RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVII n. 209 - Testo della
Trasmissione di mercoledì 28
luglio 2004
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
A Santiago del Cile, l’ultimo saluto dei fedeli a padre
Faustino Gazziero
I missionari del Sacro Cuore celebrano 80 anni di presenza nella Repubblica Democratica del
Congo
Inizia oggi a Cracovia il capitolo generale dei definitori dell’Ordine
dei predicatori
In
Iraq almeno 68 morti e 70 feriti in un attentato a Baquba ed altri morti in diversi attacchi
Preoccupa il massiccio esodo di profughi nordcoreani verso la Corea del Sud.
28
luglio 2004
DIO
RAPPRESENTA L’UNICO RIFUGIO E L’UNICA FONTE DI BENE PER L’UOMO,
CHE
DEVE ALLONTANARE OGNI FORMA DI IDOLATRIA.
LO HA
DETTO GIOVANNI PAOLO II DURANTE L’UDIENZA GENERALE,
INCONTRANDO
OLTRE 4000 PELLEGRINI
- Servizio di Barbara Castelli -
**********
Dio è
nel futuro dell’uomo, che deve rigettare “radicalmente la tentazione
dell’idolatria, con i suoi riti sanguinari e con le sue invocazioni blasfeme.
E’ una scelta di campo, decisiva e netta”. Incontrando 4000 pellegrini di
diverse nazionalità, in occasione della tradizionale udienza generale del
mercoledì, Giovanni Paolo II si è soffermato sul Salmo 15, “un luminoso cantico
dal respiro mistico”. Per la seconda volta il Papa ha lasciato la residenza
estiva di Castel Gandolfo per incontrare i numerosi e festanti fedeli nell’aula
Paolo VI.
Il
Salmista parla di Dio come l’unico bene, l’unico rifugio da cui trarre forza
per la vita quotidiana e sviluppa due temi. Innanzitutto, attraverso il simbolo
dell’eredità, proclama che Dio è il suo futuro: “il Signore è mia parte di
eredità”. “Qui - ha spiegato il Papa - si afferma che Dio è l’eredità del
credente e che avere Dio come futuro è veramente una magnifica eredità”.
“‘Sei
tu il mio Signore, senza di te non ho alcun bene’. Dio è, quindi, visto come
l’unico bene e perciò l’orante sceglie di collocarsi nell’ambito della comunità
di tutti coloro che sono fedeli al Signore”.
Il
Salmista aggiunge un secondo tema, quello della “comunione perfetta e continua
con il Signore”. Vengono proposti due nuovi simboli: il primo è quello del
corpo, descritto nella sua fisicità, emotività e fragilità. “E’ - ha detto
Giovanni Paolo II - la rappresentazione dell’essere intero della persona, che
non è assorbito e annientato nella corruzione del sepolcro, ma viene mantenuto
nella vita piena e felice con Dio”. Il secondo è quello della via: “Mi
indicherai il sentiero della vita”. Attraverso questo secondo simbolo il
Salmista giunge ad allargare la prospettiva alla speranza della comunione con
Dio, oltre la morte, nella vita eterna. “Ecco perché - ha concluso il Papa -
questo Salmo è stato usato dal Nuovo Testamento per proclamare la risurrezione
di Cristo”. “Lo Spirito di Cristo – ha aggiunto – faccia crescere in voi l’uomo spirituale, che ci aiuta
a vivere in pienezza la gioia e la gloria del Signore”.
A
conclusione dell’udienza generale, il pensiero di Giovanni Paolo II è andato ai
bambini e ai ragazzi. Le vacanze - ha detto - siano un momento di gioia, un modo
per riacquisire la “voglia di riprendere gli impegni” futuri. Il saluto del
Papa è andato anche alle suore Apostole del Sacro Cuore di Gesù, partecipanti
al Capitolo generale del loro Istituto; alle religiose capitolari della
Congregazione delle Figlie di Maria Vergine Immacolata di Savona e alle suore
Orsoline dell’Unione canadese. Un grazie, infine, ai chierichetti del preseminario
San Pio X, che prestano servizio in questi giorni nella Basilica vaticana.
**********
=======ooo=======
OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Apre la prima pagina la notizia
del rilascio del vescovo di Yopal, in Colombia, che era stato sequestrato
dall'Esercito di liberazione nazionale.
Nelle vaticane, la catechesi e
la cronaca dell'udienza generale.
Nelle estere, in evidenza
l'Iraq, dove si è consumata l'ennesima carneficina: a Baaquba un attentato
"kamikaze" ha provocato la morte di più di cinquanta persone.
Nella pagina culturale, un
dettagliato contributo di Marko Jacov in merito ai due volumi dal titolo:
"Inter Arma Caritas. L'Ufficio Informazioni Vaticano per i prigionieri
di guerra istituito da Pio XII (1939-1947)".
Nelle pagine italiane, coppie
di fatto: a Pizzo Calabro un'altra iniziativa contro la famiglia.
In rilievo la riforma del
sistema pensionistico.
=======ooo=======
28
luglio 2004
RILASCIATO IL VESCOVO DI YOPAL, MONS. MISAEL VACCA
RAMIREZ,
SEQUESTRATO IN COLOMBIA DALLA
GUERRIGLIA DELL’ESERCITO
DI LIBERAZIONE NAZIONALE DOMENICA SCORSA
- Intervista con padre David Gutierrez -
E’ stato rilasciato ieri il
vescovo di Yopal, Mons. Misael Vacca Ramirez, sequestrato in Colombia dalla
guerriglia dell’Esercito di liberazione nazionale. Il presule è stato liberato
nei pressi della città di Marcote, la stessa dove era stato sequestrato
domenica mattina durante una visita pastorale. Ieri il Papa aveva espresso
dolore e preoccupazione per il sequestro, definito un atto riprovevole e
penoso, e aveva chiesto la liberazione del presule. Il servizio di Maurizio
Salvi.
