RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno XLVII n. 208 - Testo della
Trasmissione di lunedì 26 luglio
2004
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
Ancora
sangue in Iraq. Quattro morti a Mosul. Assassinato un alto funzionario del
Ministero dell’Interno ad interim. Nelle mani dei sequestratori iracheni anche
due civili pakistani e un iracheno - Medio Oriente. Uccisa
una disabile palestinese nella Striscia di Gaza - Al via da stasera a Boston
la convention del Partito democratico statunitense, che nominerà ufficialmente
John Kerry suo candidato alla Casa Bianca.
26 luglio 2004
E’
NECESSARIO CHE IL GOVERNO SUDANESE, IN COLLABORAZIONE CON LA COMUNITÀ
INTERNAZIONALE, GARANTISCA L’ASSISTENZA E IL RITORNO AI LORO VILLAGGI A QUANTI
SONO STATI PRIVATI DI TUTTO. COSI’ IL PRESIDENTE DI COR UNUM MONS. CORDES AL RIENTRO DALLA MISSIONE NELLA
MARTORIATA REGIONE DEL DARFUR. IERI L’APPELLO DEL PAPA PER LA FINE DELLE
OSTILITA’ IN SUDAN E NEL NORD UGANDA
“Mi rivolgo alla comunità
internazionale e ai responsabili politici” perché si ponga fine al drammatico
conflitto che da oltre 18 anni attanaglia il Nord Uganda e allo stesso tempo
non si dimentichi la difficile situazioni che vivono i nostri fratelli nel
Darfur. E’ il vibrante appello che ieri Giovanni Paolo II ha espresso nel corso
dell’Angelus domenicale. Parlando dei drammi che ancora oggi prostrano il
continente africano, il Papa ha chiesto particolare attenzione per la regione
occidentale sudanese, dove l’inasprirsi delle ostilità di questi ultimi mesi ha
“portato con sé più povertà, disperazione e morte”. Proprio oggi ha fatto
rientro dal Sudan mons. Paul Cordes, inviato del Papa e presidente del
Pontificio Consiglio “Cor Unum”. Il servizio di Barbara Castelli:
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E’ necessario che il governo sudanese, in collaborazione
con la Comunità internazionale, garantisca l’assistenza e il ritorno ai loro
villaggi a quanti sono stati privati di tutto, persone costrette a fuggire e
che “vivono in condizioni indegne dell’uomo”. Scrive così mons. Paul Josef
Cordes, presidente del Pontificio Consiglio Cor Unum, al rientro oggi
dalla missione in Darfur. Il presule è stato inviato da Giovanni Paolo II nel
Paese africano “al fine di esprimere la sua vicinanza di padre alla Chiesa in
Sudan, e specialmente agli sfollati e rifugiati della regione del Darfur”. Migliaia
di civili in questi ultimi mesi sono morti a causa dei combattimenti che vedono
opporsi gruppi armati della popolazione locale, contro le milizie arabe e
filogovernative dei Janjaweed.
Il viaggio di mons. Cordes, che ha incontrato le autorità
religiose e civili locali oltre a visitare i numerosi campi profughi, “ha
trovato larga copertura e attenzione nei mass-media arabi locali. La Chiesa in
Sudan e i rappresentanti del governo hanno espresso ripetutamente la loro
sincera gratitudine al Santo Padre per la sua preoccupazione per il Paese
africano e per tutti i sofferenti”. “Purtroppo - si legge ancora nel comunicato
di mons. Cordes - la guerra nel Sudan è stata trascurata e ignorata
dall’opinione pubblica per troppo tempo. Finalmente oggi il mondo segue questo
Paese con attenzione, mentre i responsabili che ispirano la politica
internazionale hanno scoperto il proprio dovere di guardare al di là dei propri
interessi”.
Il Sudan, inoltre, è stato oggi al centro di una riunione
dei ministri degli esteri europei a Bruxelles. ''Il Consiglio - si legge in un
comunicato finale - chiede al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite di
promuovere una risoluzione che preveda di prendere ulteriori azioni, inclusa
l’imposizione di sanzioni, nel caso in cui il governo del Sudan non adempia
immediatamente ai suoi obblighi ed impegni”.
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Per conoscere la situazione in cui vivono migliaia di
persone nella regione occidentale del Sudan, Barbara Castelli ha intervistato
Emanuela Salvatori, portavoce di “Save the Children Italia”. L’organizzazione
internazionale indipendente di tutela e promozione dei diritti dei bambini nel
mondo ha lanciato nei giorni scorsi, insieme con altre Ong, un appello a favore
della popolazione del Darfur, stremata dal permanere della violenza.
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R. – Stando ai dati
e ai resoconti che ci arrivano, la situazione continua ad essere assolutamente
drammatica. Si parla di 2.200.000 civili coinvolti in questa crisi umanitaria.
Di questi due milioni, circa 180 mila sono rifugiati attualmente in Ciad, le
altre persone sono sfollate all’interno della regione. E teniamo presente che
si tratta di una regione, il Darfur, una volta e mezzo la Francia, con ampie
zone desertiche. Molte di queste persone, quindi, almeno la metà, sono tuttora
irraggiungibili.
