RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLVII  n. 211 - Testo della Trasmissione di giovedì 29 luglio 2004 

 

Sommario   

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

“Dio costituisce il Dna dell’uomo, la cui vita non appartiene ai calcoli e alle misure umane”: la riflessione di don Luigi Negri dopo le parole del Papa ieri all’udienza generale

 

Grande la gioia nella Chiesa colombiana per il rilascio di monsignor Misael Vacca Ramirez, vescovo della diocesi di Yopal: ai nostri microfoni lo stesso presule stesso.

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

In Ghana, il vertice della Comunità economica degli Stati dell’Africa occidentale, dedicato alla crisi della Costa d’Avorio. Resta però in primo piano l’emergenza in Darfur. Intervista con Massimo Alberizzi

 

‘Il diritto di asilo in Europa’ è il titolo dell’odierna Tavola rotonda al Meeting sulle migrazioni, a Loreto.

 

Cresce l’attesa per la rappresentazione dell’Aida al Foro Italico a Roma, rimandata da martedì a domani sera per il maltempo. Ce ne parla Loretta Braschi.

 

CHIESA E SOCIETA’:

Stasera, recita del Rosario nei giardini vaticani, in occasione della festività di Santa Marta.

 

L’Onu ha prorogato per un anno l’embargo sulle armi ai ribelli della Repubblica democratica del Congo

 

La comunità di Sant’Egidio media per la ripresa del dialogo politico in Togo. Restituito il passaporto al leader dell’opposizione togolese in esilio, Gilchrist Olympio

 

Al via oggi, in Malaysia, il VII Dialogo internazionale degli Stati asiatici ed africani incentrato sullo sviluppo economico dei Paesi poveri

 

A Soddo, nel Sud dell’Etiopia, nasce una Scuola di Mestieri promossa dai padri cappuccini e dalla Confederazione artigiana italiana.
 

24 ORE NEL MONDO:

In Iraq rapito un autista somalo. Dura condanna di Islamabad all’indomani per l’uccisione dei due ostaggi pakistani

 

La crisi irachena al centro ieri della Convention del Partito democratico a Boston

 

Uganda. Aperta un’inchiesta dal Tribunale penale internazionale contro i ribelli dell’Esercito di resistenza del signore.

IL PAPA E LA SANTA SEDE

29 luglio 2004

 

 

 

DIO COSTITUISCE IL DNA DELL’UOMO,

LA CUI VITA NON APPARTIENE AI CALCOLI E ALLE MISURE UMANE:

LA RIFLESSIONE DEL TEOLOGO DON LUIGI NEGRI DOPO LE PAROLE DEL PAPA

SULLA VERA VOCAZIONE DELL’UOMO, ALL’UDIENZA GENERALE DI IERI

 

Dio rappresenta l’unico bene per l’uomo, il faro al quale rivolgere ogni azione, ogni pensiero. Incontrando ieri migliaia di fedeli in aula Paolo VI, per l’udienza generale, Giovanni Paolo II ha commentato il salmo 15, “Il Signore è mia parte di eredità”. Dio, ha detto il Papa, illustrando le parole del Salmista, libera l’uomo dall’angoscia della morte. Per un commento sull’udienza di ieri, Barbara Castelli ha intervistato don Luigi Negri, docente di Introduzione alla Teologia e Storia della Filosofia all’Università Cattolica di Milano.

 

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R. – Il Papa ha fatto una esegesi particolarmente acuta del Salmo 15. L’uomo cristiano vive la vita portando in sé l’eredità di Dio, cioè la presenza di Dio. Questo rende l’uomo cristiano una realtà assolutamente incommensurabile ed irriducibile alle misure umane. La vita di Dio costituisce il “dna” profondo del cristiano e, quindi, il senso ultimo della sua esistenza. Ogni momento della sua esistenza non appartiene ai calcoli e alle misure umane, ma appartiene all’avvenimento di Dio, al quale la vita può essere quotidianamente offerta.

 

D. – Nel Salmo c’è anche un accenno all’idolatria?

 

R. – Sì, io credo che il Papa ieri abbia fatto una grande provocazione positiva. L’idolatria di oggi, in modo perfettamente analogo all’idolatria di quando il salmista scriveva, è l’idolatria della cultura dell’apparenza, che diventa poi facilmente, allora come oggi, cultura della violenza, cultura della sopraffazione, pratica dell’indifferenza e culto del benessere. Il Papa ha voluto dire che nel Salmo 15, così come la Chiesa lo fa vivere e sperimentare, è contenuto un umanesimo nuovo, un umanesimo diverso. Non si tratta solo della condanna di questo mondo, ma dell’apertura di fronte a questo mondo di una possibilità nuova, inedita ma reale di vita.

 

D. – Perché il Salmo 15 è usato dal Nuovo Testamento per proclamare la Risurrezione di Cristo?

 

R. – Perché l’eredità di Dio è la vita, la passione, la morte e la resurrezione di Cristo e tutto ciò trova in Cristo la pienezza dell’eredità di Dio, che diventa liberazione definitiva dalla morte per ogni uomo che crede in Lui. Quindi è una partecipazione alla vita stessa di Dio, che in Cristo ha dominato il nulla e la morte.

 

D. – Nei saluti, il Papa, ancora una volta, ha inquadrato le vacanze come un tempo di gioia, per ricaricarsi di energie per gli impegni che ci aspettano. In che modo?

