RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLVII  n. 209 - Testo della Trasmissione di martedì 27 luglio 2004 

 

Sommario   

                                            

                   

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

La preoccupazione e lo sdegno di Giovanni Paolo II  per il rapimento del vescovo colombiano  mons. Vacca Ramirez. Dai sequestratori solo un messaggio alle autorità ma nessuna notizia del presule

 

Prosegue l’opera di carità della Fondazione “Populorum Progressio”: intervista con don Segundo Tejado Munoz

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Con un applauditissimo discorso dell’ex presidente Bill Clinton si e’ aperta a Boston la convention dei democratici, che giovedì incoronerà Kerry sfidante di Bush: nota di Empedocle Maffia

 

L’Indonesia tornerà alle urne il prossimo 20 settembre per il ballottaggio tra Yudhoyono e Megawati Sukarnoputri: ai nostri microfoni Francesco Montessoro

 

Due capitali europee a confronto sull’immigrazione: al Meeting in corso a Loreto ospiti oggi  i rispettivi sindaci di Roma e Parigi

 

“La masseria delle allodole” è il titolo del romanzo di Antonia Arsan, che ricorda, ai nostri microfoni, la storia del popolo armeno

 

CHIESA E SOCIETA’:

‘Migliorare la formazione dei religiosi da inviare nei santuari’: l’esortazione di padre Pierbattista Pizzaballa, Custode di Terra Santa, al termine del Capitolo elettivo svoltosi in questi giorni ad Amman

 

Centinaia i profughi nordcoreani arrivati a Seul: massiccio esodo che potrebbe incidere negativamente sul nuovo round negoziale tra le due Coree

 

Laurea honoris causa in medicina a padre Paolino Baldassarri, da 50 anni al servizio degli indios e dei poveri del Brasile

 

Al via a Quito, in Ecuador, il primo Forum sociale delle Americhe

 

Mercoledì prossimo, a Santiago del Cile, i funerali di padre Faustino Gazziero, ucciso sabato scorso da uno squilibrato, al termine della Messa nella Cattedrale della capitale cilena.

 

24 ORE NEL MONDO:

In Iraq, in diversi attacchi, tra ieri e oggi, tre persone morte e sedici ferite.

 

Risolta la crisi di governo in Medio Oriente: il premier palestinese, Abu Ala, ha ritirato le proprie dimissioni. Ancora violenze sul terreno.

 

La liberalizzazione degli scambi al centro del vertice del WTO al via da oggi a Ginevra.

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

27 luglio 2004

       

GIOVANNI PAOLO II DEFINISCE “INQUALIFICABILE”

 IL SEQUESTRO DEL VESCOVO COLOMBIANO MISAEL VACCA RAMIREZ,

RAPITO SABATO SCORSO DAI GUERRIGLIERI DELL’ELN,

E NE INVOCA LA LIBERAZIONE “SENZA INDUGI”

- A cura di Alessandro De Carolis -

 

Un atto “riprovevole” e “penoso” diretto contro un vescovo che si trovava in viaggio per portare il messaggio di pace e di speranza di Cristo ai poveri della sua diocesi. In una dichiarazione, resa nota questa mattina dalla Sala stampa vaticana, Giovanni Paolo II ha espresso “dolore e preoccupazione” per il rapimento di mons. Misael Vacca Ramirez, vescovo della diocesi colombiana di Yopal, sequestrato lo scorso fine settimana da uomini del Frente José David Suarez dell’Esercito di liberazione nazionale (ELN). Il Papa ha chiesto la rapida liberazione del presule.

 

“Il Santo Padre ha appreso con dolore e preoccupazione la notizia di tale atto criminoso, in nessun modo giustificabile – si legge nella dichiarazione -  e chiede con paterna fermezza la liberazione del presule, senza indugi. E’ estremamente penoso e riprovevole – prosegue la nota - che un vescovo, recatosi ad annunciare il Vangelo della pace e della speranza ai fedeli affidati alle sue cure, soprattutto ai più poveri, venga impedito in maniera così inqualificabile dall’esercitare liberamente il suo ministero pastorale”. Anche i vertici della gerarchia ecclesiale colombiana hanno espresso grande sconcerto per un’azione contro la Chiesa locale che non ha giustificazione apparente giacché, viene sottolineato, nelle scorse settimane i vescovi del Paese latinoamericano hanno più volte incontrato responsabili e portavoce dell’ELN, nel tentativo di proseguire la mediazione tra governo e guerriglia sul processo di pace interno. Cenni di cronaca sul sequestro, nel servizio di Maurizio Salvi:

 

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Mons. Vacca Ramirez è stato sequestrato verso le 8.00 di domenica, quando, insieme con due sacerdoti, si trovava in missione pastorale al confine fra i dipartimenti di Casanare e Boyacà. La notizia del rapimento è stata data alcune ore dopo a Yopal dai due religiosi rilasciati dai guerriglieri. Il segretario generale della Conferenza episcopale colombiana, mons. Fabian Marulanda, ha manifestato l’apprensione della Chiesa per il sequestro e ha chiesto il rispetto della vita del vescovo. Secondo alcune fonti, è possibile che mons. Vacca Ramirez possa essere liberato in tempi brevi dai guerriglieri con un messaggio per il governo del presidente Alvaro Uribe.

 

Da alcune settimane, infatti, esistono contatti informali ed ufficiali in vista di un dialogo di pace fra responsabili colombiani ed emissari della seconda guerriglia colombiana di sinistra per importanza dopo le Farc. “Se il rapimento è legato alla trasmissione di un messaggio – ha sostenuto il segretario della Conferenza episcopale – chiediamo che il rilascio avvenga nel più breve tempo possibile”. Da parte sua, infine, il nunzio apostolico nella capitale colombiana, mons. Beniamino Stella, ha indicato che, non appena conosciuti i particolari del sequestro, sono stati avviati contatti con i rapitori per risolvere rapidamente e positivamente la dolorosa vicenda.

