anche se sono povere di mezzi materiali.

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“L’ITALIA DI FRONTE AL CONFLITTO ARABO-ISRAELIANO.

LE IDENTITA’, LE RAPPRESENTANZE POLITICHE”:

CONVEGNO AL SACRO CONVENTO DI ASSISI

 

Laici e credenti insieme su quanto l’Italia può fare per la pace tra israeliani e palestinesi. Di questo principalmente si è parlato al Convegno che si è tenuto ieri presso il Sacro Convento di Assisi. Presenti all’incontro il vicepremier Gianfranco Fini, la presidente della Rai, Lucia Annunziata, e il presidente dei Ds e della Fondazione Italiani-europei, Massimo D’Alema. Ma cosa può fare concretamente l’Italia per la pace in Medio Oriente? Debora Donnini lo ha chiesto a David Meghnagi, rappresentante al Convegno dell’Unione comunità ebraiche italiane:

 

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R. – Organizzare incontri come quello che è stato organizzato, cioè offrire una sede di confronti tra rappresentanti di istituzioni nazionali e rappresentanti anche di israeliani e palestinesi. In secondo luogo, l’offerta da parte del Convegno di Assisi di essere sede di una riflessione interreligiosa per vedere cosa le religioni possono fare; il terzo aspetto riguarda il confronto politico che c’è stato tra i diversi esponenti delle forze politiche in campo, e ragionare in modo trasversale su una questione per la quale il contributo di tutti può essere utile ed efficace.

 

D. – A livello di dialogo interreligioso, che cosa si può fare?

 

R. – Intanto, è stato preso l’accordo di rivedersi; sul piano concreto la proposta è anche di approfondire la conoscenza reciproca a partire dai testi. Parlando come rappresentante dell’Unione delle comunità ebraiche, vediamo bene sia la riflessione tra le diverse fedi che il fatto che il problema della pace assuma rilevanza nelle relazioni interculturali. In questo vediamo anche una possibilità di superare le forme di antisemitismo ed oggi anche di islamofobia, che stanno prendendo piede in Europa. E su questo credo che ci sia una parte che lo Stato italiano, ma direi ancora di più l’Europa, possono fare.

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L’iniziativa di Assisi si presenta anche come occasione di riflessione tra laici e religiosi, quindi. Ma quanto è importante il dialogo tra le religioni per risolvere i conflitti? Massimiliano Menichetti lo ha chiesto a Mario Scialoja, rappresentante in Italia della Lega musulmana mondiale.

 

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R. – Chiaramente, è importantissimo, perché forse è solo il dialogo tra le religioni che può risolvere il problema. L’Islam, contrariamente a quanto molta parte dell’opinione pubblica pensa, ripudia la violenza, come l’ebraismo, come il Cristianesimo. Se fossero gli uomini di religione a parlare, tutto – credo – sarebbe più semplice.

 

D. – Il dialogo ribadito da ogni parte, ma il Convegno ha portato anche l’attenzione sul conflitto in Medio Oriente e sulle difficoltà per uscire dalla crisi ...

 

R. – Da questa impasse si può uscire soprattutto con una pressione su ambo le parti perché arrivino al compromesso necessario, vale a dire i palestinesi che hanno certamente il diritto ad un loro Stato indipendente, devono però essere ragionevoli sul problema dei profughi che abbandonarono le loro case quando Israele nacque; gli israeliani, d’altra parte, si devono rendere conto che dovranno rientrare nelle frontiere internazionalmente riconosciute e dovranno smantellare gli insediamenti nei territori occupati. La mappa dei Territori occupati è oggi come una pelle di leopardo, dove le fittissime macchie rappresentano gli insediamenti israeliani; se quegli insediamenti non venissero smantellati, sarebbe assolutamente impossibile la creazione di uno Stato palestinese indipendente.

