RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLVII  n. 213 - Testo della Trasmissione di Sabato 31 luglio 2004 

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Nel 60.mo anniversario della sollevazione di Varsavia contro la tirannia nazista, Giovanni Paolo II ricorda il coraggio degli insorti simbolo di libertà e patriottismo

       

        Pubblicata oggi dalla Congregazione per la Dottrina della Fede una Lettera ai vescovi sulla collaborazione dell’uomo e della donna nella Chiesa e nel mondo: intervista con l’arcivescovo Angelo Amato

 

OGGI IN PRIMO PIANO

        Oggi, Festa di Sant’Ignazio di Loyola, gli auguri del Pontefice alla Compagnia di Gesù. Ai nostri microfoni il preposito generale, padre Peter-Hans Kolvenbach

 

        Dal Meeting di Loreto, una proposta in favore degli immigrati: la concessione della cittadinanza europea a tutti i residenti

 

Il tricolore italiano di nuovo sulla cima del K2, 50 anni dopo la storica impresa di Achille Compagnoni e della sua squadra: con noi lo stesso Compagnoni, Karl Uterchircher e mons. Liberio Andreatta

 

CHIESA E SOCIETA’:

            Ucciso in Guatemala a colpi di arma da fuoco un sacerdote, padre Eusebio Manuel Sazo Urbina

 

Nello Stato indiano del Kerala, la Chiesa chiede l’annullamento dei debiti per i contadini

 

In Iran, la magistratura ordina la scarcerazione dell’intellettuale iraniano Hashme Aghajari, condannato a morte nel 2002 per blasfemia

 

Circa 30 milioni di sfollati e quasi 300 vittime: è il drammatico bilancio fornito dall’Organizzazione internazionale ‘Save the children’ sulle alluvioni che hanno recentemente devastato il Bangladesh

 

Presentato dall’Associazione dei religiosi dell’Uganda un rapporto sulla difficile situazione del Nord del Paese

 

Accolto ieri dal tribunale civile di Roma il ricorso contro il provvedimento di espulsione per 14 immigrati della nave tedesca ‘Cap anamur’

 

24 ORE NEL MONDO:

Liberato un ostaggio turco catturato a luglio in Iraq. In Kuwait sono in corso i negoziati per il rilascio dei sette camionisti rapiti in Iraq la scorsa settimana

 

Resta alta la tensione in Medio Oriente. Tra ieri e oggi incendi, sequestri-lampo e manifestazioni.

 

Approvata al Consiglio di sicurezza dell’Onu la risoluzione che minaccia sanzioni economiche al Sudan, se il governo di Khartoum non arresta le violenze nel Darfur.

 

   

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

31 luglio 2004

 

NEL 60.MO ANNIVERSARIO DELLA SOLLEVAZIONE DI VARSAVIA

 CONTRO LA TIRANNIA NAZISTA, GIOVANNI PAOLO II RICORDA

IL CORAGGIO DEGLI INSORTI, SIMBOLO DI LIBERTA’ E PATRIOTTISMO

- Servizio di Alessandro Gisotti -

 

“M’inchino davanti agli insorti”, che nella “lotta impari” non risparmiarono “la propria vita per la causa della Patria”. E’ il tributo di Giovanni Paolo II alle donne e agli uomini di Varsavia, che 60 anni fa – il primo agosto del 1944 –insorsero per liberare la capitale polacca dalla dominazione nazista. Una sollevazione durata 63 giorni, che costò la vita a 200 mila persone e la pressoché totale distruzione della città. In occasione delle celebrazioni del 60.mo anniversario del sacrificio di Varsavia, il Pontefice ha inviato un messaggio al sindaco della città per unirsi ai suoi connazionali nel ricordo di quelle drammatiche giornate. Il servizio di Alessandro Gisotti:

 

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Come figlio della Polonia, “desidero rendere omaggio ai caduti e ai vivi eroi di quello slancio di agosto”. Il Papa ricorda con parole commosse “l’apogeo della resistenza che durante l’occupazione hitleriana opponeva tutta la nazione all’invasore”. Anche se per mancanza di mezzi e a causa di “condizionamenti esterni” subirono la sconfitta militare, scrive il Pontefice, l’opera degli insorti di Varsavia “rimarrà per sempre nella memoria nazionale come somma espressione del patriottismo”. Loda, così, l’amore per la Patria di quanti, non badando alla loro giovane età, “salivano sulle barricate nel nome della libertà personale e comune”. Il Papa rammenta “con ammirazione” le formazioni militari comandate dal generale Chrusciel. Ad aiutare questi valorosi soldati, prosegue, erano i civili di Varsavia. In particolare, “eroi sacerdoti, che come cappellani dell’insurrezione portavano l’ultimo servizio ai combattenti, spesso a prezzo della propria vita”.

 

Rende poi onore ai “medici, alle infermiere, che avevano cura dei combattenti”. Molte di loro, si legge nel messaggio, “sono state trucidate insieme con i feriti che accompagnavano consapevolmente fino alla fine”. Il Papa auspica così che “il ricordo di queste eroiche donne e ragazze rimarrà sempre vivo come un richiamo al servizio disinteressato di chi si trova nel bisogno”. Quelle vicende e le persone in esse coinvolte, sottolinea, fanno di Varsavia, “Città Incrollabile”, un “eloquente monumento della loro vittoria morale”. E ciò nonostante “precedenti tentativi di cancellare dalla memoria nazionale” quella eccezionale pagina della storia polacca. Il messaggio del Papa si conclude con un’esortazione: “Il ricordo delle opere eroiche degli antenati non sia soltanto un tornare alla storia passata”, ma anche di stimolo ad amare la Patria, prediligendo il “bene comune alle vicende personali”.

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         Varsavia celebra, dunque, i suoi eroi della libertà. La commemorazione è iniziata venerdì scorso con una Liturgia Eucaristica nella Cattedrale dell’Ordinariato Militare, a Varsavia, dedicata alla memoria del comandante dell’insurrezione, il generale Antoni Chrusciel, morto esule a Washington nel 1960. Domani, il momento culminante con la partecipazione alle commemorazioni, assieme al capo dello Stato polacco Kwasnieski, anche del segretario di Stato americano Powell, e, per la prima volta dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, del cancelliere tedesco, Schroeder. Alle ore 13, il cardinale primate e arcivescovo di Varsavia, Josef Glemp, presiederà una messa solenne nella Cattedrale cittadina di Sant’Adalberto. Nel pomeriggio lo storico britannico Norman Davies firmerà la traduzione polacca del suo libro “L’insurrezione del ‘44”, presso il “Museo dell’Insurrezione” inaugurato ieri.