 

Maurizo Salvi, per la Radio Vaticana.

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PROSEGUE L’OPERA DI CARITA’ DELLA FONDAZIONE “POPULORUM PROGRESSIO”.

APPROVATI NELL’ULTIMO CONSIGLIO DI AMMINISTRAZIONE IN BRASILE

231 PROGETTI A FAVORE DELL’AMERICA LATINA

- Intervista con don Segundo Tejado Muñoz -

 

Si è conclusa la scorsa settimana in Brasile l’annuale riunione del Consiglio di Amministrazione di “Populorum Progressio”. Nel corso dell’incontro la Fondazione autonoma, istituita da Giovanni Paolo II nell’ambito del Pontificio Consiglio “Cor Unum”, ha approvato 231 progetti su 263 esaminati, per un importo complessivo di 1.881.000 dollari. Ma come e dove si concretizzeranno queste iniziative di solidarietà? Barbara Castelli lo ha chiesto a don Segundo Tejado Muñoz, officiale del Pontificio Consiglio “Cor Unum” e membro della Fondazione “Populorum Progressio”:

 

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R. - I progetti della fondazione “Populorum Progressio” vengono investiti in particolare in tutti i Paesi dell’America Latina, dal Messico in giù e anche nei Caraibi. I progetti sono di diversa natura, vanno dall’educazione alla costruzione di piccoli centri, all’agricoltura, ecc. Le popolazioni che vengono aiutate con queste iniziative sono quelle più colpite dalla povertà in America Latina. Speciale riguardo è rivolto alle popolazioni indigene meticce, quelle afro-americane.

 

D. - Quando e perché è nata “Populorum progressio”?

 

R. - Nasce già da un’idea di Paolo VI, durante il suo viaggio in Colombia. Ma sarà Papa Giovanni Paolo II, il 13 febbraio del ’92, in occasione del V centenario dell’Evangelizzazione dell’America, ad istituire in modo legale questa fondazione, che inizia a lavorare da subito.

 

D. - Con lo sguardo rivolto al passato, quanto ha seminato questa fondazione?

 

R. - Credo tanto, ma ritengo che non sia solo una questione di quantità. La fondazione vuole essere un segno concreto dell’attenzione del Santo Padre per queste popolazioni, per il problema dell’emarginazione in America Latina, per le necessità dei più poveri e dei più bisognosi.

 

D. - Quali sono, oggi, le aree di maggiore emergenza?

 

R. - Credo che le aree di maggiore emergenza siano rappresentate dalle periferie delle città, dove è grave soprattutto la questione della violenza. Durante i giorni della riunione, ho avuto l’occasione di visitare la periferia di Medellin, per vedere alcuni progetti realizzati. Sono rimasto veramente colpito dal problema della violenza, dal disagio che esiste in tutte queste grandi periferie delle città, con livelli di povertà molto elevati.

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

In apertura di prima pagina la notizia del sequestro - in Colombia - del Vescovo di Yopal, Mons. Vacca Ramirez, da parte dell'Esercito di liberazione nazionale.

Il Papa chiede con "paterna fermezza" l'immediata liberazione del Presule.

Sempre in prima, un articolo dal titolo "La bandiera italiana torna a sventolare sulla vetta del K2". 

 

Nelle vaticane, il Documento finale del VI Congresso mondiale sulla pastorale del turismo (Bangkok, 5-8 luglio 2004).

La presentazione del Cardinale Salvatore Pappalardo ad un volume del Vescovo di Caltanissetta che raccoglie diverse "Lectiones divinae".

 

Nelle estere, Sudan, Darfur: s'intensifica la pressione diplomatica. Anche l'Unione Europea prospetta sanzioni al Governo di Khartoum.

 

Nella pagina culturale, un articolo di Irene Iarocci sul volume "Arte dell'ospitalità in Italia", un itinerario attraverso i secoli sulle tracce dell' "Homo viator".

Nell' "Osservatore libri" un approfondito contributo di Fernando Salsano in merito alla "Vita di Petrarca" di Giovanni Boccaccio, con testo latino e traduzione a fronte, a cura di Gianni Villani, edito dalla Salerno.

 

Nelle pagine italiane, in rilievo il dibattito sul Documento di programmazione economica e finanziaria (Dpef) presentato dal Governo alle parti sociali; critici Cgil, Cisl e Uil. La Confindustria chiede più rigore.

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

27 luglio 2004

 

 

CON UN APPLAUDITISSIMO DISCORSO DELL’EX PRESIDENTE BILL CLINTON,

 SI E’ APERTA A BOSTON LA CONVENTION DEL PARTITO DEMOCRATICO,

CHE GIOVEDI’ INCORONERA’ IL SENATORE JOHN FORBES KERRY

QUALE SFIDANTE DI GEORGE W. BUSH ALLE PRESIDENZIALI DEL 2 NOVEMBRE

- Nota di Empedocle Maffia - 

 

L’ex presidente Jimmy Carter, l’ex vicepresidente Al Gore, ma soprattutto Hillary e Bill Clinton sono state le star che hanno caratterizzato la prima giornata della Convention democratica, al FleetCenter di Boston. Giovedì prossimo, i cinque mila delegati democratici ufficializzeranno la candidatura del senatore John Forbes Kerry alla presidenza e quella del senatore John Edwards come suo vice. Intanto, ieri, l’ultimo presidente democratico, Bill Clinton, ha saputo infiammare, con un applauditissimo discorso, la platea del FleetCenter. Da Boston, Paolo Mastrolilli:

 

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Clinton ha accusato l’amministrazione Bush di aver diviso l’America scegliendo di favorire solo chi condivide i valori e gli interessi economici dei repubblicani, e dimenticando tutti i problemi che affliggono i più deboli, dalla sanità alla disoccupazione. Sul piano internazionale, poi, Bush ha deciso di polarizzare il mondo invece di guidarlo per guadagnare rispetto per gli Stati Uniti. Quindi, Clinton ha posto gli americani davanti ad una scelta: se condividono le scelte politiche di Bush che portano divisione, devono rieleggerlo, ma se pensano che sia possibile costruire “un’unione più perfetta”, devono votare un uomo come Kerry, che ha dimostrato la sua capacità di leadership da giovane quando andò volontario in Vietnam e da adulto col suo lavoro in Senato. Clinton è stato introdotto dalla moglie Hillary che ha esaltato le qualità umane e politiche del candidato democratico, accusando i repubblicani di aver alienato il mondo, perso posti di lavoro, aumentato il deficit e trascurato la stessa sicurezza nazionale dopo l’11 settembre. Prima di Hillary, l’ex-presidente Carter aveva detto che la politica estera di Bush ha danneggiato l’America e Al Gore lo aveva accusato di aver tradito le promesse fatte nel 2000, quando aveva vinto un’elezione che i democratici ancora contestano.

