RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno XLVII  n. 207 - Testo della Trasmissione di domenica 25 luglio 2004 

 

 

Sommario

                  

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

La comunità internazionale non dimentichi le popolazioni del Darfur e del Nord Uganda: così, il Papa all’Angelus, dedicato ai mali che affliggono l’Africa.

 

Il dramma dei profughi del Darfur, testimoniato ai nostri microfoni dal sottosegretario di Cor Unum, mons. Dal Toso, che ieri assieme all’inviato speciale del Papa, l’arcivescovo Cordes, ha visitato la martoriata regione sudanese. Al via la missione per il Darfur della Caritas italiana: ce ne parla il direttore dell’organismo della Cei, mons. Nozza

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Spagna in festa per la solennità del suo Patrono, l’Apostolo Giacomo il Maggiore. Con noi l’arcivescovo di Santiago de Compostela, mons. Barrio, e il rettore di S. Maria in Monserrato mons. Novalín.

 

Al via a Loreto il Meeting internazionale sulle migrazioni, promosso dagli Scalabriniani. Ce ne parla padre Gianni Borin.

 

“Patchworld”: a Roma una settimana della solidarietà promossa dai Focolarini - Inizia oggi in Svezia il Mondiale di calcio dei senza dimora.

 

CHIESA E SOCIETA’:

Nella Cattedrale di Santiago del Cile, uno squilibrato ha ucciso ieri un sacerdote italiano, padre Faustino Maria Gazziero.

 

I vescovi del Kenya lanciano la proposta di una nuova evangelizzazione

 

Cap Anamur: tutti a casa i 25 africani espulsi dall’Italia

 

Il governo della Mauritania intensifica la lotta alle locuste

 

Il festival Africano dei media ha premiato l’agenzia di stampa cattolica DIA

 

24 ORE NEL MONDO:

 

Sempre più acuta la crisi degli ostaggi in Iraq. A Baquba, uccisi tredici guerriglieri durante violenti scontri – A Gaza, raid israeliano contro la casa di un dirigente di Hamas: almeno 4 i feriti.

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

25 luglio 2004

 

 

LA COMUNITA’ INTERNAZIONALE NON DIMENTICHI LE POPOLAZIONI

DEL DARFUR E DEL NORD UGANDA: E’ IL VIBRANTE APPELLO DEL PAPA ALL’ANGELUS.

IL SANTO PADRE HA ESORTATO TUTTI I FEDELI A PREGARE PER I FRATELLI

CHE SOFFRONO NEL CONTINENTE AFRICANO

- Servizio di Alessandro Gisotti -

 

La comunità internazionale non resti insensibile al dramma che affligge tanti Paesi africani e in particolare il nord dell’Uganda e la regione sudanese del Darfur. E’ la vibrante esortazione di Giovanni Paolo II, che all’Angelus da Castel Gandolfo, si è soffermato sui mali dell’Africa. Il servizio di Alessandro Gisotti:

 

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I cristiani preghino per l’Africa, sconvolta dalle guerre e dalla povertà. All’Angelus, Giovanni Paolo II ha esortato i fedeli a non dimenticare i fratelli che soffrono nel continente africano. Nella regione sudanese del Darfur, ha detto, “la guerra, intensificatasi nel corso di questi mesi, porta con sé sempre più povertà, disperazione e morte”. Un ventennio di duri scontri, ha proseguito, “ha prodotto in Sudan un numero ingente di morti, di sfollati e di rifugiati”. Parole corredate da un forte appello:

 

“Come restare indifferenti? Rivolgo un accorato appello ai responsabili politici e alle organizzazioni internazionali, perché non dimentichino questi altri nostri fratelli duramente provati”

 

Il Pontefice ha così ricordato che proprio nel Darfur ha voluto inviare in questi giorni il presidente del Pontificio Consiglio Cor Unum, mons. Cordes, per recare “a quelle tribolate popolazioni la solidarietà spirituale e materiale della Santa Sede e della Chiesa universale”.

 

Il pensiero del Papa si è rivolto anche al Nord dell’Uganda, terra – ha affermato – sconvolta da “un disumano conflitto”, lungo oltre 18 anni, che coinvolge milioni di persone e non risparmia i bambini. Molti di essi, ha rilevato, sono “presi nella morsa della paura e privati di ogni futuro, si sentono costretti a fare i soldati”. Un orrore che non può durare oltre:

 

“Mi rivolgo alla Comunità internazionale e ai responsabili politici nazionali perché si ponga fine a questo ormai tragico conflitto e si offra una reale prospettiva di pace all’intera nazione ugandese”.

 

La comunità cristiana, ha poi evidenziato, “si sta impegnando per far fronte a queste emergenze”. In Uganda, i vescovi aiutati da altre diocesi del mondo e da organizzazioni di volontariato, “operano con generosità per la riconciliazione nazionale e per i soccorsi alle persone in difficoltà”.

 

Dopo l’Angelus, il Papa ha salutato i fedeli castellani accorsi numerosi, nonostante il maltempo. In occasione della tradizionale Sagra delle Pesche, il Santo Padre è stato omaggiato dei frutti tipici dei Castelli Romani. Infine, non ha mancato di rivolgere un saluto speciale ai fedeli spagnoli, nel giorno della festa del santo patrono di Spagna, l’Apostolo Giacomo il Maggiore.