 

R. – Credo che l’udienza di ieri indichi la strada della soluzione. L’uomo di oggi ha bisogno, nelle vacanze, di recuperare la coscienza vera di sé e del suo rapporto con la realtà. La vera rigenerazione, che poi può diventare anche riposo fisico, distensione dell’animo, riaccendersi di rapporti in famiglia e con gli amici, ha bisogno di una forte chiarezza culturale all’origine. Ieri il Papa ha detto: “Ciò che ci consente di vivere pienamente è la fede”. Se noi partiamo di qui e torniamo a radicarci in questo, rinnoviamo la nostra coscienza. Rinnovata la coscienza, la vita non diventa certo più facile ma certamente più umana.

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E’ GRANDE LA GIOIA MANIFESTATA NELLA CHIESA COLOMBIANA

PER IL RILASCIO DI MONSIGNOR MISAEL VACCA RAMIREZ,

VESCOVO DELLA DIOCESI DI YOPAL,

RAPITO LA SCORSA SETTIMANA DAL FRENTE JOSÈ DAVID SUAREZ

DELL’ESERCITO DI LIBERAZIONE NAZIONALE E RILASCIATO L’ALTRO IERI NOTTE

- Ai nostri microfoni lo stesso presule -

 

E’ grande la gioia manifestata nella Chiesa colombiana per il rilascio di monsignor Misael Vacca Ramirez, vescovo della diocesi di Yopal, rapito la scorsa settimana dal Frente Josè David Suarez dell’Esercito di liberazione nazionale e rilasciato l’altro ieri notte. Il presule è stato trattenuto dai suoi rapitori, due uomini e due donne, in una tenuta agricola non identificata e ha dichiarato di essere stato trattato con rispetto. Ma ascoltiamo lo stesso mons. Vacca Ramirez raggiunto a Yopal da Paolo Ondarza:

 

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R. - In quella situazione non si ha la volontà, tanto meno la libertà sulla volontà di quelle persone che non si sa cosa vogliano.

 

D. – Quali sono, secondo lei, le motivazioni di questo sequestro nei confronti di un rappresentante della Chiesa?

 

R.- Mi avevano detto che dovevo andare con loro, perché volevano inviare un messaggio al governo centrale, al governo nazionale …

 

D. – Come è stato trattato durante la detenzione?

 

R. – Molto bene. Non ho sentito alcuna parolaccia, non ho ricevuto alcun maltrattamento. Tutto bene …

D. – Non le hanno fatto violenza …

 

R. – No. In nessun momento …

 

D. – I suoi pensieri quali erano in quei momenti di sequestro?

 

R. – Soltanto quello di rimettermi alla volontà di Dio, perché ho pensato che, in quel momento, veramente recitare il ‘Padre Nostro’ avesse la sua importanza: “Che si faccia la Tua volontà”. Non si ha un’altra alternativa, veramente siamo nelle mani di Dio e Lui ha la responsabilità della nostra vita.

 

R. – Ha avuto paura?

 

R. – Certo, perché quando si sta da soli, praticamente, e davanti ai fucili, non si sa cosa pensare. E possiamo dire che, in quel momento, la vita di una persona dipende da loro.

 

D. – Eccellenza, quella dei rapimenti sta diventando una vera piaga per la Colombia. C’è il pericolo che questo fenomeno possa ostacolare il difficile processo di pacificazione nel Paese?

 

R. – Non sappiamo ancora cosa può succedere. La Chiesa fa un lavoro di mediazione, perché la pace sia una realtà. In diversi luoghi della Colombia c’è una situazione di violenza. Speriamo che queste situazioni non si ripetano, cosicché la Chiesa possa svolgere la sua missione.

 

D. – Che cosa ha rappresentato questa esperienza per la sua vita di cristiano, in primo luogo, e poi di vescovo?

 

R. – Ha fatto maturare il proposito di offrire quel momento di sofferenza a Dio nostro Signore e di fare una celebrazione mensile, almeno, per quelle persone che sono trattenute contro la loro volontà.

 

D. – Ora, dopo la paura e dopo la preghiera per la sua liberazione è il momento della gioia per la sua Chiesa …

 

R. – Oltre che a ringraziare Dio e le altre persone che hanno pregato in questi giorni, a tutte le persone che stanno ascoltando queste parole, tante grazie e che Dio ci benedica sempre.

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

In apertura di prima pagina la situazione in Iraq con un articolo dal titolo "Sempre più lastricata di sangue la strada verso la normalizzazione", in riferimento al turbinio delle violenze che imperversa sul tormentato territorio.

 

Nelle vaticane, una pagina sul cammino della Chiesa in Africa.

 

Nelle estere, Sudan, Darfur: Khartoum chiede il sostegno della Lega Araba. L'Unione Africana studia l’invio di una forza di mantenimento della pace con un ampio mandato.

Per la rubrica dell’ "Atlante geopolitico" un articolo di Pierluigi Natalia dal titolo "In Sudan e in Uganda simili e irrisolte tragedie".

 

La pagina culturale è dedicata al tema "1954-2004: gli italiani sul K2".

 

Nelle pagine italiane, è legge il provvedimento delega sulla Riforma del sistema previdenziale italiano.

In rilievo una notizia dal titolo “Un'ora per trovare un medico: bimbo muore per un rigurgito”.

