RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLVII  n. 208 - Testo della Trasmissione di lunedì 26 luglio 2004 

 

Sommario   

                                               

                                     

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

E’ necessario” che il governo sudanese, “in collaborazione con la Comunità internazionale”, “garantiscano l’assistenza ai profughi. Così il presidente di Cor Unum, mons. Cordes, al rientro dalla missione in Darfur. Ieri l’appello del Papa per la fine delle ostilità in Sudan e nel Nord Uganda 

 

Il Papa pellegrino a Lourdes: il vescovo Renato Boccardo ha illustrato alla Radio Vaticana, i momenti chiave del prossimo pellegrinaggio del Pontefice nel Santuario francese.

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

In Bangladesh gravissime le conseguenze delle inondazioni degli ultimi giorni. Intervista con padre Alfio Coni

 

La Convenzione dell’Onu sui diritti dei migranti al centro della Tavola rotonda, questa mattina, al VII Meeting internazionale sulle migrazioni, a Loreto  

 

Riconfermato superiore generale dei rogazionisti padre Giorgio Nalin. . Con noi, lo stesso padre Nalin

 

Il corridore americano Lance Armstrong ha conquistato, per la prima volta nella storia del ciclismo, il sesto titolo del Tour de France. Ai nostri microfoni, Felice Gimondi.

 

CHIESA E SOCIETA’:

Costernazione e incredulità, in Cile, per la morte del sacerdote italiano, ucciso sabato scorso alla fine della Messa

 

In Bulgaria la polizia ha sgomberato diversi edifici del cosiddetto “sinodo alternativo” della Chiesa ortodossa

 

 

 

E’ on line il nuovo sito di informazione, www.oclacc.org, presentato dall’Organizzazione cattolica Latinoamericana e dei Caraibi di comunicazione e gestito quasi interamente da volontari

 

“Costruttori di una comunità al plurale: religioni in dialogo”: questo il tema della prima settimana teologica della Federazione universitaria cattolica italiana iniziata ieri, ad Arezzo, presso il monastero di Camaldoli

24 ORE NEL MONDO:

Ancora sangue in Iraq. Quattro morti a Mosul. Assassinato un alto funzionario del Ministero dell’Interno ad interim. Nelle mani dei sequestratori iracheni anche due civili pakistani e un iracheno - Medio Oriente. Uccisa una disabile palestinese nella Striscia di Gaza - Al via da stasera a Boston la convention del Partito democratico statunitense, che nominerà ufficialmente John Kerry suo candidato alla Casa Bianca.

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

26 luglio 2004

 

        

E’ NECESSARIO CHE IL GOVERNO SUDANESE, IN COLLABORAZIONE CON LA COMUNITÀ INTERNAZIONALE, GARANTISCA L’ASSISTENZA E IL RITORNO AI LORO VILLAGGI A QUANTI SONO STATI PRIVATI DI TUTTO. COSI’ IL PRESIDENTE DI COR UNUM  MONS. CORDES AL RIENTRO DALLA MISSIONE NELLA MARTORIATA REGIONE DEL DARFUR. IERI L’APPELLO DEL PAPA PER LA FINE DELLE OSTILITA’ IN SUDAN E NEL NORD UGANDA

 

“Mi rivolgo alla comunità internazionale e ai responsabili politici” perché si ponga fine al drammatico conflitto che da oltre 18 anni attanaglia il Nord Uganda e allo stesso tempo non si dimentichi la difficile situazioni che vivono i nostri fratelli nel Darfur. E’ il vibrante appello che ieri Giovanni Paolo II ha espresso nel corso dell’Angelus domenicale. Parlando dei drammi che ancora oggi prostrano il continente africano, il Papa ha chiesto particolare attenzione per la regione occidentale sudanese, dove l’inasprirsi delle ostilità di questi ultimi mesi ha “portato con sé più povertà, disperazione e morte”. Proprio oggi ha fatto rientro dal Sudan mons. Paul Cordes, inviato del Papa e presidente del Pontificio Consiglio “Cor Unum”. Il servizio di Barbara Castelli:

 

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E’ necessario che il governo sudanese, in collaborazione con la Comunità internazionale, garantisca l’assistenza e il ritorno ai loro villaggi a quanti sono stati privati di tutto, persone costrette a fuggire e che “vivono in condizioni indegne dell’uomo”. Scrive così mons. Paul Josef Cordes, presidente del Pontificio Consiglio Cor Unum, al rientro oggi dalla missione in Darfur. Il presule è stato inviato da Giovanni Paolo II nel Paese africano “al fine di esprimere la sua vicinanza di padre alla Chiesa in Sudan, e specialmente agli sfollati e rifugiati della regione del Darfur”. Migliaia di civili in questi ultimi mesi sono morti a causa dei combattimenti che vedono opporsi gruppi armati della popolazione locale, contro le milizie arabe e filogovernative dei Janjaweed.

 

Il viaggio di mons. Cordes, che ha incontrato le autorità religiose e civili locali oltre a visitare i numerosi campi profughi, “ha trovato larga copertura e attenzione nei mass-media arabi locali. La Chiesa in Sudan e i rappresentanti del governo hanno espresso ripetutamente la loro sincera gratitudine al Santo Padre per la sua preoccupazione per il Paese africano e per tutti i sofferenti”. “Purtroppo - si legge ancora nel comunicato di mons. Cordes - la guerra nel Sudan è stata trascurata e ignorata dall’opinione pubblica per troppo tempo. Finalmente oggi il mondo segue questo Paese con attenzione, mentre i responsabili che ispirano la politica internazionale hanno scoperto il proprio dovere di guardare al di là dei propri interessi”.