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IL DRAMMA DEI PROFUGHI DEL DARFUR, TESTIMONIATO AI NOSTRI

 MICROFONI DAL SOTTOSEGRETARIO DI COR UNUM, MONS. DAL TOSO,

CHE IERI ASSIEME ALL’INVIATO SPECIALE DEL PAPA, L’ARCIVESCOVO CORDES,

HA VISITATO LA MARTORIATA REGIONE SUDANESE.

AL VIA LA MISSIONE PER IL DARFUR DELLA CARITAS ITALIANA,

CE NE PARLA IL DIRETTORE DELL’ORGANISMO DELLA CEI, MONS. NOZZA

 

- A cura di Alessandro Gisotti -

 

La popolazione del Darfur con il suo dramma è, dunque, nel cuore di Giovanni Paolo II, che oggi all’Angelus ha messo l’accento sulla missione del suo inviato, l’arcivescovo Cordes, presidente di Cor Unum. Ieri, il momento più toccante della missione con la visita ai campi profughi di Nyala nella martoriata regione sudanese. Ad accompagnare l’arcivescovo Cordes, c’era il sottosegretario di Cor Unum, mons. Giovanni Pietro Dal Toso, che, raggiunto telefonicamente a Khartoum, da Alessandro Gisotti, testimonia il dramma dei profughi del Darfur:

 

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R. – E’ sempre impressionante vedere migliaia di persone sotto un sole cocente, prive di tutto, fuggire di fronte alla violenza. Noi speriamo che si possa presto fare il possibile per soccorrerle, portare acqua, cibo. Ci sono diverse organizzazioni umanitarie cattoliche e non che stanno prestando la loro opera.

 

D. – In tale situazione di assoluta emergenza, quali sono le necessità più urgenti per questi sfollati?

 

R. – La copertura delle necessità primarie, cioè mangiare, bere e dare un tetto e una coperta a queste persone. Speriamo che presto si possa iniziare un’operazione di rimpatrio, operazione che, però, sarà possibile quando verrà garantita la loro sicurezza.

 

D.- Come siete stati accolti, come è stata accolta questa missione e il messaggio del Papa?

 

R. – C’è un grande interesse per la voce del Santo Padre e, quindi, anche per questo gesto del Santo Padre che ha voluto mandare concretamente il presidente di Cor Unum, mons. Cordes, come suo inviato nel Darfur. E’ stato accolto con particolare entusiasmo dalla Chiesa locale e anche da parte delle autorità c’è stata attenzione per questo gesto del Papa.

 

D. – Come proseguirà ora la missione di pace in Sudan?

 

R. – Noi speriamo che l’attenzione internazionale, l’attenzione da parte delle diverse organizzazioni internazionali possa far realizzare presto lo scopo per cui anche il Santo Padre si è preoccupato.

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Se dunque prosegue la missione papale in Darfur, proprio nelle ultime ore ha preso il via la missione della Caritas italiana per la regione sudanese. Prima di partire per il Sudan, il direttore dell’organismo pastorale della Cei, mons. Vittorio Nozza, ha spiegato ad Alessandro Gisotti le finalità di questa iniziativa:

 

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R. - Far emergere quelli che sono i bisogni principali e immediati; quello di considerare in modo particolare quali sono i diritti negati, in modo tale che, su tutto questo, venga posta la più ampia attenzione. Cerchiamo il più ampio coinvolgimento, cosa questa che dà continuità ad una presenza, ad un modo di interventi che già da anni si realizza in quella regione, soprattutto attraverso l’assistenza igienico-sanitaria nei campi, l’accesso all’acqua potabile, l’assistenza alimentare, soprattutto per i bambini malnutriti, e poi anche l’organizzazione di momenti scolastici per queste comunità che, solitamente, vengono penalizzate anche da un punto di vista educativo e scolastico.

 

D. - Quali sono le notizie che avete dal terreno dalla regione del Darfur?

 

R. - Quello che ci giunge, soprattutto attraverso la rete di Caritas Internationalis, è il numero di persone coinvolte in questa pesante situazione: più di un milione di sfollati di cui circa 200 mila rifugiatisi poi nel vicino Ciad. Si parla addirittura dai 10 ai 30 mila morti, e quello che preoccupa è la difficoltà di dar mano ad una soluzione nei confronti di questa grossa emergenza.

 

D. - Dunque, che cosa possono fare i fedeli fattivamente per aiutare Caritas in    quest’opera di aiuto alla popolazione del Darfur?

 

R. – Innanzitutto, mantenendosi costantemente informati, cosa che noi cercheremo di fare in una maniera più ampia; in secondo luogo, attivarsi anche attraverso una solidarietà fattiva che consiste nel mettere a disposizione il denaro sufficiente per poter, anche solo per quanto riguarda il nostro programma, far fronte all’aiuto di 500 mila persone.

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OGGI IN PRIMO PIANO

25 luglio 2004

                   

 

 

SPAGNA IN FESTA PER LA SOLENNITA’ DEL SUO SANTO PATRONO,

L’APOSTOLO GIACOMO IL MAGGIORE.