D. – Quali sono le emergenze cui bisogna far fronte?
R. – Le principali
emergenze sono da una parte quella sanitaria e alimentare, dall’altra
sicuramente il problema relativo alla sicurezza, sia degli sfollati sia dei
rifugiati. Per quanto riguarda l’emergenza sanitaria adesso è iniziata la
stagione delle piogge, quindi tutto si complica. C’è il rischio di epidemie di
colera e di diarrea perché le piogge portano con sé rifiuti che possono inquinare
le falde acquifere. Di conseguenza si sta procedendo a delle campagne di
vaccinazioni d’urgenza proprio per prevenire ed evitare queste epidemie. Nel
caso, per esempio, di bambini malnutriti, già disidratati, potrebbero
rappresentare una causa di morte. Sotto il profilo della sicurezza a noi stanno
particolarmente a cuore i bambini, che separati dalle loro famiglie, arrivano
soli nei campi. Importante poi la sicurezza per le donne, che continuano ad
essere oggetto di violenze e di aggressioni.
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L’attenzione del Papa ieri all’Angelus è stata rivolta
anche alla situazione del Nord Uganda, sconvolto da “un disumano conflitto”,
lungo oltre 18 anni, che “coinvolge milioni di persone, soprattutto bambini”.
Barbara Castelli ha raccolto il commento di Roberta Rughetti, dell’unità
progetti dell’organizzazione Amref Italia.
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R. - La situazione in Nord Uganda
è drammatica. Nel novembre 2003 il vicesegretario generale dell’Onu ha
denunciato la situazione umanitaria, sottolineando che si trattava di una
situazione peggiore di quella in Iraq. Nonostante questo, l’emergenza richiama
ancora molto poco l’attenzione internazionale. Si calcola che finora le vittime
del conflitto, iniziato nel 1987, siano oltre 100 mila, mentre sono un milione e
600 mila gli sfollati, costretti a vivere nei campi profughi, e più di 25 mila
i minori sequestrati dai ribelli. Ai bambini soldato, si aggiunge un numero
imprecisato di bambini, definiti “pendolari della notte”, cioè bambini che, nel
timore di cadere vittime degli arruolamenti forzati da parte dei ribelli, sono
costretti ad abbandonare al tramonto i villaggi e le famiglie e passare la
notte in città, con una stuoia e un sacchetto di plastica per il ricambio,
lontani dalla protezione e dal calore familiare.
D. – L’attenzione
del Papa si è rivolta in modo particolare, proprio al dramma dei bambini
soldato. Quali sono le cause scatenanti di questa piaga?
R. – Il problema
principale è legato alla presenza dei ribelli dell’Esercito di resistenza del
signore, ribelli guidati da un leader mistico e carismatico, Joseph Koni.
Quest’ultimo è salito al potere una volta instauratosi il governo Museveni,
l’attuale governo ugandese, e ha dato il via alle ostilità, all’inizio, per
rivendicare le atrocità degli acholi, l’etnia presente a Nord. Ben presto, tuttavia,
l’etnia stessa degli acholi si è trasformata nelle vittime principali di questi
ribelli. I ribelli per evitare lo scontro diretto con le forze governative,
preferiscono scagliarsi contro un più facile obiettivo, i civili e i bambini.
Questi ultimi sono appunto la risorsa dell’esercito stesso. Vengono reclutati a
forza, spesso drogati e costretti a mutilare, ad uccidere a loro volta, per
scampare le punizioni o addirittura la morte. I metodi di addestramento sono
estremamente brutali. Spesso i bambini vengono drogati ed è difficile allora,
una volta che sfuggono ai ribelli, poterli reinserire in un contesto sociale.
D. – Cosa sta facendo la comunità internazionale per il
conflitto in Nord Uganda?
R. – Purtroppo la
Comunità internazionale non è presente in maniera decisiva in Uganda. C’è una
forte presenza di Organizzazioni non governative italiane e altre
internazionali, che stanno facendo un ottimo lavoro nel Nord Uganda. Purtroppo,
tuttavia, tutto questo non è sufficiente per far fronte ai bisogni impellenti
della gente, bisogni che è difficile gestire senza una presenza della comunità
internazionale.
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PAPA E
INSIEME PELLEGRINO, AI PIEDI DELLA MADONNA DI LOURDES.
IL
VESCOVO RENATO BOCCARDO HA ILLUSTRATO STAMANI ALLA RADIO VATICANA
I
MOMENTI CHIAVE DEL PROSSIMO PELLEGRINAGGIO DEL PONTEFICE
-
Intervista con il presule -
Non un viaggio, ma un “pellegrinaggio apostolico”. E’
questa la dicitura ufficiale che accompagnerà la prossima visita che Giovanni
Paolo II compierà a Lourdes, tra il 14 e il 15 agosto. La definizione di
pellegrinaggio esprime bene i sentimenti con i quali il Papa si appresta a
tornare, dopo la prima volta del 1983, sul luogo delle apparizioni della
Vergine alla giovane Bernadette, nell’ormai celebre Grotta di Massabielle ai
piedi dei Pirenei. Nei giorni in cui la Chiesa celebrerà il 150.mo anniversario
della proclamazione del dogma dell’Immacolata Concezione, il Pontefice scandirà
con i tipici gesti del pellegrino in visita a Lourdes i momenti salienti del
suo soggiorno nel Santuario. Momenti che questa mattina il vescovo Renato
Boccardo, segretario del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni sociali e
organizzatore dei viaggi pontifici, ha illustrato, nel presentare il pellegrinaggio
alla Radio Vaticana. Ascoltiamolo il presule, al microfono di Alessandro De
Carolis:
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R. - Sono i momenti
di ogni pellegrino: dall’arrivare direttamente davanti alla grotta,
raccogliersi in preghiera e accogliere l’invito della Madonna “Andate a bere
alla fontana e a lavarvi”. Dunque, il gesto simbolico di bere l’acqua della sorgente,
che ricorda l’acqua del Battesimo e la vita della grazia, mi sembra un segno
particolarmente eloquente in questo anno dell’anniversario del dogma
dell’Immacolata. Con l’Immacolata Concezione di Maria noi ricordiamo l’opera
della grazia di Dio, che purifica, che rinnova e che ridona l’innocenza
originaria. Secondo momento è la preghiera del Rosario. Nel pomeriggio del
sabato 14 agosto, il Santo Padre parteciperà al Rosario itinerante sul grande
prato, di fronte alla Grotta di Massabielle, durante il quale saranno meditati
i misteri luminosi per ricordare questa presenza di Gesù nella storia degli
uomini come salvatore e come redentore. Ancora, il sabato sera la tradizionale
processione aux flambeaux. Il Papa parteciperà dal terrazzo della sua
residenza a questo momento di devozione
mariana. E poi il momento centrale di ogni pellegrinaggio, la celebrazione
dell’Eucaristia, sul grande prato di fronte alla Grotta, con tutti i pellegrini
convenuti per l’occasione. Infine, un ultimo momento costituivo del pellegrinaggio
è sempre quello della preghiera personale, silenziosa, davanti alla grotta.