Il Sudan, inoltre, è stato oggi al centro di una riunione dei ministri degli esteri europei a Bruxelles. ''Il Consiglio - si legge in un comunicato finale - chiede al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite di promuovere una risoluzione che preveda di prendere ulteriori azioni, inclusa l’imposizione di sanzioni, nel caso in cui il governo del Sudan non adempia immediatamente ai suoi obblighi ed impegni”.

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Per conoscere la situazione in cui vivono migliaia di persone nella regione occidentale del Sudan, Barbara Castelli ha intervistato Emanuela Salvatori, portavoce di “Save the Children Italia”. L’organizzazione internazionale indipendente di tutela e promozione dei diritti dei bambini nel mondo ha lanciato nei giorni scorsi, insieme con altre Ong, un appello a favore della popolazione del Darfur, stremata dal permanere della violenza.

 

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R. – Stando ai dati e ai resoconti che ci arrivano, la situazione continua ad essere assolutamente drammatica. Si parla di 2.200.000 civili coinvolti in questa crisi umanitaria. Di questi due milioni, circa 180 mila sono rifugiati attualmente in Ciad, le altre persone sono sfollate all’interno della regione. E teniamo presente che si tratta di una regione, il Darfur, una volta e mezzo la Francia, con ampie zone desertiche. Molte di queste persone, quindi, almeno la metà, sono tuttora irraggiungibili.

 

D. – Quali sono le emergenze cui bisogna far fronte?

 

R. – Le principali emergenze sono da una parte quella sanitaria e alimentare, dall’altra sicuramente il problema relativo alla sicurezza, sia degli sfollati sia dei rifugiati. Per quanto riguarda l’emergenza sanitaria adesso è iniziata la stagione delle piogge, quindi tutto si complica. C’è il rischio di epidemie di colera e di diarrea perché le piogge portano con sé rifiuti che possono inquinare le falde acquifere. Di conseguenza si sta procedendo a delle campagne di vaccinazioni d’urgenza proprio per prevenire ed evitare queste epidemie. Nel caso, per esempio, di bambini malnutriti, già disidratati, potrebbero rappresentare una causa di morte. Sotto il profilo della sicurezza a noi stanno particolarmente a cuore i bambini, che separati dalle loro famiglie, arrivano soli nei campi. Importante poi la sicurezza per le donne, che continuano ad essere oggetto di violenze e di aggressioni.

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L’attenzione del Papa ieri all’Angelus è stata rivolta anche alla situazione del Nord Uganda, sconvolto da “un disumano conflitto”, lungo oltre 18 anni, che “coinvolge milioni di persone, soprattutto bambini”. Barbara Castelli ha raccolto il commento di Roberta Rughetti, dell’unità progetti dell’organizzazione Amref Italia.

 

 

 

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R. - La situazione in Nord Uganda è drammatica. Nel novembre 2003 il vicesegretario generale dell’Onu ha denunciato la situazione umanitaria, sottolineando che si trattava di una situazione peggiore di quella in Iraq. Nonostante questo, l’emergenza richiama ancora molto poco l’attenzione internazionale. Si calcola che finora le vittime del conflitto, iniziato nel 1987, siano oltre 100 mila, mentre sono un milione e 600 mila gli sfollati, costretti a vivere nei campi profughi, e più di 25 mila i minori sequestrati dai ribelli. Ai bambini soldato, si aggiunge un numero imprecisato di bambini, definiti “pendolari della notte”, cioè bambini che, nel timore di cadere vittime degli arruolamenti forzati da parte dei ribelli, sono costretti ad abbandonare al tramonto i villaggi e le famiglie e passare la notte in città, con una stuoia e un sacchetto di plastica per il ricambio, lontani dalla protezione e dal calore familiare.

 

D. – L’attenzione del Papa si è rivolta in modo particolare, proprio al dramma dei bambini soldato. Quali sono le cause scatenanti di questa piaga?

 

R. – Il problema principale è legato alla presenza dei ribelli dell’Esercito di resistenza del signore, ribelli guidati da un leader mistico e carismatico, Joseph Koni. Quest’ultimo è salito al potere una volta instauratosi il governo Museveni, l’attuale governo ugandese, e ha dato il via alle ostilità, all’inizio, per rivendicare le atrocità degli acholi, l’etnia presente a Nord. Ben presto, tuttavia, l’etnia stessa degli acholi si è trasformata nelle vittime principali di questi ribelli. I ribelli per evitare lo scontro diretto con le forze governative, preferiscono scagliarsi contro un più facile obiettivo, i civili e i bambini. Questi ultimi sono appunto la risorsa dell’esercito stesso. Vengono reclutati a forza, spesso drogati e costretti a mutilare, ad uccidere a loro volta, per scampare le punizioni o addirittura la morte. I metodi di addestramento sono estremamente brutali. Spesso i bambini vengono drogati ed è difficile allora, una volta che sfuggono ai ribelli, poterli reinserire in un contesto sociale.

 

D. – Cosa sta facendo la comunità internazionale per il conflitto in Nord Uganda?

 

R. – Purtroppo la Comunità internazionale non è presente in maniera decisiva in Uganda. C’è una forte presenza di Organizzazioni non governative italiane e altre internazionali, che stanno facendo un ottimo lavoro nel Nord Uganda. Purtroppo, tuttavia, tutto questo non è sufficiente per far fronte ai bisogni impellenti della gente, bisogni che è difficile gestire senza una presenza della comunità internazionale.

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PAPA E INSIEME PELLEGRINO, AI PIEDI DELLA MADONNA DI LOURDES.

