RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVII n. 213 - Testo della
Trasmissione di Sabato 31 luglio
2004
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO
CHIESA E SOCIETA’:
Ucciso in
Guatemala a colpi di arma da fuoco un sacerdote, padre Eusebio Manuel Sazo
Urbina
Nello Stato indiano
del Kerala, la Chiesa chiede l’annullamento dei debiti per i contadini
Liberato un ostaggio turco catturato a luglio in
Iraq. In Kuwait sono in corso i negoziati per il rilascio dei sette camionisti
rapiti in Iraq la scorsa settimana
Resta alta la tensione in Medio Oriente. Tra ieri
e oggi incendi, sequestri-lampo e manifestazioni.
Approvata al Consiglio di sicurezza dell’Onu la
risoluzione che minaccia sanzioni economiche al Sudan, se il governo di
Khartoum non arresta le violenze nel Darfur.
31
luglio 2004
NEL
60.MO ANNIVERSARIO DELLA SOLLEVAZIONE DI VARSAVIA
CONTRO LA TIRANNIA NAZISTA,
GIOVANNI PAOLO II RICORDA
IL
CORAGGIO DEGLI INSORTI, SIMBOLO DI LIBERTA’ E PATRIOTTISMO
-
Servizio di Alessandro Gisotti -
“M’inchino davanti agli insorti”, che nella “lotta impari”
non risparmiarono “la propria vita per la causa della Patria”. E’ il tributo di
Giovanni Paolo II alle donne e agli uomini di Varsavia, che 60 anni fa – il
primo agosto del 1944 –insorsero per liberare la capitale polacca dalla
dominazione nazista. Una sollevazione durata 63 giorni, che costò la vita a 200
mila persone e la pressoché totale distruzione della città. In occasione delle
celebrazioni del 60.mo anniversario del sacrificio di Varsavia, il Pontefice ha
inviato un messaggio al sindaco della città per unirsi ai suoi connazionali nel
ricordo di quelle drammatiche giornate. Il servizio di Alessandro Gisotti:
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Come figlio della Polonia, “desidero rendere omaggio ai
caduti e ai vivi eroi di quello slancio di agosto”. Il Papa ricorda con parole
commosse “l’apogeo della resistenza che durante l’occupazione hitleriana opponeva
tutta la nazione all’invasore”. Anche se per mancanza di mezzi e a causa di
“condizionamenti esterni” subirono la sconfitta militare, scrive il Pontefice,
l’opera degli insorti di Varsavia “rimarrà per sempre nella memoria nazionale
come somma espressione del patriottismo”. Loda, così, l’amore per la Patria di
quanti, non badando alla loro giovane età, “salivano sulle barricate nel nome
della libertà personale e comune”. Il Papa rammenta “con ammirazione” le
formazioni militari comandate dal generale Chrusciel. Ad aiutare questi
valorosi soldati, prosegue, erano i civili di Varsavia. In particolare, “eroi
sacerdoti, che come cappellani dell’insurrezione portavano l’ultimo servizio ai
combattenti, spesso a prezzo della propria vita”.
Rende poi onore ai “medici, alle infermiere, che avevano
cura dei combattenti”. Molte di loro, si legge nel messaggio, “sono state
trucidate insieme con i feriti che accompagnavano consapevolmente fino alla
fine”. Il Papa auspica così che “il ricordo di queste eroiche donne e ragazze
rimarrà sempre vivo come un richiamo al servizio disinteressato di chi si trova
nel bisogno”. Quelle vicende e le persone in esse coinvolte, sottolinea, fanno
di Varsavia, “Città Incrollabile”, un “eloquente monumento della loro vittoria
morale”. E ciò nonostante “precedenti tentativi di cancellare dalla memoria
nazionale” quella eccezionale pagina della storia polacca. Il messaggio del
Papa si conclude con un’esortazione: “Il ricordo delle opere eroiche degli
antenati non sia soltanto un tornare alla storia passata”, ma anche di stimolo
ad amare la Patria, prediligendo il “bene comune alle vicende personali”.
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Varsavia celebra, dunque, i suoi eroi
della libertà. La commemorazione è iniziata venerdì scorso con una Liturgia
Eucaristica nella Cattedrale dell’Ordinariato Militare, a Varsavia, dedicata
alla memoria del comandante dell’insurrezione, il generale Antoni Chrusciel,
morto esule a Washington nel 1960. Domani, il momento culminante con la
partecipazione alle commemorazioni, assieme al capo dello Stato polacco
Kwasnieski, anche del segretario di Stato americano Powell, e, per la prima
volta dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, del cancelliere tedesco,
Schroeder. Alle ore 13, il cardinale primate e arcivescovo di Varsavia, Josef
Glemp, presiederà una messa solenne nella Cattedrale cittadina di
Sant’Adalberto. Nel pomeriggio lo storico britannico Norman Davies firmerà la
traduzione polacca del suo libro “L’insurrezione del ‘44”, presso il “Museo
dell’Insurrezione” inaugurato ieri.
PUBBLICATA
OGGI DALLA CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE
UNA
LETTERA AI VESCOVI SULLA COLLABORAZIONE DELL’UOMO
E DELLA DONNA NELLA CHIESA E NEL MONDO
-
Intervista con l’arcivescovo Angelo Amato -
La
Congregazione per la Dottrina della Fede ha pubblicato oggi una “Lettera ai
vescovi della Chiesa cattolica sulla collaborazione dell’uomo e della donna
nella Chiesa e nel mondo”. Il documento - firmato dal prefetto della
Congregazione, il cardinale Joseph Ratzinger - dopo una presentazione e valutazione
critica di alcune concezioni antropologiche odierne, propone riflessioni
ispirate dai dati fondamentali dell’antropologia biblica, indispensabili per
salvaguardare l’identità della persona umana. La Lettera propone una retta
comprensione della collaborazione attiva tra uomo e donna nella Chiesa e nel
mondo, nel riconoscimento della loro differenza. Particolare attenzione viene
rivolta dal documento al mondo femminile. Dopo la Mulieris Dignitatem del
1988 e la Lettera alle donne del 1995 di Giovanni Paolo II, cosa dice
dunque di nuovo sulla donna questo intervento dottrinale della Congregazione
per la Dottrina della Fede? Alessandro Gisotti lo ha chiesto a mons. Angelo
Amato, segretario del dicastero pontificio:
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R. – La novità è data dalla risposta a due tendenze ben
delineate nella cultura contemporanea. La prima sottolinea fortemente la
condizioni di subordinazione della donna, che per essere se stessa dovrebbe
porsi come antagonista all’uomo. Si pone quindi una rivalità radicale tra i sessi,
per cui l’identità e il ruolo dell’uno va a svantaggio dell’altro. Per evitare
questa contrapposizione, una seconda corrente tende a cancellare le differenze
tra i due sessi. La differenza corporea, chiamata “sesso”, viene minimizzata e
considerata un semplice effetto di condizionamenti socio-culturali. Si
evidenzia quindi al massimo la dimensione strettamente culturale, chiamata
“genere”. Di qui nasce la contestazione dell’indole naturale della
famiglia, composta da padre-madre, l’equiparazione dell’omosessualità
all’eterosessualità, la proposta di una sessualità polimorfa.