**********
Il rilascio di mons. Vacca Ramìrez
da parte dei guerriglieri dell’Esercito di liberazione nazionale è avvenuto in
mattinata dopo che, a quanto pare, erano falliti alcuni tentativi di far
pervenire un messaggio politico al governo del presidente Alvaro Uribe. Dopo
aver camminato tre ore il vescovo di Yopal ha raggiunto un luogo dove lo
attendeva mons. Javier Pizarro, titolare della diocesi di Trinidad che ha
comunicato ufficialmente ai mezzi di comunicazione l’avvenuto rilascio,
assicurando tra l’altro sulle buone condizioni di salute del religioso.
Trasferito in elicottero nella caserma dell’esercito a Yopal, mons. Vacca
Ramirez ha sostenuto che i suoi rapitori non lo hanno maltrattato e che hanno avuto
un comportamento rispettoso. Da parte sua, mons. Luis Augusto Castro, vice
presidente della Conferenza episcopale colombiana, ha ricordato che i sequestri
non hanno mai senso, ma lo hanno ancora di meno nel caso della Chiesa, che
offre il suo appoggio per la ricerca della pace.
Maurizio Salvi, per la Radio
Vaticana.
**********
Ascoltiamo quanto ha riferito,
subito dopo il rilascio, padre David Gutierrez, segretario del Dipartimento di
comunicazioni sociali del Consiglio Episcopale Latino-Americano raggiunto
telefonicamente a Bogotà:
**********
R. – E’ stato liberato all’interno
della foresta ed ha quindi dovuto lungamente camminare. Appena è arrivato ad un
centro abitato, ha parlato con la gente ed ha dato lui stesso la notizia.
Secondo le prime informazioni, sembra che i rapitori abbiano avuto un problema:
la forza di polizia appena ha saputo del rapimento del vescovo si è immediatamente
attivata, iniziando le ricerche. Questo ha fatto sì che coloro che hanno rapito
il vescovo, probabilmente sentendosi alle strette, lo hanno liberato, senza
condurlo ancora di più all’interno della foresta. Questo sarebbe stato il
problema maggiore visto il territorio della Colombia.
D. – Quali sono state le prime
dichiarazioni del vescovo?
R. – Il vescovo è stato rapito
perché portasse, una volta liberato, un messaggio al governo della Colombia.
Questo piano non è stato portato a compimento proprio perché l’azione della
polizia non ha permesso che venisse condotto dove si trovano i leader
dell’Esercito di liberazione nazionale. E’ stata la guerriglia a rapirlo.
D. – Qual è stata la reazione
della Chiesa colombiana e della sua diocesi in particolare?
R. – La prima reazione, appena abbiamo saputo della sua liberazione, è
stata quella di grande gioia ed allegria. Il vescovo è apparso bene ed in
salute, malgrado abbia dovuto camminare nella foresta per parecchie ore. Nella
sua diocesi i fedeli hanno espresso grande gioia.
D. – Il presule aveva saputo della
sollecitudine del Papa, che aveva chiesto ieri con parole forti la sua
liberazione?
R. – Il vescovo ha ringraziato
tutti, non soltanto per la sollecitudine della Chiesa colombiana ma anche per
la sollecitudine dello stesso governo della Repubblica, perché lo stesso
presidente Alvaro Uribe aveva rivolto un appello molto forte alla guerriglia. E
ha espresso un grande riconoscimento per questo appello rivolto dal Santo Padre
ed anche a lui ha inviato parole di vicinanza e di ringraziamento.
**********
MEDICI SENZA FRONTIERE LASCIA L’AFGHANISTAN
PER L’INSICUREZZA CHE REGNA NEL PAESE.
IL QUADRO DELLE NECESSITA’ ATTUALI
ED IL BILANCIO DI 24 ANNI DI ASSISTENZA ALLA POPOLAZIONE
- Intervista con Stefano Salvi -
“Dopo 24 anni di assistenza indipendente al
popolo afghano, Medici Senza Frontiere si ritira dall’Afghanistan in ragione
degli assassinii, delle minacce e dell’insicurezza” nel Paese. È quanto si
legge nel comunicato dell’organizzazione umanitaria che verrà presentato domani
a Kabul. Il 2 giugno scorso, cinque dei suoi operatori erano stati uccisi da
uomini armati in un agguato nel Nord-ovest del Paese. Nel documento si motiva
la decisione con “l’incapacità del governo afghano di condurre un’inchiesta
credibile sull’attacco”. Ma in quali condizioni versa attualmente
l’Afghanistan? Dorotea Gambardella ha girato la domanda a Stefano Salvi,
direttore di Msf Italia:
*********
R. – Il livello di insicurezza non permette l’accesso ad
una serie di zone che sono meno visibili, ma non per questo meno vulnerabili.
Già questo è un elemento molto indicativo, nel senso che le organizzazioni
umanitarie hanno degli spazi ridotti di intervento, anche perché lo stesso
staff nazionale di diverse organizzazioni è stato già oggetto di minacce e
purtroppo anche di aggressioni e di uccisioni. Questo significa che tutti
quanti hanno minor possibilità di intervento e tutto questo va ovviamente a
scapito delle popolazioni. Ci sono poi problemi sanitari. Stavamo trattando casi
di tubercolosi ed interventi di più lungo respiro e questo tipo di interventi,
che richiedono anche una presenza continua e costante nel tempo, sono
estremamente a rischio. Quindi diciamo che anche quello che si può fare per la
popolazione certe volte non può rispecchiare quelli che sono i veri bisogni,
nel senso che un intervento occasionale, veloce, come la distribuzione di cibo
è un qualcosa, mentre il prendersi carico di una malattia come la tubercolosi è
un’altra cosa. Non c’è più la possibilità di garantire una presenza di
personale medico qualificato vicino alla popolazione che ha bisogno.