LA SOLENNE CELEBRAZIONE A SANTIAGO DE COMPOSTELA,

MOMENTO CULMINANTE DEL 118.MO ANNO SANTO GIACOBEO

- Ai nostri microfoni, mons. Barrio e mons. Novalín -

 

Come ricordato dal Papa all’Angelus, oggi ricorre la solennità dell’Apostolo Giacomo il Maggiore. I fedeli della Spagna sono in festa per il proprio santo patrono. Evento ricco di significato, essendo questo 2004 il 118.mo anno santo giacobeo. Cuore della festività odierna è la cattedrale di Santiago de Compostela, in Galizia, dove si trovano le spoglie dell’evangelizzatore della penisola iberica. Qui, stamani, si è svolta la messa solenne, concelebrata dai cardinali di Madrid e Siviglia e da tutti i vescovi galiziani. A rivolgere al Santo la tradizionale invocazione - la “ofrenda” - è stato il Re di Spagna Juan Carlos, che ha partecipato al rito assieme alla Regina Sofía. Il Re ha ricordato le 191 vittime degli attentati dello scorso 11 marzo a Madrid. Quindi ha chiesto a San Giacomo di aiutare il popolo spagnolo a lavorare unito contro il terrorismo.

 

Giovanni Paolo II si è recato in pellegrinaggio a Santiago de Compostela due volte, durante il suo pontificato. La prima nel 1982: in quell’occasione, pronunciò uno storico discorso in cui esortò l’Europa ad “essere se stessa” non dimenticando le proprie radici cristiane. Il Pontefice è poi tornato a Santiago, sette anni dopo, per la Giornata mondiale della Gioventù. Sull’odierna solennità di San Giacomo, ecco la riflessione dell’arcivescovo di Santiago de Compostela, mons. Julián Barrio Barrio, al microfono di Rafael Taberner Alvarez:

 

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“Questa solennità ci induce un po’ a fare memoria della fede cristiana e cattolica, che costituisce la nostra identità. Approfondire la conoscenza di questa realtà credo significhi arricchire la nostra identità, per non distruggere le nostre radici cristiane. Il messaggio dell’Apostolo diventa, soprattutto in questo giorno, un messaggio di speranza e di fortezza nella fede. L’Apostolo incoraggia quanti sono in pellegrinaggio ad arrivare a Dio, alla Casa del Padre. Il suo è veramente un messaggio di speranza. Ecco, questo è il messaggio che anche noi tutti dovremmo cercare di vivere, soprattutto in questi momenti non facili”.

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         La figura di San Giacomo Apostolo, figlio di Zebedeo e fratello di Giovanni evangelista, è legata alla secolare tradizione dei pellegrinaggi verso il Santuario di Compostela. Tra storia e leggenda, le circostanze in cui le spoglie dell’Apostolo giunsero dalla Terra Santa in Galizia. La tradizione narra di un eremita che per alcune notti assistette ad una pioggia di stelle su un punto del bosco nel quale viveva. Proprio in quel terreno - chiamato successivamente “Campo delle stelle”, da cui il nome di Compostela - vennero ritrovate, intorno all’820, le spoglie di San Giacomo. Ben presto fiorisce l’usanza dei pellegrinaggi, che, nei secoli XI e XII, acquistano una dimensione europea. Oggi esistono 5 itinerari, quello francese è il più frequentato, che portano a Santiago dopo 800 chilometri di Camino. Proprio questo pellegrinaggio – ha sottolineato il Papa nel messaggio per il 118.mo anno compostelano – insegna che “Chiesa ed Europa sono due realtà intimamente correlate  nella loro essenza e nel loro destino”

 

Sull’importanza del Camino di Santiago per la storia della Chiesa e dell’Europa, Alessandro Gisotti ha raccolto una riflessione di mons. José Luis Gonzàlez Novalín, rettore del convitto ecclesiastico S. Maria in Monserratto:

 

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R. – Penso che l’importanza risieda proprio nell’epoca in cui nasce il pellegrinaggio. C’è la grande tradizione del sepolcro a Santiago de Compostela e con questa tradizione è incominciato in Europa il fenomeno del pellegrinaggio. Lo si deve situare in pieno Medioevo, proprio quando l’Europa è una fioritura di Nazioni che, in un certo senso, confluiscono devozionalmente verso Roma, Gerusalemme e Santiago de Compostela.

 

D. – Ecco, la festa di San Giacomo ha, nel 2004, un significato particolare: è infatti il momento culminante di quest’Anno Santo compostelano ...

 

R. – Quando la festa di San Giacomo cade di domenica, dà un colore speciale a tutto l’anno, e quell’anno si chiama ‘giacobeo’: tutto un anno di penitenza, un anno di perdono. Più o meno come l’Anno Santo Romano.

 

D. – “Il pellegrinaggio giacobeo rimanda alle origini spirituali e culturali del Vecchio Continente”, ha scritto il Papa nel messaggio per quest’anno compostelano. Come può contribuire il ‘Cammino di Santiago’ a non dimenticare le radici cristiane del Vecchio Continente?

 

R. – Fin dall’inizio, abbiamo molti resoconti di pellegrini che sono andati a Santiago de Compostela, e in questi rapporti c’è sempre questo scambio di culture, di religiosità che i pellegrini trovano percorrendo la strada dalla Germania, dalla Francia, dall’Italia a Santiago de Compostela. Questo fenomeno permane tuttora.

 

D. – Secondo lei, cosa spinge oggi migliaia di fedeli a mettersi in cammino verso Santiago rinnovando una tradizione secolare?

 

R. – L’esperienza degli uni richiama l’esperienza degli altri. Sono moltissimi quelli che, nel ‘Cammino di San Giacomo de Campostela’ hanno trovato non solo la conversione, ma persino la vocazione e soprattutto la pace. Per me, questa è una delle ragioni principali: è un cammino di pace! Farei un paragone, per esempio, con Assisi. Quando andiamo ad Assisi, ci accorgiamo che lì si respira un’atmosfera speciale; la stessa cosa accade con il Camino di Santiago.