 

Da Boston, per la Radio Vaticana, Paolo Mastrolilli.

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Sugli interventi di ieri alla giornata inaugurale della Convention democratica, la nota dagli Stati Uniti di Empedocle Maffia:

 

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Dal primo giorno di dibattito, i democratici hanno comunicato al Paese un messaggio rassicurante. Per quanto le sfide siano dure per l’America, una nuova leadership può affrontarle con coraggio e senza arroganza, unendo il Paese sulle sue scelte e non dividendolo. Un messaggio rassicurante ad un elettorato che Bush e i repubblicani cercano, invece, di tenere sempre in tensione, tra la paura del terrorismo ed il sospetto verso il resto del mondo. Un messaggio che ha avuto i toni alti dell’ex presidente Carter, per il quale il rispetto della verità deve essere la base della democrazia, o l’amara ironia di Al Gore, che ha chiesto agli elettori repubblicani se Bush abbia mantenuto le promesse fatte quattro anni fa, o la lucidità dell’analisi di Bill Clinton, quando ha detto che i repubblicani per vincere hanno bisogno di un Paese diviso, i democratici no. Su questa immagine di compattezza e di impegno a rimettere assieme un Paese diviso come poche volte nella sua storia i democratici si affidano a John Kerry, leader che tutti gli oratori presentano come la scelta per uscire dall’emergenza del dopo 11 settembre. Un’emergenza fatta di debito pubblico, il più alto mai registrato, e di rotture sociali, le più drammatiche dai tempi della guerra civile. Resta la certezza che tra Kerry e la Casa Bianca ci sia solo la sua abilità nel prendere il voto degli indecisi e dei delusi.

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INDONESIA, QUASI UN PLEBISCITO PER YUDHOYONO:

MEGAWATI AL BALLOTTAGGIO, MA DEVE RINCORRERE

- Con noi, Francesco Montessoro -

 

A spoglio ormai ultimato, le elezioni presidenziali indonesiane confermano la tendenza già anticipata dalle proiezioni: nessun eletto al primo turno, nel voto del 5 luglio scorso. Ma vincitore morale è l’ex generale Yudhoyono, che ha ottenuto quasi 40 milioni di voti. La corsa per il secondo posto, che permette l’accesso al ballottaggio del 20 settembre, è stata vinta dalla presidente in carica, Megawati Sukarnoputri. Sentiamo Maurizio Pascucci:

 

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Yudhoyono ha ottenuto il 33,5 per cento dei voti, la maggioranza relativa, ben lontano dalla soglia del 50 per cento che avrebbe dovuto superare per aggiudicarsi da subito il mandato. L’Indonesia tornerà quindi alle urne il 20 settembre, per il ballottaggio tra Yudhoyono e l’attuale presidente Megawati Sukarnoputri la quale ha ottenuto il 26,6 per cento dei suffragi. Quattro punti percentuali in più rispetto al terzo incomodo, ovvero il generale Wiranto, che immediatamente dopo il voto sembrava in grado di superare la Sukarnoputri, seppure sul filo di lana. Invece, tra meno di un mese, sarà la presidente in carica ad affrontare il suo ex ministro alla sicurezza, Yudhoyono, che, uscito dal governo prima delle elezioni, è riuscito ad incarnare la delusione dell’elettorato per le promesse non mantenute da Sukarnoputri.

 

Maurizio Pascucci, per la Radio Vaticana.

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Sono dunque 7 punti percentuali a dividere i due candidati. E’ uno svantaggio incolmabile per la figlia di Sukarno o la presidente in carica ha possibilità concrete di vittoria? Andrea Sarubbi lo ha chiesto a Francesco Montessoro, docente di Storia dell’Asia all’Università statale di Milano:

 

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R. – Dipenderà dalle alleanze che Megawati riuscirà a fare. Credo che dalle urne emerga un indizio chiaro: nel voto del 20 settembre il favorito è Yudhoyono, che è il grande vincitore già adesso. Con un partito che può contare sul 7 per cento dei voti, Yudhoyono è riuscito ad ottenere un terzo dei consensi dell’elettorato. Ma comunque Megawati potrebbe trovare alleati nel Golkar, dunque non è fuori gioco.

 

D. - Diversi osservatori internazionali sono stupiti dall’assenza, nel ballottaggio, di Wiranto: il generale Wiranto è il leader del Golkar ed il Golkar è il partito più forte in Indonesia...  

 

R. – Wiranto era, in realtà, un candidato debole. Si è arrivati alla sua candidatura con una divisione del partito. Non a caso, uno degli esponenti del Golkar è il candidato alla vicepresidenza con Yudhoyono. Questa divisione nel Golkar non ha certamente favorito un candidato che ha, inoltre, un ulteriore elemento di debolezza: Wiranto è stato uno degli esponenti di maggior rilievo delle Forze armate al tempo di Suharto ed ha responsabilità dirette negli eccidi di Timor Est nel 1999. Sul piano internazionale, è una macchia indelebile.

 

D. – Il vincitore del primo turno, Yudhoyono, è stato l’organizzatore della lotta al terrorismo di marca islamica in Indonesia. Secondo lei, è stato questo a fargli ottenere così tanti voti?