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CHIESA E SOCIETA’

2 marzo 2004

 

 

LANCIATA CON SUCCESSO LA SONDA SPAZIALE EUROPEA “ROSETTA”,

CHE “AGGANCERA’” UNA COMETA DOPO UN VIAGGIO LUNGO DIECI ANNI

 

KOUORO. = La sonda spaziale “Rosetta” dell’Agenzia Spaziale Europea - l’Esa - ha cominciato il suo lungo viaggio verso la cometa Churyumov-Gerasimenko. Nella mattinata, dalla base di lancio europea di Kourou, nella Guyana Francese, il razzo Ariane 5 ha portato “Rosetta” nello spazio. La sonda ha completato l’operazione di dispiegamento dei pannelli solari ed è ora in fase di transizione verso la sua orbita definitiva. La missione spaziale europea studierà per la prima volta il nucleo di una cometa. La sonda raggiungerà il suo obiettivo, dopo un viaggio di circa 10 anni. Scienziati e ingegneri del Vecchio Continente, ma anche degli Stati Uniti, hanno messo in comune le loro conoscenze e il loro entusiasmo per realizzare un orbiter e un lander, strumenti necessari per scoprire i segreti del misterioso mondo ghiacciato delle comete. “Rosetta è un tassello della nostra ricerca verso la conoscenza e dei nostri sogni” ha commentato Jean Jacques Dordain, direttore generale dell'Esa. La missione ha un obiettivo ambizioso: come la stele di Rosetta permise di interpretare i geroglifici egiziani, la sonda spaziale costruita dall'Esa aiuterà a decifrare l’origine del sistema solare attraverso l’analisi di campioni di materiale primordiale della cometa. (A.G.)

 

 

IMMIGRAZIONE, DIALOGO CON L’ISLAM E PREPARATIVI

PER LA GIORNATA MONDIALE DELLA GIOVENTU’ A COLONIA

AL CENTRO DELL’ASSEMBLEA PLENARIA DEI VESCOVI TEDESCHI,

INIZIATA IERI A BENSBERG PER CONCLUDERSI GIOVEDI’ PROSSIMO

 

COLONIA. = Una dichiarazione sull’integrazione degli immigrati, la pastorale nel mondo militare e, ancora, un sussidio che aiuti a tenere conto dei cambiamenti nella cultura delle esequie. Sono questi i temi principali di cui si occupano, da ieri, i vescovi tedeschi riuniti a Bensberg, vicino a Colonia, per l’Assemblea plenaria primaverile. L’assise si concluderà giovedì prossimo, 4 marzo. Tra gli altri temi all’attenzione dei 71 membri della Conferenza episcopale tedesca vi sono anche i lavori del Cibedo (Centro di documentazione per l'incontro tra Cristiani ed Islamici), del segretariato per i cattolici tedeschi all’estero e i preparativi per la Giornata mondiale della gioventù 2005 di Colonia. (A.G.)

 

 

L’IMPORTANTE RUOLO DELLE IMPRESE PRIVATE

PER LO SVILUPPO DEI PAESI PIU’ POVERI IN UN RAPPORTO DELLE NAZIONI UNITE,

PRESENTATO IERI AL PALAZZO DI VETRO A NEW YORK

 

NEW YORK. = “Il mondo degli affari deve essere messo al servizio dei poveri”: è questo il messaggio contenuto in un Rapporto delle Nazioni Unite, stilato da una Commissione composta da 15 imprenditori e presieduta congiuntamente dal premier canadese Martin e dall’ex presidente messicano Zedillo. Le imprese – avverte il documento – possono contribuire al processo di sviluppo in termini di creazione di ricchezza, posti di lavoro e attraverso la fornitura di beni e servizi. L’importanza degli investimenti del settore privato rispetto a finanziamenti pubblici o dall’estero appare evidente nel considerare la composizione del prodotto interno lordo (Pil) nel corso degli anni ’90 nei Paesi in via di sviluppo. A fronte di investimenti pubblici pari al 7 per cento e di investimenti esteri compresi tra il 2 e il 5 per cento, le risorse messe a disposizione dal mondo dell’impresa hanno raggiunto circa il 10-12 del Pil. Oltre a dover garantire stabilità politico-giudiziaria, per sostenere l’avvio di iniziative private – nei Paesi in via di sviluppo - rimane necessario limitare il peso delle imposte; questo aspetto viene evidenziato dallo stridente raffronto del caso limite dell’Angola dove occorrono 146 giorni e 5531 dollari – più di 8 volte il reddito medio pro capite – per avviare un’impresa, rispetto ai 28 dollari – meno dell’1 per cento del reddito pro capite - in Nuova Zelanda. Il segretario generale delle Nazioni Unite, Kofi Annan, si è detto fiducioso che i risultati di questo Rapporto diano vita a politiche incoraggianti il risparmio, gli investimenti e l’innovazione nei Paesi del terzo mondo. Il rischio, infatti, è che questi non riescano a raggiungere nel 2015 gli obiettivi del Millennio, stabiliti dall’Onu nel 2000. (P.C.)