 

 

PUBBLICATA OGGI DALLA CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE

UNA LETTERA AI VESCOVI SULLA COLLABORAZIONE DELL’UOMO

 E DELLA DONNA NELLA CHIESA E NEL MONDO

- Intervista con l’arcivescovo Angelo Amato -

 

         La Congregazione per la Dottrina della Fede ha pubblicato oggi una “Lettera ai vescovi della Chiesa cattolica sulla collaborazione dell’uomo e della donna nella Chiesa e nel mondo”. Il documento - firmato dal prefetto della Congregazione, il cardinale Joseph Ratzinger - dopo una presentazione e valutazione critica di alcune concezioni antropologiche odierne, propone riflessioni ispirate dai dati fondamentali dell’antropologia biblica, indispensabili per salvaguardare l’identità della persona umana. La Lettera propone una retta comprensione della collaborazione attiva tra uomo e donna nella Chiesa e nel mondo, nel riconoscimento della loro differenza. Particolare attenzione viene rivolta dal documento al mondo femminile. Dopo la Mulieris Dignitatem del 1988 e la Lettera alle donne del 1995 di Giovanni Paolo II, cosa dice dunque di nuovo sulla donna questo intervento dottrinale della Congregazione per la Dottrina della Fede? Alessandro Gisotti lo ha chiesto a mons. Angelo Amato, segretario del dicastero pontificio:

 

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R. – La novità è data dalla risposta a due tendenze ben delineate nella cultura contemporanea. La prima sottolinea fortemente la condizioni di subordinazione della donna, che per essere se stessa dovrebbe porsi come antagonista all’uomo. Si pone quindi una rivalità radicale tra i sessi, per cui l’identità e il ruolo dell’uno va a svantaggio dell’altro. Per evitare questa contrapposizione, una seconda corrente tende a cancellare le differenze tra i due sessi. La differenza corporea, chiamata “sesso”, viene minimizzata e considerata un semplice effetto di condizionamenti socio-culturali. Si evidenzia quindi al massimo la dimensione strettamente culturale, chiamata “genere”. Di qui nasce la contestazione dell’indole naturale della famiglia, composta da padre-madre, l’equiparazione dell’omosessualità all’eterosessualità, la proposta di una sessualità polimorfa.

 

D. – Qual è la radice di quest’ultima tendenza?

 

R. – Questa prospettiva nasce dal presupposto che la natura umana non avrebbe in se stessa delle caratteristiche che la determinerebbero in modo assoluto come uomo o come donna. Per cui ogni persona, libera da ogni predeterminazione biologica, potrebbe modellarsi a proprio piacimento. Di fronte a queste concezioni erronee, la Chiesa ribadisce alcuni aspetti essenziali dell’antropologia cristiana, fondati sul dato rivelato della Sacra Scrittura.

 

D. – Cosa dice la Bibbia al riguardo?

 

R. – La parte più ampia del documento è proprio dedicata a una meditazione sapienziale dei testi biblici sulla creazione dell’uomo e della donna. Il primo testo di Genesi 1,1-2,4 descrive la potenza creatrice di Dio che opera le distinzioni nel caos primigenio  (luce, tenebre, mare, terra, piante, animali), creando infine l’uomo: “A immagine di Dio lo creò, maschio e femmina li creò”. Anche il secondo racconto della creazione in Genesi 2,4-25 conferma l’importanza essenziale della differenza sessuale. Al primo uomo, Adamo, Dio affianca la donna, creata dalla stessa sua carne e avvolta dallo stesso mistero.

 

D. – Cosa significa questo?

 

R. – Il testo biblico offre tre importanti indicazioni. L’uomo è una persona, in uguale misura l’uomo e la donna. Essi sono in relazionalità reciproca. In secondo luogo, il corpo umano, contrassegnato dal sigillo della mascolinità e della femminilità, è chiamato ad esistere nella comunione e nel dono reciproco. Per questo il matrimonio è la prima e fondamentale dimensione di questa vocazione. In terzo luogo, anche se sconvolte e oscurate dal peccato, queste disposizioni originarie del Creatore non potranno mai essere annullate. L’antropologia biblica pertanto suggerisce di affrontare con un approccio relazionale e non concorrenziale quei problemi che a livello pubblico o privato coinvolgono la differenza di sesso (n.8).

 

D. – Ci sono altre indicazioni bibliche?

 

R. – La Lettera offre anche delle considerazioni teologiche sulla dimensione sponsale della salvezza. Nell’Antico Testamento, ad esempio, si configura una storia salvifica che mette simultaneamente in gioco la partecipazione del maschile e del femminile, mediante le metafore di sposo-sposa e di alleanza. Si tratta di un vocabolario nuziale che orienta il lettore sia verso la figura maschile del Servo sofferente, sia verso la figura femminile (cf. n.9). Nel Nuovo Testamento queste prefigurazioni trovano il loro compimento, da una parte, in Maria, eletta figlia di Sion che ricapitola la condizione di Israele-Sposa in attesa del giorno della salvezza; dall’altra, in Gesù, che ricapitola nella sua persona l’amore di Dio per il suo popolo, come l’amore di uno sposo per la sposa. San Paolo sviluppa questo senso nuziale della redenzione, concependo la vita cristiana come un mistero nuziale tra Cristo e la Chiesa sua sposa. Inseriti in questo mistero di grazia, gli sposi cristiani, nonostante il peccato e le sue conseguenze, possono vivere la loro unione nell’amore e nella reciproca fedeltà. La conseguenza è che l’uomo e la donna non avvertono più la loro differenza in termini di rivalità e opposizione, ma in termini di armonia e di collaborazione.

 

D. – Qual è l’apporto del femminile nella vita della società?

 

R. – La donna, diversamente dall’uomo, ha un suo proprio carisma, chiamato “la capacità dell’altro” (n.13). Si tratta di una intuizione, collegata alla sua facoltà fisica di dare la vita, che la orienta alla crescita e alla protezione dell’altro. E’ il “genio della donna”, che le consente di acquisire presto maturità, senso di responsabilità, rispetto del concreto, resistenza nelle avversità. Questo corredo virtuoso spinge le donne a essere attivamente presenti nella famiglia e nella società con la proposta di soluzioni anche innovative ai problemi economici e sociali.

 

D. -  Come si concilia nella donna il lavoro con il suo ruolo nella famiglia?

 

R. – La società dovrebbe valutare adeguatamente il lavoro svolto dalla donna nella famiglia e nell’educazione dei figli, riconoscendone il valore a livello sia sociale che economico.