 

R. – Secondo me, non tanto. È vero che, dopo il 2002, Yudhoyono ha svolto un ruolo significativo, in qualità proprio di ministro per la Sicurezza interna, ma credo che il segreto della sua vittoria sia soprattutto la sua abilità politica. Lo si riconosce come leader, qualità che viene riconosciuta invece a Megawati o a Wiranto in termini decisamente diversi ed attenuati.

 

D. – Ieri, mentre stava terminando lo scrutinio, c’è stato un attentato negli uffici della Commissione elettorale. Si può già parlare, secondo lei, dell’Indonesia come di un Paese democratico o è ancora presto?

 

R. – L’Indonesia è un Paese che ha dimostrato di sapere affrontare molto bene prove di tipo democratico. Dire che sia un Paese completamente democratico è però impreciso e non vero. Quella indonesiana rimane una democrazia in cui pesano elementi tradizionalmente ostili alla democrazia. Come, ad esempio, la componente militare.

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DUE CAPITALI EUROPEE A CONFRONTO SULL’IMMIGRAZIONE.

 AL MEETING IN CORSO A LORETO OSPITI OGGI 

I RISPETTIVI SINDACI DI ROMA E PARIGI

- Servizio di Giovanni Peduto -

 

Due capitali europee a confronto sul problema delle migrazioni: al centro del dibattito, questa mattina, al Meeting internazionale di Loreto, promosso dai missionari e laici Scalabriniani. A parlare di Roma e Parigi c’erano i rispettivi sindaci, Walter Veltroni e Khédidja Bourcart. Ai partecipanti è pervenuto il messaggio di saluto del presidente della Repubblica italiana, Carlo Azeglio Ciampi, che ha espresso apprezzamento per l’alto valore etico e sociale dell’iniziativa. Su quanto emerso a proposito della realtà dei migranti nelle grandi città, ascoltiamo il servizio da Loreto di Giovanni Peduto:

 

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Quasi la metà dei migranti e rifugiati in tutto il mondo, circa 86 milioni di adulti, è economicamente attiva, impiegata o impegnata in attività remunerative. Nei prossimi anni, il numero dei migranti internazionali in cerca di un’occupazione e di migliori condizioni di vita crescerà per mancanza di lavoro nei luoghi in cui le persone vivono. I nuovi arrivati contribuiscono al rinnovamento della popolazione e stimolano la crescita senza inflazione.

 

I Paesi di origine sperimentano, invece, il fenomeno della fuga di ‘cervelli’ di migranti qualificati. Quasi 400 mila scienziati e ingegneri, provenienti dai Paesi in via di sviluppo, lavorano nei settori della ricerca e sviluppo nei Paesi industrializzati. Diventa perciò necessario coordinare localmente le diverse politiche ed attività che interessano l’immigrazione, cioè l’accesso al mercato del lavoro e lo stimolo dell’attività economica locale; lo studio e l’apprendimento delle lingue; la fruizione dei servizi sociali e sanitari; l’accesso all’abitazione e la lotta per evitare discriminazioni negli spazi urbani. E poi, in particolare, la partecipazione a tutti gli ambiti della vita comunitaria per una buona interazione con la società autoctona, senza perdere di vista la necessaria partecipazione alla vita politica e democratica della società.

 

La Commissione Europea ha in progetto un Libro verde dedicato all’immigrazione con lo scopo di suscitare sull’argomento un dibattito a livello europeo. Lo ha reso noto Angela Martini della direzione generale Giustizia e Affari interni della Commissione. “L’idea – ha detto Martini – è nata dopo la diffusione, il mese scorso, di uno studio della Commissione Europea sulle connessioni tra migrazione legale ed illegale”. Nel documento, pur realizzato in tempi brevi, emergono chiari limiti delle politiche adottate dai singoli Stati membri dell’Unione, se non sono supportate da un rafforzamento delle consultazioni e da uno scambio delle informazioni a livello comunitario.

 

Per restare in Italia, una modifica profonda al testo di legge Bossi-Fini è stata chiesta dal segretario della CISL, Savino Pezzotta, ospite al Meeting. “Vanno cambiate – ha detto – quelle norme che sono in contrasto con la Costituzione italiana e negano i diritti civili agli immigrati”. Ribadendo la sua opposizione all’attuale legge sull’immigrazione, Pezzotta l’ha definita autoreferenziale e lontana dalla realtà concreta e ha sottolineato che le motivazioni ascritte alla recente sentenza della Corte costituzionale, che ha chiesto modifiche, confermano quanto già affermato dalle forze sindacali e sociali.

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“LA MASSERIA DELLE ALLODOLE”:

UN ROMANZO RICORDA IL GENOCIDIO DEGLI ARMENI,

UNA DELLE PAGINE PIU’ OSCURE DEL XX SECOLO

- Intervista con l’autrice, Atonia Arsan -

 

“La masseria delle allodole” è il titolo del romanzo, edito dalla Rizzoli, che ricorda una delle pagine più oscure della storia contemporanea: il genocidio degli armeni. L’autrice, Antonia Arsan, italiana di origine armena, racconta le peripezie di quattro ragazzini costretti nel 1915 a lasciare l’Anatolia, a causa della politica del partito dei Giovani Turchi, attratto dal mito di una grande Turchia in cui non c’era posto per le minoranze. Al microfono di Dorotea Gambardella la signora Arsan, docente di Letteratura italiana all’Università di Padova, spiega che cosa l’ha spinta a scrivere questo libro:

 

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R. – E’ la necessità di dare voce a queste esistenze spezzate nel fiore degli anni e dimenticate.

 

D. – Del genocidio armeno, purtroppo, si sa poco. Cosa lo ha scatenato?

 

R. – Soprattutto la decisione di attuare una pulizia etnica da parte del governo dei Giovani Turchi, che aveva preso il potere dopo il 1908 e che nel ’15 ha deciso di avviare questo primo processo di sterminio del XX secolo.