Anche il Papa lo farà. La domenica pomeriggio, il 15 agosto, prima di lasciare
i Santuari, si raccoglierà in preghiera personale e silenziosa per un lungo
tempo davanti alla Grotta di Massabielle.
D. – Si sa che la
residenza che ospiterà il Papa durante il suo pellegrinaggio è la casa che
accoglie i malati nel santuario di Lourdes e questo ha fatto un gran parlare …
R. – Sì, il Papa
sarà alloggiato nella Hospitalitè Notre-Dame perché è quella che meglio risponde alle esigenze
dell’accoglienza. Ma il Papa non deve alloggiare in una casa per infermi per
dire la sua prossimità e la sua vicinanza al mondo della sofferenza. Il Papa si
reca oggi a Lourdes, pellegrino, anziano, segnato anche dalla malattia e dalla
sofferenza. Come Papa intende onorare la misericordia e la grazia di Dio nella
persona di Maria di Nazareth e proporre questo esempio di santità e di bellezza
della vita e della grazia a tutti i cristiani.
D. – Quest’anno il
tema annuale a Lourdes è quello della roccia, ‘Cristo roccia’, e c’è anche una
curiosità, profondamente simbolica, legata a questo tema …
R. – Sì, in questo
anno i Santuari hanno voluto segnare questa dimensione costruendo un nuovo
altare all’interno della Grotta di Massabielle. L’altare, che per tanti è
servito per le celebrazioni, è stato sostituito con un masso di pietra della
roccia proprio dei Pirenei, proveniente da una delle cave di quelle montagne,
adattato appositamente per la celebrazione dell’Eucaristia. Anche visivamente,
dunque, all’interno della Grotta di Massabielle, fatta di pietra, un’altra
grande pietra ricorda Cristo come pietra fondamentale.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Apre la prima pagina, con
grande rilievo, il titolo "Non abbandonare l'Africa": sottolineando
il significato della missione del presidente del Pontificio Consiglio "Cor
Unum", suo inviato tra le tribolate popolazioni del Darfur, in Sudan,
Giovanni Paolo II rilancia un appello accorato ai responsabili politici e alle
Organizzazioni internazionali affinché sia vinta l'indifferenza.
Il Papa ricorda che da più di
18 anni il Nord dell'Uganda è sconvolto da un disumano conflitto, che coinvolge
milioni di persone, soprattutto bambini.
Nelle vaticane, una pagina
dedicata al cammino della Chiesa in Europa.
Nelle estere, Medio Oriente:
nei territori ancora sangue e tensioni. Imponente protesta dei nazionalisti
contro il progetto governativo di ritiro.
Nella pagina culturale, di
apertura un articolo di Angelo Marchesi dal titolo "Bobbio 'non credente'
".
Nelle pagine italiane, in
rilievo il tema delle pensioni: settimana decisiva per la riforma.
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26 luglio 2004
IN BANGLADESH GRAVISSIME
LE CONSEGUENZE DELLE INONDAZIONI
Continua ad aggravarsi il
bilancio delle inondazioni in India, e negli ultimi giorni anche in Bangladesh.
Oltre 500 le vittime in India mentre in Bangladesh i morti sono già almeno 200
e 125 mila i senzatetto ospitati dai centri d’accoglienza. Metà della capitale,
Dacca, è sommersa dalle acque ed il sistema fognario è fuori uso: cresce di ora
in ora, quindi, il rischio di epidemie. Situazione drammatica anche nel resto
del Paese: 35 i distretti colpiti dalle alluvioni. Ma quali sono le condizioni
della popolazione civile in queste ore drammatiche? Giancarlo La Vella lo ha
chiesto a padre Alfio Coni, missionario saveriano da trent’anni in Bangladesh:
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R. - Attualmente milioni di persone sono colpite da queste alluvioni.
D. – Il Bangladesh è un Paese soggetto a questo tipo di catastrofi
naturali. E’ mai stato fatto qualcosa per cercare di prevenire?
R.- Purtroppo non è stato fatto quanto si sarebbe dovuto. Il
Bangladesh è una zona molto bassa rispetto al livello del mare ed è sul delta
di tre-quattro fiumi molto grossi, per cui è facile che, non essendo stato
fatto alcun drenaggio a questi fiumi, l’acqua ad un certo punto deborda ed
invade tutti i campi, i villaggi e le città.
D. – La popolazione è soggetta, chiaramente, al dramma
dell’inondazione, ma anche al dopo inondazione, cioè al rischio di epidemie.