 

D. – Come si configura oggi l’apporto della donna nella vita della Chiesa?

 

R. – Nella Chiesa il segno della donna è più che mai centrale e fecondo. Sin dall’inizio, la Chiesa si è considerata come comunità legata a Cristo da una relazione d’amore. In questo la Chiesa, sposa di Cristo, ha sempre visto in Maria la sua madre e il suo modello. Da lei apprende alcuni comportamenti fondamentali, come l’accoglienza nella fede della parola di Dio e la conoscenza profonda dell’intimità con Gesù e del suo amore misericordioso. Il riferimento a Maria, con le sue disposizioni di ascolto, di accoglienza, di umiltà, di fedeltà, di lode e di attesa, colloca la Chiesa nella continuità della storia spirituale di Israele. Questi atteggiamenti sono comuni ad ogni battezzato. Di fatto, però è caratteristica della donna viverli con particolare intensità e naturalezza. In tal modo la donna ha nella Chiesa un ruolo della massima importanza, diventando testimone e modello per tutti i cristiani di come la Sposa deve corrispondere all’amore dello Sposo (n.16). In tal modo contribuisce in modo unico a manifestare il volto della Chiesa come madre dei credenti.

 

D. – Una parola di conclusione?

 

R. – Sono due le parole di conclusione: riscoperta e conversione. Riscoperta della comune dignità dell’uomo e della donna, nel reciproco riconoscimento e nella collaborazione. Conversione da parte dell’uomo e della donna alla propria identità originaria, di “immagine di Dio” ognuno secondo la sua grazia propria.

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

Apre la prima pagina la notizia dell'uccisione di un sacerdote a Città del Guatemala.

 

Allegata al giornale la Lettera della Congregazione per la Dottrina della Fede ai vescovi della Chiesa Cattolica sulla collaborazione dell'uomo e della donna nella Chiesa e nel mondo.  

 

Nelle vaticane, alcuni articoli in occasione del XXV anniversario della morte di mons. Mariano Vigorita, Primicerio di Solofra.

 

Nelle estere, riguardo all'Iraq da rilevare che la Nato ha raggiunto un primo accordo sull'addestramento delle forze di sicurezza irachene.

 

Nella pagina culturale, per la rubrica "Incontri" lo scrittore Vittorio Sermonti intervistato da Franco Lanza. 

 

Nelle pagine italiane, la Cassazione sancisce il diritto dei bambini a nascere anche in caso di malformazioni; non riconosciuto il ricorso all'aborto eugenetico.

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

31 luglio 2004

 

NELLA FESTA DI SANT’IGNAZIO DI LOYOLA, UNA PANORAMICA SULL’OPERA

DELLA COMPAGNIA DI GESU,’ CON IL PAPA PER LA CHIESA E PER IL MONDO

- Intervista con il preposito generale, padre Peter Hans Kolvenbach -

 

La Chiesa ricorda oggi Sant’Ignazio di Loyola, sacerdote e fondatore della Compagnia di Gesù. In occasione della festa, Giovanni Paolo II ha celebrato questa mattina la Santa Messa insieme ai Gesuiti della Specola Vaticana di Castel Gandolfo, e attraverso la loro comunità ha voluto rivolgere a tutti i membri dell’Ordine i suoi auguri. Ferito all’assedio di Pamplona nel 1521, Sant’Ignazio di Loyola maturò nella lettura della vita di Cristo la decisione di passare dal servizio militare alla sequela di Cristo. Intraprese gli studi di filosofia e di teologia prima presso le Università di Alcalà de Henares e di Salamanca, poi alla Sorbona di Parigi, dove nel 1534 ottenne il grado di Maestro in Arti. Nello stesso anno, insieme con altre sei persone, emise i voti di povertà e castità, impegnandosi a visitare la Terra Santa. L’Istituto religioso da lui fondato venne approvato da Papa Paolo III, il 27 settembre 1540, con il nome di Compagnia di Gesù, per la maggior gloria di Dio a servizio della Chiesa, in obbedienza totale al successore di Pietro. La sua esperienza spirituale è espressa negli “Esercizi spirituali”, da lui composti nel 1523 a Manresa, che divennero una classica guida per l’itinerario spirituale. Sant’Ignazio promosse la catechesi e l’apostolato missionario ed ebbe tra i suoi discepoli san Francesco Saverio. Ma quali sono le principali sfide per i Gesuiti oggi nel mondo? Barbara Castelli lo ha chiesto a padre Peter-Hans Kolvenbach, preposito generale della Compagnia di Gesù.

 

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R. – Già Paolo VI ha potuto affermare che ovunque nella Chiesa, anche nei campi più difficili e di punta, nei crocevia delle ideologie, nelle trincee sociali, vi è stato e vi è il confronto tra le esigenze brucianti dell’uomo e il perenne messaggio del Vangelo, là vi sono stati e vi sono i Gesuiti. Senza fare un elenco di tutte le situazioni rischiose del nostro mondo, approfitto di questa festa di Sant’Ignazio per ringraziare Dio di essere rimasti fedeli a questo coraggioso impegno nella vigna del Signore. La Compagnia si interessa particolarmente della Cina – una grande tradizione – e dell’Africa – un continente devasto da conflitti – dell’apostolato scientifico e intellettuale – in cui si gioca spesso il confronto fra fede e cultura – del dialogo ecumenico e interreligioso, senza dimenticare la gente in movimento, i rifugiati e gli immigrati, i senza tetto e coloro che sono privi di documenti. Queste priorità apostoliche attuali non escludono altre concretizzazioni dell’impegno apostolico della Compagnia, che consiste – per dirlo con le stesse parole di Ignazio – nel servire solamente il Signore e la Chiesa, sua Sposa, sotto il romano Pontefice.

 

D. – Lei è stato recentemente nel Timor Orientale per incontrar i Superiori dell’Asia. Quale è oggi la situazione nel Timor, dove i gesuiti del Jesuit Refugee Service hanno tanto lavorato negli ultimi anni?

 

R. – Con molti altri volontari, anche il servizio gesuitico dei rifugiati è venuto in aiuto della popolazione di Timor Est, che ha sofferto crudelmente durante la guerra d’indipendenza. Ufficialmente non ci sono più rifugiati, anche se alcune centinaia attendono i risultati di un grande sforzo di riconciliazione per poter ritornare nei loro villaggi. Ora che è uno Stato libero e la stampa mondiale non si interessa più di questo Paese, Timor Est rischia di essere dimenticato e di essere abbandonato alle sue risorse insufficienti, là dove Timor Est ha più che mai bisogno del vicendevole aiuto internazionale. Su richiesta della Chiesa di Timor Est, i Gesuiti sono impegnati nell’educazione secondaria ed universitaria, da cui dipende l’avvenire di questa giovane nazione.