 

D. – Perché il silenzio della comunità internazionale?

 

R. – Dopo la guerra e dopo due anni in cui si è arrivati al trattato di Servr, che ha sancito l’esistenza di un focolare armeno in Anatolia, i successi della Turchia e la stanchezza delle nazioni vincitrici della guerra hanno fatto sì che degli armeni non si sia più parlato. Viene ricompattata la Turchia, la nazione armena è ormai scomparsa. Gli armeni orientali finiscono sotto il dominio sovietico e degli armeni occidentali, sparsi ormai in diaspora nei quattro angoli del mondo, non si parla più. Si arriva poi alla Trattato di Losanna del ’23, in cui addirittura scompare la parola armeno.

 

D. – Che cosa rappresenta la fede per gli armeni, primo popolo a proclamarsi cristiano oltre 1700 anni fa?

 

R. – La fede per gli armeni rappresenta una forma di identità, anche nazionale. Tanto è vero che appena un gruppo di armeni si stabilisce in una città viene immediatamente costruita una chiesa, che rappresenta il luogo dell’incontro. La liturgia è sentita come un qualcosa di estremamente vivo, nonostante si tratti di una liturgia di antiche tradizioni.

 

D. – Le sue pagine, pur essendo terribili, sono pervase però da una grande serenità. Da cosa deriva questa sua serenità?

 

R. – Mi sono resa conto che ci sono persone che organizzano e proclamano massacri spaventosi, la gente comune è purtroppo volta al massacratore e al massacrato. Questa è una battaglia che ognuno di noi deve combattere all’interno di se stesso. Quello che si deve usare è la testimonianza, che ha valore di memoria e che porta ad una presa di coscienza. Basandosi solo sull’indignazione si ha un’effimera ventata di odio e nient’altro.

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CHIESA E SOCIETA’

27 luglio 2004

 

MIGLIORARE LA FORMAZIONE DEI RELIGIOSI DA INVIARE NEI SANTUARI:

E’ L’ESORTAZIONE DI PADRE PIERBATTISTA PIZZABALLA, CUSTODE DI TERRA SANTA,

AL TERMINE DEL CAPITOLO ELETTIVO, SVOLTOSI IN QUESTI GIORNI AD AMMAN

 

AMMAN. = “Più religiosi nei santuari principali, studiare forme di illustrazione dei santuari che tengano conto delle nuove tecnologie informatiche, formazione anche in lingua araba”. Padre Pierbattista Pizzaballa, Custode di Terra Santa traccia, così, il cammino futuro della Custodia di Terra Santa, che nei giorni scorsi ad Amman, in Giordania, ha celebrato il suo Capitolo elettivo. In un’intervista all’agenzia Sir, padre Pizzaballa afferma: “Abbiamo discusso sul ruolo dei Luoghi Santi e sulla necessità di inviare più religiosi nei santuari principali. Dovremo inoltre studiare forme di illustrazione dei santuari che tengano conto delle nuove tecnologie informatiche”. Miglioramenti sono previsti anche nel sistema di comunicazione e informazione: riviste, editoria, internet. Lo scopo è quello di far conoscere di più e meglio le differenti comunità ecclesiali nel mondo”. Ma la vera sfida, per padre Pizzaballa, riguarda soprattutto “la formazione e la revisione delle strutture di governo”. Circa la formazione: “Da diversi anni la maggior parte delle vocazioni vengono dai Paesi arabi. Per cui nel nostro iter di formazione dobbiamo tenere conto della possibilità, o forse necessità, di studiare almeno in parte anche l’arabo. Lo studio delle lingue locali sarà parte integrante del cammino formativo. I Luoghi Santi restano ovviamente il luogo e l'ambiente necessario per tale formazione, ma non si esclude la possibilità di aprire qualche casa di formazione anche in Siria o Libano”. Per quanto riguarda la revisione delle strutture di governo, il Capitolo ha chiesto un maggior decentramento. “La Custodia si estende su 12 Paesi diversi ed è quindi necessario – ha concluso padre Pizzaballa - che le zone più lontane da Gerusalemme, o quelle con le quali la comunicazione è più difficile, abbiano una certa autonomia gestionale”. (A.G.)

 

 

CENTINAIA DI PROFUGHI NORDCOREANI SONO ARRIVATI, IN QUESTI GIORNI, A SEUL.

IL MASSICCIO ESODO POTREBBE INCIDERE NEGATIVAMENTE SUL NUOVO ROUND

NEGOZIALE TRA LE DUE COREE, IN PROGRAMMA LA PROSSIMA SETTIMANA

 

SEUL. = Oltre 200 profughi nordcoreani sono arrivati in questi giorni a Seul, capitale della Corea del Sud. Il gruppo, atterrato all’aeroporto militare di Sungnam a bordo di un aeroplano sudcoreano, è il più numeroso tra quelli composti da fuggitivi nordcoreani che periodicamente trovano accoglienza in Corea del Sud. A loro, si aggiungeranno altri profughi del Paese comunista, che dovrebbero far salire il numero totale a 460 persone. I nordcoreani, che prima di arrivare a Seul sono passati attraverso un ‘Paese terzo’ rimasto sconosciuto (forse il Vietnam), saranno ora sottoposti a interrogatori da parte di funzionari di agenzie governative per la sicurezza, soprattutto per verificare se tra loro vi siano eventuali spie. Successivamente seguiranno speciali corsi per adattarsi al nuovo stile di vita in un Paese diverso dal proprio. In media, la Corea del Sud accoglie un migliaio di nordcoreani all’anno, che in genere arrivano in piccoli gruppi di tre o quattro per volta. Di solito passano attraverso la Cina, che però li considera immigrati clandestini e rifiuta loro lo status di rifugiati. Di recente gli arrivi sono aumentati: si calcola che nei primi sei mesi del 2004 siano giunti a Seul 760 nordcoreani. Finora il governo sudcoreano del presidente riformista e progressista Roh Moo Hyun è stato molto prudente su questo terreno e attento a non pubblicizzare le defezioni, in considerazione della sua politica di dialogo e cooperazione con il Nord comunista. La prossima settimana è in programma a Seul un nuovo round di negoziati intercoreani a livello ministeriale e il massiccio esodo di oggi potrebbe creare tensioni tra le due Coree. (A.G.)