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

29 luglio 2004

 

 

 

IN GHANA, IL VERTICE   DEI CAPI DI STATO DELLA COMUNITÀ ECONOMICA

 DEGLI STATI DELL’AFRICA OCCIDENTALE, DEDICATO ALLA CRISI

 DELLA COSTA D’AVORIO. MA, RESTA IN PRIMO PIANO

 L’EMERGENZA NELLA REGIONE SUDANESE DEL DARFUR

- Intervista con Massimo Alberizzi -

 

Si apre questa sera ad Accra, in Ghana, il vertice della Comunità economica degli Stati dell’Africa occidentale (Ecowas). Il summit è stato promosso per discutere della crisi della Costa d’Avorio ma affronterà anche le difficili situazioni di Liberia e Sudan. All’incontro è prevista la partecipazione, tra gli altri, dei presidenti di Sudafrica, Mozambico, Gabon, Ghana e del segretario generale dell’Onu. Proprio Kofi Annan ha lanciato ieri un appello chiedendo a  Paesi europei, asiatici ed arabi di elargire ulteriori aiuti per il Darfur. La Croce Rossa e la Mezzaluna Rossa hanno annunciato, intanto, l’apertura in Ciad di un nuovo campo profughi per accogliere almeno 20 mila persone fuggite dalla martoriata regione sudanese. Sul Darfur sembrano dunque concentrarsi, adesso, le attenzioni della Comunità internazionale. Ma quali le radici e le motivazioni di questo interesse? Fabio Colagrande lo ha chiesto a Massimo Alberizzi, esperto di questioni africane per il Corriere della Sera:

 

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R. – Io credo che la partita del Darfur interessi più le grandi potenze, per quella che è la loro partita interna o le schermaglie fra di loro. Per quanto riguarda gli Stati Uniti, siamo in anno di elezioni, c’è il “voto nero”, cioè il voto dei neri in America, da considerare e quindi questa pressione non dipende, secondo me, da nessuna nuova “conversione” verso l’umanità dell’amministrazione di Bush ma piuttosto nell’occhieggiamento, appunto, al “voto nero”. Vogliono in qualche modo conquistarselo, con delle prese di posizione a livello internazionale, in relazione alle Nazioni Unite, esercitando delle sanzioni nei confronti del governo sudanese.

 

D. – Anche i ministri degli Esteri dell’Unione Europea hanno preso in mano la situazione chiedendo, tra l’altro, una risoluzione del Consiglio di sicurezza dell’Onu  e discutendo delle sanzioni proposte dagli Usa …

 

R. – L’Unione Europa è arrivata a queste decisioni per la forte pressione dell’opinione pubblica. Adesso il “circo dei giornalisti” è arrivato in Sudan: sono presenti nel Paese tutte le grandi testate internazionali. Questo, ovviamente, crea pressione sull’opinione pubblica. Dopo il fallimento in Iraq, sembra ci voglia  ora qualcosa per mostrare di saper “tirar fuori le unghie”. Bisogna stare attenti, perché la situazione qui non è facile. Il governo ha detto, per esempio, “di non interferire negli affari interni”. Bisogna quindi andare veramente molto, molto cauti. Personalmente io sarei anche favorevole ad un intervento, ma è necessario valutarne esattamente le conseguenze, perché possono essere gravissime: può scoppiare una guerra, una guerriglia, se la possono prendere ancora con gli europei. In fondo i Janjaweed, cioè questi predoni, questi “cavalieri del deserto” che ammazzano, uccidono e bruciano i villaggi, sono arabi e la solidarietà araba è sempre molto forte, al di là di chi abbia torto o ragione.

 

D. – Crede che il governo abbia veramente intenzione di disarmare i Janjaweed?

 

R. – Credo che parte del governo sudanese sì, perché si rende conto che la situazione può essere senza ritorno. Attenzione perché il governo prende gli introiti del petrolio. Le sanzioni, se venissero applicate, verrebbero applicate anche sul petrolio, immagino. E quindi non avrebbero più introiti i governanti di qua. Il problema vero è che arrivano tardi. Questo Paese si è armato l’anno scorso in continuazione, arrivavano aerei dalla Russia, dall’Ucraina, dall’ex blocco sovietico pieni di armi. Si sapeva che sarebbe finita così in Darfur, ma nessuno ha mosso un dito. Se le sanzioni fossero state promosse due anni fa, sarebbe stato diverso. E ci si potrebbe anche chiedere perché non le ipotizziamo per altri Paesi, coinvolti in altri conflitti o in situazioni di quasi conflitto, che  si stanno armando. Tutto ciò  accade anche in questo stesso momento.

 

D. – Possibilità che riprendano i colloqui tra i ribelli del Sud Sudan ed il governo?

 

R. – In questo momento sono poche. Dovrebbe accadere qualcosa che  ribalti realmente le cose. Per esempio un vero disarmo dei Janjaweed e arresti reali dei Janjaweed. Qui qualcuno è stato messo in prigione, ma l’impressione è che si tratti di qualcuno che partecipava alle razzie ma per ragioni personali. Nel senso che i Janjaweed sono organizzati dal governo e a loro si aggregano spontanei saccheggiatori. Credo che siano stati questi ultimi a finire in prigione. I veri capi dei Janjaweed sono ancora liberi di compiere le loro nefandezze.

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‘IL DIRITTO DI ASILO IN EUROPA’ E’ IL TITOLO DELLA ODIERNA TAVOLA ROTONDA

AL MEETING INTERNAZIONALE SULLE MIGRAZIONI IN CORSO A LORETO.