D. – Medici Senza Frontiere è presente in Afghanistan dal
’79. Cosa ha fatto in questi anni?
R. – Abbiamo dato risposta a quelli che erano i bisogni
delle popolazioni a seconda delle situazioni che si presentavano: inondazioni,
terremoti, epidemie che siano state di colera o di morbillo. Da qualche tempo
ci stavamo occupando della tubercolosi, che è un problema che nessuno ha mai
affrontato in modo adeguato. E questo perché è un bisogno emerso in questi
ultimi anni. C’è stata poi la gestione di tutto quello che è stato un movimento
di rientro dei rifugiati dall’Iran. Abbiamo sempre ascoltato le persone e
cercato di rispondere alle loro richieste.
**********
CON
L’AVVICINARSI DELLE ELEZIONI PRESIDENZIALI AMERICANE,
CRESCE L’ATTENZIONE PER LE
PROSSIME SCELTE DI WASHINGTON
IN
POLITICA ESTERA, TEMA FORTE NEL SECONDO GIORNO
DI
CONVENTION DEMOCRATICA A BOSTON
-
Intervista con Marta Dassù -
Alla Convention democratica di Boston, ieri è stato il
momento di Teresa Heinz Kerry. L’aspirante First Lady ha tessuto le lodi del
marito John, che giovedì verrà incoronato ufficialmente quale candidato alla
Casa Bianca del partito democratico. Dalla capitale del Massachussets, Paolo Mastrolilli:
**********
(Musica)
JOHN KERRY WILL GIVE US BACK OUR FAITH IN
AMERICA …
“Con John Kerry come presidente noi proteggeremo la
sicurezza della nostra Nazione senza sacrificare le nostre libertà civili” è la
promessa fatta ieri sera da Teresa Heinz, la moglie del candidato democratico,
presentando il marito alla Convention di Boston. Teresa ha descritto il marito
come l’uomo adatto a ristabilire il prestigio e la simpatia per gli Stati Uniti
nel mondo, combattendo con decisione il terrorismo e affrontando nello stesso
tempo i problemi interni, dalla sanità, all’istruzione, per restituire ai più
deboli la speranza nel sogno americano.
THE ONLY THING WE HAVE TO FEAR IS …
Prima di lei aveva parlato il senatore Ted Kennedy, che ha
accusato l’amministrazione Bush di aver tradito gli ideali fondanti del Paese
con la guerra in Iraq e la disuguaglianza nelle scelte di politica interna. Ma
la rivelazione della serata è stato il candidato al senato Barack Obama che
ha tenuto il “key note speech”, ossia il discorso che definisce la linea del
partito. Obama ha puntato sulle proposte positive dei democratici, dicendo che
l’elezione di Kerry alla Casa Bianca garantirebbe che i giorni migliori degli
Stati Uniti devono ancora venire.
Da Boston, per la Radio Vaticana, Paolo Mastrolilli.
**********
La politica estera è stata, dunque, tra i temi chiave
della seconda giornata di Convention democratica a Boston. Ieri, intanto,
l’Alto rappresentante per la politica estera e la sicurezza comune dell’Unione
europea, Javier Solana, si è detto ottimista sui rapporti futuri tra Washington
e il Vecchio Continente. Per una riflessione sullo stato delle relazioni euro-atlantiche,
dopo le incomprensioni sull’Iraq, Alessandro Gisotti ha intervistato Marta
Dassù, direttore della rivista dell’Aspen Institute Italia:
**********
R. - Credo che la fase più difficile, quella della vera e
propria guerra delle parole, che si è avuta all’inizio del 2003, sia
effettivamente passata. C’è stato, in fondo, un voto congiunto alle Nazioni
Unite in giugno sul futuro dell’Iraq e così via, ma certo i problemi concreti
restano, in particolare la non disponibilità di una parte dei Paesi europei,
Germania e Francia in particolare, ad aiutare più di tanto il difficilissimo
dopo guerra americano in Iraq. Quindi, direi che la fase acuta è passata e i
problemi strutturali rimangono, ma quel che dice Solana è un’altra cosa, cioè
che il rapporto fra Stati Uniti ed Europa è comunque un rapporto primario.
D. – L’amministrazione Bush ha oscillato tra decisioni
unilateraliste e ritorni al multilateralismo. Qual è il vero volto di questo
43.mo presidente americano in politica estera?
R. – Direi che aveva cominciato su una linea molto più
orgogliosamente spavalda. Era convinto di potercela fare da solo nel clima post
11 settembre. Aveva detto abbastanza chiaramente che l’America anche senza
alleati sarebbe riuscita a gestire il problema iracheno e non è stato così.
Quindi, è un ritorno che nasce da una semi sconfitta, credo. Poi, e vale per
tutti i presidenti degli Stati Uniti, bisogna capire che l’America agisce o sul
piano multilaterale o su quello unilaterale a seconda delle circostanze. In
fondo, è l’unico Paese a potersi permettere anche una politica unilaterale.
D. – Se il 2 novembre, alle presidenziali americane,
prevalesse il democratico John Kerry, dovremmo aspettarci una vera inversione
di rotta nella politica estera di Washington o piuttosto un cambiamento solo di
approccio?