IL VESCOVO RENATO BOCCARDO HA ILLUSTRATO STAMANI ALLA RADIO VATICANA

I MOMENTI CHIAVE DEL PROSSIMO PELLEGRINAGGIO DEL PONTEFICE

NEL SANTUARIO FRANCESE

- Intervista con il presule -

 

Non un viaggio, ma un “pellegrinaggio apostolico”. E’ questa la dicitura ufficiale che accompagnerà la prossima visita che Giovanni Paolo II compierà a Lourdes, tra il 14 e il 15 agosto. La definizione di pellegrinaggio esprime bene i sentimenti con i quali il Papa si appresta a tornare, dopo la prima volta del 1983, sul luogo delle apparizioni della Vergine alla giovane Bernadette, nell’ormai celebre Grotta di Massabielle ai piedi dei Pirenei. Nei giorni in cui la Chiesa celebrerà il 150.mo anniversario della proclamazione del dogma dell’Immacolata Concezione, il Pontefice scandirà con i tipici gesti del pellegrino in visita a Lourdes i momenti salienti del suo soggiorno nel Santuario. Momenti che questa mattina il vescovo Renato Boccardo, segretario del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni sociali e organizzatore dei viaggi pontifici, ha illustrato, nel presentare il pellegrinaggio alla Radio Vaticana. Ascoltiamolo il presule, al microfono di Alessandro De Carolis:

 

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R. - Sono i momenti di ogni pellegrino: dall’arrivare direttamente davanti alla grotta, raccogliersi in preghiera e accogliere l’invito della Madonna “Andate a bere alla fontana e a lavarvi”. Dunque, il gesto simbolico di bere l’acqua della sorgente, che ricorda l’acqua del Battesimo e la vita della grazia, mi sembra un segno particolarmente eloquente in questo anno dell’anniversario del dogma dell’Immacolata. Con l’Immacolata Concezione di Maria noi ricordiamo l’opera della grazia di Dio, che purifica, che rinnova e che ridona l’innocenza originaria. Secondo momento è la preghiera del Rosario. Nel pomeriggio del sabato 14 agosto, il Santo Padre parteciperà al Rosario itinerante sul grande prato, di fronte alla Grotta di Massabielle, durante il quale saranno meditati i misteri luminosi per ricordare questa presenza di Gesù nella storia degli uomini come salvatore e come redentore. Ancora, il sabato sera la tradizionale processione aux flambeaux. Il Papa parteciperà dal terrazzo della sua residenza  a questo momento di devozione mariana. E poi il momento centrale di ogni pellegrinaggio, la celebrazione dell’Eucaristia, sul grande prato di fronte alla Grotta, con tutti i pellegrini convenuti per l’occasione. Infine, un ultimo momento costituivo del pellegrinaggio è sempre quello della preghiera personale, silenziosa, davanti alla grotta. Anche il Papa lo farà. La domenica pomeriggio, il 15 agosto, prima di lasciare i Santuari, si raccoglierà in preghiera personale e silenziosa per un lungo tempo davanti alla Grotta di Massabielle.

 

D. – Si sa che la residenza che ospiterà il Papa durante il suo pellegrinaggio è la casa che accoglie i malati nel santuario di Lourdes e questo ha fatto un gran parlare …

 

R. – Sì, il Papa sarà alloggiato nella Hospitalitè Notre-Dame perché è quella che meglio risponde alle esigenze dell’accoglienza. Ma il Papa non deve alloggiare in una casa per infermi per dire la sua prossimità e la sua vicinanza al mondo della sofferenza. Il Papa si reca oggi a Lourdes, pellegrino, anziano, segnato anche dalla malattia e dalla sofferenza. Come Papa intende onorare la misericordia e la grazia di Dio nella persona di Maria di Nazareth e proporre questo esempio di santità e di bellezza della vita e della grazia a tutti i cristiani.

 

D. – Quest’anno il tema annuale a Lourdes è quello della roccia, ‘Cristo roccia’, e c’è anche una curiosità, profondamente simbolica, legata a questo tema …

 

R. – Sì, in questo anno i Santuari hanno voluto segnare questa dimensione costruendo un nuovo altare all’interno della Grotta di Massabielle. L’altare, che per tanti è servito per le celebrazioni, è stato sostituito con un masso di pietra della roccia proprio dei Pirenei, proveniente da una delle cave di quelle montagne, adattato appositamente per la celebrazione dell’Eucaristia. Anche visivamente, dunque, all’interno della Grotta di Massabielle, fatta di pietra, un’altra grande pietra ricorda Cristo come pietra fondamentale.

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

Apre la prima pagina, con grande rilievo, il titolo "Non abbandonare l'Africa": sottolineando il significato della missione del presidente del Pontificio Consiglio "Cor Unum", suo inviato tra le tribolate popolazioni del Darfur, in Sudan, Giovanni Paolo II rilancia un appello accorato ai responsabili politici e alle Organizzazioni internazionali affinché sia vinta l'indifferenza.

Il Papa ricorda che da più di 18 anni il Nord dell'Uganda è sconvolto da un disumano conflitto, che coinvolge milioni di persone, soprattutto bambini.

 

Nelle vaticane, una pagina dedicata al cammino della Chiesa in Europa.

 

Nelle estere, Medio Oriente: nei territori ancora sangue e tensioni. Imponente protesta dei nazionalisti contro il progetto governativo di ritiro.

 

Nella pagina culturale, di apertura un articolo di Angelo Marchesi dal titolo "Bobbio 'non credente' ". 

 

Nelle pagine italiane, in rilievo il tema delle pensioni: settimana decisiva per la riforma.