D. – Qual è la radice di quest’ultima tendenza?
R. – Questa prospettiva nasce dal presupposto che la
natura umana non avrebbe in se stessa delle caratteristiche che la determinerebbero
in modo assoluto come uomo o come donna. Per cui ogni persona, libera da ogni
predeterminazione biologica, potrebbe modellarsi a proprio piacimento. Di
fronte a queste concezioni erronee, la Chiesa ribadisce alcuni aspetti
essenziali dell’antropologia cristiana, fondati sul dato rivelato della Sacra
Scrittura.
D. – Cosa dice la Bibbia al riguardo?
R. – La parte più ampia del documento è proprio dedicata a
una meditazione sapienziale dei testi biblici sulla creazione dell’uomo e della
donna. Il primo testo di Genesi 1,1-2,4 descrive la potenza creatrice di Dio
che opera le distinzioni nel caos primigenio
(luce, tenebre, mare, terra, piante, animali), creando infine l’uomo: “A
immagine di Dio lo creò, maschio e femmina li creò”. Anche il secondo racconto
della creazione in Genesi 2,4-25 conferma l’importanza essenziale della
differenza sessuale. Al primo uomo, Adamo, Dio affianca la donna, creata dalla
stessa sua carne e avvolta dallo stesso mistero.
D. – Cosa significa questo?
R. – Il testo biblico offre tre importanti indicazioni.
L’uomo è una persona, in uguale misura l’uomo e la donna. Essi sono in
relazionalità reciproca. In secondo luogo, il corpo umano, contrassegnato dal
sigillo della mascolinità e della femminilità, è chiamato ad esistere nella
comunione e nel dono reciproco. Per questo il matrimonio è la prima e
fondamentale dimensione di questa vocazione. In terzo luogo, anche se sconvolte
e oscurate dal peccato, queste disposizioni originarie del Creatore non potranno
mai essere annullate. L’antropologia biblica pertanto suggerisce di affrontare
con un approccio relazionale e non concorrenziale quei problemi che a livello
pubblico o privato coinvolgono la differenza di sesso (n.8).
D. – Ci sono altre indicazioni bibliche?
R. – La Lettera offre anche delle considerazioni
teologiche sulla dimensione sponsale della salvezza. Nell’Antico Testamento, ad
esempio, si configura una storia salvifica che mette simultaneamente in gioco
la partecipazione del maschile e del femminile, mediante le metafore di
sposo-sposa e di alleanza. Si tratta di un vocabolario nuziale che orienta il
lettore sia verso la figura maschile del Servo sofferente, sia verso la figura
femminile (cf. n.9). Nel Nuovo Testamento queste prefigurazioni trovano il loro
compimento, da una parte, in Maria, eletta figlia di Sion che ricapitola la
condizione di Israele-Sposa in attesa del giorno della salvezza; dall’altra, in
Gesù, che ricapitola nella sua persona l’amore di Dio per il suo popolo, come
l’amore di uno sposo per la sposa. San Paolo sviluppa questo senso nuziale
della redenzione, concependo la vita cristiana come un mistero nuziale tra
Cristo e la Chiesa sua sposa. Inseriti in questo mistero di grazia, gli sposi
cristiani, nonostante il peccato e le sue conseguenze, possono vivere la loro
unione nell’amore e nella reciproca fedeltà. La conseguenza è che l’uomo e la
donna non avvertono più la loro differenza in termini di rivalità e
opposizione, ma in termini di armonia e di collaborazione.
D. – Qual è l’apporto del femminile nella vita della
società?
R. – La donna, diversamente dall’uomo, ha un suo proprio
carisma, chiamato “la capacità dell’altro” (n.13). Si tratta di una intuizione,
collegata alla sua facoltà fisica di dare la vita, che la orienta alla crescita
e alla protezione dell’altro. E’ il “genio della donna”, che le consente di
acquisire presto maturità, senso di responsabilità, rispetto del concreto,
resistenza nelle avversità. Questo corredo virtuoso spinge le donne a essere
attivamente presenti nella famiglia e nella società con la proposta di
soluzioni anche innovative ai problemi economici e sociali.
D. - Come si
concilia nella donna il lavoro con il suo ruolo nella famiglia?
R. – La società dovrebbe valutare adeguatamente il lavoro
svolto dalla donna nella famiglia e nell’educazione dei figli, riconoscendone
il valore a livello sia sociale che economico.
D. – Come si configura oggi l’apporto della donna nella
vita della Chiesa?
R. – Nella Chiesa il segno della donna è più che mai
centrale e fecondo. Sin dall’inizio, la Chiesa si è considerata come comunità
legata a Cristo da una relazione d’amore. In questo la Chiesa, sposa di Cristo,
ha sempre visto in Maria la sua madre e il suo modello. Da lei apprende alcuni
comportamenti fondamentali, come l’accoglienza nella fede della parola di Dio e
la conoscenza profonda dell’intimità con Gesù e del suo amore misericordioso.
Il riferimento a Maria, con le sue disposizioni di ascolto, di accoglienza, di
umiltà, di fedeltà, di lode e di attesa, colloca la Chiesa nella continuità
della storia spirituale di Israele. Questi atteggiamenti sono comuni ad ogni
battezzato. Di fatto, però è caratteristica della donna viverli con particolare
intensità e naturalezza. In tal modo la donna ha nella Chiesa un ruolo della
massima importanza, diventando testimone e modello per tutti i cristiani di
come la Sposa deve corrispondere all’amore dello Sposo (n.16). In tal modo
contribuisce in modo unico a manifestare il volto della Chiesa come madre dei
credenti.