R. – Un cambiamento di tono sicuramente. Per sintetizzare
al massimo, direi che Bush ha reagito all’11 settembre dicendo: “L’America può
farsi temere e così sarà più sicura”. Kerry dice piuttosto: “L’America deve
farsi amare per essere più sicura”. Questo è il cambiamento di tono. Nella
sostanza non credo che cambierà moltissimo, anche perché Bush ha già impresso
una svolta notevole e quindi non cambierà molto rispetto al Bush di oggi. Non
sappiamo cosa sarebbe un Bush se venisse rieletto, cioè non sappiamo, se ci
fosse un altro mandato di Bush, che politiche estere effettivamente
sceglierebbe. Guardando alle ultime scelte di Bush, Kerry, secondo me, non
cambierà granché e questo metterà in difficoltà una parte degli europei, perché
a quel punto Kerry chiederà aiuti per l’Iraq a Germania e Francia e Parigi e
Berlino dovranno decidere cosa fare.
**********
PRESENZA
DI STUDENTI ESTERI IN ITALIA, DIRITTO DI VOTO AGLI IMMIGRATI, GLOBALIZZAZIONE
DELLA SOLIDARIETÀ: ALCUNI DEI TEMI APPROFONDITI DAL VII MEETING INTERNAZIONALE
SULLE MIGRAZIONI CHE PROSEGUE A LORETO, SU INIZIATIVA DEI MISSIONARI E LAICI SCALABRINIANI
-
Servizio di Giovanni Peduto -
Presenza di studenti esteri in Italia, diritto di voto
agli immigrati, globalizzazione della solidarietà: sono solo alcuni dei temi
approfonditi dal VII Meeting internazionale sulle migrazioni che prosegue a
Loreto su iniziativa dei missionari e laici Scalabriniani. Ascoltiamo quanto riferisce dalla città
marchigiana Giovanni Peduto:
**********
La migrazione costituisce una delle sfide politiche più
complesse per i governi. Le modifiche sociali, inerenti all’accoglienza di
immigrati di origine etnica differenti, sono diventate oggetto di dibattito
pubblico tanto che la questione della migrazione è oggi ai primi posti
nell’agenda internazionale. Nel 2006, la stessa Assemblea generale dell’ONU
sarà impegnata esplicitamente sulle questioni di migrazioni e sviluppo. Cosa
fare nei panni di un clandestino trattenuto in un centro di permanenza
temporanea? Quale decisione prendere come amministratore di un ente locale a
fronte della richiesta di costruire una moschea nella tua città? Si trovano di
fronte a questo tipo di interrogativi i partecipanti al ‘Laboratorio
interculturale diritti umani in emigrazione’, nell’ambito del VII Meeting. Si
tratta di uno spazio riservato soprattutto ai giovani per riprendere in maniera
interattiva, attraverso un gioco di ruolo, le tematiche affrontate nelle Tavole
rotonde. Attraverso l’attività del laboratorio interculturale sui diritti, si
vuole invitare ciascuno a decentrare il proprio punto di vista, riflettere sui
pregiudizi e sul ruolo cruciale dell’informazione. Confrontarsi vuol dire evitare
l’atteggiamento comune per cui l’immigrato diventa capro espiatorio di tutti i
problemi. “Si avvicina a 300 mila il numero di alunni stranieri, pari al 3,5
per cento della popolazione scolastica in Italia”, ha detto Vinicio Ongini, del
ministero Istruzione Università e Ricerca, anticipando alcuni dati di tendenza
del rapporto annuale ‘Alunni aventi cittadinanza non italiana’, che verrà
integralmente pubblicato a settembre. Dal ’93, data del primo censimento, gli alunni
stranieri sono quasi duplicati, passando da 30 mila a 285 mila. Nei prossimi 10
anni le ipotesi di crescita prevedono una presenza almeno raddoppiata. E’
Mantova, per l’anno scolastico 2003-2004, la provincia italiana con la
percentuale più alta di alunni stranieri: il 9,32 per cento dell’intera
popolazione scolastica. Questo dato conferma come in Italia siano i comuni più
piccoli ad avere la maggiore incidenza percentuale di alunni stranieri inseriti
nella scuola. Segue, subito dopo Mantova, Cuneo. Tra le varie iniziative
relative al VII Meeting internazionale sulle migrazioni a Loreto, di
particolare interesse la mostra fotografica ‘Il riso in tasca’ del fotografo
Federico Tamburini, mostra promossa dai missionari Scalabriniani. L’esposizione
è collegata con riflessione che il VII
Meeting vuole dedicare venerdì prossimo alla ‘mobilità umana nel Continente
asiatico’, dove vivono i due terzi della popolazione mondiale e dove i flussi
migratori, all’interno del Continente stesso, si contano a livello di milioni.
**********
E in materia di integrazione degli immigrati il consiglio
comunale di Genova ha approvato a larga maggioranza la modifica dello Statuto
per la concessione del voto amministrativo agli stranieri extracomunitari
legalmente soggiornanti da più di 5 anni in Italia. Stefano Leszczynski ha
intervistato Paolo Veardo, assessore alle politiche sociali del Comune di
Genova:
*********
R. – La nostra città è una città che è sempre stata
estremamente attenta ai temi dell’integrazione e dell’accoglienza. Ci è quindi
parso naturale in questi anni, visto l’incremento notevole della presenza dei
cittadini extra-comunitari, ritenerli a pieno titolo partecipanti alla vita
della comunità locale. Si è quindi pensato che poteva essere importante dare un
segnale, che può essere rivolto anche alle altre città del nostro Paese, e che
si potesse intraprendere questa via. Volevamo essere capaci di mostrare che
questa è una via assolutamente possibile.