 

 

L’UNIVERSITA’ DELLO STATO AMAZZONICO DELL’ACRE ASSEGNA

 LA LAUREA HONORIS CAUSA IN MEDICINA A PADRE PAOLINO BALDASSARRI.

IL MISSIONARIO SERVITA, DA 50 ANNI SI PRENDE CURA

 DEGLI INDIOS E DEI POVERI DEL BRASILE

 

BRASILIA. = Padre Paolino Baldassarri, missionario dell’ordine dei Servi di Maria (Serviti), ha ricevuto in questi giorni la laurea “honoris causa” in medicina dall’università di Rio Branco, nello Stato amazzonico dell’Acre, in Brasile. Già vincitore del premio “Cuore amico” nel 1996, il sacerdote ha ottenuto la qualifica universitaria con questa motivazione: da oltre 50 anni è al fianco degli indios dell’Amazzonia, dedicandosi anche alla medicina e sviluppando conoscenze in campo sanitario utilizzate a favore dei più poveri. “L’amore e la fede contano più del diploma in tasca”, ha detto il missionario ricevendo la laurea. Nato a Quinzano (Loiano, provincia di Bologna) nel 1926 e ordinato sacerdote nel 1953 a San Paolo del Brasile, padre Baldassarri ha trascorso tutta la vita nel Paese latino-americano accanto ai più poveri e deboli. Ha realizzato scuole e cooperative e ha affiancato gli indios nella battaglia contro i latifondisti che distruggono la foresta. Nel 1996 il religioso ha ottenuto dall’allora presidente brasiliano, Fernando Cardoso, l’emissione di un decreto contro l’estrazione del mogano. (A.G.)

 

 

AL VIA A QUITO, IN ECUADOR, IL PRIMO FORUM SOCIALE DELLE AMERICHE.

 ALL’EVENTO, PARTECIPANO MIGLIAIA DI ESPONENTI DI ORGANIZZAZIONI

 NON GOVERNATIVE DI 40 DIVERSI PAESI

 

QUITO. = “Uno spazio aperto di dibattito per aumentare le capacità di resistenza sociale non violenta al processo di ‘disumanizzazione’ che sta vivendo il pianeta”: questo, nelle intenzioni degli organizzatori, dovrebbe essere il Primo Forum sociale delle Americhe, aperto a Quito alla presenza di migliaia di esponenti di organismi della società civile provenienti da 40 Paesi. ‘Figlio’ del Forum sociale mondiale tenuto nel 2001 a Porto Alegre, in Brasile, il Forum delle Americhe trasformerà per cinque giorni la capitale ecuadoriana in un’immensa piazza che ospiterà 350 eventi, tra seminari, conferenze e dibattiti dedicati a temi considerati cruciali per il futuro del continente, come la povertà, l’immigrazione, il debito estero, la tutela dell’ambiente, la corruzione. Si parlerà anche di Area di libero commercio delle Americhe (Alca), l’imponente progetto voluto dall’ammini-strazione Bush per creare entro il 2005 un mercato unico dall'Alaska alla Terra del Fuoco. Un progetto che si sovrappone ai trattati di libero scambio che la Casa Bianca sta discutendo singolarmente con Ecuador, Colombia e Perù e, prossimamente, anche con la Bolivia. Tra gli organizzatori del Forum, Azione ecologica, Agenzia latinoamericana d’informazione (Alai), Confederazione delle nazionalità indigene dell’Ecuador (Conaie) e Facoltà latinoamericana di scienze sociali (Flacso). (A.G.)

 

 

MERCOLEDI’ PROSSIMO, A SANTIAGO DEL CILE,

I FUNERALI DI PADRE FAUSTINO GAZZIERO, UCCISO SABATO SCORSO

DA UNO SQUILIBRATO, AL TERMINE DELLA MESSA

NELLA CATTEDRALE DELLA CAPITALE CILENA

 

SANTIAGO DEL CILE. = Si svolgeranno mercoledì, alle 10.00, i funerali di padre Faustino Gazziero de Stefani, ucciso sabato sera da un giovane probabilmente legato a sette sataniche, mentre stava officiando la Messa nella Cattedrale metropolitana di Santiago del Cile. La salma di padre Gazziero de Stefani, 69 anni, appartenente all'Ordine dei Servi di Maria, è vegliata nella Cattedrale dove sono accorsi per dare l’estremo saluto. L’agenzia Misna riferisce che il vescovo ausiliare di Santiago, mons. Cristián Contreras, non ha escluso che l’arcivescovado della capitale cilena decida di agire legalmente contro l’omicida, identificato come Rodrigo Enrique Orias Gallardo, 25 anni, ricoverato presso l’ospedale “Posta Central” dove versa in permanente stato di agitazione ed è mantenuto sotto sedativi. “Stiamo valutando questa possibilità, ma decidere spetta anche all’Ordine dei Servi di Maria. L’arcivescovado sarà molto rispettoso nei confronti di quello che riterrà opportuno l’Ordine”, ha detto il presule a Radio Cooperativa. Mons. Contreras ha avuto parole di elogio per l’attività che i missionari svolgono in Cile,ricordando i “sacerdoti che giungono da molti Paesi per lavorare tre, cinque anni e che poi finiscono per rimanere tutta la vita”. Nato il 29 aprile del 1935 a Lozzo Atestino (provincia di Padova), padre Faustino Gazziero de Stefani si era trasferito in Cile nel 1960 a soli 25 anni, subito dopo la sua ordinazione a sacerdote. Nel Paese latinoamericano aveva proseguito i suoi studi e aveva ricoperto numerosi incarichi. Da anni era totalmente dedito all’educazione. Ricopriva il ruolo di presidente della Fondazione Santa Teresa, incaricata di gestire numerose scuole nel Paese. Nella sola Santiago, padre Faustino coordinava 4 collegi dei Servi di Maria. Era rientrato in Italia per l'ultima volta quattro anni fa. (A.G.)