D. – Una parola di conclusione?
R. – Sono due le parole di conclusione: riscoperta e
conversione. Riscoperta della comune dignità dell’uomo e della donna, nel
reciproco riconoscimento e nella collaborazione. Conversione da parte dell’uomo
e della donna alla propria identità originaria, di “immagine di Dio” ognuno
secondo la sua grazia propria.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Apre la prima pagina la notizia
dell'uccisione di un sacerdote a Città del Guatemala.
Allegata al giornale la Lettera
della Congregazione per la Dottrina della Fede ai vescovi della Chiesa
Cattolica sulla collaborazione dell'uomo e della donna nella Chiesa e nel
mondo.
Nelle vaticane, alcuni articoli
in occasione del XXV anniversario della morte di mons. Mariano Vigorita,
Primicerio di Solofra.
Nelle estere, riguardo all'Iraq
da rilevare che la Nato ha raggiunto un primo accordo sull'addestramento delle
forze di sicurezza irachene.
Nella pagina culturale, per la
rubrica "Incontri" lo scrittore Vittorio Sermonti intervistato da
Franco Lanza.
Nelle pagine italiane, la
Cassazione sancisce il diritto dei bambini a nascere anche in caso di
malformazioni; non riconosciuto il ricorso all'aborto eugenetico.
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31
luglio 2004
NELLA
FESTA DI SANT’IGNAZIO DI LOYOLA, UNA PANORAMICA SULL’OPERA
DELLA
COMPAGNIA DI GESU,’ CON IL PAPA PER LA CHIESA E PER IL MONDO
-
Intervista con il preposito generale, padre Peter Hans
Kolvenbach -
La Chiesa
ricorda oggi Sant’Ignazio di Loyola, sacerdote e fondatore della Compagnia di
Gesù. In occasione della festa, Giovanni Paolo II ha celebrato questa mattina
la Santa Messa insieme ai Gesuiti della Specola Vaticana di Castel Gandolfo, e
attraverso la loro comunità ha voluto rivolgere a tutti i membri dell’Ordine i
suoi auguri. Ferito all’assedio di Pamplona nel 1521, Sant’Ignazio di Loyola
maturò nella lettura della vita di Cristo la decisione di passare dal servizio
militare alla sequela di Cristo. Intraprese gli studi di filosofia e di
teologia prima presso le Università di Alcalà de Henares e di Salamanca, poi
alla Sorbona di Parigi, dove nel 1534 ottenne il grado di Maestro in Arti.
Nello stesso anno, insieme con altre sei persone, emise i voti di povertà e
castità, impegnandosi a visitare la Terra Santa. L’Istituto religioso da lui
fondato venne approvato da Papa Paolo III, il 27 settembre 1540, con il nome di
Compagnia di Gesù, per la maggior gloria di Dio a servizio della Chiesa, in
obbedienza totale al successore di Pietro. La sua esperienza spirituale è
espressa negli “Esercizi spirituali”, da lui composti nel 1523 a Manresa, che
divennero una classica guida per l’itinerario spirituale. Sant’Ignazio promosse
la catechesi e l’apostolato missionario ed ebbe tra i suoi discepoli san
Francesco Saverio. Ma quali sono le principali sfide per i Gesuiti oggi nel
mondo? Barbara Castelli lo ha chiesto a padre Peter-Hans Kolvenbach, preposito
generale della Compagnia di Gesù.
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R. – Già Paolo VI ha potuto affermare che ovunque nella
Chiesa, anche nei campi più difficili e di punta, nei crocevia delle ideologie,
nelle trincee sociali, vi è stato e vi è il confronto tra le esigenze brucianti
dell’uomo e il perenne messaggio del Vangelo, là vi sono stati e vi sono i
Gesuiti. Senza fare un elenco di tutte le situazioni rischiose del nostro
mondo, approfitto di questa festa di Sant’Ignazio per ringraziare Dio di essere
rimasti fedeli a questo coraggioso impegno nella vigna del Signore. La
Compagnia si interessa particolarmente della Cina – una grande tradizione – e
dell’Africa – un continente devasto da conflitti – dell’apostolato scientifico
e intellettuale – in cui si gioca spesso il confronto fra fede e cultura – del
dialogo ecumenico e interreligioso, senza dimenticare la gente in movimento, i
rifugiati e gli immigrati, i senza tetto e coloro che sono privi di documenti.
Queste priorità apostoliche attuali non escludono altre concretizzazioni
dell’impegno apostolico della Compagnia, che consiste – per dirlo con le stesse
parole di Ignazio – nel servire solamente il Signore e la Chiesa, sua Sposa,
sotto il romano Pontefice.
D. – Lei è stato recentemente nel Timor Orientale per
incontrar i Superiori dell’Asia. Quale è oggi la situazione nel Timor, dove i
gesuiti del Jesuit Refugee Service hanno tanto lavorato negli ultimi
anni?
R. –
Con molti altri volontari, anche il servizio gesuitico dei rifugiati è venuto
in aiuto della popolazione di Timor Est, che ha sofferto crudelmente durante la
guerra d’indipendenza. Ufficialmente non ci sono più rifugiati, anche se alcune
centinaia attendono i risultati di un grande sforzo di riconciliazione per
poter ritornare nei loro villaggi. Ora che è uno Stato libero e la stampa
mondiale non si interessa più di questo Paese, Timor Est rischia di essere
dimenticato e di essere abbandonato alle sue risorse insufficienti, là dove
Timor Est ha più che mai bisogno del vicendevole aiuto internazionale. Su
richiesta della Chiesa di Timor Est, i Gesuiti sono impegnati nell’educazione
secondaria ed universitaria, da cui dipende l’avvenire di questa giovane
nazione.
D. – Come vede lo stato della Compagnia di fronte alle
sfide attuali?
R. – Sant’Ignazio ci presenta un Cristo sempre in
movimento, che passa da un villaggio all’altro, sempre in missione. Al tempo
del discernimento, che ha portato alla fondazione della Compagnia di Gesù,
Sant’Ignazio e i suoi compagni hanno visto la loro chiamata e il loro carisma
nello scegliere d’essere con il Cristo servitori della sua missione, d’essere
con gli uomini là dove vivono, lavorano e lottano per portare il Vangelo, il
Cristo che è la Buona Novella, nel cuore della loro vita e delle loro speranze.