D. – Quindi non si tratta, come è avvenuto in alcune
città, di un diritto di voto per una consulta di immigrati?
R. – No, si tratta di una modifica allo statuto, che ha
avuto la necessità di più votazioni, e che prevede che dal 2007 i cittadini
stranieri avranno diritto di voto attivo e passivo. Ci sono delle regole
ovviamente e sono i due anni di residenza nella città e i cinque di presenza
legale in Italia. E’ necessario stabilire, più puntualmente, attraverso un
regolamento di attuazione, come questo potrà poi avvenire tecnicamente.
D. – Quanti sono gli immigrati residenti nel Comune di
Genova?
R. – La stima non è semplicissima, diciamo però che siamo
intorno alle 50 mila unità. C’è stata una variazione di tipologia: abbiamo
avuto una grande immigrazione maghrebina che in questi ultimi anni si è non
dico arrestata ma certamente stabilizzata. C’è stata invece l’espansione della
comunità del centro e sud America: a Genova abbiamo 25 mila ecuadoregni.
D. – Avete avuto già un riscontro da parte della comunità
di immigrati?
R. – Direi molto positivo, perché è chiaro che questo
nostro lavoro non nasce come un fungo ma nasce attraverso un dialogo ed un
dibattito che nella nostra città c’è da molto tempo.
**********
LA
VITA DI SAN GIUSEPPE BENEDETTO COTTOLENGO
IN UN
FILM PER LA TELEVISIONE.
LE
RIPRESE IN QUESTI GIORNI IN NORD ITALIA
SU INIZIATIVA DELL’ISTITUTO “PICCOLA CASA
DELLA DIVINA PROVVIDENZA
-
Intervista con il regista Paolo Damosso e l’attore Massimo Wertmuller -
Hanno
luogo in questi giorni, tra Torino e l’astigiano, le riprese del film per la
televisione intitolato “Una cosa in mente” che racconta la vita di San Giuseppe
Benedetto Cottolengo. Il film, voluto dall’Istituto “Piccola Casa della Divina
Provvidenza” fondato dal Santo nel 1832, è realizzato dalla Nova-T, casa di
produzioni televisive e multimediali istituita dai Cappuccini del Piemonte 22
anni fa. Il servizio di Roberta Moretti:
*********
Era la
notte del 2 settembre 1827, quando il 41enne Giuseppe Benedetto Cottolengo, già
sacerdote, dona gli ultimi sacramenti ad Anna Maria Gonnet, una donna incinta e
febbricitante giunta a Torino con la sua famiglia con urgente bisogno di cure
per un male misterioso e respinta dagli ospedali della città a causa della sua
gravidanza avanzata. La donna muore tra le braccia del Cottolengo, che battezza
la bimba ancora in vita per qualche istante. La maternità insanguinata, la
duplice morte e le grida disperate dei cinque orfani spezzano il cuore del
canonico, che dedicherà il resto della vita a costruire case di cura per
assistere tutti i malati respinti dagli altri ospedali. Regista del film è
Paolo Damosso:
R. – Vorrei trasmettere in particolar modo la storia di
una persona che parla ancora al cuore dell’uomo di oggi, a tutti gli uomini,
credenti e non credenti. Cottolengo è un uomo impegnato, un uomo serio ma non
serioso. E’ un uomo che ama ridere, scherzare, un uomo divertente che spesso
alleggerisce anche i problemi grandi con delle battute. Penso che questo modo
di interpretare la vita, non leggero ma lieve e molto ispirato, rappresenta una
cosa molto grande, molto bella. E in momenti difficili, come quello in cui viviamo,
è importante far riferimento a storie di uomini come Cottolengo.
Nel film la figura del Cottolengo è interpretata da
Massimo Wertmuller, al quale abbiamo chiesto come si sia preparato a questa
impegnativa prova d’attore:
R. – E’ una responsabilità, perché sei di fronte ad una
grande figura che ha dedicato la sua vita, nei fatti, a fare del bene a chi sta
peggio, a chi è povero, a chi non ha i soldi per potersi curare e per
“permettersi la salute”. E’ quindi chiaro che la prima impostazione con cui
affronti qualsiasi figura importante è di umiltà, di grande attenzione e di
grande rispetto.
**********
=======ooo=======
28
luglio 2004
SI
APRE OGGI IN MALAYSIA LA SESSIONE PLENARIA DELLA COMMISSIONE
“FEDE E COSTITUZIONE”
DEL CONSIGLIO ECUMENICO DELLE CHIESE.
AI LAVORI PRENDONO PARTE 150 ECCLESIASTICI,
TRA
CUI 12 RAPPRESENTANTI DELLA CHIESA CATTOLICA
KUALA LAMPUR.= Inizia oggi a Kuala Lumpur, in Malaysia, la
sessione plenaria della Commissione “Fede e Costituzione” del Consiglio
Ecumenico delle Chiese (WCC-COE), sul tema “Accoglietevi gli uni gli altri come
Cristo vi ha accolto, per la gloria di Dio”. Vi prendono parte circa 150
ecclesiastici, tra cui 12 rappresentanti della Chiesa Cattolica, insieme con
esperti, giovani e osservatori esterni laici. L'agenda include l’esame del
lavoro svolto negli ultimi otto anni, da quando si tenne l’ultima riunione
della Commissione in Tanzania, e la presentazione di proposte per l’attività
futura. Tra le principali questioni che verranno discusse, il riconoscimento
reciproco da parte delle Chiese dell'iniziazione cristiana (battesimo); le
differenti concezioni della natura e della missione della Chiesa (ecclesiologia);
la concezione della natura della persona umana nella prospettiva cristiana
(antropologia teologica) e i suoi effetti su problematiche quali l’identità
comunitaria, la sessualità umana, la disabilità, la bioetica; il modo in cui
testi, simboli e pratiche delle diverse Chiese cristiane possono essere
interpretati, comunicati e recepiti (ermeneutica ecumenica). Altri temi di
analisi dell’organismo, che riunisce più di 340 Chiese in oltre 100 Paesi del
mondo, riguardano il processo di riflessione teologica su pace, giustizia e
riconciliazione intrapreso dalla Commissione nel contesto del decennio del
Consiglio Ecumenico delle Chiese dedicato a
“Vincere la violenza” (2001-2010). Ad intervenire al forum di Kuala
Lumpur saranno, fra gli altri, il segretario generale del WCC-COE, il reverendo
Samuel Kobia, e i segretari generali della Conferenza Cristiana dell'Asia e del
Consiglio delle Chiese della Malaysia. (R.M.)