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OGGI IN PRIMO PIANO

26 luglio 2004

 

 

 

IN BANGLADESH GRAVISSIME LE CONSEGUENZE DELLE INONDAZIONI

DEGLI ULTIMI GIORNI

 

Continua ad aggravarsi il bilancio delle inondazioni in India, e negli ultimi giorni anche in Bangladesh. Oltre 500 le vittime in India mentre in Bangladesh i morti sono già almeno 200 e 125 mila i senzatetto ospitati dai centri d’accoglienza. Metà della capitale, Dacca, è sommersa dalle acque ed il sistema fognario è fuori uso: cresce di ora in ora, quindi, il rischio di epidemie. Situazione drammatica anche nel resto del Paese: 35 i distretti colpiti dalle alluvioni. Ma quali sono le condizioni della popolazione civile in queste ore drammatiche? Giancarlo La Vella lo ha chiesto a padre Alfio Coni, missionario saveriano da trent’anni in Bangladesh:

 

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R. - Attualmente milioni di persone sono colpite da queste alluvioni.

 

D. – Il Bangladesh è un Paese soggetto a questo tipo di catastrofi naturali. E’ mai stato fatto qualcosa per cercare di prevenire?

 

R.- Purtroppo non è stato fatto quanto si sarebbe dovuto. Il Bangladesh è una zona molto bassa rispetto al livello del mare ed è sul delta di tre-quattro fiumi molto grossi, per cui è facile che, non essendo stato fatto alcun drenaggio a questi fiumi, l’acqua ad un certo punto deborda ed invade tutti i campi, i villaggi e le città.

 

D. – La popolazione è soggetta, chiaramente, al dramma dell’inondazione, ma anche al dopo inondazione, cioè al rischio di epidemie. Che tipo di intervento bisognerebbe fare a livello anche internazionale?

 

R. – A livello internazionale, la cosa migliore sarebbe assicurare a queste popolazioni vaccini o medicine contro le malattie gastrointestinali. Secondo, bisognerebbe fornire cibo già pronto, perché non hanno dove cuocere. Purtroppo, da parte del governo, qui non è che si faccia tanto.

 

D. – Voi missionari siete chiamati a fare qualcosa, in questa emergenza?

 

R. – Certo. Noi facciamo quello che possiamo. In tutte le missioni noi mettiamo a disposizione i nostri locali, le nostre scuole, in modo che queste popolazioni possano rifugiarsi in un luogo un po’ più alto, rispetto al livello del mare, e dunque almeno all’asciutto.

 

D. – Ci sarà una ricaduta negativa anche a lungo termine, visto che le inondazioni hanno distrutto gran parte delle piantagioni e la popolazione vive soprattutto di agricoltura…

 

R. – Sì, purtroppo ci sarà una ricaduta proprio perché l’economia del Bangladesh è basata soprattutto sull’agricoltura. Questo è abbastanza naturale. Succede quasi tutti gli anni che, quando aumenta il livello delle acque, i raccolti vanno persi. Però, quest’anno la gravità sembra davvero eccezionale. Anch’io non pensavo che fosse così devastante, ma ormai si fanno dei paragoni con alluvioni del passato, tipo quella del 1998 o addirittura del 1998, in cui c’è stato veramente un gran disastro che ha interessato quasi tutto il Paese.

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LA CONVENZIONE DELL’ONU SUI DIRITTI DEI MIGRANTI

AL CENTRO DELLA TAVOLA ROTONDA PROMOSSA QUESTA MATTINA NELL’AMBITO

DEL VII MEETING INTERNAZIONALE SULLE MIGRAZIONI, APERTOSI IERI A LORETO

 

 

Uno spettacolo etnico di musica cubana con i Sabor latino ha chiuso  ieri sera la prima giornata del VII Meeting internazionale sulle migrazioni promosso a Loreto dai padre Scalabriniani. Questa mattina i relatori hanno affrontato il primo dei temi in programma “La Convenzione dell’Onu sui diritti dei migranti”. Si sono succeduti a parlare l’arcivescovo Silvano Tomasi, osservatore permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite di Ginevra; Patrick Taran, dell’Organizzazione internazionale del lavoro, sempre a Ginevra; Angela Martini, funzionario della Commissione europea e Savino Pezzotta, segretario della Cisl. Ascoltiamo il servizio da Loreto di Giovanni Peduto:

 

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Un numero crescente di Paesi è attualmente interessato al fenomeno migratorio e ciò richiede l’adozione di un approccio multilaterale da parte di tutti gli Stati, piuttosto che risposte unilaterali. Secondo i dati dell’ultimo rapporto dell’Ufficio internazionale delle migrazioni di Ginevra, nel corso degli anni ’90 il numero dei migranti è aumentato di circa sei milioni l’anno. Se i 175 milioni di migranti internazionali, registrati nel 2000, formassero una singola entità politica, essi rappresenterebbero il quinto Paese più popoloso del mondo.

 

 Il primo luglio 2003, dopo quasi 30 anni dalla sua elaborazione, è entrata in vigore la Convenzione internazionale sulla protezione dei diritti dei lavoratori migranti e delle loro famiglie. Attualmente la Convenzione è stata ratificata da 26 Paesi. Nell’elenco figurano taluni fra i maggiori Paesi d’origine dei migranti, mentre non è presente alcun importante Paese di destinazione delle migrazioni. Resta, quindi, l’impressione che la Convenzione venga percepita in modo favorevole dai Paesi di origine e non da quelli di destinazione. La Convenzione è anche percepita come uno strumento che finisce con l’incoraggiare l’immigrazione e, infatti, estendere la protezione ai migranti, equivale ad accrescere i fattori di attrazione. La ratifica finisce, dunque, col diventare un messaggio per l’incremento della pressione migratoria, questo sempre secondo i Paesi dove approdano i migranti. Inoltre, l’argomento più utilizzato per giustificare la non ratifica è il fatto che la Convenzione concede troppa protezione agli immigrati irregolari e quindi finisce con il favorire l’immigrazione non autorizzata.