 

 

 

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24 ORE NEL MONDO

27 luglio 2004

 

- A cura di Dorotea Gambardella -

 

Non si arresta la spirale di sangue in Iraq. Tra ieri e oggi, in diversi attacchi hanno perso la vita tre persone e ne sono rimaste ferite sedici. I particolari nel servizio di Dorotea Gambardella:

 

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Nello scontro a fuoco di stamani, vicino all’ambasciata iraniana, nel pieno centro di Baghdad, oltre al ferimento di quattordici militari statunitensi, è stato ucciso anche un operaio iracheno mentre un altro civile è rimasto ferito. Nei pressi di Kerbala, un iracheno è morto ed un altro ferito nella deflagrazione di una bomba lungo una strada. Secondo la polizia locale, il bersaglio era una pattuglia polacca, ma l’ordigno è esploso in ritardo. Nella tarda serata di ieri il vicedirettore di un ospedale a Mahmudiya, a sud di Baghdad, è stato assassinato in un agguato armato contro l’auto con la quale stava rincasando. In merito alla vicenda dei due ostaggi pakistani, catturati venerdì scorso da un gruppo estremista islamico, un appello per la loro liberazione è stato lanciato da Islamabad. In un video trasmesso dalla televisione araba al Jazeera, i due rapiti, entrambi impiegati in una società del Kuwait, sono stati accusati di collaborazionismo dai loro sequestratori e minacciati di morte se il Pakistan invia truppe in Iraq. Dura la posizione del presidente iracheno, Ghazi al-Yawar, che ha escluso con forza ogni concessione delle autorità ai rapitori, definiti “nemici del popolo”. Sul piano diplomatico, l’esecutivo conservatore australiano, fedele alleato militare di Washington, che durante la guerra in Iraq ha inviato duemila soldati e ne mantiene nell’area circa 850, rasenta la crisi diplomatica con la Spagna e le Filippine. I due governi hanno, infatti, respinto le dichiarazioni del ministro degli Esteri di Canberra, Alexander Downer, secondo cui il ritiro dal Paese mediorientale dei contingenti militari incoraggia il fenomeno dei sequestri di persona e rende più ardua la guerra al terrorismo. Intanto, soddisfazione per il lavoro del battaglione di trasporto ungherese in Iraq è stata espressa dal segretario di Stato americano, Colin Powell, in visita lampo in Ungheria.

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Medio Oriente. Il premier palestinese, Abu Ala, ha annunciato di aver ritirato le sue dimissioni al termine di un incontro, svoltosi nella città di Ramallah, con il presidente dell’Autorità nazionale palestinese, Yasser Arafat. La crisi tra i due leaders era stata causata dal rifiuto di Arafat di rinunciare ai poteri di comando sui servizi di sicurezza. Sul terreno, due palestinesi sono morti e altri cinque sono stati feriti in uno scontro a fuoco con le truppe israeliane, avvenuto in un quartiere ad est della città di Gaza. Intanto, una cellula del movimento islamico Hamas, formata in parte da studenti dell’università di Nablus, che progettava una serie di attentati suicida in Israele, è stata scoperta dai servizi di sicurezza dello Stato ebraico.

 

“E’ necessario cambiare le leggi antiterrorismo”. Ne è convinto il ministro dell’Interno italiano, Giuseppe Pisanu, che in un’intervista al “Giornale” invoca un adeguamento degli ordinamenti alla minaccia terroristica a cominciare dal prelevamento di impronte digitali e foto per chi entra in Italia. Le parole di Pisanu giungono a pochi giorni dall’ultima minaccia di Al Qaeda. Il commento di Maurizio Calvi presidente del Ceas, Centro alti studi per la lotta al terrorismo nell’intervista di Paolo Ondarza:

 

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R. - Se il ministro ritiene che ci debba essere un’ulteriore legislazione io credo che questo sia, diciamo, eccessivo. Già gli strumenti che abbiamo a disposizione garantiscono un livello di sicurezza alto.

 

D. – Dal suo punto di vista, il ricorso alle foto ed alle impronte digitali quindi non potrebbero essere un ulteriore aiuto?

 

R. – Va benissimo, su questo non c’è dubbio, ma ci dobbiamo fermare solo là, perché il Paese è già attrezzato da un punto di vista legislativo.

 

D. – Solo sabato scorso nuove minacce sono state rivolte all’Italia dal sedicente braccio armato di Al Qaeda in Europa...

 

R. – E’ da tempo che questa minaccia è presente nel nostro Paese. Soprattutto la minaccia, a mio avviso, è su Roma, sulla città eterna.

 

D. – Probabilmente questa supposizione allarmerà i romani. In che modo possono vivere al meglio possibile questa minaccia?

 

R. – I cittadini dovranno soprattutto collaborare con le forze di polizia. Qualsiasi elemento, diciamo sospetto, e qualsiasi piccolo particolare deve essere segnalato.

 

D. – In Italia ci sono cellule di Al Qaeda, questo ormai è appurato, quanto sono diffuse?

 

R. – Per costruire un evento catastrofico nel nostro Paese, dal punto di vista della minaccia terroristica, non vi è dubbio che c’è bisogno di una lunga incubazione. C’è bisogno poi di un’organizzazione capillare dal punto di vista internazionale, c’è bisogno di forti flussi finanziari, credo che tutti e tre gli elementi siano presenti e sia quindi fortemente presente la minaccia nel nostro Paese.