 

 

LE ELEZIONI IN GUINEA BISSAU DEL 28 MARZO SI SVOLGANO ALL’INSEGNA

DELLA TOLLERANZA: COSI’, I VESCOVI DEL PAESE AFRICANO,

CHE IN UN VADEMECUM ESORTANO I LEADER POLITICI AD IMPEGNARSI

PER LA PACE E IL BENE DELLA NAZIONE

 

BISSAU. = La Guinea Bissau ha bisogno di una campagna elettorale nel rispetto dei valori di “vera pace, realismo e tolleranza”, un voto “trasparente” per il bene della nazione. E’ quanto auspicano i vescovi del Paese africano nel messaggio “Alla vigilia delle elezioni legislative”, in programma il prossimo 28 marzo. Il documento – reso noto dall’agenzia Misna - contiene una serie di osservazioni che “la Chiesa cattolica ritiene opportuno rivolgere a tutti i cattolici e a tutte le persone di buona volontà”. I vescovi delle due diocesi del piccolo Paese africano (Bissau e Batafà) lanciano un appello ai responsabili politici, su cui pende la “pesante responsabilità di agire per la pace, per loro stessi, per le loro famiglie e tutta la nazione guineana”. In vista delle elezioni legislative – le prime dopo l’incruento colpo di Stato del settembre 2003 – i presuli invitano chi sarà chiamato a gestire la cosa pubblica a “trascendere le divergenze, gli interessi egoistici, le ambizioni personali” invitandoli a non cercare di conquistare il potere a ogni costo o con mezzi sleali. Sei mesi fa un gruppo di militari mise in atto un rapido golpe, che si concluse senza spargimento di sangue e con l’uscita di scena del presidente Kumba Yala. Secondo l’accordo di transizione messo a punto dal Comitato misto che ha preso le redini del Paese, entro dodici mesi dalle elezioni legislative di marzo si tornerà alle urne per scegliere il nuovo presidente della Guinea, incarico affidato temporaneamente ad Henrique Rosa.  (A.G.)

 

 

OGNI ANNO, 20 MILA BAMBINI PERUVIANI MUOIONO PRIMA DI AVER COMPIUTO

IL PRIMO ANNO DI VITA: E’ LA DENUNCIA DELL’UNICEF CHE IN UN RAPPORTO

AFFRONTA IL DRAMMA DELLA MORTALITA’ INFANTILE NEL PAESE ANDINO

 

LIMA. = Ogni anno in Perù nascono circa 628 mila bambini, ma più di 20 mila muoiono prima d’aver compiuto il primo anno d’età. Il tragico dato è contenuto in un rapporto presentato alla stampa dalla sezione peruviana dell’Unicef. Le percentuali più alte di mortalità infantile si raggiungono a Cuzco (84 per mille), a Huancavelica e Apurimac (71 per mille). Le cause principali che provocano il decesso dei neonati sono rappresentate da malattie perinatali, infezioni respiratorie, incidenti, patologie congenite e malnutrizione. Ma uno dei problemi principali per i neonati e per le loro prospettive di sopravvivenza viene dalle madri e dall’anemia che tormenta la maggior parte di loro e che miete vittime anche tra le gestanti al momento del parto. Secondo l’Unicef, la mortalità è decisamente più elevata nelle zone rurali che non nei centri urbani. La mancanza d’igiene è una delle principali cause di mortalità, determinata dal fatto che in campagna il 74,5 per cento dei parti avviene in casa, mentre in città il 43 per cento si svolge in ospedali pubblici. (A.G.)

 

 

IN ITALIA, IL NUMERO DI MUSEI ECCLESIASTICI E’ PASSATO DA 104 AD 820

NEGLI ULTIMI TRENT’ANNI. TRIPLICATI I MUSEI DIOCESANI.