 

A dire il vero, se si esaminano i contenuti della Convenzione, si nota come i diritti concessi ai migranti non autorizzati siano solo i diritti umani, diritti che quei migranti avrebbero in forza della relativa dichiarazione universale. Infatti, il testo della parte terza sui diritti umani dei migranti è stato desunto, in gran parte, parola per parola dal patto sui diritti civili e politici ed in parte da quello sui diritti sociali, economici e culturali. La Convenzione, per diventare uno strumento efficace di protezione dei migranti, ha bisogno dell’adesione di più Stati, soprattutto di quelli di destinazione dei migranti. Purtroppo, tale prospettiva non sembra vicina. I Paesi europei hanno imbroccato un cammino di maggior restrizione nei confronti dei migranti. In questo contesto, l’efficacia a breve termine della Convenzione sui diritti dei migranti non potrà che essere limitata. Tuttavia, la Convenzione rimane uno strumento per indicare che l’approccio all’immigrazione nella prospettiva dei diritti umani è imprescindibile. 

 

Da Loreto, Giovanni Peduto, Radio Vaticana.

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RICONFERMATO NELL’INCARICO DI SUPERIORE GENERALE DEI ROGAZIONISTI

PADRE GIORGIO NALIN. NEL MESSAGGIO PER IL CAPITOLO, CHE SI E’ CONCLUSO SABATO SCORSO A MORLUPO, VICINO ROMA, IL PAPA HA RIBADITO

CHE IL MONDO DI OGGI HA BISOGNO DI “OPERAI DEL VANGELO”

-Intervista con padre Giorgio Nalin -

 

 

Con il ricordo ancora vivo della canonizzazione del fondatore, padre Annibale Di Francia, avvenuta il 16 maggio scorso, il decimo Capitolo dei Rogazionisti ha riconfermato nell’incarico di superiore generale padre Giorgio Nalin. Il capitolo, che si è concluso sabato scorso, si è svolto a Morlupo, vicino Roma. Nel messaggio inviato per l’occasione il Papa ha ricordato che il mondo d’oggi ha più che mai bisogno di operai del Vangelo. Cosa significa in particolare e in concreto per i rogazionisti? Padre Vito Magno lo ha chiesto proprio a padre Nalin:

 

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R. – Significa, innanzitutto, esprimere ciò che la parola, lessicalmente, già dice, quindi, l’attenzione alla preghiera nella prospettiva della pastorale vocazionale. Poi è un invito a diffondere questo spirito di preghiera nella Chiesa  e ad essere, secondo il nostro fondatore, dei buoni operai. Il Papa insiste sul fatto che dobbiamo essere buoni, santi e operosi operai nella Messa del Signore, oggi.

 

D. – Su quali fronti, in particolare?

 

R. – Il fronte della pastorale vocazionale, pensata non soltanto per la Congregazione ma anche come attività culturale aperta a diverse realtà. L’obiettivo è allargare ed approfondire il tema della vocazione come realtà specifica della pastorale, poi, nel campo dell’attività, diciamo così della missione della Congregazione, l’obiettivo riguarda i giovani, i ragazzi in difficoltà. Nel campo della missionarietà, la Congregazione, in questi ultimi anni, si è aperta ad alcune missioni nell’Estremo Oriente, recentemente in Papua Nuova Guinea, ma anche in Vietnam, in Corea.

 

D. – Quali sono le esperienze più incisive e più collaudate?

 

R. – Quella del Centro rogazionale di Roma, che è stato negli anni un luogo ed un ambito di studio, di diffusione della preghiera e delle vocazioni, e quella dell’Istituto di pastorale vocazionale del Brasile, che insieme ad altri Istituti, ormai opera da oltre 10 anni.

 

D. – E nell’ambito della carità?

 

R. – Iniziative ve ne sono moltissime: dalla Bahia del Brasile  all’Argentina, fra i ragazzi di strada del Rwanda, nelle Filippine fra i poveri della città di Manila, in Papua Nuova Guinea.

 

D. – Si può dire, dunque, che al Capitolo è stato avvertito lo spirito missionario del padre Annibale di Francia …

 

R. – Abbiamo sentito una presenza del nostro fondatore ancora più piena. Divenuto santo, è ancora di più di incoraggiamento per noi a seguire la sua stessa strada.

 

D. – Padre Nalin, accettare oggi di governare una Congregazione di media grandezza nella Chiesa cosa comporta?

 

R. – Certamente più un onere che un onore. La responsabilità resta grande, tuttavia, la fiducia dei confratelli mi sembra che sia molto importante.

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GRANDE IMPRESA AL TOUR DE FRANCE: IL CORRIDORE AMERICANO LANCE ARMSTRONG HA CONQUISTATO, PER LA PRIMA VOLTA NELLA STORIA DEL CICLISMO, IL SESTO TITOLO DELLA PRESTIGIOSA COMPETIZIONE

 

- Intervista con Felice Gimondi -

 

  L’edizione di quest’anno del Tour de France si è chiusa con un altro trionfo dell’americano Lance Armstrong, il primo ciclista a vincere per sei volte la più prestigiosa corsa a tappe. Nella storia del ciclismo Armstrong ha staccato, con il successo di ieri, i quattro corridori che hanno vinto cinque edizioni del Tour: i francesi Jacques Anquetil e Bernard Hinault, il belga Eddy Merckx e lo spagnolo Miguel Indurain. Lo statunitense, che ha sconfitto un tumore diagnosticato nel 1996, è considerato, da diversi opinionisti e commentatori sportivi, un corridore poco altruista. Su questo aspetto della personalità attribuito ad Armstrong ascoltiamo, al microfono di Luca Collodi, il campione italiano Felice Gimondi, vincitore di un Tour de France nel 1966:

 

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R. - Essere egoista, quando si è in gara, fa parte delle caratteristiche di un campione. Normalmente un campione non è mai molto altruista. Forse se ne renderà conto di più dopo, quando smetterà di correre e, magari, potrà pensare quello che penso io oggi: è giusto essere più disponibile verso i compagni e qualche volta lasciare un pochino di spazio anche agli altri.