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In Italia, la solennità di San Giacomo è stata celebrata con particolare partecipazione nella Chiesa nazionale spagnola di Santiago e Montserrat. La Celebrazione Eucaristica è stata presieduta dal vescovo Marcelo Sánchez Sorondo, cancelliere della Pontificia Accademia delle Scienze.

 

 

AL VIA OGGI A LORETO IL MEETING INTERNAZIONALE SULLE MIGRAZIONI,

PROMOSSO DAI MISSIONARI SCALABRINIANI CHE CHIEDONO ALL’EUROPA

 DI RICONOSCERE I DIRITTI DEGLI IMMIGRATI

- Intervista con padre Gianni Borin -

 

Al via stamani a Loreto il settimo Meeting internazionale sulle migrazioni, che ha questa volta per tema “Migranti, cittadini della nuova Europa: mobilità e diritti”. Ne sono promotori i Missionari Scalabriniani. Numerosi i partecipanti: politici, sindacalisti, rappresentanti dell’ONU, di Organizzazioni non governative ed esponenti della Chiesa cattolica. Ogni sera ci sarà spazio per concerti e spettacoli etnici. Dunque l’Europa è al centro del meeting: ma cosa cambia per i migranti nella nuova Unione ‘a 25’?  Giovanni Peduto lo ha chiesto a padre Gianni Borin, responsabile della manifestazione:

 

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R. – Siamo ad un passaggio epocale. Ci stiamo avvicinando al sogno manifestato dal Santo Padre all’inizio del suo Pontificato: quello di un’Europa unita dall’Atlantico agli Urali! Quest’anno, i cittadini dell’Unione Europea sono passati da 376 milioni a più di 450 milioni, e le lingue ufficiali da 11 a 20. Una vera Pentecoste! Tutto questo, però, non manca di essere ancora un sogno, perché per prevenire difficoltà varie, 13 su 15 dei vecchi Paesi si sono avvalsi della facoltà di rinviare il “libero movimento delle persone” (e non quello delle merci o delle imprese, guarda caso) di due anni, e poi di altri tre, cui se ne possono aggiungere altri due. In poche parole, fino al 2011 la situazione potrebbe rimanere sostanzialmente invariata.

 

D. – E’ rispettata in Europa la Carta ONU sui diritti dei migranti?

 

R. – E’ un dato preoccupante che nessuno dei Paesi membri, né tanto meno l’Unione Europea stessa, abbia ancora ratificato la “Convenzione dell’ONU per la tutela dei diritti dei migranti e delle loro famiglie” del 18 dicembre 1990. Il privare alcune persone residenti sul territorio di una serie di diritti, oltre ad accentuare le divisioni e le discriminazioni, rischia di ostacolare la formazione di società locali, nazionali e sopranazionali “integrate”. Non è raro verificare nei Paesi dell’UE misure prevalentemente restrittive e repressive, quali il rigido sbarramento delle frontiere esterne ; il declamato contrasto all’immigrazione clandestina con i conseguenti provvedimenti di espulsione di massa, concordati anche fra più Paesi dell’Unione; la sproporzionata limitazione dei ricongiungimenti familiari.

 

D. – E riguardo ai richiedenti asilo?

 

R. – La realtà dei profughi tocca una parte dei migranti che drammaticamente hanno a che fare con il pericolo di vita e la libertà di pensiero o di religione. Siamo in un ambito delicato e profondo. L’Italia è stata richiamata spesso dagli organismi internazionali al rispetto della Convenzione di Ginevra del 1951 sui richiedenti asilo. Siamo il fanalino di coda in materia di accoglienza dei rifugiati. Purtroppo, anche in Germania, tradizionalmente al primo posto in questa realtà si nota ultimamente un passo indietro.

 

 D. – Molti migranti sono musulmani: come avviene l’incontro con la cultura europea?

 

R. – L’Europa ha una lunga storia di rapporti con l’Islam che non sono segnati solo dallo scontro e dalle guerre, come pensa la maggior parte delle persone oggi. Ci sono state, ci sono e ci saranno tante occasioni e possibilità di dialogo, di convivenza tra le culture europee e i musulmani. Il dialogo (sia pure con le tipiche difficoltà) non è impossibile, ma deve vedere i cristiani e gli europei come i primi fautori. Grosso problema dell’Islam è e sarà il suo incontro-scontro con la cultura consumistica. Dobbiamo aiutare questi fratelli credenti a superare questa prova in un quadro di rispetto della libertà religiosa.

 

D. – Cosa fa la Chiesa per gli immigrati?

 

R. – Tutti conoscono come la Chiesa sia in prima linea nell’ospitalità e nella formazione all’accoglienza di ogni uomo e donna, fedele all’insegnamento del suo Maestro, che ci giudicherà un giorno in base a ciò che avremo fatto al più piccolo e all’ultimo. Proprio questi infiniti e spesso sconosciuti gesti di fraternità vera rendono la Chiesa credibile nel suo sollecitare i governi a concretizzare, ad esempio, interventi effettivi (e non solo proclamati), volti allo sviluppo dei Paesi di maggior pressione migratoria, o anche solo l’introduzione da parte di tutti i nostri Paesi di quote annuali d’ingresso regolare.