La Compagnia è più che mai cosciente d’essere in missione. Con questa
vocazione, ogni gesuita è chiamato a consacrare momenti e spazi privilegiati di
preghiera con il Cristo, perché è Lui che invia, e a imparare da questo
incontro come essere nella e per la sua Chiesa servitori della sua missione. E’
in questo incontro che nascono le priorità apostoliche per affrontare le sfide
attuali.
D. – La Compagnia avrà nei prossimi anni importanti
appuntamenti con la storia: quali sono le commemorazioni di maggior rilievo?
R. – Alla fine dell’anno prossimo, inizieremo un anno
giubilare per celebrare i 450 anni dalla morte di Sant’Ignazio (31 luglio
1556), i 400 anni dalla nascita di San Francesco Saverio (7 aprile 1506). Sarà
una bella occasione per approfondire in noi lo spirito apostolico che ha
contrassegnato i primi compagni, e per ringraziare il Signore per questa via
verso Dio, che è la spiritualità ignaziana, di cui vivono e di cui si sono
nutriti tanti uomini e donne.
D. – Sant’Ignazio continua ad essere oggetto di studio e
di ricerca. C’è qualche aspetto in particolare della sua figura che richiama
l’attenzione degli studiosi?
R. – Ora che gli scritti e soprattutto l’importante
corrispondenza di Sant’Ignazio sono più accessibili e che il suo linguaggio e
il suo vocabolario sono meglio conosciuti, è possibile conoscere più in
profondità e più nel contesto spirituale del loro tempo espressioni ignaziane
molto note, come il magis, il sentire con la Chiesa, il discernimento
degli spiriti, la carità discreta. D’altra parte, resta da studiare di più il
passaggio dalla vita consacrata monastica alla vita consacrata apostolica che
Sant’Ignazio ha operato. Rimane da redigere la sua visione teologica quale le
Costituzioni esprimono.
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DAL
MEETING DI LORETO, UNA PROPOSTA IN FAVORE DEGLI IMMIGRATI:
LA CONCESSIONE
DELLA CITTADINANZA EUROPEA A TUTTI I RESIDENTI
-
Servizio di Giovanni Peduto -
Un milione di firme per estendere la cittadinanza europea
a tutti i residenti, indipendentemente dalla loro nazionalità: è la proposta di
maggiore spicco al VII Meeting sulle migrazioni, che domani chiuderà i battenti
a Loreto con la concelebrazione della Messa presieduta dal cardinale Stephen
Fumio Hamao, presidente del Pontificio Consiglio della Pastorale per i migranti
e gli itineranti. I missionari e laici Scalabriniani hanno promesso di
impegnarsi attivamente in questa iniziativa: ma chi sono e perché ogni anno
propongono questo importante appuntamento di riflessione e di progettualità? Da
Loreto, il nostro inviato, Giovanni Peduto.
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Alla fine del 1800, Giovanni Scalabrini, vescovo di
Piacenza, proclamato Beato nel 1997 da Giovanni Paolo II, fonda la
Congregazione religiosa dei missionari Scalabriniani e la Società laicale San
Raffaele, per accompagnare e sostenere socialmente e religiosamente i numerosi
emigranti italiani. Il suo pensiero sociale, la sua profonda sensibilità verso
le grandi tematiche - quali l’emigrazione, la condizione operaia, la questione
agraria - diverranno punti di riferimento costanti per gli Scalabriniani negli
anni avvenire. La mobilità umana sarà il terreno principale dell’impegno della
Congregazione: prima per sostenere gli italiani all’estero, aiutarli nel loro
processo di inserimento nei Paesi di accoglienza, poi allargando il loro
servizio ad altre etnie di migranti. L’attività degli Scalabriniani, con la sua
rete di studiosi in tutto il mondo, dà anche ampio spazio alla ricerca,
all’analisi e allo studio dei grandi fenomeni sociali della nostra epoca.
Parlare ogni anno di migrazioni per una settimana intera,
con relazioni, interventi, Tavole rotonde, non rischia di essere ripetitivo, di
mettere altre parole in un già ampio fiume di parole? Sfogliare le annate dei
Meeting passati, le relazioni, gli atti, quando sono stati pubblicati, dà come
gradita sorpresa un senso sempre presente di novità, un’assenza di ovvio e di
cose già dette, frutto della creatività di relatori che riescono a trovare
sempre qualche aspetto nuovo, qualche punto di vista diverso, qualche
prospettiva originale da cui guardare il vasto panorama del fenomeno
migratorio, certamente. In verità, è il problema delle migrazioni in sé,
comunque, a presentarsi davanti ai nostri occhi in un modo sempre nuovo, a
spiazzarci in continuazione, ad interrogarci, a costringerci a pensare, a farci
uscire da recinti certi e sicuri.
Il fenomeno migratorio è di lunga durata e smuoverà dalle
fondamenta la nostra società e il nostro modo di pensare. E’ un immenso prisma
dalle tantissime facce: ecco perché il Meeting ha sempre prodotto idee nuove, e
sempre nei prossimi anni troverà argomenti di analisi, spunti, discussioni,
provocazioni.
Il premio del Meeting, assegnato ogni anno alle
personalità o organizzazioni che hanno contribuito all’impegno per
l’integrazione dei migranti, è andato questa volta al settimanale “Vita non profit
magazine”, pubblicazione completamente dedicata alla realtà del terzo settore e
alle problematiche sociali. Il premio è stato consegnato ieri dal cardinale
Fumio Hamao.
Per la cronaca, il concerto di Luca Barbarossa ha visto
ieri sera il tutto esaurito. Ad intrattenere gli ospiti, questa sera, uno
spettacolo etnico di musica africana con Fifito, nome d’arte di Filomeno Lopez
della Guinea Bissau, che lavora nella redazione di lingua portoghese della
nostra emittente.
Da Loreto, Giovanni Peduto, Radio Vaticana.
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LA
BANDIERA ITALIANA SVENTOLA DI NUOVO SUL K2,
50
ANNI DOPO LA STORICA E DRAMMATICA IMPRESA DI COMPAGNONI E LACEDELLI
- Servizio di Benedetta Capelli -
Cinquanta
anni fa, il 31 luglio 1954, due italiani Achille Compagnoni e Lino Lacedelli,
che facevano parte della missione guidata da Ardito Desio, giunsero in cima al K2, dopo numerose
difficoltà: su 70 giorni di spedizione, 40 infatti furono di maltempo. Lunedì scorso, una missione composta da
cinque alpinisti italiani, denominata “K2 2004-50 anni dopo”, ha replicato il
successo, riportando il tricolore sulla vetta della seconda montagna più alta
del mondo. Una vetta che da alcuni giorni ospita la “Croce del Giubileo”. Il
servizio di Benedetta Capelli.