 

D. – Come vede lo stato della Compagnia di fronte alle sfide attuali?

 

R. – Sant’Ignazio ci presenta un Cristo sempre in movimento, che passa da un villaggio all’altro, sempre in missione. Al tempo del discernimento, che ha portato alla fondazione della Compagnia di Gesù, Sant’Ignazio e i suoi compagni hanno visto la loro chiamata e il loro carisma nello scegliere d’essere con il Cristo servitori della sua missione, d’essere con gli uomini là dove vivono, lavorano e lottano per portare il Vangelo, il Cristo che è la Buona Novella, nel cuore della loro vita e delle loro speranze. La Compagnia è più che mai cosciente d’essere in missione. Con questa vocazione, ogni gesuita è chiamato a consacrare momenti e spazi privilegiati di preghiera con il Cristo, perché è Lui che invia, e a imparare da questo incontro come essere nella e per la sua Chiesa servitori della sua missione. E’ in questo incontro che nascono le priorità apostoliche per affrontare le sfide attuali.

 

D. – La Compagnia avrà nei prossimi anni importanti appuntamenti con la storia: quali sono le commemorazioni di maggior rilievo?

 

R. – Alla fine dell’anno prossimo, inizieremo un anno giubilare per celebrare i 450 anni dalla morte di Sant’Ignazio (31 luglio 1556), i 400 anni dalla nascita di San Francesco Saverio (7 aprile 1506). Sarà una bella occasione per approfondire in noi lo spirito apostolico che ha contrassegnato i primi compagni, e per ringraziare il Signore per questa via verso Dio, che è la spiritualità ignaziana, di cui vivono e di cui si sono nutriti tanti uomini e donne.

 

D. – Sant’Ignazio continua ad essere oggetto di studio e di ricerca. C’è qualche aspetto in particolare della sua figura che richiama l’attenzione degli studiosi?

 

R. – Ora che gli scritti e soprattutto l’importante corrispondenza di Sant’Ignazio sono più accessibili e che il suo linguaggio e il suo vocabolario sono meglio conosciuti, è possibile conoscere più in profondità e più nel contesto spirituale del loro tempo espressioni ignaziane molto note, come il magis, il sentire con la Chiesa, il discernimento degli spiriti, la carità discreta. D’altra parte, resta da studiare di più il passaggio dalla vita consacrata monastica alla vita consacrata apostolica che Sant’Ignazio ha operato. Rimane da redigere la sua visione teologica quale le Costituzioni esprimono.

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DAL MEETING DI LORETO, UNA PROPOSTA IN FAVORE DEGLI IMMIGRATI:

LA CONCESSIONE DELLA CITTADINANZA EUROPEA A TUTTI I RESIDENTI

- Servizio di Giovanni Peduto -

 

Un milione di firme per estendere la cittadinanza europea a tutti i residenti, indipendentemente dalla loro nazionalità: è la proposta di maggiore spicco al VII Meeting sulle migrazioni, che domani chiuderà i battenti a Loreto con la concelebrazione della Messa presieduta dal cardinale Stephen Fumio Hamao, presidente del Pontificio Consiglio della Pastorale per i migranti e gli itineranti. I missionari e laici Scalabriniani hanno promesso di impegnarsi attivamente in questa iniziativa: ma chi sono e perché ogni anno propongono questo importante appuntamento di riflessione e di progettualità? Da Loreto, il nostro inviato, Giovanni Peduto.

 

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Alla fine del 1800, Giovanni Scalabrini, vescovo di Piacenza, proclamato Beato nel 1997 da Giovanni Paolo II, fonda la Congregazione religiosa dei missionari Scalabriniani e la Società laicale San Raffaele, per accompagnare e sostenere socialmente e religiosamente i numerosi emigranti italiani. Il suo pensiero sociale, la sua profonda sensibilità verso le grandi tematiche - quali l’emigrazione, la condizione operaia, la questione agraria - diverranno punti di riferimento costanti per gli Scalabriniani negli anni avvenire. La mobilità umana sarà il terreno principale dell’impegno della Congregazione: prima per sostenere gli italiani all’estero, aiutarli nel loro processo di inserimento nei Paesi di accoglienza, poi allargando il loro servizio ad altre etnie di migranti. L’attività degli Scalabriniani, con la sua rete di studiosi in tutto il mondo, dà anche ampio spazio alla ricerca, all’analisi e allo studio dei grandi fenomeni sociali della nostra epoca.

 

Parlare ogni anno di migrazioni per una settimana intera, con relazioni, interventi, Tavole rotonde, non rischia di essere ripetitivo, di mettere altre parole in un già ampio fiume di parole? Sfogliare le annate dei Meeting passati, le relazioni, gli atti, quando sono stati pubblicati, dà come gradita sorpresa un senso sempre presente di novità, un’assenza di ovvio e di cose già dette, frutto della creatività di relatori che riescono a trovare sempre qualche aspetto nuovo, qualche punto di vista diverso, qualche prospettiva originale da cui guardare il vasto panorama del fenomeno migratorio, certamente. In verità, è il problema delle migrazioni in sé, comunque, a presentarsi davanti ai nostri occhi in un modo sempre nuovo, a spiazzarci in continuazione, ad interrogarci, a costringerci a pensare, a farci uscire da recinti certi e sicuri.

 

Il fenomeno migratorio è di lunga durata e smuoverà dalle fondamenta la nostra società e il nostro modo di pensare. E’ un immenso prisma dalle tantissime facce: ecco perché il Meeting ha sempre prodotto idee nuove, e sempre nei prossimi anni troverà argomenti di analisi, spunti, discussioni, provocazioni.

 

Il premio del Meeting, assegnato ogni anno alle personalità o organizzazioni che hanno contribuito all’impegno per l’integrazione dei migranti, è andato questa volta al settimanale “Vita non profit magazine”, pubblicazione completamente dedicata alla realtà del terzo settore e alle problematiche sociali. Il premio è stato consegnato ieri dal cardinale Fumio Hamao.

 

Per la cronaca, il concerto di Luca Barbarossa ha visto ieri sera il tutto esaurito. Ad intrattenere gli ospiti, questa sera, uno spettacolo etnico di musica africana con Fifito, nome d’arte di Filomeno Lopez della Guinea Bissau, che lavora nella redazione di lingua portoghese della nostra emittente.