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UN VILLAGGIO DELLA SOLIDARIETA’ A ROMA PER UNA SETTIMANA. NEL CUORE DELLA CITTA’ ETERNA, TANTI GIOVANI DEL MOVIMENTO DEI FOCOLARI

STANNO CONDIVIDENDO, DA IERI E FINO AL 30 LUGLIO, INSIEME A RAGAZZI EUROPEI

UN PROGETTO CULTURALE BASATO SULLA FRATERNITA’ E SULL’INTEGRAZIONE

- Servizio di Rita Salerno -

 

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Sacco a pelo, abbigliamento sportivo e tanta voglia di stare insieme per costruire un mondo più solidale e basato sul rispetto reciproco. Sono gli ingredienti di Patchworld, la manifestazione promossa dal Movimento Internazionale Giovani per un mondo unito di Roma e dall’associazione Nuove Vie per un mondo unito. Un villaggio animato da trecento ragazzi, dai 17 ai 30 anni, provenienti da diversi paesi europei allestito presso la parrocchia di Sant’Andrea Avellino fino al 30 luglio. Un’esperienza forte, da vivere in chiave di aiuto concreto agli ultimi della capitale e di scambio culturale per sette giorni. Senza dimenticare la solidarietà internazionale. Silvia Cataldi, 27 anni, che fa parte dei Giovani per un mondo unito, ha già alle spalle diverse esperienze del genere: 

 

R. – Patchworld è una settimana che stiamo organizzando già molti mesi insieme ai giovani per un Mondo Unito di Roma e del Lazio. Siamo arrivati qui già dal 24 luglio e siamo circa 300 provenienti oltre che dal Lazio anche da altre regioni italiani. Ci sono poi anche rappresentanti provenienti dall’Europa. Siamo tutti insieme perché vogliamo fare un vero e proprio laboratorio di fraternità in questa settimana in cui collaboriamo insieme.

 

D. –Qual è il messaggio che volete lanciare con questa settimana?

 

R. – Il messaggio che vogliamo lanciare è semplicemente quello della fraternità, di essere tutti fratelli, un po’ richiamandoci all’arte del patchwork, cioè un’arte che assembla i vari materiali insieme per fare una stoffa bellissima, un disegno nuovo, del tutto diverso. Così siamo noi, provenienti da varie culture, da vari Paesi, da varie tradizioni che insieme vogliamo mettere a disposizioni i nostri talenti, conoscerci meglio per fare qualcosa, per fare un dono alla nostra città, al territorio che ci è intorno; ma vogliamo anche costruire una cultura nuova perché questo sarà un progetto non soltanto di tipo fattivo, che si esprimerà attraverso azioni concrete, ma anche un progetto di tipo culturale.

 

D. – Cosa accade in questi sette giorni?

 

R. – In questi sette giorni ci stiamo dividendo nelle strutture sociali del territorio. In collaborazione appunto con l’Assessorato alle politiche sociali abbiamo individuato ospedali, case di riposo, case famiglia, mense per dividere la nostra gioia con chi, soprattutto nel periodo estivo, è più solo. Avremo anche tante altre attività, come workshop e così via. Poi verrà a celebrare con noi la messa mons. Apicella, vescovo ausiliare di Roma.

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ALL’INSEGNA DEL BINOMIO SPORT E SOLIDARIETA’,

AL VIA OGGI IN SVEZIA IL CAMPIONATO MONDIALE

DI CALCIO DEI SENZA DIMORA

 

- Servizio di Francesca Fialdini -

 

Lo sport come strumento di riscatto sociale: è questa la sfida del Mondiale di calcio delle persone senza fissa dimora, al via oggi a Goteborg in Svezia. Vent’otto i Paesi in gara che si sfideranno fino al 4 agosto. L’evento, promosso dalla Rete internazionale dei giornali di strada è patrocinato dall’Uefa e dalle Nazioni Unite. Il servizio di Francesca Fialdini:

 

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         Usare il potere collante del calcio contro esclusione ed emarginazione sociale. Questo lo scopo dell’Homeless World Cup, il mondiale di calcio delle persone senza dimora, promosso dalla rete internazionale dei giornali di strada, UEFA e Segretariato allo Sport delle Nazioni Unite. Tra i 20 Paesi in gara anche l’Italia. Ecco le aspettative dell’allenatore:

 

“Noi andiamo a rappresentare tutti gli emigrati che ci sono in Italia. Quello che facciamo noi lo facciamo anche per tutti quelli che sono rimasti qua, con i vari problemi dal permesso di soggiorno alla casa”.

 

Una sfida difficile, ma non impossibile dove la vittoria sul campo ha il sapore di una rivincita sulle barriere che impediscono la piena integrazione ed un riconoscimento dei propri diritti:

 

“Sicuramente c’è un grosso lavoro da fare. Le persone si devono convincere che ognuno ha il suo problema. C’è chi ha lasciato la propria famiglia, i propri figli, chi è fuggito dalla guerra, chi è venuto a cercare un lavoro. Noi cerchiamo attraverso sport di favorire l’integrazione nella società italiana con uno spirito di pace”.

 

Accoglienza, tenacia e forza in un grande ideale: il segreto dei giocatori che fino al 4 agosto si contenderanno il titolo di campioni del mondo nella cittadina svedese di Goteborg:

 

“Non pretendiamo di vincere. Noi andiamo lì per vincere, però non lo pretendiamo. L’importante è che i ragazzi si divertano, stiano insieme, giochino con la maglia dell’Italia. Tutto questo è già moltissimo per noi”.