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(musica)
Domarono
la “montagna terribile”, il massiccio più difficile da scalare ma anche il più
affascinante. La seconda vetta al mondo, 8.611 metri fu conquistata il 31
luglio 1954 da due alpinisti italiani che, non appena giunsero in cima, vi
posero il tricolore. Achille Compagnoni e Lino Lacedelli scrissero i nomi di
quell’impresa difficoltosa per il vento che imperversava e per le inevitabili
complicazioni dovute alla mancanza di ossigeno. Erano 18: con loro, 13
tonnellate di materiale necessario alla spedizione. Ma su quell’impresa pesa
ancora il ricordo di Mario Puchoz, morto a 36 anni. Queste le parole di Achille
Compagnoni:
“Una
polmonite fulminante che lo ha ucciso in poche ore. Dopo la morte del povero
Mario, abbiamo detto che bisognava continuare per onorare anche la sua morte.
Lui è partito da casa con la speranza e con l’intenzione di arrivarci”.
Dopo il
dolore e l’assalto alla vetta, passarono il “Camino Bill”, un punto strategico
per la cima, raggiunsero il campo 9, proseguirono e tornarono indietro per
recuperare a 8 mila metri le bombole d’ossigeno. Cominciò lì una traversata al
buio in preda al congelamento. Momenti difficilissimi sostenuti solo da un
unico pensiero:
“La
fede ci ha aiutato molto. Là si diventa credenti veramente, perché se non ci
fosse l’aiuto di Dio non si potrebbe andare avanti”.
Grande
fu la gioia dei protagonisti di aver rappresentato l’Italia del Dopoguerra, che
vide in quell’impresa un grande riscatto. Un momento indimenticabile segnato
poi, per Achille Compagnoni, dall’incontro con Giovanni XXIII, il “Papa Buono”:
“Gli
avevo fatto omaggio del mio diario. Lui lo ha raccomandato al suo segretario
dicendo: ‘lo metta subito sul mio comodino, che lo voglio proprio leggere,
perché anche le montagne sono di Dio”.
A 50
anni dalla conquista della vetta, la stessa via è stata ripercorsa dalla
spedizione italiana, “K2 50 anni dopo”, guidata da Agostino Da Polenza, con
Silvio Mondinelli e Karl Uterchircher, come Lacedelli e Compagnoni. Sentiamo
l’emozione proprio da Uterchicher:
“Una
sensazione grandissima. La vittoria di una sofferenza che dura da giorni, forse
anche da mesi. E’ veramente qualcosa di grandioso, anche il paesaggio che si
vede da una montagna così alta è fantastico. Tutto il mondo è più piccolo da
lassù. E’ veramente eccezionale”.
Una
vetta che ospita ora la “Croce del Giubileo” posta appositamente da mons.
Liberio Andreatta, incaricato della pastorale del turismo del Vicariato di
Roma, nonché cappellano della spedizione. Sentiamo il perché di questa scelta
dalle parole di Mons. Andreatta:
“Il
Papa al termine del Giubileo ci disse: ‘Andate e annunciate il Cristo Risorto a
tutti gli uomini, fino agli estremi confini della terra’. E come estremi
confini, noi abbiamo voluto prendere come significativi il Polo Nord e Polo
Sud, il Capello dell’Europa, che è il Monte Bianco, e il Cappello del Mondo,
che è il K2. Lo abbiamo fatto insieme ad una rappresentanza di fratelli
islamici. La bandiera del Vaticano, che sventola insieme alla bandiera
italiana, alla bandiera europea e alla bandiera del Pakistan sul monte più
alto, irradi quell’amore, quella misericordia e quella salvezza che il Figlio
di Dio ha donato a tutti gli uomini”.
(musica)
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IL VANGELO DI DOMANI
Domani, 18.ma Domenica del Tempo ordinario, la liturgia ci
presenta il brano evangelico nel quale Gesù, dopo aver ammonito la folla a
tenersi lontano da ogni cupidigia e non far dipendere la vita dai beni
materiali, racconta la parabola del buon raccolto ottenuto da un uomo ricco.
Dopo aver deciso di abbattere i propri magazzini e costruirne di più grandi per
riporvi l’abbondante raccolto, l’uomo dice a se stesso: ‘Anima mia, hai a
disposizione molti beni, per molti anni; riposati, mangia, bevi e datti alla
gioia’. Ma – prosegue Gesù – Dio disse a quell’uomo:
“Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua
vita. E quello che hai preparato di chi sarà? Così è di chi accumula tesori per
sé, e non arricchisce davanti a Dio”.
Sul significato di questa parabola, ascoltiamo il commento
del teologo gesuita, padre Marko Ivan Rupnik:
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Confidare nelle cose materiali, vuol dire cercare di
garantire la vita accumulando gli averi, come se avere molto rendesse più
sicura l’esistenza. La mentalità del peccato cerca di convincere l’uomo che si
salverà possedendo molto e che salverà anche le cose stringendole in pugno. Ma
questa è un’illusione.
Cristo non disprezza le cose. Addirittura non dice di non
arricchirsi, ma di arricchirsi davanti a Dio e non per se stessi. Ma come ci si
arricchisce davanti a Dio? Proprio attraverso le cose, quelle stesse che il
peccato ci suggerisce di accumulare per noi, usando però queste stesse cose con
amore.
L’unica realtà che ridona all’uomo una sicurezza, che non
si corrode, è l’amore. L’amore, però, non si realizza in modo astratto, ma ha
bisogno anche delle cose materiali. Chi condivide con gli altri, chi dona agli
altri – come dicono i Padri del deserto – resta in Dio.
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31
luglio 2004
UCCISO IN GUATEMALA A COLPI DI ARMA DA FUOCO UN
SACERDOTE,
PADRE EUSEBIO MANUEL SAZO URBINA. IN BASE ALLE
PRIME RICOSTRUZIONI,
IL MOVENTE DI QUESTO OMICIDIO
SAREBBE QUELLO DELLA RAPINA
MA NON SI ESCLUDONO ALTRE PISTE LEGATE AL MONDO
DELLA CRIMINALITÀ
CITTA’ DEL GUATEMALA.= Una banda armata ha ucciso
ieri, in una zona periferica di Città del Guatemala, il sacerdote Eusebio
Manuel Sazo Urbina, parroco della parrocchia ‘Divino Salvador del Mundo’. Il
religioso – ha dichiarato il portavoce della polizia guatemalteca - è stato
chiamato poco prima del barbaro assassinio ad assistere una persona morente.