 I DIBATTITI SCANDITI DA MANIFESTAZIONI INTERCULTURALI

 

‘Il diritto d’asilo in Europa’ al centro della tavola rotonda organizzata questa mattina nell’ambito del VII Meeting internazionale sulle migrazioni, in corso a Loreto per iniziativa dei missionari e laici Scalabriniani. Ogni sera una manifestazione interculturale conclude le intense giornate di studio. Ieri sera è andato in scena uno spettacolo di musica e danza araba con i Baladì, mentre questa sera è in programma lo spettacolo di musica Gospel con i Bronzeville. Ma delle tematiche discusse e dell’impostazione multiculturale data all’incontro, ci riferisce da Loreto, Giovanni Peduto:

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Nelle nostre società europee la presenza di migranti extracomunitari è una realtà strutturale ed irreversibile. Basti pensare che quanti hanno lasciato la loro terra e oggi vivono fuori dai confini del loro Paese sono 175 milioni. Vengono in mente le parole di un grande scrittore, Max Frisch: “Volevamo delle braccia, sono arrivate delle persone”. E’ come fosse un nuovo Continente, solo in Europa vivono 15 milioni di stranieri non comunitari, molti dei quali da più di 10 anni e, secondo lo scenario disegnato dall’Ufficio statistico dell’Unione Europea, l’Eurostat, entro il 2050 è prevista l’immigrazione di circa 30 milioni di persone. In un mondo che continua a non essere equo, che continua ad essere diviso, anzi spezzato in due da troppe disuguaglianze economiche e sociali, moltitudini continueranno a muoversi dall’Asia, dall’America Latina e dall’Africa, soprattutto in cerca di quelle opportunità che noi europei diamo per scontate, ma che sono le stesse che un secolo fa, e anche meno, portarono i nostri nonni, i nostri padri a compiere una scelta simile verso altre mete.

 

Che le società europee abbiano bisogno di immigrati è indubbio. Gli europei vivono più a lungo rispetto ad un tempo e fanno meno figli. E’ stato calcolato che senza immigrazione la popolazione dei 25 Paesi aderenti all’Unione, scenderà dagli attuali 450 a meno di 400 milioni nel 2050. Pensiamo all’Italia: secondo le ultime rilevazioni, l’apporto dei lavoratori stranieri oggi è stimabile intorno al 6 per cento, quasi il doppio rispetto a solo quattro anni fa. E la ricerca più recente, seguita da Unioncamere, ha stimato tra 143 mila e 224 mila unità il numero di immigrati lavoratori necessari all’economia italiana per l’anno corrente. Quanti vorrebbero respingere a cannonate le imbarcazioni che si avvicinano alle coste della Sicilia dovrebbero riflettere sul fatto che questa stessa ricerca sottolinea come nella sola Lombardia, nel prossimo anno, servirebbero almeno 10 mila lavoratori stranieri.

 

Insomma, gli immigrati hanno bisogno dell’Europa, ma anche l’Europa ha bisogno degli immigrati. I punti da affrontare, i nodi da risolvere sono altri e riguardano non il ‘se’, che è ineludibile, ma il ‘come’, e cioè come garantire insieme l’accoglienza e la legalità, l’integrazione sociale e la sicurezza, come riuscire a costruire società aperte, comunità inclusive dove ogni individuo che qui è nato, che qui vive, che qui lavora e che qui aspira a crescere i propri figli, sia un soggetto riconosciuto in quanto ha dei doveri e dei diritti. E’ tempo, ad esempio, che si facciano passi concreti in direzione del riconoscimento, intanto, del diritto di voto alle elezioni amministrative, una questione che è di civiltà e che ha un enorme valore dal punto di vista sia del riconoscimento di un diritto che è fondamentale, sia in un più ampio senso culturale.

 

A Roma sono quasi 300 mila, per la precisione 298 mila, i cittadini stranieri presenti. Secondo i calcoli della Caritas, ogni otto immigrati presenti in Italia, uno vive a Roma. La cosa importante, poi, è che si tratta di persone sempre più integrate nel tessuto sociale ed economico della città.

 

300 mila stranieri vivono nella capitale francese. Sono il 14 per cento della popolazione totale, circa 215 mila provengono dai Paesi non appartenenti all’Unione Europea. Si tratta di una popolazione che tende ad invecchiare. I maghrebini sono i più numerosi, circa 75 mila, seguiti dagli asiatici che sono 53 mila e dagli africani subsahariani, 41 mila.

 

Da Loreto, Giovanni Peduto, Radio Vaticana.

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CRESCE L’ATTESA PER LA RAPPRESENTAZIONE DELL’AIDA

 NELLA POLIEDRICA AREA DEL FORO ITALICO A ROMA.

PROGRAMMATA PER MARTEDÌ SCORSO, È STATA RIMANDATA

A CAUSA DEL MALTEMPO A DOMANI SERA

- Intervista con Loretta Braschi -

 

Cresce l’attesa per la rappresentazione dell’Aida nella poliedrica area del Foro Italico a Roma. Programmata per martedì scorso, è stata rimandata a causa del maltempo a domani sera alle 21:30. L’opera monumentale di Giuseppe Verdi, per la regia di Alessio Pizzech, si inserisce nel programma di concerti di diverso genere musicale organizzati dall’Associazione Culturale Forum. Roberta Moretti ha intervistato la direttrice artistica dell’Aida, Loretta Braschi:

 

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R. – Siamo un ensemble d’opera. Operiamo da diversi anni a livello europeo e ci troviamo, a partire dal 1 di luglio fino al 23 agosto, in tournée in tutta Europa. Abbiamo con noi quattro spettacoli: Aida, Nabucco, Madame Butterfly e la Traviata. Per Roma ci sembrava bello e interessante vedere una grande Aida, un allestimento con cantanti d’eccezione, come Lucia Mastromarino, mezzosoprano che canterà Amneris; Elisabetta Battaglia che sarà Aida, e il tenore Franco Anile, una voce meravigliosa, nella parte di Radames. Abbiamo un grande cast di 200 persone. E’ un’Aida colossale, maestosa nelle scene. Un’orchestra di 60 elementi con un buon direttore, Borislav Ivanov, che è anche direttore e intendente del Teatro sia di Sofia, sia di Plovdiv, in Bulgaria. L’orchestra, il coro e il balletto vengono da Plovdiv, mentre tutti i solisti sono italiani e di alto livello artistico.