Che tipo di intervento bisognerebbe fare a livello anche internazionale?
R. – A livello internazionale, la cosa migliore sarebbe assicurare a
queste popolazioni vaccini o medicine contro le malattie gastrointestinali.
Secondo, bisognerebbe fornire cibo già pronto, perché non hanno dove cuocere.
Purtroppo, da parte del governo, qui non è che si faccia tanto.
D. – Voi missionari siete chiamati a fare qualcosa, in questa
emergenza?
R. – Certo. Noi facciamo quello che possiamo. In tutte le missioni noi
mettiamo a disposizione i nostri locali, le nostre scuole, in modo che queste
popolazioni possano rifugiarsi in un luogo un po’ più alto, rispetto al livello
del mare, e dunque almeno all’asciutto.
D. – Ci sarà una ricaduta negativa anche a lungo termine, visto che le
inondazioni hanno distrutto gran parte delle piantagioni e la popolazione vive
soprattutto di agricoltura…
R. – Sì, purtroppo ci sarà una ricaduta proprio perché l’economia del
Bangladesh è basata soprattutto sull’agricoltura. Questo è abbastanza naturale.
Succede quasi tutti gli anni che, quando aumenta il livello delle acque, i
raccolti vanno persi. Però, quest’anno la gravità sembra davvero eccezionale.
Anch’io non pensavo che fosse così devastante, ma ormai si fanno dei paragoni
con alluvioni del passato, tipo quella del 1998 o addirittura del 1998, in cui
c’è stato veramente un gran disastro che ha interessato quasi tutto il Paese.
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LA
CONVENZIONE DELL’ONU SUI DIRITTI DEI MIGRANTI
AL
CENTRO DELLA TAVOLA ROTONDA PROMOSSA QUESTA MATTINA NELL’AMBITO
DEL
VII MEETING INTERNAZIONALE SULLE MIGRAZIONI, APERTOSI IERI A LORETO
Uno spettacolo etnico di musica
cubana con i Sabor latino ha chiuso
ieri sera la prima giornata del VII Meeting internazionale sulle
migrazioni promosso a Loreto dai padre Scalabriniani. Questa mattina i relatori
hanno affrontato il primo dei temi in programma “La Convenzione dell’Onu sui
diritti dei migranti”. Si sono succeduti a parlare l’arcivescovo Silvano
Tomasi, osservatore permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite di
Ginevra; Patrick Taran, dell’Organizzazione internazionale del lavoro, sempre a
Ginevra; Angela Martini, funzionario della Commissione europea e Savino
Pezzotta, segretario della Cisl. Ascoltiamo il servizio da Loreto di Giovanni
Peduto:
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Un numero crescente di Paesi è
attualmente interessato al fenomeno migratorio e ciò richiede l’adozione di un
approccio multilaterale da parte di tutti gli Stati, piuttosto che risposte
unilaterali. Secondo i dati dell’ultimo rapporto dell’Ufficio internazionale
delle migrazioni di Ginevra, nel corso degli anni ’90 il numero dei migranti è
aumentato di circa sei milioni l’anno. Se i 175 milioni di migranti
internazionali, registrati nel 2000, formassero una singola entità politica,
essi rappresenterebbero il quinto Paese più popoloso del mondo.
Il primo luglio 2003, dopo quasi 30 anni dalla sua elaborazione, è
entrata in vigore la Convenzione internazionale sulla protezione dei diritti
dei lavoratori migranti e delle loro famiglie. Attualmente la Convenzione è
stata ratificata da 26 Paesi. Nell’elenco figurano taluni fra i maggiori Paesi
d’origine dei migranti, mentre non è presente alcun importante Paese di
destinazione delle migrazioni. Resta, quindi, l’impressione che la Convenzione
venga percepita in modo favorevole dai Paesi di origine e non da quelli di
destinazione. La Convenzione è anche percepita come uno strumento che finisce
con l’incoraggiare l’immigrazione e, infatti, estendere la protezione ai
migranti, equivale ad accrescere i fattori di attrazione. La ratifica finisce,
dunque, col diventare un messaggio per l’incremento della pressione migratoria,
questo sempre secondo i Paesi dove approdano i migranti. Inoltre, l’argomento
più utilizzato per giustificare la non ratifica è il fatto che la Convenzione
concede troppa protezione agli immigrati irregolari e quindi finisce con il
favorire l’immigrazione non autorizzata.
A dire il vero, se si esaminano i
contenuti della Convenzione, si nota come i diritti concessi ai migranti non
autorizzati siano solo i diritti umani, diritti che quei migranti avrebbero in
forza della relativa dichiarazione universale. Infatti, il testo della parte
terza sui diritti umani dei migranti è stato desunto, in gran parte, parola per
parola dal patto sui diritti civili e politici ed in parte da quello sui
diritti sociali, economici e culturali. La Convenzione, per diventare uno
strumento efficace di protezione dei migranti, ha bisogno dell’adesione di più
Stati, soprattutto di quelli di destinazione dei migranti. Purtroppo, tale
prospettiva non sembra vicina. I Paesi europei hanno imbroccato un cammino di
maggior restrizione nei confronti dei migranti. In questo contesto, l’efficacia
a breve termine della Convenzione sui diritti dei migranti non potrà che essere
limitata. Tuttavia, la Convenzione rimane uno strumento per indicare che
l’approccio all’immigrazione nella prospettiva dei diritti umani è imprescindibile.
Da Loreto, Giovanni Peduto, Radio
Vaticana.