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 “Di fronte ad una situazione in cui la sicurezza  dei nostri cittadini richiede che si agisca al di fuori dei confini, occorre riesaminare le nostre istituzioni”. Lo ha affermato l’alto rappresentante dell’Unione europea per la politica estera e di sicurezza, Javier Solana, intervenendo alla quinta conferenza degli ambasciatori, al via da oggi per tre giorni alla Farnesina, a Roma. Solana ha sottolineato, dunque, l’importanza di rafforzare il settore europeo della sicurezza, ma anche di una risposta multilaterale alle sfide del terrorismo e lo sviluppo di una società internazionale, in cui le Nazioni Unite siano “il cuore del sistema”.

 

Continua in India e in Bangladesh il rinvenimento dei corpi delle vittime causate dalle violente inondazioni di questi giorni. Sarebbero oltre 1100 le vittime in tutto il Sud dell’Asia. Diversi milioni i senzatetto.

 

Al via oggi a Ginevra la riunione del Consiglio generale dell’Organizzazione mondiale del commercio (Wto), i cui lavori si protrarranno fino a venerdì. Il vertice punta al rilancio dei negoziati per la liberalizzazione degli scambi, un tema che ha già provocato profonde lacerazioni tra Paesi del Nord e del Sud del mondo a proposito dell’agricoltura. Al riguardo, il presidente del Consiglio generale del Wto, il giapponese Oshima, ha elaborato una bozza di documento che elimina le sovvenzioni per le esportazioni agricole. Stamani, inoltre, i 147 Paesi membri del Wto si sono detti d’accordo ad aprire negoziati per un eventuale ingresso della Libia nell’Organizzazione. Ma che significato ha tale decisione? Giada Aquilino lo ha chiesto all’economista Riccardo Moro, direttore della Fondazione Giustizia e Solidarietà, promossa dalla Conferenza episcopale italiana:

 

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R. - È un ulteriore passo nel percorso di avvicinamento della Libia alla comunità internazionale e, soprattutto, un’etichetta di affidabilità che tutti hanno interesse a dare a Tripoli, soprattutto il Nord del mondo, nel momento in cui c’è una situazione di tensione come l’attuale. C’è da dire poi che la Libia è sempre stata un elemento di pericolosità nell’area mediorientale in passato: oggi tale posizione è mutata e la Libia è diventata una testa di ponte interessante.

 

D. - Alla riunione di Ginevra si tenta di rilanciare i negoziati per la liberalizzazione del commercio mondiale tra Nord e Sud del mondo. Perché?

 

R. – Oggi abbiamo mercati del Sud che sono fortemente liberalizzati e mercati del Nord che, in materia di agricoltura, sono fortemente protetti. Per molti anni il Nord del mondo, usando la Banca mondiale ed il Fondo monetario internazionale, ha proposto - o qualcuno dice imposto - ai governi del Sud le cosiddette politiche di liberalizzazione radicale dei mercati, invitandoli ad eliminare i dazi e ogni tipo di intervento dello Stato nel mercato e, semmai, ad aumentare le loro esportazioni. I Paesi del Nord, però, hanno continuato ad avere agricolture molto protette. Ora avviene che i Paesi del Sud esportano prevalentemente materie prime, in maggioranza prodotti agricoli, che arrivano a prezzi bassi sui mercati del Nord, ma qui sono ostacolati da dazi e da aiuti che proteggono i prodotti locali. All’interno del Wto, quindi, si è presa coscienza che è necessario sanare tale situazione.

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Torniamo in Italia. L’ambasciatore libico a Roma, Adulati Ibrahim Alobidi, ha avvertito che se da parte del governo italiano ci saranno ritardi nel fornire i mezzi per rimpatriare gli immigrati “il loro numero potrà essere tale da diventare incontrollabile”. Intanto, sono terminate la scorsa notte le operazioni di salvataggio dei 236 clandestini, tra cui 54 donne e 13 minori, soccorsi al largo di Linosa, in Sicilia. Gli extracomunitari erano a bordo di un natante affondato per una falla subito dopo che tutti sono stati trasbordati sulle motovedette della Guardia Costiera e su una nave militare.

 

 “Si avverte in Italia l’esistenza di una nervatura che supera le polemiche politiche e tiene collegate le varie componenti del sistema sociale, amministrativo ed economico”. Lo ha detto il presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi, nel suo discorso al Quirinale, durante lo scambio di auguri con l’Associazione stampa parlamentare. Ciampi ha indicato l’Italia delle cento province e degli ottomila comuni come esempio delle virtù nazionali: nella serietà del lavoro, nella capacità di dialogo e del rapporto tra le forze politiche e sociali.

 

Oltre duecento rifugiati nordcoreani in cerca di asilo politico in Corea del Sud sono giunti a Seul a bordo di un aereo proveniente da un Paese del Sud-est asiatico. Si tratta del più massiccio esodo in un solo giorno dal regime dittatoriale di Kim Jong Il. Lo hanno reso noto fonti dell’organizzazione missionaria protestante sudcoreana “Durihana”. Intanto, il ministro della Difesa di Seul, Cho Young-Kil, ha presentato le proprie dimissioni in seguito ad un’ingente fuga di notizie circa un incidente navale in Corea del Nord.

 

Il ministero degli Esteri di Parigi ha confermato il rilascio da parte degli Stati Uniti di quattro francesi e non sette come era stato detto inizialmente, finora detenuti nel carcere speciale per sospetti terroristi islamici nella base militare di Guantanamo, a Cuba. I quattro uomini vi erano rinchiusi da oltre due anni. Nella nota ministeriale si precisa che presto sarà possibile la liberazione di altri francesi detenuti nel penitenziario cubano.

 

Due miliziani ceceni filo-russi sono stati uccisi a Grozny in un attentato dei ribelli indipendentisti. Lo hanno riferito fonti del Ministero degli Interni ceceno, citate dall’agenzia di stampa russa Interfax. Intanto, il leader militare della guerriglia cecena, Samil Basayiev, ha affermato in un video di aver guidato personalmente il sanguinoso raid del 21 e 22 giugno scorsi contro il Ministero degli Interni a Nazran, capitale della piccola repubblica autonoma del Caucaso.

 

 

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