 

(musica)

 

D. – La lirica oggi attrae ancora? In particolare come è accolta dai giovani?

 

R. – Il nostro pubblico è un pubblico maturo, che va dai 30-35 anni ai 75. I giovani che vengono sono curiosi. Noi abbiamo sempre tutte le sere dove ci esibiamo un pubblico che va dalle 1.500 alle 3.000 persone e ci sono sempre alcuni giovani.

 

(musica)

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CHIESA E SOCIETA’

29 luglio 2004

 

 

 

STASERA, RECITA DEL ROSARIO NEI GIARDINI VATICANI,

 IN OCCASIONE DELLA FESTIVITA’ DI SANTA MARTA.

LA PREGHIERA MARIANA AVRA’ INIZIO ALLE ORE 20:00

 PRESSO LA TORRE DI SAN GIOVANNI

 

CITTA’ DEL VATICANO. = In occasione della festività di Santa Marta, stasera,  si terrà la recita del Santo Rosario con processione aux flambeaux nei Giardini Vaticani. La preghiera mariana ha inizio alle ore 20:00 davanti all’immagine della Madonna del Divino Amore, presso la Torre di S. Giovanni, e proseguirà con soste davanti alle icone di Czestochowa, Guadalupe, Fatima, Lourdes e presso l’effigie della Madonna della Guardia, per la meditazione dei misteri. A concludere il Rosario sarà il canto del “Salve Regina” davanti alla Madonna della Misericordia nei pressi della Torre della Radio Vaticana. La presenza dell’immagine della Madonna della Misericordia nei Giardini Vaticani, si deve alla volontà del Santo Padre che venerava la Vergine, sotto questo titolo, già a Vilnius. A suggello del suo amore filiale l’ha voluta ricordare anche a conclusione dell’Enciclica “Veritatis Splendor”. Come negli anni scorsi, ci sarà il collegamento (tramite la nostra emittente) con le suore Carmelitane di Clausura per una preghiera finale che unirà le “Marie” della vita contemplativa con le “Marte” della vita attiva, nel cui numero si possono ben annoverare con le Familiari del Clero, promotrici di questa iniziativa, anche tutti coloro che sono al servizio della Chiesa. (A.G.)

 

 

PROROGATO PER UN ANNO DALL’ONU

L’EMBARGO SULLE ARMI AI RIBELLI DELLA REPUBBLICA DEMOCRATICA DEL CONGO

 

NEW YORK. = Il Consiglio di sicurezza dell’Onu ha prorogato di un anno l’embargo sulle armi nei confronti di numerosi gruppi armati attivi nella parte est della Repubblica democratica del Congo. Il divieto era stato introdotto l’anno scorso dopo la grave crisi nell’Ituri, la regione nord-orientale devastata dagli scontri tra fazioni ribelli, in lotta per il controllo delle risorse naturali. Il prolungamento delle sanzioni è stato deciso all’unanimità dai Quindici rappresentanti del massimo organo decisionale delle Nazioni Unite, che hanno anche rinnovato l’invito ai Paesi confinanti con l’ex-Zaire a non offrire sostegno alle formazioni armate che cercano di destabilizzare il governo di Kinshasa. Nelle prossime ore, al Palazzo di Vetro, dovrebbe essere anche approvata l’estensione della missione di pace in Congo (conosciuta con l’acronimo francese Monuc). Nonostante la presenza di diecimila caschi blu in tutto il Paese, all’inizio di giugno il contingente internazionale non era stato in grado di fermare un gruppo di militari insubordinati che hanno conquistato per pochi giorni la città orientale di Bukavu, capitale del sud-Kivu e centro strategico al confine con il Rwanda. Dopo cinque anni di guerra, che secondo le stime più diffuse ha provocato almeno due milioni e mezzo di morti (in gran parte per malattie e fame), a luglio del 2003 a Kinshasa si è insediato un governo di transizione di cui fanno parte anche gli ex-gruppi ribelli del Paese africano. (A.G.)

 

 

LA COMUNITA’ DI SANT’EGIDIO IN PRIMA LINEA

PER LA RIPRESA DEL DIALOGO POLITICO IN TOGO. GRAZIE ALLA SUA MEDIAZIONE,

RESTITUITO IL PASSAPORTO AL LEADER DELL’OPPOSIZIONE

ROMA. = Facilitare una conclusione pacifica della crisi del Togo e appoggiare gli sforzi della comunità internazionale per una ripresa normale delle relazioni col Paese dell'Africa Occidentale. E’ l’obiettivo della Comunità di Sant'Egidio, che come primo gesto concreto ha spinto per la restituzione del passaporto al leader dell'UFC, movimento dell’opposizione togolese in esilio, Gilchrist Olympio, di cui era stato privato da anni. La consegna è avvenuta nel corso di un incontro tenutosi ieri presso la sede della Comunità Sant'Egidio a Roma e al quale erano presenti, come testimoni, alcuni ambasciatori dei Paesi dell'Unione Europea, dell’Africa, degli Stati Uniti ed un rappresentante del governo italiano. “La restituzione del passaporto a Olympio - sottolinea un comunicato di Sant’Egidio - è stata, da molto tempo, una delle pre-condizioni dell'opposizione (UFC) per l’inizio di un dialogo col governo di Lomé”. Il presidente Gnassingbé Eyadema - prosegue la nota - “ha accettato di riconsegnare il passaporto in seguito al lavoro paziente di mediazione della nostra Comunità. Si tratta di un primo gesto, forte e simbolico, sulla via della riconciliazione”. (A.G.)