LO RIVELA UN CENSIMENTO DELL’UFFICIO PER I BENI CULTURALI ECCLESIASTICI DELLA CEI

 

ROMA. = Nell’arco di trent’anni, è cresciuto significativamente in Italia il numero dei musei ecclesiastici, cioè di proprietà della Chiesa, passando da 104 a 820. I musei diocesani sono triplicati: erano 37 nel 1971, oggi sono 102. Un segno evidente che in Italia sta crescendo l’interesse per l’arte e la storia locale. Lo sottolinea mons. Giancarlo Santi, direttore dell’Ufficio per i Beni culturali ecclesiastici della Conferenza episcopale italiana. La Chiesa ha censito 936 musei religiosi di cui 820 di proprietà ecclesiastica e 116 di proprietà non ecclesiastica; i musei diocesani rilevati sono 215, di cui 102 aperti al pubblico, 14 in restauro, 2 chiusi, 60 in progettazione e 37 in fase di allestimento. Il contesto – afferma il presule - registra una grande vitalità. “Anche dal punto di vista dell’informazione – aggiunge mons. Santi - le cose sono nettamente migliorate”. Nel 2002, inoltre, è nato il sito www.amei.info, che consente di consultare ed entrare in contatto con molti musei ecclesiastici. (A.G.)

 

 

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24 ORE NEL MONDO

2 marzo 2004

 

 

- A cura di Barbara Castelli -

 

“Rapito dagli americani e costretto a partire, vittima di un colpo di Stato”. Dalla Repubblica Centrafricana, dove è ancora rifugiato, il presidente haitiano, Jean-Bertrand Aristide, ha raccontato ieri la sua versione dei fatti. Una versione, tuttavia, smentita da Washington, i cui militari sono stati accolti trionfalmente dalla popolazione di Port-au-Prince. Anche il leader dei ribelli, Guy Philippe, è entrato ieri nella capitale, dove continua a regnare il caos. Il servizio di Barbara Schiavulli:

 

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Il giorno dopo l’entrata trionfale dei ribelli a Port-au-Prince e la rapida partenza di Jean-Bertrand Aristide, Haiti ha ripreso la solita vita di sempre. L’ex-presidente, tuttavia, l’unico eletto democraticamente nella storia di Haiti, accusa gli americani di averlo costretto alla fuga con la forza. C’è il rischio così che i suoi sostenitori non si sentano più tanto traditi quanto vittime di un complotto. Aristide in questa maniera potrebbe boicottare il lavoro delle forze di pace, mandate dagli Stati Uniti per ripristinare l’ordine, e quello dell’opposizione, impegnata ad organizzare un processo politico che porti il Paese verso una crescita democratica ed economica. Ora il problema per l’opposizione politica è decidere cosa farsene dei ribelli. Celebrati come eroi dalla gente, molti considerati criminali dall’amministrazione americana per il loro sordido passato, faranno quanto è possibile per avere il posto che ritengono di meritare nel futuro governo.

 

Barbara Schiavulli da Port-au-Prince per la Radio Vaticana.

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E sulla situazione oggi ad Haiti Lucas Duran ha intervistato suor Anna D’Angela, salesiana, che da 49 anni opera a Cité Soleil, la più dura delle baraccopoli della capitale Port au Prince:

 

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R. - La gente è più tranquilla e cammina per le strade. Cammina perché cerca di comprare qualcosa: hanno necessità. Non ci sono macchine, le persone hanno paura di uscire con le macchine e poi le strade sono piene di barricate, di pietre ... c’è di tutto! Gli ex-militari, comunque, hanno già incominciato a pulire, in modo che si possa passare. E’ una cosa triste, ma ci si sente molto sollevati. Gli aerei americani continuano a venire con dei soldati.

 

D. - Lei che vive proprio nei quartieri più difficili, da dove si dice vengano buona parte di queste “chimères”, ci può fare l’identikit di un membro di queste chimere?

 

R. - E’ come una milizia sua personale, che ha messo in piedi fin da quando era stato eletto. Aveva bisogno di questo sostegno privato, personale che armava e pagava molto bene!

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Non accennano a diminuire in Venezuela le manifestazioni contro il presidente, Hugo Chávez. Nei disordini di ieri a Caracas un uomo ha perso la vita, dopo essere stato gravemente ferito dall’esercito. Atteso per oggi, intanto, l’annuncio del Consiglio Nazionale Elettorale sul referendum che chiede l’allontanamento del Capo di Stato. Raccolte 3 milioni e 400 mila firme.

 

E’ giunto stamani a Mosca Mikhail Fradkov, il nuovo primo ministro russo designato dal presidente, Vladimir Putin. Il 53.enne non ha fornito alcun dettaglio sulla composizione del futuro governo, specificando di considerarsi un semplice “tecnico”.