 

Il consigliere speciale del segretariato allo sport dell’ONU ha detto che l’Homeless World Cup è una risorsa nuova per superare gli ostacoli politici, sociali e culturali. I numeri parlano chiaro: oltre la metà dei 140 partecipanti alla scorsa edizione hanno oggi una casa e un lavoro assicurato.

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CHIESA E SOCIETA’

25 luglio 2004

 

NELLA CATTEDRALE DI SANTIAGO DEL CILE, UN SACERDOTE ITALIANO, PADRE FAUSTINO MARIA GAZZIERO, E’ STATO ASSALITO ED UCCISO DA UNO SQUILIBRATO

ALLA FINE DELLA MESSA.

 

SANTIAGO DEL CILE. = Un sacerdote italiano, Faustino Maria Gazziero, di 69 anni, è stato ucciso a coltellate nella Cattedrale Metropolitana di Santiago del Cile alla fine della messa. La notizia è stata confermata dalla polizia, che ha precisato che il suo aggressore è stato arrestato, identificato e incarcerato. Padre Faustino apparteneva all'ordine dei Padri Servi di Maria ed era solito celebrare la messa pomeridiana nella principale chiesa della capitale cilena. Secondo testimoni che hanno assistito all’aggressione, il sacerdote italiano stava tornando in sacrestia verso le 18,30 quando è stato attaccato da un giovane vestito di nero, Rodrigo Oria Gallardo, che ha improvvisamente sfoderato un coltello con cui lo ha colpito alla gola. Alcuni fedeli sono prontamente intervenuti per disarmare l'assalitore,  che si è a sua volta inferto alcune ferite al corpo, accasciandosi al suolo. Fonti giornalistiche hanno indicato che Oria Gallardo apparterrebbe ad una setta satanica di Aysen, nella undicesima regione cilena. Il vescovo ausiliare di Santiago, mons. Cristian Contreras Villaroel, ha chiesto ai fedeli dell'arcidiocesi di unirsi in preghiera dopo la tragica morte del sacerdote. “Siamo affranti e sbigottiti - ha concluso - nel veder morire un fratello sacerdote con gli abiti liturgici”. (S.S.)

 

 

I VESCOVI DEL KENYA ATTRAVERSO UNA LETTERA PASTORALE LANCIANO LA PROPOSTA DI UNA NUOVA EVANGELIZZAZIONE DEL PAESE. DI FRONTE AI MALI ATTUALI CRESCONO LE ATTESE E LE SPERANZE DELLA POPOLAZIONE.

 

NAIROBI. = La proposta di una nuova evangelizzazione a 10 anni dal Sinodo speciale per l’Africa è stata lanciata dai Vescovi del Kenya. L’annuncio è contenuto nella Lettera Pastorale “Evangelizzazione in Kenya”, che riprende le riflessioni dell’incontro della Conferenza episcopale del Paese africano, tenutosi dal 20 al 23 aprile 2004 presso il Seminario S. Tommaso d’Aquino di Nairobi. “Per la prima volta da decenni – si legge - la popolazione del Kenya comincia a sentire che vi è la speranza”. “Azioni sbagliate e criminali commesse in passato sono ora sotto esame delle autorità giudiziarie; si tiene conto dell’operato di coloro che avevano derubato la ricchezza del paese; i bambini più poveri hanno adesso la possibilità di andare a scuola e la gente può di nuovo parlare liberamente senza timore di rappresaglie”. Restano, tuttavia, diversi problemi da risolvere. Tra questi si ricorda “l’insicurezza crescente, le aggressioni e la violenza diffusa” che fanno sì che “la speranza della quale abbiamo fatto riferimento è minacciata, anche dall’egoismo di coloro ai quali guardiamo come guida ed esempio”. I Vescovi si dicono, inoltre, preoccupati “dalla crescente influenza del consumismo, alimentato dai mass media, che sta conducendo ad una rottura dei codici morali e a trascurare i valori etici”. “Per questi motivi”- affermano -“desideriamo richiamare l’attenzione dei cattolici e delle persone di buona volontà per fermare queste tendenze prima che sia troppo tardi. Quello di cui abbiamo bisogno oggi in Kenya è una nuova evangelizzazione”. Ricordando che solo attraverso la persona di Cristo l’uomo può incontrare Dio, i Vescovi affermano che “il primo radicale passo da compiere è un mutamento del cuore, della mentalità e del comportamento. Si riafferma, infine, il concetto di “Chiesa famiglia di Dio”. In questo senso i cristiani sono chiamati all’impegno per il bene comune: “non viviamo per il nostro interesse o quello di un gruppo ristretto. Lavoriamo, viviamo e agiamo per il bene comune, il bene di tutte le creature di Dio”. Sul piano sociale questo si traduce nel rispetto della dignità della persona umana, nell’onestà e nella lotta alla corruzione, nel promuovere la solidarietà nazionale. (S.S.)