 

AL VIA OGGI IN MALAYSIA IL SETTIMO DIALOGO INTERNAZIONALE DEGLI STATI ASIATICI ED AFRICANI INCENTRATO SULLO SVILUPPO ECONOMICO DEI PAESI POVERI

 

KUALA LUMPUR. = Circa 700 rappresentanti di una ventina di Paesi in via di sviluppo (dal Malawi al Botswana, dall’Uganda al Mozambico allo Swaziland) sono riuniti da oggi nell’isola tropicale malese Langkawi (nel nord del Paese) per partecipare al settimo Dialogo internazionale di Langkawi (Lid 2004), summit annuale tra Stati africani e asiatici il cui scopo è favorire il dialogo tra i popoli economicamente più svantaggiati del pianeta. “La riunione di quest’anno ha come obiettivo aiutare le nazioni in via di sviluppo ad affrontare le questioni che hanno a che vedere con la globalizzazione e il terrorismo”, ha spiegato il co-presidente dell’evento, Ahmed Tasir Lope Pihie. Il tema di quest’anno è: “Verso un pianeta più intelligente: riconciliare le sfide dello sviluppo con la sicurezza mondiale attraverso il dialogo”. Gli incontri si protrarranno per tre giorni, durante i quali i partecipanti, tutti esponenti dei governi dei Paesi ospiti, si scambieranno dati, idee e consigli riguardanti l’armonia tra le etnie, stabilità sociale, lotta contro droga e crimine, sviluppo economico attraverso la scienza e la tecnologia. Il summit è stato aperto dall’ex-primo ministro malese Mahatir Mohamad, l’ex-padre-padrone del Paese asiatico che nel 1995 suggerì la nascita di questo spazio d’incontro tra Paesi in via di sviluppo nell’isola tropicale. (A.G.)

 

 

 

A SODDO, NEL SUD DELL’ETIOPIA, NASCE UNA SCUOLA DI MESTIERI

PROMOSSA DAI PADRI CAPPUCCINI E DALLA CONFEDERAZIONE ARTIGIANA ITALIANA

 

ADDIS ABEBA. = “Ogni anno, 100 giovani saranno formati nella nostra Scuola dei Mestieri a Soddo, 400 km a sud di Addis Abeba”: lo rivela, all’agenzia Fides, padre Gianfranco, responsabile delle Missioni della Provincia Cappuccina delle Marche, dalla quale dipendono le missioni cappuccine in Etiopia. “Questo risultato lo dobbiamo al contributo della Confederazione artigiana italiana, che invia ex artigiani marchigiani a insegnare il mestiere ai giovani del luogo”. “E’ dal 1970 - aggiunge il religioso - che i nostri confratelli insegnano un mestiere a Soddo. Il governo etiopico, infatti, concede il visto di entrata ai missionari cattolici solo dietro la presentazione di un permesso di lavoro per un progetto di utilità sociale. Le missioni cattoliche, quindi, hanno avviato diversi progetti nel campo sociale, educativo e sanitario. L'intervento di personale specializzato – prosegue – avviene quindi su un terreno sociale già preparato da tempo dai nostri confratelli. Con il contributo di questi tecnici siamo ora in grado di far fare un salto di qualità alla nostra scuola”. La Scuola dei Mestieri, costruita accanto alla missione dei Cappuccini, ha un'estensione di 10mila metri quadrati ed è formata da 5 laboratori per altrettanti mestieri: falegnameria, autoriparazione (carrozziere, verniciatore, elettrauto, gommista), lavorazione ferro e alluminio, taglio e cucito, modelli di calzature. L'obiettivo è quello di formare entro il 2006 oltre 200 giovani, di cui 20 destinati ad avviare un'attività autonoma. A questi ultimi sarà fornita un'assistenza tecnica iniziale e un'adeguata attrezzatura. Gli insegnanti sono 100 maestri artigiani italiani. La scuola è stata promossa dalla Confederazione artigiana italiana, in collaborazione con l’Ethiopian Catholic Church Social and Development e con l'associazione “Africa 3000”. La scuola era stata donata dalla Confartigianato, con l’offerta di un mattone simbolico a Giovanni Paolo II, nel corso del Grande Giubileo del 2000. Il Vicariato Apostolico di Soddo-Hosanna, dove sorge la scuola, è retto dal cappuccino mons. Domenico Crescentino Maritozzi. Il territorio del Vicariato ha un’estensione di 65mila chilometri quadrati con una popolazione di 7 milioni di abitanti, dei quali 200mila sono cattolici. (A.G.)

 

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24 ORE NEL MONDO

29 luglio 2004

 

 

- A cura di Dorotea Gambardella -

 

Il Tribunale penale internazionale ha aperto un’inchiesta contro i ribelli ugandesi dell’Esercito di resistenza del Signore, accusati di crimini di guerra e contro l’umanità: omicidi, mutilazioni, stupri, rapimenti ai danni della popolazione civile. Il conflitto, intanto, continua a mietere vittime anche oltre confine: nel corso di una battaglia scoppiata, ieri, in territorio sudanese, l’esercito di Kampala ha ucciso 120 guerriglieri ed ha mancato di poco la cattura del loro leader storico, Joseph Kony. Ma in quale clima si inserisce questo nuovo drammatico episodio? Giancarlo La Vella lo ha chiesto a padre Tarcisio Pazzaglia, missionario comboniano a Kitgum, nel nord Uganda:

 

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R. - Dopo l’uscita di ufficiali tra le fila dei ribelli, che si sono consegnati alle autorità approfittando dell’amnistia, in Uganda i gruppi ribelli sono diventati più deboli. Ora hanno meno armi, anche se sono ancora presenti, a piccoli gruppi sparsi un po’ per tutto il territorio. Quindi c’è ancora una forte e costante  insicurezza, perché l’Esercito, in questo momento, è molto più attivo che in passato. I militari cercano di circondare e attaccare questi gruppi di guerriglieri quando vengono localizzati.