 

Da Loreto, Giovanni Peduto, Radio Vaticana.

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LA BANDIERA ITALIANA SVENTOLA DI NUOVO SUL K2,

50 ANNI DOPO LA STORICA E DRAMMATICA IMPRESA DI COMPAGNONI E LACEDELLI

- Servizio di Benedetta Capelli -

 

Cinquanta anni fa, il 31 luglio 1954, due italiani Achille Compagnoni e Lino Lacedelli, che facevano parte della missione guidata da Ardito Desio,  giunsero in cima al K2, dopo numerose difficoltà: su 70 giorni di spedizione, 40 infatti  furono di maltempo. Lunedì scorso, una missione composta da cinque alpinisti italiani, denominata “K2 2004-50 anni dopo”, ha replicato il successo, riportando il tricolore sulla vetta della seconda montagna più alta del mondo. Una vetta che da alcuni giorni ospita la “Croce del Giubileo”. Il servizio di Benedetta Capelli.

 

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(musica)

 

Domarono la “montagna terribile”, il massiccio più difficile da scalare ma anche il più affascinante. La seconda vetta al mondo, 8.611 metri fu conquistata il 31 luglio 1954 da due alpinisti italiani che, non appena giunsero in cima, vi posero il tricolore. Achille Compagnoni e Lino Lacedelli scrissero i nomi di quell’impresa difficoltosa per il vento che imperversava e per le inevitabili complicazioni dovute alla mancanza di ossigeno. Erano 18: con loro, 13 tonnellate di materiale necessario alla spedizione. Ma su quell’impresa pesa ancora il ricordo di Mario Puchoz, morto a 36 anni. Queste le parole di Achille Compagnoni:

 

“Una polmonite fulminante che lo ha ucciso in poche ore. Dopo la morte del povero Mario, abbiamo detto che bisognava continuare per onorare anche la sua morte. Lui è partito da casa con la speranza e con l’intenzione di arrivarci”.

 

Dopo il dolore e l’assalto alla vetta, passarono il “Camino Bill”, un punto strategico per la cima, raggiunsero il campo 9, proseguirono e tornarono indietro per recuperare a 8 mila metri le bombole d’ossigeno. Cominciò lì una traversata al buio in preda al congelamento. Momenti difficilissimi sostenuti solo da un unico pensiero:

 

“La fede ci ha aiutato molto. Là si diventa credenti veramente, perché se non ci fosse l’aiuto di Dio non si potrebbe andare avanti”.

 

Grande fu la gioia dei protagonisti di aver rappresentato l’Italia del Dopoguerra, che vide in quell’impresa un grande riscatto. Un momento indimenticabile segnato poi, per Achille Compagnoni, dall’incontro con Giovanni XXIII, il “Papa Buono”:

 

“Gli avevo fatto omaggio del mio diario. Lui lo ha raccomandato al suo segretario dicendo: ‘lo metta subito sul mio comodino, che lo voglio proprio leggere, perché anche le montagne sono di Dio”.

 

A 50 anni dalla conquista della vetta, la stessa via è stata ripercorsa dalla spedizione italiana, “K2 50 anni dopo”, guidata da Agostino Da Polenza, con Silvio Mondinelli e Karl Uterchircher, come Lacedelli e Compagnoni. Sentiamo l’emozione proprio da Uterchicher:

 

“Una sensazione grandissima. La vittoria di una sofferenza che dura da giorni, forse anche da mesi. E’ veramente qualcosa di grandioso, anche il paesaggio che si vede da una montagna così alta è fantastico. Tutto il mondo è più piccolo da lassù. E’ veramente eccezionale”.

 

Una vetta che ospita ora la “Croce del Giubileo” posta appositamente da mons. Liberio Andreatta, incaricato della pastorale del turismo del Vicariato di Roma, nonché cappellano della spedizione. Sentiamo il perché di questa scelta dalle parole di Mons. Andreatta:

 

“Il Papa al termine del Giubileo ci disse: ‘Andate e annunciate il Cristo Risorto a tutti gli uomini, fino agli estremi confini della terra’. E come estremi confini, noi abbiamo voluto prendere come significativi il Polo Nord e Polo Sud, il Capello dell’Europa, che è il Monte Bianco, e il Cappello del Mondo, che è il K2. Lo abbiamo fatto insieme ad una rappresentanza di fratelli islamici. La bandiera del Vaticano, che sventola insieme alla bandiera italiana, alla bandiera europea e alla bandiera del Pakistan sul monte più alto, irradi quell’amore, quella misericordia e quella salvezza che il Figlio di Dio ha donato a tutti gli uomini”.

 

(musica)

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IL VANGELO DI DOMANI

 

 

Domani, 18.ma Domenica del Tempo ordinario, la liturgia ci presenta il brano evangelico nel quale Gesù, dopo aver ammonito la folla a tenersi lontano da ogni cupidigia e non far dipendere la vita dai beni materiali, racconta la parabola del buon raccolto ottenuto da un uomo ricco. Dopo aver deciso di abbattere i propri magazzini e costruirne di più grandi per riporvi l’abbondante raccolto, l’uomo dice a se stesso: ‘Anima mia, hai a disposizione molti beni, per molti anni; riposati, mangia, bevi e datti alla gioia’. Ma – prosegue Gesù – Dio disse a quell’uomo:

 

“Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita. E quello che hai preparato di chi sarà? Così è di chi accumula tesori per sé, e non arricchisce davanti a Dio”.

 

Sul significato di questa parabola, ascoltiamo il commento del teologo gesuita, padre Marko Ivan Rupnik:

 

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Confidare nelle cose materiali, vuol dire cercare di garantire la vita accumulando gli averi, come se avere molto rendesse più sicura l’esistenza. La mentalità del peccato cerca di convincere l’uomo che si salverà possedendo molto e che salverà anche le cose stringendole in pugno. Ma questa è un’illusione.

 

Cristo non disprezza le cose. Addirittura non dice di non arricchirsi, ma di arricchirsi davanti a Dio e non per se stessi. Ma come ci si arricchisce davanti a Dio? Proprio attraverso le cose, quelle stesse che il peccato ci suggerisce di accumulare per noi, usando però queste stesse cose con amore.

 

L’unica realtà che ridona all’uomo una sicurezza, che non si corrode, è l’amore. L’amore, però, non si realizza in modo astratto, ma ha bisogno anche delle cose materiali. Chi condivide con gli altri, chi dona agli altri – come dicono i Padri del deserto – resta in Dio.