 

In America oggi è il “supermartedì”, il giorno in cui George W. Bush potrebbe conoscere il nome del suo rivale alle elezioni presidenziali del prossimo 2 novembre. In 10 Stati dell’Unione, infatti, si vota per le primarie ed assemblee di partito, che mettono in palio, in tutto, 1.151 delegati. La California e lo stato di New York sono i giganti dell’appuntamento, che vede aperti anche i seggi di un gran numero di grandi città: Los Angeles e San Francisco, Boston e New York, Atlanta e Minneapolis. Il favorito John Kerry ha, dunque, la possibilità di chiudere i conti con il suo rivale, John Edwards. Sentiamo Elena Molinari:

 

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John Kerry parla già da candidato alle presidenziali. L’unico sfidante rimasto in gara, l’avvocato John Edwards, per la prima volta da segni di cedimenti: è, infatti, giù nei sondaggi, proprio lui che di solito guadagna terreno all’ultimo momento. La sensazione è che il partito democratico abbia già fatto quadrato attorno all’apripista Kerry. Il senatore del Massachussetts lo sa e neanche ieri ha sprecato energie contro il rivale democratico, preferendo indirizzare le sue accuse contro il presidente, George Bush, che ha criticato per la sua politica economica. Edward, invece, domenica ha attaccato seriamente per la prima volta Kerry: lo ha accusato di non essere una faccia abbastanza nuova per garantire il vero cambiamento a Washington. Ha, quindi, continuato a corteggiare i sostenitori dell’ex governatore del Vermont, Howard Dean, ritiratosi dalla corsa. Edwards ha anche promesso che non si farà da parte, nemmeno se sarà sconfitto in tutti i dieci Stati.

 

De New York, Elena Molinari per la Radio Vaticana.

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In primo piano in Medio Oriente la decisione del primo ministro israeliano, Ariel Sharon, di smantellare almeno dieci insediamenti ebraici in Cisgiordania. L’annuncio, parte del piano di separazione d’intesa con i palestinesi, è stato fatto ieri sera alla televisione pubblica. Nei Territori, intanto, la tensione resta alta. Un giornalista palestinese, consigliere del presidente dell’Autorità Nazionale Palestinese, Yasser Arafat, è stato ucciso nella notte a Gaza da un gruppo di uomini armati; mentre un 27.enne ha perso la vita all’alba sotto i colpi dei soldati israeliani, nel corso di un’incursione nel villaggio di Yatta, nei pressi di Hebron in Cisgiordania.

 

I colloqui per la riunificazione di Cipro potrebbero continuare anche dopo il primo maggio, data in cui è previsto l’ingresso dell’isola nell’Unione Europea. Così oggi il ministro degli Esteri greco, Tassos Yannitis. “Se continueranno - ha detto - arriveremo a un accordo nell’immediato futuro”. Nel caso l’intesa non sia raggiunta entro il primo maggio, l’isola potrebbe entrare divisa nell’Ue, dal momento che solo il governo greco-cipriota ha negoziato l’adesione. Per scongiurare questa ipotesi, le Nazioni Unite sono da tempo impegnate in una delicata mediazione che va oltre i confini dell’isoletta mediterranea.

 

“La minaccia del terrorismo continua ad incombere sulla convivenza interna ed internazionale e non può essere in alcun modo sottovalutata”. Così oggi il Ministro  dell’Interno Giuseppe Pisanu, alla cerimonia di commemorazione del sovrintendente di polizia Emanuele Petri, ucciso un anno fa dalle nuove Brigate Rosse. Pisanu ha, quindi, aggiunto che “gli omicidi Biagi e D'Antona non rimarranno impuniti”.

 

La Camorra in Italia controllava la vendita dei prodotti Cirio e Parmalat, imponendo il pizzo ai due gruppi, in modo particolare nel Casertano. E’ quanto emerge da una inchiesta della Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli, che stamani ha portato all’arresto di 18 persone. Nell’ambito dell’operazione, inoltre, sono state sequestrate tre concessionarie e diverse aziende che distribuivano latte. Gli inquirenti hanno reso noto che sulla vicenda verranno interrogati, in qualità di testimoni, anche Calisto Tanzi e Sergio Cragnotti.

 

 

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