 

D. – La gente come vive questa situazione alquanto difficile?

 

R. – Per la gente, in questo momento, il problema più grosso è la fame, perché qui si vive di agricoltura e sinora non è stato fatto alcun raccolto, anche se in questi giorni le piogge hanno cominciato ad esser più presenti. Le organizzazioni non governative e la Caritas diocesana danno le sementi almeno per poter raccogliere, nel mese venturo, qualche cosa che ancora può maturare; ma raggiungere un milione e mezzo di profughi non è facile. Alla fame si uniscono le malattie, poi, purtroppo, l’abuso di alcol. L’Aids, in questa situazione, non è certamente in diminuzione, ma costituisce un allarme costante.

 

D. – Ma, oggi come oggi, quali sono gli obiettivi politici dei ribelli in armi?

 

R. – La maggior parte dei ribelli sono giovani plagiati e ormai nessuno pensa più a rovesciare il governo. C’è soltanto una situazione di guerra senza senso che si tira avanti. Uno di loro mi ha detto: “Padre, io ho vissuto per nove anni col fucile e morirò col fucile”ed io gli ho risposto: “Ma no, ti porto a casa e ti aiuto!” e lui: “No, padre. Io non voglio più lavorare la terra, prendere la vanga. Col fucile è più facile vivere e finché vivo, vivo; quando muoio, muoio!”. Ecco, quando ti senti dire queste cose ti cadono le braccia.

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Ancora un rapimento in Iraq. Un autista somalo è stato preso in ostaggio da un gruppo di estremisti islamici ed è apparso in un video mostrato dall’emittente televisiva Al Jazeera. I sequestratori minacciano di uccidere l’uomo entro 48 ore. Intanto, da Islamabad giunge la dura condanna dell’uccisione, avvenuta ieri, dei due emigrati pakistani. In merito alla presenza militare in Iraq, sia il segretario di Stato americano, Colin Powell, sia il primo ministro iracheno, Iyad  Allawi, hanno accolto con favore il progetto saudita che prevede l’invio di forze musulmane nel Paese mediorientale. Sul piano politico, è stata rinviata dal 31 luglio al 15 agosto la conferenza dedicata alle priorità politiche per delineare il futuro dell’Iraq. Sul terreno non si placa la violenza. Un soldato polacco è rimasto ucciso ed alcuni altri feriti in seguito all’esplosione di una mina al passaggio del loro convoglio nella regione di Hilla. Mattinata di scontri anche a Nassyria, tra carabinieri italiani e miliziani iracheni, per fortuna senza alcuna vittima. Rimane dunque l’allarme per le continue violenze. Ma perché proprio in questo momento? Giada Aquilino lo ha chiesto a Guido Olimpio, esperto di terrorismo del ‘Corriere della Sera’:

 

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R. – La guerriglia e i gruppi terroristici, con gli attentati, vogliono contrassegnare questo momento piuttosto delicato per l’Iraq. Il passaggio dei poteri anticipato, un mese fa, li aveva colti di sorpresa, poi però i guerriglieri hanno ripreso a compiere attacchi in tutto il Paese, intensificando pure le violenze contro gli iracheni che vogliono collaborare con gli americani.

 

D.- Attacchi da un lato, sequestri e uccisioni dall’altro. Qual è allora l’obiettivo della guerriglia?

 

R. – Con gli attentati e gli assassinii vogliono costringere gli iracheni a non collaborare con la coalizione. Con i sequestri di persona si cerca di spingere sempre più Paesi ad abbandonare gli americani.

 

D. – Sabato, partirà la Conferenza nazionale che dovrà approvare una specie di Parlamento ad interim. E’ quindi un altro esperimento democratico che viene però oscurato dalle violenze. Quale sarà la sua sorte?

 

R. – Purtroppo per gli iracheni non ci sono molte speranze in questa fase. È necessario però che ci siano queste scadenze, che si vada avanti nel percorso democratico, ma è altrettanto necessario che il governo iracheno acquisti una propria forza, altrimenti non potrà imporsi. Nel frattempo gli attentati si fanno sempre più forti, sempre più violenti e in modo indiscriminato vengono uccise le persone. È chiaro che qualsiasi tentativo di mettere in piedi una struttura di governo è comunque positivo. Il problema è andare avanti in questo senso.

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E la crisi irachena è stata al centro, ieri a Boston, della Convention del Partito democratico che ha formalizzato  la candidatura di John Kerry e del suo vice John Edwards per la corsa alla Casa Bianca. Oggi i riflettori saranno tutti puntati sull’atteso discorso che John Kerry pronuncerà in chiusura dei lavori della Convention mentre ieri è stata la volta dell’intervento del suo vice, John Edwards. Da Boston, Paolo Mastrolilli:

 

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Edwards ha cominciato ricordando le sue umili origini ed esaltando le doti personali del candidato presidente John Kerry, che con il suo servizio in Vietnam ha dimostrato di avere le qualità di coraggio e forza per guidare gli Stati Uniti in questo tempo, segnato dalla lotta al terrorismo. Edwards non ha mai nominato il capo della Casa Bianca Bush ma ha sottolineato le sofferenze che la guerra in Iraq ha inflitto ai soldati americani ed ha promesso che i democratici cambieranno il corso se verranno eletti, puntando sulla collaborazione internazionale per riportare la stabilità a Baghdad. Nello stesso tempo ha garantito il massimo impegno per difendere l’America e sconfiggere i terroristi, dicendo che Al Qaeda sarà distrutta. Poi Edwards si è concentrato sui problemi interni, accusando l’amministrazione di aver favorito la creazione di due Americhe: una per i ricchi privilegiati e l’altra per i poveri dimenticati. Figlio di un operaio, ha detto che questo tradisce i valori del Paese ed ha promesso di riformare il sistema previdenziale, sanitario e dell’istruzione per garantire a tutti le stesse opportunità. 