 

D. – Nonostante l’antipatia, la fama di campione di Armstrong resta forte …

 

R. – Sì, su questo non ci sono dubbi. In questo tour direi che ha dimostrato di essere molto più forte dell’anno scorso, non ha mai tentennato, non ha mai avuto momenti di difficoltà. Ben assistito da una squadra di uno spessore atletico non indifferente, ha dominato la corsa.

 

D. – Secondo lei, il doping è un mostro che sta uccidendo lo sport?

 

R. – E’ un mostro che esiste, purtroppo, e dobbiamo applicare tutte le terapie possibili per cercare di eliminarlo. Non credo che sia molto facile. La cosa migliore è sensibilizzare i giovani, promuovendo l’idea che l’allenamento è l’unica cosa che fa la differenza.

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CHIESA E SOCIETA’

26 luglio 2004

 

 

COSTERNAZIONE E INCREDULITÀ IN CILE PER LA MORTE DEL SACERDOTE ITALIANO,

PADRE FAUSTINO MARIA GAZZIERO, UCCISO SABATO SCORSO

ALLA FINE DELLA MESSA DA UN PRESUNTO SATANISTA

 

SANTIAGO DEL CILE. = In Cile è alto lo sgomento della Chiesa e della società civile per la morte di padre Faustino Maria Gazziero ucciso sabato notte, nella cattedrale metropolitana di Santiago del Cile, da un giovane probabilmente legato alle sette sataniche, anche se la pista esoterica per il momento non è stata ancora confermata dalla polizia. “Il fenomeno del satanismo in Cile – spiega all’Agenzia Misna padre Bernardino Zanella, vicario responsabile dell’Ordine dei Servi di Maria di Santiago al quale apparteneva padre Faustino - è fortemente in crescita”. Nel Paese – sottolinea il missionario - sono attivi numerosi gruppi, soprattutto nelle città e negli ultimi anni la loro presenza si è estesa anche a centri urbani minori. “Finora - ha aggiunto padre Zanella - si erano limitati a profanare e a compiere atti di vandalismo in luoghi sacri e cimiteri, ma non si era mai verificato un episodio di questa gravità”. Nato il 29 aprile del 1935 a Lozzo Atestino in provincia di Padova, padre Faustino Gazziero si era trasferito in Cile nel 1960 a soli 25 anni, subito dopo la sua ordinazione sacerdotale. Nel Paese latinoamericano ha proseguito i suoi studi e ha ricoperto numerosi incarichi. Da anni ricopriva il ruolo di presidente della Fondazione Santa Teresa, incaricata di gestire numerose scuole nel Paese. “Era una persona estremamente sensibile - riferiscono alla Misna i suoi confratelli - ed oltre alla sua attività legata all’insegnamento, svolgeva alcune attività sociali soprattutto in favore degli anziani”. Dopo aver appreso la notizia moltissime persone che lo conoscevano si sono dirette verso la casa dei Servi di Maria di Santiago per esprimere tutta la loro incredulità e il loro sgomento per questo barbaro e inaspettato assassinio. (A.L.)

 

 

IN BULGARIA LA POLIZIA HA SGOMBERATO DIVERSI EDIFICI

DEL COSIDDETTO “SINODO ALTERNATIVO” DELLA CHIESA ORTODOSSA

-A cura di Iva Mihailova -

 

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SOFIA. = In Bulgaria si aggrava la divisione nella Chiesa ortodossa. La polizia di Sofia nei giorni scorsi ha sgomberato circa 250 edifici del cosiddetto “sinodo alternativo”, creato dopo la caduta del comunismo al posto di quello ufficiale. Questa situazione è frutto dello scisma che esiste nella Chiesa ortodossa bulgara dal 1992, quando il presidente della direzione dei culti del governo di allora, dell’Unione delle forze democratiche, ha dichiarato illegittimo il patriarca Maxim, eletto nel 1971. Secondo loro, lui sarebbe stato nominato dal partito comunista e avrebbe collaborato con esso. Il sinodo alternativo ha eletto quale suo patriarca il metropolita Pimen, deceduto nel 1999. Nel 1998, però, un Concilio panortodosso ha riconosciuto come patriarca bulgaro Maxim. Secondo la nuova legge dei culti, tutte le altre confessioni religiose, compresa la Chiesa cattolica devono registrarsi per poter operare sul territorio bulgaro. Un mese fa il sinodo ha chiesto alla procura aiuto per la restituzione di edifici occupati dal sinodo alternativo.

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E’ ON LINE IL NUOVO SITO DI INFORMAZIONE, WWW.OCLACC.ORG, PRESENTATO DALL’ORGANIZZAZIONE CATTOLICA DI COMUNICAZIONE  LATINOAMERICANA E

DEI CARAIBI E GESTITO QUASI INTERAMENTE DA VOLONTARI

 

QUITO.= E’ stato inaugurato un nuovo sito di informazione recentemente presentato dall’Organizzazione cattolica di comunicazione latinoamericana e dei Caraibi  (Oclacc). L’indirizzo su internet è www.oclacc.org. Questo nuovo progetto ‘no profit’, gestito in gran parte da volontari, si propone di divulgare servizi orientati ai comunicatori dell’America Latina e dei Caraibi: notizie, documenti, programmi radiofonici, inchieste, comunicati stampa, festival, appuntamenti culturali e qualsiasi altra novità di rilievo etico, sociale e religioso. Il sito funziona come piccola agenzia d’informazioni ma, allo stesso tempo, anche quasi come un blog, cioè uno strumento on line a disposizione di chiunque voglia collaborare e partecipare inviando e pubblicando notizie, dati, rapporti, articoli e altri contributi. (R.M.)