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RICONFERMATO
NELL’INCARICO DI SUPERIORE GENERALE DEI ROGAZIONISTI
PADRE
GIORGIO NALIN. NEL MESSAGGIO PER IL CAPITOLO, CHE SI E’ CONCLUSO SABATO SCORSO
A MORLUPO, VICINO ROMA, IL PAPA HA RIBADITO
CHE IL
MONDO DI OGGI HA BISOGNO DI “OPERAI DEL VANGELO”
-Intervista
con padre Giorgio Nalin -
Con il ricordo ancora vivo della canonizzazione del
fondatore, padre Annibale Di Francia, avvenuta il 16 maggio scorso, il decimo
Capitolo dei Rogazionisti ha riconfermato nell’incarico di superiore generale
padre Giorgio Nalin. Il capitolo, che si è concluso sabato scorso, si è svolto
a Morlupo, vicino Roma. Nel messaggio inviato per l’occasione il Papa ha
ricordato che il mondo d’oggi ha più che mai bisogno di operai del Vangelo.
Cosa significa in particolare e in concreto per i rogazionisti? Padre Vito
Magno lo ha chiesto proprio a padre Nalin:
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R. – Significa,
innanzitutto, esprimere ciò che la parola, lessicalmente, già dice, quindi,
l’attenzione alla preghiera nella prospettiva della pastorale vocazionale. Poi
è un invito a diffondere questo spirito di preghiera nella Chiesa e ad essere, secondo il nostro fondatore,
dei buoni operai. Il Papa insiste sul fatto che dobbiamo essere buoni, santi e
operosi operai nella Messa del Signore, oggi.
D. – Su quali
fronti, in particolare?
R. – Il fronte della
pastorale vocazionale, pensata non soltanto per la Congregazione ma anche come
attività culturale aperta a diverse realtà. L’obiettivo è allargare ed
approfondire il tema della vocazione come realtà specifica della pastorale,
poi, nel campo dell’attività, diciamo così della missione della Congregazione,
l’obiettivo riguarda i giovani, i ragazzi in difficoltà. Nel campo della
missionarietà, la Congregazione, in questi ultimi anni, si è aperta ad alcune
missioni nell’Estremo Oriente, recentemente in Papua Nuova Guinea, ma anche in
Vietnam, in Corea.
D. – Quali sono le
esperienze più incisive e più collaudate?
R. – Quella del
Centro rogazionale di Roma, che è stato negli anni un luogo ed un ambito di
studio, di diffusione della preghiera e delle vocazioni, e quella dell’Istituto
di pastorale vocazionale del Brasile, che insieme ad altri Istituti, ormai
opera da oltre 10 anni.
D. – E nell’ambito
della carità?
R. – Iniziative ve
ne sono moltissime: dalla Bahia del Brasile
all’Argentina, fra i ragazzi di strada del Rwanda, nelle Filippine fra i
poveri della città di Manila, in Papua Nuova Guinea.
D. – Si può dire,
dunque, che al Capitolo è stato avvertito lo spirito missionario del padre
Annibale di Francia …
R. – Abbiamo sentito
una presenza del nostro fondatore ancora più piena. Divenuto santo, è ancora di
più di incoraggiamento per noi a seguire la sua stessa strada.
D. – Padre Nalin,
accettare oggi di governare una Congregazione di media grandezza nella Chiesa
cosa comporta?
R. – Certamente più
un onere che un onore. La responsabilità resta grande, tuttavia, la fiducia dei
confratelli mi sembra che sia molto importante.
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GRANDE
IMPRESA AL TOUR DE FRANCE: IL CORRIDORE AMERICANO LANCE ARMSTRONG HA
CONQUISTATO, PER LA PRIMA VOLTA NELLA STORIA DEL CICLISMO, IL SESTO TITOLO
DELLA PRESTIGIOSA COMPETIZIONE
-
Intervista con Felice Gimondi -
L’edizione di
quest’anno del Tour de France si è chiusa con un altro trionfo dell’americano
Lance Armstrong, il primo ciclista a vincere per sei volte la più prestigiosa
corsa a tappe. Nella storia del ciclismo Armstrong ha staccato, con il successo
di ieri, i quattro corridori che hanno vinto cinque edizioni del Tour: i
francesi Jacques Anquetil e Bernard Hinault, il belga Eddy Merckx e lo spagnolo
Miguel Indurain. Lo statunitense, che ha sconfitto un tumore diagnosticato nel
1996, è considerato, da diversi opinionisti e commentatori sportivi, un
corridore poco altruista. Su questo aspetto della personalità attribuito ad
Armstrong ascoltiamo, al microfono di Luca Collodi, il campione italiano Felice
Gimondi, vincitore di un Tour de France nel 1966:
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R. - Essere egoista, quando si è
in gara, fa parte delle caratteristiche di un campione. Normalmente un campione
non è mai molto altruista. Forse se ne renderà conto di più dopo, quando
smetterà di correre e, magari, potrà pensare quello che penso io oggi: è giusto
essere più disponibile verso i compagni e qualche volta lasciare un pochino di
spazio anche agli altri.
D. – Nonostante l’antipatia, la fama di campione di
Armstrong resta forte …
R. – Sì, su questo
non ci sono dubbi. In questo tour direi che ha dimostrato di essere molto più
forte dell’anno scorso, non ha mai tentennato, non ha mai avuto momenti di
difficoltà. Ben assistito da una squadra di uno spessore atletico non
indifferente, ha dominato la corsa.
D. – Secondo lei, il doping è un mostro che sta uccidendo
lo sport?
R. – E’ un mostro
che esiste, purtroppo, e dobbiamo applicare tutte le terapie possibili per
cercare di eliminarlo. Non credo che sia molto facile. La cosa migliore è
sensibilizzare i giovani, promuovendo l’idea che l’allenamento è l’unica cosa
che fa la differenza.