 

Da Boston, per la Radio Vaticana, Paolo Mastrolilli.

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Trasferiamoci in Italia. Con 333 sì e 148 no, il Parlamento ha approvato, ieri, la riforma delle pensioni, su cui il governo aveva posto la fiducia. Dal 2008 si potrà lasciare il lavoro a 60 anni (61, se lavoratori autonomi) con 35 anni di contributi, oppure con 40 anni di versamenti a prescindere dall’età. Per le donne l’età minima è di 57 anni, ma in questo caso la pensione sarà inferiore. La legge, che prevede anche incentivi per chi resta al lavoro, è stata duramente criticata dai sindacati. Pierpaolo Baretta, segretario confederale della Cisl, ne spiega, al microfono di Paolo Ondarza, i punti controversi:

 

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Prima di tutto l’aumento dal 2008 dell’età pensionabile è troppo secco: sono tre anni di colpo, più alto di due scaglionati. Cinque anni di aumento dell’età lavorativa non sono necessari ai grandi problemi, che pure ci sono, di risanamento e soprattutto sono troppo rigidi e non consentono quindi una gestione flessibile da parte del singolo lavoratore. In secondo luogo è stata equiparata la previdenza collettiva, complementare, che era necessaria come seconda gamba per assicurare una pensione dignitosa a tutti alle polizze individuali assicurative, che sono ben altra cosa. In terzo luogo non è vi è una politica per i giovani, nel senso che noi avevamo chiesto che venissero equiparati i contributi previdenziali che oggi, per esempio, sono molto bassi rispetto a quelli dei lavori dipendenti. Tutte cose che sono state rifiutate. Per queste ragioni la nostra obiezione è una obiezione netta.

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Medio Oriente. Due attivisti palestinesi a bordo di un’auto hanno perso la vita nell’esplosione di un missile a Rafah, nel sud della Striscia di Gaza. Nel mirino dell’attacco israeliano contro la vettura, c’era presumibilmente il leader delle Brigate Abu Rish. Inoltre, un palestinese è rimasto ucciso nel corso di una sparatoria con soldati israeliani nel nord della Cisgiordania. Violenze anche nel villaggio di Beit Lakia, presso Ramallah, dove militari dello Stato ebraico hanno fatto saltare in aria l’abitazione di un membro di Hamas. Sul piano politico, l’Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza dell’UE, Javier Solana, ha chiesto al presidente dell’ANP, Yasser Arafat, di concedere maggiori poteri al primo ministro, Abu Ala, affinché possa intraprendere le riforme necessarie. Ieri, intanto, duecento immigrati ebrei francesi giunti in Israele sono stati accolti dal primo ministro Ariel Sharon, che ha elogiato la lotta all’antisemitismo promossa dal presidente francese, Jacques Chirac. Appianate dunque le polemiche tra i due Paesi, innescate dall’appello lanciato il 18 luglio scorso dallo stesso Sharon, che aveva esortato gli ebrei di Francia ad espatriare per sfuggire all’“antisemitismo”.

 

Clima di attesa e qualche segnale positivo al vertice dell’Organizzazione mondiale del commercio (WTO), in corso a Ginevra. Nelle prossime ore dovrebbe essere presentata la nuova bozza del presidente del Consiglio Generale della WTO, Shotaro Oshima, per sbloccare i colloqui in corso tra i 147 paesi membri dell’organismo sui negoziati multilaterali di Doha. Intanto, stamani, Stati Uniti, Unione Europea, Australia, India e Brasile hanno raggiunto un’intesa che potrebbe aprire la strada verso un pronunciamento unanime sulla difesa dei prodotti sensibili nei mercati internazionali. I Paesi del Sud del mondo, infatti, chiedono a quelli del Nord di eliminare l’eccessivo protezionismo dei loro prodotti nazionali.

 

La corte d’appello del Tribunale penale internazionale per la ex Jugoslavia ha ridotto da 45 a 9 anni la condanna inflitta al generale Tihomir Blaskic. Comandante delle forze croate in Bosnia centrale dal 1992 al ’94, era accusato di crimini contro la locale comunità musulmana, ma i giudici lo hanno assolto da 17 dei 19 capi d’accusa.

 

È stata confermata dalla corte d’appello del Qatar la condanna all’ergastolo inflitta ai due cittadini russi accusati dell’assassinio di Zelimkhan Yandarbiyev. L’ex presidente indipendentista ceceno era rimasto ucciso, nel febbraio scorso a Doha, nell’esplosione della sua auto.

 

Restano in prigione Mikhail Khodorkovski, il magnate russo fondatore del colosso petrolifero Yukos, e il suo socio, Platon Lebedev, sotto processo per frode ed evasione fiscale: il tribunale di Mosca ha respinto una nuova richiesta di scarcerazione avanzata dai loro difensori. Il Ministero della Giustizia russo, intanto, ha revocato il bando sulla vendita di tre società controllate dalla stessa Yukos.

 

Un duro attacco alla Corea del Sud per il massiccio esodo di rifugiati nordcoreani a Seul, è arrivata da Pyongyang, che ha definito l’espatrio in appena due giorni di oltre 450 suoi cittadini: “un sequestro di massa pianificato e un crimine terroristico”. Le aspre accuse sono contenute in una dichiarazione del Comitato di Pyongyang per la riunificazione della madrepatria, l’organismo deputato a trattare con Seul.

 

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