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CHIESA E SOCIETA’

31 luglio 2004

 

UCCISO IN GUATEMALA A COLPI DI ARMA DA FUOCO UN SACERDOTE,

PADRE EUSEBIO MANUEL SAZO URBINA. IN BASE ALLE PRIME RICOSTRUZIONI,

IL MOVENTE DI QUESTO OMICIDIO SAREBBE QUELLO DELLA RAPINA

MA NON SI ESCLUDONO ALTRE PISTE LEGATE AL MONDO DELLA CRIMINALITÀ

 

CITTA’ DEL GUATEMALA.= Una banda armata ha ucciso ieri, in una zona periferica di Città del Guatemala, il sacerdote Eusebio Manuel Sazo Urbina, parroco della parrocchia ‘Divino Salvador del Mundo’. Il religioso – ha dichiarato il portavoce della polizia guatemalteca - è stato chiamato poco prima del barbaro assassinio ad assistere una persona morente. Una volta uscito dalla chiesa – ha aggiunto - è stato ucciso da un gruppo di persone che gli hanno intimato di consegnare loro tutto quello che aveva con sé. Ma la pista della rapina non sembra il vero movente di questo crimine. I fedeli della parrocchia hanno ricordato che il sacerdote era molto impegnato nei progetti di sviluppo della comunità e che il parroco precedente era stato trasferito dopo aver ricevuto minacce di morte. Appena informato dell’omicidio, l’arcivescovo di Città del  Guatemala, il cardinale Rodolfo Quezada Toruño, ha chiesto alle autorità di rafforzare la repressione della criminalità sottolineando come il Paese non possa più accettare questa drammatica ondata di violenze. Il porporato ha anche chiesto al governo di fare tutto il possibile affinché l’omicidio non resti impunito come quello dello scorso 14 dicembre, quando è stato ucciso padre José Maria Ruiz Furlán mentre rientrava a casa (A.L.)

 

 

NELLO STATO INDIANO DEL KERALA, LA CHIESA CHIEDE L’ANNULLAMENTO DEI DEBITI PER I CONTADINI. IN DIVERSI STATI DELL’INDIA, CENTINAIA DI AGRICOLTORI

SI SONO TOLTI LA VITA NEGLI ULTIMI ANNI,

IN SEGUITO ALLE DIFFICILI CONDIZIONI ECONOMICHE PROVOCATE DALLA SICCITÀ

 

MUMBAI.= Per combattere il drammatico fenomeno dei suicidi dei contadini indebitati, la Chiesa dello Stato indiano del Kerala ha chiesto la cancellazione dei debiti per gli agricoltori ed un risarcimento per le loro famiglie. Nel solo distretto di Wynad si sono registrati, negli ultimi mesi, almeno cento casi di suicidio. L’aggravamento delle condizioni economiche per i contadini è causato dalla siccità, provocata dai monsoni, che inaridisce le coltivazioni. Per tentare una seconda semina, gli agricoltori si indebitano con banche statali, cooperative e privati. Il problema ha colpito anche altri Stati, oltre a quelli del Kerala. Nella regione dell’Andhra Pradesh, più di 3 mila agricoltori si sono tolti la vita, negli ultimi anni, a causa dei forti indebitamenti. E la siccità continua ad essere una grave minaccia anche nella zona di Nagpur, nel ricco Stato del Maharashtra. “Se non pioverà abbondantemente entro 10 giorni, il 40 per cento dei raccolti andrà perduto”, ha avvertito un funzionario locale aggiungendo che le autorità non sono disposte a cancellare i debiti. Gli analisti consigliano, intanto, di non garantire elettricità gratis e prestiti con bassi tassi d’interesse. La soluzione migliore - sostengono - sarebbe quella di concentrarsi sulle modalità per orientare verso una direzione di tipo industriale un sistema agricolo ancora troppo dipendente dalle condizioni climatiche. Ma questo processo richiede tempi molto lunghi, prima di poter dare risultati incoraggianti. (A.L.)

 

 

IN IRAN, LA MAGISTRATURA ORDINA LA SCARCERAZIONE DELL’INTELLETTUALE IRANIANO HASHME AGHAJARI,

CONDANNATO A MORTE NEL 2002 PER BLASFEMIA

 

TEHERAN.= La magistratura di Teheran ha ordinato la scarcerazione dell’intellettuale iraniano, Hashme Aghajari, condannato a morte nel 2002 per apostasia con una sentenza successivamente annullata. L’intellettuale è stato arrestato nel 2002 per un discorso tenuto ad Hamedan, nell’ovest del Paese, durante il quale ha criticato il clero sciita, al potere nella Repubblica islamica. Per due volte un tribunale di Hamedan lo ha condannato a morte, ma in entrambi i casi la Corte suprema ha annullato il verdetto, decidendo poi di trasferire il processo nella capitale. E a Teheran il tribunale ha condannato Aghajari, lo scorso 20 luglio, a cinque anni di reclusione. E’ stata contestualmente stabilita anche la sua liberazione, dietro il pagamento di una cauzione. Ad Aghajari, docente di Storia presso la facoltà di Pedagogia dell’Università di Teheran, è stato inoltre interdetto l’insegnamento per un periodo di cinque anni. (A.L.)

 

 

CIRCA 30 MILIONI DI SFOLLATI E QUASI 300 VITTIME. E’ IL DRAMMATICO BILANCIO

FORNITO DALL’ORGANIZZAZIONE INTERNAZIONALE ‘SAVE THE CHILDREN’

SULLE ALLUVIONI CHE HANNO RECENTEMENTE DEVASTATO IL BANGLADESH

 

DACCA.= Sono circa 30 milioni le persone che hanno perso o abbandonato le proprie abitazioni in Bangladesh e almeno 285 le vittime, tra morti e dispersi, a causa delle terribili piogge provocate dai monsoni. Lo rende noto l’organizzazione internazionale per la tutela e la promozione dei diritti dei bambini, ‘Save the Children’. In Bangladesh, l’intero sistema dei trasporti e quello fognario sono al collasso e si teme la proliferazione di epidemie. Le strade interrotte non permettono, inoltre, l’arrivo nelle zone interessate degli aiuti umanitari. Il Centro di previsioni e allerta di Dacca teme un peggioramento della situazione, poichè le acque dei tre fiumi principali - Gange, Megna e Bramaputra - stanno defluendo verso la regione centrale, vicino alla capitale. E mentre le agenzie internazionali stanno monitorando la zona per preparare interventi umanitari, le organizzazioni non governative operanti sul posto stanno mobilitandosi per garantire almeno i primi soccorsi. (A.L.)