 

CAP ANAMUR: TUTTI A CASA I 25 AFRICANI ESPULSI DALL’ITALIA. LE AUTORITA’ GHANESI NON PROCEDERANNO NEI CONFRONTI DEI PROPRI CONNAZIONALI PER AVER DANNEGGIATO L’IMMAGINE DEL PAESE

ACCRA. = Sono tutti a casa i 25 africani della Cap Anamur arrivati in Ghana dopo essere stati espulsi dall'Italia. A riferirlo all’agenzia missionaria Misna è stata ieri una fonte del governo di Accra, precisando che “il governo ha dato loro cibo, soldi e un passaggio che li riportasse nei rispettivi villaggi di provenienza”. Rassicurazioni sono poi giunte sulle possibili conseguenze penali nei confronti dei 25; la stessa fonte ha infatti spiegato che le autorità ghanesi non procederanno nei confronti dei propri connazionali per aver "danneggiato l'immagine del Ghana". Definiti "impostori" negli articoli e negli editoriali dedicati alla loro vicenda dai principali quotidiani ghanesi, in un primo momento sembrava che i 25 sarebbero potuti finire davanti a un tribunale in base all'articolo 185 del codice penale nazionale, che sostanzialmente considera reato la falsa testimonianza che possa arrecare danno all'immagine e alla reputazione del Ghana o del suo governo. Il ministro dell'Interno, Hackman Owusu-Agyemang, aveva condannato il comportamento dei propri connazionali per “aver sfruttato, o tentato di sfruttare, a proprio vantaggio una situazione drammatica come quella del Darfur”. Prima di arrivare in Europa, quasi tutti i ghanesi giunti sulle coste siciliane a bordo della Cap Anamur avevano passato gli ultimi due anni della loro vita in Libia, lavorando duramente per raccogliere i fondi necessari per pagare i mercanti di immigrati. (S.S.)

 

IL GOVERNO DELLA MAURITANIA INTENSIFICA LA LOTTA ALLE LOCUSTE CHE POTREBBERO DISTRUGGERE I RACCOLTI DELL’INTERO PAESE. IL PIANO PREVEDE L’USO DI FITOSANITARI CAPACI DI DISTRUGGERE GLI INSETTI

NOUAKCHOTT. = Sette squadre speciali per fronteggiare la minaccia di una nuova massiccia invasione di locuste del deserto. Il governo della Mauritania ha messo a punto un piano straordinario per evitare che gli insetti mettano a repentaglio, come sempre in questo periodo, l’agricoltura locale. I gruppi, coordinati dal Centro anti-locuste di Nouakchott, opereranno in alcune delle aree più vaste e inaccessibili del Paese - le regioni orientali di Adrar, Brakna, Gorgol e quelle occidentali di Hodh e Guidimakha. Avranno il compito di spruzzare oltre 30mila litri di fitosanitari messi a disposizione dal governo. Nei prossimi giorni altri 90mila litri di prodotti analoghi dovrebbero arrivare nel Paese grazie al contributo di alcuni donatori, tra cui la Norvegia, l’Italia e gli Stati Uniti. Tra l’agosto del 2003 e i primi mesi di quest’anno la Mauritania è riuscita, grazie a una serie di programmi speciali, a sradicare le locuste del deserto dal proprio territorio, ma alcune zone del Paese si trovano sul percorso migratorio dei voraci insetti provenienti da nord. Ai primi di luglio anche la Fao, Organizzazione per l'alimentazione l'agricoltura delle Nazioni Unite, aveva lanciato un nuovo allarme in Africa, sottolineando che le locuste avevano già lasciato i luoghi di riproduzione in Africa nord occidentale pronte a sciamare verso Mauritania, Senegal, Mali, Nigeria e Ciad. Le locuste del deserto sono considerate animali solitari, ma in presenza di condizioni climatiche favorevoli - ad esempio dopo abbondanti piogge - tendono a formare sciami lunghi chilometri che possono contenere decine di milioni di esemplari. (S.S.)

 

IL FESTIVAL AFRICANO DEI MEDIA, IN CORSO DI SVOLGIMENTO A KINSHASA, HA PREMIATO L’AGENZIA STAMPA CATTOLICA DIA.

 

KINSHASA. = L’Agenzia cattolica Dia ha ricevuto il riconoscimento di migliore agenzia di stampa nella prima edizione del Festival africano dei Media, in corso di svolgimento a Kinshasa. L’evento si snoda quest’anno sul tema: “Appropriazione delle tecnologie d’informazione e di comunicazione”. L’agenzia Dia è stata creata nel 1957 dai vescovi di Rwanda, Burundi e Congo belga. Dopo la gestione da parte della congregazione dei Padri di Scheut, i vescovi cattolici in Repubblica Democratica del Congo hanno chiesto, a partire dagli anni ottanta, ai gesuiti di assumerne la direzione. Il Festival africano dei Media è organizzato sotto l’Alto Patronato della presidenza delle Repubblica Democratica del Congo. Il Festival ha aperto i battenti il 22 luglio scorso, giornata nazionale della Stampa nel Paese africano. Sono 13 i Paesi che prendono parte all’assise, la cui direzione è stata affidata all’Istituto di scienze dell’Informazione e della Comunicazione. (S.S.)