 

 

“COSTRUTTORI DI UNA COMUNITÀ AL PLURALE: RELIGIONI IN DIALOGO”:

E’ QUESTO IL TEMA DELLA PRIMA SETTIMANA TEOLOGICA

DELLA FEDERAZIONE UNIVERSITARIA CATTOLICA ITALIANA INIZIATA IERI, AD AREZZO, PRESSO IL MONASTERO DI CAMALDOLI

 

AREZZO. = Ha avuto inizio la prima Settimana Teologica della Fuci, Federazione Universitaria Cattolica Italiana. L’incontro, apertosi ieri ad Arezzo presso l’eremo di Camaldoli, è incentrato sul tema “Costruttori di una comunità al plurale: religioni in dialogo” e intende affrontare il nodo dei rapporti con le religioni non cristiane, alla luce della  “Nostra Aetate” e di altri testi del magistero della Chiesa. In un’epoca nella quale le religioni rischiano di essere strumentalizzate e viste come causa di guerre e contrapposizioni, l’iniziativa punta a promuovere i semi della comprensione e della conoscenza reciproca. L’obiettivo della Settimana, infatti, è quello di “ribadire che la vita insieme, la frequentazione degli stessi spazi, l’accoglienza reciproca, il dialogo alla pari sono possibili e che le religioni sono una risorsa e una fonte di speranza per qualsiasi società”. E sempre presso il monastero di Camaldoli è prevista, a partire dal prossimo primo agosto, la seconda Settimana Teologica 2004 della Fuci. Il tema scelto in questa occasione, “Padroni o custodi? Uomini e creato nella prospettiva della Bibbia”, intende analizzare le sfide e le responsabilità dei cristiani nei confronti dell’ambiente e della sua sostenibilità. Sarà presa in esame, in particolare, la responsabilità individuale nella costruzione di un più corretto rapporto fra uomo e natura. (A.L.)

 

 

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24 ORE NEL MONDO

26 luglio 2004

 

 

- A cura di Dorotea Gambardella -

 

● Ennesima giornata di sangue in Iraq. Un alto funzionario del ministero dell’Interno ad interim, Moussab al-Awadi, è stato assassinato a Baghdad insieme con due delle sue guardie del corpo. Intanto, è salito ad almeno quattro iracheni morti, tra cui un bambino, e sette feriti il bilancio dell’attacco dinamitardo contro la principale base militare statunitense a Mosul, nel nord del Paese. Il servizio è di Dorotea Gambardella:

 

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Da un comunicato ufficiale dell’esercito americano si è appreso che si è trattato di un attentato compiuto da una donna kamikaze per il quale è stato impiegato un camion-bomba e non due vetture imbottite di tritolo come per errore era stato riferito in precedenza. Prima di questa deflagrazione, altre due vetture imbottite di tritolo erano esplose nel centro di Baghdad, bombardato anche a colpi di mortaio. Sangue anche a Bassora, nell’Iraq meridionale, dove miliziani ignoti hanno ucciso due cittadine irachene che lavoravano per il contingente britannico nell’aeroporto locale; altre due loro colleghe sono rimaste ferite, mentre una quinta è riuscita a salvarsi. Nella città di Qaem, al confine con la Siria, due civili iracheni sono rimasti uccisi e tre soldati americani feriti in un attacco contro una pattuglia statunitense. In merito alla vicenda degli ostaggi un video mostra che sono ancora vivi i sette camionisti – tre indiani, tre keniani e un egiziano – rapiti la scorsa settimana dal gruppo autodefinitosi delle “Bandiere Nere”. I sequestratori hanno annunciato un ulteriore prolungamento dell’ultimatum per consentire le trattative. La scadenza era prevista per oggi alle 12.00 ora locale, dopo di che il gruppo aveva minacciato di iniziare a decapitare i prigionieri, se la compagnia di trasporto kuwaitiana per la quale lavorano non avesse lasciato l’Iraq. E un nuovo video, trasmesso oggi dalla televisione araba, Al Jazeera, mostra come il gruppo denominato “Esercito islamico dell’Iraq”, abbia catturato due pachistani, impiegati presso l’esercito statunitense, e un autista iracheno.

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● Non si placa la violenza in Medio Oriente. Una disabile palestinese, avvicinatasi per errore al reticolato di protezione di un insediamento ebraico nella striscia di Gaza, è stata uccisa dal fuoco dei soldati israeliani. Nella notte, l’esercito dello Stato ebraico ha arrestato 18 palestinesi in Cisgiordania, vicino a Tulkarem. Nella stessa zona, ieri sera, sei membri delle Brigate dei Martiri di Al Aqsa hanno perso la vita in uno scontro a fuoco con i paramilitari della Guardia di frontiera. Sul piano politico, il premier israeliano, Ariel Sharon, in risposta alle manifestazioni di ieri ha affermato che “Israele non resterà per sempre nella Striscia di Gaza” e ha ribadito la volontà di realizzare il proprio piano di ritiro dalla Striscia e da alcune aree in Cisgiordania.

 

La Nato invierà una missione di sostegno in Afghanistan anche per le elezioni legislative che si terranno in primavera. Lo ha annunciato il segretario generale  dell’Alleanza Atlantica, Jaap De Hoop Scheffer, nel corso di un incontro con la stampa nel quartier generale di Bruxelles. In merito all’Iraq, De Hoop Scheffer  ha detto che la Nato dovrebbe decidere in settimana le modalità della missione di addestramento delle forze irachene decisa durante il vertice di Istanbul lo scorso giugno.