A
SANTIAGO DEL CILE, IERI L’ULTIMO SALUTO DEI FEDELI A PADRE FAUSTINO GAZZIERO,
UCCISO SABATO SERA DA UNO SQUILIBRATO AL TERMINE DELLA MESSA.
ALLA CERIMONIA FUNEBRE HA PRESO PARTE ANCHE
IL CARDINALE
FRANCISCO
JAVIER ERRÁZURIZ, ARCIVESCOVO DELLA CAPITALE CILENA
SANTIAGO
DEL CILE.= Riposano da ieri nel
“Cementerio Católico” di Santiago, di cui era cappellano, le spoglie di padre
Faustino Gazziero de Stefani, ucciso sabato sera da un giovane probabilmente
legato a sette sataniche, mentre stava officiando la Messa nella Cattedrale
metropolitana di Santiago del Cile. “È stata una cerimonia toccante e molto
partecipata, con la presenza del cardinale Francisco Javier Errázuriz,
arcivescovo della capitale cilena, che ha presieduto la messa funebre, e
numerosi vescovi e sacerdoti. La Cattedrale era gremita”: è quanto racconta
all’agenzia Misna un confratello di padre Faustino, appartenente all'Ordine dei
Servi di Maria. “Padre Faustino forse avrebbe voluto una cerimonia più in
sordina, semplice come era lui: un sacerdote umile che lavorava in silenzio,
senza fare chiasso”, aggiunge il confratello. Nato il 29 aprile del 1935 a
Lozzo Atestino (Padova), padre Faustino Gazziero de Stefani si era trasferito
in Cile nel 1960 a soli 25 anni, subito dopo la sua ordinazione a sacerdote.
Nel Paese latinoamericano aveva proseguito i suoi studi e aveva ricoperto
numerosi incarichi. Da anni ormai era totalmente dedicato all'istruzione:
ricopriva infatti il ruolo di presidente della Fondazione Santa Teresa,
incaricata di gestire numerose scuole nel Paese. (A.G.)
IN
PRIMA LINEA NELLA DIFESA DEI POVERI: I MISSIONARI DEL
SACRO CUORE CELEBRANO 80 ANNI DI PRESENZA NELLA REPUBBLICA DEMOCRATICA DEL
CONGO
KINSHASA
- “Dobbiamo essere tra la popolazione, là dove esiste la miseria, per dare alla
gente la speranza, la speranza che la vita continua”. Così - rivela l’agenzia
Fides - i Missionari del Sacro Cuore spiegano il senso della loro missione in
un opuscolo pubblicato in occasione degli 80 anni della loro presenza nella Repubblica
Democratica del Congo e dei 150 anni della loro fondazione. Padre Fritz Rezac,
un missionario del Sacro Cuore che opera da anni in Congo, in una dichiarazione
ripresa dall’agenzia cattolica congolese DIA, afferma che i membri della congregazione
“preferiscono lasciare ad altri le parrocchie delle città, per andare a
lavorare là dove c’è più bisogno di amore: presso i malati i prigionieri, negli
ospedali, accanto ai giovani in difficoltà”. “In Congo” - dice padre Rezac “ -
il nostro carisma è necessario, perché vi sono molteplici situazioni dove
donare segni di speranza”. “Bisogna però essere realisti. Non possiamo avere
specialisti in ogni campo. Noi spesso siamo come una chiave-universale”. I
primi appartenenti alla provincia belga dei Missionari del Sacro Cuore sono
arrivati nell’allora Congo belga nel 1924, seguiti nel 1955 dai loro
confratelli della provincia della Germania e dell’Austria meridionale. I Missionari
del Sacro Cuore hanno evangelizzato le regioni che corrispondono alle attuali
diocesi di Mbandaka-Bikoro e di Bokungu-Ikela, fondate in pratica da questi
religiosi. Attualmente, la congregazione ha in Congo 9 religiosi belgi, 5
tedeschi e austriaci e 28 professi, dei quali 14 con voti perpetui. Dispongono
anche di un postulato e di un noviziato a Kinshasa e del centro culturale Aequatoria
a Bamanya. Quest’ultimo è un importante luogo di conservazione e di
trasmissione dei valori culturali africani. Il centro è stato fondato nel 1937
dai padri Gustaaf Hulstaert e Edmond Boelaert e ha avuto un ruolo significativo
nel promuovere l’inculturazione della fede nel Paese africano. (A.G.)