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26 luglio 2004
COSTERNAZIONE E INCREDULITÀ IN CILE PER LA MORTE DEL
SACERDOTE ITALIANO,
PADRE FAUSTINO MARIA GAZZIERO, UCCISO SABATO SCORSO
ALLA FINE DELLA MESSA DA UN PRESUNTO SATANISTA
SANTIAGO DEL CILE. = In
Cile è alto lo sgomento della Chiesa e della società civile per la morte di
padre Faustino Maria Gazziero ucciso sabato notte, nella cattedrale metropolitana
di Santiago del Cile, da un giovane probabilmente legato alle sette sataniche,
anche se la pista esoterica per il momento non è stata ancora confermata dalla
polizia. “Il fenomeno del satanismo in Cile – spiega all’Agenzia Misna padre
Bernardino Zanella, vicario responsabile dell’Ordine dei Servi di Maria di
Santiago al quale apparteneva padre Faustino - è fortemente in crescita”. Nel
Paese – sottolinea il missionario - sono attivi numerosi gruppi, soprattutto
nelle città e negli ultimi anni la loro presenza si è estesa anche a centri
urbani minori. “Finora - ha aggiunto padre Zanella - si erano limitati a
profanare e a compiere atti di vandalismo in luoghi sacri e cimiteri, ma non si
era mai verificato un episodio di questa gravità”. Nato il 29 aprile del 1935 a
Lozzo Atestino in provincia di Padova, padre Faustino Gazziero si era
trasferito in Cile nel 1960 a soli 25 anni, subito dopo la sua ordinazione
sacerdotale. Nel Paese latinoamericano ha proseguito i suoi studi e ha
ricoperto numerosi incarichi. Da anni ricopriva il ruolo di presidente della
Fondazione Santa Teresa, incaricata di gestire numerose scuole nel Paese. “Era
una persona estremamente sensibile - riferiscono alla Misna i suoi confratelli
- ed oltre alla sua attività legata all’insegnamento, svolgeva alcune attività
sociali soprattutto in favore degli anziani”. Dopo aver appreso la notizia
moltissime persone che lo conoscevano si sono dirette verso la casa dei Servi
di Maria di Santiago per esprimere tutta la loro incredulità e il loro sgomento
per questo barbaro e inaspettato assassinio. (A.L.)
IN BULGARIA LA POLIZIA HA SGOMBERATO DIVERSI EDIFICI
DEL COSIDDETTO “SINODO ALTERNATIVO” DELLA CHIESA
ORTODOSSA
-A cura di Iva Mihailova -
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SOFIA. = In Bulgaria si
aggrava la divisione nella Chiesa ortodossa. La polizia di Sofia nei giorni
scorsi ha sgomberato circa 250 edifici del cosiddetto “sinodo alternativo”,
creato dopo la caduta del comunismo al posto di quello ufficiale. Questa
situazione è frutto dello scisma che esiste nella Chiesa ortodossa bulgara dal
1992, quando il presidente della direzione dei culti del governo di allora,
dell’Unione delle forze democratiche, ha dichiarato illegittimo il patriarca
Maxim, eletto nel 1971. Secondo loro, lui sarebbe stato nominato dal partito
comunista e avrebbe collaborato con esso. Il sinodo alternativo ha eletto quale
suo patriarca il metropolita Pimen, deceduto nel 1999. Nel 1998, però, un
Concilio panortodosso ha riconosciuto come patriarca bulgaro Maxim. Secondo la
nuova legge dei culti, tutte le altre confessioni religiose, compresa la Chiesa
cattolica devono registrarsi per poter operare sul territorio bulgaro. Un mese
fa il sinodo ha chiesto alla procura aiuto per la restituzione di edifici occupati
dal sinodo alternativo.
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E’ ON
LINE IL NUOVO SITO DI INFORMAZIONE, WWW.OCLACC.ORG, PRESENTATO
DALL’ORGANIZZAZIONE CATTOLICA DI COMUNICAZIONE
LATINOAMERICANA E
DEI CARAIBI
E GESTITO QUASI INTERAMENTE DA VOLONTARI
QUITO.= E’ stato inaugurato un
nuovo sito di informazione recentemente presentato dall’Organizzazione
cattolica di comunicazione latinoamericana e dei Caraibi (Oclacc). L’indirizzo su internet è www.oclacc.org. Questo nuovo progetto ‘no
profit’, gestito in gran parte da volontari, si propone di divulgare servizi
orientati ai comunicatori dell’America Latina e dei Caraibi: notizie,
documenti, programmi radiofonici, inchieste, comunicati stampa, festival,
appuntamenti culturali e qualsiasi altra novità di rilievo etico, sociale e
religioso. Il sito funziona come piccola agenzia d’informazioni ma, allo stesso
tempo, anche quasi come un blog, cioè uno strumento on line a
disposizione di chiunque voglia collaborare e partecipare inviando e pubblicando
notizie, dati, rapporti, articoli e altri contributi. (R.M.)