 

● Tra misure di sicurezza straordinarie, si apre stasera a Boston la convention del Partito democratico statunitense, che nominerà ufficialmente John Kerry suo candidato alla Casa Bianca. E sarà proprio di un ex presidente democratico, Bill Clinton, il discorso più atteso di questa giornata inaugurale. Trentacinquemila i delegati che, fino a giovedì, si confronteranno sul tema: “Forti in patria e rispettati all’estero”. La nota, da Washington, di Empedocle Maffia:

 

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         Si apre una Convenzione alla quale i democratici arrivano con tutte le scelte compiute: il candidato alla presidenza, quello alla vicepresidenza, il programma unanimemente condiviso. Un partito unito che si affida a John Kerry soprattutto perché lo ritiene la migliore possibilità per sconfiggere il presidente Bush. E il candidato Kerry, nei quattro giorni di Boston che si concluderanno con il suo discorso, deve riuscire a fare di questa Convenzione l’occasione per convincere l’America che si può cambiare, che la lotta al terrorismo può essere condotta in modo diverso da quanto avvenuto negli ultimi anni, che la ripresa economica può essere garantita da una maggiore attenzione verso la classe media e coloro che ancora sono esclusi dal sogno americano, che l’America può ancora essere rispettata non solo temuta dal resto del mondo, che i suoi valori sono indispensabili, perché la sua forza militare sia sentita come una garanzia, non come una minaccia. Nella lunga stagione delle primarie, Kerry ha parlato di questi temi contro Bush. Da oggi deve convincere il Paese che essi costituiscono la nuova dimensione nella quale vuole portare l’America. Se ci riesce si troverà leader di quella maggioranza di americani che oggi è convinta sia necessario cambiare e che lo manderà alla Casa Bianca per scelta e non solo perché vuole che George W. Bush la lasci.

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● Il premier spagnolo Josè Luis Rodriguez Zapatero ha ricevuto il capo del governo basco, Juan Jose Ibarretxe. L’incontro s’inserisce nel quadro dei contatti con i leader dei governi regionali per discutere il progetto di riforma dello Stato e l’aumento del conferimento dei poteri alle autonomie locali. Particolarmente significativo il colloquio odierno perché riannoda un dialogo sospeso tre anni fa dal premier Josè Maria Aznar, ma anche perché i due leader hanno discusso del cosiddetto “Piano Ibarretxe”, un progetto nazionalista di libera associazione con la Spagna che Aznar aveva definito come un tentativo di “legittimare politicamente il terrorismo dell’Eta”.

 

● Non si arresta in Italia il nuovo flusso di sbarchi degli immigrati. Un natante con a bordo oltre cento clandestini è stato avvistato a sud di Lampedusa, in Sicilia, intorno alle 10.00 di stamani. Sono subito scattate le operazioni di soccorso da parte della guardia costiera dell’isola. Circa due ore prima, erano giunti altri 79 immigrati, che sono stati trasferiti al centro di prima accoglienza di Lampedusa. La struttura, che sfiora le 500 presenze, è ormai al collasso.

 

  E mentre i riflettori della comunità internazionale sono puntati sulla regione del Darfur, sanguinosi scontri si registrano da venerdì anche nel Sudan meridionale. I ribelli ugandesi del sedicente Esercito di resistenza del signore (Lra) hanno ucciso circa quaranta persone in attacchi contro il piccolo villaggio di Moti. Dal 1986 il movimento ribelle semina morte e distruzione nel Nord dell’Uganda, ma negli ultimi mesi ha moltiplicato gli assalti proprio nel Sud Sudan.

 

● Nello scrutinio delle elezioni presidenziali in Indonesia irrompe la violenza. Un ordigno è esploso a Giakarta, nella sede della commissione elettorale, che proprio oggi dovrebbe annunciare i risultati definitivi del voto del 5 luglio. L’esito non dovrebbe riservare sorprese: il generale Yudhoyono, forte di un 33.5 per cento dei consensi, sfiderà nel ballottaggio del 20 settembre la presidente uscente, Megawati Sukarnoputri, ferma al 22.2 per cento.

 

● Ancora sangue in Cecenia: la guerriglia separatista ha ucciso tre persone, tra cui l’amministratore del villaggio meridionale di Samashki. Il convoglio sul quale viaggiavano è stato colpito dall’esplosione di un ordigno radiocomandato. Una granata ha poi colpito la casa dell’amministratore di un altro villaggio, che è rimasto illeso.

 

● I negoziati in corso tra India e Pakistan non riescono a fermare la violenza nella contesa regione del Kashmir. L’ultimo episodio è avvenuto stanotte, quando un gruppo di ribelli separatisti ha decapitato un uomo e i suoi due figli, mentre dormivano. Scontri tribali, invece, hanno provocato otto vittime nel Pakistan meridionale, dove la polizia ha arrestato novanta persone.

 

● Crescita economica, lotta alla corruzione, giustizia sociale, istruzione di qualità e privatizzazione del settore energetico: sono i cinque punti del programma che la presidente filippina, Gloria Macapagal Arroyo, ha presentato al Parlamento di Manila. Riconfermata capo dello Stato dalle elezioni del 10 maggio scorso, la signora Arroyo resterà alla guida del Paese per i prossimi 6 anni.

 

● Il presidente ceco, Vaclav Klaus, ha scelto di affidare l’incarico di primo ministro al leader socialdemocratico, Stanislav Gross. Gross sostituirà Vladimir Spidla, dimessosi lo scorso mese. A darne notizia, un comunicato ufficiale della presidenza della Repubblica Ceca.

 

Due alpinisti della spedizione italiana 'K2 2004' hanno  raggiunto la vetta himalayana a 8.611 metri di quota, dal versante  sud, in Pakistan. Ad arrivare sulla seconda cima del mondo per primi sono stati il bresciano, Silvio Mondinelli, e Karl Unterkicher, di Selva di Val Gardena, in Trentino. Gli altri tre compagni di cordata si trovano a pochi metri dalla cima.

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