“APRIRE
UN VARCO ALLA SPERANZA”: E’ IL TEMA CHIAVE DEL 62.MO CORSO INTERNAZIONALE DI
STUDI CRISTIANI, IN PROGRAMMA AD ASSISI DAL 22 AL 27 AGOSTO PROSSIMI. L’EVENTO
E’ PROMOSSO DA PRO CIVITATE CHRISTIANA, COMUNITA’
DI BOSE, PAX CHRISTI E
L’EDITRICE QUERINIANA
ASSISI.=
“Aprire un varco alla speranza” è il tema del 62.mo Corso internazionale di
Studi cristiani che si terrà alla Cittadella di Assisi dal 22 al 27 agosto prossimo.
La Pro Civitate Christiana – afferma un comunicato - in collaborazione
con la Comunità di Bose, con Pax Christi e con l'Editrice Queriniana,
giunge all’appuntamento “in uno scenario mondiale particolarmente drammatico.
In tale contesto il tema della speranza si presenta come una sfida che intende
accettare il rischio delle domande scomode e inquietanti di cui sono portatori
quelle donne e quegli uomini che, a giudicare dai loro gesti estremi, possiamo
considerare i disperati della Terra”. Le tematiche dell’incontro, come è
tradizione della Pro Civitate Christiana, saranno affrontate in chiave
di dialogo e di dibattiti, sia attraverso l'approccio alle varie discipline
antropologiche, psicologiche, filosofiche, socio-politiche, sia nell'incontro e
nella testimonianza interreligiosa, che quest'anno vedrà coinvolti ebrei,
musulmani, cristiani e in intensi momenti di preghiera. Dopo il saluto del presidente
della Pro Civitate, Marco Marchini, darà il via ai lavori Enzo Bianchi,
fondatore e priore della Comunità di Bose. Tra gli interventi previsti quelli
di don Luigi Ciotti, dell’on. Maria Pia Garavaglia e del senatore Giorgio Tonini.
La relazione finale, sul tema “Giustizia e pace si baceranno”, sarà tenuta da
Oscar Luigi Scalfaro che ritorna alla Cittadella dopo due anni. (A.G.)
INIZIA
OGGI A CRACOVIA IL CAPITOLO GENERALE
DEI DEFINITORI DELL’ORDINE
DEI PREDICATORI
CRACOVIA.=
Prende il via oggi, in Polonia, il Capitolo Generale dei Definitori dell’Ordine
dei Predicatori presso il Convento della Santissima Trinità di Cracovia sulla
tomba di San Giacinto, il primo domenicano polacco. Il Capitolo dei Definitori
si distingue dalle altre due modalità assembleari - il Capitolo Generale e
quello dei Provinciali, per essere l’espressione della “base” dell’Ordine dei
Predicatori. In linea con lo spirito democratico e comunitario dell’Istituto
presente in tutta la legislazione domenicana, i Definitori partecipano in piena
autorità e autonomia alla preparazione delle leggi dell’Ordine, apportando alle
assemblee legislative la sensibilità, le tendenze e l’ottica del “popolo”
dell’istituto. A Cracovia si riuniscono circa 80 religiosi, tra i quali il
Maestro dell’Ordine, Fr. Carlos Azpiroz Costa, con il suo immediato
predecessore; 49 definitori eletti, uno per ogni entità dell’Ordine (38
province, 2 vice-province, 9 vicariati generali); 11 delegati eletti di alcuni
vicariati regionali o provinciali; 8 invitati del Maestro (laici domenicani,
monache domenicane, suore apostoliche domenicane, assistenti della Curia).
Oltre al lavoro in plenaria, è previsto l’approfondimento nei gruppi ristretti
delle seguenti tematiche: predicazione, vita intellettuale, vita comunitaria,
vocazione e formazione, governo ed economia. (A.G.)
=======ooo=======
28
luglio 2004
- A cura di Dorotea Gambardella -
Escalation di violenza in Iraq. E’ salito ad almeno 68
morti e 70 feriti il bilancio, ancora provvisorio, dell’attentato suicida
avvenuto stamani davanti al quartier generale della polizia di Baquba, una
sessantina di chilometri a nord di Baghdad. Lo ha reso noto il ministero della
Sanità iracheno. Ma non è l’unico episodio di sangue registratosi oggi nel
Paese. Il servizio è di Dorotea Gambardella:
*********
Secondo una prima ricostruzione dell’attacco a Baquba, un
furgone-bomba guidato da un autista kamikaze, è esploso mentre veniva affiancato
da un minibus. Dei 68 morti finora accertati, la maggior parte sarebbero
passanti. Nell’attentato stava rischiando la vita anche il ministro della
Sanità iracheno. Inoltre, due persone sono state uccise e altre cinque ferite
da un razzo, che ha colpito un quartiere residenziale del centro di Baghdad.
Tra le vittime, anche un bambino di 13 anni. E nel sud del Paese, sette
poliziotti iracheni e 35 guerriglieri sono rimaste vittime di uno scontro a
fuoco. Sangue anche a Suwaira, una cittadina sul Tigri 80 km a sud di Baghdad,
dove cinque agenti della polizia irachena sono stati uccisi ed altri 48 feriti
durante una battaglia con dei guerriglieri. A Kirkuk, due iracheni hanno perso
la vita nello scoppio della bomba che stavano maneggiando, mentre tentavano di
sabotare un oleodotto. Sul piano diplomatico, si aggrava la tensione
dell’Australia con Spagna e Filippine per il rifiuto del ministro degli Esteri
di Canberra, Alexander Downer, di presentare le proprie scuse dopo aver
dichiarato che con il ritiro delle truppe dall’Iraq, i due governi incoraggiano
il fenomeno dei rapimenti e rendono più difficile la guerra al terrore. In
merito alla vicenda delle torture, un ex detenuto iracheno, testimoniando in
un’azione legale federale negli Stati Uniti, ha accusato di abusi il generale
Janis Karpinski, ex comandante della rete delle prigioni in Iraq.