“COSTRUTTORI DI UNA COMUNITÀ AL PLURALE: RELIGIONI IN DIALOGO”:
E’ QUESTO IL TEMA DELLA PRIMA SETTIMANA TEOLOGICA
DELLA FEDERAZIONE UNIVERSITARIA CATTOLICA ITALIANA INIZIATA
IERI, AD AREZZO, PRESSO IL MONASTERO DI CAMALDOLI
AREZZO. = Ha avuto inizio la prima Settimana Teologica
della Fuci, Federazione Universitaria Cattolica Italiana. L’incontro, apertosi
ieri ad Arezzo presso l’eremo di Camaldoli, è incentrato sul tema “Costruttori
di una comunità al plurale: religioni in dialogo” e
intende affrontare il nodo dei rapporti con le religioni non cristiane, alla
luce della “Nostra Aetate” e di altri
testi del magistero della Chiesa. In un’epoca nella quale le religioni
rischiano di essere strumentalizzate e viste come causa di guerre e
contrapposizioni, l’iniziativa punta a promuovere i semi della comprensione e
della conoscenza reciproca. L’obiettivo della Settimana, infatti, è quello di
“ribadire che la vita insieme, la frequentazione degli stessi spazi,
l’accoglienza reciproca, il dialogo alla pari sono possibili e che le religioni
sono una risorsa e una fonte di speranza per qualsiasi società”. E sempre
presso il monastero di Camaldoli è prevista, a partire dal prossimo primo agosto,
la seconda Settimana Teologica 2004
della Fuci. Il tema scelto in questa occasione, “Padroni o custodi? Uomini e
creato nella prospettiva della Bibbia”, intende analizzare le
sfide e le responsabilità dei cristiani nei confronti dell’ambiente e della sua
sostenibilità. Sarà presa in esame, in particolare, la responsabilità
individuale nella costruzione di un più corretto rapporto fra uomo e natura.
(A.L.)
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26 luglio 2004
- A cura di Dorotea Gambardella -
● Ennesima giornata di sangue in Iraq. Un alto
funzionario del ministero dell’Interno ad interim, Moussab al-Awadi, è stato
assassinato a Baghdad insieme con due delle sue guardie del corpo. Intanto, è
salito ad almeno quattro iracheni morti, tra cui un bambino, e sette feriti il
bilancio dell’attacco dinamitardo contro la principale base militare
statunitense a Mosul, nel nord del Paese. Il servizio è di Dorotea Gambardella:
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Da un comunicato ufficiale dell’esercito americano si è
appreso che si è trattato di un attentato compiuto da una donna kamikaze per il
quale è stato impiegato un camion-bomba e non due vetture imbottite di tritolo
come per errore era stato riferito in precedenza. Prima di questa
deflagrazione, altre due vetture imbottite di tritolo erano esplose nel
centro di Baghdad, bombardato anche a colpi di
mortaio. Sangue anche
a Bassora, nell’Iraq meridionale, dove miliziani ignoti hanno ucciso due
cittadine irachene che lavoravano per il contingente britannico nell’aeroporto
locale; altre due loro colleghe sono rimaste ferite, mentre una quinta è
riuscita a salvarsi. Nella città di Qaem, al confine con la Siria, due civili
iracheni sono rimasti uccisi e tre soldati americani feriti in un attacco
contro una pattuglia statunitense. In merito alla vicenda degli ostaggi un
video mostra che sono ancora vivi i sette camionisti – tre indiani, tre keniani
e un egiziano – rapiti la scorsa settimana dal gruppo autodefinitosi delle
“Bandiere Nere”. I sequestratori hanno annunciato un ulteriore prolungamento
dell’ultimatum per consentire le trattative. La scadenza era prevista per oggi
alle 12.00 ora locale, dopo di che il gruppo aveva minacciato di iniziare a
decapitare i prigionieri, se la compagnia di trasporto kuwaitiana per la quale
lavorano non avesse lasciato l’Iraq. E un nuovo video, trasmesso oggi dalla
televisione araba, Al Jazeera, mostra come il gruppo denominato “Esercito
islamico dell’Iraq”, abbia catturato due pachistani, impiegati
presso l’esercito statunitense, e un autista iracheno.
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● Non si placa la violenza
in Medio Oriente. Una disabile palestinese, avvicinatasi per errore al
reticolato di protezione di un insediamento ebraico nella striscia di Gaza, è
stata uccisa dal fuoco dei soldati israeliani. Nella notte, l’esercito dello
Stato ebraico ha arrestato 18 palestinesi in Cisgiordania, vicino a Tulkarem.
Nella stessa zona, ieri sera, sei membri delle Brigate dei Martiri di Al Aqsa
hanno perso la vita in uno scontro a fuoco con i paramilitari della Guardia di
frontiera. Sul piano politico, il premier israeliano, Ariel Sharon, in risposta
alle manifestazioni di ieri ha affermato che “Israele non resterà per sempre
nella Striscia di Gaza” e ha ribadito la volontà di realizzare il proprio piano
di ritiro dalla Striscia e da alcune aree in Cisgiordania.
● La Nato
invierà una missione di sostegno in Afghanistan anche per le elezioni
legislative che si terranno in primavera. Lo ha annunciato il segretario generale dell’Alleanza Atlantica, Jaap De Hoop
Scheffer, nel corso di un incontro con la stampa nel quartier generale di
Bruxelles. In merito all’Iraq, De Hoop Scheffer ha detto che la Nato dovrebbe decidere in settimana le modalità
della missione di addestramento delle forze irachene decisa durante il vertice
di Istanbul lo scorso giugno.