Una volta uscito dalla chiesa – ha aggiunto - è stato ucciso da un gruppo di
persone che gli hanno intimato di consegnare loro tutto quello che aveva con
sé. Ma la pista della rapina non sembra il vero movente di questo crimine. I
fedeli della parrocchia hanno ricordato che il sacerdote era molto impegnato
nei progetti di sviluppo della comunità e che il parroco precedente era stato
trasferito dopo aver ricevuto minacce di morte. Appena informato dell’omicidio,
l’arcivescovo di Città del Guatemala,
il cardinale Rodolfo Quezada Toruño, ha chiesto alle autorità di rafforzare la
repressione della criminalità sottolineando come il Paese non possa più
accettare questa drammatica ondata di violenze. Il porporato ha anche chiesto al governo di fare tutto il possibile affinché
l’omicidio non resti impunito come quello dello scorso 14 dicembre, quando è stato
ucciso padre José Maria Ruiz Furlán mentre rientrava a casa (A.L.)
NELLO STATO INDIANO DEL KERALA, LA
CHIESA CHIEDE L’ANNULLAMENTO DEI DEBITI PER I CONTADINI. IN DIVERSI STATI
DELL’INDIA, CENTINAIA DI AGRICOLTORI
SI SONO TOLTI LA VITA NEGLI ULTIMI ANNI,
IN SEGUITO ALLE DIFFICILI CONDIZIONI
ECONOMICHE PROVOCATE DALLA SICCITÀ
MUMBAI.=
Per combattere il drammatico fenomeno dei suicidi dei contadini indebitati, la
Chiesa dello Stato indiano del Kerala ha chiesto la cancellazione dei debiti
per gli agricoltori ed un risarcimento per le loro famiglie. Nel solo distretto
di Wynad si sono registrati, negli ultimi mesi, almeno cento casi di suicidio.
L’aggravamento delle condizioni economiche per i contadini è causato dalla
siccità, provocata dai monsoni, che inaridisce le coltivazioni. Per tentare una
seconda semina, gli agricoltori si indebitano con banche statali, cooperative e
privati. Il problema ha colpito anche altri Stati, oltre a quelli del Kerala.
Nella regione dell’Andhra Pradesh, più di 3 mila agricoltori si sono tolti la
vita, negli ultimi anni, a causa dei forti indebitamenti. E la siccità continua
ad essere una grave minaccia anche nella zona di Nagpur, nel ricco Stato del
Maharashtra. “Se non pioverà abbondantemente entro 10 giorni, il 40 per cento
dei raccolti andrà perduto”, ha avvertito un funzionario locale aggiungendo che
le autorità non sono disposte a cancellare i debiti. Gli analisti consigliano,
intanto, di non garantire elettricità gratis e prestiti con bassi tassi
d’interesse. La soluzione migliore - sostengono - sarebbe quella di
concentrarsi sulle modalità per orientare verso una direzione di tipo
industriale un sistema agricolo ancora troppo dipendente dalle condizioni
climatiche. Ma questo processo richiede tempi molto lunghi, prima di poter dare
risultati incoraggianti. (A.L.)
IN IRAN, LA MAGISTRATURA ORDINA LA SCARCERAZIONE
DELL’INTELLETTUALE IRANIANO HASHME AGHAJARI,
CONDANNATO A MORTE NEL 2002 PER BLASFEMIA
TEHERAN.= La magistratura di Teheran ha ordinato
la scarcerazione dell’intellettuale iraniano, Hashme Aghajari, condannato a
morte nel 2002 per apostasia con una sentenza successivamente annullata.
L’intellettuale è stato arrestato nel 2002 per un discorso tenuto ad Hamedan,
nell’ovest del Paese, durante il quale ha criticato il clero sciita, al potere
nella Repubblica islamica. Per due volte un tribunale di Hamedan lo ha
condannato a morte, ma in entrambi i casi la Corte suprema ha annullato il
verdetto, decidendo poi di trasferire il processo nella capitale. E a Teheran il
tribunale ha condannato Aghajari, lo scorso 20 luglio, a cinque anni di
reclusione. E’ stata contestualmente stabilita anche la sua liberazione, dietro
il pagamento di una cauzione. Ad Aghajari, docente di Storia presso la facoltà
di Pedagogia dell’Università di Teheran, è stato inoltre interdetto
l’insegnamento per un periodo di cinque anni. (A.L.)
CIRCA 30 MILIONI DI SFOLLATI E QUASI 300 VITTIME.
E’ IL DRAMMATICO BILANCIO
FORNITO DALL’ORGANIZZAZIONE
INTERNAZIONALE ‘SAVE THE CHILDREN’
SULLE ALLUVIONI CHE HANNO RECENTEMENTE DEVASTATO
IL BANGLADESH
DACCA.= Sono circa 30 milioni le persone che hanno
perso o abbandonato le proprie abitazioni in Bangladesh e almeno 285 le
vittime, tra morti e dispersi, a causa delle terribili piogge provocate dai
monsoni. Lo rende noto l’organizzazione internazionale per la tutela e la
promozione dei diritti dei bambini, ‘Save
the Children’. In Bangladesh, l’intero sistema dei trasporti e quello
fognario sono al collasso e si teme la proliferazione di epidemie. Le strade
interrotte non permettono, inoltre, l’arrivo nelle zone interessate degli aiuti
umanitari. Il Centro di previsioni e allerta di Dacca teme un peggioramento
della situazione, poichè le acque dei tre fiumi principali - Gange, Megna e
Bramaputra - stanno defluendo verso la regione centrale, vicino alla capitale.
E mentre le agenzie internazionali stanno monitorando la zona per preparare
interventi umanitari, le organizzazioni non governative operanti sul posto
stanno mobilitandosi per garantire almeno i primi soccorsi. (A.L.)
PRESENTATO DALL’ASSOCIAZIONE DEI RELIGIOSI
DELL’UGANDA
UN RAPPORTO SULLA DIFFICILE SITUAZIONE DEL NORD DEL PAESE.