**********
Medio Oriente. Un urgente appello alla Corte suprema dello
Stato ebraico è stato rivolto da medici palestinesi e israeliani e membri di
organizzazioni umanitarie, affinché venga ordinato il ritorno nella striscia di
Gaza di oltre duemila palestinesi che da giorni sono fermi sul versante
egiziano del valico di Rafah, chiuso dalle autorità israeliane in seguito a
notizie di attentati. Intanto, fonti palestinesi hanno denunciato la demolizione
di 20 loro abitazioni da parte delle truppe israeliane a Khan Yunes, nella
striscia di Gaza.
Cinquemila persone fuggite dal Nord al Sud Corea in dieci
anni e quasi 500 solo negli ultimi due giorni in cerca di asilo politico a
Seul. L’esodo dal Paese comunista rischia di assumere proporzioni preoccupanti
per il regime di Pyongyang e per gli equilibri politici della regione, sulla
quale è puntato l’interesse delle grandi potenze. Sul fenomeno delle fughe,
ormai continue, dalla Corea del Nord, Giancarlo La Vella ha raccolto il
commento di Roberto Maggi, corrispondente Ansa per il Giappone e la Corea:
**********
R. - Difficile dire se si sia alla
vigilia di un progressivo sgretolamento interno del regime di Pyongyang, come
accadde alla fine degli anni ’80 per la Germania Est, oppure se si tratti di un
caso particolare, come, invece, sembrano sostenere le autorità sud-coreane.
D. – Da che cosa fuggono questi
profughi?
R. – Queste persone fuggono, ormai
da anni, da due mali che sono associati con il regime comunista nord-coreano:
un male che si è ingigantito negli ultimi 10 anni con la fame di massa, dopo
carestie e alluvioni, ed un male endemico a questo regime, che è la repressione
ideologica capillare dalla quale la gente ormai fugge in massa. Si pensa che ci
siano almeno 300 mila nord-coreani che si nascondono in Cina, dopo essere fuggiti
attraversando il confine, fino a pochi anni fa poco controllato, tra la Corea
del Nord e la Cina, e vivono lì clandestinamente.
D. – Potrebbe nascere un problema
umanitario proprio nel momento in cui il numero di queste persone dovesse
diventare più cospicuo e, quindi, di aiuti alla Corea del Sud per provvedere a
queste persone e alle loro famiglie?
R. – Sì, questo sicuramente sta
avvenendo e ieri il ministro dell’unificazione nazionale sud coreano per la
prima volta ha posto molto chiaramente il problema. Ha detto: “Finora la Corea
del Sud è riuscita ad assorbire senza traumi il flusso di profughi, ma – ha
aggiunto il ministro – se tra poco tempo il numero arriverà a superare le 10
mila unità, allora sicuramente la Corea del Sud dovrà rivedere completamente la
sua politica di accoglienza e dovrà studiare nuove forme, perché da sola forse
non ce la potrà fare.
**********
Si è risolto nel
sangue il sequestro di stanotte all’ambasciata cilena in Costarica: una guardia
giurata ha tenuto in ostaggio per sette ore dieci persone, poi ha ucciso il
console, Cristian Youssef, il segretario della sede diplomatica Roberto Nieto e
l’addetto diplomatico Rocio Sariego. Infine si è sparato un colpo alla testa.
Orlando Jimenez, 54 anni, questo il nome del sequestratore, avrebbe attuato il
suo gesto per protestare contro un eventuale trasferimento. Tutti salvi gli
altri sette ostaggi.
La
pressione internazionale per mettere fine al conflitto interetnico nella
regione sudanese del Darfur, che ha causato 50mila morti e 200mila profughi,
preoccupa il regime di Khartoum. Le autorità sudanesi hanno chiesto alla Lega
Araba di convocare una riunione urgente dei ministri degli Esteri dei vari
Paesi per esaminare la situazione attuale in Sudan e respingere le minacce
americane di sanzioni. Il servizio è di Giulio Albanese.
**********
Majzoub
al-Khalifa, titolare del dicastero dell’Agricoltura e capo dei negoziati con i
ribelli del Darfur, ha detto che “il suo governo rafforzerà le sue posizioni
per impedire qualsivoglia intervento straniero nella regione occidentale del
suo Paese, il Sudan, dove la violenza etnica contro la popolazione nera da
parte delle milizie nomadi islamiche, note come ‘Janjaweed’, sta provocando una
gravissima crisi umanitaria. La rabbia di Khartoum è stata inevitabilmente
acuita dalla presa di posizione del Congresso statunitense, che ha denunciato
come nel Darfur sia in atto un vero e proprio genocidio. Sta di fatto che
mentre crescono le pressioni internazionali contro il governo sudanese, Stati
Uniti ed Unione Europea hanno minacciato sanzioni se le autorità non fermeranno
i ‘Janjaweed’, garantendo al contempo l’accesso agli aiuti umanitari. Gran
Bretagna ed Australia avrebbero già fornito una disponibilità di massima ad
inviare truppe per un’operazione di pace.
Per la
Radio Vaticana, Giulio Albanese.
**********
Spagna. L’ex ministro
dell’Interno, Angel Acebes, ha invitato il governo Zapatero ad indagare a fondo
per identificare i “mandanti intellettuali” degli attentati dell’11 marzo
scorso e su un eventuale ruolo dell’Eta. Davanti alla Commissione parlamentare
che indaga sulle azioni terroristiche a Madrid prima delle elezioni che dettero
la vittoria ai socialisti, Acebes ha negato che il vecchio esecutivo abbia mai
mentito sull’accaduto.
=======ooo=======