● Tra misure di sicurezza straordinarie, si apre
stasera a Boston la convention del Partito democratico statunitense, che
nominerà ufficialmente John Kerry suo candidato alla Casa Bianca. E sarà
proprio di un ex presidente democratico, Bill Clinton, il discorso più atteso
di questa giornata inaugurale. Trentacinquemila i delegati che, fino a giovedì,
si confronteranno sul tema: “Forti in patria e rispettati all’estero”. La nota,
da Washington, di Empedocle Maffia:
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Si
apre una Convenzione alla quale i democratici arrivano con tutte le scelte
compiute: il candidato alla presidenza, quello alla vicepresidenza, il programma
unanimemente condiviso. Un partito unito che si affida a John Kerry soprattutto
perché lo ritiene la migliore possibilità per sconfiggere il presidente Bush. E
il candidato Kerry, nei quattro giorni di Boston che si concluderanno con il
suo discorso, deve riuscire a fare di questa Convenzione l’occasione per
convincere l’America che si può cambiare, che la lotta al terrorismo può essere
condotta in modo diverso da quanto avvenuto negli ultimi anni, che la ripresa
economica può essere garantita da una maggiore attenzione verso la classe media
e coloro che ancora sono esclusi dal sogno americano, che l’America può ancora
essere rispettata non solo temuta dal resto del mondo, che i suoi valori sono
indispensabili, perché la sua forza militare sia sentita come una garanzia, non
come una minaccia. Nella lunga stagione delle primarie, Kerry ha parlato di
questi temi contro Bush. Da oggi deve convincere il Paese che essi
costituiscono la nuova dimensione nella quale vuole portare l’America. Se ci
riesce si troverà leader di quella maggioranza di americani che oggi è convinta
sia necessario cambiare e che lo manderà alla Casa Bianca per scelta e non solo
perché vuole che George W. Bush la lasci.
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● Il premier spagnolo Josè Luis Rodriguez Zapatero
ha ricevuto il capo del governo basco, Juan Jose Ibarretxe. L’incontro
s’inserisce nel quadro dei contatti con i leader dei governi regionali per
discutere il progetto di riforma dello Stato e l’aumento del conferimento dei
poteri alle autonomie locali. Particolarmente significativo il colloquio
odierno perché riannoda un dialogo sospeso tre anni fa dal premier Josè Maria
Aznar, ma anche perché i due leader hanno discusso del cosiddetto “Piano
Ibarretxe”, un progetto nazionalista di libera associazione con la Spagna che
Aznar aveva definito come un tentativo di “legittimare politicamente il
terrorismo dell’Eta”.
● Non si arresta in Italia il nuovo flusso di
sbarchi degli immigrati. Un natante con a bordo oltre cento clandestini è stato
avvistato a sud di Lampedusa, in Sicilia, intorno alle 10.00 di stamani. Sono
subito scattate le operazioni di soccorso da parte della guardia costiera
dell’isola. Circa due ore prima, erano giunti altri 79 immigrati, che sono
stati trasferiti al centro di prima accoglienza di Lampedusa. La struttura, che
sfiora le 500 presenze, è ormai al collasso.
● E mentre i
riflettori della comunità internazionale sono puntati sulla regione del Darfur,
sanguinosi scontri si registrano da venerdì anche nel Sudan meridionale. I
ribelli ugandesi del sedicente Esercito di resistenza del signore (Lra) hanno
ucciso circa quaranta persone in attacchi contro il piccolo villaggio di Moti.
Dal 1986 il movimento ribelle semina morte e distruzione nel Nord dell’Uganda,
ma negli ultimi mesi ha moltiplicato gli assalti proprio nel Sud Sudan.
● Nello scrutinio delle elezioni presidenziali in
Indonesia irrompe la violenza. Un ordigno è esploso a Giakarta, nella sede
della commissione elettorale, che proprio oggi dovrebbe annunciare i risultati
definitivi del voto del 5 luglio. L’esito non dovrebbe riservare sorprese: il
generale Yudhoyono, forte di un 33.5 per cento dei consensi, sfiderà nel
ballottaggio del 20 settembre la presidente uscente, Megawati Sukarnoputri,
ferma al 22.2 per cento.
● Ancora sangue in Cecenia: la guerriglia
separatista ha ucciso tre persone, tra cui l’amministratore del villaggio
meridionale di Samashki. Il convoglio sul quale viaggiavano è stato colpito
dall’esplosione di un ordigno radiocomandato. Una granata ha poi colpito la
casa dell’amministratore di un altro villaggio, che è rimasto illeso.
● I negoziati in corso tra India e Pakistan non
riescono a fermare la violenza nella contesa regione del Kashmir. L’ultimo
episodio è avvenuto stanotte, quando un gruppo di ribelli separatisti ha
decapitato un uomo e i suoi due figli, mentre dormivano. Scontri tribali,
invece, hanno provocato otto vittime nel Pakistan meridionale, dove la polizia
ha arrestato novanta persone.
● Crescita economica, lotta alla corruzione,
giustizia sociale, istruzione di qualità e privatizzazione del settore
energetico: sono i cinque punti del programma che la presidente filippina,
Gloria Macapagal Arroyo, ha presentato al Parlamento di Manila. Riconfermata
capo dello Stato dalle elezioni del 10 maggio scorso, la signora Arroyo resterà
alla guida del Paese per i prossimi 6 anni.
● Il presidente ceco, Vaclav Klaus, ha scelto di
affidare l’incarico di primo ministro al leader socialdemocratico, Stanislav
Gross. Gross sostituirà Vladimir Spidla, dimessosi lo scorso mese. A darne
notizia, un comunicato ufficiale della presidenza della Repubblica Ceca.
● Due
alpinisti della spedizione italiana 'K2 2004' hanno raggiunto la vetta himalayana a 8.611 metri di quota, dal
versante sud, in Pakistan. Ad arrivare
sulla seconda cima del mondo per primi sono stati il bresciano, Silvio Mondinelli,
e Karl Unterkicher, di Selva di Val Gardena, in Trentino. Gli altri tre
compagni di cordata si trovano a pochi metri dalla cima.
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