NEL DOCUMENTO SONO RIPRESE DIVERSE INDICAZIONI
CONTENUTE NELLA LETTERA PASTORALE DEI VESCOVI
UGANDESI
INTITOLATA
“PREOCCUPAZIONE PER LA PACE, L’UNITÀ E L’ARMONIA”
KAMPALA.= La profonda preoccupazione
per la guerra nel nord Uganda, l’analisi del fenomeno della corruzione ed una
valutazione degli sforzi compiuti per promuovere il processo democratico nello
Stato africano. E’ quanto emerge dal rapporto presentato giovedì scorso e
redatto dall’Associazione dei religiosi dell’Uganda (Aru) al termine della
recente visita compiuta da una trentina di religiosi di diverse congregazioni
nel nord del Paese. Il documento riprende diverse indicazioni contenute nella
lettera pastorale dei vescovi ugandesi intitolata “Preoccupazione per la pace,
l’unità e l’armonia”. “Il testo dei presuli e il rapporto dell’Aru –
hanno spiegato fonti locali all’Agenzia Fides - vogliono essere un aiuto per
una presa di coscienza del dramma della guerra soprattutto per quei cristiani
non direttamente toccati dalla violenza”. Il nord
Uganda è sconvolto dal 1987 da continue incursioni perpetrate contro la
popolazione da combattenti del sedicente movimento dell’Esercito di resistenza
del signore (Lra). Si calcola che questo conflitto abbia causato, finora, più
di cento mila vittime ed almeno un milione di sfollati. A questi allarmanti
dati si deve aggiungere, secondo quanto stimato dall’Unicef dal 1980 ad oggi,
il rapimento di oltre 20 mila bambini sequestrati e addestrati dalla guerriglia
per essere impiegati in azioni di guerra. (A.L.)
ACCOLTO IERI DAL TRIBUNALE CIVILE DI ROMA IL RICORSO
CONTRO IL PROVVEDIMENTO DI
ESPULSIONE
PER 14 IMMIGRATI DELLA NAVE
TEDESCA ‘CAP
ANAMUR’
ROMA.= Dopo la Corte europea per i diritti umani e l’Alto
Commissario dell’Onu per i rifugiati (Acnur), è arrivata oggi dal tribunale
civile di Roma un’ulteriore “bacchettata” sulla gestione della complessa
vicenda della Cap Anamur da parte del governo italiano. Il tribunale ha accolto,
infatti, il ricorso d’urgenza contro l’espulsione di 14 extracomunitari,
stabilendo che gli immigrati giunti in Italia con il mercantile tedesco potevano
restare in Italia con un permesso di soggiorno provvisorio. Il verdetto,
arrivato tardi per 13 profughi già rimpatriati, costituisce una decisione
importante per l’unico africano rimasto in Italia, Fatawu Lasisi, che
attualmente si trova nel Centro di permanenza temporanea di Ponte Galeria, nei
pressi di Roma. Lasisi, che ha dichiarato di provenire dalla martoriata regione
sudanese del Darfur, è autorizzato ora a restare nel territorio italiano fino
alla definizione del giudizio di merito. All’uomo è stato assegnato, inoltre,
un permesso di soggiorno per motivi di giustizia. (A.L.)
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31
luglio 2004
- A cura di Dorotea Gambardella -
Iraq. È stato liberato un camionista
turco, preso in ostaggio questo mese, dopo aver promesso di non tornare più a
lavorare nel Paese mediorientale. Lo ha annunciato l’emittente televisiva Cnn
Turchia. Intanto, sono in corso a Kuwait City le trattative per il rilascio dei
sette camionisti rapiti la settimana scorsa in Iraq da un gruppo islamico che
si autodefinisce “Brigata delle Bandiere Nere”. Il nostro servizio:
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Ai negoziati partecipano un
rappresentante dell’azienda kuwaitiana per la quale lavorano i sette ostaggi - tre
indiani, tre keniani e un egiziano – e a cui i rapitori chiedono di lasciare
l’Iraq, e il mediatore iracheno, lo sceicco tribale Sheikh Hisham al-Dulaymi.
Per quanto riguarda i quattro camionisti giordani, rapiti lunedì scorso dai Corpi mujaheddin, i loro
sequestratori hanno promesso di liberarli soltanto dopo che i loro familiari
avranno organizzato una marcia di protesta contro gli Stati Uniti. In merito
alla ricostruzione dell’Iraq, dal rapporto al Congresso sull’operato
dell’Autorità civile provvisoria, diffuso ieri, emergono numerosi esempi di
frodi e di abusi per milioni di dollari, nei contratti finanziati con il denaro
dei contribuenti americani. Sul fronte della sicurezza, il piano predisposto
dal Pentagono è stato aspramente criticato da Ahmed Chalabi, leader del
Congresso nazionale iracheno. Sul terreno, in un raid condotto dalle forze di
sicurezza irachene e da soldati della forza multinazionale è stato arrestato il
rappresentante a Karbala del predicatore radicale sciita Moqtada Sadr. Mentre ieri,
il direttore dell’Istituto magistrale della città di Mahmuudiyah, nei pressi di
Baghdad, è stato assassinato da due sconosciuti. Lo hanno reso noto solo oggi
fonti della polizia locale.
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Medio Oriente. Sequestri lampo
per tre civili occidentali rapiti ieri sera da attivisti palestinesi; incendi
di edifici governativi, stamani, da parte del gruppo armato Brigate dei Martiri
di Al Aqsa, nella città di Jenin, in Cisgiordania; manifestazioni a Gaza City:
resta sempre alta la tensione nei Territori. Intanto, in Israele, il ministro
della Difesa, Shaul Mofaz, ha concesso “carta bianca” all’esercito nel
tentativo di porre fine a ripetuti lanci di razzi Qassam da Gaza contro lo
Stato ebraico.
Il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ha approvato
una risoluzione presentata dagli Stati Uniti in cui si minacciano provvedimenti
di carattere economico se il governo del Sudan non agirà entro 30 giorni per
fermare le violenze nella regione del Darfur. Intanto, il segretario di Stato
americano, Colin Powell, dal Kuwait, ha chiesto al Sudan di conformarsi alla
risoluzione del Palazzo di Vetro. Poco prima il governo di Khartoum aveva
respinto il pronunciamento dell’Onu, definendo la risoluzione “inappropriata”.
Il servizio di Giulio Albanese:
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Se entro il lasso di tempo
indicato non saranno stati riscontrati cambiamenti, il Consiglio adotterà delle
misure, comprese quelle previste dall’art. 41 della Carta delle Nazioni Unite.