 

 

PRESENTATO DALL’ASSOCIAZIONE DEI RELIGIOSI DELL’UGANDA

UN RAPPORTO SULLA DIFFICILE SITUAZIONE DEL NORD DEL PAESE.

NEL DOCUMENTO SONO RIPRESE DIVERSE INDICAZIONI

CONTENUTE NELLA LETTERA PASTORALE DEI VESCOVI UGANDESI

 INTITOLATA “PREOCCUPAZIONE PER LA PACE, L’UNITÀ E L’ARMONIA”

 

KAMPALA.= La profonda preoccupazione per la guerra nel nord Uganda, l’analisi del fenomeno della corruzione ed una valutazione degli sforzi compiuti per promuovere il processo democratico nello Stato africano. E’ quanto emerge dal rapporto presentato giovedì scorso e redatto dall’Associazione dei religiosi dell’Uganda (Aru) al termine della recente visita compiuta da una trentina di religiosi di diverse congregazioni nel nord del Paese. Il documento riprende diverse indicazioni contenute nella lettera pastorale dei vescovi ugandesi intitolata “Preoccupazione per la pace, l’unità e l’armonia”. “Il testo dei presuli e il rapporto dell’Aru – hanno spiegato fonti locali all’Agenzia Fides - vogliono essere un aiuto per una presa di coscienza del dramma della guerra soprattutto per quei cristiani non direttamente toccati dalla violenza”. Il nord Uganda è sconvolto dal 1987 da continue incursioni perpetrate contro la popolazione da combattenti del sedicente movimento dell’Esercito di resistenza del signore (Lra). Si calcola che questo conflitto abbia causato, finora, più di cento mila vittime ed almeno un milione di sfollati. A questi allarmanti dati si deve aggiungere, secondo quanto stimato dall’Unicef dal 1980 ad oggi, il rapimento di oltre 20 mila bambini sequestrati e addestrati dalla guerriglia per essere impiegati in azioni di guerra. (A.L.)

 

 

ACCOLTO IERI DAL TRIBUNALE CIVILE DI ROMA IL RICORSO

CONTRO IL PROVVEDIMENTO DI ESPULSIONE

PER 14 IMMIGRATI DELLA NAVE TEDESCA ‘CAP ANAMUR’

 

ROMA.= Dopo la Corte europea per i diritti umani e l’Alto Commissario dell’Onu per i rifugiati (Acnur), è arrivata oggi dal tribunale civile di Roma un’ulteriore “bacchettata” sulla gestione della complessa vicenda della Cap Anamur da parte del governo italiano. Il tribunale ha accolto, infatti, il ricorso d’urgenza contro l’espulsione di 14 extracomunitari, stabilendo che gli immigrati giunti in Italia con il mercantile tedesco potevano restare in Italia con un permesso di soggiorno provvisorio. Il verdetto, arrivato tardi per 13 profughi già rimpatriati, costituisce una decisione importante per l’unico africano rimasto in Italia, Fatawu Lasisi, che attualmente si trova nel Centro di permanenza temporanea di Ponte Galeria, nei pressi di Roma. Lasisi, che ha dichiarato di provenire dalla martoriata regione sudanese del Darfur, è autorizzato ora a restare nel territorio italiano fino alla definizione del giudizio di merito. All’uomo è stato assegnato, inoltre, un permesso di soggiorno per motivi di giustizia. (A.L.)

 

 

 

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24 ORE NEL MONDO

31 luglio 2004

 

 

- A cura di Dorotea Gambardella -

 

Iraq. È stato liberato un camionista turco, preso in ostaggio questo mese, dopo aver promesso di non tornare più a lavorare nel Paese mediorientale. Lo ha annunciato l’emittente televisiva Cnn Turchia. Intanto, sono in corso a Kuwait City le trattative per il rilascio dei sette camionisti rapiti la settimana scorsa in Iraq da un gruppo islamico che si autodefinisce “Brigata delle Bandiere Nere”. Il nostro servizio:

 

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Ai negoziati partecipano un rappresentante dell’azienda kuwaitiana per la quale lavorano i sette ostaggi - tre indiani, tre keniani e un egiziano – e a cui i rapitori chiedono di lasciare l’Iraq, e il mediatore iracheno, lo sceicco tribale Sheikh Hisham al-Dulaymi. Per quanto riguarda i quattro camionisti giordani, rapiti lunedì scorso dai Corpi mujaheddin, i loro sequestratori hanno promesso di liberarli soltanto dopo che i loro familiari avranno organizzato una marcia di protesta contro gli Stati Uniti. In merito alla ricostruzione dell’Iraq, dal rapporto al Congresso sull’operato dell’Autorità civile provvisoria, diffuso ieri, emergono numerosi esempi di frodi e di abusi per milioni di dollari, nei contratti finanziati con il denaro dei contribuenti americani. Sul fronte della sicurezza, il piano predisposto dal Pentagono è stato aspramente criticato da Ahmed Chalabi, leader del Congresso nazionale iracheno. Sul terreno, in un raid condotto dalle forze di sicurezza irachene e da soldati della forza multinazionale è stato arrestato il rappresentante a Karbala del predicatore radicale sciita Moqtada Sadr. Mentre ieri, il direttore dell’Istituto magistrale della città di Mahmuudiyah, nei pressi di Baghdad, è stato assassinato da due sconosciuti. Lo hanno reso noto solo oggi fonti della polizia locale.

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Medio Oriente. Sequestri lampo per tre civili occidentali rapiti ieri sera da attivisti palestinesi; incendi di edifici governativi, stamani, da parte del gruppo armato Brigate dei Martiri di Al Aqsa, nella città di Jenin, in Cisgiordania; manifestazioni a Gaza City: resta sempre alta la tensione nei Territori. Intanto, in Israele, il ministro della Difesa, Shaul Mofaz, ha concesso “carta bianca” all’esercito nel tentativo di porre fine a ripetuti lanci di razzi Qassam da Gaza contro lo Stato ebraico.