 

 

 

 

 

 

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24 ORE NEL MONDO

 

 

In Iraq, ore di angoscia per la sorte degli ostaggi ancora in mano alla guerriglia. In base a quanto dichiarato stamani dal segretario dell’ambasciata del Cairo a Baghdad, i sequestratori del diplomatico egiziano, Mohammed Mamduh Kotb, non hanno avanzato nessuna richiesta di riscatto. Anche nel caso del direttore di una impresa di costruzioni statale, rapito ieri nei pressi di Baghdad, sembra che non sia stato chiesto il pagamento di alcuna somma di denaro. Sulla drammatica vicenda dei sequestri nel Paese arabo, ci riferisce Amedeo Lomonaco:

 

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La compagnia del Kuwait per la quale lavoravano i sette camionisti presi in ostaggio da un gruppo di miliziani, sta negoziando con i sequestratori per la loro liberazione. Lo ha annunciato il presidente della società assicurando che “sarà adottata qualsiasi misura pur di garantire il rilascio degli ostaggi”. Il ministero degli Esteri di Islamabad teme, inoltre, che siano stati rapiti due pachistani, un ingegnere e un autista. Sul terreno, almeno tredici guerriglieri sono stati uccisi in violenti scontri nella cittadina di Baquba, a nord est di Baghdad. Un soldato americano è morto, inoltre, in seguito ad un attentato dinamitardo contro il suo convoglio. L’agguato, secondo quanto reso noto oggi dal comando militare americano, è avvenuto ieri nei pressi di Beiji, città sede di raffinerie petrolifere situata a circa 200 chilometri a nord di Baghdad. Dopo le recenti minacce contro i governi di Polonia e Bulgaria, presunti terroristi di Al Qaeda tornano, intanto, a diffondere il seme dell’odio su Internet. Un sedicente gruppo islamico, che afferma di essere il “braccio operativo” della rete di Bin Laden in Europa, ha dichiarato di voler attaccare con “colonne di autobombe” l’Italia e l’Australia se i due Paesi non ritireranno le loro truppe dall’Iraq. Sul fronte politico, il primo ministro iracheno, Allawi, è giunto stamani a Beirut per una visita ufficiale di tre giorni che sarà incentrata sul problema della sicurezza e  del debito estero dell’Iraq.

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Restiamo in Iraq dove truppe statunitensi hanno arrestato una quindicina di sospetti ribelli durante un’incursione a Mandalay, località a ridosso della frontiera con l’Iran. Ed in Pakistan le forze di Islamabad hanno fermato otto presunti terroristi, tra i quali quattro donne, dopo un violento scontro avvenuto nel Punjab, regione centrale del Paese. Alcuni tra i fermati, secondo quanto dichiarato da un responsabile della sicurezza, farebbero parte della rete di Al Qaeda.

 

Otto soldati afgani sono stati feriti per errore da un bombardamento americano nella provincia dell’Oruzgan, regione centro-meridionale dell’Afghanistan. Lo ha detto oggi il ministero della Difesa di Kabul. Domani, intanto, scade il termine per presentare le candidature alle elezioni presidenziali che si terranno il 9 ottobre. La lista dei candidati - ha detto il portavoce dell'Onu Manuel de Almeida e Silva - sarà resa nota il 29 prossimo luglio.

 

Ancora violenze in Medio Oriente. A Gaza, elicotteri israeliani hanno colpito una casa nella zona di Zeitoun, considerata una roccaforte dei militanti palestinesi più radicali. Almeno 4 persone sono rimaste ferite dopo questo ennesimo raid compiuto contro l’abitazione di un dirigente di Hamas. E sempre nella striscia di Gaza, dove ieri soldati dello Stato ebraico hanno ucciso un giovane nella città di Bieit Hanun, un commando di miliziani ha attaccato un commissariato di polizia dell’Autorità nazionale palestinese, subito dopo avvolto dalle fiamme. Le forze israeliane hanno reso noto, inoltre di aver sventato ieri un attentato suicida a Tubas, nel nord della Cigiordania.

 

L’avvocatessa Shirin Ebadi, Premio Nobel per la pace, ha dichiarato, stamani, che chiederà un nuovo processo per la morte della fotografa iraniano-canadese Zahra Kazemi, avvenuta lo scorso anno in seguito alle percosse subite dopo l’arresto. L’unico imputato, l’agente del ministero dell’intelligence Reza Ahmadi, è stato  assolto ieri per insufficienza di prove.

 

In Spagna, la polizia spagnola ha annunciato di avere arrestato quattro persone che tentavano di ricostituire il ‘Comando Biscaglia’ dell’organizzazione separatista basca ‘Eta’ smantellato lo scorso anno. Nel Paese iberico, intanto, dovrebbe tenersi alla fine di febbraio e non a novembre, come previsto inizialmente, il referendum sulla Costituzione dell’Unione Europea. Lo riferisce la stampa locale, che cita fonti dell’esecutivo, secondo le quali lo slittamento al 2005 sarebbe stato imposto da ragioni tecnico-giuridiche.

 

Non sarà arrestato l’ex presidente del Messico Luis Echeverria, accusato del massacro di decine di studenti durante una manifestazione svoltasi nelle strade della capitale il 10 giugno del 1971. Il tribunale ha negato, infatti, l’ordine di custodia richiesto da Ignacio Carrello, procuratore speciale. Echeverria, oggi 82.enne, è stato presidente del Messico dal 1970 al 1976.

 

In Italia continua la gigantesca caccia all’uomo lanciata per arrestare Luciano Liboni, presunto assassino dell’appuntato dei carabinieri Alessandro Giorgioni. Ieri, il latitante ha sparato colpi di arma da fuoco, in pieno centro a Roma, contro due agenti di polizia che lo hanno riconosciuto. Sul fronte delle indagini si è appreso, intanto, che l’uomo fece una lunga telefonata in un Paese del sudest asiatico dal bar di Sant’Agata Feltria prima che la titolare si insospettisse e chiamasse i carabinieri.