Una formula, questa, che minaccia di fatto sanzioni nei confronti di Khartoum,
qualora quest’ultimo non proceda al disarmo delle milizie considerate le
principali responsabili della situazione catastrofica in cui versa il Darfur. E
questo proprio mentre ieri il segretario generale delle Nazioni Unite, Kofi
Annan, in Ghana per un incontro con i leader africani sulla Costa d’Avorio,
riceveva nuovi drammatici rapporti sulla situazione nella regione occidentale
del Sudan, denunciando in un comunicato che le forze di sicurezza sudanesi
hanno minacciato tutti quelli che parlano con gli stranieri e picchiato molti i
leader delle varie comunità.
Per la Radio Vaticana, Giulio
Albanese.
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E al termine del vertice tra i capi di Stato africani ed i
leader ivoriani di Accra, in Ghana, le fazioni in lotta in Costa d’Avorio hanno
firmato un accordo che prevede il disarmo dei ribelli e delle milizie armate,
oltre ad un calendario di riforme politiche. In sostanza, i ribelli che
controllano il nord del Paese e “tutti i paramilitari e le milizie” inizieranno
il loro disarmo entro il 15 ottobre, appena saranno state adottate le riforme
politiche previste dagli accordi di Marcoussis. Si tratta di un’intesa siglata
nel gennaio del 2003, mai applicata, che prevedeva anche la formazione di un
governo di unità che comprende ministri di tutte le fazioni.
Proseguono a Ginevra, nella sede dell’Organizzazione
mondiale del Commercio (Wto), le trattative tra le 147 delegazioni dei Paesi
membri per raggiungere un’intesa sulla liberalizzazione dei mercati. Sebbene
siano stati fatti dei progressi, nessun accordo è stato ancora concluso. Il
portavoce del Wto, Keith Rockwell, tuttavia, ha dichiarato che un’intesa “è a
portata di mano”.
“Abbiamo 97 giorni per farcela”:
così dopo la convention di Boston, conclusasi ieri, il candidato democratico
alla Casa Bianca, John Kerry, ha ufficialmente dato il via alla corsa
presidenziale, iniziando un tour che lo porterà ad attraversare l’America: in
tutto 21 Stati in due settimane. Il servizio, da New York, di Paolo
Mastrolilli:
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Nella prima sosta in Pensylvania, Kerry ha ribadito i temi del suo
discorso di giovedì sera, in cui ha accusato il presidente Bush di aver
ingannato l’America in Iraq. Ha promesso di combattere in maniera più efficace
tanto la guerra a Baghdad quanto quella contro il terrorismo e poi ha garantito
di voler affrontare anche i problemi interni, dalla sanità all’istruzione, che
secondo lui il governo repubblicano ha trascurato per favorire i privilegiati.
I primi sondaggi dicono che Kerry ha incrementato il proprio vantaggio rispetto
a Bush, ma non tutti i giudizi sono stati positivi. Il Washington Post,
nel suo editoriale, ha scritto che il senatore ha perso un’occasione per
illustrare con più chiarezza le sue proposte politiche, mentre il New York
Times ha chiesto più particolari per la strategia in Iraq. anche Bush ha
ripreso ieri la sua campagna elettorale ed ha accusato il rivale di aver idee
incerte sulla sicurezza e sull’economia.
Da New York, per la Radio
Vaticana, Paolo Mastrolilli.
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Si aggrava il
bilancio delle vittime dell’esplosione di gas avvenuta ieri a Ghislenghien, nel
sud del Belgio. Uno degli operai feriti è morto durante la notte in ospedale.
Sale così a 16 il numero delle vittime. Trentacinque dei 120 feriti versano in
gravissime condizioni. Tre persone
risultano al momento ancora disperse. Vigili del fuoco e personale di soccorso continuano a lavorare senza sosta.
Italia. È stato catturato ed è morto poco dopo in seguito ad
uno scontro a fuoco il latitante Luciano Liboni, che giovedì 22 luglio aveva
ucciso l’appuntato Alessandro Giorgioni, nel pesarese. Il killer era stato
preso dai carabinieri e quindi ricoverato in gravi condizioni all’ospedale
romano San Giovanni. Congratulazioni al generale dell’Arma dei Carabinieri,
Luciano Gottardo, per il successo dell’operazione è stata espressa dal
presidente della repubblica, Carlo Azeglio Ciampi, e dalle più alte cariche
istituzionali italiane.
Restiamo in Italia. Ondata di sbarchi nella notte a
Lampedusa, in Sicilia. Quattro imbarcazioni hanno riversato sull’isola 333
clandestini. Il gruppo più numeroso, formato da 177 extracomunitari, è
approdato poco dopo l’una. Tutti i clandestini sono provenienti dal Centro e
Nordafrica. Nel giro di una settimana,
sull’isola siciliana sono giunti oltre mille immigrati.
Il premier designato del Pakistan, Shaukat Aziz, attuale
ministro delle Finanze, è scampato ieri ad un attentato suicida condotto nei
pressi di Islamabad, al termine di un discorso elettorale per le suppletive del
18 agosto. Nell’attacco, sferrato da un kamikaze a bordo di un’auto imbottita
di esplosivo, hanno perso la vita sette persone. Almeno 25 i feriti.
Proclamato dalle forze di sicurezza lo stato di allerta in
Uzbekistan, all’indomani dei tre attentati suicidi nella capitale Tashkent
contro le ambasciate di Stati Uniti ed Israele e la procura generale uzbeka. Il
bilancio delle violenze parla di tre morti, compreso uno dei kamikaze. Gli
attacchi sono stati rivendicati dal Movimento islamico d’Uzbekistan.
Il ministro degli Esteri
iraniano, Kamal Kharrazi, ha confermato che Teheran ha ripreso la produzione di
componenti di centrifughe per l’arricchimento dell'uranio, poiché “gli europei
non hanno agito nel rispetto dei loro impegni” nei confronti della Repubblica
islamica in materia nucleare.
Il Messico ha autorizzato,
ieri, l’estradizione verso la Spagna di sei baschi detenuti nelle sue carceri e
accusati di militare nelle file del gruppo armato separatista basco “Eta”. Lo
ha indicato il ministero degli Esteri messicano in un comunicato.
Un mercato comune tra Bolivia e Perú, per facilitare le
esportazioni di gas boliviano. È il progetto allo studio dei due Paesi, a colloquio
da alcuni giorni nella località peruviana di Ilo. In attesa dell’incontro di
lunedì fra i presidenti Mesa e Toledo, ieri si sono viste le delegazioni
ministeriali.
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