 

Il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ha approvato una risoluzione presentata dagli Stati Uniti in cui si minacciano provvedimenti di carattere economico se il governo del Sudan non agirà entro 30 giorni per fermare le violenze nella regione del Darfur. Intanto, il segretario di Stato americano, Colin Powell, dal Kuwait, ha chiesto al Sudan di conformarsi alla risoluzione del Palazzo di Vetro. Poco prima il governo di Khartoum aveva respinto il pronunciamento dell’Onu, definendo la risoluzione “inappropriata”. Il servizio di Giulio Albanese:

 

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Se entro il lasso di tempo indicato non saranno stati riscontrati cambiamenti, il Consiglio adotterà delle misure, comprese quelle previste dall’art. 41 della Carta delle Nazioni Unite. Una formula, questa, che minaccia di fatto sanzioni nei confronti di Khartoum, qualora quest’ultimo non proceda al disarmo delle milizie considerate le principali responsabili della situazione catastrofica in cui versa il Darfur. E questo proprio mentre ieri il segretario generale delle Nazioni Unite, Kofi Annan, in Ghana per un incontro con i leader africani sulla Costa d’Avorio, riceveva nuovi drammatici rapporti sulla situazione nella regione occidentale del Sudan, denunciando in un comunicato che le forze di sicurezza sudanesi hanno minacciato tutti quelli che parlano con gli stranieri e picchiato molti i leader delle varie comunità.

 

Per la Radio Vaticana, Giulio Albanese.

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E al termine del vertice tra i capi di Stato africani ed i leader ivoriani di Accra, in Ghana, le fazioni in lotta in Costa d’Avorio hanno firmato un accordo che prevede il disarmo dei ribelli e delle milizie armate, oltre ad un calendario di riforme politiche. In sostanza, i ribelli che controllano il nord del Paese e “tutti i paramilitari e le milizie” inizieranno il loro disarmo entro il 15 ottobre, appena saranno state adottate le riforme politiche previste dagli accordi di Marcoussis. Si tratta di un’intesa siglata nel gennaio del 2003, mai applicata, che prevedeva anche la formazione di un governo di unità che comprende ministri di tutte le fazioni.

 

Proseguono a Ginevra, nella sede dell’Organizzazione mondiale del Commercio (Wto), le trattative tra le 147 delegazioni dei Paesi membri per raggiungere un’intesa sulla liberalizzazione dei mercati. Sebbene siano stati fatti dei progressi, nessun accordo è stato ancora concluso. Il portavoce del Wto, Keith Rockwell, tuttavia, ha dichiarato che un’intesa “è a portata di mano”.

 

“Abbiamo 97 giorni per farcela”: così dopo la convention di Boston, conclusasi ieri, il candidato democratico alla Casa Bianca, John Kerry, ha ufficialmente dato il via alla corsa presidenziale, iniziando un tour che lo porterà ad attraversare l’America: in tutto 21 Stati in due settimane. Il servizio, da New York, di Paolo Mastrolilli:

 

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Nella prima sosta in Pensylvania, Kerry ha ribadito i temi del suo discorso di giovedì sera, in cui ha accusato il presidente Bush di aver ingannato l’America in Iraq. Ha promesso di combattere in maniera più efficace tanto la guerra a Baghdad quanto quella contro il terrorismo e poi ha garantito di voler affrontare anche i problemi interni, dalla sanità all’istruzione, che secondo lui il governo repubblicano ha trascurato per favorire i privilegiati. I primi sondaggi dicono che Kerry ha incrementato il proprio vantaggio rispetto a Bush, ma non tutti i giudizi sono stati positivi. Il Washington Post, nel suo editoriale, ha scritto che il senatore ha perso un’occasione per illustrare con più chiarezza le sue proposte politiche, mentre il New York Times ha chiesto più particolari per la strategia in Iraq. anche Bush ha ripreso ieri la sua campagna elettorale ed ha accusato il rivale di aver idee incerte sulla sicurezza e sull’economia.

 

Da New York, per la Radio Vaticana, Paolo Mastrolilli.

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Si aggrava il bilancio delle vittime dell’esplosione di gas avvenuta ieri a Ghislenghien, nel sud del Belgio. Uno degli operai feriti è morto durante la notte in ospedale. Sale così a 16 il numero delle vittime. Trentacinque dei 120 feriti versano in gravissime condizioni. Tre persone risultano al momento ancora disperse. Vigili del fuoco e personale di  soccorso continuano a lavorare senza sosta.

 

Italia. È stato catturato ed è morto poco dopo in seguito ad uno scontro a fuoco il latitante Luciano Liboni, che giovedì 22 luglio aveva ucciso l’appuntato Alessandro Giorgioni, nel pesarese. Il killer era stato preso dai carabinieri e quindi ricoverato in gravi condizioni all’ospedale romano San Giovanni. Congratulazioni al generale dell’Arma dei Carabinieri, Luciano Gottardo, per il successo dell’operazione è stata espressa dal presidente della repubblica, Carlo Azeglio Ciampi, e dalle più alte cariche istituzionali italiane.

 

Restiamo in Italia. Ondata di sbarchi nella notte a Lampedusa, in Sicilia. Quattro imbarcazioni hanno riversato sull’isola 333 clandestini. Il gruppo più numeroso, formato da 177 extracomunitari, è approdato poco dopo l’una. Tutti i clandestini sono provenienti dal Centro e Nordafrica. Nel giro di una settimana,  sull’isola siciliana sono giunti oltre mille immigrati.

 

Il premier designato del Pakistan, Shaukat Aziz, attuale ministro delle Finanze, è scampato ieri ad un attentato suicida condotto nei pressi di Islamabad, al termine di un discorso elettorale per le suppletive del 18 agosto. Nell’attacco, sferrato da un kamikaze a bordo di un’auto imbottita di esplosivo, hanno perso la vita sette persone. Almeno 25 i feriti.

 

Proclamato dalle forze di sicurezza lo stato di allerta in Uzbekistan, all’indomani dei tre attentati suicidi nella capitale Tashkent contro le ambasciate di Stati Uniti ed Israele e la procura generale uzbeka. Il bilancio delle violenze parla di tre morti, compreso uno dei kamikaze. Gli attacchi sono stati rivendicati dal Movimento islamico d’Uzbekistan.

 

Il ministro degli Esteri iraniano, Kamal Kharrazi, ha confermato che Teheran ha ripreso la produzione di componenti di centrifughe per l’arricchimento dell'uranio, poiché “gli europei non hanno agito nel rispetto dei loro impegni” nei confronti della Repubblica islamica in materia nucleare.

 

Il Messico ha autorizzato, ieri, l’estradizione verso la Spagna di sei baschi detenuti nelle sue carceri e accusati di militare nelle file del gruppo armato separatista basco “Eta”. Lo ha indicato il ministero degli Esteri messicano in un comunicato.

 

Un mercato comune tra Bolivia e Perú, per facilitare le esportazioni di gas boliviano. È il progetto allo studio dei due Paesi, a colloquio da alcuni giorni nella località peruviana di Ilo. In attesa dell’incontro di lunedì fra i presidenti Mesa e Toledo, ieri si sono viste le delegazioni ministeriali.

 

 

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